Family Office - L`investitore

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Family Office - L`investitore
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Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/VA
€ 25,00
Numero 4 - 1
ottobre, marzo 2012
Anno IX
Jeffrey Frankel
Joseph Stiglitz
I mercati emergenti
subiranno un crollo
nel 2012?
I Pericoli del 2012
Daniel Gros
Kenneth Rogoff
L’ Austerità
sotto Attacco
Il capitalismo fa male
alle coronarie
Nouriel Roubini
Inchiesta ETF:
i trend del 2012
tra commodity,
etf short e derivati.
Le difficoltà
dell’America
®
Editrice Le Fonti S.r.l.
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Pubblicità
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Family Office, n. 4 n.1
ottobre marzo 2012 Anno IX
Responsabile del trattamento dei dati,
Editrice Le Fonti S.r.l.
Tribunale di Milano, n. 790, 16/11/04
Iscrizione al R.O.C. n. 11955
Art director
Laura Salvati
Segretaria di redazione
Paola Imbelloni
Fotografie e immagini
Si ringrazia l’Ufficio Stampa dello
“Studio Esseci” per aver fornito
le immagini della mostra
“IL DIVISIONISMO.
La luce del moderno”
pubblicate in questo numero.
Stampa
GESP S.r.l., Città di Castello, Perugia
Articoli chiusi in redazione
il 9 marzo 2012.
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Comitato redazionale
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Direttore responsabile
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delle Aziende Familiari.
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ed Esperti Contabili di Milano.
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Finanziari Università Parthenope Napoli.
Giulio Sapelli, Consigliere Fondazione Eni Enrico Mattei, professore ordinario
di Storia Economica presso l’Università degli Studi di Milano.
Paolo Sciumè, Avvocato, Socio fondatore dello Studio Legale e Tributario Sciumè
& Associati.
Carlo Vedani, Amministratore Delegato di Fiduciaria Orefici Sim S.p.A.
e di Orefici S.p.A..
Collaborazione scientifica
AIdAF, Associazione Italiana delle Aziende Familiari
AIFI, Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital
ALDAI
ANASF, Associazione Nazionale Promotori Finanziari
Assofondazioni
Centro Studi Finanziari Giuridici e Sociali
ESCP EAP European School of Management
Federmanager
Istituto di Scienze e Cultura
Non Profit Online
Prezzo di copertina € 25,00
ISBN: 978 88 6109 106 1
ISSN: 2037 5379
Hanno collaborato
Miriam Carraretto
Francesca Cerri
Jeffrey Frankel
Francesco Frigieri
Daniel Gros
Alessia Liparoti
Alessia Muzio
Kenneth Rogoff
Nouriel Roubini
Joseph Stiglitz
n.4 / n.1 - 2012
3
INDICE
Protagonisti
& Carriere
Imprese e finanza
Protagonisti & Carriere
6
Interviste su FinanzaeDiritto.it
10
Il mercato italiano del private equity e venture capital
nel I semestre 2011 e le prospettive future
12
Alessia Muzio, Ufficio Studi AIFI
Trust e
Attività fiduciarie
Il Trust e la crisi coniugale
16
Francesco Frigieri, Avvocato in Ravenna
Francesca Cerri, Avvocato in Roma
XII FORUM TRUST
18
Il Trust come risposta al passaggio generazionale
per le imprese familiari tra fiscalità italiana e svizzera
a cura della redazione
Convegno Canton Ticino
Un’opportunità da non perdere
20
a cura della redazione
Approfondimenti
I Pericoli del 2012
22
Joseph Stiglitz
Inchiesta conti on line: vantaggi e novità normative.
24
Intervista ai principali istituti: ING Direct, Webank, Banco Popolare, IWBank,
Banca IFIS, FINECO e IBL Banca
a cura della redazione
Tosca Mining, come diversificare il portafoglio investendo nei metalli
28
a cura della redazione
Le difficoltà dell’America
34
Nouriel Roubini
Il futuro del mercato è in Ghana, parola (anche) di un italiano
36
Miriam Carraretto
Bancomat o contanti?
I vantaggi della moneta elettronica dopo il decreto Salva-Italia.
40
L’inchiesta tra i rappresentanti di Banco Popolare, Webank, IW Bank e IBL Banca
Alessia Liparoti
Il capitalismo fa male alle coronarie
42
Kenneth Rogoff
Giuristi e networking: l’internazionalità di ELSA
44
Intervista all’Associazione ELSA Italia
a cura della redazione
Come evitare gaffe nelle traduzioni linguistiche
48
Family Office, in collaborazione con Bibielle Global Translations,
lancia una nuova rubrica intitolata “Lost (and found) in Translation”
a cura della redazione
L’Austerità sotto Attacco
Daniel Gros
50
INDICE
Salvare l’euro con la svalutazione?
Pianificazione
finanziaria
52
La parola agli operatori Forex:
Dante Buonsanto (CMC Markets), Gabriele Vedani (FXCM),
Gabriele Manasse (Ava Capital Markets) e Marc Spaelti (Dukascopy)
Alessia Liparoti
Il IV Forum Forex
tra soluzioni per superare l’eurogeddon e strategie di trading
56
a cura della redazione
I mercati emergenti subiranno un crollo nel 2012?
62
Jeffrey Frankel
Inchiesta ETF: i trend del 2012 tra commodity, ETF short e derivati.
64
Intervista a Emanuele Bellingeri (iShares), Danilo Verdecanna (SSgA),
Sergio Trezzi (Invesco), Nicola Francia (Rbs) e Mauro Giangrande (db X-Trackers)
Alessia Liparoti
“La Tobin Tax? Un’imposta demagogica e senza gli esiti professati.”
68
Cosa ne pensano gli operatori Forex e non solo:
Gabriele Vedani, Giuseppe Geresia, Valerio Capasso,
Vincenzo Longo e Mario Fabbri
a cura della redazione
Filantropia e imprese
del non profit
La Moda incontra l’Arte ed il Design
70
a cura della redazione
IL DIVISIONISMO. La luce del moderno
Arte, preziosi e
investimenti alternativi a cura della redazione
72
Finanzaediritto.it supera
ilsole24ore.com
Il portale economico - finanziario finanzaediritto.it supera il portale del primo quotidiano economico italiano, Il Sole 24 ore, per
numero di visite e tempo trascorso sul sito negli ultimi 6 mesi.
Secondo i dati di Alexa - Gruppo Amazon - qui di fianco riportati,
gli utenti hanno speso su Finanzaediritto un tempo pari, in media, a 2,5 volte rispetto a quello trascorso su ilsole24ore.com
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PROTAGONISTI & CARRIERE
Studi Legali
PROTAGONISTI & CARRIERE
6
Legance Studio Legale Associato si rafforza ulteriormente con
l’ingresso di Alessandra Palatini in qualità di Senior Associate.
Alessandra Palatini entra nel dipartimento di Diritto Amministrativo dove si occuperà di appalti e infrastrutture pubbliche. Prima di entrare in
Legance, Palatini ha collaborato con un importante
studio internazionale.
Con l’ingresso di un altro professionista nel team e
la recente nomina interna di Giuseppe Abbruzzese a
Senior Counsel si conferma, dunque, la strategia di
crescita di Legance nel settore del diritto amministrativo che ha portato lo Studio a raddoppiare nell’arco di poco più di tre anni il numero dei componenti del dipartimento.
Lo studio legale Latham & Watkins ha assisto il Gruppo Albis (operatore di rilevanza internazionale nel settore del tessuto non tessuto, che vanta fra i propri clienti alcuni dei principali
operatori mondiali del mercato dell’igiene personale) nella definizione degli accordi con i quali
sono state rimodulate, tra l’altro, le scadenze dell’indebitamento e i covenants di tutti i finanziamenti in essere con Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., Banca Popolare di Novara S.p.A.,
Banca Sella S.p.A., Biverbanca S.p.A., Intesa Sanpaolo S.p.A. e Unicredit S.p.A.. Ai sensi delle
intese raggiunte, le summenzionate banche hanno altresì messo a disposizione del Gruppo Albis
una nuova linea di credito per supportarne la crescita.
Il Gruppo Albis – sempre con l’assistenza di Latham & Watkins e degli avvocati Cesare Degli Occhi e Antonio Distefano per gli aspetti giudiziali – aveva di recente chiuso un complesso concordato preventivo ed è adesso quindi nuovamente pronto ad affrontare le sfide del mercato.Il
team di Latham & Watkins, coordinato dal socio Tommaso Amirante, era composto dall’associate Luca Poco Belli per gli aspetti civilistici e dagli associates Marcello Bragliani e Gabriele Pavanello per quelli bancari e finanziari. Consulente Finanziario del Gruppo Albis è stata Bain &
Company. Consulente legale delle banche è stato lo studio Giovanardi Fattori con Carlo Alberto
Giovanardi e Cecilia Lampertico.
Lo studio Grimaldi e Associati
con il team coordinato dal socio
Ugo Calò (in foto), esperto di
banking, coadiuvato dal senior
associate Riccardo Pagotto e
dagli associate Filippo Bianchi e
Barbara Patruno, ha assistito un
pool di undici banche nazionali ed internazionali,
capofilate da Banca Popolare di Novara S.p.A., in
qualità di banca agente, e da Bank of America N.A.
e Mittel Generale Investimenti S.p.A., in qualità di
lead manager bookrunner, nella strutturazione ed organizzazione di un finanziamento in favore di Moncler S.r.l. per un importo complessivo pari a Euro 225
milioni, volto a fornire alla società le risorse necessarie al sostegno delle proprie esigenze di cassa relative alla propria attività ed in connessione all’ingresso nella propria compagine sociale del fondo di investimento francese Eurazeo per il tramite di una società dallo stesso controllata.
La società Moncler, noto brand nel settore della moda, è stata assistita dallo studio Linklaters con il team
coordinato dal socio Andrea Arosio e dalla senior associate Simona Nuccio.
Legance Studio Legale Associato ha assistito
Cin - Compagnia Italiana di Navigazione - nella procedura di consultazione sindacale relativa all’acquisizione di Tirrenia, che si è conclusa con
un accordo firmato da tutte le Organizzazioni Sindacali interessate.L’intesa prevede il passaggio
di tutto il personale navigante e amministrativo da Tirrenia a CIN con le attuali condizioni normative ed economiche. L’operatività dell’intesa è condizionata all’ottenimento del via libera antitrust
da parte della Commissione Europea. Il team di Legance è stato guidato dal socio Alberto Maggi
e dal senior associate Michele Tecchia.
Family Office
Francesco Sciaudone con Sara Gobbato, dello studio Grimaldi e Associati
hanno assistito davanti all AGCM WWF Italia, UniCredit S.p.A. e Solon S.p.A.
Con provvedimento di non avvio d’istruttoria pubblicato sul Bollettino il 12
dicembre, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha
dato il “via libera” ad Officinae Verdi S.p.A., Energy-Environment Service
Company (EESCO) che riunisce nella propria compagine azionaria (per la
prima volta in Europa) un’associazione ambientalista (WWF Italia) con UniCredit S.p.A. e Solon S.p.A., business unit italiana del Gruppo Solon. Avvalendosi delle qualificate competenze di ciascun socio, Officinae Verdi S.p.A. si propone di offrire alla clientela retail
e corporate/istituzionale servizi finalizzati ad accrescere l’efficienza energetica ed a ridurre il
consumo di energia primaria a parità di servizi finali, secondo il modello delle ESCO fortemente
caldeggiato dall’Unione Europea per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale
individuati nella c.d. strategia “Europa 20-20-20”.
PROTAGONISTI & CARRIERE
UBI Banca ha ricevuto dal Carbon Disclosure Project un importante riconoscimento nell’ambito della sostenibilità
ambientale: è entrata a far parte dell’Indice CDL (Carbon Disclosure Leadership) del rapporto Italy 100, aggiudicandosi il secondo posto nel settore “Financials” con un punteggio di 84/100.
UBI Banca, dopo Enel, è stata la società che ha maggiormente
migliorato il suo punteggio rispetto all’anno precedente (+41
punti).Il rapporto Italy 100 comprende le prime 100 società italiane per capitalizzazione di borsa, che sono state invitate dal
CDP a partecipare alla valutazione. L’Indice CDL include le società che si sono distinte per la trasparenza nella comunicazione
agli stakeholder delle strategie e delle iniziative per l’ambiente,
in particolare della lotta al cambiamento climatico: nel 2011
soltanto 10 sono le imprese che soddisfano i criteri richiesti per
l’inclusione nell’Indice CDL. L’impegno del Gruppo per la riduzione
degli impatti sul cambiamento climatico è stato valutato con “B”
in una scala decrescente da “A” (risultato migliore) a “E” (risultato peggiore).
L’impegno di UBI Banca nella lotta ai cambiamenti climatici rientra
nel più ampio impegno verso la sostenibilità ambientale del business ed è governato dalla Policy Ambientale di Gruppo (disponibile
nella sezione Responsabilità Sociale del sito www.ubibanca.it). La
Policy mira a ridurre da un lato gli impatti ambientali diretti e dall’altro gli impatti ambientali indiretti connessi per lo più alle attività
finanziate dei clienti.
Su questo versante il Gruppo è attivo da anni con l’offerta dei prodotti e servizi “verdi” Forza Sole per i privati e Nuova Energia per le
imprese (rispettivamente 12 milioni e 300 milioni di euro erogati
nel corso del 2010) e con le attività di Project Finance e Green Project di Centrobanca (oltre 1,4 miliardi di euro di accordato in portafoglio
nel 2010).
Finanza
Credem conferma il costante supporto al mondo delle piccole
imprese che costituiscono la struttura portante del nostro sistema economico con l’attivazione di un plafond di oltre 1,2
miliardi di euro di finanziamenti. L’iniziativa, denominata
Gran Cassa, è rivolta ad un bacino di 36.000 aziende già clienti della banca e nell’attuale situazione economica rappresenta un importante segnale di fiducia.
Le imprese coinvolte in particolare artigiani, agricoltori, liberi professionisti e piccole società sono interessate a gestire esigenze di liquidità, generalmente accentuate verso fine anno per il pagamento di tredicesime, ed acconti per imposte di
fine novembre, anticipi di Iva, saldo Ici, oltre ad altre necessità quali il finanziamento del magazzino o il pagamento anticipato dei fornitori.
Nel dettaglio i finanziamenti sono chirografari e saranno erogati senza particolari
formalità e senza ulteriori garanzie.
Il plafond complessivo di 1.250 milioni di euro ed è ripartito per regione, in relazione al tessuto economico e al numero di aziende clienti: 350 milioni di euro
sono riservati al mercato Emiliano-Romagnolo, 150 milioni alla Lombardia, 77
milioni alla Toscana, 51 milioni al Veneto, 45 milioni al Piemonte, 45 milioni al
Lazio, 105 milioni alla Campania, 130 milioni alla Puglia, 140 milioni alla Sicilia solo per citare le principali regioni.
Le imprese, potenzialmente interessate a questa iniziativa, attiva sino a fine dicembre 2011, appartengono al segmento small business del Gruppo, i cui impieghi,
nel primo semestre di quest’anno, ammontano a circa 4 miliardi di euro e rappresentano circa il 20% del totale degli impieghi del gruppo Credem. Nel primo semestre 2011, invece, gli impieghi totali di Credem hanno raggiunto i 19,5 miliardi di euro, con un incremento del 9,6% rispetto al primo semestre del 2010.
“Questa importante iniziativa”, spiega Massimo Arduini responsabile Marketing
& Business Imprese di Credem, “si inquadra nel costante impegno di Credem a
favore delle aziende e segue altri precedenti progetti attivati in favore delle piccole imprese. Gran Cassa”, continua Arduini, “è un’ulteriore chiara dimostrazione,
anche in questo periodo di particolare congiuntura economica, di concretezza dell’offerta Credem agli imprenditori, finalizzata a consolidare sempre più il legame
banca-impresa”.
Fundstore, l’unico supermercato di fondi online che permette di acquistare fondi comuni di investimento e SICAV utilizzando il proprio conto corrente, di cui Banca Ifigest è il principale azionista, continua a crescere con nuovi accordi di distribuzione, una ulteriore
implementazione della piattaforma e l’ingresso di una nuova Client Manager, Valentina Zappa.Negli ultimi mesi Fundstore ha stretto accordi di distribuzione con Allianz Global Investors, Eurizon Capital, Man Investments e Oddo Asset Management, che hanno arricchito ulteriormente la gamma di prodotti di investimento offerti dalla piattaforma online. A seguito dell’ulteriore sviluppo del business, Valentina Zappa è stata chiamata ad occuparsi dello sviluppo commerciale di Fundstore per il collocamento dei fondi alla clientela retail e della gestione dei rapporti commerciali con le Società di Gestione del Risparmio e con le Sicav di diritto estero. Valentina arriva in Fundstore dopo un’importante esperienza maturata prima in Intermonte Sim e poi in Websim.
“Abbiamo riscontrato un notevole interesse verso il settore del risparmio gestito e la finanza personale negli ultimi mesi” - commenta Simone Calamai, Amministratore Delegato di Fundstore.it - “Il numero di utenti registrati è aumentato in maniera notevole a partire dalla fine della scorsa estate. Questo probabilmente è dovuto in parte all’implementazione della piattaforma che stiamo continuamente sviluppando, anche con azioni di web marketing, e in parte
all’attualità della crisi che stiamo vivendo, al settore caldo dei titoli di stato e all’allargamento dello spread. Nonostante non ci sia stata una fuga da parte
dei clienti né delle masse, certamente gli utenti sono piuttosto impauriti e quindi tendono a stare alla finestra. La lieve flessione del controvalore della raccolta che registriamo è causata quindi da una perdita di valore degli asset (sono scese le quotazioni dei fondi) piuttosto che per i disinvestimenti”.
Fundstore ha attivato due nuovi tool in collaborazione con Morningstar: il Compara Fondi, lo strumento che permette di selezionare un numero variabile
di fondi e realizzare un confronto in termini di performance, rischiosità, rating o di commissioni, e il Portafoglio a Raggi X che consente di valutare complessivamente l’esposizione del proprio portafoglio su vari mercati, per esempio in base all’area geografica, alla tipologia di investimento, alla qualità del
credito e alla tipologia dei beni”.
n.4 / n.1 - 2012
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PROTAGONISTI & CARRIERE
Finanza
AGA International S.A. (che opera in Italia con il marchio Mondial Assistance), leader
mondiale in assicurazioni di viaggio e soluzioni di assistenza, e International Space
Transport Association (ISTA) hanno firmato un accordo di partnership in esclusiva in
vista dello sviluppo del turismo e dei voli commerciali verso lo spazio atteso per il prossimo futuro. I due partner si impegnano ad accompagnare i viaggiatori prima, durante e dopo il viaggio nello spazio, per garantire che la loro straordinaria
esperienza sia la più sicura, serena e confortevole possibile.
Il primo volo commerciale è programmato per ottobre 2012 ed è la prima volta nella storia in cui l’industria spaziale sottoscrive un’assicurazione per
questo tipo di missione (in passato non era mai stato possibile trovare un accordo). “ISTA mira a unire l’industria spaziale ai propri utenti. Non è mai accaduto prima che i viaggiatori dello spazio e gli operatori di voli spaziali riuscissero ad ottenere una copertura assicurativa”, ha dichiarato Ronald Heister,
Direttore Generale ISTA.
La prossima generazione - “Oggi forniamo una copertura assicurativa annuale a più di 30 milioni di persone in tutto il mondo”, ha commentato Erick
Morazin, Direttore della struttura Global Accounts di AGA International S.A.. “Vediamo nel turismo spaziale un nuovo mercato per la prossima generazione
di viaggiatori. La nostra partnership con International Space Transport Association (ISTA) è la dimostrazione concreta del nostro supporto e del nostro interesse verso il settore dei viaggi nello spazio”.
Assicurazioni di viaggio - AGA International S.A. sta attualmente sviluppando, insieme ad ISTA, un’ampia gamma di assicurazioni di viaggio per i i viaggiatori e gli scienziati che lavorano nello spazio e per le compagnie che operano nel settore dei voli spaziali, come Virgin Galactic, Xcor e SpaceLinq, oltre
a soluzioni di assistenza medica, ad un servizio di consulenza ed a servizi di assistenza alla persona per i viaggiatori nello spazio. AGA International S.A.
si propone di accompagnarli, con le loro famiglie, in tutte le fasi di questa esperienza straordinaria, dalla preparazione del viaggio fino al rientro a casa.
“Lo spazio è sicuramente la nostra nuova frontiera, e oggi siamo pronti a compiere questo gigantesco passo in avanti per garantire serenità e benessere
a tutti i futuri clienti che viaggeranno verso questa particolare destinazione”, ha dichiarato Morazin.
Presenza mondiale - Secondo Taras Ploshchansky, Direttore Affari Legali della sede centrale ISTA all’Aia, “Il nostro obiettivo è di soddisfare le esigenze di
questo nuovo settore in termini di presenza in tutto il mondo, di guida e di supporto. Portare passeggeri, merci e carico utile nello spazio richiederà la
creazione e l’implementazione di nuove leggi e codici, oltre ad una attività di ricerca, marketing e comunicazione. Siamo lieti di entrare in questa nuova
era di viaggio in partnership con AGA International S.A.. Combinando le conoscenze, competenze ed esperienze delle due Società sarà facile poter fornire
una gamma completa di servizi professionali a tutti i viaggiatori dello spazio, agli scienziati, alle organizzazioni ed ai relativi membri, agli organismi di
governo”.
ISTA Awards - Il 14 novembre scorso hanno avuto luogo allo Spherium Space Trade Center dell’Aia la presentazione commerciale del volo spaziale e un
pranzo per celebrare l’evento , alla presenza di Erick Morazin e Taras Ploshchansky. Durante questo evento, Richard Branson di Virgin Galactic e Viktor
Vekselberg, direttore della Russian Skolkovo Foundation, insieme a Sergei Zhukov, cosmonauta russo famoso in tutto il mondo, hanno ricevuto il primo
ISTA Award, riconoscimento per i risultati distintivi e pionieristici da loro conseguiti nel trasporto e nell’innovazione del comparto dei viaggi spaziali commerciali.
La partnership AGA International S.A. / ISTA - Durante l’evento, Erick Morazin ha annunciato pubblicamente la partnership tra AGA Internationa S.A. e International Space Transport Association, fornendo un approfondimento e maggiori dettagli su alcune soluzioni di assistenza e assicurazione per i voli spaziali
che sono attualmente in fase di sviluppo.
International Space Transport Association - Un settore del tutto nuovo sta emergendo e si sta sviluppando intorno ai voli verso lo spazio, alla formazione
degli addetti, al trasporto delle merci, agli alberghi e a molte altre attività connesse a questo settore: è la cosiddetta “economia dello spazio”. Il crescente
valore economico di queste attività sta trasformando questo in un settore guidato dal consumatore e dalle sue esigenze. Alla base di tale processo deve
essere garantito il corretto funzionamento di un organismo indipendente, riconosciuto dalle parti coinvolte, che possa controllarne e sostenerne la reputazione e massimizzarne il valore economico in modo sostenibile. International Space Transport Association (ISTA) ha lo scopo di adempiere a tali compiti con un obiettivo particolare per le attività spaziali legate ai consumatori in tutto il mondo. La convinzione dell’enorme potenziale dell’industria spaziale
commerciale spiega l’impegno di ISTA nell’assicurarne lo sviluppo maturità fin da queste prime fasi.
Le assemblee di Prisma Sgr e di Zero Sgr hanno dato il via libera al perfezionamento della fusione per incorporazione di Zero Sgr in Prisma Sgr, a seguito dell’autorizzazione ricevuta nei giorni scorsi dalla Banca
d’Italia. L’atto di fusione verrà stipulato entro la fine del 2011.
Prisma Sgr, primario operatore italiano nei servizi di investment e asset management nel settore immobiliare, è guidata dal Presidente Avv. Salvatore Catalano e dall’Amministratore Delegato Dott. Alberto Carpani. Le masse gestite dalla Sgr ammontano a circa €2 miliardi tra gestioni e advisory.
Dopo il recente lancio di un fondo immobiliare paneuropeo in partnership con Invesco, Prisma sgr sta studiando nuovi fondi immobiliari innovativi destinati ad investitori professionali sia istituzionali sia privati.
La strategia di crescita a medio-lungo termine nel segmento immobiliare di Prisma Sgr prevede ulteriori acquisizioni dopo quella di Zero sgr, con l’obiettivo di raggiungere complessivamente circa 3 miliardi di euro di asset mobiliari ed immobiliari in gestione entro la fine del 2013.
8
Family Office
PROTAGONISTI & CARRIERE
Assosolare, l’associazione nazionale dell’industria fotovoltaica aderente a Confindustria Energia, ha annunciato oggi la nomina di Michele Appendino, Presidente e Ad di Solar Ventures, a Consigliere Vicario del Presidente dell’associazione.
Appendino, che già guidava la commissione dedicata ai rapporti con le altre sigle delle rinnovabili, affiancherà il Presidente Gianni Chianetta in tutte le attività
strategiche, con particolare riguardo all’ integrazione tra diverse associazioni del settore. Obiettivo, questo, tra le priorità di Assosolare
per quest’anno.
Michele Appendino (46 anni), laureato al Politecnico di Torino, ha conseguito l’MBA all’INSEAD di Fontainebleau. Ha iniziato la carriera nella consulenza in McKinsey ed è attivo nel settore del Venture capital
dal 1997, prima esclusivamente nel settore internet con Net Partners
Ventures (tra gli investimenti edreams, Mutuionline e Yoox) e dal
2005 anche in quello delle energie rinnovabili. Attraverso AME Ventures detiene il controllo di Solar Ventures, produttore di energia solare che sviluppa e gestisce grandi impianti fotovoltaici. In Italia ha
circa 50 Mwp connessi alla rete ed è presente anche in Francia, Est
Europa, Giordania, Turchia, Sud Africa e Thailandia.
Per celebrare il
decennale del
Museo Birra Peroni ed in occasione della decima edizione della Settimana della Cultura di Impresa, promossa
ogni anno da Confindustria, Birra Peroni ha aperto le porte del
suo stabilimento al pubblico per una esclusiva lezione di design: “L’iconografia e il packaging di Peroni nella storia del design italiano”. L’incontro si è inserito nell’articolato programma di iniziative organizzate da Unindustria e da imprese del
territorio con incontri, workshop, aziende aperte, visite guidate,
presentazioni di libri e convegni. Attraverso la guida esperta di
una storica del design, Domitilla Dardi, il pubblico è stato guidato in un viaggio nel tempo alla scoperta di come oltre 160 anni di storia aziendale e di cultura birraria si intreccino con la
storia del costume e della creatività italiani. Una lettura inedita e originale della storia di Birra Peroni raccontata attraverso
l’analisi dell’evoluzione iconografica, del materiale pubblicitario
e delle confezioni del marchio Peroni, con alcuni riferimenti significativi a Nastro Azzurro.
