la castità - Figlie della Chiesa

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la castità - Figlie della Chiesa
LA CASTITÀ
Prima di parlare di castità nella Bibbia si può ampliare la questione. Alcuni fanno osservare che il
fatto di vivere senza sposarsi si trova anche in altre religioni oltre che nel Cristianesimo. Per esempio nel Buddismo. Ci domandiamo se la cosa sia esattamente la stessa. Credo che nel Cristianesimo
ci sia qualcosa di più specifico al voto di castità che vale la pena di sottolineare,ed è per questo che
partiremo dalla Bibbia. Ha prima vediamo se in tutte le altre religioni c'è l'abitudine di vivere in
castità: se vi troviamo un modo di vive re la verginità per un motivo religioso, certamente no. Nelle
religioni dell'Africa per es. che sono di tipo animista, non esiste nessun ideale di verginità perché
essa, la verginità, è legata all'immagine che si ha di Dio e della relazione dell'uomo a Dio. In queste
religioni Dio è Colui che è talmente presente al mondo, che la realtà la più divina che l'uomo in un
certo qual modo può toccare con mano è la vita perciò è attraverso la vita che si è in contatto, in
comunione con Dio. Dunque la trasmissione della vita è una delle cose più fondamentali all'uomo
per vivere, compresa anche la sua relazione con Dio.
In altre religioni la relazione dell'uomo a Dio è concepita in modo diverso. Esiste in esse una specie
di distinzione radicale tra Dio e il mondo considerato come non avente in se stesso consistenza,
come una realtà non positiva, esso è illusorio e l'uomo deve "strapparsi" al mondo per poter essere
in relazione con Dio. Questa distanza dal mondo si esprime in modo diverso ed anche nella vita di
verginità, cioè si prendono le distanze dall’esperienza dell’amore coniugale per poter trovare Dio.
Come mai in altre religioni ( ho parlato del Buddismo) ci sarebbe un ideale di verginità?
Ora non è questo che noi troviamo nel voto di verginità e per comprenderlo occorre partire dalla
bibbia. Nell'Antico Testamento quello che colpisce è che per i Giudei non esiste ideale di verginità.
Non esisteva nell'A.T. una vita religiosa nel senso di come noi la viviamo, cioè persone che
decidono di non sposarsi. Al contrario prendiamo per es. il Salmo 127, 3-4.
“
Ecco, dono del Signore sono i figli,
è sua grazia il frutto del grembo,
Come frecce in mano ad un eroe
-sono i figli della giovinezza”.
e il salmo seguente il 128,3
“
La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa,
i tuoi figli come virgulti d'olivo,
intorno alla tua mensa”.
Questo vuol dire che per il giudeo la benedizione di Dio è la famiglia, l'avere dei figli.
La religione giudaica è una religione che crede in Dio, ma non in un Dio che è fuori del mondo,
come per il buddismo, e quindi raggiungibile solo uscendo dal mondo. Per il giudeo e per il
cristiano Dio è colui che crea il mondo e fa alleanza con l’uomo nel mondo. Perciò per il giudaismo
l'ebreo vive la sua vita in alleanza con Dio, collaborando all'opera di Dio che ha creato il mondo,
chiedendo all'uomo di continuare a ri-creare con Lui, a pro-creare, ad avere, quindi una
discendenza.
L'ebreo vive questo genere di comunione con Dio nel suo impegno nella storia e nel generare figli
che sono figli che Dio gli dona. Vediamo nella Bibbia che una donna sterile soffre profondamente
per che ha l'impressione di non potere entrare in questo movimento di creazione, di procreazione, e
di non essere quindi oggetto di benedizione di Dio. Abbiamo molti esempi... Sara con Abramo e
soprattutto la madre di Samuele, Anna.
