IL PICCOLO – lunedì 23 gennaio 2012 INDICE ARTICOLI

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IL PICCOLO – lunedì 23 gennaio 2012 INDICE ARTICOLI
IL PICCOLO – lunedì 23 gennaio 2012
(Gli articoli della presente rassegna, dedicata esclusivamente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito
internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
INDICE ARTICOLI
ECONOMIA (pag. 2)
Drogherie Schlecker sull’orlo del crac
Fincantieri, riflettori su Sestri
REGIONE (pag. 3)
Il Fondo sociale strappa sei milioni in più
L’Agenzia per l’ambiente alla paralisi
Torna il bonus energia. Sconti da 200 a 720 euro
TRIESTE (pag. 4)
«È cambiato il sindaco ma la città non si muove»
Lavoro sempre più precario. Sale la “cassa” straordinaria
GORIZIA-MONFALCONE (pag. 8)
Torna il lavoro alla Eaton, in fabbrica 180
ECONOMIA
Drogherie Schlecker sull’orlo del crac
di Marco Di Blas UDINE Schlecker, una delle più grandi catene di drogherie della Germania e
d’Europa, presente anche in Italia con 230 negozi, è sull’orlo del crac. Sono a rischio 47.000 posti
di lavoro, di cui 30.000 circa in Germania (dove portano l’insegna Schlecker 970 filiali) e i restanti
17.000 in Austria, Spagna, Portogallo, Francia, Cechia, Polonia e nel nostro Paese. La società (6,5
miliardi di fatturato all’anno) dal 2008 chiude i bilanci in perdita, nel 2010 ha subito una flessione
nelle vendite per 650 milioni e in questo momento non ha più la liquidità per la ristrutturazione che
sarebbe necessaria. Il tentativo di accedere a un finanziamento di emergenza è fallito venerdì e nella
settimana entrante sarà giocata l’ultima carta: quella del “piano di insolvenza”. Si tratta di una
procedura concorsuale esistente nel diritto societario tedesco (dal 2010 introdotta anche in Austria),
che, quando le condizioni lo consentono, può evitare il peggio. Questa cosiddetta “Planinsolvenz”
prevede, grosso modo, che l’azienda continui a essere gestita dai suoi proprietari, con l’intervento di
un curatore con funzioni di vigilanza e consulenza e l’applicazione di un piano di risanamento
approvato dai creditori. Il management di Schlecker, nel rendere pubbliche venerdì sera le difficoltà
della società, ha annunciato il proposito di chiedere a breve l’avvio di questa procedura e si è detta
fiduciosa sull’esito positivo. L’azienda tedesca ha detto di voler «garantire la maggior parte delle
sue filiali e dei suoi occupati. L’attività continuerà senza cambiamenti e il pagamento dei salari è
garantito. La famiglia (azionista unica della società, nda) ha preso questa difficile decisione per
poter seguire la strada della ristrutturazione». L’ottimismo degli Schlecker non è tuttavia condiviso
dagli esperti del settore. Va detto che il “Planinsolvenz” in Germania, in vigore da 10 anni, è stato
applicato finora soltanto in 640 casi (su 30.000), mentre in Austria si ha un solo tentativo di
applicazione finito male. Si dubita, quindi, che possa aver successo con Schlecker. La soluzione più
credibile sarebbe quella di compratore, su cui tuttavia nessuno fa gran conto. La crisi della casa
madre, se non avrà sbocchi, si ripercuoterà anche sulle controllate all’estero. Poco importa che i
loro conti siano in ordine o addirittura in attivo. La Schlecker ha una organizzazione molto
integrata: gli acquisti vengono fatti in blocco dalla casa madre e senza di essa gli scaffali delle filiali
rimarrebbero vuoti. Rimarrebbero vuoti anche quelli delle 230 sedi italiane, cinque delle quali nella
sola città di Trieste (nelle vie Galilei, Flavia, Vidali, Coroneo, Filzi). L’impero Schlecker porta il
nome del suo fondatore, Anton Schlecker, figlio di un macellaio, che nel 1975 aprì il suo primo
negozio a Kirchheim unter Teck, nel Baden-Württemberg. L’idea vincente era quella di dare al
pubblico una drogheria self-service, con un’offerta di prodotti più ampia di quella di una normale
drogheria. Attualmente gli articoli in vendita sono circa 4.000, dai detersivi alle batterie, dalle
caramelle agli aspirapolvere. Due anni più tardi i negozi con marchio Schlecker erano già un
centinaio e nel 1984 avevano superato quota mille. L’espansione all’estero è incominciata nel 1987,
