COME SEPARARSI O DIVORZIARE SENZA ENTRARE IN

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COME SEPARARSI O DIVORZIARE SENZA ENTRARE IN
COME SEPARARSI O DIVORZIARE SENZA ENTRARE IN TRIBUNALE,
TRA ACCORDI NEGOZIATI E ACCORDI AUTOGESTITI
Michele Angelo Lupoi
Associato dell’Università di Bologna
Avvocato in Bologna
[email protected]
SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. La negoziazione assistita matrimoniale e il relativo invito. – 3. La
risposta della controparte e la convenzione di negoziazione matrimoniale. – 4. L’accordo. – 5. Il controllo
del pubblico ministero. – 6. (Segue): Il controllo sugli accordi in presenza di “figli a carico”. - 7. (Segue):
Il ruolo del Presidente del Tribunale. – 8. - La comunicazione all’ufficiale dello stato civile. – 9.
Separazione e divorzio avanti all’ufficiale dello stato civile. – 9. Il divorzio breve: aspetti procedurali.
1. – Ci sono 50 modi per lasciare il proprio innamorato, cantava Paul Simon. All’epoca,
peraltro, non esistevano ancora sms e twitter, altrimenti di modi l’artista ne avrebbe
trovato anche qualcuno in più. Più modestamente, dopo l’ultima stagione di riforme del
diritto di famiglia italiano, ci sono due nuovi modi per separarsi o divorziarsi, ovvero la
negoziazione assistita matrimoniale e la dichiarazione avanti all’ufficiale di stato civile,
introdotte dal d. l. n. 132 del 12 settembre 2014, n. 132, convertito in legge n. 164 del
2012, sulla degiurisdizionalizzazione (1). La dottrina è stata molto rapida nel battezzare
queste nuove modalità per formalizzare la rottura dell’unione coniugale come
separazione e divorzio “facili”.
Tali nuovi istituti hanno drasticamente ridefinito il rapporto tra parti private ed autorità
giudiziaria nella regolamentazione delle conseguenze delle crisi coniugale, con il
prepotente affermarsi della volontà negoziale (seppur soggetta a forme più o meno
blande di controllo o supervisione pubblica) sulla funzione giurisdizionale cui, in
precedenza, in questo contesto, era tradizionalmente attribuita natura costitutivanecessaria (2).
1
) Su queste tematiche, di recente, LOMBARDI, Separazione consensuale e divorzio
congiunto senza l’intervento del giudice, in Quest. dir. fam., pubblicato dal 9-10-2014.
2
) V. anche Masoni, Negoziazione assistita in ambito familiare e problemi procedurali
connessi, in Dir. fam., 2015, I, p. 1393.
E così oggi, non solo si può ottenere lo stato civile “libero” in tempi più rapidi: ma per
farlo non occorre neppure più varcare le porte del Tribunale (3).
Il termine degiurisdizionalizzazione sta proprio ad indicare uno spostamento di
“competenze” dall’autorità giudiziaria a favore di altri operatori professionali o
istituzionali, cui sono trasferite prerogative sino ad ora nel monopolio, appunto, del
giudice.
L’aspettativa del legislatore è di riuscire, tramite tale “delega”, a ridurre il carico di
lavoro dei Tribunali, che potranno così dedicarsi allo smaltimento del corposo arretrato.
Va peraltro osservato che il carico collegato a queste tipologie di cause (in cui
l’intervento giudiziale è sovente routinario) non sembra la causa principale della
congestione dei nostri tribunali (4).
La rilevanza che il legislatore attribuisce alla negoziazione assistita come strumento di
degiurisdizionalizzazione (e dunque di riduzione del carico di lavoro dei giudici) è
comunque evidenziata dal comma 7° dell’art. 2, che qualifica come vero e proprio
dovere deontologico per l’avvocato informare il cliente, all’atto del conferimento
dell’incarico, della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita.
Anche nel contesto della soluzione delle controversie matrimoniali, dunque, l’avvocato
è chiamato a rappresentare al proprio assistito, come alternativa al tradizionale iter
giudiziale, la possibilità di percorrere la strada della negoziazione assistita.
La conseguenza della mancata informativa al cliente è dotata di maggiore efficacia
deterrente rispetto alla mera annullabilità del contratto di prestazione d’opera
professionale prevista dall’art. 4, comma 3, d. legisl. n. 28 del 2010.
3
) Su questi profili della recente riforma v. CRESCENZI, La degiurisdizionalizzazione nei
procedimenti di famiglia, in Quest. giust., consultato il 15-1-2015, p. 1 ss., che evidenzia, p. 5,
come, con il decreto legge n. 132 del 2014, due concezioni radicalmente diverse e difficilmente
compatibili della separazione e del divorzio convivano oggi nel nostro ordinamento; POLISENO,
La convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione e divorzio,
in Foro it., 2015, V, c. 34.
4
) V. pure POLISENO, La convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni
consensuali di separazione e divorzio, in Foro it., 2015, V, c. 38, che osserva che, alla riduzione
dell’impegno del Tribunale corrisponderà un aumento di lavoro per l’ufficio del p. m.
La responsabilità disciplinare si configura senz’altro rispetto all’avvocato che, senza
neppure rappresentare l’opzione della negoziazione assistita al suo cliente, proceda al
deposito di un ricorso giudiziale. Una responsabilità professionale, però, alla luce del
tenore e della ratio della norma in esame, potrebbe anche configurarsi per il difensore
che trascuri l’alternativa offerta dall’art. 6 e depositi un ricorso consensuale o
congiunto: anche in questo caso, infatti, il difensore non avrebbe correttamente svolto il
suo ruolo di protagonista della degiurisdizionalizzazione. Non può neppure escludersi
una responsabilità contrattuale per l’avvocato che, non rappresentando al cliente la
possibilità di utilizzare il nuovo istituto, causi un danno derivante dalla tempistica più
lunga del procedimento giudiziale rispetto a quello “negoziato” (ad esempio, per
l’ipotesi in cui, presentato un ricorso congiunto di divorzio, uno dei coniugi deceda
prima della pubblicazione della sentenza).
Dal punto di vista dell’utente del “servizio” giustizia, le novità introdotte in questo
ambito appaiono, nel complesso, da salutare con favore. I costi, probabilmente, non
sono destinati ad abbassarsi, in caso di negoziazione assistita: anzi, è realistico che un
avvocato richieda compensi anche più elevati rispetto ad una separazione consensuale o
a un divorzio congiunto avanti al giudice, considerato il maggiore impegni e le più
ampie responsabilità che la legge pone a suo carico, come protagonista della
degiurisdizionalizzazione.
Nella separazione e nel divorzio “fai da te”, avanti all’ufficiale di stato civile, d’altro
canto, i costi per le parti che non si facciano assistere da un avvocato si azzerano.
Aumentano però i rischi che, senza un’adeguata consulenza legale, i coniugi
addivengano ad accordi poco equi, rispetto al quale l’ufficiale di stato civile non potrà
fornire alcun controllo di merito.
Nella negoziazione assistita matrimoniale, la degiurisdizionalizzazione coinvolge la
classe forense, cui viene attribuito il ruolo di guidare i coniugi attraverso una trattativa,
appunto, assistita dai consulenti legali, facilitando il raggiungimento di un accordo. In
questo contesto, il ruolo dell’avvocato trascende quello sin qui svolto di patrocinatore e
difensore della parte. Nel nuovo scenario, infatti, all’avvocato sono attribuiti inediti
poteri di certificazione, per dare certezza in merito alla riferibilità degli atti della
negoziazione assistita ai coniugi che li sottoscrivono, rendendo così superfluo un
controllo giurisdizionale al riguardo: salva l’ipotesi di diniego dell’autorizzazione
all’accordo da parte del p. m., infatti, i coniugi, oggi, possono separarsi e divorziarsi
senza mai arrivare al cospetto di un giudice. Inoltre, e più nella sostanza, gli avvocati
sono i primi garanti della legalità degli accordi sottoscritti dai loro assistiti, di cui
devono certificare la conformità all’ordine pubblico e alle norme imperative.
Nella separazione e nel divorzio avanti all’ufficiale di stato civile, per contro, la
degiurisdizionalizzazione
assume
le
connotazione
di
una
vera
e
propria
“privatizzazione” dell’accordo tra i coniugi, che, anche senza l’assistenza di un
avvocato, possono manifestare la loro volontà di separarsi o divorziarsi avanti
all’ufficiale di stato civile (in persona del sindaco), il quale è chiamato a un controllo
meramente formale.
2. – Della c.d. negoziazione assistita matrimoniale si occupa l’art. 6 del decreto legge n.
132 del 2014, che la configura come un tipo particolare di negoziazione assistita,
disciplinata dai precedenti artt. 2-5.