In quest’esperienza che vive il popolo ebraico, di essere il popolo dell'Alleanza con Dio e di vivere
questa alleanza collaborando alla storia di Dio che è, nello stesso tempo la storia del suo popolo, c'è
in queste donne e in questi uomini la presa di coscienza che in fine è Dio che da all'uomo di
generare. Se l'uomo è figlio dei suoi genitori è però innanzitutto figlio di Dio. Tutto questo però
nello A.T. non emerge ancora in tutta la sua forza. Vediamo che il popolo ha la coscienza che
l'uomo è dono di Dio e che l'Alleanza con Dio è una alleanza che può esprimersi con termini,
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sponsali, come parlando di una relazione matrimoniale. Vedi Osea cap. 2,20-22. L'A.T. non va
oltre, in esso non c'è l'ideale di verginità, ma nel momento in cui Gesù appare vediamo subito dei
gruppi di ebrei cominciare a vivere nella verginità perciò senza sposarsi. Sono dei gruppi di Esseni
a Qumran, lungo la costa del mar morto, che cominciano a formare delle comunità all'epoca di
Gesù. Alcuni di essi decidono di non sposarsi. Qual è il motivo? per essi era chiaro che i tempi
erano compiuti, che il Regno di Dio era vicino, che il "giorno di Jahvé" era giunto, che il Messia
stava per venire. Tutto questo cambiava il loro modo di vivere nella loro storia: per gli Esseni che
prendevano coscienza che i tempi erano compiuti, la storia, in certo qual modo, era conclusa; non
c'era bisogno di continuarla...perciò l'ideale della verginità prendeva posto nel gruppo degli isseni.
Cerchiamo ora di capire meglio ascoltando Gesù stesso. Gesù non ha fatto nel Vangelo, una grande
teoria sul voto di verginità e nemmeno sulla vita religiosa come tale. E' l’ispirazione evangelica che
ha permesso alla Chiesa di far sbocciare nel suo seno la vita religiosa.
Cosa troviamo nei Vangeli circa la verginità come noi la viviamo nella vita religiosa? Troviamo in
Matteo cap. 19,12 una frase che è senza dubbio la più precisa e illuminante anche se il suo senso
esatto è in discussione.
Cominciamo col situare questo brano. I farisei avevano interrogato Gesù sul divorzio: " E’ lecito
all'uomo sposato divorziare?" Gesù risponde con molta chiarezza: “se siete uniti, resterete uniti”,
allora i discepoli dicono: “se questa è la condizione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene
sposarsi", se è per sempre è un’esigenza troppo dura che non incoraggia a sposarsi. Gesù risponde
“non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Vi sono infatti eunuchi che
sono nati così “... “ e ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che
si sono fatti eunuchi per il Regno dei Cieli. Chi può capire capisca” (Mt.19,10-12).
In ciò che Gesù ci dice è evidente che è l'ultimo caso quello che ci interessa. Ci sono quelli che si
sono fatti eunuchi a causa del regno dei cieli. Bisogna porre tutto questo nel contesto della
predicazione di Gesù che è centrata sull'annuncio del Regno dei Cieli, Regno dei Cieli che viene
adesso.
Come dicevo gli Ebrei attendono la promessa, attendono la realizzazione dell'opera di Dio,
attendono la venuta del Messia e Gesù comincia la sua predicazione dicendo: "il Regno dei cieli che
voi aspettate è qui, ora, in mezzo a voi". Dunque il Regno dei Cieli non si attende più è già stato
dato. E' questo che Gesù dice, ed è la presenza di Gesù stesso che è la venuta, che è la realizzazione
del Regno. Vediamo come tutto questo ci avvicina, ci ricorda l'attesa degli Esseni di cui parlavamo
prima. Gli esseni traducevano questo, almeno alcuni, con una decisione di verginità e Gesù dice Lui
stesso, comprendendoli, che il Regno dei Cieli. è qui e ci sono uomini che desiderano non sposarsi.
Ma che cosa è questo Regno dei Cieli che è qui? E la realizzazione dell'umanità nella sua
compitezza (forme dernière) operata da Dio, e cioè è l'umanità compiuta nella sua forma fraterna e
filiale. L'umanità entra nel Regno dei Cieli quando diviene un'umanità formata da figli e da fratelli.
Tutti gli uomini riuniti da Dio come figli, e per questo resi fratelli. E Gesù dice che ve ne sono
alcuni i quali a causa del Regno dei Cieli decidono di non sposarsi perché sono già figli e già
fratelli.