ma bisogna attendere il 1999 per vedere la prima filiale italiana. Anton Schlecker e la moglie
Christa hanno sempre evitato la luce dei riflettori, ma due circostanze – poco note in Italia, ma non
nell’area di lingua tedesca – hanno fatto finire i loro nomi sulle prime pagine dei giornali. La prima
riguarda i figli Meike e Lars, rapiti alla vigilia del Natale 1987, per i quali fu pagato un riscatto di
9,6 milioni di marchi (pari a 4,9 milioni di euro). I figli, tuttavia, riuscirono a liberarsi da soli. Solo
11 anni dopo i rapitori furono catturati e condannati. La seconda ragione di notorietà è legata
all’atteggiamento padronale nei confronti dei dipendenti, sottopagati, sfruttati, addirittura spiati per
cavarne un profitto maggiore. Negli anni ’90 la famiglia Schlecker fu condannata dal Tribunale di
Stoccarda, nel corso di un processo memorabile, a risarcire centinaia di dipendenti, che per anni
avevano ricevuto uno stipendio al di sotto dei minimi contrattuali. Anche in seguito, però, le
condizioni di lavoro nell’azienda non sono molto migliorate e sono sempre state oggetto di rilievi
da parte dei sindacati. Un aspetto anche questo poco noto in Italia, ma che ha danneggiato molto
l’immagine della Schlecker in Germania e che, in qualche misura, rende ora più difficile trovare un
“salvatore”.
Fincantieri, riflettori su Sestri
TRIESTE Doppio round romano nel trafficato gennaio Fincantieri. Oggi pomeriggio al ministero
dello Sviluppo Economico incontro tra l’azienda e le organizzazioni sindacali, incontro che
dovrebbe essere di carattere tecnico e che dovrebbe vertere in modo particolare sul tribolato
stabilimento di Genova Sestri. Domani mattina, invece, l’amministratore delegato Giuseppe Bono
relazionerà ai deputati della commissione Attività produttive della Camera riguardo le strategie
industriali del gruppo cantieristico pubblico. Andiamo con ordine. Per lo stabilimento di Sestri, uno
degli epicentri della recente protesta sindacale, è stato sottoscritto nell’estate scorsa un accordo
inter-istituzionale, che prevede un radicale intervento sull’assetto del cantiere, il cosiddetto
“ribaltamento a mare”. Il sito di Sestri è infelicemente attraversato dalla ferrovia, circostanza che ne
limita la funzionalità. Si tratterà allora di guadagnare spazio a mare con tecniche di riempimento,
utilizzando materiali provenienti dai lavori del “terzo valico”. L’operazione non è di banale
realizzazione e rischia di limitare fortemente l’operatività del cantiere: è previsto uno stanziamento
di 70 milioni, in buona parte ministeriali. Sestri occupa 741 addetti, Fincantieri non ha ancora
quantificato gli esuberi “strutturali” perchè aspetta di vagliare le tempistiche legate al
“ribaltamento”: dalle tempistiche e dalle modalità di intervento sarà possibile comprendere la
compatibilità di eventuali commesse. A Sestri è forte la tensione intra-sindacale, con Fim e Uilm su
posizioni dialoganti, mentre Fiom esige garanzie sul futuro produttivo dello stabilimento. E intanto
resta bloccata la consegna di una nave Oceania. Un altro sito Fincantieri è interessato a grandi opere
di adeguamento: è quello di di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli. Il sindaco della
città, Luigi Bobbio, ha chiesto al ministro Passera lo stesso grado di coinvolgimento dimostrato per
l’analoga vicenda di Sestri. A Castellammare lavorano 635 dipendenti: l’accordo del 21 dicembre
assegna Cigs per un massimo di 400 unità . (magr)
REGIONE
Il Fondo sociale strappa sei milioni in più
TRIESTE Entra nel vivo il confronto tra Regione e sindacati sulla programmazione delle politiche
socio-sanitarie. Il tavolo, sollecitato da Cgil, Cisl e Uil, è stato avviato dall’incontro tra il nuovo
direttore centrale della Salute Gianni Cortiula e i sindacati, confederali e dei pensionati. «La
convocazione da parte di Cortiula – dichiarano Ezio Medeot (Spi-Cgil), Gianfranco Valenta (FnpCisl) e Arnoldo Renni (Uilp-Uil) – rappresenta un segnale importante. L’altro dato positivo è
l’aumento da 70 a 76 milioni della dotazione del fondo sociale regionale». I prossimi appuntamenti
riguarderanno il nuovo regolamento del fondo per l’autonomia possibile, la riqualificazione delle
case di riposo, i ticket, il piano montagna.
