Le regole del Far West

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Le regole del Far West
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UNIONE EUROPEA
Le regole
del Far West
Da quando l’economia globale ha sfiorato il
collasso non vi è categoria che si sia attirata
addosso l’ira dell’opinione pubblica più delle
banche. La decisione presa di comune accordo
dalle istituzioni della Ue di imporre un giro
di vite sui bonus dei banchieri non sorprende
ma può avere effetti collaterali.
di J. Fontanella Khan
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L
a battaglia per riportare un po’ di “moralità” nei compensi di trader e banchieri
d’investimento è stata tutt’altro che facile. Malgrado gli innumerevoli proclami retorici, pochi esponenti politici dei paesi membri hanno avuto il coraggio di assumere una
posizione coraggiosa.
Il vero paladino della moralità in questo caso
è stato il Parlamento Europeo, che ha deciso di
imporre alle gratifiche destinate ai dirigenti bancari – per le quali attualmente non è previsto alcun limite – un tetto pari al doppio del normale
stipendio. È stata una svolta per l’assemblea legislativa di Bruxelles, tanto spesso oggetto di
critiche. Gli europarlamentari si sono mostrati
capaci di sostenere una dura battaglia e di tener
testa a quanti si opponevano a limitare tali importi, cioè a uno stato membro importante come
il Regno Unito e alle varie lobby cariche di soldi.
“Abbiamo realizzato il pacchetto di regolamentazione del settore bancario più completo mai visto in tutta l’Unione Europea, stabilizzerà il settore e lo renderà più resistente
alle crisi” ha dichiarato Othmar Karas, l’europarlamentare austriaco che insieme ad altri
ha negoziato l’accordo. E ha aggiunto: “Non
saranno ammesse eccezioni… le regole valgono per tutti gli istituti bancari europei, all’esterno o all’interno della Ue, e per tutte le
banche straniere attive al suo interno.”
Per comprendere appieno il significato di
questa vittoria riportata dall’Unione Europea
nella battaglia per porre un limite ai compensi
dei banchieri, è indispensabile fare qualche
passo indietro.
Nel settembre del 2008, dopo lo scoppio
della crisi finanziaria globale a seguito del fallimento della banca d’investimenti statunitense Lehman Brothers, molti se la sono presa
con i “ricconi”, accusandoli di aver pervertito
un sistema bancario un tempo considerato
“noioso” e “conservatore”. Si è così affermata
in larga parte dell’opinione pubblica l’idea
che ormai il settore bancario non si occupasse
più di depositi, libretti di risparmio e prestiti
alle imprese oneste, ma si fosse trasformato
in una macchina incontrollabile, incline a correre rischi enormi e del tutto o quasi priva di
valore sociale.
L’opinione pubblica, incarnata da movimenti tipo “Occupy Wall Street” spuntati come
funghi in tutto il mondo, da New York a Londra, ha scaricato sulle banche la responsabilità
di quasi tutto ciò che andava storto nel mondo.
Le banche sono state incolpate della crisi dei
mutui subprime negli Usa, in cui mutuatari
scarsamente solvibili hanno cominciato a fallire in massa, mettendo sotto enorme pressione
gli asset delle banche, ma anche della stretta
creditizia globale, da cui è scaturita poi la crisi
del debito sovrano che ha condotto l’eurozona
sull’orlo della disgregazione.
Ciò che più ha irritato l’opinione pubblica
è che mentre gli istituti finanziari un tempo
onnipotenti vivevano sull’orlo del precipizio,
gli Stati sovrani si vedevano costretti a indebitarsi pur di salvare quelle banche che custodivano i risparmi accumulati dai loro cittadini nell’arco di una vita: una vera e propria
situazione da “comma 22”.
In sintesi, alle banche e ai loro padroni è
stata attribuita la responsabilità della crisi e
della disperazione in cui erano piombati i co-
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muni cittadini: senza lavoro e senza soldi. In
poche parole, la più grave crisi economica che
si sia mai verificata in tempo di pace dopo la
Grande Depressione degli anni Trenta.
Questa tesi non è stata condivisa soltanto
da “Occupy Wall Street” e simili: l’ha fatta sua
la ben più moderata Commissione Europea,
che è poi il braccio esecutivo dell’Unione, che
ai primi di quest’anno ha affermato: “Le gratifiche eccessive [concesse ai dirigenti bancari]
hanno determinato rischi eccessivi, cosicché
adesso devono intervenire i contribuenti.”
