Chiara Collioli, Carlo Alberto Stevanin

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Chiara Collioli, Carlo Alberto Stevanin
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA
Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze
CORSO DI LAUREA IN FISIOTERAPIA
Presidente Prof. Adriano Ferrari
Coordinatore AFP. Dott.ssa Luisa Montanari
SPERIMENTAZIONE DEL PROGETTO
“PRENDERSI CURA DI CHI CURA”.
PROPOSTA DI INTERVENTO DI PREVENZIONE SECONDARIA DEL
MAL DI SCHIENA PER OPERATORI SANITARI
RELATORI:
Bassi Sandra
Cozza Stefania
Marmonti Rossana
Mineo Francesco
Morini Giovanni
Tesi di Laurea di:
Chiara Collioli
Carlo Alberto Stevanin
Anno Accademico 2011-2012
ABSTRACT
INTRODUZIONE
La lombalgia è una sindrome multifattoriale di cui soffre il 65-80% della popolazione
mondiale. Colpisce frequentemente la popolazione lavorativa, con conseguente limitazione
delle attività, richiesta di assistenza sanitaria ed elevato costo socio-economico. L'alta
prevalenza di lesioni muscolo-scheletriche nella professione sanitaria è stata ben
documentata, rivelando che la lombalgia è il disturbo più frequente tra gli infermieri, con
una prevalenza di circa il 40-50%.
SCOPO
Il mal di schiena è una patologia curabile, non comporta necessariamente dolore e
disabilità permanenti. Per salvaguardare gli operatori sanitari di un'azienda sanitaria e per
mantenere la qualità del servizio offerto, è stato presentato un programma di prevenzione
secondaria attraverso un percorso di autocura e autotrattamento degli operatori sanitari che
presentano lombalgia cronica (CLBP). Lo scopo è promuovere uno stato di salute e
benessere tale da permettere agli operatori sanitari un rapido rientro alle mansioni
precedentemente svolte e un livello di vita il più ottimale possibile.
MATERIALI E METODI
Sono stati inclusi nel progetto 11 operatori sanitari (7 infermieri e 4 operatori socio sanitari)
con lombalgia cronica con giudizio di idoneità “divieto di movimentazione pazienti con
rischio medio (no fascia gialla)”. Questi hanno partecipato a 2 incontri settimanali della
durata di 90 minuti per 3 settimane, dove è stato svolto un programma articolato nei
seguenti punti:
¾ Il dolore lombare: origine e false credenze.
¾ Educazione all’ascolto del proprio corpo: conoscere il proprio corpo per decifrarne
i messaggi.
¾ Prevenire le recidive: consigli pratici
¾ L’esercizio come terapia: breve proposta di esercizi per il benessere della propria
schiena
I soggetti sono stati valutati all’inizio del progetto, alla fine degli incontri e al follow up a
un mese dal termine degli incontri in termini di dolore e disabilità, tramite rispettivamente
la Visual Analogic Scale (VAS) e l’Oswestry Disability Index.
Inoltre ogni soggetto è stato valutato individualmente con la scheda di valutazione della
colonna lombare secondo McKenzie e con un questionario aperto per indagare le attività
più compromesse sia sul lavoro che nella vita quotidiana.
Alla fine del corso è anche stato somministrato il questionario di gradimento previsto dal
percorso aziendale per l’accreditamento.
RISULTATI
I dati relativi alla Visul Analogic Scale (VAS) e all’Oswestry Disability Index hanno
testimoniato un miglioramento rispettivamente del dolore e della disabilità per la quasi
totalità del campione; l’unica eccezione è rappresentata da un soggetto che ha mantenuto la
propria condizione iniziale.
All’inizio del corso le maggiori limitazioni dovute al mal di schiena si esprimevano
primariamente nelle attività lavorative e in secondo luogo nelle attività domiciliari. Al
follow up si è riscontrata una diminuzione delle limitazioni in tutte le attività della vita
quotidiana, con un sensibile miglioramento nelle attività lavorative.
Il questionario di gradimento ha evidenziato grande apprezzamento per le modalità di
svolgimento e per i contenuti del corso, per la competenza dei docenti e per i
miglioramenti ottenuti. Questo ha soddisfatto a pieno le aspettative iniziali.
CONCLUSIONI
Lo studio ha realizzato un approccio multidisciplinare e ha fornito ai
partecipanti nozioni teoriche sul mal di schiena e sulla sua prevenzione e ha
permesso loro di conoscere e ascoltare il proprio corpo. Sono stati inoltre
trasmessi gli strumenti di auto-trattamento per poter intervenire sul dolore e
sulla limitazione funzionale associata. Questa sperimentazione ha portato
benefici, ma sarebbe auspicabile eseguire un follow up a 3 mesi per verificare
il mantenimento dei miglioramenti ottenuti.
PAROLE CHIAVE
Mal di schiena, lombalgia cronica, operatori sanitari, infermieri, movimentazione manuale
dei pazienti, autotrattamento, prevenzione secondaria.
INTRODUCTION
Low back pain (LBP) is a multifactorial syndrome that afflicts 65-80% of the world
population. LBP Frequently affects the working population, and this produce a limitation
of the activities and require high cost of health care and socio-economic development.
The high prevalence of musculoskeletal injuries in the health profession has been well
documented, revealing that low back pain is the most frequent among nurses, with a
prevalence of approximately 40-50%.
STUDY OBJECTIVE
Back pain is a curable disease, does not necessarily involve pain and permanent disability.
To safegard the health care people which work at AUSL to maintain quality of the service,
was presented a program of secondary prevention through a process of self-care and selfcare health workers who have chronic low back pain (CLBP). The aim is to promote health
and well-being such as to allow health professionals a quick return to the tasks previously
performed and a standard of living as best as possible.
METHODS
In the project were included 11 health care workers (7 nurses and 4 OSS) with chronic low
back pain and with judgment of suitability "means preventing any move patients with
average risk (no fascia gialla)." They have participated in two weekly sessions lasting 90
minutes for 3 weeks. The project program include that points:
➢ Low back pain: the origin and false beliefs.
➢ Education listen to your own body, know your body to understand the messages.
➢ Prevent recurrence: practical advice
➢ The exercise therapy: short motion exercises for the welfare of his own back
Subjects were assessed at the beginning of the project, at the end of the meetings and the
follow-up to a month after the end of the meetings. We used the Visual Analogic Scale
(VAS) for the pain and the Oswestry Disability Index for the disability. In addition, each
subject was assessed individually with the evaluation of the lumbar spine by McKenzie
and a questionnaire to investigate the activities most affected both at work and in everyday
life.
At the end of the course was also administered satisfaction questionnaire provided by the
AUSL.
RESULTS
The data relating to Visual Analogic Scale (VAS) and Oswestry Disability Index
all'Oswestry have showed an improvement in pain and disability, respectively, for almost
the entire group of people, the only exception is a subject that has maintained its original
condition.
At the beginning of the course the major limitations due to back pain were expressed
primarily in work activities, and secondly in home activities. At follow-up there has been a
improvement in all activities of daily living, with a significant improvement in work
activities. The satisfaction questionnaire showed great appreciation for content of the
course, for the competence of teachers and the improvements obtained. This has fully
satisfied all expectations.
CONCLUSIONS
The study has developed a multidisciplinary approach and provided the participants with
theoretical knowledge on back pain and its prevention and allowed them to meet and listen
to your own body. Have also been submitted to the tools of self-treatment in order to
intervene on pain and functional limitation associated. This experimentation has brought
benefits, but it would be desirable to do a follow-up to 3 months to verify the maintenance
of improvements.
KEYWORDS
Back pain, chronic low back pain, health workers, nurses, patient handling tasks, selfmanagement, secondary prevention.
INDICE
Premessa
3
Capitolo 1 – Introduzione
6
1.1 La lombalgia
6
1.2 La lombalgia cronica
8
1.2.1 Gli approcci riabilitativi alla lombalgia cronica
9
1.2.2 Lombalgia cronica e back school
11
1.2.3 Lombalgia cronica e terapia cognitivo-comportamentale
12
1.2.4 Lombalgia cronica e autotrattamento
15
1.3 Il rischio da MMP
19
1.4 Il mal di schiena negli operatori sanitari
21
1.5 La prevenzione del mal di schiena da MMP
22
1.5.1 Gli studi riportati in letteratura
22
1.5.2 La prevenzione dal punto di vista legislativo
25
1.6 Valutazione del rischio e indice Sposo Poletti
26
1.7 Scopo del lavoro
30
Capitolo 2 – Materiali e metodi
31
2.1 Lo studio
31
2.2 La selezione del campione
31
2.3 Tempi e luoghi
36
2.4 Outcomes
36
2.5 La proposta terapeutica
37
2.5.1 Introduzione al corso e lezione frontale teorica
37
2.5.2 Educazione all’ascolto del proprio corpo
37
2.5.3 Esecuzione del programma di esercizi
38
2.6 Il materiale prodotto
39
2.7 Strumenti di valutazione
39
1
Capitolo 3 – Risultati
41
3.1 Scala Analogica visiva (VAS)
41
3.2 Oswestry Disability Index
42
3.3 Analisi individuale
43
3.4 Valutazione della colonna lombare secondo McKenzie
45
3.5 Attività nel mese seguente la fine degli incontri
51
3.6 Le aspettative
53
3.7 Il questionario di gradimento
53
3.8 Soggetto non incluso nel campione
60
Capitolo 4 – Discussione
63
Capitolo 5 – Limiti
69
Capitolo 6 – Conclusioni
70
Capitolo 7 – Ringraziamenti
72
Capitolo 8 – Bibliografia
74
Capitolo 9 – Allegati
2
PREMESSA
Il mal di schiena e in modo particolare la lombalgia, sono divenuti negli ultimi anni una
delle patologie più diffuse nei paesi industrializzati colpendo 8 persone su 10 e sono una
delle cause più frequenti di assenza dal lavoro, di visita medica e indagine diagnostica.
Questa patologia rappresenta così non solo un problema di salute, ma anche economico, sia
in termini di costi diretti che indiretti, al punto da costituire, per assenze per malattia, cure,
limitazioni dell'idoneità lavorativa e invalidità, uno dei più importanti problemi sanitari nel
campo del lavoro (How D. et al., 2010).
Dati riportati in letteratura, riferiscono che nella categoria dei lavoratori addetti alla
movimentazione dei carichi la prevalenza di mal di schiena arriva fino all'80% (Juniper M,
Le TK, Mladsi D, 2009 ).
In tale ambito spicca il personale sanitario addetto alla movimentazione dei pazienti.
La normativa dal 1994 ad oggi prevede che vengano valutati sul luogo di lavoro tutti i
rischi connessi con le attività svolte e che vengano adottate tutte quelle misure necessarie a
ridurli il più possibile sia in ambito organizzativo che normativo e strutturale.