L’Agenzia per l’ambiente alla paralisi
di Elisa Coloni TRIESTE Acque agitate in casa Arpa Fvg. L’Agenzia regionale per l’ambiente ha
chiuso il 2011 senza l’approvazione del bilancio di previsione: è la prima volta che accade dai tempi
del commissariamento. Il motivo: la mancanza di fondi. Nella copertura assicurata dal bilancio
regionale all’attività dell’agenzia nel 2012, infatti, mancano all’appello 500mila euro. «Ciò ha reso
impossibile formulare il bilancio», commenta il direttore dell’Arpa Giorgio Mattassi, che lancia
l’allarme: «Mancano risorse, persino per gli strumenti. Abbiamo raschiato il fondo e stiamo
accumulando ritardi nelle procedure. Persino l’istituzione del laboratorio unico è in stallo». Una
situazione tutt’altro che semplice, dunque, resa ancora più scivolosa dai tempi di crisi. Tra l’altro, a
fine anno, l’Arpa era finita nel mirino del presidente Tondo, che non aveva nascosto la volontà di
capire se e come ridurre i costi di una macchina pubblica complessa, composta da uffici e laboratori
disseminati in tutti i capoluoghi di provincia, in cui lavorano 355 persone. L’Arpa è il braccio
operativo della Regione sui temi di tutela e protezione dell’ambiente. Opera in maniera autonoma,
ma seguendo gli indirizzi tracciati dalla Regione. Ed è proprio il governo regionale che ha dettato le
linee di indirizzo per il 2012. «Ci siamo limitati ad approvare quelle - spiega Mattassi -. È stato
licenziato un programma di attività corrispondente alle linee di indirizzo della giunta, in attesa di
ricevere i 500mila euro mancanti. Nel 2011 è stato infatti garantito un finanziamento straordinario
di 500mila euro per fronteggiare gli obblighi derivanti dalle normative in materia di acque e quello
stanziamento non può venire a mancare nel 2012». L’obiettivo della giunta è proprio questo. Lo si
legge anche nelle “Linee di indirizzo per la programmazione 2012-2014 dell’Arpa Fvg” approvato a
fine 2011. Nella delibera si legge che «la manovra finanziaria regionale per il 2012 tiene conto della
necessità di mantenere la misura del finanziamento corrente al livello complessivo del 2011, pari a
23.710.000 euro, ritenuto congruo a realizzare l’attività istituzionale dell’Arpa, dando attuazione
alle priorità per il 2012 delle azioni strategiche. Si tratta di una delibera contraddittoria - spiega il
direttore dell’Arpa Fvg - perché le Linee di indirizzo prevedono un’attività per un importo pari a
quello del 2011, ma con 500mila euro in meno. Cosa che ha reso impossibile formulare un bilancio
di previsione». Poi il direttore lancia l’allarme: «Siamo chiamati a rispondere a sempre più
numerose incombenze, con richieste che provengono dall’economia, dagli enti pubblici e dalla
magistratura. E stiamo accumulando ritardi sul versante dei processi autorizzativi con rischi per
l’economia, in una situazione di evidente stagnazione. Se dovessero, come si spera, ripartire le
richieste di nuovi insediamenti, non se se ce la faremmo...». Cattive notizie anche sul fronte del
laboratorio unico, secondo la Regione strumento di massima razionalizzazione. «Purtroppo tutto si è
fermato - afferma, amaro, Mattassi -. Non ci sono i soldi per costruire un laboratorio unico adeguato
sul fronte della logistica e della strumentazione né ci sono i mezzi per tornare indietro ai quattro
laboratori dipartimentali. In pratica, nonostante un presidio di coordinamento tra i laboratori
provinciali, siamo in mezzo al guado e rischiamo di annegare». Questa la situazione attuale, già
critica. Ma cosa succederebbe se la giunta decidesse di tagliare ancora? «In questi anni - continua il
direttore dell’Arpa - sono stati avviate riforme radicali delle riorganizzazione interna, spostando 50
persone dal laboratorio al territorio. Sono stati accentrati i processi autirizzativi in materia di Via,
Vas e Aia. Razionalizzazioni ulteriori sono sempre possibili, per esempio chiudendo almeno due
laboratori e trasferendo il personale negli altri due, ma anche centralizzando ulteriormente tutte le
pratiche relative ai pareri di supporto alle amministrazioni locali. Ma di una diminuzione della spesa
non è opportuno parlare: significherebbe bloccare l’economia regionale».
