COME SEPARARSI O DIVORZIARE SENZA ENTRARE IN
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COME SEPARARSI O DIVORZIARE SENZA ENTRARE IN
COME SEPARARSI O DIVORZIARE SENZA ENTRARE IN TRIBUNALE, TRA ACCORDI NEGOZIATI E ACCORDI AUTOGESTITI Michele Angelo Lupoi Associato dell’Università di Bologna Avvocato in Bologna [email protected] SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. La negoziazione assistita matrimoniale e il relativo invito. – 3. La risposta della controparte e la convenzione di negoziazione matrimoniale. – 4. L’accordo. – 5. Il controllo del pubblico ministero. – 6. (Segue): Il controllo sugli accordi in presenza di “figli a carico”. - 7. (Segue): Il ruolo del Presidente del Tribunale. – 8. - La comunicazione all’ufficiale dello stato civile. – 9. Separazione e divorzio avanti all’ufficiale dello stato civile. – 9. Il divorzio breve: aspetti procedurali. 1. – Ci sono 50 modi per lasciare il proprio innamorato, cantava Paul Simon. All’epoca, peraltro, non esistevano ancora sms e twitter, altrimenti di modi l’artista ne avrebbe trovato anche qualcuno in più. Più modestamente, dopo l’ultima stagione di riforme del diritto di famiglia italiano, ci sono due nuovi modi per separarsi o divorziarsi, ovvero la negoziazione assistita matrimoniale e la dichiarazione avanti all’ufficiale di stato civile, introdotte dal d. l. n. 132 del 12 settembre 2014, n. 132, convertito in legge n. 164 del 2012, sulla degiurisdizionalizzazione (1). La dottrina è stata molto rapida nel battezzare queste nuove modalità per formalizzare la rottura dell’unione coniugale come separazione e divorzio “facili”. Tali nuovi istituti hanno drasticamente ridefinito il rapporto tra parti private ed autorità giudiziaria nella regolamentazione delle conseguenze delle crisi coniugale, con il prepotente affermarsi della volontà negoziale (seppur soggetta a forme più o meno blande di controllo o supervisione pubblica) sulla funzione giurisdizionale cui, in precedenza, in questo contesto, era tradizionalmente attribuita natura costitutivanecessaria (2). 1 ) Su queste tematiche, di recente, LOMBARDI, Separazione consensuale e divorzio congiunto senza l’intervento del giudice, in Quest. dir. fam., pubblicato dal 9-10-2014. 2 ) V. anche Masoni, Negoziazione assistita in ambito familiare e problemi procedurali connessi, in Dir. fam., 2015, I, p. 1393. E così oggi, non solo si può ottenere lo stato civile “libero” in tempi più rapidi: ma per farlo non occorre neppure più varcare le porte del Tribunale (3). Il termine degiurisdizionalizzazione sta proprio ad indicare uno spostamento di “competenze” dall’autorità giudiziaria a favore di altri operatori professionali o istituzionali, cui sono trasferite prerogative sino ad ora nel monopolio, appunto, del giudice. L’aspettativa del legislatore è di riuscire, tramite tale “delega”, a ridurre il carico di lavoro dei Tribunali, che potranno così dedicarsi allo smaltimento del corposo arretrato. Va peraltro osservato che il carico collegato a queste tipologie di cause (in cui l’intervento giudiziale è sovente routinario) non sembra la causa principale della congestione dei nostri tribunali (4). La rilevanza che il legislatore attribuisce alla negoziazione assistita come strumento di degiurisdizionalizzazione (e dunque di riduzione del carico di lavoro dei giudici) è comunque evidenziata dal comma 7° dell’art. 2, che qualifica come vero e proprio dovere deontologico per l’avvocato informare il cliente, all’atto del conferimento dell’incarico, della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita. Anche nel contesto della soluzione delle controversie matrimoniali, dunque, l’avvocato è chiamato a rappresentare al proprio assistito, come alternativa al tradizionale iter giudiziale, la possibilità di percorrere la strada della negoziazione assistita. La conseguenza della mancata informativa al cliente è dotata di maggiore efficacia deterrente rispetto alla mera annullabilità del contratto di prestazione d’opera professionale prevista dall’art. 4, comma 3, d. legisl. n. 28 del 2010. 3 ) Su questi profili della recente riforma v. CRESCENZI, La degiurisdizionalizzazione nei procedimenti di famiglia, in Quest. giust., consultato il 15-1-2015, p. 1 ss., che evidenzia, p. 5, come, con il decreto legge n. 132 del 2014, due concezioni radicalmente diverse e difficilmente compatibili della separazione e del divorzio convivano oggi nel nostro ordinamento; POLISENO, La convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione e divorzio, in Foro it., 2015, V, c. 34. 4 ) V. pure POLISENO, La convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione e divorzio, in Foro it., 2015, V, c. 38, che osserva che, alla riduzione dell’impegno del Tribunale corrisponderà un aumento di lavoro per l’ufficio del p. m. La responsabilità disciplinare si configura senz’altro rispetto all’avvocato che, senza neppure rappresentare l’opzione della negoziazione assistita al suo cliente, proceda al deposito di un ricorso giudiziale. Una responsabilità professionale, però, alla luce del tenore e della ratio della norma in esame, potrebbe anche configurarsi per il difensore che trascuri l’alternativa offerta dall’art. 6 e depositi un ricorso consensuale o congiunto: anche in questo caso, infatti, il difensore non avrebbe correttamente svolto il suo ruolo di protagonista della degiurisdizionalizzazione. Non può neppure escludersi una responsabilità contrattuale per l’avvocato che, non rappresentando al cliente la possibilità di utilizzare il nuovo istituto, causi un danno derivante dalla tempistica più lunga del procedimento giudiziale rispetto a quello “negoziato” (ad esempio, per l’ipotesi in cui, presentato un ricorso congiunto di divorzio, uno dei coniugi deceda prima della pubblicazione della sentenza). Dal punto di vista dell’utente del “servizio” giustizia, le novità introdotte in questo ambito appaiono, nel complesso, da salutare con favore. I costi, probabilmente, non sono destinati ad abbassarsi, in caso di negoziazione assistita: anzi, è realistico che un avvocato richieda compensi anche più elevati rispetto ad una separazione consensuale o a un divorzio congiunto avanti al giudice, considerato il maggiore impegni e le più ampie responsabilità che la legge pone a suo carico, come protagonista della degiurisdizionalizzazione. Nella separazione e nel divorzio “fai da te”, avanti all’ufficiale di stato civile, d’altro canto, i costi per le parti che non si facciano assistere da un avvocato si azzerano. Aumentano però i rischi che, senza un’adeguata consulenza legale, i coniugi addivengano ad accordi poco equi, rispetto al quale l’ufficiale di stato civile non potrà fornire alcun controllo di merito. Nella negoziazione assistita matrimoniale, la degiurisdizionalizzazione coinvolge la classe forense, cui viene attribuito il ruolo di guidare i coniugi attraverso una trattativa, appunto, assistita dai consulenti legali, facilitando il raggiungimento di un accordo. In questo contesto, il ruolo dell’avvocato trascende quello sin qui svolto di patrocinatore e difensore della parte. Nel nuovo scenario, infatti, all’avvocato sono attribuiti inediti poteri di certificazione, per dare certezza in merito alla riferibilità degli atti della negoziazione assistita ai coniugi che li sottoscrivono, rendendo così superfluo un controllo giurisdizionale al riguardo: salva l’ipotesi di diniego dell’autorizzazione all’accordo da parte del p. m., infatti, i coniugi, oggi, possono separarsi e divorziarsi senza mai arrivare al cospetto di un giudice. Inoltre, e più nella sostanza, gli avvocati sono i primi garanti della legalità degli accordi sottoscritti dai loro assistiti, di cui devono certificare la conformità all’ordine pubblico e alle norme imperative. Nella separazione e nel divorzio avanti all’ufficiale di stato civile, per contro, la degiurisdizionalizzazione assume le connotazione di una vera e propria “privatizzazione” dell’accordo tra i coniugi, che, anche senza l’assistenza di un avvocato, possono manifestare la loro volontà di separarsi o divorziarsi avanti all’ufficiale di stato civile (in persona del sindaco), il quale è chiamato a un controllo meramente formale. 