Lo Staff Sicurezza dell’Azienda Ausl di Reggio Emilia applica il metodo di valutazione del
rischio da movimentazione manuale dei carichi, nominato “Sposo Poletti”, che prevede un
percorso di formazione per infermieri, O.S.S., addetti all’assistenza sanitaria diretta,
ostetriche e tecnici di radiologia riguardante la movimentazione dei pazienti e l’utilizzo
degli ausili necessari: i corsi, strategicamente molto importanti, sono tenuti dai
fisioterapisti della struttura a tutto il personale entro il primo anno di attività lavorativa e
successivamente, ogni 4 anni, il personale partecipa ad iniziative di retraining. La scelta di
utilizzare docenti interni è motivata dalla conoscenza dei luoghi e dell’organizzazione delle
Unità Operative e per garantire aiuto e consulenza per gli operatori anche nell’attività
quotidiana.
Il metodo citato riassume le valutazioni per fascia di rischio, contraddistinte da un codice
colore dal bianco al rosso; l'idoneità dei dipendenti rispetto alla mansione che svolgono
viene espressa, anche per le eventuali limitazioni, con riferimento alle fasce di rischio.
Per ridurre il rischio l'azienda USL di Reggio Emilia dal 1999 ad oggi, 2012, ha investito
fino a 2,3 milioni di euro in questo ambito, dimostrando una peculiare sensibilità rispetto
ad altre aziende.
In particolare nelle varie fasi di ristrutturazione degli ospedali aziendali, si è cercato di
adeguare sia gli spazi fisici, sia l’arredamento e le attrezzature per rendere agevole il più
3
possibile le attività di movimentazione dei pazienti.
Importante novità, negli ultimi anni nelle strutture ospedaliere è stata l’introduzione di letti,
sollevatori, barelle elettriche e sollevatori a soffitto, per la movimentazione sicura di
pazienti non collaboranti.
Sono stati introdotti anche ausili minori che sono utili non tanto per il sollevamento quanto
per gli spostamenti, come le cinture con maniglie, i teli ad alto scorrimento piuttosto che il
traverso. Infatti uno dei più frequenti infortuni dopo quello alla schiena risulta essere
quello agli arti superiori causato dagli sforzi muscolari eseguiti degli operatori durante la
sistemazione a letto del paziente.
Altre attrezzature introdotte per tutelare l’ergonomia e la sicurezza sia del personale che
dei pazienti, sono le sedie utilizzate per la doccia e le barelle doccia, installate nei bagni
assistiti dei reparti. Tale attrezzatura purtroppo non è utilizzata costantemente in quanto
richiede l’intervento di più personale e l’impiego di più tempo.
È stato anche pubblicato un opuscolo che viene consegnato ad ogni dipendente con nuovo
contratto addetto a mansioni con rischio da movimentazione pazienti. In tale opuscolo è
illustrato il metodo di valutazione del rischio adottato in Azienda e viene spiegato come
effettuare la movimentazione dei pazienti secondo il grado di collaborazione residua
servendosi degli ausili disponibili.
L’incidenza del mal di schiena cronico aumenta con l’età e con i carichi di lavoro
sopportati.
In Italia, fino a qualche anno fa, la prospettiva era di raggiungere l’età pensionabile entro
la quinta decade della propria vita. Attualmente però queste previsioni sono state
modificate, così come l’aspettativa di vita delle persone. L’età pensionabile si attesta a 60
anni per le donne e 65 per gli uomini; nei prossimi anni si andrà quindi incontro ad un
“invecchiamento” del personale sanitario e all’aumento dell’età media della popolazione.
Le previsioni Istat mostrano un aumento della percentuale di ultra sessantacinquenni dal
19,5% del 2005 al 33,6% del 2050 (Ministero della Sanità Italiano, 2009. Relazione sullo
stato di salute della popolazione): è prevedibile che aumenti anche il numero di persone
non autosufficienti e di conseguenza il carico di lavoro in termini di movimentazione
manuale di pazienti.
Sulla base di questi dati è nato il progetto “Prendersi cura di chi cura”: proposta di
intervento di prevenzione secondaria del mal di schiena per operatori sanitari, (Giovanardi
L., 2011), condotto in collaborazione con il servizio di Prevenzione e inserito nel progetto
“Sposo Poletti”.
4
La proposta di trattamento è indirizzata ad operatori sanitari che effettuano
movimentazione manuale di pazienti e che hanno manifestato episodi di mal di schiena.
L’intervento è suddiviso in più moduli in una visione multidisciplinare, con l’obiettivo di
insegnare ai destinatari del progetto a prendersi cura della salute della propria schiena
attraverso un approccio di prevenzione secondaria e di auto trattamento.
È straordinariamente importante che ognuno di noi si prenda cura della propria salute,
perché sul luogo di lavoro farsi male vuol dire non solo compromettere la propria persona
ma anche la propria attività condizionando la qualità dell’assistenza offerta.
5
Capitolo 1 – INTRODUZIONE
1.1. La lombalgia
Il mal di schiena, in particolar modo la lombalgia, è diventato negli ultimi anni una
patologia molto diffusa e costituisce una delle principali cause di dolore muscolo
scheletrico e di disabilità (Nilay Sahin et al., 2011).
L’incidenza di tale patologia è molto frequente, infatti si stima che l’ 85% della
popolazione dei paesi sviluppati viva almeno un episodio acuto di lombalgia nell’arco della
propria
vita
(Walker
BF,
Muller
R,
Grant
WD,
2004).
Il mal di schiena è correlato al lavoro, in quanto sono i lavoratori, di età compresa tra i 30 e
50 anni, che presentano più frequentemente tale sintomatologia (Andersson GBJ, 1997).
Quasi il 25% dei lavoratori dell’Unione europea soffre di mal di schiena e il 23% lamenta
dolori muscolari. Il 62% dei lavoratori svolge operazioni ripetitive con le mani e con le
braccia per un quarto dell’orario di lavoro; il 46% lavora in posizioni dolorose o stancanti;
il 35% trasporta o movimenta carichi pesanti.
Da qui l’interesse più volte dimostrato dalla Comunità Europea con numerosi studi
sull’argomento, tra i quali si segnala la ricerca denominata “Fit for work?” (“Idoneo al
lavoro?”) del 2009, per valutare l’impatto dei disturbi muscolo scheletrici da sovraccarico
biomeccanico sulla popolazione lavorativa dei 27 paesi dell’UE e le possibili buone prassi
da adottare (Barellino Elisabetta et al., 2012).
In Italia, secondo alcune stime epidemiologiche, almeno 5 milioni di lavoratori svolgono
abitualmente attività lavorative che prevedono la movimentazione manuale di carichi. Tra
questi lavoratori, i disturbi e le malattie acute e croniche sono diffusi più che in altre
collettività di lavoro. Nel periodo 2005-2009 i casi di malattie muscolo scheletriche
denunciati dall’INAIL hanno registrato un trend in netta crescita: 7.926 nel 2005, 9.198 nel
2006, 10.427 nel 2007, 12.094 nel 2008 e 16.593 nel 2009.
In linea con il resto dell’Europa ormai queste patologie in Italia sono divenute le patologie
più frequentemente denunciate all’INAIL. Ad accelerare fortemente questo processo nel
2009 ha concorso l’effetto dell’entrata a regime del D. M. 9 aprile 2008 che, con
l’inserimento della maggior parte dei disturbi muscolo scheletrici nella categoria delle
patologie tabellate, ha favorito l’emersione del fenomeno e il miglioramento dei livelli di
tutela dei lavoratori (Barellino Elisabetta et al., 2012).
Essendo una patologia che colpisce la popolazione in età lavorativa, la lombalgia
6
rappresenta una sempre più costosa condizione, a causa delle spese di trattamento, di
quelle legate a esami strumentali, all’uso di farmaci e della perdita di produttività calcolata
dallo 0,8 al 2,1% del prodotto interno lordo in molti paesi occidentali (Lin CW et al.,
2011).
Il termine “costo” in economia sanitaria si riferisce al valore delle conseguenze dell'uso di
un determinato bene o servizio, piuttosto che al suo prezzo (Dagenais Simon et al., 2008).
Il costo totale della malattia o onere economico ha tre componenti: (1) costi diretti (medici
e non medici), (2) costi indiretti, e (3) costi immateriali. Per costi diretti medici si
intendono tutte le spese che coinvolgono uno scambio monetario. Le spese mediche dirette
comprendono i costi sostenuti per: servizi medici, dispositivi medici, farmaci, ospedale,
servizi, test diagnostici, ecc. I costi diretti non medici sono quelli che si riferiscono a beni e
servizi consumati direttamente a causa della malattia, ma che non sono cure sanitarie.
Comprendono ad esempio spese di viaggio per trasportare pazienti a visite mediche, pasti
consumati fuori casa quando si ricevono cure sanitarie, ristrutturazioni per rendere
l’abitazione più accessibile per venire incontro alle disabilità secondarie di una malattia.
I costi indiretti sono quelli che riflettono il valore economico delle conseguenze di malattia
per i quali non vi è alcun trasferimento monetario diretto. Comunemente includono i costi
relativi al lavoro e alla diminuzione di produttività. Vengono considerati costi del lavoro
sia le assenze per malattia che si traducono in termini di riduzione della produttività
(“assenteismo”) che la diminuzione della produttività per coloro che continuano a lavorare
pur essendo colpiti dalla loro condizione patologica (“presenzialismo”). I costi indiretti
sono spesso più difficili da misurare rispetto ai costi diretti. Il terzo tipo di costi che
possono essere considerati nella valutazione del costo totale di malattia sono i cosiddetti
costi intangibili. Tali costi rispecchiano il valore della diminuzione della qualità di vita a
causa della malattia. Tuttavia, questi costi sono raramente inclusi nella stima economica
del carico di una malattia a causa della difficoltà ad attribuire un valore monetario a questi
aspetti della malattia.
La storia naturale della lombalgia si orienta in tre possibili evoluzioni:
- Remissione spontanea: il singolo episodio tende alla remissione spontanea progressiva.
Entro 4-6 settimane dall’insorgenza della sintomatologia è apprezzabile la remissione dei
sintomi nel 75-90% dei casi. Ad una diminuzione del dolore corrisponde anche una ripresa
del movimento.
- Tendenza alla recidiva: per alcuni autori una percentuale tra il 60 e l’80% andrà incontro
ad almeno tre ricadute. Se è vero che il 35-40% dei casi di lombalgia evolve in
7
lombosciatalgia, più del 90% dei pazienti con lombosciatalgia aveva accusato in
precedenza problemi di lombalgia (McKenzie Robin A., 1998).
- Cronicizzazione: esiste uno stretto rapporto tra lombalgia e determinati fattori psicosociali sfavorenti che possono indurre alla cronicizzazione e alla disabilità permanente.
Questa casistica riguarda il 5-10% dei casi (Monticone, 2007).