Le altre dimensioni dell'amore umano, l'amore nel matrimonio, l'amore materno o paterno, sono
dimensioni dell'amore che sono legate al divenire della storia, al succedersi delle generazioni, che
non sono centrate direttamente sul dono che il Padre ci fa, in Gesù, di renderci tutti fratelli e figli di
Dio. Vi sono uomini che comprendendo tutto questo, si trovano situati nel Regno dei cieli secondo
quella forma che è la forma definitiva del Regno nell'eternità. Infatti Gesù quando gli pongono la
domanda:"la donna che è stata maritata sette volte, di chi sarà moglie nella resurrezione?” Risponde
che nel cielo non ci si sposa più, non vi sono né uomo né donna, e dunque la relazione
matrimoniale, la relazione paterna e materna sono provvisorie, sono delle relazioni legate alla storia
e non sono definitive. Se il Regno dei Cieli è di già tra noi, se Dio ci riunisce tutti in quest'unica
famiglia dei figli di Dio, che Gesù viene a realizzare in mezzo a noi, decidendo di non sposarci, noi
diventiamo "segno" di tutto questo. Siamo segno di quella cosa straordinaria che si è realizzata nella
storia degli uomini: Dio stesso è venuto per riunirci, Gesù è venuto per riunirci e ci offre la sua
amicizia, la sua fraternità. Questo solo ci basta per vivere. Non abbiamo bisogno di altro. Questo è
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veramente quello che attendiamo da sempre, questa è veramente la vita eterna, questo è il dono che
Dio ci offre in Gesù e noi l'accogliamo.
D'ora in poi, nella storia della Chiesa, ci saranno queste due vocazioni: la vocazione di coloro che
sono il segno che il Regno dei cieli è venuto e la vocazione di coloro che sono il segno che la storia
non è finita, che Gesù deve ritornare ancora. Noi siamo tra il primo e il secondo avvento o venuta di
Gesù e siamo il segno, come religiosi che questo primo avvento è già definitivo, e le persone
sposate sono il segno che la storia non è ancora compiuta. Comprendere questo è scoprire che non si
ha bisogno di niente altro e che tutto l’amore dell'uomo, tutto l’amore della donna, può essere posto
qua dentro. Noi possiamo amare con tutto il nostro cuore di uomo e di donna vivendo questa realtà
fraterna e filiale che Gesù ci rivela. Vediamo bene allora che non si può comprendere il voto di
verginità in modo negativo, non è per prima cosa la decisione di non sposarsi, è la conseguenza.
Non ci si sposa perché il nostro cuore è preso da altro. Non è un amore che si chiude su se stesso,
ma è un amore che scopre in tutti gli uomini dei fratelli da amare. Il Regno è tutta l'umanità riunita
da Gesù come un'umanità che Dio ama e di cui Gesù è il Centro. E’ scoprire che il nostro cuore è
chiamato ad amare fraternamente tutti gli uomini e che questa è la nostra vocazione, è il dono di
Dio offerto.
Quando dico " il Regno dei Cieli" si tratta della venuta di Gesù. E’ dunque nella misura in cui Gesù
prende il suo posto, che è il posto centrale al cuore dell'umanità e al cuore della nostra vita,che noi
comprendiamo e viviamo tutto questo.
Il nostro voto di castità è dunque, un voto che ha una dimensione escatologica. Quello che vivremo
nell'eternità ci è stato dato ora. Ma il nostro voto di castità consiste anche, molto concretamente,
nello scoprire l’immediatezza della nostra relazione con Gesù. Per comprendere meglio tutto questo
prendiamo un testo che parla del matrimonio: Ef. 5,31-32.
San Paolo descrive il matrimonio utilizzando i termini della Scrittura: “L'uomo lascerà suo padre e
sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne ". Paolo dice che per comprendere
bene questo bisogna capire l'amore del Cristo per la Chiesa. Siccome il matrimonio è un
sacramento, come cristiani, noi comprendiamo il significato del matrimonio solo se partiamo
dall’amore del Cristo. Il matrimonio è manifestazione dell'amore di Dio, dell’amore di Cristo.
Dobbiamo anche dire che i ministri di questo sacramento sono gli sposi stessi, il prete è presente
come testimone della Chiesa. Questa riflessione sul matrimonio mi sembra ci introduca nel nostro
voto di castità. E’ vero che nel matrimonio» lo sposo, la sposa riconoscono l’uno nell'altro l'amore
del Cristo presente, ma è " nell’altro. L'amore del Cristo mi viene attraverso la figura dell'altro,
attraverso la mediazione dell'altro.
Per noi, il Cristo ci chiama alla vita religiosa e a una vita di verginità nel voto di castità, non c’è
altra figura che il Cristo stesso. E’ direttamente al Cristo che va il nostro amore, ed è in una mutua
relazione col Cristo che noi viviamo la nostra verginità.