Una storia imprenditoriale, quella di Birra Peroni, che inizia nel
1846 a Vigevano e vede l’azienda partecipare a tutte le fasi
cruciali della vita del nostro Paese, dalle battaglie risorgimentali, ai conflitti mondiali, agli anni del cosiddetto “miracolo economico”, quando si afferma come gruppo industriale all’avanguardia. Da allora in avanti Peroni è sinonimo di birra in Italia
e simbolo del Made in Italy nel mondo.
Attraverso la lettura della professoressa Dardi si scopre che lo
stile industriale dell’azienda e le sue icone storiche sono strettamente connesse all’evoluzione degli stili architettonici e del
design italiani e non solo: dallo stile Liberty al futurismo, dall’arte pop americana all’arte contemporanea. La leggendaria
icona pop della Bionda Peroni, le prime confezioni multiple
degli anni Cinquanta e la nuova bottiglia a “esagono” che abbandona gli stilemi classici “gotici” del packaging birrario sono
solo alcuni degli aspetti passati in rassegna nel corso dell’ incontro. Un vasto patrimonio di documenti, immagini d’archivio, scatti fotografici, oggettistica, carte e materiali pubblicitari
sono tutt’ora custoditi all’interno degli spazi del Museo e dell’Archivio Storico di Birra Peroni.
“Siamo convinti dell’importanza di valorizzare la memoria storica della nostra azienda ed e’ per questo che abbiamo aderito
con grande entusiasmo alla X Settimana della Cultura di Impresa - commenta Federico Sannella, Direttore Relazioni Esterne di Birra Peroni -. I valori di tradizione e cultura imprenditoriale fanno parte dell’identità e della filosofia della nostra
azienda, e lo stile italiano, che caratterizza da sempre la nostra produzione, rappresenta un valore distintivo per i nostri
marchi”.
n.4 / n.1 - 2012
Aziende
Massimo Ferrari, manager di lungo corso del settore finanziario, entra a far parte del Gruppo Salini, il terzo General Contractor italiano, con l’incarico di Responsabile degli affari generali. Ferrari, che riporterà direttamente all’Amministratore Delegato Pietro Salini, si occuperà in particolare dei progetti strategici, degli affari societari,
delle relazioni esterne e dei rapporti con le autorità e con gli azionisti. Massimo Ferrari vanta una lunga esperienza maturata in quasi
venti anni ai vertici delle principali società di gestione del risparmio,
oltre a un importante incarico in Consob come Responsabile della Divisione Emittenti. Come Direttore Generale di Fineco Group è stato
uno dei gestori più attivi nel promuovere i migliori standard di corporate governance nelle società quotate; tra i fondatori del Comitato di
Corporate Governance di Assogestioni, è stato anche promotore del
codice di autodisciplina delle società quotate e sostenitore della rappresentanza delle minoranze negli organi delle società quotate. L’ultimo incarico è stato ricoperto in Unicredit dove si è occupato di sistema di controlli e dei Comitati Controllo e Rischi. Attualmente Massimo Ferrari è membro del Secondary Market Standing Committee
dell’ESMA e Vice Presidente di Assosim. Inoltre insegna finanza internazionale all’Università Luiss Guido Carli.
“Per un gruppo industriale che è riuscito a crescere in modo straordinario negli ultimi anni, nonostante il difficile contesto economico mondiale, la dimensione è un fattore cruciale per competere a livello internazionale” ha dichiarato Massimo Ferrari. “I principali competitor
esteri sono valutati con multipli più che doppi di quelli italiani anche
per una ragione di dimensione, il Gruppo Salini ha tutte le carte in regola per crescere ancora sul mercato e imporsi a livello nazionale e
internazionale”.
9
Altre interviste su
Alessandro Proto
Consulting, il Financial
Wedding Planner.
ActivTrades
primo broker
sostituto d'imposta.
CUOA e le conseguenze
della crisi
sulla formazione.
Alessandro Proto,
Fondatore e Presidente
della Alessandro Proto
Consulting
Samuele La Rocca,
Sales Trader ActivTrades
Francesco Gatto,
Responsabile CUOA
Finance della Fondazione
CUOA
SSGA e i motivi
del successo degli ETF.
ASSOSIM: dal 25esimo
alla battaglia
contro la Tobin Tax.
ETF, Invesco chiede
qualità ai provider e
si appresta ad allargare
la gamma.
Danilo Verdecanna,
Managing Director
State Street Global
Advisors Italy
Michele Calzolari,
Presidente di ASSOSIM
CMC Markets, come si
negozia con la volatilità
iShares, la trasparenza
e gli standard comuni.
Stefano Gianti,
Responsabile Formazione
di CMC Markets
Emanuele Bellingeri,
Head of iShares Italy
RBS lancia 5 nuovi Etf
su mercati emergenti
e di frontiera.
ETF Securities espande
la piattaforma di ETC
in Borsa Italiana.
Nicola Francia,
Responsabile Strumenti
Quotati Italia RBS
Massimo Siano,
Head of Italian Market
ETF Securities
XTB e le novità delle
opzioni “up&down”
e di “pair finder”.
Source semplifica
la vita all’investitore
con il lancio di un nuovo
Etf commodity.
Marco Dall’Ava,
Account Manager
e Analista Tecnico di XTB
Threadneedle
investments e
la crescita positiva
per il 2012.
William Davies,
Head of Global Equities
Sergio Trezzi,
Managing Director
Invesco PowerShares Italia
Formazione,
Captha rilancia
un modo nuovo
di fare finanza.
Dora Fontana,
Responsabile Formazione
Captha
Stefano Caleffi,
Responsabile per il mercato
italiano di Source
Oro e società aurifere:
potenzialità o rischio?
Simona Gambarini,
Economista di Etf
Securities
www.finanzaediritto.it
TOL 2011.
Finanzaediritto intervista
Mario Fabbri,
AD Directa SIM
Banca Euromobiliare
punta sui clienti
istituzionali.
E’ partito a inizio febbraio
il nuovo servizio
denominato Global Desk
Ipsoa, La formazione
dei professionisti
ai tempi della crisi.
Giovanna Piccoli,
Direttore Scuola
di formazione Ipsoa
IMPRESE E FINANZA
Il mercato italiano
del private equity e venture capital
nel I semestre 2011 e le prospettive future
Alessia Muzio
Responsabile Ufficio Studi AIFI
Il 2011 è stato senza dubbio un anno impegnativo
per l’economia mondiale, con alcuni segmenti che
si sono ripresi, mentre altri risultano ancora stagnanti. Il mercato del private equity e venture capital nei primi sei mesi dell’anno ha mostrato a livello internazionale un andamento a due marce,
con la raccolta ancora difficile, a fronte di un miglioramento significativo dell’attività di investimento. Ad esempio, la Francia ha visto nel primo
semestre un calo del 6% dei capitali raccolti, mentre le risorse investite sono aumentate del 45%. Allo stesso modo, in Spagna la raccolta, non considerando gli operatori pan-europei, ha fatto segnare
un significativo -59%, contrapposto ad una crescita del 66% dell’ammontare investito. Questo andamento è continuato anche nel terzo trimestre, come
testimoniano i dati mondiali pubblicati dalla società di ricerca Preqin, che evidenziano una raccolta
ancora difficile, in calo del 46% rispetto al periodo
aprile-giugno, mentre gli investimenti sono stati caratterizzati da una leggera crescita.
Anche in Italia si è osservato un percorso simile, come rivelano i dati elaborati da AIFI, Associazione
Italiana del Private Equity e Venture Capital, in collaborazione con PricewaterhouseCoopers, che mostrano innanzitutto una diminuzione del 19% dei
capitali raccolti, che si sono fermati a 384 milioni di
Euro, contro i 473 del primo semestre del 2010. Di
questi capitali, 298 milioni sono stati raccolti sul
mercato da parte di operatori indipendenti, con un
calo del 22% rispetto allo stesso periodo dell’anno
precedente, mentre 85 milioni di Euro sono riconducibili a società capogruppo di veicoli di investi12 Family Office
mento di tipo captive. Come
nel 2010, le banche hanno rappresentato la principale fonte
di capitale, sottoscrivendo il
55% della raccolta indipendente totale, seguite dai fondi pensione (17%) e dalle assicurazioni (17%). Per quanto
riguarda la provenienza geografica dei capitali, invece, va sottolineato il ritorno sul mercato, seppur
timidamente, della componente estera, che ha pesato per il 25%, mentre era totalmente scomparsa
nel primo semestre del 2010. (Fig. 1)
In questo difficile contesto, segnali di ripresa sono
provenuti dall’attività di investimento, che nel periodo compreso tra gennaio e giugno del 2011 ha registrato 159 nuove operazioni, in crescita del 23%
rispetto allo stesso periodo del 2010. L’ammontare
investito, pari a 1.524 milioni di Euro, ha visto un
incremento ancora più significativo, pari al 176%. I
primi dati disponibili sul terzo trimestre, resi noti
dall’Osservatorio Private Equity Monitor dell’Università di Castellanza, confermano questo trend positivo, con 19 deal registrati nel periodo giugno-settembre e una crescita dell’11% rispetto allo stesso
periodo dell’anno precedente e del 19% rispetto ai
tre mesi precedenti. (Fig. 2)
Analizzando più nel dettaglio l’attività del primo
semestre, emerge innanzitutto che i risultati positivi sono in gran parte imputabili al comparto del
mid market, fondamentale per le imprese italiane, spesso non in grado di competere a livello internazionale e con problemi di accesso al credito
IMPRESE E FINANZA
Fig. 1: Evoluzione dell’attività di raccolta totale (Euro Mln)
I sem
II sem
1.539
1.353
1.538
1.714
1.489
667
914
737
2006
2007
2008
290
473
384
2009
2010
2011
Fonte AIFI - PwC
Fig. 2: Evoluzione semestrale dell’attività di investimento
Ammontare (Euro Mln)
2.772
Numero
2.686
2.289
1.908
170
153
1.909
202
1.546
149
163
155
128
129
1.524
159
1.069
552
I sem
2007
II sem
2007
I sem
2008
II sem
2008
I sem
2009
II sem
2009
I sem
2010
II sem
2010
I sem
2011
Fonte AIFI - PwC
e sottocapitalizzazione. L’82% degli interventi realizzati nel primo semestre, infatti, ha avuto ad oggetto imprese con meno di 250 dipendenti. In particolare, il segmento dell’expansion, relativo ad investimenti di minoranza finalizzati a sostenere programmi di sviluppo di imprese esistenti, è stato
indubbiamente quello che ha mostrato un andamento più vivace, con una crescita del 48% del numero di operazioni, passato da 50 a 74, e del 93%
in termini di ammontare, con 280 milioni di Euro
investiti, contro i 145 del primo semestre del 2010.
La difficile situazione del credito, prerogativa non
solamente italiana, inoltre, non potrà che portare
ad una ulteriore crescita del numero di operazioni a supporto dei progetti di crescita e internazionalizzazione delle molte e valide medie imprese
attive nel nostro Paese. Sulla base della raccolta
fatta negli ultimi anni, peraltro, gli oltre 120 fondi
di mid market attivi in Italia, hanno ancora a disposizione 4,8 miliardi di Euro per futuri investin.4 / n.1 - 2012
13
IMPRESE E FINANZA
Fig. 3: Distribuzione degli investimenti del I semestre per tipologia
Ammontare (Euro Mln)
1.160
Numero
74
50
27
280
5
40
43
Buy out
Expansion
Replacement
Early stage
3
1
Turnaround
Fonte AIFI - PwC
menti, cifra che corrisponde a circa 900 potenziali operazioni.
Nonostante il momento critico che i mercati stanno
vivendo a livello di financing e il conseguente minor ricorso alla leva finanziaria, anche le operazioni di buy out, finalizzate ad acquisire quote di maggioranza o totalitarie dell’impresa, sono tornate a
crescere, soprattutto in termini di ammontare, grazie alla ricomparsa sul mercato di alcune operazioni di dimensioni significative. L’ammontare investito, infatti, si è attestato a quota 1.160 milioni di
Euro, contro i 329 milioni della prima parte del 2010.
Il numero di operazioni, invece, è passato da 20 a
27, facendo registrare una crescita del 35%. Utilizzando come stima l’ammontare medio investito ogni
anno, è possibile ipotizzare che gli operatori specializzati in questo segmento, sia grandi fondi italiani che player internazionali, abbiano ancora a disposizione, complessivamente, oltre 3 miliardi di Euro da investire in Italia.
Sempre con riferimento alla tipologia di investimenti
realizzati, il comparto dell’early stage, che si rivolge
ad imprese nelle prime fasi di vita, ha mostrato valori in linea con il primo semestre dell’anno precedente, con 50 operazioni realizzate (-2%) e un impiego di circa 40 milioni di Euro (-2%). Ci sono, inoltre, ancora 600 milioni di Euro a diposizione per questo segmento, cioè oltre 500 potenziali investimenti
che potranno essere realizzati soprattutto a favore di
giovani imprese tecnologiche che, anche nel primo
14 Family Office
semestre, hanno attratto oltre la metà degli investimenti di early stage, a testimonianza della crescente attenzione degli operatori nei confronti di imprese operanti in settori ad alta tecnologia. (Fig. 3)
Se, da un lato, i comparti tradizionali del made in
Italy continuano ad attrarre l’attenzione degli operatori, dall’altro aumenta l’interesse verso settori relativamente nuovi per l’industria del private equity,
settori che in un futuro prossimo potranno dimostrarsi cruciali non solo per il mercato del capitale
di rischio, ma più in generale per l’economia italiana. La prima parte del 2011, infatti, ha visto un ulteriore consolidamento del trend di crescita del comparto dell’energia & utilities, che ha attratto il 12%
del numero complessivo di investimenti. Più in generale, il settore delle infrastrutture, essenziale per
lo sviluppo del Paese, soprattutto in un momento
di crisi come quello attuale, ha visto crescere il coinvolgimento del private equity, tanto che il 31% dei
capitali raccolti nel primo semestre avrà come destinazione proprio tale comparto.
Passando ad analizzare l’attività di disinvestimento, nel corso del primo semestre del 2011 sono state dismesse 75 partecipazioni, un numero che segna una crescita del 21% rispetto allo stesso periodo del 2010. Circa il 40% di questi disinvestimenti
è stato realizzato mediante la cessione a partner industriali. In termini di ammontare disinvestito, calcolato al costo storico di acquisto, si è osservata una
crescita importante, dai 470 milioni di Euro dei pri-
IMPRESE E FINANZA
Fig. 4: Evoluzione semestrale dell'attività di disinvestimento (Euro Mln)
Vendita ad altri inv. fin.
IPO/Vendita post IPO
Totale
Trade sale
Altro
2.500
2.000
1.500
1.000
500
I sem
2007
II sem
2007
I sem
2008
II sem
2008
I sem
2009
II sem
2009
I sem
2010
II sem
2010
I sem
2011
Fonte AIFI - PwC
mi sei mesi del 2010 ai 2.337 della prima metà del
2011, grazie soprattutto ad alcune singole dismissioni di dimensioni elevate. Anche in questo caso il
canale del trade sale ha avuto un ruolo predominante, rappresentando il 68% della cifra complessiva, con 1.584 milioni di Euro. Lo strumento della
quotazione in Borsa, storicamente fondamentale per
le dismissioni del private equity, invece, subisce l’aleatorietà dei mercati mobiliari e risulta al momento difficile da percorrere. (Fig. 4)
In un contesto di grande incertezza come quello in
cui stiamo vivendo e con grandi novità politiche in
atto, fare previsioni per il prossimo anno non è affatto semplice. Sicuramente il mondo del private
equity dovrà affrontare importanti cambiamenti,
con l’imminente introduzione della Direttiva AIFM
che andrà ad incidere sulla dinamica degli operatori e con i nuovi vincoli imposti da Basilea III, che
ridefiniranno l’impegno degli operatori bancari.
Quello che è certo è il fatto che, in un momento come quello che stiamo vivendo, con risorse liquide
scarse a livello di sistema, appare davvero difficile
trovare imprenditori in grado di investire adeguati capitali di rischio. Il mercato del private equity,
con le ingenti risorse a disposizione per investimenti
in Italia, valutabili complessivamente nell’ordine di
circa 11 miliardi di Euro, può sicuramente offrire un
contributo importante alla ripresa dell’economia
italiana, intervenendo in segmenti strategici per il
nostro sistema Paese. n
n.4 / n.1 - 2012
15
TRUST E ATTIVITÀ FIDUCIARIE
Il Trust e la crisi coniugale
Francesco Frigieri, Avvocato in Ravenna
Francesca Cerri, Avvocato in Roma
Nell’attuale momento storico il matrimonio vive una
profonda crisi. Sintomo del declino che lo affligge è
il crescente numero di separazioni1 e divorzi che
emerge dalle più recenti statistiche2. L’esito patologico dei momenti di crisi, infatti, è rappresentato
dalla separazione dei coniugi che spesso si rivela un
mero preludio del divorzio.
Intervenuta la separazione i vincoli coniugali si affievoliscono sia in ambito personale sia in ambito
patrimoniale. I coniugi, infatti, non sono più tenuti
ai reciproci obblighi di convivenza e fedeltà né opera più, tra di essi, l’eventuale regime di comunione
legale.
In questo contesto il trust può rivelarsi un utile strumento per governare e superare il conflitto familiare.
Da tempo giurisprudenza e dottrina ammettono l’applicabilità del trust in ambito familiare al fine di disciplinare i rapporti patrimoniali dei coniugi3.
La versatilità di quest’istituto permette di soddisfare al meglio le esigenze dei coniugi (nonché degli
eventuali figli) rispetto agli istituti tradizionali contemplati dal nostro ordinamento4. Tra questi basti
ricordare il sequestro dei beni ovvero l’ordine rivolto
ai debitori del coniuge obbligato di corrispondere il
dovuto al coniuge creditore5. L’inadeguatezza di tali strumenti ad assicurare una tutela immediata quanto efficace induce a esplorare le potenzialità del trust
in tale ambito6.
La segregazione, principale peculiarità del trust, consente una gestione del patrimonio a favore del nucleo familiare residuo più debole plasmata sulle esigenze di tutti i soggetti coinvolti. In particolare l’effetto segregativo genera la separazione di determi16 Family Office
nati beni e/o risorse dal patrimonio del coniuge obbligato; in tal modo non solo si garantisce, ai beneficiari, l’adempimento delle obbligazioni assunte7,
ma si evita, altresì, che il patrimonio segregato possa essere aggredito dai creditori. Il trust, dunque,
tutela l’interesse del beneficiario alla certezza dell’adempimento e cancella le preoccupazioni del coniuge debitore circa il coinvolgimento del suo patrimonio per far fronte ai suoi obblighi.
L’atto istitutivo di un trust siffatto dovrebbe prevedere:
- il trasferimento al trustee, da parte del coniuge obbligato, di somme di denaro e/o di beni di altro genere nella misura necessaria a far fronte al debito
di mantenimento;
- l’attribuzione del ruolo di beneficiario al coniuge
o ex-coniuge8 ovvero, infine, ai figli minorenni o
maggiorenni non economicamente indipendenti;
- la previsione di un termine finale coincidente con
il momento in cui cesseranno gli obblighi di mantenimento;
- la previsione che laddove cessato il trust residuino beni non consumati questi vengano restituiti dal
trustee al disponente (coniuge inizialmente onerato
dall’obbligo di mantenimento)9.
La dottrina10 ha evidenziato che l’istituzione di un
trust che esplichi sia funzioni solutorie sia funzioni di garanzia apporta i seguenti vantaggi:
- il coniuge debitore ha la possibilità di spogliarsi e
sottoporre a vincolo di destinazione soltanto le risorse necessarie ad assolvere le obbligazioni assunte
o impostegli nonché di tornare in possesso, al termine del trust, dell’eventuale esubero oppure di destinarlo altrimenti;
TRUST E ATTIVITÀ FIDUCIARIE
Giuseppe Pellizza da Volpedo: L’amore nella vita,
olio su tela, 1900,
Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino
- l’effetto segregativo generato dal trust rende il patrimonio destinato insensibile alle vicende economiche del coniuge disponente; salvo l’esperimento
di eventuali azioni revocatorie11. Si evita, in tal modo, il conflitto tra i creditori del coniuge debitore e
i creditori della prestazione alimentare;
- la segregazione consente di rendere il patrimonio
vincolato distinto anche dal patrimonio del trustee;
si impediscono, così, eventuali atti di disposizione
lesivi degli interessi protetti dal trust;
- con l’istituzione del trust viene a crearsi un rapporto obbligatorio tra il trustee e il beneficiario che
riduce, sin quasi a eliminarla, la possibilità di un inadempimento e la necessità di esercitare azioni giudiziarie volte a rimuoverlo.
Tuttavia se nessun dubbio sussiste circa la possibilità, per i coniugi, di istituire consensualmente un
trust in caso di separazione ovvero di divorzio, non
altrettanto pacifica risulta la sua applicabilità da parte del giudice nel corso dei giudizi di separazione o
divorzio contenziosi.
La giurisprudenza è, infatti, concorde nel ritenere
ammissibile un accordo tra coniugi che, trasfuso nel
verbale di omologazione della separazione ovvero
nella sentenza di divorzio congiunto, regoli le questioni patrimoniali mediante l’istituzione pattizia di
un trust.
Al contrario, nell’ipotesi in cui il ricorso al trust sia
una scelta del giudice, si ritiene che questo non potrebbe mai assolvere una funzione solutoria.Secondo un principio consolidato, il giudice non può imporre d’ufficio la corresponsione di una somma di
denaro o di determinati beni o risorse con finalità
solutoria. Tale potere è infatti, riservato al potere dis-
crezionale delle parti che possono utilizzarlo attraverso l’esercizio dell’autonomia privata.
Nell’ipotesi in cui il trust fosse imposto attraverso
una decisione giudiziale l’unica tipologia configurabile sarebbe, dunque, il trust di garanzia12. n
1
Secondo l’Istat nel 2005 queste hanno rappresentato l’epilogo di
un matrimonio su quattro.
2
Nel decennio 1997/2007 l’Istat ha registrato un aumento del
34,96% delle separazioni e addirittura del 51,96% divorzi.
3
Sul punto v. in giurisprudenza Trib. Milano (decr.) 8 marzo 2005;
Trib. Pordenone (decr.) 20 dicembre 2005; Trib. Milano (decr.) 7
giugno 2006; Trib. Genova (decr.) 1 aprile 2008; in dottrina Ma
rullo Fanticini Monegat Tonelli Manes, La protezione dei patrimo
ni, Santarcangelo di Romagna, 2009.
4
Come ben sottolineano M. Dogliotti F. Piccaluga, I trust nella cri
si della famiglia, in Fam. e dir., 2003, 301 ss.
5
Paradigmatico in questo senso è l’ordine di pagamento diretto
delle somme previste per l’assegno di mantenimento da parte del
datore di lavoro sulla retribuzione dovuta al lavoratore
6
«Da ciò l’idea di suggerire l’utilizzo del trust, strumento duttile
e versatile che può essere adattato ad ogni singola fattispecie e di
venire “l’abito su misura” per ogni vicenda di dissolvimento del
l’unione familiare», così Marullo Fanticini Monegat Tonelli Ma
nes, La protezione dei patrimoni, cit., 346.
7
Nelle cause di separazione e di divorzio il principale problema
che può sorgere deriva proprio dall’adempimento delle obbliga
zioni di mantenimento assunte da uno dei coniugi sua sponte ov
vero impostegli dal giudice mediante provvedimento.
8
In caso di divorzio.
9
Questa è, ovviamente, una delle possibili alternative adottabili
in tale ipotesi. Il coniuge disponente potrebbe, al contrario, pre
vedere che i beni non consumati, al termine del trust, siano attri
buiti, in tutto o in parte ai figli.
10
M. Lupoi, Trusts, Milano, 2001, 641 ss.
11
Cass. civ. 23 marzo 2004, n. 5741, Arch. civ., 2004, 1206; Cass. civ.
26 marzo 2005, n. 15603, Rep. Foro it., 2005; Cass. civ. 14 marzo
2006, n. 5473, Nuova giur. comm., 2007, I, 371; Cass. civ. 12 aprile
2006, n. 8516, Rep. Foro it., 2006; Trib. Cassino 8 gennaio 2009, Trusts,
2009, 419 ss.; Trib. Cassino 1 aprile 2009, Fam. e dir., 2009, 925 ss.;
Trib. Torino 15 giugno 2009, Trusts, 2010, 83 ss.
12
L’istituto fungerebbe da garanzia dell’adempimento degli ob
blighi di mantenimento; v. in tal senso A. Tonelli, Il Trust familia
re e la tutela del minore, http://www.diritto.net, 15 ss.
n.4 / n.1 - 2012
17
TRUST E ATTIVITÀ FIDUCIARIE
XII FORUM
Il Trust come risposta al
per le imprese familiari tra
a cura della redazione
«La struttura su misura e l’effetto segregativo rendono il trust la migliore risposta al fenomeno del
passaggio generazionale rispetto agli strumenti tradizionali offerti dal nostro ordinamento». Con queste parole l’Avvocato Francesco Frigieri dello Studio Legale Frigeri & Partners ha sintetizzato le ragioni dei vantaggi legati alla scelta del trust come
strumento per il passaggio generazionale rivolto a
imprese familiari. Il suo dettagliato ed esemplificativo intervento ha dato l’abbrivio al XII Forum Trust,
organizzato da Editrice Le Fonti e tenutosi con successo martedì 29 novembre al Grand Hotel Doria di
Milano. Dopo aver messo a confronto alcuni modelli, previsti dal nostro ordinamento, volti a regolare la trasmissione della ricchezza (il testamento,
le donazioni, le clausole statutarie, l’usufrutto di
partecipazioni, i patti parasociali, gli atti di destinazione, i patti di famiglia, la creazione di holding),
l’Avv. Frigeri ha suggerito come il trust, per la sua
maggiore flessibilità, si connoti come l’istituto più
idoneo a soddisfare le esigenze di «assicurare più
che un passaggio generazionale dell’impresa familiare, una vera e propria pianificazione che contenga anche il subentro nel tempo di altre figure e le
opportune verifiche del caso». «L’istituto probabilmente non è ancora molto conosciuto nella sua struttura e nei suoi effetti – ha proseguito – o meglio è
vittima di pregiudizi generati da alcune sue peculiarità, con particolare riferimento a quelle segregative dei beni conferiti, ovvero relative al passaggio
della proprietà dei beni dal disponente al trustee.