Un significativo numero di pazienti con mal di schiena va incontro a lombalgia cronica
(Cronic Low Back Pain, CLBP), come conferma una revisione della letteratura del 2009
che evidenzia una prevalenza di mal di schiena cronico nella popolazione generale del
5,91% (Juniper M, Le TK, Mladsi D, 2009).
La CLBP si caratterizza per la presenza di persistenti dolori invalidanti nella colonna
lombare, con o senza irradiazioni al gluteo e agli arti inferiori (Airaksinen O et al., 2006),
per un periodo maggiore di 12 settimane (Higgins JPT, Sally Green P, 2011).
Alla lombalgia cronica, oltre al dolore, si associano: una limitazione funzionale, una
ridotta partecipazione alla vita sociale, un aumento dei sintomi di stress psicologico e una
peggiore qualità della vita (Bogduk N, 2004).
L'efficacia di interventi progettati per alleviare CLBP è pertanto oggetto di grande
attenzione scientifica (Lonsdale Chris, Amanda M Hall et. all.,2012).
1.2. La lombalgia cronica
La lombalgia può presentarsi in forma acuta, sub-acuta e cronica.
La lombalgia acuta è caratterizzata da un tipo di dolore causato da una lesione muscolare,
legamentosa, articolare e discale accompagnato da fenomeni infiammatori della durata
massima di 30 giorni. Il mal di schiena acuto può durare da alcuni giorni a poche
settimane; questo dolore o fastidio può presentarsi ovunque nella schiena; la zona più
comunemente colpita è la parte lombare, perché supporta la maggior parte del peso del
corpo.
Il periodo che va dai 7 giorni alle 7 settimane rappresenta un momento molto delicato di
transizione dalla fase acuta alla fase cronica indicabile con il nome di fase sub-acuta.
(Chou R et al., 2009)
La chiave di passaggio fra lombalgia acuta e lombalgia cronica risiede nei fattori
secondari, cioè fattori di mantenimento del dolore che si perpetuano malgrado una totale
guarigione delle strutture rachidee lese. Questi fattori sono detti fattori di rischio di
cronicizzazione e sono fisici ma specialmente psichici e sociali: da qui la definizione di
8
sindrome bio-psico-sociale.
I fattori di rischio fisici sono una pregressa lombalgia, una lunga durata dei sintomi, un
dolore esteso, un dolore irradiato agli arti inferiori, una limitazione della mobilità
articolare, una errata gestione ergonomica del corpo, un basso livello di attività fisica, il
sovrappeso, il fumo e altri disturbi dell'apparato locomotore.
Quelli psichici sono lo stress, la scarsa cura personale, un’autovalutazione di scarsa salute,
la depressione, l'ansia.
Infine, i fattori di rischio sociali, che comprendono i rischi occupazionali, sono
l'insoddisfazione professionale, il lavoro monotono e poco gratificante, l'assenza di
padronanza del lavoro e il disagio sociale.
La lombalgia cronica, quindi, tende a far perdurare il dolore oltre i 3 mesi anche a fronte di
una lesione inesistente. Il dolore cronico non ha una funzione protettiva, diventa autonomo,
nocivo, riduce la funzionalità del rachide e favorisce la disabilità.
Imparare a prendersi cura della propria schiena e scoprire come prevenire le recidive di
mal di schiena può aiutare ad evitare che la malattia possa provocare cambiamenti nelle
abitudini e nelle attività quotidiane (Chou R, Huffman LH, 2007).
1.2.1 Gli approcci riabilitativi alla lombalgia cronica
Secondo uno studio australiano solo il 10% delle persone affette da CLBP pratica una cura
efficace, mentre, secondo i dati rilevati da recenti studi internazionali, fino all’80% della
popolazione potrebbe ottenere benefici da cure efficaci (Henry JL, 2008).
Questa carenza del settore sanitario per chi soffre di CLBP è dovuta principalmente alla
mancanza di personale adeguatamente qualificato e di coordinamento di assistenza
interdisciplinare (Krismer M, van Tulder M, 2007).
Ottenere una cura efficace è difficile, perché il dolore persistente è spesso mal compreso
dalla comunità in generale ma anche dai professionisti della salute, di conseguenza le cure
non sono sempre efficaci. Mentre vi è schiacciante evidenza neurobiologica dei
cambiamenti nel cervello che in genere sono alla base del dolore persistente (Apkarian AV,
Hashmi JA, Baliki MN, 2011), molti professionisti della salute continuano a inquadrare i
pazienti con dolore persistente dal punto di vista biomedico piuttosto che biopsicosociale
(Domenech J et al., 2011); in questo modo viene a mancare la visione della persona in tutta
la sua interezza.
Nonostante la mancanza di evidenze sono vari gli approcci riabilitativi non chirurgici alla
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lombalgia cronica, come l’esercizio fisico, la terapia fisica, la back school, la terapia
cognitivo comportamentale e l’autotrattamento.
Modalità di trattamento fisico quali impacchi freddi, impacchi caldi, diatermia, ultrasuoni e
tens, sono usati per diminuire i sintomi per un breve periodo di tempo, per questo non
risultano efficaci nel trattamento del dolore cronico (Shahbandar L, Press J., 2005).
Tra le cure suggerite l'esercizio fisico è una delle principali raccomandazioni per CLBP:
esercizi di potenziamento dei muscoli della zona lombare e degli addominali possono
diminuire la frequenza e la durata della lombalgia (Van Middelkoop M. et al., 2010).
L’attività fisica e l’esercizio fisico sono suggeriti dalle linee guida della riabilitazione e
sono consigliati come modalità di autogestione per la lombalgia cronica (Hurwits E.,
Morgenstern H., Chiao C., 2005).
Tuttavia, molti soggetti con CLBP non aderiscono alle raccomandazioni dei loro
fisioterapisti; l’insufficiente aderenza del paziente può diminuire l’efficacia del trattamento
e l’esecuzione degli esercizi a domicilio (Worl Health Organization, 2001).
Secondo la teoria dell’autodeterminazione, il sostegno degli operatori sanitari è in grado di
promuovere la motivazione e il mantenimento delle raccomandazioni a lungo termine.
Lo studio randomizzato controllato di cluster a singolo cieco di Chris Lonsdale et al.
(Lonsdale Chris et al., 2012) è il primo che si pone l’obiettivo di valutare l’effetto di un
intervento progettato per aumentare l’aderenza dei soggetti con CLBP ai consigli dei
fisioterapisti sull’attività ed esercizio fisico.
Sono stati presi in considerazione 292 pazienti con lombalgia cronica di 12 centri di
fisioterapia di Dublino, tutti in cieco rispetto all’assegnazione del trattamento.
I fisioterapisti del gruppo sperimentale hanno partecipato a otto ore di formazione sulla
capacità di comunicazione. Con l’aiuto di dispense, cartelle di lavoro, video, giochi di
ruolo e discussioni, si sono date le nozioni necessarie per saper comunicare al paziente
quanto sia importante la motivazione personale. I fisioterapisti del gruppo di controllo non
hanno ricevuto questa formazione.
Le valutazioni sono state fatte all’inizio della prima seduta di fisioterapia, 1 settimana, 4
settimane, 12 settimane e 24 settimane dopo.
Poiché questo studio è molto recente e le valutazioni prevedono un tempo massimo di
attesa di 24 settimane, i risultati di tale intervento non sono ancora stati raccolti nella loro
completezza e diffusi.
10
1.2.2 Lombalgia cronica e back school
Dove non è possibile automatizzare le procedure, accanto agli interventi per ridurre il
sovraccarico funzionale, da un punto di vista preventivo diventano fondamentali la
formazione e l’informazione dei lavoratori riguardo i rischi a cui possono essere esposti.
(Waddell G, Burton AK., 2005)
Precedenti esperienze europee dimostrano come la formazione dei lavoratori (Back
School) da parte di una figura esperta, un fisioterapista, potrebbe rappresentare una nuova
frontiera della prevenzione (Moffett J, McLean S., 2006); gli autori di questo studio
indicano che la back school ha effetti favorevoli su parametri come il dolore e la disabilità,
ma la loro efficacia non è chiara, per cui in Europa gli interventi di back school sono in
fase di sperimentazione (Heymans MW et al., 2005).
In letteratura è presente un recente studio randomizzato controllato sull’efficacia della back
school in aggiunta agli esercizi e alle modalità di esercizio fisico per il trattamento del
dolore e della disabilità in pazienti con dolore lombare cronico ( Nilay Sahin et al., 2011).
Sono stati inclusi nello studio 146 pazienti con lombalgia aspecifica per più di 12 settimane
senza deficit neurologici.
Questo studio propone sedute dove si suggeriscono esercizi di flessione e di estensione
lombare, stretching della zona lombare ed esercizi di rafforzamento per i muscoli delle
cosce, ripetuti cinque volte alla settimana per due settimane. Viene proposta anche la
terapia fisica una volta al giorno, cinque giorni la settimana per due settimane.
Il programma di back school consiste in 2 sedute settimanali della durata di un’ ora per 2
settimane, dove i pazienti ricevono una formazione teorica e pratica.
Gli obiettivi della back school comprendono: insegnare ai pazienti l’anatomia e la
biomeccanica del rachide, i meccanismi di produzione del dolore, il corretto utilizzo della
schiena nella vita quotidiana; fornire conoscenze che consentano ai pazienti di gestire il
mal di schiena; aumentare l'autostima e migliorare la qualità di vita riducendo il rischio di
recidive.
Ogni paziente che ha partecipato al programma ha esposto i propri problemi ed è stato
istruito su come utilizzare e gestire la propria schiena nella vita quotidiana.
Sono stati costituiti due gruppi di pazienti: il gruppo 1 (BSG, programma di back school)
ha ricevuto un trattamento basato su terapia fisica, esercizi generici e il programma di back
school, mentre il gruppo 2 (GC, gruppo di controllo) è stato sottoposto solo a terapia fisica
ed esercizi.
11
I pazienti sono stati valutati in tre momenti: all'inizio dello studio, dopo il trattamento e al
terzo mese post-trattamento. Si è misurata l’intensità del dolore degli ultimi 7 giorni,
tramite la scala VAS e per gli aspetti funzionali si è utilizzato l’Oswestry Low Back Pain
Disability Questionnaire (ODQ).
I risultati hanno messo in luce che nel gruppo BSG c'è stata una significativa riduzione
della VAS rispetto al gruppo CG dopo il trattamento e a 3 mesi post-trattamento; anche la
Disabilità era significativamente inferiore nel BSG rispetto al CG dopo li trattamento e a 3
mesi post-trattamento .
Si può quindi affermare che il programma di back school ha un effetto sul dolore e sulla
disabilità, con impatto positivo sullo stato funzionale quindi è indicato per affiancare il
trattamento con terapia fisica e l’esercizio (Tavafian SS, Jamshidi A, Montazeri A., 2008).