Del modello “generale” di negoziazione assistita, quella matrimoniale condivide la
struttura di base (ovvero il procedimento formalizzato per dare inizio, condurre e
auspicabilmente condurre in porto la trattativa). Da esso però si differenzia sotto almeno
due rilevanti profili: in primo luogo, mentre la negoziazione assistita “generale” può
riguardare solo controversie su diritti disponibili, quella in ambito matrimoniale
riguarda (anche) situazioni e stati personali connotati dalla indisponibilità, con una forte
spinta verso la liberalizzazione del diritto di famiglia (5); da questo punto di vista, la
disciplina della negoziazione assistita matrimoniale presuppone l’applicazione delle
norme sulla negoziazione assistita “generale”, in quanto compatibili (6). Inoltre, proprio
in conseguenza della rilevanza “pubblica” delle situazioni su cui l’accordo negoziato è
destinato a incidere, l’accordo stesso non è immediatamente efficace (come invece
5
) V. anche BORGHESI, La delocalizzazione del contenzioso civile: sulla giustizia
sventola bandiera bianca?, in www.judicium.it, p. 19.
6
) V. pure POLISENO, La convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni
consensuali di separazione e divorzio, in Foro it., 2015, V, c. 35.
quello “generale”), ma è condizionato sospensivamente a un controllo di forma e merito
da parte del p. m., cui è attribuito un ruolo amministrativo di verifica “esterna”.
Sulla falsariga della negoziazione assistita generale, anche in questo ambito il
procedimento inizia su iniziativa di una parte (7) la quale invia all’altra un invito a
stipulare una convenzione di negoziazione assistita, ossia, secondo la definizione
dell’art. 2, un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede
e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia, tramite l'assistenza di
avvocati iscritti all'albo.
In effetti, questo tipo di negoziazione assistita richiede per legge che ogni parte sia
assistita da un difensore diverso: tale soluzione, evidentemente rivolta ad evitare
possibili conflitti di interessi, è stata criticata (8), anche perché rischia di rendere questa
modalità di definizione della crisi coniugale meno concorrenziale rispetto ai
procedimenti avanti al giudice, in cui si ammette che un unico avvocato riceva il
mandato da entrambi i coniugi. Tale “imposizione”, peraltro, può essere giustificata dal
fatto che il p. m. esercita solo un controllo “indiretto” sull’accordo, senza alcun contatto
con le parti e che dunque il vero garante della tutela dei diritti di ciascun coniuge è
proprio l’avvocato (9). In ultima analisi, la previsione normativa potrebbe rappresentare
una forma di “garanzia” per lo stesso difensore.
Seguendo la disciplina generale (art. 4, comma 2), l’invito è formulato dall’avvocato ma
sottoscritto personalmente dalla parte, la cui firma viene autenticata dal difensore stesso.
Tale invito, di norma, sarà formulato prima dell’inizio di un procedimento in Tribunale,
costituendo la negoziazione assistita matrimoniale una alternativa alla via
7
) Legittimati ad utilizzare lo strumento in esame sono esclusivamente i coniugi.
TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei minori dalla riforma della filiazione alla negoziazione
assistita delle crisi coniugali, in Fam. dir., 2015, p. 163, peraltro, non esclude che la
negoziazione tra i coniugi possa coinvolgere anche i figli maggiorenni ma non autosufficienti,
chiamati ad intervenire nella stessa.
8
) Su cui critico DANOVI, I nuovi modelli di separazione e divorzio: una intricata
pluralità di protagonisti, in Fam. dir., 2015, p. 1147 s.
9
) V. anche le osservazioni di G. FINOCCHIARO, Il numero dei legali diventa un rebus, in
Guida dir., 2014, fasc. 49-50, p. 62, per cui l’imposizione di almeno un avvocato per parte pare
salvaguardare maggiormente i principi del contraddittorio e della difesa.
giurisdizionale. Essa, peraltro, potrà essere utilizzata anche in pendenza di un
procedimento giudiziario, per accelerare i tempi della definizione concordata di un
conflitto nato come contenzioso, ovvero quando la comparizione delle parti avanti al
Presidente o al collegio del Tribunale sia stata fissata a distanza di molti mesi, come
invero accade nei Tribunali più affollati. In questi casi, ovviamente, il procedimento
pendente sarà abbandonato ovvero chiuso con una declaratoria di cessazione della
materia del contendere.
L’invito, sul piano contenutistico, deve specificare l’oggetto della controversia ovvero
la definizione di un accordo di separazione, divorzio (nel solo caso previsto dall'art. 3,
comma 1°, n. 2), lett. b) della legge n. 898 del 1 dicembre 1970) o di modifica delle
condizioni di una separazione o un divorzio già pronunciati.
La negoziazione assistita matrimoniale si può utilizzare sostanzialmente in ogni ipotesi:
in sede di conversione del decreto legge n. 132, in particolare, si è esteso l’ambito
applicativo del nuovo istituto alle situazioni in cui siano presenti figli minori, figli
maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non
autosufficienti.
L’unica ipotesi che realisticamente sfugge alla degiurisdizionalizzazione è quella in cui
i coniugi concordano la liquidazione una tantum dell’assegno divorzile, dal momento
che la legge richiede che tale liquidazione sia ritenuta equa dal Tribunale. Al riguardo,
si potrebbe affermare che tale vaglio, nel contesto qui in esame, possa essere sostituito
da quello effettuato dal p. m., ma tale soluzione appare invero poco opportuna,
considerato che il pubblico ministero non si spinge a valutare la congruità delle
statuizioni economiche pattuiti tra i due (ex) coniugi.
Nell’invito, inoltre, il proponente deve avvertire la controparte che il suo eventuale
rifiuto di stipulare la convenzione o la sua mancata risposta entro trenta giorni dalla
ricezione dell’invito stesso potranno essere valutati ai fini delle spese del giudizio,
anche ai sensi dell’art. 96 c. p. c.
Le conseguenze subite dalla parte “recalcitrante” all’apertura di una negoziazione sono
simili ma non identiche a quelle previste dall’art. 13 del d. legisl. n. 150 del 2010 in
materia di mediazione obbligatoria. Nel contesto in esame, peraltro, non si prevede
neppure che la parte che rifiuta l’invito possa addurre un “giustificato motivo” per il suo
atteggiamento di “chiusura” al dialogo, sebbene si possano senz’altro prospettare casi in
cui tale “chiusura” sia giustificabile (come in caso di separazione causata dai
comportamenti violenti o abusanti del coniuge che invia la proposta). D’altro canto,
l’art. 4, nell’utilizzare il verbo “potere” indica chiaramente che non vi è alcun
automatismo tra rifiuto dell’invito e provvedimento sulle spese, dovendo comunque il
giudice valutare tutte le circostanze della fattispecie ed in particolare applicare la regola
generale per cui la condanna alle spese presuppone la soccombenza della parte.
3. – La controparte può accettare l’invito a stipulare la convenzione di negoziazione
assistita matrimoniale ovvero respingerlo, espressamente o tacitamente (non dando
riscontro al proponente entro il termine all’uopo indicato): in queste ipotesi, essa potrà
ricevere un trattamento deteriore sul piano della liquidazione delle spese della futura
(eventuale) lite (v. paragrafo precedente).
Di norma, l’accettazione avrà forma scritta, inviata a mezzo posta o p.e.c.
In genere, inoltre (salve, ad esempio, ipotesi come quella in cui l’invito sia tanto
dettagliato da costituire esso stesso, in caso di accettazione, la convenzione), a seguito
dell’accettazione le parti dovranno stipulare la convenzione di negoziazione assistita:
ovvero l’accordo per impegnarsi a trattare…
La convenzione dovrà disciplinare la struttura e i vari passaggi della futura trattativa (ad
esempio, indicando un numero minimo di incontri e il relativo oggetto). Essa inoltre
dovrà specificare (art. 2, comma 2) il termine concordato per l'espletamento della
procedura, in ogni caso non inferiore a un mese e non superiore a tre, prorogabile però
di ulteriori trenta giorni su accordo tra le parti. Il requisito che la convenzione sia
conclusa per un periodo di tempo determinato dalle parti è ribadito dal comma 3
dell’art. 2.
Qualora tale termine massimo decorra senza che sia (ancora) stato trovato un accordo, i
coniugi che vogliano continuare a percorrere la strada della negoziazione potranno
eventualmente stipulare una nuova convenzione (o confermare con espressa
dichiarazione quella inizialmente stipulata). D’altro canto, non pare che un accordo
raggiunto “fuori tempo massimo” senza tale rinnovazione o conferma possa ritenersi
inficiato di nullità. Il termine massimo previsto dalla legge, infatti, è finalizzato ad
evitare che una parte possa trovarsi vincolata a negoziare sine die, con una intollerabile
compressione del suo diritto di azione. Nulla esclude però che le parti, nella loro
autonomia negoziale, coltivino la negoziazione anche oltre il decorso del termine in
questione, per cogliere i frutti tardivi dell’attività comunque utilmente svolta.