E’ Lui che è il nostro mediatore e non vi sono altre mediazioni per noi. E questo è legato a quella
dimensione escatologica: nell’ultimo giorno Gesù sarà tutto in tutti, perciò è fin da ora, nella
relazione diretta con il Cristo che noi vogliamo vivere la nostra vita. Siamo testimoni di quel regno,
già dato nella misura in cui viviamo la nostra vita in una relazione diretta con Gesù. Non sarebbe
possibile vivere questa vita se non vi fosse innanzitutto Lui da amare, ed è Lui che ci apre a tutti i
nostri fratelli. Noi scegliamo di entrare in questa relazione fraterna con tutti gli uomini, ma è
attraverso la nostra relazione con Gesù che possiamo e dobbiamo viverla.
Dunque il voto di castità non è prima di tutto una decisione negativa, esso implica sicuramente una
morte, perché siamo abitati dalla nostra realtà storica. Anche noi siamo uomini e donne nella storia,
abbiamo perciò il desiderio dell’uomo e della donna ed abbiamo tutti i sentimenti, tutte le attrattive
e le pulsioni che possono animare il cuore e la vita dell'uomo e della donna.
C’è dunque una dimensione di morte, di rinuncia che è vissuta nel nostro voto di castità, ma questa,
evidentemente non è la prima cosa e noi l'accettiamo volentieri perché abbiamo scoperto che
eravamo chiamati ad una relazione diretta con Dio, con Gesù che ci rende già fin d'ora testimoni del
suo regno ove siamo chiamati ad essere tutti fratelli e sorelle e tutti insieme figli di Dio. Non esiste
altra forma di umanità che questa.
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La castità è una virtù che è proposta ad ogni cristiano, come la povertà e come 1'obbedienza...ma
esiste una maniera propria al religioso di vivere la castità: è nel Celibato.
Alcuni si pongono la questione se non si dovrebbe parlare di voto di celibato piuttosto che di voto
di castità, poiché è il celibato che è più specifico. Mi sembra più logico dire il voto di castità perché
è nello stesso modo che si procede quando si parla del voto di povertà e del voto di obbedienza. Se
questa virtù è nel Vangelo, deve essere praticata da tutti i cristiani, ma c’è un modo casto di vivere
nel matrimonio, un modo povero di vivere la vita di famiglia, un modo obbediente di vivere la
vocazione laica. Il nostro modo, quello di noi religiosi, di vivere la castità sarà ali1interno della
vocazione religiosa e dunque nel celibato.
I^: LA NOSTRA CASTITÀ E’ UNA SITUAZIONE
La nostra castità come noi la viviamo nel celibato è una situazione, ciò significa che guardo le cose
dall'esterno come un fatto. Per colui che guarda dall'esterno si rende conto che vi sono delle persone
che vivono in comunità e che non si sposano. Questa è una situazione, un fatto. Ora definiremo
questa situazione di celibato in modo negativo: si dice è celibe; colui che non è sposato. Non si dice
di colui che è sposato ‘non è celibe’!
Dunque, si considera il matrimonio come la cosa normale, non essere sposati, essere celibi, è visto
come una cosa negativa e ciò può avere una. certa influenza su di noi, forse inconscia che ci farebbe
pensare che la scelta fatta da noi sia una scelta negativa, cosa non affatto vera perché non è che io
scelgo di non sposarmi, ma scelgo di entrare nella vita religiosa per offrire a Dio la mia vita, perciò
la mia è una scelta positiva. In questa scelta si assume tutto quello che si è. Non si elimina nessuna
parte di se stessi, come potrebbe sembrare quando si definisce la situazione in modo negativo
dicendo ‘ho scelto di non sposarmi’, e questo vuol dire che per me la sessualità non esiste più. Ma
questo non è esatto, integro la sessualità, integro il desiderio del cuore umano all'interno di quella
scelta che è positiva per me. Voglio vivere pienamente tutto quello che sono proprio all'interno di
questa scelta positiva che è quella di dare a Dio tutta la mia vita.
In altri termini: entrare nella vita religiosa, non significa ‘mutilarsi’. Entrare nella vita religiosa
significa entrare con tutto se stessi e offrire tutto se stessi a Dio.
Questo vuol dire che vi sono differenti modi di integrare la sessualità, che il matrimonio è uno dei
modi e che la vita religiosa è anch'essa un modo positivo di integrare la sessualità.