1.2.3 Lombalgia cronica e terapia cognitivo-comportamentale
Waddel (Waddel G., 1987) per primo ha cercato di guardare oltre la pura “dimensione
dolore”, applicando un modello più complesso, ma più vicino alla realtà, delineando i
fattori
che
interagiscono
tra
loro
nella
determinazione del dolore lombare cronico e della
disabilità. La figura: 1 rappresenta questo modello
denominato: “modello bio-psico-sociale”, in cui il
dolore lombare origina da stimoli nocicettivi
vertebrali, ma esprimendosi, integra aspetti fisici
con manifestazioni psico-comportamentali e perdita
funzionale, divenendo modello di patologia umana
Figura 1MODELLO BIO-PSICOSOCIALE DI WADDEL
e non solo di sintomatologia algica.
Lombalgia cronica e disabilità non dipendono,
dunque, da fattori puramente fisici o puramente psicologici, ma piuttosto da una complessa
integrazione degli stessi nel corso del tempo. Esistono fattori psicosociali associati al
perdurare della lombalgia, quali credere che la lombalgia sia pericolosa e potenzialmente
disabilitante in modo grave, la paura di comportamenti e/o movimenti che scatenano il
dolore, la riduzione delle attività con significativa limitazione delle ADL, sintomi correlati
a depressione, rabbia o ansia, aspettativa nell’utilità di trattamenti “passivi” rispetto alla
partecipazione attiva.
12
Se è vero che l’origine del dolore è da ricercare nei fattori biologici, gli aspetti cognitivi,
emotivi, percettivi e comportamentali ne possono influenzare la percezione e l’intensità.
In accordo con il modello biopsicosociale è possibile avvalersi della cosiddetta Terapia
Cognitivo Comportamentale (TCC), che può aiutare molte persone affette da mal di
schiena cronico. Essa ha come scopo principale quello di sostituire le competenze “maladattive” del paziente nell’affrontare la malattia (pensieri, emozioni, comportamenti) con
altre maggiormente “adattive”. Infatti, l’interazione di fattori emozionali (dolore), cognitivi
(interpretazione individuale del proprio stato di salute) e comportamentali (modalità con
cui affrontiamo/evitiamo il dolore) insieme ai fattori biologici veri e propri, possono
condurre al cosiddetto “comportamento abnorme di malattia”. Esso non è altro che
l’assenza di una ragionevole correlazione tra il danno biologico reale e il modo in cui la
persona descrive, affronta e considera il proprio sintomo.
La TCC tenta di correggere le credenze negative nei confronti del dolore, controllare gli
aspetti emotivi nella gestione del sintomo e fornire strumenti adeguati per meglio adattarsi
al proprio stato di salute, al fine di migliorarlo facendo assumere un ruolo attivo al paziente
nell’iter riabilitativo.
Occorre cioè riconoscere i pensieri negativi che emergono quando si ha mal di schiena e
imparare a modificarli in pensieri e in azioni utili; modificare i pensieri da negativi a
positivi, può aiutare a gestire il dolore e può cambiare la modalità in cui il nostro corpo
risponde al dolore.
Sicuramente questa terapia non è in grado di impedire che il dolore fisico si presenti, ma
può influire positivamente nell’affrontare il dolore con un appropriato approccio
psicologico (Henschke N et al., 2010).
Inoltre questo approccio può insegnare a diventare più attivi; questo è importante perché
un regolare esercizio a basso impatto, come camminare e nuotare, può contribuire a ridurre
il mal di schiena nel lungo periodo.
Un esempio è la modifica di un pensiero negativo come "non posso fare più niente," ad un
pensiero più positivo come "mi sono occupato di questo prima e posso farlo di nuovo."
Per aiutare a ridurre il dolore, gli obiettivi del trattamento devono essere realistici e il
trattamento deve essere fatto a piccoli passi.
Per quanto riguarda le evidenze scientifiche in materia di TCC sono significativi i risultati
di una revisione sistematica della letteratura eseguita tra il 2008 e il 2010 (Santandrea
Sheila, Boschi Marco, Vanti Carla, 2010), che ha portato alla selezione di 46 studi RCT
reperiti sulle principali banche dati mediche mondiali.
13
Il trattamento prevede l’identificazione delle situazioni che provocano e che aggravano i
pensieri dolorosi e l’impatto che il dolore ha sulla propria personalità mediante una presa
di coscienza consapevole.
Condizione essenziale per lo sviluppo di questo trattamento è la presenza di una
comunicazione efficace tra terapeuta e paziente; questa è fondamentale per stimolare la
riflessione su come “gestire” il dolore poiché un differente approccio influenza in modo
decisivo la percezione del dolore e di conseguenza lo stato di disabilità indotto.
Le evidenze scientifiche sull’efficacia della TCC risultano più rilevanti per quanto riguarda
il dolore lombare, mentre meno significative per quello cervicale e dorsale.
Dunque la revisione si esprime decisamente a favore di un approccio multidisciplinare che
utilizzi la TCC nella gestione della componente psicosociale della lombalgia aspecifica.
Si evidenzia come la maggior parte degli studi conferma che la diminuzione del
comportamento di paura-evitamento del dolore, ottenuta tramite la TCC, contribuisce alla
riduzione del numero di visite mediche, del numero dei giorni di malattia e della disabilità
causata dal dolore, con conseguente incremento del livello di attività.
Il quadro generale delineato dalla revisione mostra inoltre come l’efficacia della TCC sia
legata alla tipologia dei pazienti presi in considerazione risultando maggiormente efficace
dove la componente psicologica e sociale occupa uno spazio di maggior rilievo tra le cause
che favoriscono l’insorgenza e, soprattutto, il protrarsi del disturbo.
La corretta definizione del ruolo dei fattori biologici, psicosociali ed ambientali è illustrata
nella recente Classificazione ICF, Interntional Classification of Functioning Disability and
Health, accettata quale standard internazionale per misurare Salute e Disabilità.
Raccogliendo i principali aspetti della salute umana, l’ICF serve da modello di riferimento
per le Strutture Corporee (aspetto anatomico), le Funzioni Corporee (aspetto fisiologico),
le Attività di Partecipazione (attività della vita quotidiana), i Fattori Ambientali
(caratteristiche familiari, lavorative, sociali,…) e i Fattori Personali (atteggiamenti,
comportamenti, ambiente fisico e sociale) (World Health Organization, 2001).
La Disabilità viene dunque ridefinita ed intesa come risultato di una complessa relazione
tra condizione di salute, fattori personali e fattori ambientali. Direttamente correlata alla
visione bio-psico-sociale della realtà, essa supera le distinzioni formali tra ciò che è salute
e ciò che è menomazione, pensando all’essere vivente nella complessità del suo
funzionamento (Stucki G, Ewert T, Cieza A, 2002).
14
1.2.4 Lombalgia cronica e autotrattamento
Le malattie croniche saranno la principale causa di morte e di disabilità a livello mondiale
entro il 2020, secondo stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), e da allora
saranno i due terzi del peso globale delle malattie (Epping Jordan et al., 2001). Il
monitoraggio delle malattie croniche per l'assistenza sanitaria è all’attenzione dei governi
nazionali, che si impegnano a promuovere l’ autogestione della malattia cronica.
L'autogestione si occupa di gestire l’impatto quotidiano che ha una condizione di malattia
spesso permanente; è un supporto collaborativo che aiuta i pazienti ad acquisire le
competenze e la fiducia di gestire la propria condizione.
Per quanto riguarda il trattamento della lombalgia cronica l’auto-gestione consiste in una
parte di esercizi fisici e di rilassamento, e una parte di strategie che dovrebbero consentire
ai pazienti di affrontare autonomamente il dolore nella vita quotidiana, riducendo la
depressione e l'ansia (Simmonds 1996).
Uno studio qualitativo condotto in un centro medico dell'Indiana University (UI) di
Indianapolis, ha studiato gli elementi ostacolanti e quelli facilitanti l’autogestione, in un
campione di 18 pazienti tra i 27-84 anni, con dolore muscoloscheletrico cronico. I risultati
hanno individuato come ostacoli nell’autogestione del dolore la mancanza di sostegno da
parte di amici e familiari, le risorse limitate (come trasporti, finanze), la depressione,
l’inefficacia di strategie di sollievo dal dolore, i vincoli di tempo, i bisogni di altri familiari
ritenuti prioritari, la paura di esacerbazione del dolore, la mancanza di conoscenze relative
a strategie da adottare per evitare il dolore durante le attività della vita quotidiana,
l’incapacità di mantenere l'uso di strategie dopo il completamento dello studio, le
limitazioni fisiche e le difficoltà di relazione medico-paziente.
Gli elementi facilitanti per migliorare l'autogestione del dolore invece riguardano
l’incoraggiamento da parte dei curanti, il miglioramento della depressione con il
trattamento, il sostegno della famiglia e degli amici, la conoscenza di diverse strategie di
autogestione da poter utilizzare.
Ulteriori studi sono però necessari per confermare questi risultati e per poter progettare
interventi che favoriscano sempre più gli elementi facilitanti e migliorino gli aspetti
risultati negativi (Bair Matthew J. et al., 2009).
Uno studio australiano ha indagato l'utilizzo di strategie di autogestione in una popolazione
di soggetti con dolore cronico. È stato effettuato un sondaggio telefonico previa
15
randomizzazione del campione che comprendeva 474 adulti maggiorenni con dolore
cronico (tasso di risposta 73,4%). Sono state riportate più spesso strategie passive, come
l'assunzione di farmaci (47%), di riposo (31,5%), e l'utilizzo d’impacchi caldo / freddo
(23,4%), rispetto a quelle attive: esercizio fisico (25,8%). Strategie autonome di gestione
sono state associate a una riduzione del dolore e disabilità, tra queste, le strategie attive
hanno ridotto la probabilità di avere alti livelli di dolore di disabilità associata. (Lyn M.
Marchb et al., 2004).
Oggi Internet è generalmente riconosciuto come un canale che può offrire strumenti
multimediali interattivi esclusivi per migliorare l’autogestione di una malattia cronica
(Wantland et al 2004).
Uno studio randomizzato del 2002 (Lorig et al. 2002) conclude che una discussione di
gruppo tramite e-mail può influenzare positivamente lo stato di salute, e può avere un ruolo
nel trattamento del mal di schiena cronico.
Allo stesso modo, uno studio del 2004 (Buhrman et al. 2004) dimostra che un intervento su
internet
con
assistenza
telefonica
può
costituire
un
efficace
approccio per il trattamento di disabilità del mal di schiena.
In contrasto con questi studi tuttavia, la letteratura sottolinea alcune limitazioni
fondamentali, quali la scarsa qualità di informazioni sulla lombalgia disponibili per gli
utenti su Internet (Schulz, Setola 2005); in particolare, i siti web medici hanno
generalmente mostrato di non fornire sufficienti informazioni personalizzate. Questa
mancanza d’informazioni dal punto di vista del paziente, crea un gap informativo tra le
conoscenze generali sulla prevenzione e sui trattamenti e le capacità di sviluppare
comportamenti corretti, o di modificare e cambiare quelli che possono essere sbagliati
(Payne, Kiel 2005).