La convenzione deve a sua volta essere sottoscritta dalle parti personalmente, con
certificazione di autenticità da parte dei rispettivi avvocati (art. 2, comma 6). La norma
precisa che tale certificazione avviene sotto la responsabilità professionale dei legali
coinvolti: specificazione di cui probabilmente non vi sarebbe stato bisogno (e che
comunque non esclude altre forme di responsabilità), ma che serve a sottolineare la
delicatezza del compito assegnato al difensore dal legislatore.
La convenzione può essere stipulata ovunque sul territorio italiano (fuori dai confini
nazionali, in effetti, l’avvocato non potrebbe esercitare i poteri di “certificazioni”
attribuitigli dalla legge) e la negoziazione assistita può svolgersi in qualsiasi luogo ( 10) e
anche a distanza.
Ai fini della sua ratifica, peraltro, l’accordo deve riguardare coniugi di cui almeno uno
domiciliato o residente in Italia nel momento della conclusione dell’accordo: dopo la
firma delle parti, infatti, l’accordo deve essere trasmesso al p. m. del Tribunale
“competente” e ciò implica un collegamento territoriale tra l’Italia e almeno una delle
parti interessate.
Della competenza territoriale, d’altronde, l’art. 6 si occupa solo in maniera indiretta e
non molto meditata: il suo comma 2°, infatti, si limita a stabilire che l’accordo concluso
tra i coniugi sia trasmesso al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale
competente, senza però fornire elementi per individuarlo.
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, nella modulistica
predisposta a seguito dell’introduzione del nuovo istituto, indica, per le separazioni, alla
voce “competenza territoriale”, quella della Procura del luogo in cui i coniugi hanno
avuto l’ultima comune residenza. Si fa riferimento, in altre parole, al criterio di
collegamento previsto dall’art. 706 c. p. c. per le separazioni giudiziali.
10
) V. pure TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei minori, cit., p. 163.
A parere di chi scrive, però, quelli che vengono qui in rilievo non sono i criteri previsti
per i procedimenti contenziosi quanto quelli dei riti basati sul consenso dei coniugi,
ovvero, ai sensi dell’art. 4, comma 1, l. divorzio (applicabile per analogia anche alla
separazione), il luogo di residenza o domicilio di uno dei due coniugi (11). L’accordo,
dunque, dovrà essere accompagnato dai certificati di residenza delle parti o da una loro
dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà al riguardo.
Per le ipotesi di accordo per la modifica di condizioni di separazione o divorzio,
applicando le norme relative ai procedimenti giudiziali di modifica ex art. 710 c. p. c. e
9 l. div., la competenza spetta al Tribunale del luogo di residenza di una delle due parti
nonché a quello del luogo in cui l’obbligazione è sorta o deve essere adempiuta. Le parti
possono dunque effettuare una sorta di forum shopping (12): è, dunque, opportuno che
esse nell’accordo precisino il Tribunale di riferimento ed eventualmente giustifichino
tale scelta, fornendo le certificazioni o i documenti comprovanti la situazione di fatto
rilevante a tal fine.
Vale la pena ricordare che, in materia di contenzioso familiare, compreso quello
“consensuale”, la competenza territoriale ha sempre natura inderogabile: anche in
questo contesto, dunque, permane tale inderogabilità, su cui dovrà vigilare il p. m. in
sede di “controllo” sull’accordo. Ove i criteri di collegamento utilizzabili in sede
giudiziale non risultino applicati, tale “controllo” non potrà avere esito positivo (v.
infra).
Stipulando la convenzione di negoziazione assistita, le parti si obbligano ad impegnarsi
in una trattativa con la controparte, secondo buona fede. Tale trattativa, in mancanza di
11
) Alla medesima conclusione giunge, per il solo divorzio, anche la Procura della
Repubblica presso il Tribunale di Milano. Così anche TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei
minori, cit., p. 163. V. anche Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p.
m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1402.
12
) L’alternativa, da costruire però in deroga alla normativa applicabile in sede giudiziale,
potrebbe essere quella di limitare la “scelta” del foro competente a quello della residenza dell’uno
o dell’altro coniuge. A favore dell’individuazione di un solo ufficio competente vanno le
indicazioni della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano per cui, in caso di
modifica, sussisterebbe la competenza territoriale della Procura del luogo di residenza del
beneficiario dell’obbligazione. Si tratta, peraltro, di un criterio abbastanza arbitrario e che,
comunque, viene messo fuori gioco qualora la modifica non riguardi un’obbligazione in quanto
tale oppure quando la modifica riguardi l’elisione di un obbligo.
una figura terza ed imparziale come nella mediazione, si svolge direttamente tra le parti
stesse del conflitto e i rispettivi legali.
Ai sensi dell’art. 9, commi 2 e 3, avvocati e parti, nel corso della negoziazione, hanno
l’obbligo di comportarsi con lealtà e di tenere riservate le informazioni ricevute. Le
dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso del procedimento non possono
essere utilizzate nel giudizio avente in tutto o in parte il medesimo oggetto. Inoltre, i
difensori delle parti e coloro che partecipano al procedimento non possono essere tenuti
a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite (13). Ai
sensi dell’art. 9, comma 4 bis, poi, la violazione delle prescrizioni di cui al comma 1 e
degli obblighi di lealtà e riservatezza di cui al comma 2 costituisce per l'avvocato
illecito disciplinare.
Nulla esclude, peraltro, che, nella convenzione o nel corso della negoziazione, le parti
possano darsi il reciproco consenso alla produzione, nell’eventuale futuro giudizio, di
documenti scambiati nel corso della negoziazione stessa (ad esempio, le rispettive
dichiarazioni dei redditi).
4. – Il procedimento di negoziazione assistita può fallire o approdare ad un accordo.
Non essendo la negoziazione prevista come condizione di procedibilità nel contesto che
ci riguarda, non assume particolare rilevanza la previsione del comma 3° dell’art. 4, alla
cui stregua gli avvocati hanno il compito di certificare la dichiarazione di mancato
accordo delle parti: tale formalità, nel contenzioso matrimoniale, sarebbe fine a se
stessa.
Ove, invece, si raggiunga un accordo, esso dovrà avere forma scritta ed essere
sottoscritto personalmente dalle parti, le cui firme sono poi “autenticate” dai rispettivi
avvocati.
I legali delle parti, inoltre, ai sensi dell’art. 5, comma 3°, hanno il compito di certificare
la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico, ciò che fa
13
) Ai sensi del comma 4° dell’art. 9, inoltre, a tutti coloro che partecipano al
procedimento si applicano le disposizioni dell'articolo 200 c.p.p. e si estendono le garanzie
previste per il difensore dalle disposizioni dell'articolo 103 c.p.p. in quanto applicabili.
assumere al ruolo dell’avvocato connotazioni pubblicistiche (14), da cui derivano
responsabilità di un certo rilievo. I professionisti, in particolare, sono chiamati a
verificare che l’accordo sia idoneo a superare il controllo del p. m., profilandosi, in caso
contrario, una responsabilità professionale che potrebbe avere conseguenze sul contratto
d’opera e sul diritto al compenso dell’avvocato, oltre ad un eventuale risarcimento del
danno.
Sul piano contenutistico, l’accordo espliciterà le condizioni della separazione o del
divorzio, ovvero le relative modifiche, sulla falsariga di quanto tradizionalmente
avviene nei corrispondenti procedimenti avanti al giudice. Il comma 3° dell’art. 6,
inoltre, richiede che l’accordo dia atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le
parti e che hanno informato le parti stesse della possibilità di esperire la mediazione
familiare nonché dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con
ciascuno dei genitori. La legge, peraltro, non specifica le conseguenze del mancato
inserimento di tali formule un po’ paternalistiche (15). Ove si adottasse un approccio
rigido, verificato tale “vizio formale”, il p. m. dovrebbe negare il proprio nulla osta o
l’autorizzazione. In tale ipotesi, d’altro canto, appare opportuno ritenere che le parti
possano integrare il proprio accordo, senza bisogno di stipulare una nuova convenzione.
L’accordo, a pena di nullità, deve essere sottoscritto dalle parti personalmente. Anche in
questo caso, l’autenticità di tali sottoscrizioni è certificata dall’avvocato.
Ai sensi del comma 3° dell’art. 5, se, con l'accordo, le parti concludono uno dei contratti
o compiono uno degli atti previsti dall'articolo 2643 c. c., per procedere alla trascrizione
dello stesso la sottoscrizione del processo verbale di accordo deve essere autenticata da
un pubblico ufficiale a ciò autorizzato (16).
14
) Così BORGHESI, op. cit. p. 19.
15
) Per alcune critiche alle formule che la legge richiede di inserire nell’accordo v.