2. – Della c.d. negoziazione assistita matrimoniale si occupa l’art. 6 del decreto legge n. 132 del 2014, che la configura come un tipo particolare di negoziazione assistita, disciplinata dai precedenti artt. 2-5. Del modello “generale” di negoziazione assistita, quella matrimoniale condivide la struttura di base (ovvero il procedimento formalizzato per dare inizio, condurre e auspicabilmente condurre in porto la trattativa). Da esso però si differenzia sotto almeno due rilevanti profili: in primo luogo, mentre la negoziazione assistita “generale” può riguardare solo controversie su diritti disponibili, quella in ambito matrimoniale riguarda (anche) situazioni e stati personali connotati dalla indisponibilità, con una forte spinta verso la liberalizzazione del diritto di famiglia (5); da questo punto di vista, la disciplina della negoziazione assistita matrimoniale presuppone l’applicazione delle norme sulla negoziazione assistita “generale”, in quanto compatibili (6). Inoltre, proprio in conseguenza della rilevanza “pubblica” delle situazioni su cui l’accordo negoziato è destinato a incidere, l’accordo stesso non è immediatamente efficace (come invece 5 ) V. anche BORGHESI, La delocalizzazione del contenzioso civile: sulla giustizia sventola bandiera bianca?, in www.judicium.it, p. 19. 6 ) V. pure POLISENO, La convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione e divorzio, in Foro it., 2015, V, c. 35. quello “generale”), ma è condizionato sospensivamente a un controllo di forma e merito da parte del p. m., cui è attribuito un ruolo amministrativo di verifica “esterna”. Sulla falsariga della negoziazione assistita generale, anche in questo ambito il procedimento inizia su iniziativa di una parte (7) la quale invia all’altra un invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita, ossia, secondo la definizione dell’art. 2, un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia, tramite l'assistenza di avvocati iscritti all'albo. In effetti, questo tipo di negoziazione assistita richiede per legge che ogni parte sia assistita da un difensore diverso: tale soluzione, evidentemente rivolta ad evitare possibili conflitti di interessi, è stata criticata (8), anche perché rischia di rendere questa modalità di definizione della crisi coniugale meno concorrenziale rispetto ai procedimenti avanti al giudice, in cui si ammette che un unico avvocato riceva il mandato da entrambi i coniugi. Tale “imposizione”, peraltro, può essere giustificata dal fatto che il p. m. esercita solo un controllo “indiretto” sull’accordo, senza alcun contatto con le parti e che dunque il vero garante della tutela dei diritti di ciascun coniuge è proprio l’avvocato (9). In ultima analisi, la previsione normativa potrebbe rappresentare una forma di “garanzia” per lo stesso difensore. Seguendo la disciplina generale (art. 4, comma 2), l’invito è formulato dall’avvocato ma sottoscritto personalmente dalla parte, la cui firma viene autenticata dal difensore stesso. Tale invito, di norma, sarà formulato prima dell’inizio di un procedimento in Tribunale, costituendo la negoziazione assistita matrimoniale una alternativa alla via 7 ) Legittimati ad utilizzare lo strumento in esame sono esclusivamente i coniugi. TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei minori dalla riforma della filiazione alla negoziazione assistita delle crisi coniugali, in Fam. dir., 2015, p. 163, peraltro, non esclude che la negoziazione tra i coniugi possa coinvolgere anche i figli maggiorenni ma non autosufficienti, chiamati ad intervenire nella stessa. 8 ) Su cui critico DANOVI, I nuovi modelli di separazione e divorzio: una intricata pluralità di protagonisti, in Fam. dir., 2015, p. 1147 s. 9 ) V. anche le osservazioni di G. FINOCCHIARO, Il numero dei legali diventa un rebus, in Guida dir., 2014, fasc. 49-50, p. 62, per cui l’imposizione di almeno un avvocato per parte pare salvaguardare maggiormente i principi del contraddittorio e della difesa. giurisdizionale. Essa, peraltro, potrà essere utilizzata anche in pendenza di un procedimento giudiziario, per accelerare i tempi della definizione concordata di un conflitto nato come contenzioso, ovvero quando la comparizione delle parti avanti al Presidente o al collegio del Tribunale sia stata fissata a distanza di molti mesi, come invero accade nei Tribunali più affollati. In questi casi, ovviamente, il procedimento pendente sarà abbandonato ovvero chiuso con una declaratoria di cessazione della materia del contendere. L’invito, sul piano contenutistico, deve specificare l’oggetto della controversia ovvero la definizione di un accordo di separazione, divorzio (nel solo caso previsto dall'art. 3, comma 1°, n. 2), lett. b) della legge n. 898 del 1 dicembre 1970) o di modifica delle condizioni di una separazione o un divorzio già pronunciati. La negoziazione assistita matrimoniale si può utilizzare sostanzialmente in ogni ipotesi: in sede di conversione del decreto legge n. 132, in particolare, si è esteso l’ambito applicativo del nuovo istituto alle situazioni in cui siano presenti figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti. L’unica ipotesi che realisticamente sfugge alla degiurisdizionalizzazione è quella in cui i coniugi concordano la liquidazione una tantum dell’assegno divorzile, dal momento che la legge richiede che tale liquidazione sia ritenuta equa dal Tribunale. Al riguardo, si potrebbe affermare che tale vaglio, nel contesto qui in esame, possa essere sostituito da quello effettuato dal p. m., ma tale soluzione appare invero poco opportuna, considerato che il pubblico ministero non si spinge a valutare la congruità delle statuizioni economiche pattuiti tra i due (ex) coniugi. Nell’invito, inoltre, il proponente deve avvertire la controparte che il suo eventuale rifiuto di stipulare la convenzione o la sua mancata risposta entro trenta giorni dalla ricezione dell’invito stesso potranno essere valutati ai fini delle spese del giudizio, anche ai sensi dell’art. 96 c. p. c. Le conseguenze subite dalla parte “recalcitrante” all’apertura di una negoziazione sono simili ma non identiche a quelle previste dall’art. 13 del d. legisl. n. 150 del 2010 in materia di mediazione obbligatoria. Nel contesto in esame, peraltro, non si prevede neppure che la parte che rifiuta l’invito possa addurre un “giustificato motivo” per il suo atteggiamento di “chiusura” al dialogo, sebbene si possano senz’altro prospettare casi in cui tale “chiusura” sia giustificabile (come in caso di separazione causata dai comportamenti violenti o abusanti del coniuge che invia la proposta). D’altro canto, l’art. 4, nell’utilizzare il verbo “potere” indica chiaramente che non vi è alcun automatismo tra rifiuto dell’invito e provvedimento sulle spese, dovendo comunque il giudice valutare tutte le circostanze della fattispecie ed in particolare applicare la regola generale per cui la condanna alle spese presuppone la soccombenza della parte. 3. – La controparte può accettare l’invito a stipulare la convenzione di negoziazione assistita matrimoniale ovvero respingerlo, espressamente o tacitamente (non dando riscontro al proponente entro il termine all’uopo indicato): in queste ipotesi, essa potrà ricevere un trattamento deteriore sul piano della liquidazione delle spese della futura (eventuale) lite (v. paragrafo precedente). Di norma, l’accettazione avrà forma scritta, inviata a mezzo posta o p.e.c. In genere, inoltre (salve, ad esempio, ipotesi come quella in cui l’invito sia tanto dettagliato da costituire esso stesso, in caso di accettazione, la convenzione), a seguito dell’accettazione le parti dovranno stipulare la convenzione di negoziazione assistita: ovvero l’accordo per impegnarsi a trattare… La convenzione dovrà disciplinare la struttura e i vari passaggi della futura trattativa (ad esempio, indicando un numero minimo di incontri e il relativo oggetto). Essa inoltre dovrà specificare (art. 2, comma 2) il termine concordato per l'espletamento della procedura, in ogni caso non inferiore a un mese e non superiore a tre, prorogabile però di ulteriori trenta giorni su accordo tra le parti. Il requisito che la convenzione sia conclusa per un periodo di tempo determinato dalle parti è ribadito dal comma 3 dell’art. 2. Qualora tale termine massimo decorra senza che sia (ancora) stato trovato un accordo, i coniugi che vogliano continuare a percorrere la strada della negoziazione potranno eventualmente stipulare una nuova convenzione (o confermare con espressa dichiarazione quella inizialmente stipulata). D’altro canto, non pare che un accordo raggiunto “fuori tempo massimo” senza tale rinnovazione o conferma possa ritenersi inficiato di nullità. Il termine massimo previsto dalla legge, infatti, è finalizzato ad evitare che una parte possa trovarsi vincolata a negoziare sine die, con una intollerabile compressione del suo diritto di azione. Nulla esclude però che le parti, nella loro autonomia negoziale, coltivino la negoziazione anche oltre il decorso del termine in questione, per cogliere i frutti tardivi dell’attività comunque utilmente svolta. La convenzione deve a sua volta essere sottoscritta dalle parti personalmente, con certificazione di autenticità da