Su questa base, è stato svolto uno studio per illustrare lo sviluppo e la valutazione di un
sito web progettato per migliorare l'autogestione della lombalgia cronica nella popolazione
di lingua italiana in Svizzera (Schulz Peter Johannes, Rubinell Sara, Uwe, 2007).
Sono stati inclusi nello studio 15 pazienti con lombalgia cronica, che hanno utilizzato un
sito web creato specificamente per il progetto, per un periodo di cinque mesi, sotto la
sorveglianza di un team di professionisti della salute. La valutazione è stata effettuata per
mezzo di un questionario telefonico somministrato all’inizio, al quarto mese e alla fine
dell’intervento.
Alla valutazione, rispetto al gruppo di controllo, i risultati suggeriscono una diminuzione
dell'intensità del dolore lombare nelle persone che hanno avuto accesso al sito, con
16
aumento dell'attività fisica, riduzione del consulto del medico e dell'uso di antidolorifici, e
un guadagno di conoscenza dichiarativa e procedurale.
Ciò coincide con una valutazione generale positiva del sito web, ma nonostante questo,
sono necessari altri dati sull'applicazione dell’iniziativa su scala più ampia.
Nel campo dell’autotrattamento si trova in letteratura uno studio sul coinvolgimento
nell’autocura del mal di schiena di persone abitanti in alcune zone dell’Australia
occidentale (Helen Slater et al. 2012).
In Australia, il CLBP rappresenta una parte significativa dei disturbi muscoloscheletrici e
vi è un ulteriore svantaggio per coloro che risiedono in regioni geograficamente isolate dal
momento che l'accesso ai servizi è reso più difficile (McGrath P, 2006) .
Questo studio è stato realizzato nel Western Australia (WA) in tre sedi isolate, Kununurra,
Albany e Kalgoorlie, città che si trovano rispettivamente a 3.206 km, 595 km e 409 km
rispettivamente dalla capitale dello stato di Perth.
Parte integrante del modello di assistenza per la gestione del mal di schiena cronico è
rendere questi soggetti attivi e autonomi con strategie autonome di autogestione, in quanto
l’assistenza sanitaria che prevede trattamenti passivi o guidati dal curante è difficilmente
raggiungibile (Blyth FM, March LM, Cousins MJ).
Questo studio ha realizzato un modello interdisciplinare di cura utilizzando un programma
autonomo di educazione e autogestione del dolore (STEPS), che ha dimostrato una
riduzione dei tempi di attesa, dei costi per incremento di nuovi pazienti, del numero di
appuntamenti ambulatoriali e un maggiore impiego di strategie attive di gestione del dolore
con maggiore soddisfazione del paziente (Davies S. et al., 2011).
Lo studio ha incluso 51 persone con dolore lombare cronico.
Il programma è stato fornito in un modulo della durata di 6,5 ore nell’arco di una sola
giornata; i valutatori sono rimasti in cieco sulla raccolta dei dati.
Il primo giorno in cui si è iniziato questo programma, ai partecipanti sono stati dati una
batteria di questionari da compilare, che sono poi stati ripresentati loro a tre mesi
dall’intervento, ed a completamento, è stato chiesto loro di valutare l’utilità dell’intervento
e quali credenze avessero sul dolore.
Sono stati indagati:
• i dati demografici (età, sesso, stato civile, paese di nascita, lingua parlata, livello di
istruzione, condizione lavorativa)
• l’intensità e la durata del dolore
• le limitazioni funzionali, chiedendo di nominare fino a tre attività funzionali che
17
non erano in grado di fare o che svolgevano con difficoltà a causa della loro LBP
• quali cure eventualmente avessero già svolto in precedenza
• quale strategia di autogestione fosse stata messa in pratica, scelta tra
comportamentale attiva, attivo-cognitiva, comportamentale passiva e passiva
convenzionale
• lo stato emotivo, tramite la scala di depressione, ansia e stress (DASS21).
Sono inoltre stati somministrati:
• un questionario sulla scala di misurazione della cultura della salute tra cui la
possibilità di cercare, comprendere e utilizzare le informazioni di salute (Helms)
• un questionario delle abilità, per valutare i pensieri catastrofici sul dolore
• un questionario sulle credenze di paura-evitamento, che portano ad una riduzione
dell’attività fisica e quotidiana
• un questionario di gradimento dell’intervento.
Al momento della verifica dei risultati, i partecipanti di questo studio hanno dimostrato
punteggi positivi sulle credenze del mal di schiena, su una cultura sanitaria adeguata e su
comportamenti positivi, tra cui l'uso maggiore di strategie attive piuttosto che passive;
inoltre la stragrande maggioranza dei pazienti ha valutato il programma come utile. Al
follow up dopo tre mesi, non vi è stata però alcuna evidenza significativa di
miglioramento; questo può dipendere dal fatto che erano stati raggiunti outcome già elevati
al termine del corso, oppure potrebbe indicare che strategie di rinforzo sono necessarie per
ottenere miglioramenti duraturi a discapito delle credenze sul mal di schiena, al fine di
concentrarsi sulla gestione di tutta la persona e di incoraggiare la buona salute.
Queste strategie possono comportare la ripetizione di semplici messaggi con evidenza
scientifica utilizzando le applicazioni multimediali, la distribuzione di materiale educativo
supplementare e tutti gli strumenti utilizzabili anche in gruppo e basati su approcci
cognitivo-comportamentali (Johnson RE et al., 2007).
Dal momento che la paura del dolore o di compiere movimenti dannosi può interferire con
l'adozione di comportamenti benefici per la salute; si raccomanda l'uso di una tempestiva
sessione di terapia cognitivo-comportamentale, che sembra rassicurare, ridurre l'isolamento
e consentire inoltre ai partecipanti di imparare le strategie gli uni dagli altri.
18
1.3 Il rischio da MMP
Come abbiamo precedentemente ricordato, nel nostro Paese circa tre milioni di lavoratori
svolgono attività lavorative comportanti la MMC (Movimentazione Manuale dei Carichi),
che viene definita come l’insieme delle “…operazioni di trasporto o di sostegno di un
carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere,
tirare, portare o spostare un carico, che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle
condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano rischi di patologie da sovraccarico
biomeccanico, in particolare dorso-lombari…” . questo rappresenta quindi un fattore di
rischio comune nella maggior parte delle attività lavorative ed extralavorative ( Lic. Rik,
Op. De Beeck, Dr. Veerle Hermans, 2007).
Gli effetti finali della MMC, dei movimenti ripetitivi e degli altri fattori di rischio si
evidenziano prevalentemente a livello dell’apparato locomotore, in particolare della
colonna vertebrale, dando origine a un processo fisiopatologico detto sovraccarico
biomeccanico. (Campo M. et al., 2008). In ambito sanitario, considerando il modello biopsico-sociale, è fondamentale la centralità del paziente nel trattamento e nella cura, per cui
non si parla più di MMC, ma di Movimentazione Manuale dei Pazienti (MMP).
La categoria degli infermieri si colloca al vertice delle occupazioni caratterizzate da un alto
tasso di disturbi scheletrici; l’invecchiamento e il diradamento della forza lavoro
infermieristica, la crescente domanda assistenziale sul territorio e le modifiche
organizzative pongono ulteriori sfide alla salute e alla sicurezza in questo ambito
lavorativo (Capodoglio E. M. et al., 2011).
A livello internazionale gli interventi attuati finora relativamente alla prevenzione del
rischio di Movimentazione dei Pazienti (MMP),hanno previsto la dotazione standard di
ausili e la formazione degli operatori, non mostrando però l’efficacia sperata (Martino KP
et al., 2008).
Il rischio relativo alla MMP in ambito ospedaliero è legato al carico biomeccanico a cui gli
operatori sono sottoposti durante le attività di movimentazione, cura e assistenza dei
pazienti. Da parte del Niosh è stato stabilito in 16 kg il limite massimo relativo alla forza
applicata che gli operatori sanitari possono sostenere durante le attività svolte sui pazienti
in condizioni ottimali (Waters TR, 2007). Oltre alle manovre di movimentazioni, vengono
riconosciute potenzialmente rischiose anche altre attività legate all’assistenza (sostegno,
terapia, igiene, riposizionamento..) che implicano postura eretta prolungata o posture a
19
tronco flesso, protratte, concomitanti ad applicazioni di forza, in grado di causare carichi
eccessivi su schiena e spalle. L’utilizzo di ausili meccanici riduce solo parzialmente
l’esposizione al rischio, ma non elimina l’esposizione a un carico cumulativo che si
configura come fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di disturbi muscolo
scheletrici, relativo a fasi con impegno posturale e di forza che costituiscono la maggior
parte delle attività svolte soprattutto dalle figure assistenziali negli ambiti di lungodegenza.
Aspetti relativi all’organizzazione del lavoro, alle condizioni tecniche e a fattori sociali,
economici e ambientali contribuiscono ad aggravare l’esposizione degli operatori sanitari.
Il livello di rischio è maggiore per le figure professionali coinvolte in compiti svolti
strettamente a contatto con il paziente (Schoenfish AL, Lipscomb HJ, 2009).
La necessità di intervenire manualmente per assistere nella movimentazione i pazienti è
data dallo svolgimento di attività diagnostiche, terapeutiche, compiti di mobilizzazione ,
cura e igiene. Alcune attività di movimentazione sono intrinseche al processo di cura e
recupero del paziente: si tratta in particolare degli interventi di riabilitazione motoria.
Nelle attività di movimentazione che possono essere definite accessorie, cioè connesse ad
esempio ad attività di trasferimento del paziente per effettuare esami o trattamenti,
l’attenzione alle caratteristiche e alle necessità del paziente è più sfumata.
Tradizionalmente si è interpretata la prevenzione unicamente dal punto di vista
dell’operatore nel senso di “ridurre al minimo l’intervento manuale” e “meccanizzare il più
possibile”, per minimizzare l’esposizione al carico biomeccanico e ridurre la probabilità di
infortunio dell’operatore.. Quando si movimenta un paziente si applica infatti un criterio
esterno, senza riflettere sulle implicazioni sull’assistito. Ad esempio per effettuare un
passaggio seduto-eretto del paziente, il nostro modello mentale è quello di un
sollevamento, secondo una traiettoria lineare basso-alto, con prese ancorate sul paziente in
punti più o meno sicuri o confortevoli, o per effettuare un posizionamento del paziente
sdraiato supino verso la testata del letto, il nostro modello è quello di un sollevamento di
peso, attuato in due operatori con l’uso di traversa, con il paziente trattato come un peso
passivo. La MMP in quest’ottica è interpretata unilateralmente dal punto di vista
dell’operatore, travisando l’importanza per il paziente di partecipare attivamente.