Torna il bonus energia. Sconti da 200 a 720 euro
di Roberto Urizio TRIESTE Tornano i contributi per il bonus energia nel 2012. E possono partire le
domande. La giunta regionale approverà infatti oggi la delibera che stabilisce gli importi massimi
per il beneficio legato alla Carta Famiglia relativo alle bollette dell’anno passato. «Si tratta dell’asse
portante della Carta – afferma l’assessore regionale alle Politiche per la famiglia, Roberto Molinaro
– per il quale sarà confermata la linea di spesa, sia per quanto riguarda la spesa complessiva, sia per
quanto concerne i contributi, la cui misura sarà esattamente la stessa dell’anno passato». La posta
inserita nel bilancio regionale è di 10,5 milioni di euro ed è, anche in questo caso, identica a quella
definita l’anno scorso. Il contributo viene modulato in base al numero di figli e all’ammontare delle
bollette, in base alla fatture emesse nel corso del 2011. Hanno diritto al bonus le famiglie con
almeno un figlio a carico e un Isee inferiore ai 30 mila euro, purchè almeno uno dei genitori sia
residente nel territorio regionale da non meno di 24 mesi. Il bonus ammonta a 200 euro per le
famiglie con un figlio e bollette inferiori ai 600 euro in tutto il 2011, a 270 euro per un importo
delle bollette fino a 1.000 euro, è di 320 euro per bollette fino a 1.500 euro e sale a 360 euro se
l’ammontare delle bollette supera i 1.500 euro. Questi contributi vengono incrementati del 50% per
i nuclei familiari con due figli (da un minimo di 300 euro a un massimo di 540 euro in base agli
scaglioni di consumo) e vengono raddoppiati per le famiglie con tre o più figli (da 400 a 720 euro a
seconda dei consumi). Con l’approvazione odierna della delibera da parte della giunta, sottolinea
Molinaro, «daremo il via alla presentazione delle domande, passaggio fondamentale per arrivare
all’erogazione effettiva dei contributi». Nella seduta di oggi dell’esecutivo regionale, lo stesso
Roberto Molinaro porterà all’attenzione dei colleghi la delibera che contiene il Piano regionale di
dimensionamento delle istituzioni scolastiche autonome per l’anno scolastico 2012-2013. Il
presidente della Regione, Renzo Tondo, nella sue veste di assessore ad interim alla protezione
sociale, porterà delle modifiche al regolamento sul Fondo di contrasto alla povertà. Riccardo
Riccardi, assessore alle Infrastrutture e Edilizia, presenterà una delibera per l’assegnazione di fondi
a Mediocredito (quasi 21 milioni) per interventi di edilizia agevolata mentre l’assessore alle Attività
produttive Federica Seganti porterà il Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di
incentivi e finanziamenti al settore artigiano. L’assessore alla Cultura Elio De Anna, infine,
presenterà il piano di ripartizione per il 2012 del Fondo per i corregionali all’estero e per i
rimpatriati.
TRIESTE
«È cambiato il sindaco ma la città non si muove»
di Gabriella Ziani Rieletto al terzo mandato con quasi il 70% di preferenze, il sindaco di Capodistria
Boris Popovic non ha perso smalto. Anzi, per strada ha aggiunto altro pepe al pepe. Dice che col
governo Monti «l’Italia finirà per k.o. tecnico», e anche: «Se qualcuno mi chiedesse di fare il
premier in Italia scapperei tanto che nessuno mi vedrebbe più». Premier in Slovenia, invece, perché
no. Salvo che preferisce giocare coi suoi tre bambini e ora spera molto nel prossimo governo Jansa.
