Anteprima dell`opera
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Anteprima dell`opera
Nota dell’editore Questo libro è dedicato a Carmela, che per prima me ne ha parlato, e a Francesco Giuseppe, che con i suoi canti mi ha fatto innamorare del profeta Geremia nel quale, un pochino, mi riconosco per la continua tentazione di presentare le mie di-missioni dal compito di catechista che il Signore mi ha affidato, accendendo nel mio cuore il fuoco ardente dell’evangelizzazione. Mi auguro, con l’aiuto di quanti acquisteranno questo libro, di poter pubblicare un’altra opera dello stesso autore dal titolo: Saulo tra gli Ebrei. Comunque vada, ringrazio il Signore che mi ha dato questo lavoro, che mi consente di compiacermi della sua Parola e di “ruminarla” giorno e notte. Franco Chirico INDICE I. Una conversazione sulle rive del Mar Morto .................................................................. 7 II. Verso Gerusalemme ......................................................................................................... 15 III. Sulla Piazza del Tempio ................................................................................................. 23 IV. Nel Tempio (Incipit vita Hieremiae prophetae) ................................................................ 28 V. La Voce fuori e dentro ...................................................................................................... 42 VI. Il profeta nella casa paterna ........................................................................................... 29 VII. La scuola delle visioni ................................................................................................... 59 VIII. Peregrinazioni e primo scandalo ................................................................................ 67 IX. Il re chiama ...................................................................................................................... 84 X. La coppa dell’ebbrezza ..................................................................................................... 93 XI. Meghiddo ......................................................................................................................... 106 XII. La Grande Disputa ....................................................................................................... 117 XIII. Fra le colonne fiorite di Nof ...................................................................................... 125 XIV. Zenua ............................................................................................................................. 135 XV. Zenua viene accolta ........................................................................................................ 142 XVI. Attraverso l’Amenti ..................................................................................................... 156 XVII. Il destino davanti alla Porta dei Cocci .................................................................... 168 XVIII. I piedi nel ceppo ...................................................................................................... 176 XIX. Jojakim e Konjah .......................................................................................................... 185 XX. L’opera della vita nascosta ............................................................................................. 196 XXI. Carboni ardenti e vino avvelenato ............................................................................. 206 XXII. Melech Babilu ............................................................................................................ 220 XXIII. La sepoltura dell’asino e le chiavi del cielo ........................................................... 228 XXIV. Il viaggio per il cielo stellato .................................................................................... 243 XXV. Il giogo ......................................................................................................................... 263 XXVI. Zidkijah e la sua casa ................................................................................................ 270 XXVII. Il prigioniero dell’alleanza ...................................................................................... 276 XXVIII. Il trionfo di Zidkijah ............................................................................................ 285 XXIX. Fra le mura, nei sotterranei, nel cortile di guardia ................................................ 298 XXX. Dalla profondità e dall’altezza .................................................................................. 313 XXXI. Attraverso le tenebre ................................................................................................ 322 XXXII. L’avanzo .................................................................................................................... 38 XXXIII. Nel Tempio ............................................................................................................ 348 XXXIV. Sulla Piazza del Tempio (Incipit vita nova) ................................................................ 355 I UNA CONVERSAZIONE SULLE RIVE DEL MAR MORTO CLAYTON JEEVES taceva. Il suo silenzio teso, ostinato accompagnava la conversazione degli altri il cui tono leggero e fluttuante era in contrasto con l’importanza dell’argomento. Seduti sulla terrazza dell’albergo, bevevano il loro caffè con la placida indolenza pensosa che è propria delle prime ore pomeridiane. La terrazza si sporgeva alquanto sull’acqua, ma quell’onda densa e nerastra, senza respiro, poteva ancora chiamarsi acqua? L’indefinibile elemento del Mar Morto – non più del tutto un fluido e non ancora materia solida – si stendeva greve sotto un giovane sole i cui raggi pasquali, nelle loro vesti vaporose, offrivano lo spettacolo di un’alterna tenzone. Verso Sud, la lontananza faceva male, non si lasciava afferrare, ma ad Oriente e ad Occidente l’occhio incontrava le montagne, che stringono come in una morsa il lago d’asfalto. Erano montagne, o nubi pietrificate, vapore cristallizzato dei ruscelli bollenti che si versano nel bacino di Sodoma e Gomorra? I monti vicini avevano ancora qualche realtà, sembravano radicati in quella