Ampliando il concetto di prevenzione al punto di vista del paziente si apre la prospettiva di
un suo coinvolgimento nella manovra, con l’impiego calibrato delle capacità residue, con
un intervento variabile dell’operatore, che potrebbe spaziare dalla supervisione, alla
manovra manuale assistita, all’uso di ausili minori o maggiori.
Diverse
pubblicazioni
recenti
mostrano
20
come
l’applicazione
di
programmi
multidisciplinari associati all’utilizzo di dispositivi tecnologici sono in grado di ridurre gli
infortuni sul lavoro e le assenze per malattia degli operatori, migliorando gli outcome del
paziente (Nelson A. et al., 2008).
La tecnologia assistiva può contribuire a mantenere/incrementare la mobilità, la forza,
l’autonomia dei pazienti e a configurare un ambiente di lavoro sicuro.
1.4 Il mal di schiena negli operatori sanitari
Sono pochi i lavori in letteratura che si occupano del LBP nei fisioterapisti, nonostante il
loro lavoro sia fisicamente molto impegnativo e comporti spesso movimenti in flessione
durante l’attività coi pazienti con un conseguente aumento del carico sul tratto lombare.
Limiti di tempo, la mancanza di supporto da parte dei membri dello staff,
e improvvisi sforzi durante lo spostamento o il sostegno di pazienti possono ulteriormente
aumentare il rischio di incorrere in mal di schiena.
Per il loro specifico professionale, i fisioterapisti conoscono i principi di prevenzione
trattamento e controllo del mal di schiena. Questa loro competenza deriva da conoscenze
specifiche di biomeccanica, di principi e tecniche di movimentazione, di educazione e cura
del paziente con LBP, che sicuramente favoriscono la consapevolezza dei fattori di rischio
e meccanismi di insorgenza del LBP.
L'ipotesi che questa consapevolezza del rischio e la conoscenza degli strumenti di
prevenzione e cura riducano le probabilità di LBP nei fisioterapisti, spiega l'omissione di
questa professione dagli studi riportati in letteratura (M. Molumphy, B. Unger et al., 1985).
Un recente studio del 2007 afferma che una percentuale tra il 30% e il 63% dei
fisioterapisti, nonostante la loro formazione, incorre in mal di schiena a un certo punto
della carriera. Oltre a confermare l'ipotesi sopra riportata, questo studio afferma anche che
la presa in carico dei fisioterapisti colpiti da mal di schiena è affidata ai colleghi stessi
(Hanson H. et al., 2007).
Molti studi hanno indagato invece l’incidenza di LBP negli infermieri.
La categoria degli infermieri si colloca al vertice delle occupazioni caratterizzate da un alto
tasso di disturbi scheletrici; l’invecchiamento e il diradamento della forza lavoro
infermieristica, la crescente domanda assistenziale sul territorio e le modifiche
organizzative pongono ulteriori sfide alla salute e alla sicurezza in questo ambito
lavorativo (Capodoglio E. M. et al., 2011).
Il mal di schiena ha un impatto importante sull’efficienza della forza lavoro degli
21
infermieri: assieme agli assistenti di cura e inservienti, hanno, tra tutte le occupazioni, un
punteggio più alto di lesioni alla schiena che comportano assenza dal lavoro, con
prevalenza annuale del 40-50% e una prevalenza nell’arco della vita che varia dal 35
all’80% (How D. et al., 2010; Juniper M, Le TK, Mladsi D, 2009).
Una revisione della letteratura che analizza numerosi studi eseguiti tra il 1994 e il 2007 (Lo
russo Antonio, Bruno Stefano, L’Abbate Nicola, 2007) sui disturbi muscolo scheletrici nel
personale sanitario soggetto a movimentazione di pazienti, incentrando l’indagine sulla
lombalgia (LBP), conferma che la movimentazione manuale dei pazienti è un fattore di
rischio per i disturbi del tratto lombare e che dunque è necessaria una maggiore
informazione del personale e, non meno importante, un adeguamento strutturale
dell’ambiente di lavoro.
Le lesioni alla schiena e le conseguenti richieste di risarcimento nella categoria degli
infermieri sono costose. Nel lungo termine nelle strutture di assistenza degli Stati Uniti, le
lesioni alla schiena degli infermieri sono stimate più di 6 milioni di dollari d’indennizzo e
pagamenti medici. Le compensazioni di questi operatori per le lesioni alla schiena
comprendono 56,4% di tutti i costi d’indennizzo e 55,1% di tutti i costi medici (Ministero
della Sanità Italiano, 2009. Relazione sullo stato di salute della popolazione).
1.5 La prevenzione del mal di schiena da MMP
1.5.1 Gli studi riportati in letteratura
La prevenzione del mal di schiena si basa su due livelli. Il primo stadio, o livello di
prevenzione primaria, è comune per tutti i tipi di lombalgia ed è basato sull'acquisizione
delle corrette abitudini di vita. In questo modo si combatte il mal di schiena prima della sua
comparsa.
La prevenzione secondaria si fonda invece su un intervento rieducativo che coinvolge
molte figure professionali come medici, terapisti della riabilitazione. Con tali interventi si
cerca da un lato di ristabilire le condizioni precedenti al trauma e dall'altro di allontanare il
rischio di eventuali recidive tramite un programma educativo-riabilitativo.
È presente una revisione sistematica pubblicata su Occup Environ Med 2007, il cui disegno
metodologico
ha
seguito
le
linee
guida
sviluppate dal Comitato di Redazione della Cochrane Collaboration Back Review Group,
con l'obiettivo primario di determinare se ci sono interventi di efficacia provata per
22
impedire o prevenire il mal di schiena e l’infortunio alla schiena in particolare negli
infermieri e assistenti di cura (Dawson Anna P. et al., 2007).
Sono stati presi in considerazione interventi che prevedevano esercizi, formazione e
movimentazione manuale, supporti lombari,
gestione dello
stress e interventi
multidimensionali.
Questa revisione ha individuato che:
• la sola formazione sulla movimentazione manuale non è efficace (Alexandre N. et
al., 2001).
• i programmi di gestione dello stress non impediscono il mal di schiena (Horneij E.
et al., 2001).
• i supporti lombari sono inefficaci nel prevenire mal di schiena, in accordo con le
linee guida europee che affermano che i supporti lombari non sono raccomandati
per la prevenzione delle LBP nei lavoratori (Burton A. et al., 2005).
• l'autoapprendimento di programmi di esercizi eseguiti nel tempo libero per gli
infermieri potrebbe non essere così efficace come se fosse diretto e guidato dal
fisioterapista nel luogo di lavoro (Horneij E. et al., 2001).
• gli esercizi di rinforzo e stretching sono raccomandati (Hayden J, van Tulder M,
Tomlinson G., 2005), in accordo con le linee guida europee, che riportano evidenza
di alto livello nel raccomandare l’esercizio fisico come intervento per la
prevenzione del mal di schiena in generale nella popolazione di operatori sanitari.
• programmi di esercizi di stabilizzazione specifici che coinvolgono i muscoli spinali
profondi e gli addominali hanno recentemente dimostrato di essere più efficaci
delle solite cure mediche e della sola istruzione, nel trattamento di mal di schiena
cronico, e di essere altrettanto efficaci delle manipolazioni (Ferreira P. et al., 2006).
• interventi
multidimensionali,
come
la
combinazione
tra
formazione,
movimentazione manuale, esercizio fisico, gestione del dolore e dello stile di vita,
comportando una riduzione di LBP risultando efficaci nel prevenire mal di schiena
e lesioni negli infermieri (Alexandre N. et al., 2001).
Negli ultimi vent’anni, le associazioni infermieristiche hanno sviluppato e sostenuto la
politica “non sollevare”, in cui è prevista attrezzatura e il sollevamento manuale viene
eliminato se non in circostanze eccezionali (Engkvist I., 2006). Una recente valutazione
dell’applicazione di un programma '' non sollevare '', realizzato negli ospedali australiani,
ha riportato una forte evidenza di riduzione degli infortuni alla schiena e di congedo per
23
malattia tra gli infermieri.
I recenti studi di Hodder et al. e Holmes et al. ( Hodder JN, Holmes MWR, Kleir PJ, 2010),
hanno suggerito e messo in evidenza che solo il 40% de LBP sono causati dal
sollevamento/trasferimento dei pazienti e possono essere prevenuti attraverso l’utilizzo di
sollevatori meccanici. Il restante 60% dei disordini muscoloscheletrici sembra essere
causato da altri compiti svolti dagli infermieri durante la loro giornata lavorativa, come ad
esempio riposizionare i pazienti allettati, portare a passeggio i pazienti, svolgere pulizie o
attività di cura e igiene dei pazienti non autonomi o parzialmente autonomi. Questi risultati
indicano quindi che tali operazioni non devono essere trascurate come fattori di rischio
lavorativo perché aumentano la possibilità d’insorgenza di lombalgia a causa dello stress
cui è soggetta la colonna vertebrale durante lo svolgimento di tali attività che, peraltro,
occupano la maggior parte del tempo lavorativo di un infermiere. L’utilizzo di sollevatori
meccanici sembra aiutare a ridurre il carico della colonna lombare, tuttavia secondo uno
studio (Karahan A, Bayraktar N., 2004) un utilizzo scorretto degli ausili meccanici è
associato a comparsa di lombalgia. In tale studio è stata studiata la postura sia lavorativa
sia durante attività di vita quotidiana, arrivando alla conclusione che alcuni degli infermieri
che soffrivano o avevano sofferto di lombalgia, non usavano i sollevatori meccanici e non
effettuavano correttamente le tecniche di sollevamento nella percentuale del 57.1%. Da qui
la necessità secondo l’autore di fornire un addestramento adeguato al personale sanitario. I
dispositivi di sollevamento e trasferimento, se utilizzati correttamente, possono quindi
contribuire alla riduzione dei disturbi muscoloscheletrici. Tuttavia l’effettivo utilizzo di tali
dispositivi tra gli infermieri appare piuttosto limitato, anche a causa della mancanza di
disponibilità delle attrezzature e di tempo sufficiente.
I dati riportati dallo studio sopra citato, sono confermati in una recente revisione narrativa
che indaga quali strategie preventive e terapeutiche si siano dimostrate più efficaci per il
trattamento della lombalgia nel personale sanitario (Salvano E., Vanti C., 2012).
Questa revisione analizza 14 articoli che prendono in considerazione diverse tipologie di
trattamento, tra cui:
• l’educazione e la formazione del personale sanitario, con particolare attenzione alla
postura e all’ergonomia durante l’esecuzione delle manovre;
• i programmi di esercizi fisici generali e specifici a scopo riabilitativo e di
prevenzione primaria e secondaria;
• l’utilizzo di cinture o supporti lombari e gli interventi multidisciplinari.
Dalla valutazione dei dati emergono forti evidenze circa la non efficacia della formazione e
24
addestramento o dell’utilizzo di supporti lombari per ridurre l’incidenza di lombalgia nel
personale sanitario addetto alla movimentazione manuale dei pazienti (Dawson AP et al.,
2007).
