Depressione Post Partum materna e paterna

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Depressione Post Partum materna e paterna
Depressione Post Partum materna e paterna
Implicazioni nello sviluppo del bambino
a cura della Dott.ssa Simona Lazzarini
Avere un bambino è un’esperienza importante, carica di aspettative di felicità sia da parte della
coppia che da parte della comunità che la circonda. Spesso è però un’esperienza impregnata
anche di credenze irrealistiche e miti, come l’idea che la maternità sia un evento esclusivamente
gioioso.
Già dai primi giorni dopo la nascita si delinea infatti una realtà che non è sempre quella attesa e
desiderata. Insieme alla gioia e alla felicità di incontrare il proprio piccolo iniziano a prender piede,
soprattutto nella neo mamma, ansie e timori legati al dover affrontare un’esperienza nuova.
Questo stato, fisiologico e transitorio definito Maternity Blues, può manifestarsi nei primi giorni
dopo il parto ed ha una remissione spontanea entro una settimana.
La sintomatologia è caratterizzata da sentimenti di inadeguatezza a svolgere il ruolo di madre,
pianto frequente, labilità emotiva, ansia, disforia, a volte unita a insonnia e calo ponderale. In
questa condizione emotiva la madre si scontra con sensi di colpa, vergogna per ciò che prova,
preoccupazione per il proprio bambino, sentendosi quindi ancor più responsabile di non riuscire a
vivere positivamente questo evento significativo per la sua vita; anche l’entourage familiare, che
può non comprendere questo stato d’animo e giudicarlo immotivato, diviene in taluni casi fonte di
frustrazione anziché di sostegno.
Differente è invece il caso della Depressione Perinatale, o Depressione Post Partum, vera e propria
sindrome depressiva che si manifesta nel 10-15% delle puerpere e per cui è importante avvalersi
dell’aiuto di esperti. Si tratta di un disturbo dell’umore che può presentarsi dalle prime settimane
dopo il parto fino al terzo mese e dura in media da tre a sei mesi. Solo nei casi più gravi può
protrarsi fino a due anni.
Esistono fattori di rischio conosciuti che possono influire sullo svilupparsi di una depressione
perinatale, anche se si deve tenere in considerazione che la presenza di uno o più fattori aumenta
la probabilità ma non costituisce certezza, né il non essere in alcuna delle situazioni di rischio può
portare ad escludere a priori l’eventualità.
I maggiori fattori di rischio che emergono dagli studi sono una storia precedente di depressione
(pregressa o in gravidanza), una precedente depressione post partum, mancanza di sostegno e/o
relazione conflittuale con il partner, mancanza di supporto sociale o isolamento, svantaggio socioeconomico,
giovane
età.
Inoltre
possono
influire
sensibilmente
patologie
endocrine
(ipotiroidismo), eventi di vita stressanti recenti (un lutto ad esempio), complicazioni ostetriche
durante il travaglio o il parto, la nascita di un neonato prematuro, abuso o violenza domestica,
abuso di droghe o alcol, gravidanza indesiderata o non programmata, gravidanze ravvicinate,
lungo tempo di concepimento (pratiche di fertilità).
Insensibilità e poca responsività per i bisogni del bambino sono i comportamenti più comuni nelle
madri depresse, anche se in taluni casi si possono trovare anche atteggiamenti intrusivi, ostili o di
ritiro e isolamento; la relazione madre-figlio è spesso caratterizzata da emozioni negative e
disimpegno.
Le madri riportano di piangere molto facilmente (labilità emotiva), di essere giù di morale
(deflessione dell’umore), di sentire che non ce la fanno (sentimenti di inadeguatezza), di sentirsi in
colpa (sentimenti di autosvalutazione e di colpa), di litigare per futili motivi (irritabilità), di avere
pensieri e preoccupazioni per il loro bambino, per il marito, per loro stesse (ansia), di sentirsi
costantemente in uno stato d’allarme, di avere le palpitazioni, il respiro corto, il nodo alla gola, di
avere alterazioni del sonno o dell’appetito.
La sofferenza legata alla depressione perinatale è pervasiva e ostacola o blocca il lavoro fisico e
psichico della maternità. Tutto ciò avviene in un momento della vita in cui il bambino è
estremamente dipendente e molto sensibile agli scambi sociali con il genitore.