parte dei rispettivi avvocati (art. 2, comma 6). La norma precisa che tale certificazione avviene sotto la responsabilità professionale dei legali coinvolti: specificazione di cui probabilmente non vi sarebbe stato bisogno (e che comunque non esclude altre forme di responsabilità), ma che serve a sottolineare la delicatezza del compito assegnato al difensore dal legislatore. La convenzione può essere stipulata ovunque sul territorio italiano (fuori dai confini nazionali, in effetti, l’avvocato non potrebbe esercitare i poteri di “certificazioni” attribuitigli dalla legge) e la negoziazione assistita può svolgersi in qualsiasi luogo ( 10) e anche a distanza. Ai fini della sua ratifica, peraltro, l’accordo deve riguardare coniugi di cui almeno uno domiciliato o residente in Italia nel momento della conclusione dell’accordo: dopo la firma delle parti, infatti, l’accordo deve essere trasmesso al p. m. del Tribunale “competente” e ciò implica un collegamento territoriale tra l’Italia e almeno una delle parti interessate. Della competenza territoriale, d’altronde, l’art. 6 si occupa solo in maniera indiretta e non molto meditata: il suo comma 2°, infatti, si limita a stabilire che l’accordo concluso tra i coniugi sia trasmesso al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente, senza però fornire elementi per individuarlo. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, nella modulistica predisposta a seguito dell’introduzione del nuovo istituto, indica, per le separazioni, alla voce “competenza territoriale”, quella della Procura del luogo in cui i coniugi hanno avuto l’ultima comune residenza. Si fa riferimento, in altre parole, al criterio di collegamento previsto dall’art. 706 c. p. c. per le separazioni giudiziali. 10 ) V. pure TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei minori, cit., p. 163. A parere di chi scrive, però, quelli che vengono qui in rilievo non sono i criteri previsti per i procedimenti contenziosi quanto quelli dei riti basati sul consenso dei coniugi, ovvero, ai sensi dell’art. 4, comma 1, l. divorzio (applicabile per analogia anche alla separazione), il luogo di residenza o domicilio di uno dei due coniugi (11). L’accordo, dunque, dovrà essere accompagnato dai certificati di residenza delle parti o da una loro dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà al riguardo. Per le ipotesi di accordo per la modifica di condizioni di separazione o divorzio, applicando le norme relative ai procedimenti giudiziali di modifica ex art. 710 c. p. c. e 9 l. div., la competenza spetta al Tribunale del luogo di residenza di una delle due parti nonché a quello del luogo in cui l’obbligazione è sorta o deve essere adempiuta. Le parti possono dunque effettuare una sorta di forum shopping (12): è, dunque, opportuno che esse nell’accordo precisino il Tribunale di riferimento ed eventualmente giustifichino tale scelta, fornendo le certificazioni o i documenti comprovanti la situazione di fatto rilevante a tal fine. Vale la pena ricordare che, in materia di contenzioso familiare, compreso quello “consensuale”, la competenza territoriale ha sempre natura inderogabile: anche in questo contesto, dunque, permane tale inderogabilità, su cui dovrà vigilare il p. m. in sede di “controllo” sull’accordo. Ove i criteri di collegamento utilizzabili in sede giudiziale non risultino applicati, tale “controllo” non potrà avere esito positivo (v. infra). Stipulando la convenzione di negoziazione assistita, le parti si obbligano ad impegnarsi in una trattativa con la controparte, secondo buona fede. Tale trattativa, in mancanza di 11 ) Alla medesima conclusione giunge, per il solo divorzio, anche la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano. Così anche TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei minori, cit., p. 163. V. anche Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1402. 12 ) L’alternativa, da costruire però in deroga alla normativa applicabile in sede giudiziale, potrebbe essere quella di limitare la “scelta” del foro competente a quello della residenza dell’uno o dell’altro coniuge. A favore dell’individuazione di un solo ufficio competente vanno le indicazioni della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano per cui, in caso di modifica, sussisterebbe la competenza territoriale della Procura del luogo di residenza del beneficiario dell’obbligazione. Si tratta, peraltro, di un criterio abbastanza arbitrario e che, comunque, viene messo fuori gioco qualora la modifica non riguardi un’obbligazione in quanto tale oppure quando la modifica riguardi l’elisione di un obbligo. una figura terza ed imparziale come nella mediazione, si svolge direttamente tra le parti stesse del conflitto e i rispettivi legali. Ai sensi dell’art. 9, commi 2 e 3, avvocati e parti, nel corso della negoziazione, hanno l’obbligo di comportarsi con lealtà e di tenere riservate le informazioni ricevute. Le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso del procedimento non possono essere utilizzate nel giudizio avente in tutto o in parte il medesimo oggetto. Inoltre, i difensori delle parti e coloro che partecipano al procedimento non possono essere tenuti a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite (13). Ai sensi dell’art. 9, comma 4 bis, poi, la violazione delle prescrizioni di cui al comma 1 e degli obblighi di lealtà e riservatezza di cui al comma 2 costituisce per l'avvocato illecito disciplinare. Nulla esclude, peraltro, che, nella convenzione o nel corso della negoziazione, le parti possano darsi il reciproco consenso alla produzione, nell’eventuale futuro giudizio, di documenti scambiati nel corso della negoziazione stessa (ad esempio, le rispettive dichiarazioni dei redditi). 4. – Il procedimento di negoziazione assistita può fallire o approdare ad un accordo. Non essendo la negoziazione prevista come condizione di procedibilità nel contesto che ci riguarda, non assume particolare rilevanza la previsione del comma 3° dell’art. 4, alla cui stregua gli avvocati hanno il compito di certificare la dichiarazione di mancato accordo delle parti: tale formalità, nel contenzioso matrimoniale, sarebbe fine a se stessa. Ove, invece, si raggiunga un accordo, esso dovrà avere forma scritta ed essere sottoscritto personalmente dalle parti, le cui firme sono poi “autenticate” dai rispettivi avvocati. I legali delle parti, inoltre, ai sensi dell’art. 5, comma 3°, hanno il compito di certificare la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico, ciò che fa 13 ) Ai sensi del comma 4° dell’art. 9, inoltre, a tutti coloro che partecipano al procedimento si applicano le disposizioni dell'articolo 200 c.p.p. e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell'articolo 103 c.p.p. in quanto applicabili. assumere al ruolo dell’avvocato connotazioni pubblicistiche (14), da cui derivano responsabilità di un certo rilievo. I professionisti, in particolare, sono chiamati a verificare che l’accordo sia idoneo a superare il controllo del p. m., profilandosi, in caso contrario, una responsabilità professionale che potrebbe avere conseguenze sul contratto d’opera e sul diritto al compenso dell’avvocato, oltre ad un eventuale risarcimento del danno. Sul piano contenutistico, l’accordo espliciterà le condizioni della separazione o del divorzio, ovvero le relative modifiche, sulla falsariga di quanto tradizionalmente avviene nei corrispondenti procedimenti avanti al giudice. Il comma 3° dell’art. 6, inoltre, richiede che l’accordo dia atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e che hanno informato le parti stesse della possibilità di esperire la mediazione familiare nonché dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori. La legge, peraltro, non specifica le conseguenze del mancato inserimento di tali formule un po’ paternalistiche (15). Ove si adottasse un approccio rigido, verificato tale “vizio formale”, il p. m. dovrebbe negare il proprio nulla osta o l’autorizzazione. In tale ipotesi, d’altro canto, appare opportuno ritenere che le parti possano integrare il proprio accordo, senza bisogno di stipulare una nuova convenzione. L’accordo, a pena di nullità, deve essere sottoscritto dalle parti personalmente. Anche in questo caso, l’autenticità di tali sottoscrizioni è certificata dall’avvocato. Ai sensi del comma 3° dell’art. 5, se, con l'accordo, le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall'articolo 2643 c. c., per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale di accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato (16). 14 ) Così BORGHESI, op. cit. p. 19. 15 ) Per alcune critiche alle formule che la legge richiede di inserire nell’accordo v. DANOVI, I nuovi modelli di separazione e divorzio, cit., p. 1146. 