II^: VIVIAMO LA CASTITÀ NEL CELIBATO ALL’INTERNO DELLA NOSTRA STORIA
Mi riferisco innanzi tutto alla psicologia, quella che si chiama psicologia genetica. E’ una parte della
psicologia che studia il divenire dell'uomo. Genetica viene da GENESI, il I° libro della bibbia che
significa l’origine. Origine che è un punto di partenza, un divenire. Perciò la psicologia genetica
studia il divenire della psicologia umana. La psicologia si sviluppa nella misura della crescita
dell'essere umano. I primi anni sono molti importanti... poi viene l'adolescenza e si giunge all'età
adulta in cui l'uomo e la donna possono sposare. La psicologia genetica distingue tre momenti
successivi:
1. La fase dell'autoerotismo:
Il ragazzo o la ragazza che crescono, che al momento dell'adolescenza avanzano a poco a poco
verso una possibilità di matrimonio scoprono in sé dei sentimenti nuovi. Tutto un mondo interiore
di sentimenti tanto che alcuni si sentono spinti a scrivere una specie di diario intimo. C'è come un
bisogno di raccontarsi i propri sentimenti, come si ha reagito in certe occasioni, come ci si è sentiti
depressi di fronte a certe difficoltà, corte incontri fortuiti abbiano potuto essere fonte di sofferenza.
E’ il momento in cui i sentimenti restano chiusi all'interno della persona. E1 il momento dell'autoerotismo. A livello di comportamenti che possono avere significato morale, tutto questo può
manifestarsi con la masturbazione che si riferisce alla sessualità, al sesso, atteggiamento di autoerotismo poiché ci si rapporta a se stessi con se stessi.
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2. La fase dell'omosessualità:
E' una relazione con una persona generalmente privilegiata, o con altre persone ma dello stesso
sesso. Bambini o bambine che stanno insieme felici di stare insieme, si cercano, formano dei circoli
di amici o di amiche, hanno bisogno di stare insieme, ma dello stesso sesso. Questo significa che si
comincia a uscire da se stessi, non è più l'auto-erotismo, è qualcos’altro, sono gli altri che si
ricercano, ma altri che non siano troppo differenti, cioè altri nei quali si ritrova un po’ di se
stessi...C'è allora un rapporto caloroso, amichevole, ma all'interno dello stesso sesso. Questo può
eventualmente condurre a dei comportamenti che potrebbero essere di tipo omosessuale. Ma
quando guardiamo tutto questo in una storia, ci rendiamo conto che possono esserci delle tappe che
si superano. E’ importante non arrestarsi ad una tappa in modo definitivo perché è una tappa che
chiede di essere superata. Il significato di questa tappa è sopratutto quello di sapervi vedere
un'uscita da se verso l'altro che non è ancora realmente un altro. Questo non è affatto anormale è
una tappa. Sarebbe anormale restare per sempre in quella tappa.
3. La fase dell’etero-sessualità:
Questa fase è quella dell'incontro con l'altro di sesso diverso. Da quel momento si può formare una
famiglia. E' un uscire da se stessi molto più rischioso, più azzardato perché ci si lancia in un mondo
sconosciuto. Non si sa in fondo cosa sia una donna e cosa sia un uomo. Si attua allora questa specie
di uscita verso l'altro. L'amore in certo qual modo ha questa forza iniziale all'interno di una
psicologia per condurre la persona fuori di sé e costruire qualcosa. E’ la forza dell'amore che Dio ha
messo nel cuore dell'uomo e della donna per farli uscire da se stessi e stabilire una relazione che
diviene così forte e stabile da costruire una famiglia. Questo è il momento dell'etero-sessualità.
Qui vorrei introdurre una dimensione che generalmente non viene introdotta nella psicologia
genetica. Mi chiedo perciò se non esista anche un'altra relazione oltre quella con me stesso, oltre
quella con l'altro dello stesso sesso e oltre la relazione all'altro di sesso diverso che può avere sulla
mia psicologia una influenza molto profonda, molto radicale, molto determinante e cioè la mia
relazione con Dio. E ancora mi chiedo se la mia relazione a Dio non abbia un ruolo da svolgere nel
divenire della psicologia umana. Quando insegniamo ai bambini a pregare, a parlare a Dio, a
iniziare una relazione con Dio non vi sembra che tutto questo abbia una influenza sulla loro
psicologia? E questo possa aiutarli a superarsi psicologicamente? E durante l'adolescenza, durante
l'età adulta non è forse vero che la relazione a Dio può unificare le potenze affettive dell’uomo non
verso se stesso, non verso qualcuno dello stesso sesso, nemmeno verso qualcuno dell'altro sesso ma
verso Dio? Sviluppiamo questi concetti. L'universo affettivo di ciascuno di noi
è sempre abitato da molti volti; e spesso per colui che sta per sposarsi c’è un volto che diviene
centro che abita la mente e il cuore, che diviene il volto privilegiato intorno al quale si dispongono
gli altri volti.