DANOVI, I nuovi modelli di separazione e divorzio, cit., p. 1146.
16
) Tale requisito è stato definito un formalismo poco in linea con lo spirito
dell’innovazione: D’AGOSTO, CRISCUOLO, Prime note sulle “misure urgenti di
degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo
civile”, in www.ilcaso.it, p. 21. La norma sembra smentire la tesi alla cui stregua un accordo
matrimoniale “negoziato” non potrebbe che limitarsi a dare conto del patto di trasferimento che ci
Si applica anche all’ambito matrimoniale il comma 4° dell’art. 5, ai sensi del quale
costituisce illecito deontologico per l'avvocato impugnare un accordo alla cui redazione
ha partecipato: con la precisazione che tale previsione si applica alle ipotesi di
impugnazione dell’accordo in senso “proprio”, ad esempio per fare valere un vizio del
consenso (17) ma non alla successiva richiesta di modifica delle condizioni di
separazione o divorzio negoziate tra le parti, a fronte del mutamento delle circostanze.
E’ la legge stessa, infatti, a prevedere che gli accordi tra i coniugi abbiano efficacia
rebus sic stantibus e che l’adeguamento delle relativa all’evolversi della situazione
sostanziale di riferimento rientri nella fisiologia del rapporto tra le parti.
5. – La negoziazione assistita matrimoniale rappresenta l’equivalente funzionale dei
tradizionali procedimenti avanti al giudice. L’accordo raggiunto al suo esito, dunque,
spiega gli stessi effetti del decreto di omologa della separazione consensuale, della
sentenza di divorzio, del decreto camerale di modifica delle condizioni di separazione o
di divorzio (art. 6, comma 3°).
Per produrre tali effetti, però, l’accordo deve superare il controllo del pubblico
ministero. Il positivo superamento di tale vaglio integra una condizione sospensiva
dell’efficacia dell’accordo stesso.
Il controllo “pubblico” sull’accordo negoziato tra le parti assume connotazioni diverse a
seconda che quest’ultimo riguardi genitori con figli minori, maggiorenni incapaci,
maggiorenni non autosufficienti o maggiorenni portatori di handicap grave o non.
In mancanza di “figli a carico”, in particolare, l’accordo deve essere trasmesso al
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente (v. supra) il quale, quando
non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi
del comma 3° (ovvero la trasmissione dell’accordo all’ufficiale dello stato civile da
parte dei legali delle parti).
si accinge a redigere innanzi al pubblico ufficile: POLISENO, La convenzione di negoziazione
assistita per le soluzioni consensuali di separazione e divorzio, in Foro it., 2015, V, c. 36.
17
) Su questo punto v. anche CRESCENZI, La degiurisdizionalizzazione nei procedimenti di
famiglia, in Quest. giust., consultato il 15-1-2015, p. 5.
La legge, peraltro, non chiarisce come possa o debba avvenire tale “trasmissione”
dell’accordo al p. m. Allo stato, il metodo più utilizzato è la consegna a mano del
documento in forma cartacea alla cancelleria dell’ufficio competente (18). Dovrebbe
peraltro essere possibile fare ricorso anche all’invio per posta, a mezzo raccomandata
con ricevuta di ritorno, o anche tramite p.e.c., almeno alla Procure attrezzate in tal
senso.
Per questa ipotesi, inoltre, non è neppure previsto un termine entro il quale tale
trasmissione debba avvenire: appare comunque applicabile anche qui il termine di dieci
giorni, previsto in caso di “figli a carico” (19).
Il Ministero della giustizia, con circolare del 16 marzo 2015, ha precisato che, al
momento di tale trasmissione, non è dovuto il versamento di contributo unificato. La
medesima circolare ha chiarito che la procedura in esame non è sottoposta alla
sospensione feriale dei termini,
Manca, altresì, l’indicazione di un termine entro il quale il p. m. sia tenuto a comunicare
se il nulla osta sia stato o meno concesso. Anche in questo caso, il buon senso impone di
ritenere applicabile il termine di 5 giorni previsto per l’ipotesi di accordo con “figli a
carico”.
La norma non ne fa menzione, ma è evidente che all’accordo possono e devono essere
allegati documenti, sulla cui base il p. m. possa effettuare i suoi controlli (in primis,
quelli necessari a determinare la competenza territoriale dell’ufficio “adito”): nella
prassi, in effetti, si stanno cominciando ad elaborare liste della documentazione richiesta
a tal fine (20).
18
) Questa, ad esempio, è la modalità indicata dalla Procura della Repubblica presso il
Tribunale di Milano, in attesa dell’imminente dotazione della p.e.c.
19
) Così pure DANOVI, I nuovi modelli di separazione e divorzio, cit., p. 1142, per cui,
peraltro, si tratta di un termine non perentorio e il cui mancato rispetto non esime il p.m. dal
vagliare l’accordo trasmessogli tardivamente; Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra
coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1402.
20
) La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, ad esempio, per la
separazione richiede l’estratto per sunto dell’atto di matrimonio, lo stato di famiglia e il
certificato di residenza di entrambi i coniugi. Più articolata la documentazione da allegare
all’accordo di divorzio (in particolare, va allegato il provvedimento o l’accordo relativo alla
Il controllo di “regolarità” dell’accordo riguarda i presupposti di applicabilità della
negoziazione assistita matrimoniale, i requisiti formali per la validità dell’accordo (ad
esempio, la competenza dell’Ufficio cui l’accordo stesso sia stato trasmesso, la
sottoscrizione personale delle parti, la relativa autenticazione da parte dei difensori e
così via) (21) e anche il rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico ( 22). Si
osserva che tale controllo non si estende, invece, alla congruità o all’equità
dell’accordo, trattandosi di aspetti rimessi alla fase della negoziazione e alla
conseguente responsabilità degli avvocati (23).
La norma non chiarisce con quali modalità debba avvenire la comunicazione alle parti
del rilascio del nullaosta. Poiché da quel momento inizia a decorrere il termine di dieci
giorni per la trasmissione dell’accordo all’ufficiale dello stato civile, tale comunicazione
dovrà in ogni caso avvenire con forme idonee a garantire certezza in merito al
raggiungimento del suo scopo e alla data esatta del suo compimento. L’invio di un
messaggio di posta elettronica certificata, ovviamente, soddisferebbe tali condizioni, ma
allo stato le Procure potrebbero non essere organizzate in modo adeguato (24).
previa separazione). In caso di presenza di figli a carico, inoltre, viene sempre richiesta
l’allegazione delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e, in caso di figli maggiorenni
incapaci o portatori di handicap gravi, la relativa certificazione sanitaria. CRESCENZI, op. cit., p.
5, peraltro, ritiene non opportuno richiedere l’allegazione delle dichiarazioni fiscali delle parti.
21
) V. pure CRESCENZI, op. cit., p. 4, per cui il concetto di regolarità dell’atto deve essere
costruito dall’interprete, in base alle prescrizioni esplicitamente elencate dall’art. 6 e a quelle
implicitamente presupposte; Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p.
m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1403.
22
) CRESCENZI, op. cit., p. 6.
23
) Così CRESCENZI, op. cit., p. 6, il quale però, p. 7, pare contraddire tale affermazione,
affermando che il p. m. potrebbe considerare irregolare un accordo in cui un coniuge assuma
impegni economici incompatibili con i suoi redditi dichiarati. V. anche Ronco, Negoziazione
assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015,
p. 1403.
24
) Ad esempio, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, in attesa di
essere dotata di pec, prevede il ritiro da parte di uno degli avvocati, o di un loro delegato, presso
l’ufficio, precisando che da tale ritiro inizia a decorrere il termine per la trasmissione dell’accordo
all’Ufficiale dello stato civile.
La legge non specifica neppure se la Procura debba trattenere una copia o l’originale
dell’accordo. La Procura di Milano si è espressa nel senso che all’avvocato viene
consegnata una copia, mentre l’originale rimane agli atti dell’Ufficio. In quest’ottica,
sorge il dubbio se, qualora la parte avesse bisogno di una copia autentica dell’accordo
da lei sottoscritto, debba chiederne il rilascio alla Procura ovvero al proprio avvocato
(ma in questo caso, si tratterebbe di una copia della copia). Su questi dettagli operativi,
invero di non secondaria importanza, appare opportuno un intervento “unificatore” delle
prassi difformi altrimenti destinate a diffondersi.
Non si precisa neanche cosa avvenga qualora il p. m. ravvisi irregolarità nell’accordo
raggiunto tra le parti (25): a contrario, si desume però che, in tal caso, il nullaosta dovrà
essere negato, con conseguente impossibilità per l’accordo stesso di produrre effetti. Nel
silenzio della norma, però, nulla (se non il breve termine entro il quale il p. m. è
chiamato a pronunciarsi) porta ad escludere che il p. m., in caso di dubbi, possa chiedere
chiarimenti alle parti, anche sotto forma di produzioni documentali o di dichiarazioni
sostitutive di atto di notorietà.
