dalmeri - L`Adige
Transcript
dalmeri - L`Adige
12 giovedì 28 giugno 2012 l’Adige ITINERARI A piedi nella storia Centinaia di pietre poste in tre fosse raffigurano alci cervi o uomini Nel bel centro per i visitatori film, guide e reperti originali 1 DALMERI Il riparo del paleolitico Il santuario dei cacciatori di 13 mila anni fa con pietre dipinte e le corna di stambecco LA BUSSOLA 쐢 Rifugio Barricata Si può trascorrere una bella giornata all’aperto sull’altopiano di Marcesina, visitando il Centro preistoria, passeggiando fra le praterie aperte e i boschi, al Rifugio Barricata e al Riparo Dalmeri. Dall’Albergo Marcesina (che si raggiunge in auto) su strada asfaltata, in circa 20 minuti di cammino a Malga Scura (1320 metri), al Rifugio Barricata. 쐢 Il Centro preistoria È aperto nei mesi di giugno e settembre la domenica dalle ore 10 alle 17 e nei mesi di luglio e agosto dal mercoledì alla domenica dalle 10 alle 17. Vengono proposte visite guidate al Riparo Dalmeri e laboratori per bambini, ragazzi e adulti per conoscere e sperimentare le pratiche e le abitudini degli antichi cacciatori del Paleolitico: ogni domenica di giugno e settembre dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 17; ogni sabato e domenica (più mercoledì 15 agosto) dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 17. 쐢 La guida ai luoghi Una pubblicazione dettagliata dei siti preistorici della Marcèsina è stata realizzata dall’Apt Valsugana (tel 0461752393) con il Museo delle scienze e il Comune di Grigno. La guida si intitola «Sulla Piana della Marcesina alla scoperta dei suoi primi abitanti». 쐢 Il Riparo nel Web All’indirizzo internet www.riparodalmeri.it si trova un’ampia illustrazione del sito preistorico e delle ricerche. 쐢 Dove informarsi Per informazioni sul Centro di Marcesina e sul riparo Dalmeri ci si può rivolgere al Museo delle scienze di Trento in via Calepina, tel. 0461/270 311; [email protected], www.mtsn.tn.it. 쐢 Il Colle dei Colombi Al Colle dei Colombi sono stati trovati manufatti in selce del Paleolitico medio e finale. 쐢 Fonte del Palo Sulle sponde di una torbiera al centro della Piana sono stati ritrovati manufattidi fattura epigravettiana e oggetti ascrivili al Paleolitico medio (oltre 35mila anni fa). FABRIZIO TORCHIO S otto un tetto di roccia sporgente a 1240 metri di altezza, sul margine dell’Altopiano della Marcesina (sul fianco destro della Valsugana, sopra Grigno) c’è un sito preistorico unico nell’ambito europeo. Fra 13.400 e 12.900 anni fa, come hanno stabilito le indagini al radiocarbonio, gruppi di cacciatori probabilmente provenienti dalla pianura hanno intensamente frequentato la vasta grotta, larga una trentina di metri, come luogo di aggregazione e di culto. Dal 1990, anno della scoperta ad opera di Nel territorio di Grigno, sull’altopiano di prati e di boschi al margine sud della Valsugana, un viaggio nel tempo ci riporta al Tardiglaciale Giampaolo Dalmeri, le campagne di scavo si sono susseguite fino ad oggi portando alla luce circa 200mila reperti, 20mila manufatti e circa 150mila resti di animali selvatici con prevalenza di stambecchi (al 90%), cervi e caprioli, camosci e orsi ma anche alci, castori, tassi, volpi, fagiani pernici, quaglie e pesci. Il sito li ha restituiti intatti. Sono rimasti perfettamente «sigillati» dal terreno che li ha ricoperti al termine di quella finestra di clima favorevole del Tardiglaciale che gli specialisti chiamano Alerød, e durante la quale questi gruppi con famiglie al seguito hanno percorso il vasto altopiano erboso spingendosi sulle rocce alle quote maggiori, inseguendo stambecchi e camosci. Straordinari gli oggetti di questi cacciatori epigravettiani: migliaia di selci e conchiglie ornamentali giunte dal Mediterraneo (indizio di scambi nel corso del nomadismo invernale), strumenti e armature mircolitiche per