Mi sembra un po’ questo che è avvenuto anche per noi nelle diverse età, ma al momento della
decisione quella che a .poco a poco si era costruito, ciò su cui noi possiamo costruire la nostra vita
religiosa è proprio la realtà di un volto, di una persona... e questo esprime un Nome di qualcuno che
non ci lascia indifferenti, che ci fa reagire consapevoli che in fondo, per noi, è Lui.
Nella nostra infanzia abbiamo imparato a pregare, a parlare al Signore e, a poco a poco la persona di
Gesù ha conquistato più spazio in noi, è divenuta la persona che contava di più per noi e nel
momento in cui abbiamo deciso di entrare in noviziato, abbiamo detto; è questa persona che io
scelgo, dunque il centro, il volto che è al centro del mio universo affettivo è la persona di Gesù, è
con LUI che voglio vivere.
Ognuno di noi ha una storia diversa, ma tutte si raggiungono su questo punto. Nessuno di noi
sarebbe qui se non avesse vissuto, nella propria storia, perciò nella propria psicologia, nella propria
affettività concreta, questa relazione progressiva con Gesù. Egli diviene il centro dei nostri affetti.
E’ a Lui, perciò che possiamo offrire la nostra vita, è con Lui che possiamo avanzare e costruite non
un focolare, ma costruire la nostra vita, la nostra missione, l'impegno e il dono di noi stessi.
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Nei corsi di Psicologia genetica, si fa come se Dio non intervenisse nell'affezione, ma, se vogliamo
essere concreti, è chiaro che la nostra affettività non sarebbe quella che è, che l'insieme delle nostre
capacità di amare non sarebbero quello che sono, se non ci fosse una relazione concreta con il
Cristo, Signore nella nostra psicologia. E noi vediamo che è proprio perché Gesù ha preso un corpo,
si è fatto carne per noi, che il 'mistero' della verginità acquista il suo vero significato nella
Rivelazione cristiana.
Vediamo, dunque, che la relazione privilegiata a Gesù occupa il centro del nostro universo affettivo,
del nostro cuore, della nostra psicologia, e riunisce tutto intorno a Lui. Come ho già detto, ci sono
molti volti che occupano il nostro universo affettivo e, d'ora innanzi tutti i volti possono richiedere
il nostro affetto, ma, intorno al volto di Gesù, partendo sempre dalla nostra relazione privilegiata
con Lui.
3° La castità è un compito - esigenza.
La castità è qualche cosa da fare sempre. E’ un esigenza. Non bisogna credere che dopo avere scelto
sia cosa fatta. La castità resta un compito, cioè un'esigenza che deve continuare a a nobilitarmi.
E’un cammino che occorre seguire ed ora indicherò alcuni aspetti di questa esigenza.
I aspetto: vita di preghiera. Se vogliamo crescere nel nostro dono al Signore, crescere in questa
consacrazione di tutto noi stessi a Gesù, Signore della nostra vita, colui che è venuto ad inserirsi nel
cuore stesso della nostra vita, è chiaro che dobbiamo vivere la preghiera, avere una vita di preghiera
autentica. Senza una vera preghiera, la nostra vera relazione con il signore sarebbe come la
relazione tra due sposi che vivessero l’un per l'altro ma senza mai parlarsi, pensando che sia
sufficiente lavorare per l’altro. E’ importante fare tutto per l'altro, ma è anche importante parlarsi,prendere del tempo per nutrire il proprio affetto l'uno per l’altro. La vita di preghiera è dunque un
punto fondamentale. E’ essenziale.
Una difficoltà che riguarda la castità non ha importanza, l'importante è vedere come gestisco questa
difficoltà. Avere delle difficoltà non vuol significare che non si sia casti, ma sta a significare che lo
si deve divenire proprio tramite quelle difficoltà. Dunque,avere delle difficoltà non vuol dire niente,
ma,lasciarsi vincere dalle difficoltà,credere che non ci sia più niente da fare nella vita religiosa, è
una forma di fallimento nella lotta per la castità, fallimento che è sempre praticamente legato ad una
carenza di vita di preghiera. Ciò significa che esiste un profondo legame tra la vita di castità,
l’impegno per la castità, e la vita di preghiera,perché sono due realtà che si situano allo stesso
livello della nostra affettività. Nella preghiera è la nostra affettività che si volge verso il Signore e
che si esprime positivamente nella relazione con lui e ci rende coerenti e ci forma, se è necessario,a
essere coerenti con quella chiamata che abbiamo ricevuto,udito,e che vogliamo seguire.