Sul piano fiscale, poi, il regime risulta particolar18 Family Office
mente agevolato per effetto delle esenzioni previste dalla reintrodotta imposta sulle successioni e
donazioni, con specifiche esclusioni delle imposte
a seguito della legge finanziaria 2007». «Visti i vantaggi apportati dal trust nella competizione e il valore aggiunto rispetto agli altri istituti – ha concluso Frigeri – primo fra tutti la non necessità del consenso preventivo dei beneficiari nella fase istitutiva e in quella dispositiva, nonché per la conservazione dell’unitarietà del patrimonio ivi conferito,
segregato per il fine perseguito, rende il problema
della legittimato (peraltro facilmente risolvibile)
soltanto apparente, essendo risolto quello più importante del controllo del passaggio generazionale, o meglio della trasmissione della ricchezza nell’interesse della famiglia». A sviscerare le questioni legate al rapporto tra Trust e Fisco è stato Francesco Fabbiani, dottore commercialista e revisore
contabile, nonché fondatore di A&C Avvocati e Commercialisti associati, che ha parlato delle ricadute
di questo istituto sulle imposte sul reddito e su quelle indirette. Partendo dalla distinzione tra “trust
non residente”, “trust residente commerciale” e
“trust residente non commerciale”, ne ha evidenziato le caratteristiche. «Nel primo caso – ha illustrato Fabbiani – il trust viene tassato solo per redditi prodotti in Italia in base a categorie di appartenenza, nel secondo il tributo si riferisce ai redditi ovunque prodotti inquadrati come reddito d’impresa, mentre nel terzo l’imposta è relativa a redditi ovunque prodotti in base a categorie di appartenenza. Per valutare invece il “carico fiscale” com-
TRUST E ATTIVITÀ FIDUCIARIE
TRUST
passaggio generazionale
fiscalità italiana e svizzera
plessivo relativo all’utilizzo dei trust è necessario
definire la quantificazione del reddito e le aliquote
fiscali applicabili». Non è mancato al termine un approfondimento sull’imposizione fiscale del trust nel
Canton Ticino con un excursus, compiuto da Gianluca Catani, Tax advisor e Trust practitioner di Seal
Consulting sulla prassi fiscale attualmente vigente
oltre confine e sui possibili aspetti operativi. Sebbene la Svizzera non disponga di una legge propria
in materia di trust, ma si limiti, come l’Italia, a fare
riferimento alla Convenzione dell’Aja su tale materia, il trattamento fiscale dei trust dipende esclusivamente dal diritto fiscale elvetico. «Il principio di
imposizione del trust (rectius: trasparenza fiscale)
– ha precisato Catani - contempla, in sostanza, tre
regole: il trust non è mai un soggetto passivo d’imposta. Per il trattamento fiscale è determinante definire se il Settlor si “priva” definitivamente della
sua sostanza tramite l’istituzione del trust oppure
se, tramite provvedimenti giuridici o economici, si
riserva anche in futuro l’accesso alla stessa. Per il
trattamento fiscale non è determinante la denominazione del tipo di trust nell’atto costituente (trust
deed), bensì le conseguenze economiche». Presente all’evento anche Trust4Trust, società svizzera leader nel settore dei Corporate Services con vasta esperienza nell’ambito della consulenza fiscale internazionale e nella gestione societaria. Un vivace dibattito con il pubblico si è svolto al termine degli interventi, pubblico dimostratosi particolarmente partecipe e interessato ad ottenere ulteriori delucida(A.L.)
zioni rispetto agli argomenti trattati. n
Francesco Frigeri, avvocato
dello Studio Legale Frigeri &
Partners, si occupa di diritto
dei trust interni, sul cui tema ha
redatto articoli e commenti su
riviste del settore e tenuto docenze, anche all’interno di Masters di specializzazione. Collabora con alcune Trust Companies per consulenze e sviluppo di nuove strutture per la pianificazione patrimoniale attraverso l’applicazione dell’istituto trust. www.frigeri-partners.com
Società leader nei Corporate Services, Trust4Trust è costituita da professionisti con una decennale esperienza
nel settore della consulenza fiscale internazionale e nella gestione societaria. Costituisce e gestisce società onshore ed offshore offrendo riservatezza e protezione del
patrimonio unitamente ai vantaggi fiscali derivanti da un
corretto utilizzo delle norme internazionali e degli strumenti societari messi a disposizione dai governi locali.
www.trust4trust.com
Gianluca Catani (1973), master
tributario de “Il Sole24Ore” e
specializzazioni in materia di fiscalità internazionale (IBDF e
SUPSI) e di trust (Università di
Genova). Già consulente fiscale in Milano per KStudioAssociato e funzionario di Assolombarda (Settore Fisco), dal 2010 opera in Lugano in qualità
di Tax advisor e di Trust practitioner. Attualmente presta la
sua attività per Seal Consulting. www.sealconsulting.ch
Francesco Fabbiani, commercialista e revisore contabile, è
socio fondatore dello studio
A&C Avvocati e Commercialisti Associati. È specializzato
nella fiscalità nazionale e internazionale delle imprese industriali e finanziarie, in particolare alle problematiche di Transfer pricing e stabile organizzazione. Svolge attività pubblicistica su tematiche fiscali ed è membro della commissione Normative a tutela del patrimonio. www.acassociati.it
n.4 / n.1 - 2012
19
TRUST E ATTIVITÀ FIDUCIARIE
Convegno
Canton Ticino
Un’opportunità
da non perdere
a cura della redazione
Grande successo per il convegno «Canton Ticino:
un’opportunità da non perdere» organizzato da Editrice Le Fonti con la collaborazione di Seal Consulting, gruppo specializzato nella consulenza societaria internazionale. Si è svolto giovedì 1° marzo al
20 Family Office
Grand Hotel Doria di Milano, l’incontro che mirava a far comprendere i vantaggi di investire nel vicino cantone svizzero. In un periodo in cui gli effetti
del decreto Salva-Italia, sulle liberalizzazioni e le
disposizioni europee cominciano a farsi sentire, per
molti imprenditori e commercialisti la piazza di Lugano potrebbe rappresentare una valida alternativa. Sempre nell’ottica della massima trasparenza. Il
relatore Gianluca Catani, Head of Tax & TEP di Seal
Consulting ha puntato molto su questo concetto nei
suoi interventi. «Il Canton Ticino è una “win win location” inserita in un Paese come la Svizzera con un
rating da “AAA” - ha spiegato -. Ci sono almeno otto buoni motivi che rendono il Cantone una location interessante in cui poter investire: l’alta produttività combinata con l’elevata offerta di prodotti e servizi, un governo sensibile agli investitori in
un Paese a tassazione modesta, la stabilità valutaria e dei prezzi, le infrastrutture di primordine, l’efficiente mercato dei capitali e l’elevata professionalità del sistema bancario, il sistema garante di un’eccellente formazione universitaria e professionale
nonché università rinomate a livello mondiale per
TRUST E ATTIVITÀ FIDUCIARIE
la ricerca e lo sviluppo, la stabilità politica e l’armonia sociale». Catani ha inoltre illustrato le opportunità di investimento e le modalità di insediamento, attraverso
anche casi di studio. Ha cercato di
sfatare alcuni falsi miti, a partire
dalle famigerate black lists e ha sviscerato la questione dell’imposizione fiscale, diretta ed indiretta,
avvalendosi di chiari esempi e case study non senza riferimenti alla propria esperienza personale di
marchigiano trapiantato ora in terra elvetica. È stato invece compito di Francesco Corabi, Fiduciario Commercialista di Seal Consulting fornire informazioni utili
riguardanti le diverse tipologie di
permessi di dimora e domicilio,
le autorizzazioni all’acquisto di
immobili e alcuni accenni al sistema contributivo. Dopo aver ri-
Il Gruppo Seal Consulting opera nel campo della consulenza societaria internazionale, assistendo imprenditori e gruppi societari in operazioni di corporate finance ed M&A.
Il gruppo è inoltre specializzato nella consulenza per imprenditori e multinazionali, ed assiste i clienti nella strutturazione di operazioni di private equity, fungendo da advisor e/o da sponsor in operazioni accuratamente selezionate.
Seal Consulting è operativa nelle giurisidizioni di maggiore interesse per gli imprenditori, tramite proprie società collegate. Il nostro gruppo oggi comprende le
seguenti società:
- Seal Consulting SA (Lugano - SVIZZERA)
- Seal Advisory Services Fz llc (Tecom - Dubai)
Il Gruppo ha aperto ulteriori iniziative:
- SC First Ventures SA (LUSSEMBURGO): securitization of asset
- Seal Consulting INC (USA): Consultancy and Management services
- Seal Consulting Ltd (SINGAPORE): Consulenza fiscale
- SC Professional Trustee Ltd (NUOVA ZELANDA): trustee professionale ed indipendente.
Nella prospettiva di integrare i servizi al cliente, il gruppo è attivo attraverso strette partnerships con:
- AROFIN SA (SVIZZERA): broker assicurativo per clientela international;
- SDB Financial Solutions SA (SVIZZERA): asset management and financial advisory;
- ARIS GSK Solutions Ltd (SINGAPORE): asset management and financial advisory for wealthy clients
Il Gruppo inoltre comprende numerose subsidiries/partnership commerciali, in
particolare in:
- Seal Consulting Eastern Europe SRL (Bucharest - ROMANIA / Rappresentanza)
- Seal Consulting SA MOLDAVIA (Rep.office MOLDAVIA / Branch)
- Seal Consulting EURASIA LTD (Istanbul- TURCHIA / Rappresentanza)
- Seal Consulting Far East Ltd (Hong Kong - CHINA / Rappresentanza)
- Sao Paolo - (BRASILE)
- Budapest - (UNGHERIA)
- Kiev - (UCRAINA)
preso la parola, Catani ha poi effettuato attraverso slide esemplificative, una riflessione comparativa tra Italia post-manovra del 6
dicembre 2011 e Canton Ticino in
materia di Iva, Irpef, imposta di
bollo, accise, patrimoniali, imposizione delle persone fisiche, scudo fiscale, tracciabilità dei pagamenti, IRPA ed ACE. Non è mancata la testimonianza di Fabio Brigada, Vicepresidente di Argos Spa,
società che si occupa di tutela e
amministrazione del patrimonio,
che ha affrontato la questione dell’amministrazione di assets italiani nel Canton Ticino nell’ottica di
diversificazione del rischio Paese.
Sono seguite le domande partecipi del folto pubblico presente e le
risposte ai quesiti giunti numerosi attraverso il Forum di FinanzaeDiritto.it per fugare ulteriori
dubbi. «Sono molto contento di
questo evento - ha commentato
Catani al termine - e ringrazio Editrice Le Fonti per l’impeccabile or(A.L.)
ganizzazione». n
n.4 / n.1 - 2012
21
APPROFONDIMENTI
I Pericoli del 2012
Joseph Stiglitz
KOLKATA – L’anno 2011 sarà ricordato come il periodo in cui molti americani, sempre ottimisti, hanno cominciato a perdere la speranza. Il presidente
John F. Kennedy una volta ebbe a dire che l’alta marea solleva tutte le barche. Ma ora, nella marea che
si ritira, gli americani stanno cominciando a vedere che non solo le imbarcazioni con gli alberi più alti sono state sollevate di gran lunga di più, ma anche che, nella loro scia, molte delle barche più piccole sono state ridotte in pezzi. In quel breve momento in cui la marea era effettivamente in crescita, milioni di persone hanno creduto di poter avere buone possibilità di realizzare il “Sogno Americano”. Ora anche quei sogni si stanno ritirando. Con
il 2011 sono stati spesi i risparmi di coloro che avevano perso il lavoro nel 2008 o nel 2009. Gli assegni
di disoccupazione sono scaduti. Gli annunci di nuove assunzioni – ancora non sufficienti a tenere il passo con il numero di coloro che normalmente avrebbero fatto il loro ingresso nel mercato del lavoro hanno significato ben poco per i cinquantenni con
poche speranze di potere avere un giorno di nuovo un lavoro. In effetti, persone di mezza età, che
pensavano che sarebbero state disoccupate per un
paio di mesi, hanno ora compreso di essere, di fatto, forzatamente in pensione. Giovani, che si sono
laureati al college con un debito di decine di migliaia di dollari per la loro formazione, non sono in
grado di trovare un lavoro in alcun modo. Persone
che si sono trasferite da amici o parenti sono diventate dei senzatetto. Case acquistate con il boom
immobiliare sono ancora sul mercato o sono state
vendute in perdita. Più di sette milioni di famiglie
22 Family Office
americane hanno perso la casa.
Il lato oscuro del
boom finanziario del decennio
precedente è stato completamente svelato
anche in Europa.
L’anno scorso, il tergiversare sulla Grecia e la devozione verso l’austerità di alcuni governi nazionali chiave hanno cominciato essere pagati a caro
prezzo. Il contagio si è esteso all’Italia. La disoccupazione spagnola, che era stata vicina al 20% dall’inizio della recessione, è salita a livelli ancora più
alti. L’impensabile - la fine dell’euro - ha cominciato a sembrare una possibilità reale. Quest’anno appare anche peggiore. È possibile naturalmente che
gli Stati Uniti risolvino i propri problemi politici ed,
infine, adottino le misure di stimolo di cui hanno
bisogno per abbattere la disoccupazione al 6% o al
7% (è troppo sperare nel livello pre -crisi del 4% o
5%). Ma questo è improbabile tanto quanto il fatto
che l’Europa capisca che l’austerità da sola non risolverà i propri problemi. Al contrario, l’austerità
non farà che aggravare il rallentamento economico. Senza crescita, la crisi del debito -e la crisi dell’euro- non potranno che peggiorare. E la lunga crisi iniziata nel 2007 con il crollo della bolla immobiliare e la conseguente recessione continueranno.
Inoltre, i principali paesi emergenti, che hanno attraversato con successo le tempeste del 2008 e del
2009, potrebbero non farcela a fronteggiare altret-
APPROFONDIMENTI
tanto bene i problemi che si affacciano all’orizzonte. La crescita
del Brasile è già in fase di stallo, alimentando l’ansia tra i suoi vicini in America Latina. Nel frattempo, non sono scomparsi i problemi a lungo termine - tra cui il cambiamento climatico e le altre
minacce ambientali, e le ineguaglianze crescenti nella maggior
parte dei paesi del mondo. Alcuni sono diventati più gravi. Per
esempio, l’elevata disoccupazione ha depresso i salari e aumentato la povertà. La buona notizia è che affrontare questi problemi
a lungo termine potrebbe effettivamente contribuire a risolvere i
problemi a breve termine. Maggiori investimenti per riconvertire l’economia per far fronte al riscaldamento globale potrebbero
contribuire a stimolare l’attività economica, la crescita, la creazione di occupazione. Una tassazione maggiormente progressiva, ridistribuendo di fatto il reddito dall’alto verso il centro ed il
basso, potrebbe allo stesso tempo ridurre le ineguaglianze ed incrementare l’occupazione, stimolando la domanda totale. Imposte più alte per i livelli più elevati di reddito potrebbero generare
entrate per il finanziamento degli investimenti pubblici necessari, e per fornire una certa protezione sociale per coloro che si trovano ai livelli più bassi di reddito, compresi i disoccupati. Anche
senza allargare il deficit di bilancio, tali incrementi “in pareggio”
delle imposte e della spesa abbasserebbero la disoccupazione ed
aumenterebbero la produzione. La preoccupazione, però, è che la
politica e l’ideologia su entrambi i lati dell’ Atlantico, ma soprattutto negli Stati Uniti, non permetteranno che niente di tutto questo si verifichi. L’attenzione fissa sul disavanzo porterà a tagli nella spesa sociale, al peggioramento delle diseguaglianze. Allo stesso modo, il fascino duraturo della “economia dell’offerta”, nonostante tutte le prove contro di essa (soprattutto in un periodo in
cui la disoccupazione è elevata), impedisce l’aumento delle tasse
ai livelli alti. Anche prima della crisi, c’era un riequilibrio del potere economico - di fatto, la correzione di una anomalia storica di
200 anni, in cui la quota dell’Asia del PIL mondiale, ad un certo
punto, è scesa da circa il 50% a meno del 10%. L’impegno pragmatico alla crescita che si vede in Asia e negli altri mercati emergenti oggi è in contrasto con le politiche sbagliate dell’occidente,
che, guidate da una combinazione di ideologia ed interessi di parte, quasi sembrano riflettere l’impegno a non crescere. Come risultato, il riequilibrio economico globale rischia di avere una accelerazione, dando luogo quasi inevitabilmente a tensioni politiche. Con tutti i problemi che l’economia globale si trova a fronteggiare, saremo fortunati se questi attriti non cominceranno a
manifestarsi entro i prossimi dodici mesi. n
Joseph E. Stiglitz è professore universitario alla Columbia University,
premio Nobel per l’Economia, ed autore di Freefall: Free Markets and the
Sinking of the Global Economy.
© Project Syndicate, 2012. Tradotto dall’inglese da Roberta Ziparo
n.4 / n.1 - 2012
23
APPROFONDIMENTI
Inchiesta conti on line:
vantaggi e novità normative.
Intervista ai principali istituti:
ING Direct, Webank, Banco Popolare, IWBank,
Banca IFIS, FINECO e IBL Banca
a cura della redazione
Un modo flessibile, senza troppi rischi e remunerativo per gestire i propri risparmi? Gli esperti per
il 2012 non hanno dubbi: il conto deposito. Tanto
che la seconda edizione del Premio Internazionale
Le Fonti, che si svolgerà a Palazzo Visconti, a Milano, il prossimo 28 giugno, annovererà una speciale
categoria di finalisti legati a questo strumento. Finalisti che saranno decretati dai nostri stessi lettori
attraverso la compilazione di una survey che consente di segnalare, tra gli altri, il Migliore Conto Deposito. Riguardo a questa modalità di investimento già lo scorso anno alcuni interventi normativi (i
decreti legge n. 138 del 13/08/2011 e i decreti legge n.201 del 06/12/2011 e n.216 del 29/12/2011)
hanno portato significative novità, in particolare in
materia di imposta di bollo e tassazione delle attività finanziarie a partire dal 2012. Primo su tutti la
riduzione dell’aliquota unica dal 27% al 20% per la
tassazione delle rendite finanziarie. Rispetto invece al recente decreto sulle liberalizzazioni i conti deposito non dovrebbero subire conseguenze. «Il conto deposito - ha precisato Mario Giordano, Amministratore Delegato del Gruppo Bancario IBL Banca - non è un prodotto di utilizzo corrente come il
conto base, ma ha più la funzione di un “salvadanaio”». Family Office ha realizzato un’inchiesta
esclusiva tra i principali istituti bancari online per
comprendere meglio i vantaggi del conto deposito e le altre novità seguite al provvedimento “Cresci-Italia” che si prospettano per i risparmiatori.
24 Family Office
«I conti deposito si sono sviluppati molto negli ultimi anni - ha dichiarato Alessandro
Prampolini, Direttore Generale di IWBank - e lo testimonia il gran numero di prodotti offerti sia dalle banche online sia dalle banche tradizionali. Dal 1° gennaio 2012, con l’introduzione dell’aliquota unica al 20% per la tassazione delle rendite finanziarie, i conti deposito sono avvantaggiati dalla riduzione della pressione fiscale (prima del
27%). Inoltre i conti deposito non sono soggetti all’
imposta di bollo (0.1% del controvalore degli strumenti finanziari detenuti fino a un massimo di 1.200
euro nel 2012) che grava sugli altri strumenti di investimento, quali titoli azionari, obbligazioni e fondi comuni di investimento».
«Il Conto di deposito - ha aggiunto Paolo Di Grazia, Direttore Banca Diretta FinecoBank - rappresenta un’ottima
soluzione per la gestione della liquidità. È un prodotto semplice e trasparente, offre rendimenti elevati e beneficia della nuova aliquota fiscale al 20%. CashPark Fineco,
nello specifico, consente di parcheggiare la liquidità vincolandola per 3, 6, 12, o 18 mesi con rendi-
APPROFONDIMENTI
menti fino al 4.25%. Non ha costi di attivazione e di
gestione e nessuna imposta di bollo aggiuntiva rispetto al conto corrente al quale è agganciato. Inoltre vi è la possibilità di attivarlo anche in modalità
svincolabile, in questo modo i nostri clienti possono tornare in possesso delle somme depositate con
un click e senza ulteriori costi ».
Quello dei buoni rendimenti è sicuramente tra gli
elementi di maggiore attrattiva per gli investitori.
Ad esempio il conto vincolato di ContosuIBL di IBL
Banca offre il 4,50% lordo sui depositi vincolati per
12, 18 o 24 mesi, mentre Banca Ifis, propone, con i
conti deposito Rendimax, il 4,40% lordo sui depositi di 12 mesi nel caso di accredito degli interessi anticipato, salendo fino al 4,60% per la liquidazione
posticipata.
«Il Conto deposito è un’area
di parcheggio per investimenti
- ha sintetizzato Alberto Staccione, Direttore Generale di
Banca Ifis -. In contesti di crisi perdurante cresce la sfiducia del risparmiatore verso le
forme più tradizionali di allocazione del risparmio. Il conto deposito rimane uno
strumento ottimale per la gestione della liquidità.
Le recenti modificazioni al 20% sono un ulteriore
elemento che dà spinta e valore a questo strumento
che gode inoltre della garanzia del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. La normativa attualmente in vigore per le banche italiane prevede un
limite di copertura per depositante pari a 100.000
euro».
«Nel corso del 2011 - ha proseguito Mario Giordano, Amministratore Delegato del Gruppo Bancario IBL Banca - molti istituti bancari sono scesi in
campo proponendo la formula del conto deposito con tassi di interesse piuttosto allettanti. Gran parte dei conti deposito sono a zero spese e le banche si fanno carico anche dell’imposta di
bollo. Nel caso di ContoSuIBL, che in realtà nasce
già nel 2009 come conto deposito libero, l’intento è
stato quello di mettere a disposizione della clienten.4 / n.1 - 2012
25
APPROFONDIMENTI
la un prodotto per gestire i risparmi in modo semplice, remunerativo e senza costi. Abbiamo successivamente diversificato l’offerta con la possibilità di vincolare delle somme,
da 3 mesi a 24 mesi».
«Grazie all’intervento del regolatore - ha commentato Andrea Mencarini, Responsabile Marketing e Segmenti Retail del Banco Popolare - si è ridotta la differenza in termini fiscali con gli altri prodotti tradizionali. Così il conto deposito , uno strumento considerato
“vintage”, in realtà molto semplice per l’allocazione degli investimenti, è tornato ad essere competitivo. Grazie alla sua flessibilità di
gestione e di acquisto anche online , riesce a garantire rendimenti
senza dover sottostare alla dinamica dei tassi e dunque alle relative
penalizzazioni. Nel nostro caso YouBanking consente di effettuare uno o più vincoli contemporaneamente, di importo e durata diversificati. La somma minima vincolabile deve
essere uguale o maggiore di 5.000 euro e può essere vincolata per periodi di 9, 12 o 18 mesi. Una volta applicati questi vincoli temporali gli interessi vengono accreditati anticipatamente sul ContoDeposito».
«Vista l’attuale turbolenza dei mercati - è stata l’analisi di Carlo Panella, Direttore Commerciale Banking e Investimenti Webank - con
il conto deposito si va incontro a un bassissimo tasso di rischio con
in più la certezza di un rendimento vantaggioso. Inoltre i costi sono davvero ridotti: secondo l’Indicatore Sintetico di Costo quello di
Webank è il conto più economico. Si può dunque affermare che il
conto deposito è di sicuro il prodotto di moda del momento, sebbene c’è chi sostenga che con il decreto sulle liberalizzazioni si cercherà di rendere più “conveniente” il conto corrente. In realtà non ci sono ancora delle indicazioni precise a riguardo, tanto che sono previsti dei tavoli di concertazione che dubito riusciranno a fornire indicazioni operative a strettissimo giro di boa»
Riguardo al contestato decreto “Cresci-Italia”, nel settore bancario sono state introdotte tre misure volte ad aumentare la tutela del consumatore e la concorrenza tra gli istituti: concorrenza sulle polizze vita accese in sede di stipula mutui, introduzione di un conto corrente base con funzioni limitate a costi vicini allo zero e la riduzione delle commissioni interbancarie per l’utilizzo delle carte di credito. ING DIRECT ci ha illustrato i principali cambiamenti.
«Su tutti i conti correnti intestati a persone fisiche con giacenza media annua inferiore a
5.000 euro – spiegano dall’istituto - è azzerata l’ imposta di bollo sull’estratto conto. Per i
conti correnti intestati a persone fisiche con giacenza media annua superiore a 5.000 euro
l’imposta di bollo sull’estratto conto rimane pari a 34,20 € annui che verranno sostenuti
da ING DIRECT. Per quanto concerne gli Investimenti Arancio, dal Trading ai Fondi, l’imposta di bollo diventa proporzionale al valore di mercato di tutti gli strumenti finanziari
detenuti dagli investitori ed è pari allo 0.1% del valore complessivo per il 2012 (0,15% per
il 2013) con un minimo di 34,20 €. Per quanto riguarda i pronti contro termine stipulati
anteriormente all’1 gennaio 2012 la tassazione rimane al 12,5%. Tutti i contratti di pronti
contro termine sottoscritti a partire dall’1 gennaio 2012 sono soggetti alla nuova aliquota
(A.L.)
del 20%». n
26 Family Office
APPROFONDIMENTI
Tosca Mining,
come diversificare il portafoglio
investendo nei metalli
a cura della redazione
A Molybdenum & Copper Company
Presidio County, Texas
28 Family Office
Si è svolta con successo lunedì 7 Novembre nella
suggestiva cornice di Palazzo Visconti (Milano) la
Tavola Rotonda intitolata «La diversificazione degli investimenti: prospettive per tutelare i patrimoni». L’evento, promosso da Editrice Le Fonti in
collaborazione con la canadese TOSCA MINING
CORPORATION e con MINESTAT, ha visto alternarsi le riflessioni di illustri relatori che si sono
focalizzati sulle opportunità di allargare il portafoglio dei risparmiatori a prodotti finanziari legati al
mondo dei metalli industriali e preziosi. Dopo i saluti istituzionali del Presidente dell’Editrice Le Fonti, Guido Giommi, Stefano Campanella di Minestat (Statistics for Investor Mining) ha fornito una
puntuale panoramica sull’attuale situazione del mercato minerario.