Ci spiega perché siamo talora molto «scemi», in Italia e a Trieste, e perché sono «scemi» anche gli
sloveni, in crisi «solo per colpa propria». Ma soprattutto viene sempre ancora a bere il caffè in
piazza Unità, e dunque ci spiega anche tutto quel che non gli piace vedere. O che non vede proprio.
Sindaco, in Municipio non c’è più Dipiazza, ha già conosciuto Roberto Cosolini? No, non ancora.
Non ho proprio idea di che cosa faccia la nuova amministrazione. Vengo a Trieste, ma non si vede
niente di nuovo. Parlo con la gente, ma mi dice che di nuovo non c’è niente. So che esistono
problemi grossi, ma tutti a Trieste dicono “faremo, faremo...”. Invece voi? Tutto e subito? No, la
Slovenia ha dormito per tre anni, adesso speriamo nel nuovo governo del mio amico Jansa... Però il
porto di Capodistria ha avuto un aumento di traffici da record. Da tre anni c’è una nuova direzione,
e non ha fatto niente, ma nei quattro precedenti sono stati fatti molti passi avanti, così il porto va
automaticamente bene, anche senza far niente. Mentre a Trieste si è fatto molto poco, ma è da 10 o
20 anni che va avanti così, vi siete completamente dimenticati delle infrastrutture, non si è investito
niente. Voi avete dormito, e anche noi. Ma noi, avendo alle spalle quattro anni di buona gestione ne
avremo un vantaggio per dieci. In più avete prezzi bassi, i triestini vengono a comprare di tutto.
Come mai? Non è mica vero. Parecchie cose sono più a buon prezzo a Trieste, me lo dice mia
moglie: “Sai che ho comprato una cosa per 3,50 euro che da noi costa 8,50?”. Dipende dai negozi,
da chi fa il business migliore. Benzina a parte, ma lì è una questione di tasse. A Trieste non succede
niente, lei dice. E a Capodistria? Abbiamo tantissimi investitori potenziali. Stiamo andando avanti
col progetto che qui l’opposizione chiama “in stile Dubai”, ma avrà solo uno “skyline” somigliante.
Faremo tantissime spiagge con le migliori sabbie del mondo, spiagge naturali, o artificiali, o come a
Tenerife una scogliera in mare con un interramento di sabbia. Vogliamo che diventino spiagge
famose. E stiamo costruendo un albergo alto 40 metri con una piscina di 40 metri sul tetto, la
“piscina infinita” sul mare. L’ho visto a Dubai e a Singapore. Turismo di lusso? Certo, così
dev’essere. Tutti criticano Dubai, Abu Dhabi... Critichiamo ma intanto ci andiamo. Eh, ma a Trieste
non si può fare, dite voi. Ma come no? Da quanto tempo non si vede un grande architetto a Trieste?
Almeno un Calatrava che a Venezia ha fatto il ponte. Criticato, ma a me piace. A Trieste gli ultimi
architetti sono quelli di 100 anni fa. Anche gli sloveni sono scemi, si sentono sempre i più bravi. E
così anche voi, ma dispiace tanto. Avete splendidi palazzi, quelle Rive incredibili. Si potrebbe fare
la strada sotterranea... Quante cose farei io lì. Una strage farei a Trieste. Tutto il mondo verrebbe a
vedere. Per il nostro sviluppo è importante il vostro. E invece... E invece non ci sono soldi, forse
stava per dire? Ma no, no. Noi abbiamo ora sulla porta investitori dall’India e una banca di sviluppo
cinese. Visti i progetti, si sono offerti di realizzarli. Siamo in un punto strategico. Guardi, soldi per
Trieste e per Capodistria ce n’è quanti se ne vuole. Però vanno a Capodistria? E certo, se Trieste poi
fa il rigassificatore... Con Roberto (Dipiazza ndr) mi sono arrabbiato per questo, e prima anche con
Illy che certo era bravo come politico. Illy era più bravo di Cosolini, ma Cosolini l’ho appoggiato
perché era contrario. Neanche se uno ti offre miliardi su miliardi puoi accettare. Un uomo normale,
se ama almeno un po’ il suo luogo, non lo può accettare. Lo han capito il sindaco di Muggia e
quello di Dolina. Dipiazza no, non ha capito niente. Ora anche la Slovenia ha fatto ricorso al Tar
italiano. Ha vinto la mia idea. Come sindaco ho sempre parlato chiaro: mai, e mai. Se dico sì è sì, e
quando dico no è no. E se il sindaco di Trieste avesse una idea buona per lo sviluppo... Che cosa
farebbe? Pulirebbe i terreni ex Aquila. Però, mai più. Mai più voi lo farete. Non fate niente. Ci sono
regole troppo severe. Non pulirete mai quello schifo mai visto. E invece è là che ci sono i soldi.