terra che è così diversa dalla terra consueta (la conversazione delle cinque persone non sapeva liberarsi dall’impressione opprimente della strana singolarità di quello spettacolo). Quanto più i massi rocciosi di Moab si allontanavano nell’inafferrabile, tanto più rapidamente perdevano il loro convincente aspetto di monti. Trasparenti fortezze di topazio affumicato, torri di gemme sovrastavano la costa orientale, fantastiche formazioni di vetro fluido, di sale e di materie sconosciute, in diverse tonalità verde bottiglia, viola, acquamarina. E pareva che le montagne non ricevessero tutti questi magici colori dalla grazia della rifrazione dei raggi luminosi, ma fossero cristallo e gemma per se stesse, per la loro intima natura. Regnava un mite calore, assai gradito ai turisti inglesi venuti di lontano e abituati a climi ben diversi da questo che, con un sorriso da serra, sembrava atteggiarsi a clima tropicale. Era bello sedere dopo mangiato, lì sulla terrazza, un’ora all’aria libera come se non esistesse il futuro. Alle spalle della comitiva si stendeva la sottile striscia di steppa lungo la costa del Mar Morto, con i suoi grossi cardi accartocciati e le basse piante di cedro, tutta cosparsa di gesso e di brillanti cristalli di sale. Subito dietro l’arida cintura di questa steppa cominciava la pianura del Giordano, il rigoglioso territorio in cui sfocia il fiumicello sacro, regione incolta ma ridente, piena di paludi e di stagni, tutta canneti e boschetti di salici, sotto la nube delle corone lucenti dei pioppi, intorno a cui volteggiavano gli uccelli. Ivi, poc’anzi, avevano visitato il celebre guado, dove si dice che Giovanni abbia dato il battesimo a Gesù. Alcuni pellegrini greci, avvolti nelle loro bianche camicie da morto, erano arrivati allora con un autobus, per compiere una immersione, secondo la consuetudine religiosa, nell’acqua piuttosto rapida del Giordano. Le donne, inginocchiate sulla riva e con lo sguardo chino, serie e intimidite, empivano con l’acqua giallastra del battesimo i recipienti di latta che avevano portati con sé. L’archeologo Burton, che partecipava agli scavi di Gerico, aveva additato in silenzio i recipienti di latta che recavano tutti la scritta: Vacuum Oil. Miss Dorothy Cowell aveva accolto con una brusca risata quella contraddizione madornale che univa e separava i millenni. 8 Ascoltate la voce La conversazione era continuamente interrotta da pause improvvise. Ed ogni volta intorno al termine del discorso si chiudeva, come acqua intorno ad un sasso affondato, un silenzio straordinariamente percettibile, che non si poteva paragonare con nessun altro silenzio del mondo. Quel luogo cinto di montagne spettrali e trasparenti sembrava risparmiato dall’eterno rumoreggiare oceanico dell’universo, per attendere la voce, che il rumore universale sommerge. I lavoratori dell’asfalto facevano la loro sosta meridiana. Di quando in quando giungeva di lontano una voce umana, gutturale, e pareva che la pesante superficie del lago in ascolto rabbrividisse sotto la sua finta imperturbabilità. Sì, laggiù, a qualche miglio di lontananza, si stendeva la bella oasi di Gerico con i suoi boschetti di limoni, di aranci e di pompelmi; con le sue fonti benedette e la montagna di macerie di remotissima età (entro cui scavava anche Mr. Burton), con le sue capanne arabe di argilla, con gli alberghi dai titoli altisonanti. Il dolce, avvolgente profumo di fiori che l’oasi emanava si sentiva fin lì. Di tempo in tempo però l’aria si faceva singolarmente greve, come se volesse condensarsi in un cibo gelatinoso, qualcosa non da respirare, ma da masticare. Solo da quest’improvvisa pesantezza dell’aria ci si accorgeva di essere in una delle conche più profonde della terra, più di quattrocento metri sotto la superficie di tutti gli oceani. “...Centro del mondo...” Le cinque persone – quattro uomini e una donna – staccarono gli occhi, sorpresi, dalle montagne gemmate del Mar Morto e si guardarono l’una con l’altra, come se non una di loro avesse pronunciato quelle parole, bensì una voce solenne e pacata, fuori della loro cerchia. Dorothy Cowell stava distesa un po’ in disparte su di una poltrona a sdraio. Gli uomini avevano scostato le loro seggiole dalla tavola, su cui erano rimaste le caraffe semivuote, i bicchieri, le tazze. Tutti avevano occhiali neri da sole, tranne Clayton Jeeves che, essendo estremamente miope, portava forti lenti chiare davanti agli occhi dalle ciglia lunghe. Egli sedeva avvolto non solo nel suo ostinato silenzio, ma anche in questa dolce miopia, che lo allontanava dagli altri e lo faceva apparire molto timido; né Cartwright, né Burton o il maggiore Shepston disturbavano quel silenzio con la loro attenzione. Solo gli occhi di Dorothy Cowell sfioravano di quando in quando Jeeves; probabilmente ella si sentiva responsabile. Aveva presentato alcuni giorni innanzi il giovane scrittore agli altri tre signori e il giorno prima, nell’atrio del King David Hotel, aveva suggerito ella stessa l’idea di quella gita al Mar Morto. Forse pensava che tale gita in compagnia di uomini non comuni, valesse a scuotere e distrarre Jeeves. Era una giornata ben riuscita. Essi riposavano lì, in quel paesaggio che non aveva quasi più nulla di terreno, come dentro il magico incanto di un profondo e misterioso cratere. Era una sensazione che aveva trovato la sua espressione approssimativa nelle parole “centro del mondo”. Il professor Cartwright, il più anziano della comitiva, sollevò un poco dalla fronte il casco coloniale, che portava a causa del suo cranio completamente calvo, poi disse: “Dovunque sorga una vera religione, ivi è un centro del mondo... Sensazioni simili si hanno, per esempio, a Benares...” Cartwright s’interruppe. Sul suo volto incolore e desideroso di ordine passò l’ombra di una correzione. Del resto egli aveva più d’ogni altro il diritto di parlare di questi argomenti. Tornava allora dall’India a Londra, dopo aver svolto per anni la sua attività in diverse scuole di sanscrito: “Il mio paragone non va...” si corresse infatti. “In tutti gli altri luoghi sono sorti pandemoni d’ogni genere, culti e filosofie; ma una religione nel senso più rigoroso è nata solo qui, in questo piccolo paese... E perciò questo sarà proprio il centro del mondo voluto da Dio...”