«Il settore minerario - ha spiegato Campanella - non
è molto conosciuto in Italia. Vancouver è la capitale mondiale in questo ambito. Il 60% di tutte le miniere sul Pianeta è quotato al Toronto Stock Exchange
in cui figurano più di 1500 piccole e medie aziende
minerarie che si dedicano a spedizioni di esplorazione. È importante inoltre considerare che queste
piccole società attraversano diverse fasi, a partire
dai tavoli di rischio per l’exploration. Ne segue uno
studio di fattibilità per richiedere il rilascio del Cipe e degli oneri di costo per la costruzione di infrastrutture. Infine c’è la fase di sviluppo e di costruzione della miniera. Nello stadio di esplorazione ci
sono due indicatori che ne aiutano a comprendere i
costi: la price value che indica le spese per l’esplorazione e la transaction che si ottiene comparando la
propria realtà alle società che hanno quel taglio e
quelle quantità, da cui si individuano i costi di infrastruttura. Si paragona dunque il progetto esistente
a dei progetti già avviati che hanno passato questa
prima fase».
La parola è poi passata al geologo Luca Riccio che
ha illustrato l’offerta della società canadese TOSCA
– A Molybdenum & Copper Company (presenti il CEO
di Tosca, Sadek E-Alfy e il Presidente Ron Shenton) che realizzerà un innovativo progetto di estrazione in Texas denominato «Red Hills».
«Oggi siamo qui perché pensiamo di aver trovato
un progetto molto interessante. Tra marzo e aprile
2011 abbiamo infatti firmato un accordo per 10 milioni di dollari in Texas, famoso non solo per il petrolio ma anche per avere, nella parte meridionale,
significativi giacimenti minerari. Occorre ribadire
che nel campo minerario il rischio è molto alto: il
90% delle società che partono con un progetto non
riescono poi ad avviare la produzione e dunque a
capitalizzare. Nel nostro caso i successi ci sono grazie a un team qualificato dal punto di vista della ricerca geologica e della ricerca operazionale. Abbiamo individuato inoltre un progetto con un valore
intrinseco in Texas, molto simile a quello del Nord
del Messico. Qui nel 2006, quando il prezzo del molibdeno era piuttosto elevato, io e l’ingegner E-Alfy
abbiamo acquistato una società che aveva un deposito di questo materiale effettuando un finanziamento di 45 milioni di dollari sulla Borsa di Toronto. Questa, dopo i vari studi e i lavori che sono stati realizzati, è stata rivenduta 5 anni dopo a 200 milioni di dollari, in un periodo in cui il prezzo del molibdeno non era al massimo». Tornando al Texas, Riccio ha puntualizzato che si tratta di uno Stato che
non costituisce un rischio-Paese in quanto non è complicato ottenervi le concessioni per le perforazioni
visto che si conducono le trattative direttamente con
i proprietari privati del terreno e non c’è un significativo freno ambientalista. «Stiamo incontrando –
ha proseguito il geologo – dei tenori di molibdeno
molto interessanti sino a profondità di 300-350 metri che potrebbero dare risultati paragonabili al den.4 / n.1 - 2012
29
APPROFONDIMENTI
Red Hills: un grande giacimento di molibdeno e rame in fase di sviluppo.
La Tosca Mining Corporation è una societa mineraria canadese quotata in borsa a Toronto, Francoforte e
negli Sati Uniti. Il consiglio di amministrazione della società è composto di individui con esperienza pluriennale nel campo della ricerca, finanziamento e sviluppo di progetti minerari.
Nella primavera del 2010, la Tosca ha firmato un accordo per l’acquisto del 100% del giacimento di molibdeno e rame di Red Hills, situato nel Texas meridionale. Tale accordo prevede pagamenti cumulativi di
10,8 milioni di dollari.
Sebbene il giacimento di Red Hills fosse stato studiato da varie società negli anni 1955-1972, le congiunture economiche ed il prezzo dei metalli in quell’epoca non permisero di portarne avanti lo sviluppo.
Durante il periodo di “due diligence” antecedente alla firma dell’accordo, i tecnici della Tosca si resero
conto che il il giacimento di Red Hills non solo contiene una zona mineralizzata superficiale con 120 - 150
milioni di libbre di rame ma, sopratutto, un giacimento profondo di molibdeno con un potenziale di 500
milioni di libbre di tale metallo. Usando i prezzi attuali del rame ($ 3.50/lb) e del molibdeno ($ 14/lb), il
valore “in situ” dei metalli contenuti nel giacimento di Red Hills si aggirerebbe sugli 8 miliardi di dollari.
A partire dal maggio del 2010 la Tosca ha condotto una campagna di perforazione con varie finalità:
1) Verificare i tenori di rame e molibdeno ottenuti nelle precedenti campagne di perforazioni.
2) Perforare il giacimento di molibdeno sino a profondità di 300 – 350 metri al fine di quantificarne
tenori e dimensioni.
3) Raccogliere campioni di carote per studi metallurgici.
Le perforazioni hanno dato risultati eccellenti, corroborando i tenori delle perforazioni precedenti, e confermando le dimensioni e tenori del giacimento di molibdeno. Gli esami metallurgici stanno dimostrando che tanto il rame quanto il molibdeno possono essere recuperati tramite flottazione.
Sulla base dei risultati ottenuti, la Tosca ha deciso di portare avanti il progetto sino al completamento di
studi di fattibilità.
Nel 2007-2008 Luca Riccio e Sadek E-Alfy, diressero i lavori di ricerca e ingegneria su un giacimento di
molibdeno (Creston) con tenori paragonabili a quelli di Red Hills. Nel 2011 la società Creston Moly venne rilevata dalla Mercator Minerals in una transazione valutata a $ 195.000.000.
Possiamo quindi concludere che ulteriori lavori di sviluppo sul giacimento di Red Hills dovrebbero riflettersi positivamente sulle quotazioni in borsa della Tosca.
posito del Nord del Messico. L’obiettivo di
Tosca come società è di incrementare il valore delle azioni attraverso una serie di lavori legati al progetto Red Hills. Ci sono
due modalità per giungere alla produzione
nel caso di piccole società minerarie: o trovare degli investimenti oppure vendere le
azioni a compagnie più grandi».
A seguito dell’esposizione del geologo Riccio sono stati interpellati i Private Banker,
gli Amministratori Delegati di Sim ed Sgr,
nonché gli operatori nel settore degli ETF
presenti alla Tavola per fornire la propria
visione rispetto alla diversificazione del portafoglio con una specifica attenzione al mercato delle materie prime (e ai metalli industriali in particolare). È stato dunque chie30 Family Office
sto ai relatori di indicare dei suggerimenti
concreti riguardo alle strategie di investimento migliori per realtà come quella di
Tosca e per coloro che fossero interessati a
puntare sul progetto «Red Hills».
Ad aprire il dibattito è stato Michele Carnovale, Investment Analyst IMI Fondi
Chiusi SGR, società del Gruppo INTESA
SANPAOLO che ha illustrato come il Private Equity, in un contesto recessivo, sia
particolarmente efficace nell’ottica di diversificazione del portafoglio da parte dei
grandi investitori istituzionali e non solo.
«L’investimento in Private Equity (PE, ndr)
è un po’ come una lotteria – ha spiegato
Carnovale –. Al momento non esiste una
formula pragmatica per identificare con
APPROFONDIMENTI
certezza quale sia il numero di fondi ottimale in cui
inserire un portafoglio diversificato. Un dato sensibilmente soddisfacente può essere ottenuto effettuando circa 20-30 investimenti in fondi di Private
Equity e per gli istituzionali destinare una quota arbitraria del 5-10% a questo asset».
Sempre riguardo alla diversificazione non si potevano non menzionare due beni rifugio per eccellenza: l’oro e le opere d’arte. Asset classes cui Unione Fiduciaria ha riservato notevole e lungimirante
attenzione. «Per quanto riguarda il mondo dell’arte – ha precisato Fabrizio Vedana, Responsabile Relazioni Esterne di Unione Fiduciaria - può valere
quanto si potrebbe dire per l’oro. L’oro e le opere
d’arte sono beni rifugio e ahimè, oggi si sente dire
sempre più spesso che rappresentano l’ultima speranza per poter racimolare della liquidità. Per chi ha
la possibilità, in questo periodo questi due beni possono rappresentare un asset alternativo che si aggiunge e non sostituisce gli asset finanziari e immobiliari del cliente. È cresciuto il numero di clienti private che acquista opere d’arte, ma negli ultimi
12 mesi è aumentato decisamente quello di coloro
che le vendono». Rispetto all’oro è stato Filippo Cappio, Direttore Area Finanza e M&A di Unione Fiduciaria a ripercorrere il perché quello sul metallo
giallo resta un investimento proficuo. «Noi ci occupiamo di oro dal 2003 – ha puntualizzato – quando
abbiamo pubblicato un libro di grande successo: “Investire in oro”. Questo strumento di investimento è
riconosciuto come un’attività finanziaria che ha un
vantaggio fondamentale, cioè non è la passività finanziaria di nessuno. In un momento di grande turbolenza dei mercati in cui tutti stanno molto attenti al rischio controparte, l’oro consente diversificazione e funziona molto bene. È chiaro che un’alternativa, riagganciandomi al tema precipuo della Tavola, può essere quello delle azioni olifere, soprattutto in start up e progetti di nuove miniere, ma ha
un profilo di rischio molto diverso che va più nell’ottica del venture capital e del private equity e quindi verso investitori più avveduti e finanziariamente dotati».
Sul fronte delle materie prime, Etf Securities, provider di Exchage Traded Funds con un focus particolare sulle commodity, ha offerto notevoli spunti di
riflessione. «I nostri manager – ha spiegato Massimo Siano, Head of Italian Market di Etf Securities
– vengono dal settore minerario e sanno benissimo
quanto sia importante. Per noi i metalli industriali
in Italia rappresentano il 10% degli investimenti nei
nostri ETC. Nel 2011 l’oro è stato l’investimento
principale, mentre ho notato un debole interesse sui
metalli industriali poiché sono un anticipatore. Per
gli investitori che hanno un orientamento elevato,
un investimento in questa commodity potrebbe essere vantaggioso, perché ora i prezzi sono tra i più
bassi. Noi abbiamo provato a creare anche degli Etf
non direttamente sulle materie prime, ma su società minerarie. E abbiamo riscontrato da parte dei nostri clienti la difficoltà di investire perché la generalizzazione di investimento in tante società raggruppate da un indice potrebbe non essere l’ideale». Siano ha infatti illustrato come ogni società necessiti di essere individuata e analizzata a dovere
in quanto possiede caratteristiche e rischi differenti dalle altre. «Forse società di Private Equity in questo campo – ha aggiunto – possono fornire qualcosa di più rispetto agli Etf».
A confermare l’analisi di Etf Securities è stato Stefano Grassi, Vice Direttore Generale di Banca Generali. «Veniamo da un decennio molto difficile a
livello di investimenti – ha spiegato – in cui solo
quattro asset class sono state positive: mercati emergenti, Borsa di Hong Kong, oro e petrolio. La valutazione del rischio in questo momento è tenuta in
maggiore considerazione. Questa situazione ha portato a un cambiamento di atteggiamento da parte
dei nostri clienti che ci chiedono innanzitutto di essere liquidi. Questo va un po’ in controtendenza rispetto agli investimenti di cui stiamo parlando che
prevedono una buona dose di rischio e un orizzonte
temporale maggiore». Grassi ha inoltre ribadito l’attenzione del suo istituto verso il tema delle commodities, sebbene spesso collegato ai cicli economici. A tale riguardo ha aggiunto: «Il cliente sulle
materie prime, salvo i beni rifugio come l’oro o le
opere d’arte, non si sente sicuro e ci chiede un advise. Anche noi nelle gestioni ci affidiamo ad Etf ed
Etc, anziché puntare sulla singola azione».
Grazie a Marco Colombo, Direttore della svizzera
Global Family Office, è stato possibile sondare l’approccio di un Family Office internazionale riguardo agli investimenti in materie prime. «Rispetto al
contesto italiano, un investimento fatto direttamente
su molibdeno, rame e oro è molto più facile perché
c’è una maggiore attitudine dei clienti internazionali a sottoscrivere questo tipo di prodotti per diversificare il proprio portafoglio, investendo direttamente nella società, dunque senza passare da Private Equity o altro. Ovviamente previo studio e analisi della realtà dell’azienda in questione. All’esten.4 / n.1 - 2012
31
APPROFONDIMENTI
ro ci sono tanti gestori che fanno solamente questo
e seguono le materie prime sotto tutti i punti di vista, magari comprando private placements in posizione non molto avanzata. Questo per l’Italia è più
complicato, poiché non c’è una vera cultura di investimento nelle materie prime». Colombo ha poi
segnalato che le realtà come Tosca meritano di essere conosciute non solo dagli investitori istituzionali, ma anche dai privati. «Per i nostri clienti, dotati di grossi patrimoni – ha specificato – investire 2
o 3 milioni di dollari in una società come Tosca non
comporterebbe un rischio».
L’interesse degli istituti bancari per il mondo della
commodity e soprattutto per i metalli industriali è
stato comprovato anche da Bart Jan Verhagen, Direttore Wealth Management UBS Italy. «UBS da
sempre segue con interesse il mondo delle materie
prime – ha esordito -. Abbiamo un piano di ricerca
basato a Zurigo che studia quali movimenti ci sono
32 Family Office
nel mondo e fornisce suggerimenti concreti. In Italia in questo momento abbiamo due tipologie: il passivo gestito e la consulenza data in modo attivo. Nel
settore del gestito le materie prime sono parte della scelta del gestore. L’idea è di evitare di concentrare tutto su un solo prodotto. Nella parte della
consulenza abbiamo una più vasta scelta: al cliente proponiamo ricerche molto approfondite su vari temi e poi saranno loro a decidere, sulla base dei
dati forniti, dove investire individualmente. Se il ciclo economico consente di sottoporre una ricerca ad
esempio sui giacimenti minerari, noi la offriamo al
cliente. È ovvio che ci sia un’enorme richiesta da
parte degli investitori privati di Etf sulle materie
prime, ma non è detto che questo rappresenti il vero sviluppo economico. Lo abbiamo visto sull’argento o sull’oro. C’è un interesse nei loro confronti
motivato più dalla paura che dal reale ciclo economico. Per questo il ruolo del consulente è molto importante per indirizzare il cliente».
E proprio rispetto agli orientamenti attuali degli investitori Corrado Cassar Scalia, Head of Marketing
& Sales di Morningstar ha presentato un excursus
sulle tendenze del decennio appena trascorso. «Negli ultimi 10 anni c’è stata una crescita di attenzione nei confronti delle materie prime, sia da parte
degli investitori istituzionali che di quelli privati.
Bisogna però fare attenzione a come utilizzarle nel
portafoglio, in quanto si tratta di un asset class di
rilievo, ma di cui non bisogna sottovalutare i rischi.
Le commodities consentono di diversificare? Stando agli ultimi dieci anni, la risposta è sì. Ma di recente sono caduti alcuni paradigmi». L’aspetto importante da considerare secondo Cassar Scalia è rappresentato dalla propensione al rischio dell’investitore e dall’orizzonte temporale: le commodities
sono strumenti che possono dare elevati rendimenti,
ma allo stesso tempo notevoli perdite. Non è mancato un accenno all’effetto bolla speculativa perché
«anche nel settore istituzionale le commodities sono sempre più utilizzate come uno strumento utile
per speculare» e il risparmiatore rischia di rimanere invischiato in dinamiche che non può controllare. «Infine – ha concluso – contano gli strumenti utilizzati: gli Etf sono i prodotti più evoluti e poco costosi, ma per i piccoli risparmiatori presentano il
problema della poca liquidabilità e della forte specializzazione. Allora c’è l’alternativa dei fondi di investimento che invece possono puntare su panieri
diversificati ad hoc creati da specialisti».
Nell’ottica della diversificazione, a citare le poten-
APPROFONDIMENTI
zialità di un altro asset in via di sviluppo come quello dell’agribusiness è stato Andrea Mottarelli, Senior
Director di DWS Investments del Gruppo Deutsche
Bank. «Noi abbiamo cercato di individuare dei trend
a lungo termine. Una delle questioni più evidenti
oggi è quella della crescita della popolazione mondiale. È venuta dunque ad aumentare considerevolmente (e anche in futuro sarà così) la domanda
di materie prime, tanto che si parla sempre più sovente di agribusiness, un settore che ha consentito
una raccolta negli ultimi cinque anni superiore ai tre
miliardi di euro. Noi abbiamo deciso di puntare a
comprare le società che si occupano di materie prime, piuttosto che rivolgerci alle soft commodities
col fine di far crescere la produttività delle terre. Occorre infatti sottolineare che si tratta di un settore
con caratteristiche anti-cicliche, a differenza di quello dei metalli industriali, il quale si presenta come
molto correlato al ciclo economico».
A testimoniare ulteriormente la propensione degli
investitori verso opportunità di differenziazione del
portafoglio non consuete è stato Eugenio Anglani,
Direttore Investment Banking di Intermonte Sim.
«Noi ci occupiamo di Corporate Finance e di intermediazione mobiliare. C’è una forte volontà da parte degli investitori verso delle opportunità di investimento non usuali. Lo abbiamo sperimentato nel
primo semestre del 2011 con la creazione di una
SPAC, ovvero una Special-purpose acquisition company
che raccoglie del materiale sui mercati e poi ha a disposizione un management per 24 mesi per guadagnare una posizione. Abbiamo visto un notevole interesse riguardo a questo esperimento (il secondo in
Italia) a riprova che anche asset class non tradizionali possono trovare nel nostro Paese un terreno fertile. L’idea è quella di creare una sorta di Club Deal
per portare le società in Borsa. Le analisi degli investitori stanno mutando. Non sono più analisi dei
fondamentali orientate al breve periodo, ma più vicine al modello private equity, cioè una ricerca di
opportunità che nel medio periodo possano portare rendimento. E questo è un quadro che si adatta
al progetto di Tosca».
Marco Arena, Portfolio Manager di Akros Alternative Investments Sgr Spa ha focalizzato invece il
suo intervento sul mondo degli Hedge Fund. «Noi
ci occupiamo di Hedge Fund che cercano di far ottenere buoni rendimenti a fronte di un rischio medio. Gli Hedge hanno sofferto le condizioni del mercato tanto che il paradigma è un po’ cambiato. Dopo il 2008 la questione della liquidità, degli orizzonti
temporali lunghi e della trasparenza sono tornate
ad essere essenziali. Il rischio operativo c’è, per cui
la sua gestione è tornata in auge. Noi come società
abbiamo un approccio che tende ad investire in Merger Acquisition dove la trasparenza e la liquidità
sono le prime componenti e dove il rischio operativo è limitato. Riguardo alle commodities noi non
facciamo previsioni forti o investimenti specifici nelle singole componenti ma cerchiamo di selezionare nei gestori dei processi di investimento che ci consentano di investire in questa asset class in maniera ragionata con un 5-7%».
L’investimento diretto sulle società e non sulle singole materie prime è stato il fulcro dell’intervento
di Massimo Fortuzzi, Chief Executive Officer Idea
Sim. «Noi investiamo in commodities, non attraverso futures, ma investendo direttamente nelle società. L’esperienza che posso portare è che nel 2010
tutte le materie prime importanti sono cresciute in
maniera significativa fino a marzo 2011, soprattutto rispetto al rame, all’argento e ai materiali ferrosi. Tuttavia si tratta di asset class molto congiunturali e che necessitano di un’attenzione specifica.
Chiunque si trovi oggi a fare delle analisi sull’andamento del prezzo delle commodities nei prossimi cinque anni, sosterrà che ci sarà un rialzo, ma
nel breve periodo è difficile individuare quando
questo comincerà a concretizzarsi».
A concludere la Tavola Rotonda è stato Gabriele
Pellandini, Amministratore di Amaranto Investment SIM che non ha mancato di porre delle domande dirette ai vertici di Tosca. «Noi ci occupiamo
di consulenza, soprattutto alle famiglie. Pensiamo
che la migliore soluzione sia investire in prodotti e
fondi azionari, dunque, come nel caso di Tosca, in
metalli o in azioni quotate. Vorrei capire dai manager di Tosca se pensano che sia meglio per loro un
approccio del tipo venture capital oppure private equity?
E poi il molibdeno dispone di strumenti finanziari
che permettano l’hedging della società?».
La risposta, così come la chiusura dell’evento, è stata affidata a Sadek E-Alfy, CEO di Tosca. «Il molibdeno non è scambiato come gli altri metalli – ha
spiegato – e non esiste uno strumento specifico. È
venduto direttamente agli investitori finali e ai produttori di acciaio. Noi siamo focalizzati nel creare
soldi e valore che siano il molibdeno, il rame o l’oro. Per far questo disponiamo di un management
con vasta esperienza e che ha riscosso numerosi successi nel settore minerario». E il progetto Red Hills
è destinato ad aggiungersi a questi successi. n (A.L.)
n.4 / n.1 - 2012
33
APPROFONDIMENTI
Le difficoltà dell’America
Nouriel Roubini
NEW YORK – Gli indicatori macroeconomici relativi agli Stati Uniti sono andati meglio del previsto
negli ultimi mesi. La creazione di posti di lavoro ha
registrato un incremento. Gli indicatori riguardanti la produzione e i servizi hanno evidenziato un
moderato miglioramento. Anche il settore immobiliare ha mostrato alcuni segnali di ripresa. E la crescita dei consumi si è rivelata piuttosto resistente.
Nonostante i dati favorevoli, la crescita economica
degli Usa resterà però debole e al di sotto del trend
per tutto il 2012. Per quale motivo, dunque, sono
poco affidabili queste notizie economiche positive?
Innanzitutto, i consumatori americani sono combattuti sul fronte del reddito e della ricchezza e sono intrappolati nella morsa dei debiti. Il reddito disponibile è cresciuto abbastanza – malgrado la stagnazione dei salari reali – soprattutto grazie ai tagli fiscali e ai sussidi. Questa situazione non è comunque sostenibile: alla fine, i sussidi saranno ridotti e le tasse verranno aumentate per ridurre il
deficit fiscale. I recenti dati sui consumi evidenziano già un indebolimento rispetto a un paio di mesi
fa, dettato dalle vendite natalizie che non sono andate come sperato.
Allo stesso tempo, la crescita dei posti di lavoro negli Usa è ancora troppo scarsa per intaccare il tasso
di disoccupazione e il reddito da lavoro. Gli Stati
Uniti devono creare almeno 150.000 posti di lavoro
al mese su base omogenea solo per stabilizzare il
tasso di disoccupazione. Oltre il 40% dei disoccupati ora sono disoccupati a lungo termine, e ciò riduce le loro chance di ritrovare un lavoro decente.
34 Family Office
In effetti, le aziende stanno tuttora cercando di abbattere il
costo del lavoro.
Anche la crescente disuguaglianza nella distribuzione dei
redditi frenerà la crescita dei
consumi, dal momento che le
quote di reddito si sono spostate dai soggetti con una maggiore propensione a spendere
(lavoratori e meno abbienti) a
quelli con una maggiore propensione a risparmiare (aziende e famiglie ricche).
Inoltre, il recente rimbalzo nella spesa per gli investimenti (e il settore immobiliare) subirà una frenata, lasciando cupe prospettive per il 2012, visto che
gli sgravi fiscali finiranno, le aziende attenderanno
la fine dei cosiddetti “tail risks” (ossia dei rischi con
una bassa probabilità di accadimento e ad alto impatto) e l’insufficiente domanda finale frenerà i tassi di utilizzo della capacità produttiva. Gran parte
della spesa di capitale continuerà ad essere dedicata alle tecnologie che consentono di risparmiare sulla manodopera, e ciò si traduce nuovamente in una
limitata creazione di posti di lavoro.
Allo stesso tempo, pur avendo già attraversato sei
anni di recessione, il settore immobiliare resta ancora in uno stato comatoso. Dato che la domanda
per nuove abitazioni è scesa dell’80% rispetto al picco massimo, anche per il 2012 si prevede un aggiustamento al ribasso dei prezzi, poiché l’offerta di case nuove ed esistenti continua a superare la do-
APPROFONDIMENTI
manda. Fino al 40% delle famiglie con un
mutuo (20 milioni) potrebbe veder scendere il valore patrimoniale delle proprie case. Di conseguenza, il circolo vizioso di pignoramenti e prezzi al ribasso persisterà –
e considerato il numero così elevato di famiglie indebitate, la fiducia dei consumatori, invece di migliorare, resterà debole.
Data la crescita anemica della domanda domestica, l’unica chance che l’America ha di
avvicinarsi al proprio tasso potenziale di
crescita sarebbe quella di ridurre l’ampio
deficit commerciale. Ma le esportazioni nette rappresenteranno un ostacolo per la crescita nel 2012, per una serie di motivi:
w Il dollaro dovrebbe indebolirsi ulteriormente – cosa improbabile dal momento che numerose banche centrali
hanno seguito la Federal Reserve nella prosecuzione di un’ulteriore tornata di quantitative easing (allentamento quantitativo); l’euro è destinato a restare sotto una pressione al ribasso,
mentre la Cina e gli altri Paesi emergenti continueranno ad intervenire in
modo aggressivo per evitare che le loro valute si apprezzino troppo rapidamente.
w Un rallentamento in termini di crescita in numerosi Paesi avanzati, in Cina
e in altri mercati emergenti si tradurrà
in una diminuzione della domanda per
le esportazioni americane.
w I prezzi petroliferi resteranno con buona probabilità elevati, considerati i rischi geopolitici nel Medio Oriente, mantenendo alti i conti americani per le importazioni energetiche.
È improbabile che la politica americana venga in soccorso, anzi ci sarà un significativo
drenaggio fiscale nel 2012, e l’impasse politica dettata dalla corsa alle elezioni presidenziali di novembre distoglierà le autorità dalle questioni fiscali a lungo termine.
Tenuto conto delle prospettive al ribasso
per la crescita economica americana, è possibile che la Fed rilanci un’altra tornata di
quantitative easing. Dovrà comunque fare
i conti con le restrizioni politiche, non farà
comunque abbastanza e si muoverà troppo tardi per aiutare l’economia in modo significativo. Inoltre, una forte minoranza del
Federal Open Market Committee (il comitato di politica monetaria della Fed che si
occupa dei tassi d’interesse) si dichiara contraria a un’ulteriore alleggerimento quantitativo. In ogni caso, la politica monetaria
può affrontare solo i problemi di liquidità
(tra l’altro, le banche sono stracolme di riserve in eccesso).