Nella revisione gli autori ricordano che ci sono limitate evidenze sull’efficacia di
programmi di esercizi fisici specifici o generali, mentre sottolineano che gli interventi
multidisciplinari risultano più efficaci di qualsiasi altro intervento considerato
singolarmente (il dato confermato da 6 articoli compresi nella revisione) .
Le strategie d’intervento multidisciplinare includono:
• a valutazione e l’eliminazione, quando possibile, dei fattori di rischio;
• l’istruzione e la formazione sulla corretta esecuzione delle tecniche di
movimentazione manuale dei pazienti o l’utilizzo di dispositivi meccanici;
• a valutazione e la riprogettazione dell’ambiente lavorativo e dell’organizzazione
delle attività;
• gli interventi cognitivo-comportamentali per incentivare il ritorno al lavoro ed alla
attività fisica precoce;
• i programmi d’intervento riabilitativo e preventivo allo scopo di recuperare o
mantenere una forma fisica idonea attraverso gli esercizi fisici di stretching per la
flessibilità, il potenziamento paravertebrale ed addominale e il recupero dei corretti
automatismi statico-dinamici;
• la correzione e l’educazione posturale e l’allenamento cardiovascolare.
1.5.2 La prevenzione dal punto di vista legislativo
La prevenzione dei disturbi muscolo scheletrici, così come confermato anche dagli studi
presi in esame, prevede innanzitutto l’eliminazione delle cause meccaniche che li
determinano, attraverso la meccanizzazione/automazione dei processi. Dove questo non sia
tecnicamente fattibile, si deve ridurre/contenere il rischio il più possibile attraverso
l’utilizzo di ausili meccanici, l’applicazione dei principi ergonomici e un’appropriata
organizzazione del lavoro (pause, turnazioni…), opportune modifiche delle strutture e delle
attrezzature.
Obbligo del datore di lavoro è effettuare questo tipo di interventi a completamento dei
quali deve fornire ai lavoratori un’adeguata informazione e una specifica formazione sui
rischi presenti nell’attività lavorativa, affinché possano assumere un ruolo attivo
25
nell’adozione di comportamenti sicuri nel luogo di lavoro.
Gli obblighi di legge riguardanti, direttamente o indirettamente, la prevenzione dei disturbi
muscolo scheletrici e in particolar modo il mal di schiena, sono definiti da specifiche
direttive emanate dall’Unione Europea al fine di garantire nei paesi membri il
miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.
In Italia il provvedimento che recepisce tali direttive è di Decreto Legislativo 626/94,
abrogato e sostituito dal Decreto Legislativo 81/80. Tale decreto, articolato in più parti
(Titoli), nel Titolo primo, a valenza generale, definisce il “sistema di gestione del lavoro in
sicurezza” che deve essere adottato in ogni luogo di lavoro in cui vi sia anche un solo
lavoratore dipendente. Tra le principali disposizioni si ricorda il richiamo alle condizioni
ergonomiche del lavoro affinché, fin dalle fasi di progettazione delle attività, il lavoro, la
mansione e i compiti lavorativi siano adattati all’uomo e non viceversa. Il D.Lgs 81
obbliga infatti il datore di lavoro ad effettuare la valutazione di tutti i possibili rischi
presenti nell’unità produttiva per eliminarli o quantomeno ridurli al di sotto della soglia di
pericolo, con adeguate misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e
protezione dei lavoratori. Inoltre, tra i doveri previsti, vi è il coinvolgimento degli stessi
lavoratori attraverso le azioni di informazione e formazione specifiche e la consultazione
del loro rappresentante per la sicurezza del lavoro (Costa F. e Tosi F., 2002).
1.6 Valutazione del rischio e indice Sposo Poletti
Il D.lgs. 626/94 al titolo V, definisce cosa si intende per movimentazione manuale di
carichi e quali siano gli obblighi del datore di lavoro. Lo scopo della norma prevede come
primo obiettivo, l’eliminazione/riduzione del rischio, consapevoli che in ambito
ospedaliero, e in particolare nelle attività di assistenza a degenti non autosufficienti, per le
ragioni che abbiamo precedentemente ricordato, tale indicazione è di difficile attuazione.
Gli interventi devono essere basati sulla valutazione del rischio da movimentazione
manuale di pazienti, sull’introduzione di ausili e procedure adeguate, sulla sorveglianza
sanitaria e sulla formazione degli operatori.
Strategico diventa quindi un approccio multifattoriale alla riduzione del rischio poiché è
dimostrato che può avere maggiori probabilità di successo.
La riduzione del rischio può e deve essere pertanto perseguita combinando i molteplici
fattori che la determinano e dovrebbe comprendere una dotazione organica adeguata, la
presenza ed effettiva utilizzazione di ausili appropriati, adeguati programmi di
26
informazione, formazione e training del personale e la definizione di un sistema
organizzativo di gestione dello specifico rischio.
L’AUSL di Reggio Emilia per la valutazione del rischio nella Movimentazione Manuale
dei Pazienti (MMP) ha applicato nei servizi ospedalieri della provincia Emiliana il metodo
Sposo Poletti, che rientra tra i metodi “multidimensionali” che si basano sulla raccolta di
dati informativi mediante colloqui con il personale dell’azienda e sopralluoghi conoscitivi
negli ambienti di lavoro e sull’osservazione diretta delle operazioni di movimentazione
(Poletti M., Pinotti A., Morini G, 2003).
Il Metodo SpoSo si propone di individuare il livello di rischio da movimentazione manuale
di pazienti attraverso un modello matematico centrato sulla quantità di azioni di
sollevamento e spostamento realmente effettuate dagli operatori addetti all’assistenza e
sulla dotazione di arredi, attrezzature e ausili specifici.
Per la sua corretta applicazione il criterio di valutazione SpoSo si basa su una serie di
presupposti fondamentali:
• formazione adeguata del personale;
• ambienti conformi agli standard previsti per autorizzazione-accreditamento;
• manovre di sollevamento e spostamento fatte da due operatori, salvo casi “leggeri”;
• impiego di tre o più operatori e altre soluzioni specifiche per i casi “particolarmente
gravosi”;
• carrozzine idonee. (Vedi Allegato 1)
In base alla formula di calcolo il metodo SpoSo individua quattro classi di rischio
progressivamente crescenti, dalla prima a rischio trascurabile alla quarta a rischio
massimo: riportiamo in tabella i valori delle fasce di rischio correlate al colore che le
identifica (Tabella 1).
Classe rischio 0
1 (bianco)
2 (verde)
3 (giallo)
4 (rosso)
Definizione
trascurabile
basso
medio
alto
assente
rischio
Criterio
Sposo<= 0,8 0,8<sposo<= 2,5<sposo<= sposo>5
sposo
2,5
Tabella 1. CLASSIFICAZIONE DEL RISCHIO
27
5
In base alle fasce di rischio, vengono predisposte anche una serie di misure di intervento
che devono essere adottate per tutelare la salute del personale sanitario coinvolto in
movimentazione manuale di pazienti.
L’intervento si suddivide tra le aree: Tecniche (sorveglianza e monitoraggio della salute
degli operatori), Formativa (addestramento del personale alle corrette tecniche di
movimentazione manuale di pazienti) Sanitaria (sorveglianza sanitaria ed eventuale
riassegnazione del personale a reparti in fasce di rischio compatibili con le condizioni di
salute) (Tabella 2).
Classe
Descrizione
del Azioni adottate
rischio
Tecniche
Formative
Sanitarie
0
Assente
Nessuna
No
No
1
Trascurabile
Sorveglianza
Si,
No, solo a richiesta
(bianco)
una tantum
Monitoraggio
2
Basso
periodico e, se del
(verde)
caso,
Si
Si
periodico e ricerca Si
Si
ulteriori
misure
3
Medio
(giallo)
Monitoraggio
di ulteriori misure
Sorveglianza
Alto
monitoraggio
(rosso)
costante.
e
Misure
Si
Si
con urgenza
Tabella 2. TABELLA DI CORRELAZIONE TRA CLASSE DI RISCHIO SPOSO E MISURE GENERALI DI
TUTELA DA ADOTTARE
28
Una volta determinato il livello di rischio per ciascun reparto del servizio sanitario preso in
esame, il programma SpoSo prevede l’assegnazione mirata di personale che soddisfi le
caratteristiche di idoneità fisica per il carico di lavoro tipico di quel reparto come indicato
dall’indice di rischio.
Il metodo SpoSo propone quindi un approccio caratterizzato dalla presenza di quattro fasce
di compatibilità tra le possibili patologie legate alla movimentazione e le quattro fasce di
rischio sopra descritte. L’assegnazione alle fasce è di competenza del medico del servizio
aziendale. In pratica a ogni operatore è assegnata una fascia di rischio limite oltre la quale
non può operare. In questo modo la corretta gestione del sistema consente di monitorare
con un semplice controllo l’adeguata collocazione degli operatori all’U.O. corrispondente
alla fascia di rischio assegnata.
In caso di patologia del rachide gravissima anche l’assegnazione ad un reparto a rischio
trascurabile richiede l’approvazione del medico competente.
In base alla classificazione delle patologie del rachide sopra citate, riportiamo di seguito
alcuni esempi di patologie classificate (Tabella 3).
Patologie
Grave:
Collocazione
ernia
stabile;
fratture
lievi; verde
protrusioni senza segni radicolari; scoliosi bianco
L15°; spondilolistesi 1°…ecc.
No movimentazione pazienti
Gravissima:
radicolopatia;
protusioni
ernie
discali
con
con bianco
segni
di No movimentazione pazienti
radicolopatia,
spondilolistesi,
ipotono
uffici
muscolare; fratture con radicolopatia;
scoliosi grave con gibbo…ecc.
Gravissime evolutive: Ernia operata con uffici
esiti radicolari o instabilità …ecc.
Tabella 3. I CRITERI DI ASSEGNAZIONE DEL PERSONALE SANITARIO SOGGETTO A PATOLOGIA
DEL RACHIDE LOMBO SACRALE, AI REPARTI COMPATIBILI ALLE PROPRIE CONDIZIONI DI
SALUTE
29
Un operatore con patologie ritenute gravi non potrà quindi essere assegnato a reparti con
codice colore Giallo a rischio medio, ma sarà considerato idoneo per i reparti a codice
colore Verde a rischio basso, Bianco a rischio trascurabile e reparti in cui non viene
effettuata movimentazione manuale di pazienti (ambulatori). Un operatore con patologie
gravissime invece potrà essere assegnato solamente a reparti con codice colore Bianco o
con rischio ancora inferiore.
Un operatore con patologie gravissime evolutive potrà prestare servizio solo in luoghi ove
non è richiesto particolare sforzo fisico come gli uffici amministrativi.