armi (in selce scheggiata e in osso), i resti di una capanna e dei fuochi. Ma, soprattutto, il contenuto di tre fosse rituali, che fanno del riparo Dalmeri uno straordinario santuario del Paleolitico. Vestiti di pelli, ornati di conchiglie, gli uomini di 13mila anni fa hanno riempito di corna e crani di stambecco le fosse. Quei resti non sono stati gettati alla rinfusa, ma posizionati con cura assieme al dente da latte di un bimbo (ne sono stati ritrovati sette, in tutto), ai lisciatoi e, soprattutto, a centinaia di pietre dipinte in ocra e capovolte, raffiguranti uomini e animali, posate solo nel corso delle prime frequentazioni. Forse nel corso di cerimoniali propiziatori per la stagione della caccia, o forse per far «rivivere» in forma rituale un animale sacro dalle lunghe corna come lo stambecco, è stato ipotizzato che uno sciamano abbia guidato questi rituali misteriosi.Delle 267 pietre dipinte, molte raffigurano stambecchi, cervi e qualche carnivoro e una grande quantità è solo arrossata con l’ocra. La visita A circa 1,5 km dal riparo Dalmeri sorge il Centro preistoria in Marcesina, una struttura informativa custodita dove sono esposti reperti originali del sito, sono disponibili le guide al percorso e viene proiettato un video. Le visite guidate al riparo sono organizzate a gruppi. Il Centro si trova a nord della Piana di Marcesina, e vi si giunge dalla strada statale della Valsugana, uscendo a Primolano e proseguendo in direzione dell’Altopiano di Asiago; arrivati ad Enego si seguono le indicazioni per la Piana di Marcesina. Il Centro si trova vicino al Rifugio Barricata. Al Museo delle scienze a Trento, in via Calepina 14, nella sezione dedicata ala preistoria sono esposti reperti originali (pietre dipinte, oggetti, selci, ecc.), ricostruzioni del sito, disegni e oggetti coevi. Una visita quasi obbligata. ALTRI SITI COEVI DEI PRIMI UOMINI SUI MONTI MADONNA DELLA NEVE Tracce di frequentazione umana nel Paleolitico finaleepigravettiano sono state trovate sul Baldo (foto Museo delle scienze). Al Museo delle scienze sono esposti alcuni manufatti trovati nel 1979 a 1.100 metri. LAGO DI TERLAGO Negli anni ‘80 e nel 1990, le campagne di scavo effettuate su un terrazzo vicino al Lago di Terlago (in fondovalle, non in altura) hanno messo in luce le tracce di «abitazioni» del Paleolitico e del Mesolitico. SUL LAGO DI ANDALO Materiale del Paleolitico superiore-epigravettiano finale è stato ritrovato (foto Museo di scienze) nel 1980 sulla sponda nord del Lago di Andalo. I reperti sono visibili al Museo delle scienze a Trento. La Grotta di Ernesto S ul margine orientale della Piana di Marcesina, lungo la strada forestale di Val d’Antenne, i manufatti ritrovati nella Grotta di Ernesto (foto Museo delle scienze) fanno pensare alla cultura epigravettiana, del Paleolitico superiore finale, anche se la datazione dei carboni di focolare indicano che la lunga galleria sia stata frequentata nel Mesolitico antico, circa 9mila anni fa. La grotta fu scoperta nel 1983, è costituita da una galleria lunga circa 65 metri che si apre a 1.165 metri di quota tra il fondovalle e il limite superiore dei boschi. Dall’atrio, il corridoio sfocia nella Sala del focolare, adornata da stalagmiti e concrezioni che, «registrando» il deposito annuale, consentono di ricostruire il clima del passato. Nella sala è stata ritrovata una «abitazione», con un focolare e tracce di animali cacciati (stambecco e cervo), oltre a strumenti in selce. Residui di ossa sono stati rinventi nella successiva Sala grande, dalla quale si passa alla Camera della torcia. Qui sono stati trovati resti di orso bruno, inglobati nelle concrezioni insieme a resti di carboni di legna. Per raggiungere la grotta, che non è visitabile, da Primolano si prende per Enego e poi per Frizzone. Dalla località Stivai si prosegue a piedi (circa 30 minuti di cammino per stradina). 