Al diniego del rigetto potrà far seguito la redazione di un nuovo accordo di
negoziazione assistita, la predisposizione di un tradizionale ricorso a firma congiunta o,
come alcuni ritengono, l’azione giudiziaria (con le forme ordinarie) per sentire
dichiarare la regolarità e la validità dell’accordo originario affinché esso possa produrre
i suoi effetti (26).
6. – Qualora l’accordo riguardi coniugi con “figli a carico”, il p. m., a seguito della
trasmissione dell’accordo, entro un termine (ordinatorio) (27) di cinque giorni, è
chiamato a valutare se tale accordo risponda all’interesse della prole.
25
) Ad esempio, CRESCENZI, op. cit., p. 6, considera un motivo di irregolarità l’eventuale
assegnazione della casa coniugale in mancanza di figli a carico.
26
) Così Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del
presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1404.
27
) Così pure Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del
presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1402.
In caso positivo, egli autorizzerà l’accordo, cui a quel punto si applicherà il comma 3°
dell’art. 6; in caso contrario, dovrà trasmettere l’accordo stesso al Presidente del
Tribunale che fisserà, entro i successivi trenta giorni (termine anche questo ordinatorio)
(28), la comparizione delle parti e provvederà senza ritardo.
Ancorché nel silenzio della legge, appare necessario che il p. m., prima di vagliare la
rispondenza dell’accordo all’interesse dei figli, verifichi che l’accordo stesso soddisfi i
requisiti di forma – contenuto stabiliti dalla legge (ad esempio, rispetto alle
certificazioni dei legali e alla presenza delle dichiarazioni previste dall’art. 6, comma
3°: v. supra) e che siano soddisfatti i presupposti “processuali” in merito alla
competenza territoriale dell’ufficio giudiziario adito.
La norma non specifica su quali basi il p. m. possa valutare se l’accordo risponda
all’interesse dei figli (29). Si tratta evidentemente di un controllo documentale (30), dal
momento che non si prevede né che il p. m. incontri le parti né che ascolti il minore ( 31).
La completa omissione di tale incombente, elevato a condizione di validità di ogni
provvedimento emesso nell’interesse di un minore, peraltro, appare in evidente (e forse
non troppo meditata) contro-tendenza rispetto alle recenti riforme introdotte dalla legge
n. 219 del 2012 e dal decreto legislativo n. 154 del 2013 (32).
28
) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente
del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1402, per il quale, entro tale termine, si deve effettivamente
tenere l’udienza e non semplicemente programmarla.
29
) Essendo pacifico che il p. m., in questa sede, possa compiere una verifica sulla convenienza
degli accordi: Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del
presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1403.
30
) V. anche CRESCENZI, op. cit., p. 4.
31
) Critico al riguardo TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei minori, cit., p. 162, per cui
sussistono ombre sulla legittimità costituzionale delle norme che consentono la separazione e il
divorzio stragiudiziali anche in presenza di figli.
32
) Di difforme opinione CRESCENZI, op. cit., p. 9, per cui, quando i genitori sono
d’accordo, l’ascolto deve considerarsi, in linea generale, superfluo.
Si esclude pure che il p. m. possa svolgere autonoma attività di indagine (33). Egli potrà
però verificare dai documenti prodotti (o da quelli di cui abbia chiesto la produzione) se,
pur nel silenzio dell’accordo, risulti la presenza di figli “a carico” della parti (34).
Sarà cura delle parti allegare all’accordo tutti i documenti (in primis, quelli relativi alle
rispettive condizioni patrimoniali e reddituali) sulla cui base il p. m. possa riscontrare
che l’accordo risponde in effetti all’interesse dei figli. In caso di figli minori, ad
esempio, eventuali condizioni che portino ad escluderne l’affidamento condiviso (da
tempo elevato a modalità standard di affidamento in caso di crisi genitoriale) dovranno
essere adeguatamente motivate e documentate (35). A livello di prassi locali, le Procure
potrebbero anche fornire una lista di documenti o di dichiarazioni che le parti debbano
allegare all’accordo al momento della sua trasmissione.
Si ritiene che il p. m. possa chiedere alle parti informazioni integrative o ulteriori
documenti (36).
Va osservato, a questo riguardo, che vi è diffuso timore che l’impossibilità di effettuare
controlli effettivi sugli accordi delle parti nei tempi e nei termini imposti dalla legge
possa indurre il p. m. a cassare o promuovere gli accordi stessi senza una vera verifica
33
) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente
del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1403.
34
) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente
del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1403.
35
) Così pure Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del
presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1404.
36
) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente
del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 14°3.
(37). In effetti, gli interpreti concordano sul fatto che la scelta di affidare al p.m. il
controllo sugli accordi negoziati sia stata poco opportuna (38).
7. - Una grave lacuna della nuova normativa riguarda il ruolo del Presidente del
Tribunale, cui viene trasmesso dal p.m. l’accordo ritenuto da quest’ultimo non
rispondente all’interesse dei figli.
La legge prevede che, in tale ipotesi, il Presidente debba fissare un’udienza di
comparizione delle parti e provvedere “senza ritardo”. Nulla viene però aggiunto circa
la natura di tale udienza e i poteri che, a questo punto, il Presidente possa esercitare.
Gli interpreti si sono dunque divisi su due fronti.
Un primo orientamento, condiviso da chi scrive, ritiene che, una volta che il p. m.
trasmetta l’accordo al Presidente del Tribunale, il procedimento esca dalla sfera della
degiurisdizionalizzazione, per innestarsi sui tradizionali binari giudiziali della
separazione consensuale, del divorzio congiunto o della modifica congiunta delle
condizioni, a seconda dei casi (39): in quest’ottica, il Presidente disporrà, in base alle
circostanze, un’udienza avanti a sé (separazione) o al collegio (divorzio o modifica di
condizioni). In tali sedi, parti e giudici si confronteranno sul contenuto dell’accordo
negoziato, analizzandone gli eventuali punti deboli, alla luce dei rilievi del p. m. Il
Presidente o il collegio potrà, se del caso, proporre adattamenti e modifiche e, in
37
) Dubbi anche di POLISENO, La convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni
consensuali di separazione e divorzio, in Foro it., 2015, V, c. 35. Dubbi in merito alle garanzia
offerte dal controllo del p.m. rispetto alla tutela dell’interesse superiore dei figli minorenni di
TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei minori, cit., p. 162. V. anche le critiche di G.
FINOCCHIARO, Un controllo formale che non tutela la prole, in Guida dir., 2014, fasc. 49-50, p.
66 s.
38
) V. le condivisibili critiche di DANOVI, I nuovi modelli di separazione e divorzio, cit., p.
1144; per Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente
del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1401, l’aver individuato nel p. m. l’organo cui affidare il
controllo sugli accordi dei coniugi rappresenta una mossa “non priva di astratta genialità”, ma
“preoccupante nelle sue effettive implicazioni pratiche”.
39
) In questo senso, pare, anche TRISCARI, L’accordo dei coniugi verificato dal p.m., in
Guida dir., 2014, fasc. 49-50, p. 57; circolare del Presidente del Tribunale di Bologna del 25
febbraio 2015. Esclude invece tale opzione TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei minori, cit.,
p. 161, in quanto contrastante con la volontà dei coniugi di evitare la via della giurisdizione.
applicazione dell’art. 337-octies c. c., potrà essere disposto l’ascolto della prole
minorenne, se presente (40). In base alle regole ordinarie, i coniugi potranno recepire tali
proposte o suggerimenti, formalizzando, avanti al collegio, un nuovo accordo cui
seguirà il decreto di omologa della separazione, la sentenza di divorzio o il decreto di
modifica.
A tale ricostruzione, si può obiettare che essa preveda una pronuncia giudiziale in
mancanza di domanda delle parti, che avevano intrapreso la via della negoziazione
assistita e concluso un accordo (41). Il rilievo non è insuperabile, ove si qualifichi la
trasmissione dell’accordo al p.m. come una istanza di “omologazione” dell’accordo
stesso: avanti al Presidente o al collegio, in effetti, si arriva comunque su impulso delle
parti, le quali saranno poi chiamate, all’udienza, a formalizzare la propria richiesta di
recepimento dell’accordo tra loro raggiunto. Il problema potrebbe essere quello
dell’iscrizione del procedimento a ruolo, ma anche questo non appare un ostacolo
insormontabile, potendovi le parti provvedere su invito del Presidente contenuto nel
decreto di fissazione dell’udienza (42).