Innanzi tutto ciò che viene modificato in una relazione disfunzionale è la funzionalità genetica. I
geni sono entità dinamiche: anche se la struttura rimane invariata può variare il modo di
funzionare e il gene può essere attivato o inibito in base all’esperienza ambientale. Questo
comporta la produzione di mediatori chimici in concentrazioni diverse dalla norma, che possono
avere conseguenze sullo sviluppo cerebrale del bambino, e conseguentemente sul suo
Dott.ssa Lazzarini Simona
Viale Divisione Acqui 7, Mantova - c/o Centro Studi
Tel. 340 3362256 [email protected] www.psicoterapiamantova.it
comportamento. Da studi internazionali gli effetti della depressione materna maggiormente
riscontrati sono a carico dello sviluppo cognitivo, dello sviluppo emotivo e della regolazione degli
affetti, del modello di attaccamento. Spesso durante la crescita si riscontra l’insorgenza di disturbi
di tipo comportamentale.
In particolare la depressione perinatale può compromettere la capacità materna e, di
conseguenza, quella della diade madre-bambino, di regolare reciprocamente l’interazione,
portando ad una disregolazione degli affetti nella relazione e una conseguente interferenza
rispetto al processo di apprendimento del bambino. I figli di madri depresse si caratterizzano
spesso per una forma di attenzione non modulata, in quanto la depressione del genitore può
influenzare sia la consapevolezza delle contingenze ambientali sia la capacità di modulare il
proprio stato emotivo contemporaneamente all’elaborazione dell’informazione.
Risulta da tutto ciò fondamentale e necessario un intervento precoce in grado di aiutare la madre
in difficoltà a superare la problematica depressiva e il ripristinarsi di una relazione basata su
emozioni positive, empatia e capacità di sintonizzazione, che rappresentano lo starting point
necessario per un buono sviluppo del bambino. A livello preventivo è importante riflettere sulla
necessità della presa in carico e del sostegno alla donna a partire dalla gravidanza. Inoltre è
importante favorire il coinvolgimento del partner nell’assunzione del ruolo genitoriale e nel fornire
sostegno alla compagna. Considerevole supporto sociale si può trovare nei percorsi di educazione
alla genitorialità e nei gruppi di sostegno pre e post parto. Percorsi di terapia individuali possono
essere invece la via più indicata per persone a rischio o con difficoltà in atto.
DEPRESSIONE PERINATALE PATERNA
Se la depressione perinatale materna è ancora spesso sottovalutata, non compresa e non
adeguatamente trattata, quella paterna lo è anche maggiormente. Solo recentemente si è iniziato
a studiare questo fenomeno, altrettanto significativo per lo sviluppo del figlio tanto quanto lo è la
depressione materna.
I padri depressi rappresentano il 10,4% della popolazione e la sintomatologia può presentarsi fin
dall’inizio della gravidanza e per il primo anno dopo la nascita del bambino. Questo stato nel padre
spesso si presenta in concomitanza con una depressione materna, e le due problematiche si
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condizionano vicendevolmente. Il padre non sarà in grado di fornire l’adeguato sostegno alla
compagna e viceversa.
L’espressione sintomatologica è generalmente meno grave rispetto a quella materna, ma può
essere associata ad altri disturbi atipici. All’umore depresso, all’irrequietezza, all’irritabilità
generalmente si associano ansia, alterazioni del comportamento di malattia (ipocondria,
somatizzazioni), crisi di rabbia e acting out (attività fisica compulsiva, tradimenti, rifugio nel
lavoro), disturbi da dipendenza (alcol, droghe, fumo). Il maschio tende a verbalizzare meno il
vissuto di impotenza legato alla depressione e ad esternalizzare il disagio attraverso
comportamenti.
Rispetto alle madri, i padri tendono a protrarre la sintomatologia anche dopo il sesto mese del
bambino. Fattori di rischio importanti, oltre alla depressione materna, risultano essere difficoltà
nella relazione di coppia, tratti di personalità e storia personale particolari, elevato stress nel
periodo prenatale, gravidanza indesiderata, difficoltà socio-economiche.
L’evidenziarsi di questa problematica emergente fa si ce ci si ponga diversi quesiti rispetto alle
modalità “storiche” con cui si approcciano la gravidanza e il puerperio. La necessità di un
coinvolgimento non solo della donna ma di entrambi i genitori fin dalla gravidanza (visite
ginecologiche, ecografie, percorsi preparto) sembra essere un importante fattore protettivo
rispetto all’insorgere della depressione paterna. A ciò è fondamentale aggiungere che la figura
paterna non è mai marginale in nessuna fase, quindi nell’approccio alla coppia si deve tener conto
della condizione mentale e delle aspettative di entrambi i genitori rispetto alla nascita.
Il lavoro di rete tra le varie realtà che seguono la gravidanza e il post parto diventa quindi
fondamentale sia in termini di prevenzione che di cura per poter garantire continuità e coerenza al
percorso della coppia e una presa in carico e un sostegno globale e non parcellizzato.
Dott.ssa Lazzarini Simona
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