13 l’Adige giovedì 28 giugno 2012 Archeologo del Museo delle scienze, l’autore della scoperta racconta come si viveva allora Il Riparo Dalmeri, protetto dalla roccia; sotto Giampaolo Dalmeri (foto Museo delle scienze) «Erano clan di cacciatori» G iampaolo Dalmeri, laureato in geologia all’università di Ferrara con una tesi sulla preistoria, si occupa di archeologia dal 1980 ed è conservatore del Museo delle scienze. Nei primi anni ‘80, su incarico del professor Bagolini aveva avviato una ricerca sulla Grotta di Ernesto, sul margine orientale della piana di Marcèsina. Tutto è partito da lì? «Alla fine degli anni ‘80 ho iniziato ad esplorare in lungo e in largo l’altopiano. Sono capitato in questa stretta valle, del torrente Ombra, che forma un grande riparo. La sensazione era di un luogo scuro, ma ripensando alla posizione, al centro di altri ritrovamenti, ho capito che ci doveva essere qualcosa di importante». Così ha iniziato i sondaggi? «Subito ho trovato resti di carboni da focolare e indizi importanti, nel 1991 è partita la prima campagna di scavi che ha rivelato una stratigrafia: a due metri di profondità, dalle prime selci trovate, ho capito subito che eravamo nel Paleolitico finale, c’erano resti di animali ben conservati, ed è emerso un archivio archeologico e naturalistico». E le pietre? «Nel 2001 la svolta importante con le prime pietre dipinte che ci parlano della ritualità e della spiritualità dell’uomo. I ritrovamenti sono proseguiti in crescendo, anche con 4050 pietre ad ogni scavo e 10 anni di restauri». Dove si trovavano? «A 2 metri e mezzo dal piano Il mistero dei sassi dipinti Nella foto in alto, la capanna con le pietre dipinte all’interno del Riparo Dalmeri; a sinistra pietra dipinta con figura umana e in basso una pietra dipinta con la figura di uno stambecco; nella foto orizzontale il Centro preistoria con i visitatori (foto Museo delle scienze) FOLGARIA LA SCHEDA 쐢 Dopo LO STUDIOSO A gruppi familiari, salivano in primavera e dipingevano le pietre per motivi rituali Giampaolo Dalmeri attuale, coperte da un pacco di sedimenti. Erano capovolte, il che ha a che fare con un rito: dipingere un animale ucciso per farlo “tornare” alla natura». Come è fatto il riparo? «Abbiamo la capanna e un terrazzamento artificiale fatto di pietre dipinte, appositamente costruito, su uno spazio di circa 30 metri. Verso l’esterno, tre fosse rituali riempite di corna e crani di stambecco. Sotto un grande sasso con l’impronta in ocra delle corna di stambecco, sorta di animale sacro. La prima fase di occupazione fu rituale, poi il sito venne rioccupato per varie stagioni ma usato per altri scopi, come il trattamento delle carni». Chi erano questi uomini? «Erano clan familiari che frequentavano il sito dalla primavera al tardo autunno. Le grandi battute di caccia erano alla fine dell’estate. Cacciavano a gruppi, conoscevano l’arco e probabilmente usavano lance. Lavoravano l’osso e le pelli con le quali si vestivano. L’ocra veniva ottenuta da noduli ferrosi nella roccia, riscaldandoli e producendo ematite, polverizzandola e mescolandola con acqua e probabilmente cera d’api». Perché abbandonarono il sito? «Per il subentro di una fase più fredda, attestata scientificamente: da allora, tutto è rimasto sigillato e intatto». Neppure i soldati della Grande guerra, che avevano lì le postazioni, se ne F. T. sono accorti. i ghiacciai Nel progressivo ritiro dei grandi ghiacciai europei (fra 15 e 12mila anni fa) due interstadi temperati del clima (13-12mila anni fa e 11.700-10.800 anni anni fa), separati da una fase fredda, videro il territorio alpino diventare prateria boscata, con conifere e piante non sempreverdi che «risalirono» alle quote più alte con l’aumento delle temperature medie. I cacciatori seguirono così le loro prede verso le Alpi. Alci e stambecchi in seguito diminuirono, lasciando spazio a cervi, camosci e cinghiali. 