16 ) Tale requisito è stato definito un formalismo poco in linea con lo spirito dell’innovazione: D’AGOSTO, CRISCUOLO, Prime note sulle “misure urgenti di degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile”, in www.ilcaso.it, p. 21. La norma sembra smentire la tesi alla cui stregua un accordo matrimoniale “negoziato” non potrebbe che limitarsi a dare conto del patto di trasferimento che ci Si applica anche all’ambito matrimoniale il comma 4° dell’art. 5, ai sensi del quale costituisce illecito deontologico per l'avvocato impugnare un accordo alla cui redazione ha partecipato: con la precisazione che tale previsione si applica alle ipotesi di impugnazione dell’accordo in senso “proprio”, ad esempio per fare valere un vizio del consenso (17) ma non alla successiva richiesta di modifica delle condizioni di separazione o divorzio negoziate tra le parti, a fronte del mutamento delle circostanze. E’ la legge stessa, infatti, a prevedere che gli accordi tra i coniugi abbiano efficacia rebus sic stantibus e che l’adeguamento delle relativa all’evolversi della situazione sostanziale di riferimento rientri nella fisiologia del rapporto tra le parti. 5. – La negoziazione assistita matrimoniale rappresenta l’equivalente funzionale dei tradizionali procedimenti avanti al giudice. L’accordo raggiunto al suo esito, dunque, spiega gli stessi effetti del decreto di omologa della separazione consensuale, della sentenza di divorzio, del decreto camerale di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio (art. 6, comma 3°). Per produrre tali effetti, però, l’accordo deve superare il controllo del pubblico ministero. Il positivo superamento di tale vaglio integra una condizione sospensiva dell’efficacia dell’accordo stesso. Il controllo “pubblico” sull’accordo negoziato tra le parti assume connotazioni diverse a seconda che quest’ultimo riguardi genitori con figli minori, maggiorenni incapaci, maggiorenni non autosufficienti o maggiorenni portatori di handicap grave o non. In mancanza di “figli a carico”, in particolare, l’accordo deve essere trasmesso al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente (v. supra) il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi del comma 3° (ovvero la trasmissione dell’accordo all’ufficiale dello stato civile da parte dei legali delle parti). si accinge a redigere innanzi al pubblico ufficile: POLISENO, La convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione e divorzio, in Foro it., 2015, V, c. 36. 17 ) Su questo punto v. anche CRESCENZI, La degiurisdizionalizzazione nei procedimenti di famiglia, in Quest. giust., consultato il 15-1-2015, p. 5. La legge, peraltro, non chiarisce come possa o debba avvenire tale “trasmissione” dell’accordo al p. m. Allo stato, il metodo più utilizzato è la consegna a mano del documento in forma cartacea alla cancelleria dell’ufficio competente (18). Dovrebbe peraltro essere possibile fare ricorso anche all’invio per posta, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, o anche tramite p.e.c., almeno alla Procure attrezzate in tal senso. Per questa ipotesi, inoltre, non è neppure previsto un termine entro il quale tale trasmissione debba avvenire: appare comunque applicabile anche qui il termine di dieci giorni, previsto in caso di “figli a carico” (19). Il Ministero della giustizia, con circolare del 16 marzo 2015, ha precisato che, al momento di tale trasmissione, non è dovuto il versamento di contributo unificato. La medesima circolare ha chiarito che la procedura in esame non è sottoposta alla sospensione feriale dei termini, Manca, altresì, l’indicazione di un termine entro il quale il p. m. sia tenuto a comunicare se il nulla osta sia stato o meno concesso. Anche in questo caso, il buon senso impone di ritenere applicabile il termine di 5 giorni previsto per l’ipotesi di accordo con “figli a carico”. La norma non ne fa menzione, ma è evidente che all’accordo possono e devono essere allegati documenti, sulla cui base il p. m. possa effettuare i suoi controlli (in primis, quelli necessari a determinare la competenza territoriale dell’ufficio “adito”): nella prassi, in effetti, si stanno cominciando ad elaborare liste della documentazione richiesta a tal fine (20). 18 ) Questa, ad esempio, è la modalità indicata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, in attesa dell’imminente dotazione della p.e.c. 19 ) Così pure DANOVI, I nuovi modelli di separazione e divorzio, cit., p. 1142, per cui, peraltro, si tratta di un termine non perentorio e il cui mancato rispetto non esime il p.m. dal vagliare l’accordo trasmessogli tardivamente; Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1402. 20 ) La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, ad esempio, per la separazione richiede l’estratto per sunto dell’atto di matrimonio, lo stato di famiglia e il certificato di residenza di entrambi i coniugi. Più articolata la documentazione da allegare all’accordo di divorzio (in particolare, va allegato il provvedimento o l’accordo relativo alla Il controllo di “regolarità” dell’accordo riguarda i presupposti di applicabilità della negoziazione assistita matrimoniale, i requisiti formali per la validità dell’accordo (ad esempio, la competenza dell’Ufficio cui l’accordo stesso sia stato trasmesso, la sottoscrizione personale delle parti, la relativa autenticazione da parte dei difensori e così via) (21) e anche il rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico ( 22). Si osserva che tale controllo non si estende, invece, alla congruità o all’equità dell’accordo, trattandosi di aspetti rimessi alla fase della negoziazione e alla conseguente responsabilità degli avvocati (23). La norma non chiarisce con quali modalità debba avvenire la comunicazione alle parti del rilascio del nullaosta. Poiché da quel momento inizia a decorrere il termine di dieci giorni per la trasmissione dell’accordo all’ufficiale dello stato civile, tale comunicazione dovrà in ogni caso avvenire con forme idonee a garantire certezza in merito al raggiungimento del suo scopo e alla data esatta del suo compimento. L’invio di un messaggio di posta elettronica certificata, ovviamente, soddisferebbe tali condizioni, ma allo stato le Procure potrebbero non essere organizzate in modo adeguato (24). previa separazione). In caso di presenza di figli a carico, inoltre, viene sempre richiesta l’allegazione delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e, in caso di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap gravi, la relativa certificazione sanitaria. CRESCENZI, op. cit., p. 5, peraltro, ritiene non opportuno richiedere l’allegazione delle dichiarazioni fiscali delle parti. 21 ) V. pure CRESCENZI, op. cit., p. 4, per cui il concetto di regolarità dell’atto deve essere costruito dall’interprete, in base alle prescrizioni esplicitamente elencate dall’art. 6 e a quelle implicitamente presupposte; Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1403. 22 ) CRESCENZI, op. cit., p. 6. 23 ) Così CRESCENZI, op. cit., p. 6, il quale però, p. 7, pare contraddire tale affermazione, affermando che il p. m. potrebbe considerare irregolare un accordo in cui un coniuge assuma impegni economici incompatibili con i suoi redditi dichiarati. V. anche Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1403. 24 ) Ad esempio, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, in attesa di essere dotata di pec, prevede il ritiro da parte di uno degli avvocati, o di un loro delegato, presso l’ufficio, precisando che da tale ritiro inizia a decorrere il termine per la trasmissione dell’accordo all’Ufficiale dello stato civile. La legge non specifica neppure se la Procura debba trattenere una copia o l’originale dell’accordo. La Procura di Milano si è espressa nel senso che all’avvocato viene consegnata una copia, mentre l’originale rimane agli atti dell’Ufficio. In quest’ottica, sorge il dubbio se, qualora la parte avesse bisogno di una copia autentica dell’accordo da lei sottoscritto, debba chiederne il rilascio alla Procura ovvero al proprio avvocato (ma in questo caso, si tratterebbe di una copia della copia). Su questi dettagli operativi, invero di non secondaria importanza, appare opportuno un intervento “unificatore” delle prassi difformi altrimenti destinate a diffondersi. Non si precisa neanche cosa avvenga qualora il p. m. ravvisi irregolarità nell’accordo raggiunto tra le parti (25): a contrario, si desume però che, in tal caso, il nullaosta dovrà essere negato, con conseguente impossibilità per l’accordo stesso di produrre effetti. Nel silenzio della norma, però, nulla (se non il breve termine entro il quale il p. m. è chiamato a pronunciarsi) porta ad escludere che il p. m., in caso di dubbi, possa chiedere chiarimenti alle parti, anche sotto forma di produzioni documentali o di dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà. Al diniego del rigetto potrà far seguito la redazione di un nuovo accordo di negoziazione assistita, la predisposizione di un tradizionale ricorso a firma congiunta o, come alcuni ritengono, l’azione giudiziaria (con le forme ordinarie) per sentire dichiarare la regolarità e la validità dell’accordo originario affinché esso possa produrre i suoi effetti (26). 