Miliardi e miliardi. Sa che sta per chiudere la Ferriera? Buongiorno, era da chiudere 10 anni fa. Lo
Stato doveva consentire ai lavoratori l’avvio di ditte individuali senza tasse per 10 anni. Se si vuole,
si può. Invece della Ferriera si discute da 10 anni e l’Aquila è lì da 100. Pare che i centri di ricerca
usino gli “incubatori” d’impresa sloveni. E a Trieste di ricadute industriali dalla scienza se ne
vendono poche. Non si vede proprio niente. Adesso all’Università di Capodistria c’è un nuovo
rettore, un grande matematico, Dragan Marussig, gli ho subito consigliato di mettersi in
collegamento con l’Università di Trieste e con il Sincrotrone. Bisogna capirlo: non c’è più il
confine. Il Sincrotrone deve produrre di più per tutti. Ma in Slovenia non siete altrettanto in crisi?
Sì, ma per colpa nostra. Ora col governo Jansa speriamo che le cose si mettano a posto. I più grandi
nemici della Slovenia non sono fuori, ma dentro. Tutti contro tutti. Si sprecano valanghe di fondi
europei per stronzate, basta conoscere qualcuno. Abbiamo 112 Comuni, lobbysti da ogni parte,
ognuno vuole la sua zona industriale, la sua Saint Moritz, grandi stupidate. E paghiamo le più alte
tasse sul lavoro. E del nostro governo che cosa dice? In Italia si frustra la gente che lavora, la gente
media che costituisce il progresso di uno Stato. Le tasse le devi abbassare, non alzare, solo così le
pagano tutti, e allora anche un bambino vedrà dove sono gli affari criminali, da punire. Da voi si
punisce il lusso e i ricchi porteranno i soldi fuori. Perché l’imprenditore è uno che funziona così, per
muoversi deve avere la mira di guadagnare, è il suo premio. E non toccate invece la spesa della
politica, dove si potrebbe tagliare l’80%... Stupidaggini mai viste davvero, l’Italia andrà in “k.o.”
tecnico... Speriamo di no, sindaco. Speriamo. Se non avrete più soldi non verrete più neanche a
Capodistria.
Lavoro sempre più precario. Sale la “cassa” straordinaria
In materia di lavoro, a Trieste i dati del 2011 fotografano una situazione di stagnazione rispetto al
2010: nessun segnale di ripresa né cifre che facciano intravedere un aggravarsi della crisi in senso
stretto. Crisi che però - l’assessore provinciale alle Politiche del lavoro Adele Pino lo dice chiaro potrebbe diventare a brevissimo più pesante, giacché «esistono tutta una serie di situazioni che sono
esplose verso la fine dello scorso anno, e che se non troviamo soluzioni potrebbero avere ricadute
estremamente negative». È questo il quadro che emerge dai numeri illustrati da Pino durante
l’ultima seduta della Commissione che a palazzo Galatti si occupa di lavoro. Un quadro però cui va
aggiunto un tassello importante. Quello che vede negli ultimi anni un sensibilissimo calo dei posti a
tempo indeterminato - industria e commercio tra i settori più colpiti - ma anche di quelli a tempo
determinato in senso stretto. Il lavoro diventa sempre più precario: contratti di sostituzione, contratti
interinali, lavoro a chiamata. «Forme di occupazione che nel 2007 quasi non esistevano», commenta
Pino. Il dato complessivo, si diceva, è sintomo di stagnazione con un saldo positivo di 740 unità in
termini di «avviamento al lavoro», ossia di contratti (che non equivalgono a persone fisiche, giacché
una persona potrebbe avere avuto più contratti in un anno) con 43.245 avviamenti al lavoro contro
42.505 cessazioni. In sofferenza particolare il terziario, con il comparto del commercio: il 2011 si è
chiuso in flessione riducendo le unità impiegate nell'intero settore dalle 40.610 unità del 2010 alle
36.659 del 2011. E poi, si diceva, ecco la precarizzazione sempre più spinta del mercato. Le