Ovviamente, dare ai banchieri tutta la colpa
della crisi attuale è intellettualmente disonesto. Tanto per cominciare, una responsabilità
pari, se non superiore, a quella dei banchieri
grava sui governi che hanno permesso al settore bancario di gonfiarsi in misura sproporzionata. I governi avrebbero dovuto proteggere
gli interessi della cittadinanza regolamentando
i servizi finanziari con più attenzione.
numero 47 maggio/giugno 2013
E indipendentemente da chi ha più responsabilità nella crisi, man mano che quest’ultima
veniva dispiegandosi si è visto chiaramente
che i cittadini dell’Unione Europea auspicavano un intervento dei loro governi per risolvere gli squilibri della regolamentazione, e per
di più desideravano veder “castigare” i banchieri per i loro peccati. Tanti esponenti politici dei paesi membri
hanno appoggiato quella rivendicazione a parole, ma hanno fatto ben poco per rispondere
alle richieste dei loro elettori. È accaduto proprio il contrario: mentre quasi tutte le banche
che avevano ottenuto aiuti dagli Stati sono tornate a fare utili, i cittadini si sono visti aumentare le tasse e tagliare i sussidi previdenziali,
nel quadro delle misure di austerità imposte
per risanare le finanze dei rispettivi paesi.
Ancora una volta si è avuta l’impressione
che i banchieri avessero vinto la battaglia e
l’avessero fatta franca restando impuniti. Sta-
\ Un membro del
movimento Occupy
Wall Street davanti
alla Bank of America.
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Questa svolta politica cui si è giunti
grazie all’accordo
fra le istituzioni
dell’Unione consentirà inoltre di
lanciare “Basilea
III”, cioè la nuova
versione dell’accordo sui requisiti
minimi di capitale,
che costringerà le
banche operanti
nella Ue a comportarsi in maniera più
responsabile e le
renderà meglio attrezzate per affrontare eventuali crisi
di liquidità future.
Alcuni istituti bancari di Londra,
il cuore finanziario dell’Europa, ma
anche tedeschi hanno già protestato
per quella che giudicano un’ingiusta
persecuzione. Hanno lanciato un
avvertimento: l’Europa subirà un
esodo in massa dei migliori dirigenti
bancari, i quali, pur di assicurarsi
trattamenti salariali e pensionistici
più favorevoli, si trasferiranno in altri centri finanziari, come New York
e Dubai.
Alla riunione organizzata dalla
CDU tedesca, partito della cancelliera Merkel, uno dei due amministratori delegati della Deutsche Bank,
Jürgen Fitschen, ha posto la seguente
domanda ai parlamentari e agli
esperti finanziari presenti: “Credete
davvero di poter sostenere la concorrenza sui mercati emergenti se è
il ministro dell’Economia tedesco a
dirvi quanto potete pagare i vostri
volta non è andata così. Il parlamento europeo si è dimostrato all’altezza della situazione: alcuni suoi
membri hanno prestato ascolto alle
richieste della base e si sono dati la
priorità di fissare nuove regole per
porre un freno agli eccessi delle banche e arginare quella cultura dei bonus che aveva alimentato la crisi.
Alla fine di febbraio le principali
istituzioni dell’Unione – il parlamento, la commissione e il consiglio,
cioè alcuni singoli europarlamentari,
l’esecutivo e gli Stati membri –
hanno convenuto di imporre alle gratifiche destinate ai banchieri un limite costituito dal doppio del loro
stipendio, nonché di introdurre una
rigorosa regolamentazione in materia
di trasparenza, al fine di cancellare
quello stile gestionale da “Far West”
che aveva contribuito ad aggravare
la crisi finanziaria.
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top executive in Cina o in Russia?”
E ha aggiunto: “Non è con dirigenti
di seconda o terza scelta che ci si costruisce una posizione sul mercato.”
Analoghe preoccupazioni sono
state espresse dal sindaco di Londra
Boris Johnson, il quale ha espresso
il timore che il tetto imposto alle
gratifiche dei banchieri possa alimentare ulteriormente i sentimenti
anti-Unione Europea già forti nel Regno Unito. “La gente – si legge in
una sua dichiarazione – comincerà
a domandarsi perché mai il nostro
paese resti nell’Unione Europea se
quest’ultima insiste a seguire queste
politiche chiaramente autolesionistiche.” E ha aggiunto: “Bruxelles
non può certo controllare il mercato
globale dei talenti bancari, non può
fissare le retribuzioni dei dirigenti
bancari di tutto il mondo.”
C’è da aspettarsi che alcuni dei
banchieri più in vista d’Europa si trasferiscano effettivamente fuori dell’Unione. Ma secondo professionisti
del ramo che operano a Londra, l’idea
di un esodo di massa è esagerata.
Fissare un tetto agli stipendi dei
banchieri non risolverà tutti i problemi del settore bancario: soltanto
ulteriori riforme della regolamentazione potranno finalmente sconfiggere la cultura dell’eccesso e ridarci
un sistema bancario più prudente e
più vicino alla vita reale delle persone. Tuttavia questo sarebbe un
primo passo in direzione di una
certa “normalizzazione” del settore.
E quand’anche l’Europa perdesse
qualche banchiere-cowboy, probabilmente sarebbe un’occasione più
di festa che di lutto.
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