6. – Qualora l’accordo riguardi coniugi con “figli a carico”, il p. m., a seguito della trasmissione dell’accordo, entro un termine (ordinatorio) (27) di cinque giorni, è chiamato a valutare se tale accordo risponda all’interesse della prole. 25 ) Ad esempio, CRESCENZI, op. cit., p. 6, considera un motivo di irregolarità l’eventuale assegnazione della casa coniugale in mancanza di figli a carico. 26 ) Così Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1404. 27 ) Così pure Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1402. In caso positivo, egli autorizzerà l’accordo, cui a quel punto si applicherà il comma 3° dell’art. 6; in caso contrario, dovrà trasmettere l’accordo stesso al Presidente del Tribunale che fisserà, entro i successivi trenta giorni (termine anche questo ordinatorio) (28), la comparizione delle parti e provvederà senza ritardo. Ancorché nel silenzio della legge, appare necessario che il p. m., prima di vagliare la rispondenza dell’accordo all’interesse dei figli, verifichi che l’accordo stesso soddisfi i requisiti di forma – contenuto stabiliti dalla legge (ad esempio, rispetto alle certificazioni dei legali e alla presenza delle dichiarazioni previste dall’art. 6, comma 3°: v. supra) e che siano soddisfatti i presupposti “processuali” in merito alla competenza territoriale dell’ufficio giudiziario adito. La norma non specifica su quali basi il p. m. possa valutare se l’accordo risponda all’interesse dei figli (29). Si tratta evidentemente di un controllo documentale (30), dal momento che non si prevede né che il p. m. incontri le parti né che ascolti il minore ( 31). La completa omissione di tale incombente, elevato a condizione di validità di ogni provvedimento emesso nell’interesse di un minore, peraltro, appare in evidente (e forse non troppo meditata) contro-tendenza rispetto alle recenti riforme introdotte dalla legge n. 219 del 2012 e dal decreto legislativo n. 154 del 2013 (32). 28 ) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1402, per il quale, entro tale termine, si deve effettivamente tenere l’udienza e non semplicemente programmarla. 29 ) Essendo pacifico che il p. m., in questa sede, possa compiere una verifica sulla convenienza degli accordi: Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1403. 30 ) V. anche CRESCENZI, op. cit., p. 4. 31 ) Critico al riguardo TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei minori, cit., p. 162, per cui sussistono ombre sulla legittimità costituzionale delle norme che consentono la separazione e il divorzio stragiudiziali anche in presenza di figli. 32 ) Di difforme opinione CRESCENZI, op. cit., p. 9, per cui, quando i genitori sono d’accordo, l’ascolto deve considerarsi, in linea generale, superfluo. Si esclude pure che il p. m. possa svolgere autonoma attività di indagine (33). Egli potrà però verificare dai documenti prodotti (o da quelli di cui abbia chiesto la produzione) se, pur nel silenzio dell’accordo, risulti la presenza di figli “a carico” della parti (34). Sarà cura delle parti allegare all’accordo tutti i documenti (in primis, quelli relativi alle rispettive condizioni patrimoniali e reddituali) sulla cui base il p. m. possa riscontrare che l’accordo risponde in effetti all’interesse dei figli. In caso di figli minori, ad esempio, eventuali condizioni che portino ad escluderne l’affidamento condiviso (da tempo elevato a modalità standard di affidamento in caso di crisi genitoriale) dovranno essere adeguatamente motivate e documentate (35). A livello di prassi locali, le Procure potrebbero anche fornire una lista di documenti o di dichiarazioni che le parti debbano allegare all’accordo al momento della sua trasmissione. Si ritiene che il p. m. possa chiedere alle parti informazioni integrative o ulteriori documenti (36). Va osservato, a questo riguardo, che vi è diffuso timore che l’impossibilità di effettuare controlli effettivi sugli accordi delle parti nei tempi e nei termini imposti dalla legge possa indurre il p. m. a cassare o promuovere gli accordi stessi senza una vera verifica 33 ) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1403. 34 ) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1403. 35 ) Così pure Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1404. 36 ) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 14°3. (37). In effetti, gli interpreti concordano sul fatto che la scelta di affidare al p.m. il controllo sugli accordi negoziati sia stata poco opportuna (38). 7. - Una grave lacuna della nuova normativa riguarda il ruolo del Presidente del Tribunale, cui viene trasmesso dal p.m. l’accordo ritenuto da quest’ultimo non rispondente all’interesse dei figli. La legge prevede che, in tale ipotesi, il Presidente debba fissare un’udienza di comparizione delle parti e provvedere “senza ritardo”. Nulla viene però aggiunto circa la natura di tale udienza e i poteri che, a questo punto, il Presidente possa esercitare. Gli interpreti si sono dunque divisi su due fronti. Un primo orientamento, condiviso da chi scrive, ritiene che, una volta che il p. m. trasmetta l’accordo al Presidente del Tribunale, il procedimento esca dalla sfera della degiurisdizionalizzazione, per innestarsi sui tradizionali binari giudiziali della separazione consensuale, del divorzio congiunto o della modifica congiunta delle condizioni, a seconda dei casi (39): in quest’ottica, il Presidente disporrà, in base alle circostanze, un’udienza avanti a sé (separazione) o al collegio (divorzio o modifica di condizioni). In tali sedi, parti e giudici si confronteranno sul contenuto dell’accordo negoziato, analizzandone gli eventuali punti deboli, alla luce dei rilievi del p. m. Il Presidente o il collegio potrà, se del caso, proporre adattamenti e modifiche e, in 37 ) Dubbi anche di POLISENO, La convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione e divorzio, in Foro it., 2015, V, c. 35. Dubbi in merito alle garanzia offerte dal controllo del p.m. rispetto alla tutela dell’interesse superiore dei figli minorenni di TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei minori, cit., p. 162. V. anche le critiche di G. FINOCCHIARO, Un controllo formale che non tutela la prole, in Guida dir., 2014, fasc. 49-50, p. 66 s. 38 ) V. le condivisibili critiche di DANOVI, I nuovi modelli di separazione e divorzio, cit., p. 1144; per Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1401, l’aver individuato nel p. m. l’organo cui affidare il controllo sugli accordi dei coniugi rappresenta una mossa “non priva di astratta genialità”, ma “preoccupante nelle sue effettive implicazioni pratiche”. 39 ) In questo senso, pare, anche TRISCARI, L’accordo dei coniugi verificato dal p.m., in Guida dir., 2014, fasc. 49-50, p. 57; circolare del Presidente del Tribunale di Bologna del 25 febbraio 2015. Esclude invece tale opzione TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei minori, cit., p. 161, in quanto contrastante con la volontà dei coniugi di evitare la via della giurisdizione. applicazione dell’art. 337-octies c. c., potrà essere disposto l’ascolto della prole minorenne, se presente (40). In base alle regole ordinarie, i coniugi potranno recepire tali proposte o suggerimenti, formalizzando, avanti al collegio, un nuovo accordo cui seguirà il decreto di omologa della separazione, la sentenza di divorzio o il decreto di modifica. A tale ricostruzione, si può obiettare che essa preveda una pronuncia giudiziale in mancanza di domanda delle parti, che avevano intrapreso la via della negoziazione assistita e concluso un accordo (41). Il rilievo non è insuperabile, ove si qualifichi la trasmissione dell’accordo al p.m. come una istanza di “omologazione” dell’accordo stesso: avanti al Presidente o al collegio, in effetti, si arriva comunque su impulso delle parti, le quali saranno poi chiamate, all’udienza, a formalizzare la propria richiesta di recepimento dell’accordo tra loro raggiunto. Il problema potrebbe essere quello dell’iscrizione del procedimento a ruolo, ma anche questo non appare un ostacolo insormontabile, potendovi le parti provvedere su invito del Presidente contenuto nel decreto di fissazione dell’udienza (42). L’interpretazione alternativa (che appare fatto propria anche dalla Circolare del Ministero dell’interno del 9 dicembre 2014), considerando la negoziazione assistita matrimoniale come una fattispecie integralmente alternativa al procedimento giurisdizionale, valorizza anche in questa fase la natura “degiurisdizionalizzata” del procedimento: in tale ottica, all’udienza, le parti compaiono davanti al solo Presidente del Tribunale (43), il quale le invita ad adeguarsi ai rilievi del pubblico ministero. 