Gli Usa – e molte altre economie avanzate
– sono ferme alle prime fasi di deleveraging, ossia della riduzione dei debiti. Una
recessione causata dai troppi debiti (prima
nel settore privato e poi nei bilanci pubblici) richiederà un lungo periodo di tagli alle spese e di risparmi. Quest’anno non andrà diversamente, dal momento che il deleveraging del settore pubblico è appena
iniziato.
Infine, esistono quei “tail risks” che rendono gli investitori, le aziende e i consumatori iper-cauti: l’Eurozona, dove le ristrutturazioni dei debiti – o peggio, un eventuale crollo dell’area – rappresentano rischi
di tipo sistemico; il risultato delle elezioni
presidenziali americane; i rischi geopolitici come la Primavera araba, il confronto militare con l’Iran, l’instabilità in Afghanistan
e Pakistan, la successione in Corea del Nord
e il passaggio di leadership in Cina; le conseguenze di un rallentamento economico
globale.
Considerati tutti questi piccoli e grandi rischi, le imprese, i consumatori e gli investitori non possono fare altro che attendere. Il problema, ovviamente, è che quando
sono in troppi ad attendere e a non agire,
si intensificano proprio quei rischi che si
cerca di evitare. n
Nouriel Roubini è presidente della società di
consulenza economica Roubini Global Economics (www.roubini.com) e professore presso la
Stern School of Business, NYU.
© Project Syndicate, 2012. Traduzione di Simona Polverino
n.4 / n.1 - 2012
35
APPROFONDIMENTI
Il futuro del mercato è in Ghana,
parola (anche) di un italiano
Miriam Carraretto
Le straordinarie potenzialità del Paese più stabile e sicuro dell’Africa Subsahariana, generate dalla scoperta del petrolio, aprono interessanti prospettive di crescita anche per le aziende italiane. L’esperienza dell’avv. Eugenio Bettella, che ha portato ad Accra venti
aziende venete, pronte per lanciare sul mercato locale i loro prodotti.
Il Ghana come la Cina? No, di più. Il Paese del Continente Nero affacciato sul Golfo di Guinea, al centro dell’Africa nera, ha sbaragliato tutti. Nel primo
trimestre del 2011 è stato il Paese con il tasso di crescita più alto al mondo, con un’impennata del Pil
che ha sfiorato il 14 per cento, e un incremento senza precedenti degli investimenti, più che raddoppiati rispetto al 2010, diventando la realtà africana
con le più alte prospettive di sviluppo.
36 Family Office
Questo successo è certamente legato alla sua stabilità sociale e politica: con i suoi 24
milioni di abitanti divisi in oltre cento etnie, da questo punto di vista il Ghana gode storicamente di ottima salute. Ma
il volano che ha fatto decollare l’economia nazionale è L’avv. Eugenio Bettella, manastata la scoperta, quattro an- ging partner dello studio leni fa, di cospicui giacimenti gale di Padova Rödl & Partpetroliferi off shore, che han- ner, che ha guidato la missione del Centro estero veneto
no cominciato ad attrarre vor- in Ghana.
ticosamente investimenti e capitali stranieri, consacrando il Paese a terra di straordinarie opportunità di guadagno. Complici anche
la febbre da oro – di cui il Ghana è da sempre tra i
primissimi produttori al mondo – e più in generale da materie prime, come conseguenza della crisi
mondiale, nonché il relativo aumento dei prezzi.
Senza dimenticare gli effetti positivi dei primi investimenti asiatici.
Delle enormi potenzialità se n’è accorta anche la
classe dirigente locale, non certo sonnolenta come
in molte altre regioni d’Africa, tanto che il Presidente Mills ha avviato una radicale trasformazione della politica economica assecondando gli slanci degli investitori internazionali. Sta puntando su
energie rinnovabili e elettrificazione di tutto il Paese, e-government e trasparenza. La tassazione nei
confronti degli stranieri è piuttosto generosa: non
paga nemmeno un centesimo chi investe in “servizi tecnici”, definizione alquanto vaga, che potrebbe voler dire “trattiamo e poi vediamo”. Vantaggi simili anche per chi opera nelle free zone sparse nei dintorni di Accra: per dieci anni niente imposte, poi sono all’8 per cento per sempre. Stesso
APPROFONDIMENTI
“Lì c’è tutto da pensare e da realizzare.
Per noi è un’economia di grande importanza”
Christophe Sanchez, imprenditore lombardo di origini francesi nonché ideatore di uno dei siti di riferimento per i laureati italiani, Tesionline.it, è uno di quelli – ancora pochissimi – che si sono buttati nel mercato ghanese. Con interessanti risultati.
Com’è iniziata la sua avventura?
Nel 2008 io e i miei soci abbiamo ottenuto la concessione di 500 ettari di una
ex piantagione governativa di caffè che era stata abbandonata. I lavori di recupero sono partiti alla fine del 2009, il primo raccolto lo avremo nel 2013. Questa esperienza ci ha permesso di prendere confidenza con il Paese e avvicinarci
alla sua cultura, anche economica. Una terra ricchissima di tradizione, ma anche molto aperta agli stranieri che vanno lì con progetti utili e sostenibili. Abbiamo scoperto le altissime potenzialità di sviluppo economico del Ghana e in
generale di tutta l’area Ecowas.
E poi cos’è successo?
Lì tutto è in grandissima crescita, è un mercato giovanissimo che ha bisogno di
iniezioni di denaro e idee. Per questo, in partnership con un’altra impresa italiana che produce estintori, la SAE Srl, abbiamo dato vita a una seconda impresa, la SAE Fire and Safety Eng. LTD, la cui mission è la produzione di materiali
antincendio sotto licenza SAE. Abbiamo già chiuso importanti accordi con i rivenditori delle città di Takoradi e Kumasi, mentre penetreremo direttamente nel
mercato con la nostra forza vendita nella regione della Grande Accra. Nelle ultime settimane stiamo anche lanciando un nuovo progetto pilota nel campo della logistica, sempre a Takoradi. Stiamo cercando imprenditori interessati a conoscere le potenzialità del mercato ghanese, che presenta ritorni con alte marginalità in tempi brevi, dai tre ai cinque anni.
Qual è la cosa che l’ha colpita di più del Ghana?
Le sue incredibili potenzialità. C’è tutto da fare, da costruire, da pensare. E la
popolazione lo sa, è pronta e ha voglia di crescere. Ma è necessario che questo
avvenga con il loro apporto, culturale e sociale: dobbiamo dimenticarci il vecchio approccio neocoloniale e sviluppare insieme il loro e il nostro futuro, passo dopo passo.
(m.car.)
discorso per il fisco: l’aliquota massima
dell’imposta sui redditi delle aziende è
al 25 per cento.
Ad approfittarne, tra i tanti, sono state
anche una ventina di aziende venete,
giunte nella capitale qualche mese fa su
iniziativa del Centro estero delle Camere di Commercio del Veneto, nell’ambito del progetto pilota “Africa”, fi-
nanziato dalla Regione. L’obiettivo era
conoscere più da vicino una realtà da
sempre poco esplorata e tastare il terreno per una penetrazione nel mercato
locale e lo sviluppo di sinergie anche
strategiche.
“È andata benissimo”, spiega Eugenio
Bettella, managing partner dello studio
legale di Padova Rödl&Partner, cui il
n.4 / n.1 - 2012
37
APPROFONDIMENTI
Centro veneto ha affidato l’organizzazione della
missione. “Il riscontro da parte delle aziende è stato molto positivo, alcune sono persino tornate a casa con qualche contratto già chiuso, cosa che in Europa e in altri mercati maturi non succede più con
una missione promozionale”. Tra quelle che hanno
partecipato, realtà del settore delle macchine per
l’agricoltura e l’edilizia, degli alimentari, delle energie rinnovabili e persino dell’arredamento.
“Rödl&Partner”, racconta l’avv. Bettella, “è uno studio internazionale con base in Germania che opera
sui mercati mondiali. Come sede di padova abbiamo una lunga esperienza di internazionalizzazione.
In Ghana abbiamo avviato una fase di scouting e alla fine abbiamo individuato una persona, italiana
ma di stanza a Johannesburg, che seguisse i progetti da là. Abbiamo aperto un ufficio ed è partita l’esplorazione di alcuni mercati. Ci siamo concentrati
su quelli più ricchi, Eden Gas in primis. Il Centro
estero ci ha scelti proprio per le nostre competenze
nell’accompagnamento delle imprese sui mercati
esteri e nella consulenza legale e fiscale”. Il ruolo di
Bettella e dei suoi soci, dunque, è stato stimolare la
conclusione di affari, dapprima introducendo le imprese italiane nel mercato, e poi supportandole negli aspetti più tecnici, legali e fiscali.
L’Africa a Sud del Sahara sarà l’approdo delle economie sviluppate nei prossimi anni. Vuoi per la disponibilità di materie prime a bassissimo costo, vuoi
per le grandi potenzialità di un mercato ancora per
molti aspetti vergine e dunque bisognoso di crescere. “Le grandi sorprese si avranno nel settore delle commodities” continua Bettella. “Oggi rappresentano già un enorme interesse per molti operatori,
cinesi in testa”. E il Ghana è una minera d’oro, in
tutti i sensi. “L’estrazione dell’oro è sempre stata di
enorme importanza. Ma è stata la scoperta di giacimenti petroliferi marini a segnare una vera rivo38 Family Office
luzione per il Paese. Ha portato con sè la necessità
di realizzare centri logistici, infrastrutture, hotel,
strade, centri commerciali e tutta una serie di elementi indispensabili per accogliere gli operatori
stranieri”.
Per le imprese italiane le opportunità, dunque, sono eccezionali. Nel breve e medio periodo il settore dominante è l’housing: “C’è bisogno di imprese
che costruiscano residence, strutture ricettive e alberghiere, case, centri commerciali, centri benessere”. E quando si costruisce poi bisogna arredare.
“Serve di tutto laggiù. Durante la missione due
aziende del Vicentino sono riuscite a vendere delle
importanti forniture in questo settore”.
Particolarmente strategica è anche l’agroindustria:
“Il Ghana ha un clima tropicale, si coltivano frutta
e prodotti tipici di quelle aree, come il cacao e il caffè, ma manca tutta la parte del food processing, ossia
la lavorazione dei prodotti”. Anche l’attività di allevamento, del pollame soprattutto, è molto importante. “In questo senso le realtà italiane potrebbero penetrare nel mercato locale con la fornitura
di macchinari agricoli”. Infine, nel medio e lungo
periodo, anche il turismo probabilmente sarà determinante.
Bettella riconosce che c’è ancora molto da fare, anche a livello di informazione. “La maggiorparte
degli imprenditori italiani pensa all’Africa Subsahariana come a un unico Paese. Ci sono due macroaree, l’Ecowas nella parte ovest e il Sadec a sudest, destinate a diventare zone di libero scambio,
ma ogni Stato ha al proprio interno regioni, etnie,
culture e persino sistemi giuridici completamente
diversi”.
Un consiglio per chi volesse investire in Ghana? Bettella non ha dubbi: “La cosa fondamentale è valutare non un Paese ma un’area. Al di là dei vantaggi indiscutibili di operare nel mercato locale, il Ghana è strategico per tutta l’area del Golfo di Guinea.
È fondamentale collocare lì un hub, un ufficio, da
cui dirigere le operazioni di penetrazione commerciale anche fuori. Una missione spot o l’individuazione di agenti locali da soli non bastano. Si vive
tranquilli, c’è una classe media che si sta sviluppando e che sa apprezzare il made in Italy, e nei confronti degli italiani c’è grande stima. Uno dei maggiori produttori di cacao è un italiano di seconda
generazione”. n
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6.832.670
9.241.431
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(updated: 17th May 2011)
®
APPROFONDIMENTI
Bancomat o contanti?
I vantaggi della moneta elettronica
dopo il decreto Salva-Italia.
L’inchiesta tra i rappresentanti di Banco Popolare,
Webank, IW Bank e IBL Banca
Alessia Liparoti
Non solo ricchi imprenditori o negozianti del centro all’ombra della Madonnina. Quello di Cortina
e Milano con le incursioni della Guardia di Finanza a passare in rassegna scontrini fiscali e documentazione, non è stato che l’inizio di una lotta
giurata contro l’evasione fiscale che dal 1° febbraio
coinvolge il Paese intero attraverso le disposizioni
in materia di tracciabilità dei pagamenti introdotte
nella manovra Salva-Italia. Dall’inizio di questo
mese infatti non si possono più effettuare pagamenti in contanti che superino i mille euro. A partire da quella data è scaduto, infatti, il periodo transitorio che sospende le sanzioni previste per i trasferimenti oltre la soglia. L’abbassamento della soglia
all’utilizzo di moneta sonante, in precedenza già ridimensionato a 2.500 euro, è stato stabilito con la
manovra Monti varata lo scorso 6 dicembre. Si tratta di una trasformazione di rilievo in quanto va a
influire direttamente sui sistemi di pagamento
delle retribuzioni e dei compensi dovuti ai lavoratori dipendenti e collaboratori di aziende e professionisti. Secondo quanto dispone la legge è vietato il trasferimento di denaro contante, libretti di
deposito bancari o postali al portatore o di titoli al
portatore, di importo pari o superiore a 1.000 euro
tra soggetti diversi.
L’operazione può avvenire solo per il tramite di
banche, istituti di moneta elettronica e Poste Italiane SpA. Il limite deve intendersi riferito ad operazioni «complessivamente» eseguite. Infatti la norma prevede che il trasferimento sia vietato anche
quando è effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiono artificiosamente frazionati.
40 Family Office
Pena? Una sanzione pecuniaria compresa tra l’1 e
il 40 percento calcolata sull’importo indebitamente
trasferito. La stessa sanzione si applica all’importo
trascritto sull’assegno privo della clausola di non
trasferibilità. E prelievi e versamenti? Come la stessa Abi (Associazione delle banche italiane) ha ricordato in una circolare inviata ai propri iscritti, i
limiti ai trasferimenti di denaro contante non riguardano i versamenti e i prelevamenti presso le
banche, le poste o gli istituti di moneta elettronica,
fermo restando gli obblighi di identificazione ed,
eventualmente, di segnalazione qualora l’operazione sia considerata particolarmente atta, per sua
natura, ad avere una connessione con il riciclaggio
o con il finanziamento al terrorismo. Dal canto proprio, il ministero dell’Economia e delle Finanze ha
affermato che le operazioni di prelievo o versamento
effettuate sul proprio contro corrente non violano
la normativa antiriciclaggio e, pertanto, non comportano l’obbligo di comunicazione da parte degli
istituti bancari. Cosa ne pensano gli istituti bancari di questa normativa e delle conseguenze che porterà? Quanto si sta puntando sull’uso della moneta elettronica? In attesa di verificare gli esiti della
nostra Survey in cui ciascuno può votare le migliori realtà del settore (compresa la migliore carta ricaricabile online) per eleggere i vincitori della seconda edizione del Premio Internazionale Le Fonti, lo abbiamo chiesto a quattro prestigiosi istituti di
credito online e non solo: Banco Popolare, IBL Banca, Webank e IW Bank. «Il maggior utilizzo della
moneta elettronica – commenta Mario Giordano,
Amministratore Delegato del Gruppo Bancario IBL
APPROFONDIMENTI
Banca – è volta a contrastare l’evasione fiscale. In linea generale, un minor uso del contante si traduce
anche in un sistema di gestione più snello per le banche, con un ritorno nella razionalizzazione dei costi». «Le novità relative al conto corrente e alle carte di credito contenute anche nel decreto sulle liberalizzazioni – ha aggiunto Alessandro Prampolini,
Direttore Generale di IWBank – sono state introdotte proprio per limitare l’uso del contante a favore della moneta elettronica che è maggiormente tracciabile ai fini fiscali». Convinto che questa normativa si inserisca nell’ottica più generale della dematerializzazione del denaro, implicando così un vero
e proprio cambiamento culturale nel Paese è Carlo
Panella, Direttore Commerciale Banking e Investimenti Webank. «Sicuramente è un cambiamento culturale molto importante – ci ha confermato Panella
– le carte di pagamento avranno un impulso molto
forte poiché aiuteranno a risolvere il tema della tracciabilità. Noi, credendo molto nell’uso della moneta elettronica, abbiamo fornito da sempre bancomat
e carte di credito gratuite. Abbiamo cercato di diffondere tra la nostra clientela l’utilizzo di questi strumenti poiché siamo convinti che rappresentino il
futuro, aldilà dell’aspetto normativo fondamentale, ma proprio dal punto di vista della customer experience, oltre che della sicurezza». Panella ricorda
inoltre come nel malaugurato caso venga rubata una
carta, questa si possa bloccare, mentre se viene sottratto il portafoglio con mille euro all’interno, sono
contanti già volatilizzati nel momento stesso del furto. Oltre alla diffusione sempre più massiccia di moneta elettronica, il Direttore Commerciale di Webank
menziona il ruolo “formativo-promozionale” che
gli istituti bancari dovranno assumere per far co-
noscere anche alla clientela meno avvezza, l’uso di
carte e bancomat. «L’Italia è un Paese in cui il faccia-a-faccia, il contante, in generale la fisicità del rapporto hanno un peso notevole – ha ribadito Panella. Immaginiamo un pensionato che va in posta per
la pensione: ora la troverà accreditata su un conto e
potrà spenderla usando un bancomat. È un cambiamento significativo, ma è una normativa che, se
introdotta e seguita nella maniera adeguata, può solo aiutare». Fermo sostenitore della dematerializzazione del contante a favore della moneta elettronica è anche Andrea Mencarini, Responsabile Marketing e Segmenti Retail del Banco Popolare. «I benefici che si hanno attraverso gli strumenti elettronici – spiega Mencarini – sono davvero innumerevoli a dispetto degli svantaggi che si hanno con i
contanti, che tuttavia fanno ancora la parte del leone, rappresentando il 90% dei pagamenti. Svantaggi, riguardo al contante, sul lato della non tracciabilità e sul lato consumatore, in quanto il bene o
il servizio fruito non sono assicurati, difficoltà nella rendicontazione di ciò che effettivamente si è speso e, per la controparte, complessità nel rendicontare quanto si è fatturato». Eppure non mancano le
resistenze verso la moneta elettronica che, secondo il Responsabile Marketing del Banco Popolare,
sono perlopiù di natura psicologica. «Il consumatore – ha aggiunto – pensa che il consumo elettronico gli faccia perdere il conteggio di quanto ha speso, invece non è così, anzi. Ha un rendiconto periodico con avvisatura tramite sms. Oppure paventa
l’ansia del diniego del pagamento e della cosiddetta figuraccia alla cassa nel momento in cui la transazione viene negata. E poi soprattutto teme ci siano costi occulti legati agli strumenti elettronici, come ha testimoniato un’indagine che abbiamo condotto tempo fa come Consorzio Bancomat per capire perché gli italiani al casello autostradale, sebbene tutti in possesso di un bancomat, continuino a
pagare in contanti. È emerso che resiste la percezione che vengano applicate delle commissioni.
Ma non è vero». Anche per Mencarini si rende dunque imprescindibile l’impegno delle banche in primis affinché la cultura finanziaria dei clienti raggiunga un livello tale per cui vengano messe in chiaro tutte le informazioni necessarie e fugati i luoghi
comuni. E questa è una sfida per il sistema bancario. Il quale, tuttavia, ha già avviato delle sperimentazioni come i pagamenti di prossimità senza
la “strisciata” fisica della carta per importi inferiori
ai 25-30 euro così da agevolare la ristorazione e i piccoli esercizi. n
n.4 / n.1 - 2012
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APPROFONDIMENTI
Il capitalismo fa male alle coronarie
Kenneth Rogoff
FRANCOFORTE – “L’elefante nella stanza” che tutti fingono di non vedere è l’enorme e sistematico
fallimento conseguito sul fronte della regolamentazione quando si è trattato di riformare l’odierno
capitalismo occidentale. Certo, si è detto molto sull’insana dinamica politica-regolamentazione-finanza
che ha causato un attacco di cuore all’economia globale nel 2008 (avviando quello che io e Carmen Reinhart definiamo “La seconda grande contrazione”).
Ma il problema si limita al settore finanziario o forse esemplifica una debolezza più profonda del capitalismo occidentale?
Prendiamo in considerazione il settore alimentare,
ed in particolare la sua influenza, talvolta malsana,
su nutrizione e salute. I tassi di obesità stanno schizzando alle stelle in tutto il mondo, sebbene tra i Paesi capitalisti il problema si presenti con maggiore
gravità negli Stati Uniti. Secondo i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie, circa un terzo degli adulti americani sono obesi (con un indice di massa corporea superiore a 30).
Ma la cosa più scioccante è che oltre un bambino e
adolescente su sei è obeso, un tasso che è triplicato
dal 1980. (Tra l’altro, mia moglie produce uno show
in televisione e sul web, chiamato kickinkitchen.tv,
finalizzato a combattere l’obesità infantile).
Ovvio, i problemi sull’alimentazione sono stati evidenziati con vigore da esperti di nutrizione e salute, tra cui Michael Pollin e David Katz, e sicuramente
anche da numerosi economisti. Ed esistono numerosi altri esempi, che coprono un’ampia gamma di
beni e servizi, a cui poter attingere. In questo contesto, tuttavia, vorrei focalizzarmi sul nesso tra il
42 Family Office
settore alimentare e i
grandi problemi legati
al capitalismo contemporaneo (che ha certamente agevolato l’esplosione dell’obesità
in tutto il mondo) e sui
motivi per i quali il sistema politico americano abbia riservato scarsa attenzione a questo tema (sebbene la First Lady Michelle Obama si sia mobilitata per combattere questo problema).
L’obesità influisce sull’aspettativa di vita in molti
modi, che vanno dalle malattie cardiovascolari ad
alcune forme di tumore. Nelle sue manifestazioni
morbide, l’obesità può anche incidere sulla qualità
della vita. I costi non solo ricadono sulle spalle dei
singoli individui, ma anche sulla società – direttamente tramite il sistema sanitario, e indirettamente con una perdita di produttività e un aumento dei
costi di trasporto (più carburante per gli aerei, sedili più larghi e altro).
Ma l’epidemia dell’obesità non rappresenta affatto
un flagello per la crescita. È noto che gli alimenti a
base di granoturco, altamente raffinati e contenenti molti additivi chimici, favoriscano l’aumento di
peso, anche se, visti da una prospettiva convenzionale che contempla la crescita, sono una gran cosa.
Le grandi aziende agricole ci guadagnano dalla coltivazione del granoturco (spesso sovvenzionata dal
governo), e le società specializzate nella raffinazione alimentare ci guadagnano per l’aggiunta di tonnellate di agenti chimici atti a creare a un prodotto
APPROFONDIMENTI
che dia assuefazione e quindi sia irresistibile. E non finisce qui. Gli scienziati vengono pagati per trovare il giusto mix di sale, zucchero e agenti chimici che dia ai cibi pronti la massima assuefazione; i pubblicitari
vengono pagati per vendere il prodotto, e le case farmaceutiche fanno
una fortuna trattando la malattia che inevitabilmente ne consegue.
Il capitalismo da cardiopatia coronaria è fantastico per il mercato azionario, che include aziende di ogni settore. Gli alimenti altamente raffinati offrono anche numerosi posti di lavoro, tra cui impieghi di alto livello nella ricerca, nella pubblicità e nella sanità.
Chi potrebbe lamentarsi allora? Certamente non i politici, che vengono
rieletti quando i posti di lavoro sono copiosi e i prezzi azionari alle stelle – e ricevono donazioni da tutti i settori che partecipano alla produzione di alimenti raffinati. Negli Usa, in effetti, i politici che hanno osato parlare delle implicazioni sanitarie, ambientali o sostenibili degli alimenti raffinati hanno in molti casi sofferto la mancanza di fondi per la
campagna politica.
Le forze di mercato hanno stimolato l’innovazione, che ha continuamente spinto al ribasso il prezzo degli alimenti raffinati, anche quando
saliva il prezzo della frutta e della verdura fresca, e questo è un punto
a favore, ma nel nostro caso trascura l’enorme fallimento conseguito dal
mercato.
I consumatori ricevono poche informazioni preziose nelle scuole, nelle
biblioteche o nelle campagne sulla salute, mentre sono letteralmente
travolti dalla disinformazione delle pubblicità. Le condizioni dei bambini sono particolarmente allarmanti. Considerate le scarse risorse investite in una televisione pubblica di alta qualità nella maggior parte
dei Paesi, i bambini scelgono i canali pagati con la pubblicità, inclusa
quella del settore alimentare.
Oltre alla disinformazione, le aziende produttrici non sono motivate ad
assorbire internamente i costi dei danni ambientali da essi causati. Allo stesso modo, i consumatori non sono incentivati a assorbire i costi
sanitari delle proprie scelte alimentari.
Se i nostri unici problemi fossero un settore alimentare che causa attacchi di cuore e un settore finanziario che agevola il corrispettivo economico, la cosa sarebbe già di per sé allarmante. Ma la patologica dinamica politica-regolamentazione-economia che caratterizza questi settori va ben oltre. Dobbiamo sviluppare istituzioni migliori che siano in
grado di proteggere gli interessi a lungo termine della società.
Ovviamente, l’equilibrio tra sovranità dei consumatori e paternalismo
è sempre delicato. Ma potremmo sicuramente iniziare a perseguire un
equilibrio più sano rispetto a quello che abbiamo, offrendo al pubblico
informazioni migliori da una serie di piattaforme, così che le persone
possano iniziare a fare scelte consumistiche e prendere decisioni politiche in modo più consapevole. n
Kenneth Rogoff è professore di economia e politiche pubbliche all’Università di
Harvard; è stato capo economista del Fmi.
© Project Syndicate, 2012. Traduzione di Simona Polverino
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APPROFONDIMENTI
Giuristi e networking:
l’internazionalità di ELSA
Intervista all’Associazione ELSA Italia
a cura della redazione
ELSA nasce nel 1981 grazie alla cooperazione di
studenti di nazionalità diversa. In questi 30 anni
come si è sviluppata e grazie a quale struttura è riuscita a conseguire i suoi obiettivi?
ELSA trae la sua forza dal Network: siamo presenti
in 42 Paesi, 240 città, con più di 33.000 membri. Il
nostro operato nel corso degli ultimi 30 anni ha meritato gli speciali Status conferiti dalle più importanti Organizzazioni internazionali (come il Partecipatory Status presso il CoE ed il Consultative Status presso l’UNESCO), nonchè la stima e la collaborazione dell’ambiente giuridico internazionale.