2° aspetto: la vita dell'immaginazione.
Il nostro mondo affettivo è popolato di immagini, immagini più o meno chiare, più o meno oscurerò
più o meno evocate, ricordate. Il mondo della nostra affettività è molto legato all’immaginazione.
Spesso è proprio 1’immaginazione che ci fa dei brutti scherzi... Anche a livello dell'affettività
quando siamo depressi,per esempio… Spesso ci immaginiamo delle cose che non esistono.
L'immaginazione e l'affettività sono molto legate.
Il mondo attuale, sotto questo punto di vista,non ci aiuta molto, e questo è uno dei segni di una
cultura che non è molto animata dal Vangelo, e che le immagini che ci vengono proposte sono delle
immagini che non aiutano a crescere nella verità dell'amore. Questo vale per tutti i mass-media.
Mi sembra sia bene capire, sapere, per situarsi concretamente,che siamo abitati da un mondo
immaginario del quale, però, non possediamo la chiave. Per sapere come comportarsi
bisognerà,forse,evangelizzare il mondo della immaginazione, il che significa, darsi altre immagini.
Quando S. Ignazio invita a pregare,prende sempre una scena evangelica e chiede di iniziare la
preghiera immaginando il quadro. Così la nostra immaginazione è calma e si può pregare perché
essa è fissata sulla realtà del Vangelo e non è tentata di divagare.
Prendiamo questa situazione non sotto l'aspetto negativo, cerchiamo di avere delle immagini che ci
facciano crescere... e non soltanto immagini di gente per esempio, immagini di gente che soffre…
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immagini che muovono quello che in noi c'è di bello e di buono. Questo può aiutarci ad avere un
mondo di immagini che aiuta la nostra vita di castità.
3° aspetto: la relazione all'altro.
E’ importante per la nostra vita di castità che la relazione all'altro sia vissuta positivamente. Ciò
significa amare gli altri in modo disinteressato e gratuito. Mi sembra che la nostra vita di castità si
approfondisce in noi se impariamo ad inserire nel concreto del nostro agire, nella realtà molto
precisa della nostra relazione con gli altri, tutta la gratuità che ci è possibile. Penso che proprio
l'aspetto 'gratuità’ sia molto importante. La giustizia, nel senso che noi le diamo, non basterebbe,
non aiuta.
Prendiamo, per esempio, una buona comunità che vuole organizzarsi,che distribuisce gli incarichi,
cosa normale, così ognuno ha la sua parte di lavoro. Però “che non mi si chieda più di quello che mi
è stato affidato, perché ognuno ha la sua parte e bisogna essere giusti...” Se una comunità religiosa
vive così, non ci si aiuta certamente a vivere nella logica del voto di castità, perché la logica del
voto di castità è quella dell'abbandono senza misura, senza voler misurare il proprio gesto. Se sono
sempre io che ci perdo, tanto meglio, è proprio così che voglio vivere, perché è così che il Signore
mi ha chiamato a vivere. Se si approfitta di me ,il danno è per l’altro, ma per me è tanto di
guadagnato.
Il movimento del cuore casto è un movimento che non si difende, non si tira indietro, ma si dà senza
contare. Bisogna, dunque, che ci siano dei gesti veramente disinteressati e noi cresciamo nella
misura in cui non solo comprendiamo, ma viviamo questo… compresi quei gesti che nessuno vedrà
ma che facciamo semplicemente perché vogliamo fare della nostra vita un atto di amore,di
'consegna’ di noi stessi agli altri.
Questo vale, non solo nella comunità, ma anche all’esterno, in tutto quello che facciamo, nella
nostra missione. L'importante è di seguire questo movimento logico del voto di castità, che consiste
a non misurare la propria fatica, il proprio lavoro, ciò che si fa, ma che consiste a volersi
consegnare, per quanto si può, anche quando questo non è veduto né compreso dagli altri.