40 ) V. pure TOMMASEO, op. cit., p. 162. Contra CRESCENZI, op. cit., p. 10. 41 ) Presidente del Tribunale di Torino, 15 gennaio 2015, in Giur. it., 2015, p. 1398; Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1405. 42 ) Al riguardo, la circolare del Presidente del Tribunale di Bologna del 25 febbraio 2015 pone a carico della cancelleria la comunicazione alle parti, contestualmente alla data dell’udienza, anche dell’invito alla regolarizzazione dell’iscrizione a ruolo e al versamento del relativo contributo unificato. 43 Una variante di tale corrente interpretativa, nel valorizzare il ruolo esclusivo del Presidente del Tribunale, afferma però che quella che ha luogo davanti a lui sia a tutti gli effetti una fase a natura giurisdizionale, assimilabile ai procedimenti di volontaria giurisdizione, che si svolge nelle forme dei procedimenti in camera di consiglio e si conclude, sentite le parti, con ordinanza di autorizzazione o di diniego dell’autorizzazione (44). Per alcuni, il Presidente, nel corso dell’udienza, potrebbe compiere atti istruttori indispensabili e anche procedere all’ascolto del minore (45). In caso le parti rifiutino di adeguarsi ai rilievi del p. m., il Presidente dovrà negare l’autorizzazione all’accordo (46). Qualora In caso, invece, la parti prendano atto della necessità di modificare il loro accordo, vi è diversità di opinioni rispetto alle possibili opzioni. Per un primo orientamento, all’esito di questo “singolare procedimento” il presidente potrebbe autorizzare direttamente l’accordo (47), a prescindere dalla misura innovativa del suo contenuto (48). In caso di accordo modificato oltre i rilievi di p. m., peraltro, ) Per Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1405, l’intervento del prediente è la stazione finale di una negoziazione e non quella iniziale di un processo. 44 ) Così Trib. Termini Imerese, 24 marzo 2015, in www.ilcaso.it. 45 ) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1406. 46 ) Presidente del Tribunale di Torino, 15 gennaio 2015. 47 ) Così CRESCENZI, op. cit., p. 9. In questo senso, pur critico, DANOVI, I nuovi modelli di separazione e divorzio, cit., p. 1142; Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1406. 48 ) In questo senso pare, Trib. Termini Imerese, 24 marzo 2015, cit., per cui i coniugi, in sede di comparizione avanti al Presidente del Tribunale, possono integrare o modificare le condizioni dell’accordo con riguardo ai figli, di propria iniziativa o anche su indicazioni o sollecitazioni d’ufficio. V. pure Masoni, Negoziazione assistita in ambito familiare e problemi procedurali connessi, in Dir. fam., 2015, I, p. 1401, per il quale il Presidente dovrebbe in ogni caso disporre la previa trasmissione degli atti al p.m. per acquisirne il parere. alcuni ritengono che l’accordo stesso debba nuovamente essere sottoposto al vaglio di quest’ultimo dal presidente (49). Per altri (50), il Presidente non potrebbe autorizzare un accordo “integrativo” che, andando oltre i rilievi effettuati dal p.m., fosse significativamente diverso da quello originario: su tale nuovo accordo mancherebbe, infatti, il parere del pubblico ministero, ritenuto necessario sia dalla normativa generale su separazione e divorzio che dal decreto legge n. 132 del 2014, come modificato in sede di conversione (51). Si dovrebbe dunque consentire alle parti (su invito dello stesso Presidente in sede di provvedimento di fissazione dell’udienza) di depositare, in tempo utile, ricorso per separazione consensuale ovvero ricorso congiunto di divorzio o per la modifica delle relative condizioni, così implicitamente rinunciando all’accordo negoziato (e con conseguente mancata comparizione all’udienza avanti al Presidente). In alternativa, le parti potrebbero comparire avanti al Presidente e dichiarare di aderire pienamente ai rilievi effettuati dal pubblico ministero: in tal caso, il loro accordo (sul quale il p.m. avrebbe già espresso il suo vaglio) sarebbe approvabile direttamente dal Presidente. Il decreto del Presidente viene da alcuni ritenuto inimpugnabile, in difetto di riserva di legge al riguardo (52). Altri, invece, ne prospettano la reclamabilità ai sensi dell’art. 739 c. p. c., anche da parte del p. m. (53). Questo secondo orientamento presenta profili problematici di non scarso rilievo. Prevedere che il Presidente possa autorizzare l’accordo tra le parti (a prescindere dal fatto che ciò avvenga qualunque sia il contenuto dell’accordo ovvero solo in caso di 49 ) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1406. 50 ) Presidente del Tribunale di Torino, 15 gennaio 2015. 51 ) Supera questi rilievi Masoni, Negoziazione assistita in ambito familiare e problemi procedurali connessi, in Dir. fam., 2015, I, p. 1401, prospettando la trasmissione degli atti al p.m. da parte del Presidente, in conformità all’art. 738, comma 2 c. p. c. 52 ) Masoni, Negoziazione assistita in ambito familiare e problemi procedurali connessi, in Dir. fam., 2015, I, p. 1402. 53 ) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1406. adesione totale ai rilievi del p. m.) vuol dire attribuire, per via interpretativa, al Presidente stesso un potere che, in sede giudiziale, è riservato esclusivamente al collegio, senza che tale soluzione sia giustificata dalla natura degiurisdizionalizzata del procedimento: in effetti, una volta approdato avanti al Presidente del Tribunale, tale procedimento nell’orbita della giurisdizione è ormai entrato. Sembra, anzi, contraddittorio affermare che l’attribuzione di un inedito potere di autorizzazione in capo al Presidente del Tribunale sia coerente con la natura degiurisdizionalizzata del procedimento, considerato che, nelle separazioni e nei divorzi, proprio il Presidente del Tribunale svolge una funzione tipicamente giurisdizionale. Alcuni sostenitori di tale linea interpretativa, inoltre, sembrano dare per scontato che il Presidente condivida i rilievi o i dubbi sollevati dal p. m.: non si può però escludere che tra p. m. e Presidente non vi sia identità di visioni e che, ad esempio, il Presidente possa ritenere infondati i rilievi ostativi del p.m. o, per converso, opinare che l’accordo delle parti non sia da autorizzare per profili diversi (54). Né convince il meccanismo configurato dal Presidente del Tribunale di Torino, alla cui stregua le parti potrebbero rinunciare al procedimento negoziato per depositare un tradizionale ricorso congiunto: allo stesso risultato, infatti, si può pervenire ritenendo, come si è scritto sopra, che quella fissata dal Presidente sia un’udienza presidenziale o collegiale, all’esito della quale il Tribunale emetta i tradizionali provvedimenti previsti dalla legge in merito all’accordo espresso dalle parti, previo parere del p.m. 8. - Una volta superato il controllo del p.m. o del Tribunale, l’accordo potrà produrre i suoi effetti, in modo retroattivo. La legge, infatti, fa decorrere gli effetti sullo “stato personale” dei coniugi dalla data di sottoscrizione dell’accordo di separazione o divorzio. E’ da tale momento, in particolare, che, in caso di separazione, inizierà a decorrere il termine (oggi abbreviato) per la richiesta del divorzio. Ai sensi dell’art. 5, inoltre, l'accordo che compone la controversia matrimoniale, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, una volta superato il vaglio del p. m., costituisce titolo esecutivo e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. 