L’interpretazione alternativa (che appare fatto propria anche dalla Circolare del
Ministero dell’interno del 9 dicembre 2014), considerando la negoziazione assistita
matrimoniale come una fattispecie integralmente alternativa al procedimento
giurisdizionale, valorizza anche in questa fase la natura “degiurisdizionalizzata” del
procedimento: in tale ottica, all’udienza, le parti compaiono davanti al solo Presidente
del Tribunale (43), il quale le invita ad adeguarsi ai rilievi del pubblico ministero.
40
) V. pure TOMMASEO, op. cit., p. 162. Contra CRESCENZI, op. cit., p. 10.
41
) Presidente del Tribunale di Torino, 15 gennaio 2015, in Giur. it., 2015, p. 1398;
Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del
Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1405.
42
) Al riguardo, la circolare del Presidente del Tribunale di Bologna del 25 febbraio 2015
pone a carico della cancelleria la comunicazione alle parti, contestualmente alla data dell’udienza,
anche dell’invito alla regolarizzazione dell’iscrizione a ruolo e al versamento del relativo
contributo unificato.
43
Una variante di tale corrente interpretativa, nel valorizzare il ruolo esclusivo del
Presidente del Tribunale, afferma però che quella che ha luogo davanti a lui sia a tutti
gli effetti una fase a natura giurisdizionale, assimilabile ai procedimenti di volontaria
giurisdizione, che si svolge nelle forme dei procedimenti in camera di consiglio e si
conclude, sentite le parti, con ordinanza di autorizzazione o di diniego
dell’autorizzazione (44).
Per alcuni, il Presidente, nel corso dell’udienza, potrebbe compiere atti istruttori
indispensabili e anche procedere all’ascolto del minore (45).
In caso le parti rifiutino di adeguarsi ai rilievi del p. m., il Presidente dovrà negare
l’autorizzazione all’accordo (46).
Qualora In caso, invece, la parti prendano atto della necessità di modificare il loro
accordo, vi è diversità di opinioni rispetto alle possibili opzioni.
Per un primo orientamento, all’esito di questo “singolare procedimento” il presidente
potrebbe autorizzare direttamente l’accordo (47), a prescindere dalla misura innovativa
del suo contenuto (48). In caso di accordo modificato oltre i rilievi di p. m., peraltro,
) Per Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del
presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1405, l’intervento del prediente è la stazione finale
di una negoziazione e non quella iniziale di un processo.
44
) Così Trib. Termini Imerese, 24 marzo 2015, in www.ilcaso.it.
45
) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente
del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1406.
46
) Presidente del Tribunale di Torino, 15 gennaio 2015.
47
) Così CRESCENZI, op. cit., p. 9. In questo senso, pur critico, DANOVI, I nuovi modelli di
separazione e divorzio, cit., p. 1142; Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo
del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1406.
48
) In questo senso pare, Trib. Termini Imerese, 24 marzo 2015, cit., per cui i coniugi, in
sede di comparizione avanti al Presidente del Tribunale, possono integrare o modificare le
condizioni dell’accordo con riguardo ai figli, di propria iniziativa o anche su indicazioni o
sollecitazioni d’ufficio. V. pure Masoni, Negoziazione assistita in ambito familiare e problemi
procedurali connessi, in Dir. fam., 2015, I, p. 1401, per il quale il Presidente dovrebbe in ogni
caso disporre la previa trasmissione degli atti al p.m. per acquisirne il parere.
alcuni ritengono che l’accordo stesso debba nuovamente essere sottoposto al vaglio di
quest’ultimo dal presidente (49).
Per altri (50), il Presidente non potrebbe autorizzare un accordo “integrativo” che,
andando oltre i rilievi effettuati dal p.m., fosse significativamente diverso da quello
originario: su tale nuovo accordo mancherebbe, infatti, il parere del pubblico ministero,
ritenuto necessario sia dalla normativa generale su separazione e divorzio che dal
decreto legge n. 132 del 2014, come modificato in sede di conversione (51). Si dovrebbe
dunque consentire alle parti (su invito dello stesso Presidente in sede di provvedimento
di fissazione dell’udienza) di depositare, in tempo utile, ricorso per separazione
consensuale ovvero ricorso congiunto di divorzio o per la modifica delle relative
condizioni, così implicitamente rinunciando all’accordo negoziato (e con conseguente
mancata comparizione all’udienza avanti al Presidente). In alternativa, le parti
potrebbero comparire avanti al Presidente e dichiarare di aderire pienamente ai rilievi
effettuati dal pubblico ministero: in tal caso, il loro accordo (sul quale il p.m. avrebbe
già espresso il suo vaglio) sarebbe approvabile direttamente dal Presidente.
Il decreto del Presidente viene da alcuni ritenuto inimpugnabile, in difetto di riserva di
legge al riguardo (52). Altri, invece, ne prospettano la reclamabilità ai sensi dell’art. 739
c. p. c., anche da parte del p. m. (53).
Questo secondo orientamento presenta profili problematici di non scarso rilievo.
Prevedere che il Presidente possa autorizzare l’accordo tra le parti (a prescindere dal
fatto che ciò avvenga qualunque sia il contenuto dell’accordo ovvero solo in caso di
49
) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente
del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1406.
50
) Presidente del Tribunale di Torino, 15 gennaio 2015.
51
) Supera questi rilievi Masoni, Negoziazione assistita in ambito familiare e problemi
procedurali connessi, in Dir. fam., 2015, I, p. 1401, prospettando la trasmissione degli atti al p.m.
da parte del Presidente, in conformità all’art. 738, comma 2 c. p. c.
52
) Masoni, Negoziazione assistita in ambito familiare e problemi procedurali connessi, in
Dir. fam., 2015, I, p. 1402.
53
) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente
del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1406.
adesione totale ai rilievi del p. m.) vuol dire attribuire, per via interpretativa, al
Presidente stesso un potere che, in sede giudiziale, è riservato esclusivamente al
collegio, senza che tale soluzione sia giustificata dalla natura degiurisdizionalizzata del
procedimento: in effetti, una volta approdato avanti al Presidente del Tribunale, tale
procedimento nell’orbita della giurisdizione è ormai entrato. Sembra, anzi,
contraddittorio affermare che l’attribuzione di un inedito potere di autorizzazione in
capo al Presidente del Tribunale sia coerente con la natura degiurisdizionalizzata del
procedimento, considerato che, nelle separazioni e nei divorzi, proprio il Presidente del
Tribunale svolge una funzione tipicamente giurisdizionale.
Alcuni sostenitori di tale linea interpretativa, inoltre, sembrano dare per scontato che il
Presidente condivida i rilievi o i dubbi sollevati dal p. m.: non si può però escludere che
tra p. m. e Presidente non vi sia identità di visioni e che, ad esempio, il Presidente possa
ritenere infondati i rilievi ostativi del p.m. o, per converso, opinare che l’accordo delle
parti non sia da autorizzare per profili diversi (54).
Né convince il meccanismo configurato dal Presidente del Tribunale di Torino, alla cui
stregua le parti potrebbero rinunciare al procedimento negoziato per depositare un
tradizionale ricorso congiunto: allo stesso risultato, infatti, si può pervenire ritenendo,
come si è scritto sopra, che quella fissata dal Presidente sia un’udienza presidenziale o
collegiale, all’esito della quale il Tribunale emetta i tradizionali provvedimenti previsti
dalla legge in merito all’accordo espresso dalle parti, previo parere del p.m.
8. - Una volta superato il controllo del p.m. o del Tribunale, l’accordo potrà produrre i
suoi effetti, in modo retroattivo. La legge, infatti, fa decorrere gli effetti sullo “stato
personale” dei coniugi dalla data di sottoscrizione dell’accordo di separazione o
divorzio. E’ da tale momento, in particolare, che, in caso di separazione, inizierà a
decorrere il termine (oggi abbreviato) per la richiesta del divorzio.
Ai sensi dell’art. 5, inoltre, l'accordo che compone la controversia matrimoniale,
sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, una volta superato il vaglio del
p. m., costituisce titolo esecutivo e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.
54
) Così anche Trib. Termini Imerese, 24 marzo 2015, cit.
Dalla data in cui avviene la comunicazione da parte circa il nulla osta o l’autorizzazione
del p.m. o del Tribunale (55) inizia a decorrere il termine di dieci giorno entro il quale
“l’avvocato della parte
”, ai sensi del comma 3° dell’art. 6, è obbligato a trasmettere all'ufficiale dello stato
civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, copia, autenticata dallo
stesso, dell'accordo munito delle certificazioni di cui all'art. 5 (56).
L’originale dell’accordo, dunque, dovrebbe rimanere (ma il condizionale è d’obbligo, v.
supra) nella disponibilità dell’avvocato (o meglio, degli avvocati, ciò che lascia
presumere che dell’accordo esisteranno – almeno - due originali).