assunzioni a tempo determinato “tradizionale” - possibili vie di accesso alla stabilizzazione - sono
crollate dalle 17.486 del 2007 alle 9.096 dello scorso anno. Mentre si impennano le formule di
maggiore flessibilità, come il lavoro somministrato o quello a chiamata. Il primo nel 2011 ha
occupato 5.461 persone (di cui il 17% donne) rispetto alle 4.760 del 2007. Il lavoro intermittente quello a chiamata - ha registrato nel 2011 un vero boom di richieste con 2.865 contratti (contro i
398 del 2007), mentre le sostituzioni sono state 4.015. Se poi si vanno ad analizzare le fasce d'età
più coinvolte dalla recessione, a farne le spese sono i giovani tra i 20 e i 24 anni: gli avviamenti al
lavoro (ossia i contratti registrati, di ogni tipo) nel 2007 sono stati 7.064 contro i 5.106 del 2011. In
costante aumento il numero di ore di cassa integrazione straordinaria, anticamera della
disoccupazione. Nel 2011 si è arrivati a toccare le 860mila ore a fronte delle 525mila dell'anno
precedente. Uno strumento sempre più utilizzato dalle imprese triestine (che superano i 15
dipendenti) e che dà un quadro chiaro sulla situazione occupazionale soprattutto nell'industria e nel
commercio. «La Cigs - commenta ancora Pino - ha riguardato soprattutto le piccole imprese: segno
che a crollare è stato l’indotto» delle grandi aziende, dalla Wärtsilä alla Ferriera. E con l’avvio del
nuovo anno, l’emergenza Ferriera, il problema della Diaco, «ci sono le premesse - chiude Pino - per
una situazione più critica».
GORIZIA-MONFALCONE
Torna il lavoro alla Eaton, in fabbrica 180
A nove mesi dall’avvio della cassa integrazione straordinaria alla Eaton la situazione sembra essersi
stabilizzata. Al lavoro nella fabbrica di via Bagni nuova, coinvolta dalla crisi del mercato dell’auto
a partire dalla seconda metà del 2008, ci sono 180 dipendenti. In Cigs ci sono invece tra le 40 e le
60 persone a seconda dei picchi di produzione o dall’accesso a lavori diversi, benché temporanei. Il
numero complessivo degli addetti di Eaton pare comunque fermo a 240, quello in gioco lo scorso
anno. «Finora le cose sono andate meglio di quanto potessimo sperare - afferma il segretario
provinciale della Fiom Cgil Thomas Casotto -, anche se l’evoluzione dipenderà sempre
dall’andamento del mercato dell’auto. Il dato positivo è che lo stabilimento di Monfalcone produce
valvole per gli altri siti europei del gruppo e quindi dalla sua attività dipende quella delle altre realtà
Eaton. È un aspetto da consolidare». In fabbrica è impiegato quasi il doppio dei lavoratori previsti a
marzo dello scorso anno, ma è anche vero che per una parte dei lavoratori la Cigs rimane a zero ore.
Nei prossimi due mesi azienda e sindacato dovranno quindi discutere di cosa succederà dopo il 14
aprile, data di scadenza della cassa integrazione straordinaria. «C’è la possibilità di utilizzare la
Cigs per un altro anno - ricorda il segretario provinciale della Fiom -, fermo restando il fatto che
non vogliamo sentire parlare di esuberi. L’accesso alla mobilità deve essere volontario, com’è
avvenuto peraltro durante questi anni, in cui Eaton Monfalcone è dimagrita senza traumi». I
sindacati dei metalmeccanici non sembrano comunque attendersi delle fughe in avanti da parte di
Eaton, con cui ieri pomeriggio c’è stato un incontro nella sede di Confindustria Gorizia per
discutere di questioni organizzative legate anche al guasto subito da una pressa. Eaton, in ogni caso,
rimane una realtà importante e da salvaguardare. «Lo è perché in un momento non facile per
l’economia provinciale dà, tra diretti e indotto, 250 posti di lavoro», conclude il segretario
provinciale della Fiom. Laura Blasich