54 ) Così anche Trib. Termini Imerese, 24 marzo 2015, cit. Dalla data in cui avviene la comunicazione da parte circa il nulla osta o l’autorizzazione del p.m. o del Tribunale (55) inizia a decorrere il termine di dieci giorno entro il quale “l’avvocato della parte ”, ai sensi del comma 3° dell’art. 6, è obbligato a trasmettere all'ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, copia, autenticata dallo stesso, dell'accordo munito delle certificazioni di cui all'art. 5 (56). L’originale dell’accordo, dunque, dovrebbe rimanere (ma il condizionale è d’obbligo, v. supra) nella disponibilità dell’avvocato (o meglio, degli avvocati, ciò che lascia presumere che dell’accordo esisteranno – almeno - due originali). In modo forse incongruo, il Ministero dell’Interno, con circolare del 28 novembre 2014, aveva inizialmente dato disposizione agli Ufficiali di stato civile di ricevere l’accordo autorizzato ai fini dei conseguenti adempimenti da ciascuno dei due avvocati necessariamente coinvolti nella redazione dell’accordo stesso (57). Tale rigore (invero eccessivo) non appariva giustificato dall’esigenza di procedere con rapidità alle annotazioni ed iscrizioni previste della legge, poiché, a tal fine, sarebbe bastato, appunto, l’invio di una sola copia. La circolare del Ministero dell’interno del 24 aprile 2015 ha però rettificato tale presa di posizione, ritenendo sufficiente la trasmissione da parte di uno solo degli avvocati coinvolti. Le sanzioni, in caso di ritardato o mancato invio della copia autenticata dell’accordo all’ufficiale dello stato civile sono particolarmente severe: ai sensi del comma 4° dell’art. 6, infatti, all'avvocato che viola l'obbligo in questione è applicata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2000,00 ad euro 10000,00, con la specificazione che 55 ) Trib. Termini Imerese, 24 marzo 2015, cit. 56 ) Con la precisazione che il matrimonio iscritto è quello celebrato con rito civile, con iscrizione nel comune di celebrazione; matrimonio trascritto è quello celebrato con rito religioso, con trascrizione nel comune di celebrazione, o quello celebrato all’estero, la cui trascrizione avviene nel comune di residenza o di iscrizione Aire: v. la Circolare del Ministero dell’interno, 1 ottobre 2014, p. 3. 57 ) E’ pure stata data disposizione, una volta trascorso il termine di dieci giorni, di avviare l’iter per l’irrogazione delle sanzioni a carico del legale che abbia violato l’obbligo di trasmissione entro detto termine: Circolare del Ministero dell’interno, 28 novembre 2014, p. 2. alla irrogazione di tale sanzione è competente il Comune in cui devono essere eseguite le annotazioni previste dall'art. 69 del d. P. r. n. 396 del 3 novembre 2000 (ordinamento dello stato civile). A tale d. P. r., la nuova normativa fa riferimento anche al comma 5° dell’art. 6, che elenca le modificazioni all’ordinamento dello stato civile resesi necessarie a seguito dell’introduzione del nuovo istituto (58). Ai sensi dell’art. 11, comma 1°, i difensori che sottoscrivono l'accordo raggiunto dalle parti a seguito della convenzione sono pure tenuti a trasmetterne copia (che la legge non richiede autenticata) al Consiglio dell'ordine circondariale del luogo ove l'accordo è stato raggiunto, ovvero al Consiglio dell'ordine presso cui è iscritto uno degli avvocati. Non si precisano i tempi di tale comunicazione né le possibili conseguenze in caso di inadempimento: senz’altro, la mancata trasmissione al Consiglio dell’ordine non avrà implicazioni sulla validità e sull’efficacia dell’accordo. Il legale responsabile potrebbe, però, incorrere in una sanzione disciplinare. Anche nel contesto “matrimoniale” sembra applicabile il comma 2° dell’art. 11, alla cui stregua, con cadenza annuale il Consiglio nazionale forense provvede al monitoraggio delle procedure di negoziazione assistita e ne trasmette i dati al Ministero della giustizia. Tale disposizione solleva problemi di tutela della privacy e di conservazione dei dati sensibili di cui il Consiglio nazionale forense e i singoli Consigli territoriali dovranno farsi carico. 9. - La separazione e il divorzio “autogestiti” sono disciplinati dall’art. 12 del decreto legge n. 132 del 2014. Come già si è detto, si tratta, a livello sistematico, della novità più dirompente della recente riforma: per la prima volta, infatti, si prevede la possibilità per coniugi ed ex 58 ) In particolare, sono stati modificati gli artt. 49, comma 1 (con l’aggiunta, dopo la lett. g), di una lett. g-bis), 63, comma 2 (con l’aggiunta, dopo la lett. h, di una lett. h-bis) e 69, comma 1 (con l’aggiunta, dopo la lettera d), di una lett. d-bis), per consentire la trascrizione e l’annotazione negli atti di nascita dei coniugi e nell’atto di matrimonio gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato o più avvocati conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. coniugi di separarsi, divorziarsi o modificare le condizioni di una separazione o di un divorzio semplicemente esternando tale volontà davanti ad un ufficiale di stato civile, chiamato a raccogliere il loro accordo. Viene, in particolare, eliminato qualsiasi controllo giudiziario sull’accordo raggiunto dalle parti, valorizzando la semplice manifestazione della volontà di queste ultime, e portando alle conseguenze più estreme il percorso della privatizzazione dei rapporti coniugali (59). Parte della dottrina evidenzia l’incongruenza tra i diversi livelli di controllo a seconda che lo stesso tipo di accordo sia negoziato tra le parti e i loro avvocati oppure semplicemente formalizzato avanti all’ufficiale di stato civile (60). Le parti possono comunque scegliere di farsi “assistere” da un legale. La circolare del Ministero dell’interno del 28 novembre 2014 ha precisato che della presenza dell’avvocato è necessario dare conto nell’atto che l’ufficiale di stato civile deve redigere, specificando altresì che l’avvocato, in ogni caso, non può sostituire davanti all’ufficiale la parte assistita. Anche questo nuovo istituto, come già si è visto per la mediazione assistita matrimoniale, si coordina con i procedimenti giudiziali tradizionali: le parti potranno così modificare un provvedimento giudiziale esistente con una semplice dichiarazione di volontà e il giudice potrà essere chiamato a modificare con un suo provvedimento un accordo “autogestito” tra i coniugi. Inoltre, si può configurare il ricorso al nuovo istituto anche in pendenza di un procedimento di separazione o di divorzio. Il fondamentale presupposto sostanziale di applicazione dell’accordo matrimoniale autogestito è che le parti non abbiano figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti (61). La circolare del 59 ) V. pure le osservazioni di CASABURI, Separazione e divorzio innanzi al sindaco: ricadute sostanziali e processuali, in Foro it., 2015, V, c. 45. 60 ) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1402 61 ) Per la Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 3, al nuovo istituto non si potrebbe accedere, peraltro, in presenza, anche di figli di uno solo dei coniugi. CRESCENZI, op. cit., p. 11 ritiene tale limitazione “oggettivamente illegittima”. Ministero dell’interno del 24 aprile 2015 ha chiarito che il riferimento è ai figli “comuni” dei coniugi richiedenti. Sulla sussistenza di tale presupposto deve vigilare l’ufficiale di stato civile, alla luce della documentazione a lui direttamente disponibile e di quella che le parti gli forniscono, sotto forma (anche) di dichiarazioni da rendere ai sensi dell’art. 46 d. p. r. 445\00, dovendo egli anche disporre gli idonei controlli ai sensi dell’art. 71 del medesimo regolamento (62). Rispetto alla condizione di incapacità dei figli maggiorenni, il controllo va riferito al tradizionale regime civilistico dell’incapacità di agire ed ai correlati istituti (tutela, curatela, amministrazione di sostegno) (63). Il comma 3° pone pure un limite al contenuto dell'accordo formalizzato avanti all’ufficiale di stato civile, che non può contenere patti di trasferimento patrimoniale. Tale limite è stato evidentemente previsto con riferimento a cessioni di immobili tra le parti (64), anche per evitare possibili frodi o abusi. Il Ministro dell’interno, con circolare 28 novembre 2014, però, sul presupposto che la ratio della previsione fosse quella di escludere qualunque valutazione di natura economica o finanziaria nella redazione dell’atto di competenza dell’ufficiale di stato civile, aveva affermato che, in assenza di specifiche indicazioni normative, dall’accordo dovesse essere esclusa qualunque clausola avente carattere dispositivo sul piano patrimoniale come ad esempio, l’uso della casa coniugale, l’assegno di mantenimento, ovvero qualunque altra utilità economica tra i coniugi dichiaranti. Si trattava di un’interpretazione non condivisibile e contraria al dettato normativo: in effetti, il riconoscimento di un assegno di mantenimento non costituisce un trasferimento patrimoniale (65). La dottrina aveva dunque espresso unanime critiche 62 ) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 3. 63 ) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 3. 