In modo forse incongruo, il Ministero dell’Interno, con circolare del 28 novembre 2014,
aveva inizialmente dato disposizione agli Ufficiali di stato civile di ricevere l’accordo
autorizzato ai fini dei conseguenti adempimenti da ciascuno dei due avvocati
necessariamente coinvolti nella redazione dell’accordo stesso (57). Tale rigore (invero
eccessivo) non appariva giustificato dall’esigenza di procedere con rapidità alle
annotazioni ed iscrizioni previste della legge, poiché, a tal fine, sarebbe bastato,
appunto, l’invio di una sola copia.
La circolare del Ministero dell’interno del 24 aprile 2015 ha però rettificato tale presa di
posizione, ritenendo sufficiente la trasmissione da parte di uno solo degli avvocati
coinvolti.
Le sanzioni, in caso di ritardato o mancato invio della copia autenticata dell’accordo
all’ufficiale dello stato civile sono particolarmente severe: ai sensi del comma 4°
dell’art. 6, infatti, all'avvocato che viola l'obbligo in questione è applicata la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro 2000,00 ad euro 10000,00, con la specificazione che
55
) Trib. Termini Imerese, 24 marzo 2015, cit.
56
) Con la precisazione che il matrimonio iscritto è quello celebrato con rito civile, con
iscrizione nel comune di celebrazione; matrimonio trascritto è quello celebrato con rito religioso,
con trascrizione nel comune di celebrazione, o quello celebrato all’estero, la cui trascrizione
avviene nel comune di residenza o di iscrizione Aire: v. la Circolare del Ministero dell’interno, 1
ottobre 2014, p. 3.
57
) E’ pure stata data disposizione, una volta trascorso il termine di dieci giorni, di avviare
l’iter per l’irrogazione delle sanzioni a carico del legale che abbia violato l’obbligo di
trasmissione entro detto termine: Circolare del Ministero dell’interno, 28 novembre 2014, p. 2.
alla irrogazione di tale sanzione è competente il Comune in cui devono essere eseguite
le annotazioni previste dall'art. 69 del d. P. r. n. 396 del 3 novembre 2000 (ordinamento
dello stato civile).
A tale d. P. r., la nuova normativa fa riferimento anche al comma 5° dell’art. 6, che
elenca le modificazioni all’ordinamento dello stato civile resesi necessarie a seguito
dell’introduzione del nuovo istituto (58).
Ai sensi dell’art. 11, comma 1°, i difensori che sottoscrivono l'accordo raggiunto dalle
parti a seguito della convenzione sono pure tenuti a trasmetterne copia (che la legge non
richiede autenticata) al Consiglio dell'ordine circondariale del luogo ove l'accordo è
stato raggiunto, ovvero al Consiglio dell'ordine presso cui è iscritto uno degli avvocati.
Non si precisano i tempi di tale comunicazione né le possibili conseguenze in caso di
inadempimento: senz’altro, la mancata trasmissione al Consiglio dell’ordine non avrà
implicazioni sulla validità e sull’efficacia dell’accordo. Il legale responsabile potrebbe,
però, incorrere in una sanzione disciplinare.
Anche nel contesto “matrimoniale” sembra applicabile il comma 2° dell’art. 11, alla cui
stregua, con cadenza annuale il Consiglio nazionale forense provvede al monitoraggio
delle procedure di negoziazione assistita e ne trasmette i dati al Ministero della
giustizia. Tale disposizione solleva problemi di tutela della privacy e di conservazione
dei dati sensibili di cui il Consiglio nazionale forense e i singoli Consigli territoriali
dovranno farsi carico.
9. - La separazione e il divorzio “autogestiti” sono disciplinati dall’art. 12 del decreto
legge n. 132 del 2014.
Come già si è detto, si tratta, a livello sistematico, della novità più dirompente della
recente riforma: per la prima volta, infatti, si prevede la possibilità per coniugi ed ex
58
) In particolare, sono stati modificati gli artt. 49, comma 1 (con l’aggiunta, dopo la lett.
g), di una lett. g-bis), 63, comma 2 (con l’aggiunta, dopo la lett. h, di una lett. h-bis) e 69, comma
1 (con l’aggiunta, dopo la lettera d), di una lett. d-bis), per consentire la trascrizione e
l’annotazione negli atti di nascita dei coniugi e nell’atto di matrimonio gli accordi raggiunti a
seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato o più avvocati conclusi tra
coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione
degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio, nonché di modifica delle
condizioni di separazione o di divorzio.
coniugi di separarsi, divorziarsi o modificare le condizioni di una separazione o di un
divorzio semplicemente esternando tale volontà davanti ad un ufficiale di stato civile,
chiamato a raccogliere il loro accordo.
Viene, in particolare, eliminato qualsiasi controllo giudiziario sull’accordo raggiunto
dalle parti, valorizzando la semplice manifestazione della volontà di queste ultime, e
portando alle conseguenze più estreme il percorso della privatizzazione dei rapporti
coniugali (59).
Parte della dottrina evidenzia l’incongruenza tra i diversi livelli di controllo a seconda
che lo stesso tipo di accordo sia negoziato tra le parti e i loro avvocati oppure
semplicemente formalizzato avanti all’ufficiale di stato civile (60).
Le parti possono comunque scegliere di farsi “assistere” da un legale.
La circolare del Ministero dell’interno del 28 novembre 2014 ha precisato che della
presenza dell’avvocato è necessario dare conto nell’atto che l’ufficiale di stato civile
deve redigere, specificando altresì che l’avvocato, in ogni caso, non può sostituire
davanti all’ufficiale la parte assistita.
Anche questo nuovo istituto, come già si è visto per la mediazione assistita
matrimoniale, si coordina con i procedimenti giudiziali tradizionali: le parti potranno
così modificare un provvedimento giudiziale esistente con una semplice dichiarazione
di volontà e il giudice potrà essere chiamato a modificare con un suo provvedimento un
accordo “autogestito” tra i coniugi. Inoltre, si può configurare il ricorso al nuovo istituto
anche in pendenza di un procedimento di separazione o di divorzio.
Il fondamentale presupposto sostanziale di applicazione dell’accordo matrimoniale
autogestito è che le parti non abbiano figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori
di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti (61). La circolare del
59
) V. pure le osservazioni di CASABURI, Separazione e divorzio innanzi al sindaco:
ricadute sostanziali e processuali, in Foro it., 2015, V, c. 45.
60
) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente
del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1402
61
) Per la Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 3, al nuovo istituto
non si potrebbe accedere, peraltro, in presenza, anche di figli di uno solo dei coniugi. CRESCENZI,
op. cit., p. 11 ritiene tale limitazione “oggettivamente illegittima”.
Ministero dell’interno del 24 aprile 2015 ha chiarito che il riferimento è ai figli
“comuni” dei coniugi richiedenti.
Sulla sussistenza di tale presupposto deve vigilare l’ufficiale di stato civile, alla luce
della documentazione a lui direttamente disponibile e di quella che le parti gli
forniscono, sotto forma (anche) di dichiarazioni da rendere ai sensi dell’art. 46 d. p. r.
445\00, dovendo egli anche disporre gli idonei controlli ai sensi dell’art. 71 del
medesimo regolamento (62).
Rispetto alla condizione di incapacità dei figli maggiorenni, il controllo va riferito al
tradizionale regime civilistico dell’incapacità di agire ed ai correlati istituti (tutela,
curatela, amministrazione di sostegno) (63).
Il comma 3° pone pure un limite al contenuto dell'accordo formalizzato avanti
all’ufficiale di stato civile, che non può contenere patti di trasferimento patrimoniale.
Tale limite è stato evidentemente previsto con riferimento a cessioni di immobili tra le
parti (64), anche per evitare possibili frodi o abusi.
Il Ministro dell’interno, con circolare 28 novembre 2014, però, sul presupposto che la
ratio della previsione fosse quella di escludere qualunque valutazione di natura
economica o finanziaria nella redazione dell’atto di competenza dell’ufficiale di stato
civile, aveva affermato che, in assenza di specifiche indicazioni normative, dall’accordo
dovesse essere esclusa qualunque clausola avente carattere dispositivo sul piano
patrimoniale come ad esempio, l’uso della casa coniugale, l’assegno di mantenimento,
ovvero qualunque altra utilità economica tra i coniugi dichiaranti.
Si trattava di un’interpretazione non condivisibile e contraria al dettato normativo: in
effetti, il riconoscimento di un assegno di mantenimento non costituisce un
trasferimento patrimoniale (65). La dottrina aveva dunque espresso unanime critiche
62
) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 3.
63
) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 3.
64
) V. anche DALLE NOGARE, Una prima lettura degli art. 6 e 12 del dl 132/2014, in
Quest. giust., consultato il 25-10-2014, p. 4
65
) V. pure LOMBARDI, op. cit., p. 3.
contro tale lettura restrittiva, ritenendo preferibile un’interpretazione che consentisse
alle parti di accordarsi anche in merito al riconoscimento, alla determinazione
dell’importo e all’eventuale rinuncia ad un assegno di mantenimento, in quest’ultimo
caso anche relativo alla prole, sul presupposto che i figli siano divenuti maggiorenni
(66).