Questo ci consente di realizzare progetti inaccessibili per altri Gruppi.
ELSA è presente anche in Italia con un consiglio
direttivo. Quali obiettivi si pone in Italia, che cosa ha fatto fin’ora e quali obiettivi auspicate di
raggiungere nel 2012?
ELSA mira non solo a contribuire all’educazione
giuridica, ma anche a favorire la comprensione reciproca e a promuovere la responsabilità sociale dei
giovani giuristi – questo creando diverse occasioni per conoscere altre culture e altri sistemi giuridici, in uno spirito di dialogo critico e cooperazione scientifica, ed incoraggiando una mentalità internazionale ed uno sviluppo delle qualità professionali dei suoi soci.
Ogni anno il nuovo Consiglio Direttivo di ELSA
Italia sviluppa un Piano Organizzativo Annuale, il
44 Family Office
quale raccoglie tutti gli obiettivi specifici che intende raggiungere durante il suo mandato.
Quest’anno ci si è concentrati su due linee principali: I Diritti Umani e il Biodiritto. L’impegno nel
campo dei Diritti Umani è un tratto fondamentale
della nostra Associazione, che opera in accordo con
la Vision “Un mondo giusto in cui ci sia rispetto per
la dignità umana e le diversità culturali”. Da due
anni inoltre ci impegniamo nello sviluppo della tematica specifica del Diritto alla Salute: il nostro attuale impegno sul Biodiritto ci permetterà di raggiungere l’obiettivo di formare giuristi specializzati, in grado di affermarsi professionalmente nei
settori più innovativi.
Queste tematiche vengono implementate nelle iniziative organizzate dalle 21 Sezioni Locali presenti su tutto il territorio italiano; un esempio di questo impegno è la Conferenza Internazionale organizzata dal ELSA Trieste a fine Aprile sulla Salute
Mentale, della durata di una settimana, la quale vedrà susseguirsi gli interventi di diversi esperti italiani e non per cinquanta partecipanti provenienti
da tutta Europa. Si tratta di un evento di cui andiamo molto orgogliosi, in quanto ELSA International ha scelto noi come responsabili per il progetto più importante dell’anno dell’intero Network
ELSiano.
La vocazione internazionale di ELSA si riscontra
anche nello Student Trainee Exchange Programme.
APPROFONDIMENTI
Quanto è importante per un futuro avvocato italiano avere una
base di esperienza internazionale come quella che offrite?
E’ essenziale. Persino il mondo delle Scienze Giuridiche, per tradizione chiuso all’interno della propria matrice nazionale non ha
potuto fare a meno, nel corso degli ultimi 30 anni, di aprirsi alle influenze europee ed internazionali. Lo studio del Diritto Italiano,
così come conosciuto dai nostri padri, appartiene al passato. Per
questo motivo un giovane giurista rimarrà relegato ad una posizione di secondo piano nel mondo professionale senza una formazione – ed un Curriculum – che tengano conto dell’evoluzione a
cui abbiamo assistito e continuiamo ad assistere nel nostro campo.
Lo Student Trainee Exchange Programme (STEP) mira esattamente
a questo: offrire ai membri ELSA la possibilità di un tirocinio all’estero, con le agevolazioni ed il supporto costante che solo un
Network come il nostro può offrire.
Fra i partner di ELSA Italia ci sono nomi importanti come la Scuola di Formazione Ipsoa. Cosa vuol dire essere Partners di ELSA?
Quali reciproci vantaggi ne potete trarre voi e coloro che decidono di affiancarvi come Partners?
Essere Partner di ELSA Italia significa far parte di un Network dalle caratteristiche uniche: con più di 2500 membri distribuiti in 21
Sezioni Locali – cifre in costante crescita – il nostro Gruppo è di
fatto l’unico vero interlocutore con i numeri per rappresentare i
nuovi giuristi italiani: non bisogna infatti dimenticare come ELSA
sia costituita in larga parte anche da giovani professionisti, e non
solo da studenti universitari.
Ciò che però davvero rappresenta un valore aggiunto per chiunque collabori con noi è la presenza del Network Internazionale a
cui mi riferivo all’inizio, e di cui siamo parte integrante.
Lavorare con noi significa legare il proprio nome a tutto questo.
Ma non parlo di mera - per quanto ampia - visibilità. I nostri Partner sono protagonisti della vita di ELSA, e non semplici spettatori: collaborano attivamente ad eventi e progetti, interagendo direttamente con i nostri membri e supporter; vengono aggiornati
sugli sviluppi dell’Associazione; sono costantemente presenti nei
nostri canali di comunicazione.
Per riassumere, vivono ELSA quasi quanto noi, contribuendo alla
formazione dei giuristi di domani. Con tutti i vantaggi, reciproci,
che ciò comporta.
La figura del giurista cosa è stata, cos’è e cosa sarà nel futuro? Da
Cicerone ai tempi odierni. Come è cambiata e come cambierà la
sua figura e di quali valori per voi dovrebbe farsi portavoce?
Ai tempi di Cicerone l’intero sistema giuridico si basava sul Diritto Romano, il quale veniva imposto dai suoi contemporanei ai
popoli che entravano a far parte dell’Impero. Oggi, invece, il giurista moderno non può tenere in considerazione solo il suo ordin.4 / n.1 - 2012
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APPROFONDIMENTI
namento, ma deve fare i conti con il Diritto Internazionale e il Diritto Europeo, i quali creano una
cornice di principi e norme che non possono essere messi da parte da chi opera quotidianamente nel
campo giuridico. Questi elementi sono spesso trascurati nel momento della formazione universitaria, ed ignorati dai tecnici. Uno dei nostri obiettivi
è quello di promuovere una mentalità internazionale ed europea tra i nostri colleghi.
Il giovane giurista moderno, proprio per la sua mente aperta e ricettiva rispetto a quanto arriva da oltre confine, non può che farsi promotore anche dell’integrazione e dello scambio culturale, perchè testimone di quanto solo una sinergia di tradizioni e
conoscenze diverse possano portare alla costruzione di un ordinamento e di un mondo più giusto.
Non solo; non dimentichiamo che Cicerone, nelle
sue oratorie, spesso faceva riferimento alle mores,
ovvero ai valori degli antichi: un aspetto che è stato, e sarà sempre, una caratteristica intrinseca del
buon giurista è proprio quello della promozione dei
valori e dei Diritti fondamentali, per ricordare che
un ordinamento giusto non può prescindere dal loro rispetto.
Il Consiglio d’Europa ed ELSA collaborano dal 2008.
In cosa consiste questa partnership e e cosa significa per voi?
La Partnership con il Consiglio d’Europa è stata
per ELSA un risultato fondamentale. La nostra Madrina, Madame Maud de Boer–Buquicchio, Segretario Generale del CoE, invia spesso a noi ELSiani
forti messaggi di apprezzamento per le nostre attività e si è impegnata molto, in questi anni, ad
esortare i funzionari di Strasburgo a collaborare
con noi nell’implementazione di progetti congiunti.
ELSA Italia è una delle Sezioni Nazionali che collabora più spesso con il CoE, e questo rapporto ci
ha portati ad accrescere la professionalità e l’ambizione dei nostri progetti. L’anno scorso abbiamo
organizzato, in collaborazione con loro, una Summer Law School sui Diritti dei Bambini: una settimana di studi internazionali alla quale hanno partecipato 35 studenti da tutta Europa; è stata un’iniziativa molto apprezzata a Strasburgo e che ha
segnato l’inizio del nostro impegno in questo campo. Inoltre ELSA Ferrara, sempre nel 2011, ha avuto l’opportunità di ospitare un giurista Senior del46 Family Office
la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, il quale
ha tenuto un seminario sul rapporto tra i principi
della Convenzione e la lotta alla Criminalità Organizzata.
Quest’anno la collaborazione tra ELSA Italia e CoE
sarà ancora più stretta: un membro del Consiglio
Direttivo Italiano sarà parte del Comitato Internazionale che lavorerà, a stretto contatto, con Strasburgo per il gruppo di ricerca sui Diritti dei Bambini, nell’alveo della campagna del Consiglio d’Europa “1in5”, la quale vedrà coivolti anche alcuni ELSiani italiani.
Idee che danno vita a una nuova iniziativa: il Premio Giurista dell’Anno (GdA). Perché nasce e quali obiettivi si propone?
Il Premio Giurista dell’Anno (GdA) nasce per rendere omaggio a coloro i quali hanno saputo distinguersi nel panorama giuridico italiano per il contributo offerto allo sviluppo del Diritto vivente, nei
dibattiti dottrinali come nelle aule di Giustizia. Benché il mondo delle Scienze Giuridiche non sia nuovo a riconoscimenti simili, è la prima volta che la
loro assegnazione vede protagonista la comunità
universitaria.
La sua prima edizione risale al 1994, e nel corso degli anni ELSA Italia ha avuto l’onore di conferire
questo titolo, tra gli altri, a personaggi dell'autorevolezza di Paolo Grossi, Rodolfo Sacco, e Stefano
Rodotà.
Ma è quest’anno che il Premio vede raggiungere il
suo reale potenziale: le elezioni verranno infatti estese fino a comprendere 52 Facoltà di Giurisprudenza in tutto il Paese, chiamando 150.000 studenti ad
esprimere la loro preferenza. Si tratterà della più
grande consultazione che la comunità giuridica italiana abbia mai conosciuto da questo punto di vista. Ne siamo particolarmente orgogliosi.
I colleghi di ELSA Roma, ospitanti la nostra prossima Assemblea Nazionale e partner di ELSA Italia
nell’organizzazione del GdA, stanno lavorando perché la cerimonia di premiazione sia all’altezza delle ambizioni del progetto. La data prescelta è il 27
Aprile, in concomitanza con la Notte di Gala di ELSA Italia – una notte che difficilmente qualcuno di
noi dimenticherà, grazie alla presenza dei candidati, degli ex-vincitori, e delle rappresentanze isti(V.L.)
tuzionali invitate. n
APPROFONDIMENTI
Come evitare gaffe
nelle traduzioni
linguistiche
Family Office, in collaborazione
con Bibielle Global Translations,
lancia una nuova rubrica intitolata
“Lost (and found) in Translation”
a cura della redazione
La letteratura diplomatica è ricca di gaffe causate
dal passaggio da una lingua all’altra. Non ultima
quella del Ministero dell’Università e della Ricerca
italiana (Miur) che lo scorso febbraio è inciampato
rozzamente in un errore di traduzione dalla lingua
di Dante a quella di Shakespeare facendo diventare un panegirico sul formaggio (l’espressione era
“dalla pecora al pecorino”) un’esplicita e volgare
allusione sessuale. Uno scivolone che appare ancora più grossolano in quanto compiuto dall’Ente pubblico deputato alla formazione. Eppure anche l’universo professionale non è esente da possibili misunderstanding, particolarmente delicati quando si
ha a che fare con documenti legali. Al di là della figuraccia, la posta in gioco in questi casi può diventare molto più alta.
Ma allora come orientarsi nell’affascinante, ma multiforme mondo delle traduzioni? Family Office e il
quotidiano online FinanzaeDiritto.it hanno deciso
di dedicare a questo attualissimo tema un’apposita rubrica curata da un esperto e ispirata al titolo di
un lungometraggio cult degli ultimi anni: “Lost (and
found) in Translation”.
Con questa rubrica intendiamo guidare il lettore/fruitore verso una maggiore comprensione di
tutto ciò che sta dietro a un servizio di traduzione.
Come istruire le agenzie di traduzione affinché ci
diano quello che cerchiamo? In qualità di committenti, come dobbiamo proporci?
È questa la prima puntata dell’indagine redazionale condotta da Family Office nel mondo dei profes48 Family Office
sionisti per comprendere quale sia il ruolo da loro attribuito alla traduzione e quale esperienza diretta abbiano con il
passaggio da un idioma all’altro. Prendendo spunto dalle risposte degli intervistati,
Barbara Beatrice Lavitola Amministratore Unico di Bibielle Global Translations,
SL – propone consigli e suggerimenti pratici per superare lo scoglio di considerare la traduzione come
un mero atto meccanico, circoscritto alla letteralità.
E per scoprire quanto sia importante il ruolo attivo
del cliente verso l’agenzia di traduzioni per indirizzarlo e ottenere così il miglior risultato possibile. «Perché il prezzo di una traduzione - rammenta
Barbara Lavitola - è il costo per cogliere un’opportunità».
A inaugurare questa nuova rubrica è stata l’Avv.
Marina Santarelli, Partner dello Studio Legale Pavia e Ansaldo Responsabile del contenzioso.
Avvocato Santarelli, avendo
costanti rapporti con l’estero, ha mai avuto problemi con
le traduzioni? Si sono mai verificati episodi particolari di
gaffe o misunderstanding? Avv. Santarelli: Certo! É capitato di recente di avere un contenzioso su un contratto in doppia versione (tedesco/italiano): incomprensibili entrambi e evidentemente scritti
da soggetti non padroni in nessuna delle due lingue, con
il risultato di avere clausole di difficile interpretazione.
Veri e propri misunderstandings in traduzioni per fortuna no.
Barbara Lavitola: Sono frequenti i casi in cui il testo di partenza abbia già dei problemi intrinseci
quanto a chiarezza espositiva, corretto uso della
grammatica e della terminologia e non sono rare le
circostanze in cui la traduzione si riveli un testo migliore dell’originale. Un buon traduttore cerca di
rendere il suo scritto chiaro e comprensibile al lettore, preservando integralmente i contenuti dell’originale, ma apportando migliorie al testo che sta
redigendo, perché “anche l’originale era fatto male” non è una scusa alla quale ci si può aggrappare
nel momento in cui stiamo vendendo il nostro servizio in qualità di professionisti. Nel caso in cui l’originale non permetta di procedere in questa dire-
APPROFONDIMENTI
zione o denoti gravi errori che impedirebbero una
corretta traduzione, è a discrezione del traduttore
se rifiutare l’incarico oppure instaurare un efficace
rapporto di comunicazione con il cliente in modo
da ricevere risposte pertinenti riguardanti dubbi o
ambiguità che si riscontrano durante il processo di
traduzione. Quando leggete un testo tradotto, non
vi piacerebbe che dia l’illusoria impressione di essere l’originale? È anche a questo che, come clienti
e fruitori di traduzioni, dovete puntare. Se in economia Smith parlava di “mano invisibile”, in traduttologia dovete andare a cercare il “traduttore invisibile” (quello descritto da Lawrence Venuti in L’invisibilità del traduttore: una storia della traduzione) capace di produrre testi scorrevoli, privi dell’asprezza del passaggio da una lingua all’altra.
Quali sono secondo lei tre requisiti necessari per ottenere una buona traduzione? Avv. Santarelli: Forse ne bastano 2. Essere madrelingua
nella lingua in cui si traduce, avere specifiche competenze/esperienza nella materia oggetto di traduzione. La terza non dipende dal traduttore, ma dall'autore del testo da
tradurre: la chiarezza espositiva, il che evidenzia la capacità del traduttore di comprendere testi non lineari e periodi involuti. La traduzione è fondamentale. È importante
per i clienti sia cogliere direttamente la portata dei fatti /
argomenti prospettati dalle controparti sia verificare che
la ricostruzione dei fatti operata nelle difese predisposte
nel loro interesse sia corretta e che le informazioni e gli
eventuali dati tecnici siano stati adeguatamente riflessi.
Barbara Lavitola: In traduzione, come in tanti altri
campi, non vi è un requisito principale e altri secondari. Le tre qualità di un traduttore vanno di pari passo e devono essere tutte presenti simultaneamente. L’ essere madrelingua nella lingua di destinazione è assolutamente un requisito fondamentale e imprescindibile nel momento in cui ci accingiamo a svolgere un lavoro di traduzione in maniera
professionale ma l’essere in possesso delle competenze specifiche nella materia oggetto di traduzione segue a stretto giro in ordine di importanza. In
ambito legale, ad esempio, la diversità dei sistemi
legislativi rende difficile la resa di alcuni concetti
poiché un particolare sistema legislativo può non
avere corrispondenti in altri sistemi. Molto spesso
accade che un concetto particolare può esistere in
due sistemi differenti e riferirsi a realtà completamente distinte. Porto l’ esempio dell'utilizzo di nozioni astratte come «contratto», contract, contrat, «proprietà», property, propriété, «fatto illecito», tort, fait il-
licite, e simili: ognuna di queste espressioni è caratterizzata nei dettagli da una differente disciplina
giuridica in base al sistema di appartenenza e perciò stesso esprime una nozione giuridica peculiare.
Questa sfumatura è chiaramente visibile ad un esperto in giurisprudenza, ma risulterebbe alquanto ambigua agli occhi di un traduttore che non ha intrapreso studi giuridici. Come direbbero i nostri vicini d’oltremanica, last but not least, la perfetta comprensione della lingua di partenza, che spesso viene sottovalutata. Possiamo avere un’altissima padronanza della nostra lingua materna, ma se non capiamo cosa vuole dire l’originale, siamo punto a capo. L’obiettivo finale sono la comprensione del lettore e la trasmissione corretta del messaggio originale. Se il madrelingua possiede tutti i requisiti di
cui sopra, allora è la scelta perfetta per il nostro lavoro di prima qualità. Ma se il madrelingua è carente di uno dei tre requisiti che fanno di un traduttore un professionista, forse è meglio una traduzione di un non madrelingua (ovviamente con
un alto livello di quella lingua straniera) che, almeno così, riuscirebbe a comunicare correttamente il
messaggio dell’originale.
Vi affidate a una società esterna oppure avete internamente una struttura che fa capo alle traduzioni?
Avv. Santarelli: Si procede sia ricorrendo a risorse interne sia esterne, dipende dalle situazioni e dalle quantità. Se ci si affida ad un traduttore esterno, è sempre bene
procedere ad una rilettura da parte di un professionista.
Barbara Lavitola: Concordo pienamente con l’Avv.
Santarelli quando afferma che le traduzioni date ad
un traduttore esterno devono essere rilette. La nostra boutique di traduzioni ha voluto ovviare a questa necessità sin da subito, facendo svolgere le traduzioni in campo legale direttamente ad avvocati.
Ci capita spesso di avere a che fare con contratti EPC
del campo fotovoltaico. In questo caso, gli esperti
che mettiamo “in gioco” sono due: un avvocato per
la parte legale ed un ingegnere in campo fotovoltaico per le parti tecniche, in più, ovviamente, un revisore esterno. Arrivando così a tre, il numero perfetto. Di primo acchito, le agenzie di traduzione possono apparire più costose, ma la ragione va ricercata nelle prestazioni accessorie che mettono a disposizione del cliente (ricerca dello specialista più idoneo al tipo di lavoro in concreto, gestione del progetto, controllo della qualità, DTP e così via). Prestazioni accessorie che aiutano a risparmiare tempo
(A.L.)
e denaro. n
n.4 / n.1 - 2012
49
APPROFONDIMENTI
L’ Austerità sotto Attacco
Daniel Gros
BRUXELLES – L’Europa sembra essere ossessionata dall’austerità. Paese dopo paese, sia i mercati
finanziari che la UE la costringono ad avviare la riduzione del disavanzo del suo settore pubblico. E,
se questo non fosse ancora abbastanza, 25 dei 27
stati membri hanno sottoscritto da poco un nuovo trattato (chiamato “intesa fiscale”) che li dovrebbe obbligare a non raggiungere mai un deficit di bilancio corretto per il ciclo economico superiore al 0.5% del PIL. (Per un confronto, nel 2011
il deficit di bilancio degli Stati Uniti si è chiuso al
8% del PIL).
Ma, poiché l’economia europea rischia di cadere in
depressione, numerosi osservatori si domandano
se l’“austerità” potrebbe essere controproducente. La riduzione della spesa pubblica (o un aumento
delle tasse) potrebbe comportare un declino così
pesante dell’attività economica da far crollare gli
introiti e di fatto deteriorare ulteriormente la situazione fiscale?
Questo è altamente improbabile, dato il modo in cui
funziona la nostra economia. Inoltre, se fosse vero,
ne seguirebbe che i tagli all’imposizione fiscale comporterebbero la riduzione dei deficit di bilancio, poiché una crescita economica più rapida genererebbe
maggiori entrate, anche ad aliquote fiscali più basse. Questa asserzione è stata comprovata svariate
volte negli USA, dove i tagli fiscali sono stati invariabilmente seguiti da deficit maggiori.
In Europa, l’attenzione di oggi è focalizzata piuttosto sul rapporto debito/PIL. La preoccupazione è
che il calo del PIL dovuto all’ “austerità” possa essere così forte da incrementare l’indice di indebi50 Family Office
tamento. Questo è importante, perché gli investitori usano spesso
l’indice di indebitamento quale indicatore della sostenibilità finanziaria. Dunque, un deficit
minore potrebbe di fatto far aumentare le tensioni
sui mercati finanziari.
Tuttavia, un disavanzo inferiore deve portare nel
tempo ad un indice di indebitamento più basso, sebbene questo peggiori nel breve periodo. Dopotutto, la maggior parte dei modelli utilizzati per analizzare l’impatto economico delle politiche fiscali
lasciano intendere che la riduzione della spesa, per
esempio, fa diminuire la domanda nel breve periodo, ma che dopo poco l’economia ritorna al livello
precedente. Dunque, nel lungo periodo, la politica
fiscale non ha un impatto duraturo sul prodotto (o
soltanto molto piccolo). Questo vuol dire che qualsiasi impatto negativo una domanda più bassa possa avere sul debito nel breve periodo, il rapporto
verrebbe compensato in seguito (nel medio o nel
lungo periodo) da un rialzo della domanda che riporta l’economia al suo livello precedente.
Inoltre pur supponendo che anche gli effetti di una
decurtazione definitiva della spesa pubblica sulla
domanda e la produzione siano stabili, la riduzione del PIL rimarrebbe un episodio isolato, mentre
la diminuzione del disavanzo continuerebbe ad avere un impatto positivo sul livello di indebitamento
anno dopo anno.
È da notare che si è giunti a questa conclusione sen-
APPROFONDIMENTI
za ricorrere a ciò che Paul Krugman ed altri hanno beffardamente definito “fata fiducia”. Negli USA, non sarebbe effettivamente sensato aspettarsi che un disavanzo
inferiore si traduca in un premio di rischio più basso – per
la semplice ragione che il governo americano paga già tassi di interesse estremamente bassi.
Ma, anche senza l’effetto fiducia, il bipartisan Ufficio Bilancio del Congresso è arrivato alla conclusione che, seppure la decurtazione del deficit statunitense abbassa la domanda, ciò comporta anche la riduzione dell’indice di indebitamento in modo stabile. Tutto questo dovrebbe essere tanto più vero per i paesi della zona euro, come l’Italia e la Spagna, che al momento pagano un premio di
rischio superiore al 3-4%. Per questi paesi la fata fiducia
si è trasformata in un mostro.
La domanda cruciale allora diviene: conta di più l’effetto
della riduzione del disavanzo nel rapporto debito/PIL
nel breve periodo o a lungo termine?
I potenziali acquirenti di titoli italiani a dieci anni dovrebbero tener conto dell’impatto a lungo termine della
riduzione del deficit sul livello del debito, che quasi certamente è positivo. Naturalmente, alcuni partecipanti al
mercato potrebbero non essere razionali, e richiedere un
premio di rischio più elevato in seguito al peggioramento
dell’indice di indebitamento nel breve periodo. Ma quanti concentrano la loro attenzione sul breve termine rischiano
di perdere il loro denaro, perché il premio di rischio alla
fine è destinato a diminuire nel momento in cui cambierà
l’indice di indebitamento.
Abbandonare le politiche di austerità per paura che i mercati agiscano in modo miope vorrebbe dire solo rimandare il giorno della resa dei conti, in quanto nel lungo periodo l’indice di indebitamento è destinato ad aumentare.
Inoltre, è altamente improbabile che un paese come l’Italia, per esempio, possa pagare un premio di rischio più
basso se continua ad ampliare il proprio disavanzo.
Sarebbe pericoloso per i paesi della zona euro fortemente
indebitati abbandonare ora l’austerità. Qualsiasi paese
entri in una fase di accresciuta avversione al rischio con un
eccesso di debito di grandi dimensioni si trova di fronte
solo a brutte scelte. La messa in atto di programmi di austerità credibili rappresenta il male minore, anche se ciò
può aggravare la recessione ciclica a breve termine. n
Daniel Gros è Direttore del Center for European Policy Studies.
© Project Syndicate, 2012. Tradotto dall’inglese da Roberta Ziparo
n.4 / n.1 - 2012
51
PIANIFICAZIONE FINANZIARIA
Salvare l’euro con la svalutazione?
La parola agli operatori Forex:
Dante Buonsanto (CMC Markets), Gabriele Vedani (FXCM),
Gabriele Manasse (Ava Capital Markets)
e Marc Spaelti (Dukascopy)
Alessia Liparoti
«Io ti salverò» recitava un vecchio film del maestro
del brivido, Alfred Hitchcock. E di brividi l’Europa
ne sta attraversando parecchi in questo periodo: dalla crisi debitoria ai declassamenti incondizionati
delle agenzie di rating, dai vaticini di eurogeddon ai
rischi di default sempre più prossimi a concretizzarsi per alcuni Stati. Ecco allora farsi largo vecchie
e nuove soluzioni per risollevare le sorti dell’Unione. Ma chi si accollerà l’onore e l’onere di salvare
l’euro, di dire «io ti salverò»? L’«io» della pellicola
hitchcockiana, secondo l’ipotesi lanciata in un articolo a quattro mani scritto alcuni giorni fa da due
illustri professori di Economia, Ricardo Caballero (MIT) e Francesco Giavazzi (Università Bocconi) sarebbe la stessa moneta unica: solo con la svalutazione dell’euro e il raggiungimento della parità col dollaro, sostengono i docenti, la valuta del
Vecchio Continente potrà scongiurare la sua ingloriosa fine. «L’euro ha perso il 13% contro il dollaro
da quando la crisi del debito si è propagata anche
in Italia, sette mesi fa. Il calo rispecchia la sempre
più alta probabilità che Roma faccia default, un evento che distruggerebbe la moneta unica». Secondo
Caballero e Giavazzi, dunque, l’ultima speranza per
la divisa potrebbe essere la parità con il biglietto
verde. Un deprezzamento aiuterebbe l’euro a sopravvivere - posto che sia accompagnato da un sostegno in ambito di politica monetaria adeguato e
coerente - e darebbe una grossa mano in particolar
modo alle attività di esportazione italiana di beni,
compensando l’inevitabile contrazione della do52 Family Office
manda interna. Ma se il Bel Paese potrebbe trarne
vantaggio, per altre nazioni dell’Eurozona la svalutazione comporterebbe grossi problemi. D’altro
canto, «nessuno si salva da solo», che - oltre ad essere il titolo del penultimo romanzo di Margaret
Mazzantini - è soprattutto il crudo leit-motiv che
l’Unione sta sperimentando. Nella speranza, tuttavia, che non ne diventi l’epitaffio. Quella della svalutazione sarà davvero la soluzione? Quali vantaggi porterebbe, a fronte di quali disagi? E, lanciandoci in una provocazione, potrebbe rappresentare un primo passo verso la fantomatica creazione di una moneta unica occidentale, nata dalle costole di euro e dollaro? Abbiamo sondato il
parere di alcuni tra i principali operatori del mercato valutario.
