Emozioni musicali e progresso
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Emozioni musicali e progresso
Emozioni musicali e progresso Da bambino, per tutto il periodo delle elementari, ogni volta che mia madre mi accompagnava a scuola, in fondo alla via dove abitavo c’era un ragazzo abbastanza giovane (avrà avuto 25-30 anni) con una radio vistosa sulla spalla destra, che ascoltava, camminava ed intanto parlava, non ad alta voce, ripetendo forse quello che l’apparecchio stava trasmettendo. Tornando a casa il pomeriggio (facevo tempo pieno fino alle 16) il ragazzo era sempre lì o nei paraggi, non aveva amici intorno a sé e non aveva cambiato atteggiamento. Devo confessare che mi faceva un po’ paura. Dato che anche allora mi piaceva prima riflettere e cercare di dare io una risposta e poi chiedere, ho aspettato qualche giorno, forse una settimana, per parlare di quel ragazzo, prima alla mia mamma, poi al mio papà. Ho avuto la necessità di due pareri perché il primo (della mamma) non mi aveva soddisfatto: “…è solo un ragazzo che ascolta la radio!” Una domenica, mentre camminando stavamo raggiungendo la Chiesa dei Cappuccini per la messa, mano nella mano con mio papà, incrociando proprio lui, ho chiesto a voce bassissima: “Papà, ma perché quel signore ascolta sempre la radio e parla?”. Mio padre, che sicuramente già lo aveva notato ed altrettanto sicuramente aveva colto un minimo di angoscia nelle mie parole, con la sua voce baritonale (udibile se “bassa” ad almeno 100 metri di distanza), mi ha risposto: “…è solo un ragazzo a cui piace la radio e a cui piace ripetere quello che sente!”. Ritirando d’impulso la testa in mezzo alle spalle, sperando che lui, il ragazzo, non avesse sentito, ho pensato: “…ma che si sono messi d’accordo?”. Quel tipo strano mi ha fatto paura sempre di più, fino a quando, l’estate prima della prima media, non abbiamo cambiato quartiere. Durante le scuole superiori, dal primo giorno del II Liceo all’ultimo giorno del III Liceo Classico, ho visto passare lo stesso ragazzo, più grande lui, più piccola la radio, con gli stessi atteggiamenti. Avevo un posto vicino alla finestra ed aspettavo che passasse (la nostra nuova scuola era stata finalmente costruita proprio nel Quartiere Cappuccini, dove si trova tuttora). In quel periodo non avevo più paura (la paura era per le professoresse di Italiano, Greco e Latino), ma a quella specie di appuntamento visivo ci tenevo: quel ragazzo doveva godere di ottima salute! Perché è sempre passato, anche con la pioggia (e con l’ombrello). Mi sono perso solo una ventina di occasioni perché occupato in interrogazioni, in lezioni di educazione fisica o in gite scolastiche. Dopo, in altre faccende affaccendato, ho passato altrove la mia giovinezza. …Intanto il progresso avrebbe inventato le radio sempre più piccole, i walkie talkie con le cuffie, i telefoni cellulari con la radio, i radio-lettori Mp3, ecc…, ecc… Ieri pomeriggio, martedì 2 agosto 2011, raggiungendo una copisteria che si affaccia su Via Terme di Traiano, lateralmente al quartiere Cappuccini, ho intravisto dal finestrino proprio lui, il ragazzo di allora, con lo stesso atteggiamento di allora, a circa 60-65 anni di età. Però i tempi sono cambiati e il suo modo di vestire pure: pantaloni avana lunghi eleganti, camicia bianca a maniche corte, cravatta in tinta con fermacravatta, scarpe marroni estive molto signorili e gilet estivo con bottoni aperto sopra la cravatta. La radio era rappresentata da un auricolare senza fili, collegato sicuramente ad un cellulare invisibile perché in tasca… Lui ovviamente continuava a ripetere quello che sentiva, però era completamente mimetizzato nel contesto. Non faceva alcuna differenza con chi, al giorno d’oggi, parla al cellulare, senza che cellulare sia visibile; anzi… a guardarlo bene sembrava un bravo professionista, un avvocato, un dottore, un ingegnere. Il mio amico era molto distinto e discreto (nel senso di garbato e silenzioso), non gesticolava né parlava ad alta voce, ed a mio figlio, con me in macchina, non ha fatto sicuramente alcun effetto. Alla domanda “papà, perché quel signore parla da solo ad alta voce?” ho già risposto da parecchio tempo, per altre persone molto meno “eleganti ed educate”. Io, alla sua vista, mi sono molto emozionato, ai limiti della contentezza e della commozione. Bentornato, amico mio.