A seguito di tale reazione critica, il Ministero ha opportunamente rivisto la sua
posizione e, con circolare del 24 aprile 2015, ha precisato che non rientra nel divieto
posto dall’art. 12 la previsione (o l’elisione…), nell’accordo, di un obbligo di
pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico, trattandosi di un
rapporto obbligatorio che non produce effetti traslativi su di un bene determinato
preclusi dalla norma in esame. E’ stata invece condivisibilmente confermato che
l’accordo non può prevedere la liquidazione una tantum dell’assegno divorzile, che
integra un’attribuzione patrimoniale (mobiliare o immobiliare), rispetto alla quale,
peraltro la legge prevede la verifica di congruità da parte del Tribunale.
La legge di conversione ha chiarito che l’ufficiale di stato civile davanti al quale le parti
devono formalizzare il loro accordo è il sindaco del comune di residenza di una di loro
o del comune presso cui è iscritto o trascritto l'atto di matrimonio. Rispetto ai criteri di
competenza applicati ai procedimenti matrimoniali basati sul consenso delle parti si
aggiunge, dunque, un ufficio in più, ovvero, in sostanza, quello del luogo di
celebrazione del matrimonio (con la precisazione che la trascrizione dell’atto di
matrimonio può riguardare non solo i matrimoni celebrati con rito religioso nell’ambito
del Comune di riferimento ma anche quelli celebrati all’estero).
Sul piano procedimentale, il comma 3° dell’art. 12 specifica che l’ufficiale di stato
civile deve acquisire da ciascuno delle parti personalmente la dichiarazione di volontà
(67) che esse vogliono separarsi ovvero far cessare gli effetti civili del matrimonio o
66
) Così anche CRESCENZI, op. cit., p. 12. V. pure CASABURI, Separazione e divorzio
innanzi al sindaco: ricadute sostanziali e processuali, in Foro it., 2015, V, c. 48 che ritiene
illegittima la lettura data dal ministero dell’interno; G. FINOCCHIARO, La parte può chiedere di
fronte al sindaco l’assistenza del legale, in Guida dir., 2015, fasc. 6, p. 18, per cui l’accordo non
può contenere esclusivamente l’attribuzione di cespiti o di somme di denaro una tantum.
67
) V. Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 3.
ottenerne lo scioglimento secondo condizioni tra di esse concordate ovvero che
vogliono modificare le condizioni di separazione o di divorzio (68).
In ambito giudiziale, la giurisprudenza è (faticosamente) giunta ad ammettere che, alle
dovute condizioni, all’udienza presidenziale di separazione o collegiale di divorzio la
parte possa essere “rappresentata” da un nuncius ovvero da un curatore speciale o da un
amministratore di sostegno. Si dovrà dunque verificare se anche in questo ambito si
possa giungere alle medesime conclusioni, almeno rispetto alle parti totalmente o
parzialmente incapaci.
Il comma 3° prevede che l'atto contenente l'accordo debba essere compilato e
sottoscritto immediatamente dopo il ricevimento delle dichiarazioni sopra menzionate.
All’uopo, il Ministero ha diramato dei formulari da compilare a cura dell’ufficiale di
stato civile.
L'accordo tiene luogo e ha la stessa efficacia dei provvedimenti giudiziali che
definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del
matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di
separazione o di divorzio. Esso, peraltro, non sempre produce immediatamente i suoi
effetti. In caso di separazione personale o divorzio infatti, l’ufficiale di stato civile,
quando riceve le dichiarazioni dei coniugi, li invita a comparire di fronte a sé non prima
di trenta giorni dalla ricezione per la conferma dell’accordo, anche ai fini degli
adempimenti di cui al comma 5°. Tale invito deve essere inserito nell’atto stesso ( 69).
Non comparire al secondo appuntamento così fissato è sinonimo di mancata conferma
dell’accordo.
In altre parole, l’accordo si perfeziona in due passaggi successivi, sulla base di un
meccanismo di “conferma” introdotto dalla legge di conversione, che ha previsto una
sorta di spatium deliberandi, per l’eventuale esercizio di un diritto di ripensamento (70).
68
) Il Ministro dell’interno, con circolare del 9 dicembre 2014, ha aggiornato l’allegato A
del proprio decreto del 5 aprile 2002, inserendo un’articolata serie di formule da utilizzare per le
varie situazioni previste dalla norma (raccolta, (mancata) conferma, annotazione e trascrizione
dell’accordo).
69
) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 4.
70
Il termine in questione è peraltro indicato nel minimo ma non nel massimo, ciò che può
rendere incerti i tempi di definizione del procedimento (e dunque scoraggiarne l’uso).
Per la Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, peraltro, in tale
periodo, l’ufficiale di stato civile può svolgere i controlli sulle dichiarazioni rese dagli
interessati.
Se nel termine concesso uno dei coniugi non conferma l’accordo, si ritiene opportuno
che l’ufficiale iscriva comunque l’atto già redatto nei registri dello stato civile, dando
conto della mancata conferma da parte degli interessati. Tale atto non sarebbe però
suscettibile di annotazione (71).
Dopo la conferma, l’ufficiale di stato civile è tenuto a comunicare l’avvenuta iscrizione
dell’atto alla cancelleria presso la quale sia eventualmente iscritta la causa concernente
la separazione o il divorzio, ovvero a quella del giudice avanti al quale furono stabilite
le condizioni di divorzio o di separazione oggetto di modifica. L’ufficiale di stato civile
a tal fine deve acquisire dalle parti ogni informazione necessaria per individuare
esattamente la cancelleria competente a ricevere la descritta comunicazione ( 72). Questa
previsione conferma che l’accordo avanti all’ufficiale di stato civile può essere
formalizzato anche in pendenza di un procedimento di separazione o divorzio, in cui, a
quel punto, di norma, dovrà essere dichiarata la cessazione della materia del contendere,
salva la possibilità di proseguire il giudizio sugli aspetti patrimoniali che non possano
essere trasfusi nell’accordo (v. supra).
Con il completamento dell’iter sopra descritto, gli effetti degli accordi (in particolare, il
decorso del termine triennale per il divorzio) decorrono dalla data certificata negli
accordi stessi, da riportare nelle annotazioni ed indicata nella scheda anagrafica
individuale degli interessati (73). Non rileva, invece, la data della conferma (74).
) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 4.
71
) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 5.
72
) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 5.
73
) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 4.
74
) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 5.
I commi 4° e 5° prevedono una serie di “innesti” giuridici, per adeguare i testi delle
norme che governano la materia al nuovo istituto dell’accordo autogestito in ambito
matrimoniale. E così, all’art. 3, al secondo capoverso della lett. b) del n. 2 del c. 1 l.
898\70 (legge sul divorzio), si precisa che il termine per la pronuncia di divorzio inizia a
decorrere anche «dalla data certificata nell'accordo di separazione raggiunto a seguito di
convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero dalla data dell'atto
contenente l'accordo di separazione concluso innanzi all'ufficiale dello stato civile.».
Al d.P.r. 396\00 sono invece apportate modificazioni a varie norme relative al regime di
pubblicità degli accordi di separazione personale, di scioglimento o di cessazione degli
effetti civili del matrimonio ricevuti dall'ufficiale dello stato civile ( 75). All’esecuzione
degli adempimenti che discendono dal ricevimento dell’accordo provvede l’ufficiale di
stato civile del comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, senza bisogno per
l’avvocato che trasmette l’accordo stesso di formulare apposita istanza all’ufficio di
stato civile per l’ulteriore seguito (76).
A parte il compenso per l’avvocato eventualmente coinvolto, il procedimento è
sostanzialmente esente da costi. Il comma 6 prevede solo il pagamento di un diritto fisso
a favore dei comuni all'atto della conclusione dell'accordo, ricevuto dall'ufficiale di stato
civile del comune, di importo non superiore all'imposta fissa di bollo prevista per le
pubblicazioni di matrimonio dall'art. 4 della tabella allegato A) al d. p. r. 642\72.
75
) In particolare, vengono modificati: a) l'art. 49, c. 1, con l’aggiunta, dopo la lett. g-bis),
della lett. g-ter) (annotazione sull’atto di nascita); b) l'art. 63, c. 1, con l’aggiunta, dopo la lettera
g), di una lett. g-ter) (annotazione negli archivi di cui all’art. 10 del d.p.r.); c) l'art. 69, c. 1, con
l’aggiunta, dopo la lett. d-bis), di una lett. d-ter) (annotazione sugli atti di matrimonio.
76
) Circolare Min. Interno, 1 ottobre 2014, p. 3.