Dante Buonsanto, Business Development Manager
Italy CMC Markets
Il fatto di voler portare la quotazione dal prezzo attuale alla parità col dollaro lo vedo molto difficile perché avrebbe ripercussioni non solo in Europa,
ma anche in America. La situazione europea è complicata a causa delle differenti politiche fiscali. Ci
sono inoltre nazioni più o meno stabili, altre instabili come l’Italia, la Spagna e ora anche la Francia.
Magari questo all’inizio garantirebbe più esportazioni per il Vecchio Continente, ma andrebbe a generare seri problemi per gli Stati Uniti che hanno
altrettanto bisogno di esportare. Ritengo dunque
che sia improbabile che una proposta come quella
PIANIFICAZIONE FINANZIARIA
dei due studiosi possa trovare attuazione. Anche
perché ultimamente il CPI, ovvero l’indice dei prezzi al consumo sta diminuendo e questo è positivo
per ridurre ancora di più il tasso di interesse da parte della Bce. Riguardo all’ipotesi remota della creazione di una moneta unica occidentale credo che non
sia attuabile perché l’euro dal momento in cui è nato ha contribuito a dare sviluppo ai Paesi che vi hanno aderito. Il problema dell’euro non è stata la moneta in sé, ma la politica fiscale rimasta indipendente. La soluzione alle attuali difficoltà quindi non
è creare una nuova valuta, ma creare un’unione fiscale.
Gabriele Vedani, Managing Director FXCM Italia
La svalutazione della moneta ha degli effetti positivi nel breve periodo. Questo sistema è già stato utilizzato strategicamente in Italia per molti anni, tanto che prima dell’introduzione della lira nello Sme
si effettuavano delle svalutazioni competitive, ossia
quando c’erano delle politiche fiscali particolarmente
restrittive si cercava di ridare fiato all’industria ribassando la moneta. Bisogna inoltre considerare che
l’Italia è fortemente sbilanciata verso l’export che
rappresenta circa il 40% del Pil. Secondo Caballero
e Gavazzi questa svalutazione avrebbe un impatto
positivo in particolare per l’Italia dove il 55% delle
esportazioni è al di fuori dell’Eurozona. Detto ciò, è
comunque difficile per un istituto centrale stabilire
a tavolino il valore di una moneta. Inoltre non tutte
le nazioni avrebbero benefici da un indebolimento
dell’euro. La svalutazione competitiva ha poi degli
effetti potenzialmente positivi nel breve periodo, ma
può essere molto rischiosa a lungo termine. Può infatti dare origine ad un aumento dell’importazione
e dell’inflazione. Si tratta dunque di una proposta
provocatoria, di difficile se non impossibile applicazione. La Bce con una politica monetaria più accomodante e tassi di interesse più bassi può accompagnare al ribasso della valuta, ma non può deciderlo a tavolino. Rispetto invece alla moneta unica
occidentale credo che si tratti di un’utopia. Già noi
vediamo quotidianamente tutte le difficoltà della coesistenza europea, pur all’interno di un’area tutto
sommato omogenea. Riscontriamo inoltre che la creazione di un’unità di politica fiscale e di spesa siano
già al momento complicate da realizzare. È più probabile dunque che si vada nella direzione di un euro a più velocità che non verso quella di una moneta globale.
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PIANIFICAZIONE FINANZIARIA
Leonardo Dudreville: Trilogia campestre. La Terra. La Madre Grande,
olio su tela, 1912, Museo d’Arte di Lugano
Gabriele Manasse, Director - Italy Ava Capital
Markets Ltd
Non concordo con l’opinione di Caballero e Giavazzi. Ritengo che i problemi della zona euro siano
di carattere fondamentale e principalmente relativi
allo sviluppo, all’occupazione e alla competitività
delle aziende. Svalutare l’euro sicuramente non risolverebbe questi problemi strutturali ed allo stesso tempo non beneficerebbe la bilancia commerciale dal momento che il grosso degli scambi avviene
all’interno della zona euro. Paesi come l’Italia beneficerebbero marginalmente di questa manovra dal
momento che gran parte delle esportazioni avviene
verso paesi extraeuropei, ma è difficile immaginare
le conseguenze sugli altri Stati. Specialmente considerando che nazioni come la Germania hanno una
bilancia commerciale fortemente in positivo mentre
altri quali Grecia e Portogallo sono nella situazione
opposta. Una svalutazione della moneta unica, pur
non contribuendo a migliorare gli aspetti realmente problematici della zona euro, accentuerebbe quel
divario economico fra nazioni che è stato l’innesco
dell’instabilità sui mercati finanziari che stiamo ancora vivendo.
Marc Spaelti, Vice President RM & Brokerage Department DUKASCOPY
Riguardo alla svalutazione dell’euro: sì, questo è
probabilmente un processo che continuerà nei mesi o addirittura negli anni a venire. Introdotto nel
gennaio 1999 al culmine del decennio di ristrutturazione europeo, il tasso di cambio dell’euro nei confronti del dollaro è 1,1669. Tre anni dopo aveva perso il 30% del suo valore, alimentando le esportazio54 Family Office
ni europee e la crescita economica. Durante l’espansione economica negli ultimi dieci anni dovuta alla globalizzazione, che ha trasferito molti posti
di lavoro nel settore manifatturiero al di fuori della zona euro, l’accumulo di ricchezza ha spinto i
prezzi dei beni e il valore dell’euro sopra 1,50 entro
la fine del 2007, con un incremento dell’82% in 5 anni. Le attuali sfide di bilancio e il rallentamento economico sono stati causati in parte dal deflusso di
posti di lavoro, in parte dall’euro in aumento. Lasciando cadere il suo valore, la zona euro può ricevere nuovamente un vantaggio di prezzo: i lavori
saranno rimpatriati e i bilanci pubblici potranno essere rafforzati nel lungo periodo. A tutt’oggi, è troppo presto per fissare qualsiasi obiettivo per il trend
al ribasso del cambio EUR/USD, considerando una
perdita di solo il 25% dal suo valore massimo di
1,50; 1,00 è una possibilità realistica nell’arco di pochi mesi. Tuttavia, nel lungo periodo, l’euro deve
essere più conveniente non contro il dollaro americano, ma nei confronti della valuta cinese/asiatica. Una volta che la competitività aumenterà grazie ad un euro più basso, per l’Europa mettere in
atto misure che garantiscano un trattamento efficiente delle entrate fiscali sarà alla base della riduzione dei livelli del debito europeo. Una moneta
unica che raggruppi euro e dollaro? Non vedo alcuna possibilità di un’unione di questo tipo. Le differenze economiche e culturali delle due zone così
come i loro interessi sono profondamente diversi.
L’unione delle valute servirebbe semplicemente ad
amplificare quei problemi che non sono stati risolti tramite una corretta valutazione del cambio a tem18 gennaio 2012
po debito. n
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PIANIFICAZIONE FINANZIARIA
Il IV Forum Forex
Partners
tra soluzioni per superare
l’eurogeddon
e strategie di trading
Partner istituzionali
a cura della redazione
Media partners
Gli scenari che potrebbero configurarsi nei prossimi mesi nell’Eurozona, il futuro della valuta unica
nella sempre più critica crisi debitoria degli stati
dell’Unione e poi il ruolo di indicatori e oscillatori
come strumenti efficaci per il mercato Forex. Sono
stati questi solo alcuni dei molteplici spunti emersi dalla quarta edizione del Forum Forex, svoltosi
con successo e folta partecipazione di pubblico martedì 29 novembre al Grand Hotel Doria di Milano.
L’evento, organizzato da Editrice Le Fonti con il
contributo di Club e Rivista Family Office, Centro
Studi Finanziari, Giuridici e Sociali, Assofondazioni, Rivista IAI Review, Istituto di Scienze e Cultura
e Finanzaediritto.it, ha incontrato l’interesse e visto
la presenza di numerosi giornalisti di testate finanziarie nazionali e svizzere. A dare l’abbrivio al convegno è stata la riflessione del Presidente di Assosim, Michele Calzolari sulle sfide del mondo della negoziazione: dalle direttive in corso di definizione che monitorino l’High Frequency Trading alle disposizioni di questa estate in merito al blocco
delle vendite allo scoperto. Tra gli illustri relatori
che hanno portato il loro prezioso contributo scientifico all’evento Angelo Ciavarella, Head of Italian
Desk di ActivTrades e Gabriele Vedani, Managing Director di FXCM Italia.
Giovanni Lapidari e l’adx
Il primo intervento è stato quello di Giovanni Lapidari, Trader Professionista, che ha aperto il dibattito illustrando il ruolo di indicatori e oscillatori, con particolare attenzione per l’Adx. «Occorre
farsi alcune semplici domande quando si ha a che
56 Family Office
PIANIFICAZIONE FINANZIARIA
fare con gli indicatori – ha esordito Lapidari – ovvero “cosa mi dicono?” e “che uso devo fare delle
informazioni?”. A questo punto si deve osservare
attentamente il grafico per individuare se si stia sviluppando o meno un trend, quale sia la forza di tale trend, se ci sono dei movimenti e se riesco a riconoscere supporti, resistenze o zone di svolta». Tra
gli elementi da tenere sotto controllo anche l’azione
delle cosiddette mani forti, i comportamenti dei piccoli operatori e l’interpretazione di accumulazione
e distribuzione dei prezzi. Oltre alle varie fasi (laterali e tendenziali, comportamenti degli indicatori in
fase 1 e 2), analisi grafica con l’indicatore e sull’indicatore, il trader toscano ha dato utili consigli su
come negoziare nell’intraday e sui parametri da considerare, esibendo anche degli esempi grafici.
ActivTrades, crisi e prospettive
Gli scenari che si apriranno nei prossimi mesi a causa del protrarsi e acuirsi della crisi debitoria degli
stati europei è stato invece l’oggetto della puntuale
disamina di Angelo Ciavarella, responsabile italiano per ActivTrades, uno dei principali broker internazionali che da metà ottobre ha aperto una sede fisica anche a Milano. Ciavarella, dopo un’analisi dell’attuale contingenza, ha individuato gli elementi caratterizzanti di una recessione (credit crunch, politica fiscale restrittiva e sentiment negativo) applicandoli al contesto vigente per poi ipotizzare alcuni scenari probabili e le possibili soluzioni. «Sembrano fondamentalmente tre gli scenari che si possono venire
a creare: il primo è il salvataggio dell’euro attraverso un accordo con l’appoggio della Germania e con
Gabriele Vedani
Laureato in economia e
commercio, corso di laurea
in Economia Aziendale presso l’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano.
Dal novembre 2009 fondatore e Country manager
di FOREX CAPITAL MARKETS Ltd - succursale italiana. Dal gennaio 2004 all’ottobre 2009 presidente e socio fondatore di Salex
S.p.A., società dedicata alla fornitura di servizi d’intermediazione e di gestione sul mercato valutario. Da
aprile ad agosto 1995 ha lavorato (in qualità di Chief
dealer ad interim) all’American Express Bank ltd. a
Parigi, nell’ambito del programma di ristrutturazione
e rilancio della sala cambi parigina.
Angelo Ciavarella
Laureato in Giurisprudenza all’Università di Bologna
nell’ottobre 2000, con un
Master in Economia e Relazioni Internazionali conseguito presso la Johns Hopkins University nel 2006, ha
ricoperto numerosi e qualificanti incarichi professionali all’interno di importanti società finanziarie gestendo considerevoli portafogli (derivati, azioni, titoli a tasso fisso). È stato tra
i soci principali di Scalping School S.r.l. a Milano, società di servizi che opera nel settore finanziario e dell'intermediazione borsistica. Ha lavorato presso E*TRADE, terzo broker americano, a Londra dove si è occupato di gestire le relazioni con i clienti più facoltosi che necessitavano di soluzioni d’investimento personalizzate. Attualmente in ActivTrades Plc ricopre il
ruolo di Responsabile del Desk Italiano ed è responsabile delle strategie di marketing e delle vendite di
FX, CFD e derivati per la clientela istituzionale, privata e per le aziende.
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PIANIFICAZIONE FINANZIARIA
Giovanni Lapidari
Opera nel settore
finanziario dal 1979,
ma è dall’aprile
2004 che si dedica
a tempo pieno al
trading. Svolge attività di formazione individuale per trader. La sua operatività é principalmente rivolta ai Futures e Cfd
dei mercati Eurex e CME, alle principali valute forex e ad alcune materie prime. Nel
trading giornaliero si avvale di semplici, ma
numerose metodologie statistiche e indicatori/oscillatori e trading system di sua realizzazione.
Marco Ciucci
Trader indipendente che, dopo
anni di studi e attività svolta autonomamente, nel
2010 ha fondato la
società Tradingshooter insieme a Claudia Cervi, con l'obbiettivo di promulgare informazioni e studi derivanti da tecniche avanzate di analisi tecnica e di previsione dei mercati finanziari.
Fabrizio Zampieri
Economista ed Analista Finanziario. Ha
sempre lavorato
nell’ambito della finanza maturando
esperienze presso
primarie società di
consulenza in tale ambito. Attualmente si
occupa di analisi e studio dei mercati finanziari, gestione del rischio di cambio e
degli strumenti finanziari, gestione della tesoreria aziendale multivalutaria, gestione
dell’indebitamento e dei rapporti con gli Istituti bancari.
58 Family Office
il sostegno della BCE in base al quale si effettui un trasferimento dai Paesi Core a quelli Periferici; la creazione di un euro forte da parte di Germania e Francia, mentre i Peripheral abbandonerebbero la moneta unica a favore delle proprie che andrebbero incontro ad un’inevitabile svalutazione; infine la formazione di un’Europa a “due velocità” con i Paesi più forti pionieri di una
nuova moneta e i periferici legati ancora al vecchio euro destinato alla svalutazione». Tra le opzioni risolutive nel breve periodo l’Head of Italian Market di ActivTrades ipotizza un intervento della BCE con un Programma di Acquisto di titoli a reddito fisso, l’introduzione degli Eurobond e la creazione degli Stati Uniti
d’Europa con l’abbattimento dei singoli regimi fiscali a
favore di un Centro Decisionale Sovranazionale.
FXCM, l’euro e l’influenza sui prezzi
Mantenendo la moneta unica come argomento centrale del suo intervento, Gabriele Vedani, Managing Director di FXCM Italia, uno dei broker internazionali leader nel mercato valutario, si è domandato se l’euro sopravvivrà alla crisi debitoria e come i trader possono
PIANIFICAZIONE FINANZIARIA
Fabio Ansaloni
Ingegnere meccanico, si è
occupato parallelamente di
trading e speculazione di
borsa, partendo dallo studio delle basi di analisi tecnica, fino alle più complesse
e strategie operative. E’ operatore professionista dal 2006, mentre nel 2010 ha
fondato il sito strategiediborsa.com per trader di ogni
livello ed esperienza.
Daniela Turri
E' analista tecnico indipendente. Basa le proprie analisi e previsioni solamente
sulla lettura grafica di futures, azioni, indici, valute,
obbligazioni, commodities.
Applica la teoria di Elliott
come strumento principale, tenendo presenti i principi generali dell'analisi tecnica grafica.
far fronte a questa situazione nebulosa. Ha così ripercorso i vari strumenti per individuare l’influenza sui prezzi: dai fondamentali (e in particolare la
loro percezione) ai flussi non-fondamentali fino all’analisi tecnica e allo Speculative Sentiment index.
«Occorre domandarsi – ha spiegato Vedani – se il
prezzo viene stabilito dai fondamentali. In realtà l’influenza sul prezzo è molto più sfaccettata: oltre ai
fondamentali (in questa contingenza la situazione
nazionale, la crescita del GDP, l’evoluzione dei tassi di interesse), la percezione dei fondamentali da
parte della gente e i flussi non fondamentali, affidati
soprattutto ai trader tecnici. David Mark con la sua
“Teoria dei giochi e dei modelli economici” datata
1995, teorizza che solo una percentuale oscillante tra
il 33% e il 55% della varianza dei prezzi delle valute può essere spiegata con i dati macroeconomici».
Il Managing Director di FXCM si è poi concentrato
sullo Speculative Sentiment Index (SSI) definendo come cruciale conoscere il suo comportamento. «Anche se sembrerebbe contrario alle regole dettate dal
buon senso, è consigliabile utilizzare l’SSI come un
Giancarlo Dall’Aglio
Trader ed advisor indipendente, professionista dal
2002, specializzato in materie prime. E’ responsabile della ricerca per il settore commodities presso il
Kingly Capital di Londra. E’
fondatore di uno dei siti italiani di riferimento per il
trading sulle materie prime www.giancarlodallaglio.it
Luca Stellato
Dal 2000 al 2006 ha svolto
attività commerciale e di
formazione con ruoli di responsabilità in primarie Banche e Sim italiane, leader
nel trading on line e negli
investimenti. Dal 2007 ad
oggi opera da indipendente come advisor per Hedge Funds e come formatore per iniziative di alto livello.
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PIANIFICAZIONE FINANZIARIA
indicatore contrario della price action perché è più
probabile che i traders vendano sui rialzi e comprino nelle fasi di declino. Quindi, nelle fasi di trend.
Ciò significa che l’SSI funziona come un puro indicatore contrario. Se la maggioranza dei traders è
short, allora ci potremo attendere una continuazione del rally di mercato, e viceversa».
Trader professionisti a confronto
Gli argomenti trattati sono stati arricchiti dall’esclusiva Tavola Rotonda con i trader professionisti che,
oltre a fornire la propria visione del cosiddetto eurogeddon, hanno illustrato le proprie strategie di negoziazione sul mercato Forex (e non solo), parlando anche del rapporto della moneta unica col dollaro e con
il franco svizzero e ipotizzando scenari e soluzioni.
Marco Ciucci e la correlazione prezzo-tempo
Ad aprire la sezione è stato Marco Ciucci, trader
esclusivamente tecnico. «Io ho sviluppato una metodologia basata sulla correlazione prezzo-tempo –
ha spiegato – che cerca di anticipare quelli che sono
i movimenti del mercato. Una metodologia che prova a mettere insieme regole e disciplina per far fronte a questa difficilissima attività. Reputo che i mercati siano già scontati in primis e che quindi il prezzo contenga tutto e che sia determinato come a tavolino. Quando eravamo ai primi di ottobre valutavo una salita dell’euro fino all’area dell’1,40-1,45
per il 20-25 di ottobre dopodiché uno short di almeno sette-otto figure per una presa di 1,30-1,32.
Previsioni che si sono rivelate corrette».
Fabrizio Zampieri e i credit default swap
La parola è poi passata all’economista e analista finanziario Fabrizio Zampieri, il quale, dopo aver
espresso il proprio decennale scetticismo nei confronti dell’euro, definito una valuta «convenzionale, artificiosa, che ha preteso di unire Paesi molto
differenti tra loro dal punto di vista economico, fiscale e culturale», si è concentrato sulle potenzialità, rivelatesi molto efficaci nelle sue analisi, dei CDS,
i Credit Default Swap. «Questi swap, nati come strumenti assicurativi e poi assimilati a strumenti derivati – ha precisato – indicano il grado di rischio di
default di un Paese. Maggiore è il loro punteggio
più alto è il costo per assicurarsi dal rischio di fallimento del singolo Stato». Analizzando i dati di gennaio 2011 dei CDS governativi di diverse nazioni europee e comparandoli a quelli di fine novembre, è
emerso, tra gli altri, come l’Italia sia passata da un
punteggio di 184 a quota 524.
60 Family Office
Fabio Ansaloni e i cicli di borsa
Dopo l’analisi tecnica e i riferimenti ai CDS, il trader Fabio Ansaloni ha illustrato la sua metodologia, basata sui cicli di borsa, delineando i futuri - non
rosei – scenari che ci attendono all’orizzonte. «Credo che nel 2012/2013 ci sarà il culmine di questa discesa – ha ipotizzato – sia dei mercati azionari che
del cross valutario euro/dollaro e sarà confermata
dai cicli inferiori. Si chiuderà tra la fine del 2012 e il
2013 un importante ciclo decennale e questo viene
confermato dai mercati azionari, nei vari indici e dal
cross euro/dollaro. Scenario dunque particolarmente
ribassista nei mercati appena menzionati e comprovato da mezzi e tecniche diverse, a riprova della sua
bontà, statisticamente rivelante».
Daniela Turri e il cambio EUR/CHF
Si è concentrata sul rapporto euro/franco svizzero
l’analista tecnico legato alla teoria di Eliott, Daniela
Turri. «Qualsiasi cosa avviene sul mercato non la decidiamo noi, è già scritta – ha ribadito -. È come un
elettrocardiogramma, basta saperlo leggere e vediamo in anticipo quelle che potranno essere i movimenti del mercato. Il franco svizzero si presta bene
a confermare questa mia visione in quanto in una
sessione a giugno di quest’anno avevo presentato
una proiezione del movimento di rafforzamento del
franco che in quel momento quotava 1,23 e stava
scendendo. Con un anticipo di sei mesi circa si vedeva in primo luogo che da 1,23 non era ancora il
momento di comprare il franco svizzero perché lì c’erano altre 10 figure e bisognava ancora continuare a
shortare con uno stop a 1,25, quindi piuttosto vicino. La decisione successiva della Banca Centrale Svizzera è stata quella di riportare il franco sui valori
dell’1,20. E così la BCS non ha fatto che seguire quello che era già previsto dal mercato e dal grafico».
Giancarlo Dall’Aglio e le anomalie di oro e petrolio
Lo scetticismo espresso da Daniela Turri nei confronti di un’altra Banca Centrale, quella Europea,
definita una «Spa, una società privata che deve fare i propri interessi» e che quindi non si adopererà
agilmente nell’iniettare liquidità per aiutare gli Stati, ha trovato l’appoggio del trader e advisor Giancarlo Dall’Aglio. «Il problema attuale – ha sentenziato – è il ruolo della BCE. Il Giappone stampa da
30 anni. Gli Stati Uniti nel 2007 hanno fatto salvataggi ufficiosi per 7700 miliardi per salvare il sistema bancario. Oggi non serve nemmeno più la rotativa per stampare moneta, perché basta un clic e si
PIANIFICAZIONE FINANZIARIA
tampona il problema. Lo statuto della Bce tuttavia
prevede solo il controllo dei prezzi. C’è inoltre una
leva esasperata che viene usata in maniera eccessiva e che ha portato a un numero record di derivati
nel mondo». Occupandosi precipuamente di materie prime, Dall’Aglio ha poi enucleato alcune anomalie, destinate a rientrare: dall’oro a premio sul
platino al petrolio Brent andato a premio rispetto al
greggio americano (di qualità superiore) diventando il benchmark di riferimento di ben 24 dollari.
Luca Stellato e la sicurezza delle opzioni
Se per Dall’Aglio in tutta questa macro-situazione
chi ci sta guadagnando è la Germania che «sta tenendo tassi all’1,8%», secondo Luca Stellato di Capital One Finance, chi sta ottenendo benefici dall’attuale crisi sono l’istituto «Goldman Sachs e i suoi
amici». «I fantomatici Soros del triennio 2008-2011,
la pletora della speculazione – ha congetturato Stellato – sono loro. Quando finirà? Quando loro prenderanno definitivamente profitto e gireranno lo
spread sul rientro. E quando questo succederà ci saranno delle misure importanti. In tale contesto ci
dobbiamo muovere noi trader. C’è un indicatore
molto importante per me che mi occupo di opzioni ed è la volatilità. La volatilità è spesso il termometro del sottostante che osserviamo. Quando la
volatilità è alta si dovrebbero comprare le opzioni,
quando è bassa si dovrebbero vendere. Quando supera determinati livelli di guardia, e ora sugli indici europei siamo fuori tali livelli, può succedere di
tutto. Quindi il mio consiglio è di acquistare opzioni: non guadagnerete, ma proteggerete il vostro
patrimonio».
Un forum ben riuscito
«È stato un Forum davvero ben riuscito – è stato il
commento a caldo di Gabriele Vedani – in cui c’è
stata anche una buona partecipazione da parte del
pubblico. Si potrebbe studiare una formula ancora
più coinvolgente per far emergere ulteriori dibattiti e riflessioni». «Sono molto contento dell’evento –
ha dichiarato Angelo Ciavarella – e penso che questi argomenti si prestino bene a un dibattito anche
più ampio, con più interlocutori e con analisi in real
(A.L.)
time». n
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PIANIFICAZIONE FINANZIARIA
I mercati emergenti
subiranno un crollo nel 2012?
Jeffrey Frankel
BERNA – I mercati emergenti hanno registrato performance straordinarie negli ultimi sette anni. In
molti casi hanno addirittura superato i paesi industrializzati avanzati in termini di crescita economica, rapporti debito/PIL, politica fiscale anticiclica e
valutazioni da parte delle agenzie di rating e dei
mercati finanziari.
Con l’inizio del 2012, tuttavia, gli investitori si chiedono se i mercati emergenti andranno incontro a
una correzione, scatenata da una nuova ondata di
“avversione al rischio”. L’economia cinese andrà incontro a una brusca frenata? L’America latina subirà un calo dei prezzi delle materie prime? I problemi di debito sovrano dell’Unione europea si espanderanno ai Paesi vicini come la Turchia?
In effetti, sono in pochi a credere che la rapida crescita economica e gli elevati deficit commerciali registrati dalla Turchia negli ultimi anni possano durare a lungo. In modo analogo, gli alti tassi di crescita del PIL, registrati nello stesso periodo in Brasile e Argentina, potrebbero presto subire un’inversione del trend, soprattutto se scenderanno i
prezzi globali delle materie prime – prospettiva non
remota se quest’anno l’economia cinese inizierà a
barcollare o se saliranno i tassi di interesse reali. La
Cina, dal canto suo, potrebbe incorrere in una brusca frenata, dal momento che la bolla immobiliare
subirà una deflazione e le banche nazionali saranno costrette a liberarsi dei prestiti nocivi.