Supponiamo, per esempio, che io ho creduto aiutare qualcuno, facendolo veramente con tutto il
cuore mentre l'altro ha creduto che io volessi umiliarlo.. Non devo esserne assolutamente turbato,
devo solo essere un po’ triste per l'altro, perché si ritiene umiliato. Per me so bene quello che ho
voluto fare: ho cercato di essere coerente con la logica del mio voto di castità.
Un aspetto di questo disinteresse, si può a volte misurare, ed è a livello del dono del tempo. Il tempo
è spesso legato a ciò che siamo, il tempo, siamo anche noi stessi. Se qualcuno non vuol dare un po'
del suo tempo, dicendo: 'questo è il tempo che mi riservo… è il tempo che ho previsto per fare
questa o quella cosa… se me lo riservo vuol dire che lo considero come mio. mi appartiene, e
nessun'altro può disporne. Allora non sono nella logica di questa consegna di me stesso, e dunque
non sono nella logica del voto di castità.
4° aspetto: la castità è una beatitudine.
Gesù dice "beato il povero", si può anche dire ‘beato il casto' nel senso che noi viviamo la castità
come felicità, come gioia, come quell’unica cosa che ci rende realmente soddisfatti di Dio. Cosa
possiamo includere in questa beatitudine? Mi sembra che ci siano tre aspetti da indicare.
Ciò che costituisce la beatitudine è ciò che chiamiamo ‘la vocazione’. Quindi ciò che ci fa felici è
sapere che è il Cristo che ci sceglie perché non ci si da la beatitudine, la felicità la si riceve sempre
da un altro. In questa beatitudine c’è questo aspetto: il Cristo ci ha scelti perciò vuole renderci
felici. Questa coscienza è da rinnovarsi costantemente. E’ bene, spesso, rivedere la nostra storia, la
nostra storia del Cristo con noi, come Lui ha preso l'iniziativa di sceglierci. Non siamo noi che
abbiamo scelto Lui, non è corretto pensare che siamo noi il punto di partenza, che siamo noi che
abbiamo scelto la Vita religiosa e l'abbiamo imposta al Cristo! No, è Lui che ha preso l'iniziativa e
noi accogliamo la sua chiamata.
Nella beatitudine del Vangelo c'è sempre,un aspetto di rinuncia perciò il voto di castità sarebbe per
noi una vera beatitudine nel senso evangelico, cioè una vera felicità, una gioia profonda, nella
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misura in cui noi non misuriamo le nostre rinunce, non poniamo resistenza alle rinunce che esso
implica. C'è un aspetto di morte, morte al desiderio umano, morte a una certa esigenza della
sessualità umana.
Per entrare nella beatitudine evangelica, bisogna accettare questa rinuncia pienamente,e questo vuol
dire di non cercare dei compensi... Compensarsi vuol dire farsi una vita ben installata, tranquilla, è
il non accettare fino in fondo la rinuncia che implica il voto di castità il quale consiste nel darsi
senza misura.
Non si ha forse una moglie o un marito, ma si ha una buona bottiglia di vino e una pipa! Ci si
installa, non si va fino in fondo per vivere quella esigenza che è iscritta nella beatitudine e che
consiste nel perdere sé stessi. Questo è veramente vivere il Vangelo. Colui che perde la propria vita
la salva. E per noi perderla è proprio andar all'interno di questa logica.
Allora non è soltanto una rinuncia, ma è una beatitudine, è una esperienza di vita, di gioia, di pace
profonda che fa sì che nulla ci turba.
Mi sembra che se noi cresciamo in quest'amore del Signore, allora esiste concretamente una vera
mutua relazione tra noi e il Signore. Allora anche attraverso tutte le rinunce che questo implica, c'è
il sentimento di una presenza, il sentimento del suo amore per noi che risveglia il nostro amore per
Lui e fa sì che non abbiamo bisogno di altre cose e che non desideriamo altre cose, ma è in Lui che
troviamo la nostra felicità. Allora abbiamo una vita piena. L'affetto dell'uomo vuole contentarsi di
Dio, Noi sappiano chi è Dio e cosa vuol dire vivere con lui.
Da P. Decloux 1992
ALTRE LETTURE CONSIGLIATE:
G. CUCCI, La gratitudine, radice del ben-essere, in La Civiltà Cattolica 2008, IV, pp. 466-473
DECLOUX, La dimensione teologale della vita religiosa, in Inattualità della vita religiosa, pp. 7384
C. M. MARTINI, Vivere i valori del Vangelo, ed. Einaudi, pp. 38-46
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