쐢 La preistoria con Fbk Per saperne di più, «L’età antica», primo dei quattro volumi della collana «Il territorio trentino nella storia europea» edito dalla Fondazione Bruno Kessler (Fbk Press). 쐢 «Natura alpina» Ambienti e stili di vita dei cacciatori del Riparo Dalmeri e approfondimenti sul mistero delle pietre dipinte sono i temi di due articoli (Giulio Antonio Venzo, Giampaolo Dalmeri e Stefano Neri) pubblicati sul numero 3/4 del 2009 di «Natura alpina», periodico della Società di scienze naturali del Trentino, reperibile al Museo delle scienze a Trento. A Carbonare resti di orsi e lupi nel sito della Cogola A Colpi l’anello a piedi e il centro visite a Maso Spilzi La passeggiata della torbiera Ecchen, caccia e pesca in riva all’antico lago LE VIOTE DEL BONDONE Ai piedi della morena di un antico ghiacciaio che scendeva dalla Val Mana (Tre Cime), al bordo sud della torbiera, sono emerse le tracce di accampamenti stagionali di cacciatori paleolitici, probabilmente saliti dalla pianura. A una cinquantina di chilometri di distanza dal Riparo Dalmeri, a pochi minuti di cammino dalla chiesa di Carbonare, a Folgaria, un secondo, importante sito segna il passaggio dal Paleolitico al Mesolitico. È il Riparo della Cogola, in località Pragrande alla testata della Valdastico, a 1070 metri di altezza. Qui, nell’estate del 1998, Andrea Brugnara e Linda Girotto hanno scoperto il sito: gli scavi archeologici, nel 1999 e nel 2002, diretti da Dalmeri, sono stati condotti dal Museo delle scienze. Resti di orsi e lupi Ossa, selci, carboni di focolare, pesci e resti di orso e lupo vi sono stati ritrovati, suggerendo una frequentazione di cacciatori del riparo sottoroccia, un rifugio abituale per gli uomini del Paleolitico che tuttavia soggiornavano anche all’aperto, in strutture fatte di pietre, legname e pelli. Molti siti simili sono stati accertati nel Trentino, dalle Viote al Monte Baldo, ma anche nei pressi del Lago di Andalo, di quello di Terlago e a Manzano di Mori. Una passeggiata «paleolitica» Altri scavi condotti a Folgaria in riva alla torbiera di Ecchen (o Ecken), a 1250 metri di quota fra Maso Spilzi e l’abitato di Colpi, hanno evidenziato che nel Paleolitico finale anche le sponde di questo antico lago erano frequentate, probabilmente per la caccia e per la pesca. La torbiera è un’area protetta, e il sentiero di visita che vi gira intorno passa anche dal sito archeologico, dove alcuni pannelli provvisori illustrano l’esito degli scavi e delle ricerche. A pochi minuti di cammino si trova un punto di osservazione attrezzato sulla torbiera. Complessivamente, per l’intero giro della torbiera si calcolino un’ora-un’ora e mezza di cammino. Il percorso L’ingresso al sentiero di visita del biotopo è nei pressi di Colpi, dalla stradina a fianco del Santuario della Madonna delle Grazie, ma l’escursione ad anello può essere effettuata partendo anche da Maso Spilzi (dall’altra parte, accesso dalla strada che da Colpi sale a Passo del Sommo), che è il centro visite del biotopo. «La naturalità del luogo - si legge nel sito delle aree protette della Provincia di Trento - suggerisce abbigliamento discreto e soprattutto calzature adeguate.Lungo il percorso sono indicati 13 punti di particolare interesse, in corrispondenza dei quali è collocata una tabella con una breve frase illustrativa. Temi proposti: il panorama; il lago intermittente; i boschi sullo sfondo; l’emissario; i licheni; le siepi, i confini; l’inghiottitoio; la vegetazione palustre; gli animali; il deserto del golf; il vecchio biancospino; giardini in miniatura». Sulla riva Due immagini della passeggiata alla torbiera di Ecchen a Folgaria (foto F.Torchio): un pannello esplicativo e il punto di osservazione sull’area protetta