Non si tratta di speculazione aggressiva. Nel rapporto Global Economic Prospects 2012 pubblicato questo mese, la Banca mondiale ha appena rivisto al ribasso le sue previsioni economiche per i Paesi in via
62 Family Office
di sviluppo. Per quanto riguarda il Brasile, ad esempio,
la crescita annua del Pil – che
ha subito una frenata nel terzo trimestre del 2011 – scenderà al 3,4% nel 2012, meno
della metà del 7,5% evidenziato nel 2010. Per effetto del
netto rallentamento registrato dall’India nella seconda metà dell’anno, l’Asia
del Sud sta registrando una contrazione dopo sei
anni di prosperità, che hanno prodotto una crescita al 9,1% nel 2010. La crescita regionale è destinata a decelerare ulteriormente fino a toccare il 5,8%
nel 2012.
Tre possibili argomentazioni – empirica, letteraria
e casuale, per quanto palesemente esitanti e vaghe
– sostengono il timore che le performance economiche dei mercati emergenti possano evidenziare
una forte sofferenza nel 2012.
L’argomentazione empirica si basa semplicemente
su dati storici: la frequenza con cui si verificano le
crisi dei mercati emergenti sembra essere di 15 anni. La crisi debitoria internazionale scoppiata a metà del 1982 è iniziata in Messico, per poi diffondersi nel resto dell’America latina e oltre. La crisi dell’Est asiatico è arrivata 15 anni dopo, colpendo la
Thailandia a metà del 1997 ed espandendosi poi al
resto della regione e oltre. Ora sono trascorsi altri
15 anni. Sarà quindi il 2012 a segnare un’altra crisi
dei mercati emergenti?
L’ipotesi di cicli regolari di sviluppo e recessione in
economia è supportata dalla letteratura scientifica;
PIANIFICAZIONE FINANZIARIA
un classico esempio è dato dagli scritti dell’economista americana Carmen Reinhart. Ma farei riferimento a una fonte ben più
antica, ossia al Vecchio Testamento, e in particolare, alla storia
di Giuseppe, che fu chiamato dal faraone per interpretare un
sogno su sette vacche grasse e sette vacche magre.
Giuseppe aveva profetizzato sette anni di prosperità in tutto
l’Egitto, con ricchi raccolti grazie all’abbondanza del Nilo, seguiti da sette anni di carestia a causa della siccità. La profezia
del sogno si rivelò accurata. Fortunatamente, il Faraone affidò
a un tecnocrate (Giuseppe) il compito di mettere da parte il grano nei sette anni di abbondanza, accumulando scorte sufficienti
a salvare il popolo egiziano dalla fame durante gli anni di carestia. Si tratta di una lezione preziosa per le odierne autorità
governative dei Paesi industrializzati e dei Paesi in via di sviluppo.
Per i mercati emergenti i primi sette anni di abbondanza in termini di flussi di capitale risalgono al periodo 1975-1981, con il
riciclo di petrodollari sottoforma di prestiti ai Paesi in via di sviluppo. La crisi di debito internazionale iniziata in Messico nel
1982 ha scatenato i sette anni magri, noti in America latina come il “decennio perduto”. L’anno di svolta, rappresentato dal
1989, segna invece la prima emissione di Brady bond (obbligazioni denominate in dollari emesse dai Paesi dell’America latina), che hanno aiutato la regione a superare la crisi.
Il secondo ciclo di sette anni grassi corrisponde al periodo di
flussi record di capitale destinati ai mercati emergenti nel 19901996. Alla crisi dell’Est asiatico del 1997 sono seguiti sette anni
di penuria di capitale. Poi è sopraggiunto il terzo ciclo di flussi
nel 2004-2011, che hanno tenuto anche durante la crisi finanziaria globale. Se la storia si ripete, è giunto il momento del terzo “stop improvviso” di flussi di capitale verso i mercati emergenti.
Sono sufficienti un paio di dati e una parabola biblica per prendere sul serio l’ipotesi di un ciclo di 15 anni? Forse, se esistesse
almeno una teoria casuale che spieghi tale periodicità nei flussi internazionali di capitale.
Questa è una possibilità: 15 anni è il tempo che serve ai singoli
funzionari addetti ai prestiti e ai gestori di hedge fund per essere promossi e abbandonare il proprio lavoro. Oggi i giovani
investitori sanno che c’è stata una crisi in Turchia nel 2001, ma
non l’hanno sperimentata direttamente. Pensano che forse questa volta sarà diverso.
Se i mercati emergenti subiranno un crollo nel 2012, ricordatevi dove l’avete sentito per la prima volta: nell’Antico Egitto. n
Jeffrey Frankel è professore di crescita e formazione del capitale all’Università di Harvard.
© Project Syndicate, 2012. Traduzione di Simona Polverino
n.4 / n.1 - 2012
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PIANIFICAZIONE FINANZIARIA
Inchiesta ETF:
i trend del 2012 tra commodity,
Etf short e derivati.
Intervista a Emanuele Bellingeri (iShares),
Danilo Verdecanna (SSgA),
Sergio Trezzi (Invesco), Nicola Francia (Rbs)
e Mauro Giangrande (db X-Trackers)
Alessia Liparoti
Il 2011 è stato l’anno del boom di strumenti quotati tra Etf ed Etc. È quanto
emerso dai dati di consuntivo per l’anno borsistico appena trascorso diffusi
da Borsa Italiana. All’interno del segmento Etf Plus gli strumenti quotati sono passati dai 563 della fine del 2010 ai 570 del 2011 mentre la massa gestita è
arrivata a 16,98 miliardi per gli Etf e a 2,03 miliardi per gli Etc. Gli scambi medi giornalieri del settore sono stati pari a 338,2 milioni di euro, quelli complessivi nell'intero anno 85,2 miliardi di euro con 3,6 milioni di contratti. Tra
i 100 strumenti ritenuti più liquidi i risultati in termini di performance annuale hanno premiato gli Etf che scommettono sul ribasso degli indici azionari, visti gli esiti della borsa (il Ftse Mib di Piazza Affari ha perso il 25,28%
nel 2011). Il mercato ha dunque puntato negli ultimi mesi sulla flessione delle borse europee, sul rialzo di quelle Usa, dell’oro e dei governativi statunitensi. Il 2012 ha preso l’abbrivio da questo scenario, sebbene non tutti gli Etf
provider italiani esultino per l’utilizzo massiccio di Etf Short dagli esiti speculativi. Rispetto ai trend per il nuovo anno sembra tornino in prima linea
le materie prime (commodity), secondo gli esperti destinate a recuperare nell’ambito dei metalli industriali, mentre a smorzarsi lievemente per i preziosi. Sebbene ampiamente dibattuta anche lo scorso anno, non cessa inoltre di
tener banco la querelle legata ai fondi a replica fisica e sintetica. Continueranno allora i derivati ad essere considerati uno “strumento del diavolo”?
Le commodity che ruolo rivestiranno nella gamma di prodotti degli emittenti? E gli Etf Short faranno ancora la parte del leone, “speculando” sulla
flessione delle borse europee? Abbiamo raccolto a riguardo il parere di cinque tra i principali operatori del settore.
64 Family Office
PIANIFICAZIONE FINANZIARIA
Danilo Verdecanna, Managing Director State Street Global Advisors Limited Italia
È vero, le commodity andranno
bene. Noi abbiamo una gamma europea sul mercato di Spider, ma anche una gamma
americana costituita nel 1993,
con il primo Etf lanciato al mondo. Il secondo Etf
più grande al mondo è lo Spider Etf che consente
di guadagnare un’esposizione sull’oro. Mentre negli Stati Uniti tuttavia esiste una normativa che consente di prendere un’esposizione diretta sull’oro e
sulle materie prime, in Europa non è possibile farlo, o meglio, si può fare, ma il fondo non sarebbe
armonizzato. I prodotti sulle commodity non sono
poi effettivamente Etf, ma Etc, dunque non propriamente fondi di investimento, quanto delle note, delle obbligazioni emesse da una banca senza
scadenza che si fa garante di restituire al cliente la
stessa performance della commodity. Come Spider
Etf, essendo noi dei gestori, facciamo solo replica
fisica e non replica sintetica. Non siamo però contrari ai sintetici, perché per l’oro e per altre asset
class non c’è altro modo di replicare alcune tipologie di benchmark. Tuttavia vorremmo evitare che
si creino degli Etf di serie A ed altri di serie B e per
questo è importante un intervento chiarificatore del
regulator.
Sergio Trezzi, Managing Director, Co- Head European Retail e Country Head Invesco
Italia
Noi ci occupiamo esclusivamente di Etf fisici, solo con due
eccezioni di sintetici, tra l’altro totalmente collateralizzati
dal cash e utilizzati soltanto perché più efficienti
avendo indici con un numero elevato di titoli. In
Europa non abbiamo Etf Short poiché normalmente si fanno su strutture sintetiche. Questo è un business ripreso dalle banche d’affari, ma non sappiamo quanto sostenibile e di quale durata. Sono inoltre strumenti per chi di solito fa market timing, dunque trading e questa è un’area che non ci interessa
essendo Asset Manager, dunque focalizzati sull’investimento strategico di lungo termine.
Mauro Giangrande, Responsabile db X-Trackers Italia
Per quanto concerne le commodity abbiamo raccolto bene, in particolare sull’oro e sui
metalli preziosi, meno sui metalli industriali e le materie
agricole. Per gli industriali conta la domanda a livello globale e con la crisi fanno
fatica. Sono comunque sempre un buon modo per
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PIANIFICAZIONE FINANZIARIA
diversificare gli investimenti e noi ci stiamo muovendo in questa direzione ampliando la nostra offerta. Riguardo invece agli Etf Short, secondo
me non vanno visti come uno strumento speculativo, ma come un ottimo modo per l’investitore per
avere una copertura. Ci sono poi dei vincoli normativi che ne regolano l’utilizzo. Rappresentano un
qualcosa in più che ha ottenuto notevole successo.
Gli Etf in generale sono semplici da utilizzare e flessibili in termini di ammontare dell'investimento e
di accessibilità. Anche investitori con disponibilità
monetarie piccole possono usarli come copertura.
ti europei, prima sotto forma di certificati e poi estendendoli agli Etf. Le commodity sono molto legate
al ciclo economico per cui spesso sono viste come
un riparo dall’inflazione. L’anno scorso hanno un
po’ sofferto poiché, essendo volatili, spaventano
quando i mercati sono in subbuglio. Long term tuttavia gli asset investiti in questo segmento possono
aumentare all’interno di un’ottica di diversificazione. Vogliamo continuare a puntarci, magari con
indici efficienti. Già l’anno scorso in Italia abbiamo
lanciato un Etc sull’oro e avevamo già Etf su società olifere.
Nicola Francia, Responsabile
Strumenti Quotati Italia RBS
Gli Etf Short rientrano in una
gamma diversificata di prodotti che copre tutti i settori.
A seconda degli scenari economici che si vengono a creare vediamo spostarsi volumi
su asset class o su strategie di investimento diverse. Trovo normale che nel 2011 gli investitori si siano concentrato sulla strategia short che ha premiato specialmente nella seconda parte dell’anno. Il bello è che a seconda dei vari temi di mercato ci sarà
sempre una tipologia di prodotto pronto ad accogliere i flussi su quel mercato. Questo è un vantaggio per gli investitori. Riguardo alle commodity, siamo sempre stati forti su questa asset class. Siamo
stati i primi a credere che nel tempo si potessero creare delle masse crescenti e a proporli nei vari merca-
Emanuele Bellingeri, Responsabile Italiano iShares
I prodotti a leve short hanno
riscontrato un buon successo presso gli investitori, ma una
cosa è parlare dimasse gestite, quindi di raccolta effettiva
su questo strumento e un’altra cosa è parlare di volumi, cioè di movimentazione degli strumenti stessi. Il nostro obiettivo è quello di avere flussi positivi, ovvero aumentare le nostre masse in gestione. Il fatto che ci siano notevoli
volumi su un prodotto non è sinonimo del successo di quel prodotto in quanto come operatori noi
dobbiamo offrire liquidità all’investitore. Che poi
ci siano volumi record ma a livello di masse non ci
sia una raccolta così elevata, non è il nostro obiettivo. Noi non gestiamo Etf a leve short, ci focalizziamo su quelle tradizionali. Riguardo alle commodity,
su Borsa Italiana nel breve non è prevista l’introduzione di prodotti. Lo scorso dicembre ne sono
stati lanciati alcuni, ma solo sulla Borsa di Londra.
È comunque un’area con un potenziale di crescita,
tanto che stiamo costruendo una parte della gamma sulle materie prime. Ricordo tuttavia che i flussi maggiori avvengono su prodotti core, dunque più
tradizionali, come sui dax, su S&P 500 o sui governativi. Per quanto concerne gli Etf a replica fisica e
sintetica se n’è parlato molto nel corso del 2011 tra
emittenti ma anche con i regolatori. Credo che siano state date al mercato tutte le informazioni necessarie e noi proseguiremo sempre il percorso della trasparenza e della due diligence. Dal lato del
mercato, chi ha avuto le informazioni ha dimostrato negli ultimi sei mesi del 2011 con l’acuirsi della
crisi di privilegiare gli Etf a replica fisica. n
17 gennaio 2012
66 Family Office
PIANIFICAZIONE FINANZIARIA
“La Tobin Tax?
Un’imposta demagogica e
senza gli esiti professati.”
Cosa ne pensano gli opertori Forex e non solo:
Gabriele Vedani, Giuseppe Geresia,
Valerio Capasso, Vincenzo Longo e Mario Fabbri
a cura della redazione
“Un’imposta demagogica e che non otterrà gli effetti sperati come accaduto in Svezia”. È questa in
sintesi la posizione dei principali broker nazionali
e internazionali del mercato Forex e dell’intermediazione finanziaria a proposito dell’ipotesi riemersa
prepotentemente di recente di introdurre la Tobin
Tax. La tassa sulle transazioni finanziarie ideata nel
1972 dall’economista James Tobin, Premio Nobel,
in passato professore del Presidente del Consiglio
Mario Monti, era immaginata come l’applicazione
di un’aliquota tra lo 0,1% e l’1% sulle transazioni in
valuta straniera con la triplice finalità di frenare la
speculazione, stabilizzare i mercati e raccogliere
nuove risorse utili per obiettivi globali. Già a fine
settembre la Commissione europea aveva presentato una proposta di istituzione della tassa nell’Eurozona a partire dal 2014 indicando che porterebbe
alle casse europee circa 55 miliardi di euro l’anno.
Secondo l’impostazione originaria, applicando a livello globale un’aliquota dello 0,1% la tassa garantirebbe introiti medi annui di 166 miliardi di dollari. I tempi per una eventuale approvazione consisterebbero nella presentazione entro il 28 febbraio
di una bozza del parere del Parlamento Europeo
sulla Tobin Tax, votata in Commissione Economica
ai primi di aprile e in Plenaria a giugno. Alla vigilia dell’incontro berlinese tra il Premier Mario
Monti con la Cancelliera tedesca Angela Merkel e
in seguito alle dichiarazioni interventiste del Primo
Ministro francese Sarkozy e a quelle fermamente
refrattarie del numero uno di Downing Street Cameron, abbiamo sondato il terreno tra coloro che i
«conti», figurati e non, con l’imposta del Premio Nobel dovranno farli.
68 Family Office
Gabriele Vedani, Managing
Director FXCM Italia
“Certo, mi trovo in una posizione un po’ “faziosa” su questo argomento, ma ciò non toglie che la Tobin Tax sia una
imposta populistica richiamata
guarda caso da Francia e Germania, Paesi in cui si andrà presto al voto. Bisognerebbe innanzitutto capire dove applicarla, su
quali strumenti e mercati e con quali entità. I rumors fanno pensare a una tassa su tutte le transazioni e in questo modo l’impatto sarebbe altissimo. Se fossi un legislatore ci penserei bene in quanto un tributo del genere deprimerebbe il numero di
transazioni e se l’obiettivo primario è quello di limitare l’impatto della speculazione sul mercato, serve prima avere ben chiaro il ruolo che svolge la speculazione nel campo delle negoziazioni. Con la Tobin Tax si toglierebbe dal mercato una buona parte
degli attori del settore con il relativo aumento della volatilità”.
Valeriao Capasso, Head of Italian Desk ACTIVTRADES
La Francia si è detta favorevole all’introduzione della Tobin Tax. Anche la Merkel pare lo sia, ma potrebbe cambiare idea con qualche riserva. Londra invece ha mostrato con Cameron un diniego totale perché ritiene che
non possa avvantaggiare il mercato finanziario. Il
nostro Premier Monti ritiene invece che o viene ap-
PIANIFICAZIONE FINANZIARIA
plicata a tutti i Paesi europei oppure non ha senso. Una proposta che potrebbe emergere da parte
del nostro Presidente del Consiglio potrebbe riguardare una strada secondaria, ovvero convertire
la Tobin Tax in un gettito da destinare a tutto il bilancio europeo in modo tale da poter poi ridurre
quella che è la contribuzione delle varie nazioni dell’Unione. Dunque l’idea, anzichè della Tobin, è di
un fondo che venga poi destinato al bilancio europeo. Ovviamente se l’imposta del Nobel venisse introdotta non ne saremmo felici, ma non ci preoccupa più di tanto, in quanto non saremo gli unici operatori a risultare svantaggiati.
Vincenzo Longo, Market Strategist IG MARKETS Italia
“Ci attendiamo che a livello
politico l’applicazione limitata solo ad alcuni Paesi della
tassa influirebbe sulla singola
nazione, vedasi il caso della
Francia dove il Presidente Sarkozy sarebbe disposto a fare da «apripista» introducendo per primo l’imposta sulle transazioni finanziarie. Bisognerà vedere cosa accadrà nei prossimi incontri, in cui il tema sarà affrontato in maniera più approfondita. Il premier Monti è propenso ad introdurla sull’intera Eurozona. Nel contempo la Germania sta cercando di coinvolgere anche
Londra. Se l’imposta venisse applicata solamente alla zona euro ciò incrinerebbe i rapporti con la Gran
Bretagna e renderebbe, con un gioco di parole, l’isola inglese sempre più isolata. In ogni caso va segnalato che l’incontro di lunedì 9 gennaio MerkelSarkozy non ha provocato grosse variazioni né sulla Borsa di Londra né su quella di Milano. Servirà
attendere le prossime mosse”.
Giuseppe Geresia, Branch Director X-TRADE BROKERS
ITALIA
“Non c’è al momento una posizione univoca nell’Unione
Europea e poi bisogna considerare l’impatto che l’imposta
avrebbe nel rapporto con gli
altri Paesi e con gli istituti bancari. C’è il rischio che
le nazioni che la adottano poi si trovino a spostare
l’operatività su quei Paesi che hanno una modalità
più leggera per trattare la questione. Con una Tobin
Tax attuata in maniera non ponderata si può assistere a un blocco sistematico. E l’Inghilterra è fortemente contraria anche perché ben a conoscenza di
come l’esperimento della Svezia di introduzione della tassa nel 1990 abbia portato lo stesso governo svedese a fare marcia indietro nel ‘93 perché il volume
delle transazioni era diminuito drasticamente. L’altro problema sarebbe che le istituzioni finanziarie
farebbero ricadere i costi di questa operazione sui
consumatori e sui piccoli investitori. Alla base credo ci sia una pressione della Francia intenzionata ad
ingraziarsi voti, a discapito del vantaggio di operare all’interno dell’Unione. Un’unione che per essere efficace non lo deve essere solo di nome, altrimenti per tentare di vincere un’elezione si rischia di
mettere in grossa difficoltà l’intero sistema”.
Mario Fabbri, Amministratore Delegato DIRECTA SIM
Sebbene sulla Tobin Tax debba dichiarare un conflitto d’interessi, non posso negare che
è facile che essa arrivi a distruggere il nostro settore, creando migliaia di disoccupati. Cose simili sono state fatte in Francia fino al 2007 con
l’impôt de bourse o dalla Gran Bretagna in cui è vigente la Stamp Duty, un’imposta di bollo applicata
però solo ai privati. Il che ha ingenerato un mercato parallelo simile a quello degli allibratori dove i
privati possono arrivare a perdere molto. Non so poi
quale possa essere l’effetto della Tobin Tax sull’economia in generale. Quel che è certo è che chi la sta
proponendo dimostra un’incompetenza disarmante. Sono stati fatti calcoli di possibili introiti pari a
55 miliardi. Ma sono calcoli fatti sul numero di transazioni che avvengono oggi, mentre con l’introduzione della tassa la percentuale di operazioni inevitabilmente calerebbe e così anche i professati guadagni, come accaduto per la Svezia nei primi anni
Novanta. Sembra si sia alla ricerca di una formula
magica per recuperare capitale e che l’unico modo
sia,demagogicamente, voler punire la finanza. In
realtà sappiamo tutti che il peso della crisi dipende
molto dalle banche: perchè non si introduce allora
un’imposta del 70% sugli utili delle banche? n (A.L.)
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FILANTROPIA E IMPRESE DEL NON PROFIT
La Moda incontra l’Arte ed il Design
a cura della redazione
La capitale meneghina ha ormai aperto i battenti alla moda femminile e, con essa, AMAL - Associazione Milanese degli Amici della Lirica - hanno colto
l’occasione il 22 settembre per dare inizio alla nuova stagione di incontri.
Quale miglior momento per un sodalizio fra moda,
arte e design? E’ stato lo Spazio Meritalia ad ospitarlo, forte della sua capacità di aver attratto architetti del calibro di Gaetano Pesce e Mario Bellini e
dell’irremovibile credo nel valore aggiunto che il design italiano è in grado di portare nel mondo, creando dei prodotti capaci di varcare il confine dell’arte, facendola propria.
Quali i protagonisti in questa cornice? Non è un caso che il primo di loro, Massimo Crivelli, couturier
dell’omonima griffe, sia un appassionato di design
che ha dato alla luce un progetto moda dall’animo
squisitamente artistico, capace di tradursi in una ricerca stilistica eclettica ed innovativa, ma al tempo
stesso mai lasciata al caso.
Accessori esclusivi, oggetti di design e complementi d’arredo sono gli elementi che fanno della sua boutique in via Camperio un ambiente intimo dal sapore di una galleria d’arte contemporanea. E’ lo stesso designer che, nel dare quell’impronta inconfondibile di equilibrio delle forme, ama definire le sue
collezioni come “un dialogo con una donna di upper taste, orientata verso uno stile che cita il Design d’avanguardia”.
La collezione “Cubic couture”, presentata durante
l’evento, unisce gioco e sperimentazione nel segno
dell’alta moda: il gioco della pop art che ironizza
uno stile dalle geometrie quasi ingegneristiche e lo
rende immediato e iconografico, la sperimentazione che unisce i tessuti più preziosi al cellophane, al
neoprene e ai riflessi del vetro di Murano per offrire le suggestioni di una nuova plasticità tridimensionale.
Luigi Monacò, altro protagonista dell’evento, è un
creativo che ama interpretare i gusti e la personali70 Family Office
tà di chi gli commissiona il gioiello che diventa unico e quasi un tutt’uno con chi lo indossa.
Il suo credo, non a caso,
si sintetizza bene nel motto “Lo spirito senza gioiello e il gioiello senza spirito in nessun tempo resero
la bellezza perfetta”.
Rigorosamente frutto del
certosino operato di mani artigiane italiane, i pezzi unici di Monacò Gioiel- Daniela Javarone indossa la Venere di
li fondono sapiente- Morgantina di Luigi Monacò Gioielli
© Ph. Nick Zonna
mente arte e mitologia:
è così che sono nati gli orecchini dedicati alla Creazione con creole in avorio ed incastonatura di brillanti al microscopio con certificazione Microset, il
collier che ritrae la Venere di Morgantina, finalmente
tornata in Italia dopo lunghe peripezie, e ancora
orecchini e sciarpe in fili d’oro intrecciati con la tecnica quattrocentesca del tombolo. Una storia per
ogni opera d’arte.
Chiosa finale dell’animazione dello Spazio Meritalia, un assaggio della galleria fotografica della ritrattista per antonomasia della business community
e non solo, Cristina Pica. In esposizione alcuni dei
pezzi culto della sua collezione: Alberto II di Monaco, Emanuele Filiberto di Savoia, Ferruccio Ferragamo, Ennio Doris, Evelina Flachi e Mario Furlan.
Autrice di ben cinque libri - “Business Community”,
“Gli Innovatori”,” I Creativi”, “Eyes” e “I Maestri” che raccolgono le sue opere protagoniste delle omonime esposizioni, e di oltre 500 book fotografici fra
i personaggi della politica e dell’economia, non tralascia neanche personaggi della cultura e dello spettacolo, chiudendo dunque l’equilibrio del cerchio
degli elementi che si mescolano in questo evento
(C.C.)
milanese. n
ARTE, PREZIOSI E INVESTIMENTI ALTERNATIVI
IL DIVISIONISMO.
La luce del moderno
a cura della redazione
Rovigo, Palazzo Roverella
Dal 25 febbraio al 24 giugno 2012
Il Divisionismo, quale movimento pittorico
che si sviluppò in Italia a partire dall'ultimo
decennio del XIX secolo, viene riproposto con
assoluta originalità e con una scelta perfetta
di opere in questo evento espositivo, sicuramente uno dei più importanti dell’anno.
Questa corrente d’arte nasce essenzialmente
dall'Impressionismo e ne sviluppa ulteriormente la ricerca sulla scomposizione dei colori e della luce. La sua tecnica innovativa,
prende spunto dalle teorie ottiche di Chevreul, e nasce dall'esigenza di rappresentare
il vero attraverso gli effetti della luce del sole.
La sperimentazione nell’affrontare in diversi modi il tema della luce ha portato a creare
un’atmosfera colma di colore e di luminosità che si svela in una pittura ricca di suggestioni dai contorni sfumati con forte contrasto chiaroscurale. Così viene vissuta dal Divisionismo italiano, non più con la tecnica dei
puntini accostati come nel divisionismo francese, ma con l’uso di filamenti irregolari che
si avvicinano o si sovrappongono, secondo
una prassi che si evolverà verso il dinamismo
futurista.
Si ammirano tra i grandissimi: Previati, Segantini, Morbelli, Pellizza da Volpedo. Poi
Plinio Novellini, per proseguire con artisti come Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Gino
Severini, Carlo Carrà. n
(sopra) Benvenuto Benvenuti: La nascita di Venere,
1907, olio su tela
(centro) Gaetano Previati: Nel prato, olio su tela, 1890,
Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze
(sotto) Angelo Morbelli: Le parche, 1904. Collezione privata
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