64 ) V. anche DALLE NOGARE, Una prima lettura degli art. 6 e 12 del dl 132/2014, in Quest. giust., consultato il 25-10-2014, p. 4 65 ) V. pure LOMBARDI, op. cit., p. 3. contro tale lettura restrittiva, ritenendo preferibile un’interpretazione che consentisse alle parti di accordarsi anche in merito al riconoscimento, alla determinazione dell’importo e all’eventuale rinuncia ad un assegno di mantenimento, in quest’ultimo caso anche relativo alla prole, sul presupposto che i figli siano divenuti maggiorenni (66). A seguito di tale reazione critica, il Ministero ha opportunamente rivisto la sua posizione e, con circolare del 24 aprile 2015, ha precisato che non rientra nel divieto posto dall’art. 12 la previsione (o l’elisione…), nell’accordo, di un obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico, trattandosi di un rapporto obbligatorio che non produce effetti traslativi su di un bene determinato preclusi dalla norma in esame. E’ stata invece condivisibilmente confermato che l’accordo non può prevedere la liquidazione una tantum dell’assegno divorzile, che integra un’attribuzione patrimoniale (mobiliare o immobiliare), rispetto alla quale, peraltro la legge prevede la verifica di congruità da parte del Tribunale. La legge di conversione ha chiarito che l’ufficiale di stato civile davanti al quale le parti devono formalizzare il loro accordo è il sindaco del comune di residenza di una di loro o del comune presso cui è iscritto o trascritto l'atto di matrimonio. Rispetto ai criteri di competenza applicati ai procedimenti matrimoniali basati sul consenso delle parti si aggiunge, dunque, un ufficio in più, ovvero, in sostanza, quello del luogo di celebrazione del matrimonio (con la precisazione che la trascrizione dell’atto di matrimonio può riguardare non solo i matrimoni celebrati con rito religioso nell’ambito del Comune di riferimento ma anche quelli celebrati all’estero). Sul piano procedimentale, il comma 3° dell’art. 12 specifica che l’ufficiale di stato civile deve acquisire da ciascuno delle parti personalmente la dichiarazione di volontà (67) che esse vogliono separarsi ovvero far cessare gli effetti civili del matrimonio o 66 ) Così anche CRESCENZI, op. cit., p. 12. V. pure CASABURI, Separazione e divorzio innanzi al sindaco: ricadute sostanziali e processuali, in Foro it., 2015, V, c. 48 che ritiene illegittima la lettura data dal ministero dell’interno; G. FINOCCHIARO, La parte può chiedere di fronte al sindaco l’assistenza del legale, in Guida dir., 2015, fasc. 6, p. 18, per cui l’accordo non può contenere esclusivamente l’attribuzione di cespiti o di somme di denaro una tantum. 67 ) V. Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 3. ottenerne lo scioglimento secondo condizioni tra di esse concordate ovvero che vogliono modificare le condizioni di separazione o di divorzio (68). In ambito giudiziale, la giurisprudenza è (faticosamente) giunta ad ammettere che, alle dovute condizioni, all’udienza presidenziale di separazione o collegiale di divorzio la parte possa essere “rappresentata” da un nuncius ovvero da un curatore speciale o da un amministratore di sostegno. Si dovrà dunque verificare se anche in questo ambito si possa giungere alle medesime conclusioni, almeno rispetto alle parti totalmente o parzialmente incapaci. Il comma 3° prevede che l'atto contenente l'accordo debba essere compilato e sottoscritto immediatamente dopo il ricevimento delle dichiarazioni sopra menzionate. All’uopo, il Ministero ha diramato dei formulari da compilare a cura dell’ufficiale di stato civile. L'accordo tiene luogo e ha la stessa efficacia dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Esso, peraltro, non sempre produce immediatamente i suoi effetti. In caso di separazione personale o divorzio infatti, l’ufficiale di stato civile, quando riceve le dichiarazioni dei coniugi, li invita a comparire di fronte a sé non prima di trenta giorni dalla ricezione per la conferma dell’accordo, anche ai fini degli adempimenti di cui al comma 5°. Tale invito deve essere inserito nell’atto stesso ( 69). Non comparire al secondo appuntamento così fissato è sinonimo di mancata conferma dell’accordo. In altre parole, l’accordo si perfeziona in due passaggi successivi, sulla base di un meccanismo di “conferma” introdotto dalla legge di conversione, che ha previsto una sorta di spatium deliberandi, per l’eventuale esercizio di un diritto di ripensamento (70). 68 ) Il Ministro dell’interno, con circolare del 9 dicembre 2014, ha aggiornato l’allegato A del proprio decreto del 5 aprile 2002, inserendo un’articolata serie di formule da utilizzare per le varie situazioni previste dalla norma (raccolta, (mancata) conferma, annotazione e trascrizione dell’accordo). 69 ) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 4. 70 Il termine in questione è peraltro indicato nel minimo ma non nel massimo, ciò che può rendere incerti i tempi di definizione del procedimento (e dunque scoraggiarne l’uso). Per la Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, peraltro, in tale periodo, l’ufficiale di stato civile può svolgere i controlli sulle dichiarazioni rese dagli interessati. Se nel termine concesso uno dei coniugi non conferma l’accordo, si ritiene opportuno che l’ufficiale iscriva comunque l’atto già redatto nei registri dello stato civile, dando conto della mancata conferma da parte degli interessati. Tale atto non sarebbe però suscettibile di annotazione (71). Dopo la conferma, l’ufficiale di stato civile è tenuto a comunicare l’avvenuta iscrizione dell’atto alla cancelleria presso la quale sia eventualmente iscritta la causa concernente la separazione o il divorzio, ovvero a quella del giudice avanti al quale furono stabilite le condizioni di divorzio o di separazione oggetto di modifica. L’ufficiale di stato civile a tal fine deve acquisire dalle parti ogni informazione necessaria per individuare esattamente la cancelleria competente a ricevere la descritta comunicazione ( 72). Questa previsione conferma che l’accordo avanti all’ufficiale di stato civile può essere formalizzato anche in pendenza di un procedimento di separazione o divorzio, in cui, a quel punto, di norma, dovrà essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, salva la possibilità di proseguire il giudizio sugli aspetti patrimoniali che non possano essere trasfusi nell’accordo (v. supra). Con il completamento dell’iter sopra descritto, gli effetti degli accordi (in particolare, il decorso del termine triennale per il divorzio) decorrono dalla data certificata negli accordi stessi, da riportare nelle annotazioni ed indicata nella scheda anagrafica individuale degli interessati (73). Non rileva, invece, la data della conferma (74). ) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 4. 71 ) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 5. 72 ) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 5. 73 ) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 4. 74 ) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 5. I commi 4° e 5° prevedono una serie di “innesti” giuridici, per adeguare i testi delle norme che governano la materia al nuovo istituto dell’accordo autogestito in ambito matrimoniale. E così, all’art. 3, al secondo capoverso della lett. b) del n. 2 del c. 1 l. 898\70 (legge sul divorzio), si precisa che il termine per la pronuncia di divorzio inizia a decorrere anche «dalla data certificata nell'accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero dalla data dell'atto contenente l'accordo di separazione concluso innanzi all'ufficiale dello stato civile.». Al d.P.r. 396\00 sono invece apportate modificazioni a varie norme relative al regime di pubblicità degli accordi di separazione personale, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ricevuti dall'ufficiale dello stato civile ( 75). All’esecuzione degli adempimenti che discendono dal ricevimento dell’accordo provvede l’ufficiale di stato civile del comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, senza bisogno per l’avvocato che trasmette l’accordo stesso di formulare apposita istanza all’ufficio di stato civile per l’ulteriore seguito (76). A parte il compenso per l’avvocato eventualmente coinvolto, il procedimento è sostanzialmente esente da costi. Il comma 6 prevede solo il pagamento di un diritto fisso a favore dei comuni all'atto della conclusione dell'accordo, ricevuto dall'ufficiale di stato civile del comune, di importo non superiore all'imposta fissa di bollo prevista per le pubblicazioni di matrimonio dall'art. 4 della tabella allegato A) al d. p. r. 642\72. 75 ) In particolare, vengono modificati: a) l'art. 49, c. 1, con l’aggiunta, dopo la lett. g-bis), della lett. g-ter) (annotazione sull’atto di nascita); b) l'art. 63, c. 1, con l’aggiunta, dopo la lettera g), di una lett. g-ter) (annotazione negli archivi di cui all’art. 10 del d.p.r.); c) l'art. 69, c. 1, con l’aggiunta, dopo la lett. d-bis), di una lett. d-ter) (annotazione sugli atti di matrimonio. 76 ) Circolare Min. Interno, 1 ottobre 2014, p. 3.