1.7 Scopo del lavoro
La nostra proposta prevede la sperimentazione del programma: “prendersi cura di chi cura”
(Giovanardi L., 2011), presentato lo scorso anno e inserito nel progetto SPOso Poletti.
L’intervento si propone come obiettivo quello di insegnare ai destinatari del progetto, a
prendersi cura della propria schiena, attraverso un programma di rieducazione
comprendente: conoscenze di anatomia e biomeccanica della colonna, educazione
all’”ascolto” del proprio corpo e apprendimento di esercizi specifici di controllo della
postura, recupero dell’articolarità, rinforzo muscolare.
Il nostro scopo è, non solo contribuire alla prevenzione del mal di schiena ma, in
particolare, fornire ai partecipanti gli strumenti di autocura affinché il LBP non condizioni
l’autonomia e la possibilità di svolgere la propria professione. La ricorrenza di episodi di
mal di schiena o la sua cronicizzazione possono infatti interferire con l’attività lavorativa,
e comportare non solo il trasferimento in reparti valutati a rischio minore, ma anche il
cambiamento rispetto a mansioni e funzioni precedentemente svolte; ciò, oltre a
determinare problemi per l’organizzazione aziendale, può diventare motivo di disagio e
insoddisfazione del personale,
aspetto questo del problema che rischia di essere
sottovalutato.
30
Capitolo 2 - MATERIALI E METODI
2.1 Lo studio
Lo studio presentato è di tipo osservazionale prospettico ed è stato condotto nel periodo
marzo-novembre 2012 presso l’azienda USL di RE.
Il progetto è stato preliminarmente sottoposto all’attenzione della direzione sanitaria
dell’Az. USL e al confronto con le organizzazioni sindacali. Dopo l’approvazione la
direzione sanitaria stessa ha promosso il progetto ed esteso l’invito agli operatori degli
ospedali dell’azienda ad aderire all’iniziativa, nel mese di aprile 2012.
Le risposte da parte degli operatori che desideravano partecipare al corso sono state
ottenute solo nel mese di maggio 2012. In seguito a ciò, è stato necessario organizzare le
date degli incontri tenendo in considerazione i turni di lavoro, che sono stati adeguati al
corso stesso, e il luogo di lavoro degli operatori, distribuiti negli ospedali della provincia di
Reggio (Castelnuovo Monti, Correggio, Montecchio, Scandiano, Guastalla); per questo è
servito ulteriore tempo per mettersi in comunicazione con tutti gli ospedali.
2.2 La selezione del campione
Il campione è stato selezionato attingendo da due figure professionali ritenute a rischio di
disturbi muscolo-scheletrici: infermieri e operatori socio sanitari che effettuano
movimentazione manuale di pazienti. Questa scelta è stata suggerita dai dati trovati in
letteratura che confermano che la categoria degli infermieri si colloca al vertice delle
occupazioni caratterizzate da un alto tasso di disturbi muscolo-scheletrici, con un
punteggio molto alto di lesioni alla schiena che comportano assenza dal lavoro
(Capodoglio E. M. et al., 2011; How D. et al., 2010; Juniper M, Le TK, Mladsi D, 2009).
Criteri di inclusione
In accordo con i responsabili del Servizio di Prevenzione, si è convenuto di rivolgere il
nostro intervento prima di tutto a infermieri e operatori socio sanitari già sottoposti a
sorveglianza sanitaria e che, in seguito alla visita del medico competente, hanno avuto un
giudizio di “divieto di movimentazione pazienti con rischio medio (no fascia gialla)”. In
conseguenza di tale giudizio (limitazione), questi operatori non possono lavorare in Unità
Operative con rischio “medio” (fascia gialla), né tanto meno alla fascia rossa, con rischio
“alto”, poiché presentano già limitazione nello svolgimento del lavoro, ma possono invece
31
lavorare in UO a rischio inferiore: nell’ordine, a rischio “basso” (fascia verde) o ancora
inferiore, “trascurabile” (fascia bianca).
Per quelli di loro che lavorano in UO a rischio “medio” (fascia verde) è quindi
particolarmente importante evitare che la salute peggiori, andando incontro a limitazioni
ulteriori (divieto al rischio “basso, verde”) e costringendoli così, fra l’altro anche a passare
in fascia bianca considerata la fascia con rischio trascurabile. Questo indurrebbe i soggetti
a un cambio di attività, che potrebbe portare problemi sociali e occupazionali di
insoddisfazione verso il proprio lavoro.
Oltre alla collocazione lavorativa in Unità Operative con rischio di movimentazione
paziente basso (“fascia verde”), l’ulteriore criterio d’inclusione è la diagnosi di lombalgia
cronica come causa di limitazione principale.
Criteri di esclusione
Dallo studio sono stati esclusi gli operatori sanitari collocati attualmente in fascia bianca,
poiché hanno già dovuto abbandonare la loro attività principale a causa di limitazioni alla
schiena, per cui lavorano in reparti a rischio trascurabile (fascia bianca) o che non
prevedono la movimentazione manuale dei pazienti o addirittura negli uffici. Non sono
stati presi in considerazione gli operatori che lavorano in reparti di fascia gialla, poiché i
soggetti che appartengono a questa categoria non presentano limitazioni.
La fascia rossa non è presente attualmente negli ospedali dell’Azienda USL di Reggio
Emilia poiché le nuove e moderne attrezzature per la movimentazione dei pazienti hanno
permesso di eliminare i rischi che caratterizzano questa fascia.
Sono inoltre esclusi gli operatori sanitari collocati in fascia verde che presentano
limitazioni dovute a patologie muscoloscheletriche in distretti corporei non riconducibili al
rachide, dove quindi il low back pain non si presenta come il problema principale.
32
Figura 2. MODALITA' DI SELEZIONE DEL CAMPIONE
colonna sinistra: infermieri
colonna destra: OSS
33
In base ai criteri di selezione del campione è stato consultato l’archivio con i dati generali
relativi a infermieri e operatori socio sanitari dell’azienda USL con limitazione, segnalati
dal medico competente dell’azienda, nel periodo 2008-2012 (figura 2).
Su un totale di 1891 operatori, di cui 1436 infermieri e 405 operatori socio sanitari, sono
stati individuati 394 operatori con limitazioni alla MMP, così suddivisi: 286 infermieri
(indice di prevalenza 19,2%) e 108 operatori socio sanitari (indice di prevalenza 26,7%).
Di questi operatori, 150, di cui 116 infermieri e 34 operatori socio sanitari, presentano
divieto alla fascia gialla, mentre i restanti, in condizioni di salute ancora più alterate, hanno
limitazioni ancora maggiori. Fra questi 150 sono stati individuati quelli che lavorano in UO
di fascia verde e fra questi ultimi sono stati ulteriormente selezionati 37 soggetti, di cui 22
infermieri e 15 operatori socio sanitari, che presentano limitazioni a causa di lombalgia
cronica; si puntualizza che non sono state visionate cartelle cliniche per cui non è stato
possibile risalire a diagnosi precise.
Questi 37 rappresentano il campione elegibile dello studio.
CAMPIONE
DROP
CAMPIONE
ELEGIBILE
OUT
EFFETTIVO
6
5
1
11
11
0
8
2
6
O. CORREGGIO
6
2
4
O. SCANDIANO
6
6
0
O.
MONTECCHIO
O. GUASTALLA
O.
CASTELNOVO
NE’ MONTI
Tabella 4. CAMPIONE ELEGIBILE, DROP OUT, CAMPIONE EFFETTIVO.
Com’è riportato nella tabella 4, sono stati individuati 6 operatori dipendenti dell’ospedale
di Montecchio E., 11 di Guastalla, 8 di Castelnuovo nè Monti, 6 di Correggio e 6
Scandiano.
Ogni operatore ha ricevuto una lettera (vedi allegato 2) della direzione sanitaria con le
finalità del corso, le modalità di svolgimento (50% in orario di lavoro), l’attribuzione di
crediti ECM e l’invito a compilare il questionario Oswestry allegato.
34
Hanno confermato la partecipazione solo 11 operatori (7 infermieri e 4 operatori socio
sanitari) che costituiscono il campione oggetto di studio.
Di conseguenza si registra un drop out di 26 operatori (15 infermieri e 11 operatori socio
sanitari), alcuni dei quali hanno rinunciato al corso in seguito all’emergenza terremoto del
29 Maggio 2012 che ha interessato alcune zone di nostro interesse (operatori dell’ospedale
di Guastalla). Altri non hanno preso parte al progetto per la sovrapposizione con le ferie,
poiché inizialmente gli incontri erano stati fissati nel periodo giugno-luglio; altri ancora per
motivi personali o organizzativi di struttura.
In base alle adesioni sono stati formati 2 gruppi:
Gruppo 1
Il gruppo 1 è composto da 6 operatori sanitari dell’ospedale di Castelnuovo Monti di cui:
3 infermieri e 3 operatori socio sanitari impegnati nei reparti di lungodegenza (3 soggetti) e
medicina (3 soggetti). L’età media del gruppo è di 46 anni, con un picco minimo di 39 anni
e uno massimo di 59 anni. Per quanto riguarda il sesso, il 71% è costituito da donne (5
soggetti), mentre il restante 29% da uomini (2 soggetti).
Al gruppo 1 si è aggiunto un dipendente dell'ospedale, più precisamente un tecnico della
prevenzione non sottoposto a sorveglianza sanitaria ma che, soffrendo di lombalgia
cronica, ha chiesto di potervi partecipare; non è stato comunque incluso nel campione in
quanto non soddisfaceva i criteri di inclusione.
Gruppo 2
Il gruppo è costituito da 4 operatori dell’ospedale di Correggio, e 1 dell’ospedale di
Montecchio, di cui: 4 infermieri e 1 operatore socio sanitario, impegnati in reparti di
riabilitazione respiratoria (1 soggetto), neuro riabilitazione (2), laboratorio cardiologico (1)
e medicina (1).
L’età media del gruppo è di 51 anni, con un picco minimo di 39 e uno massimo di 59 anni.
Per quanto riguarda il sesso, l’80% è costituito da donne (4 soggetti) e il 20% da uomini (1
soggetto).
35
2.3 Tempi e luoghi
Entrambi i gruppi hanno svolto un programma di 6 incontri della durata di 90 minuti per
incontro, 2 volte alla settimana (gruppo 1: lunedì e giovedì; gruppo 2 martedì e giovedì)
per 3 settimane.
Gli incontri sono stati condotti da noi studenti con la supervisione di 2 tutor dell’università.
L’organizzazione degli incontri è stata concordata con i responsabili dei reparti coinvolti
cercando di conciliare l’organizzazione dei turni e delle ferie con giorni e orari delle sedute
nonché le sedi e gli spazi; pertanto il gruppo 1 ha
partecipato agli incontri presso
l’ospedale di Castelnuovo Monti, mentre il gruppo 2 ha frequentato il corso presso la
palestra del C.di L. in fisioterapia a Reggio Emilia.
2.4 Outcomes
Per outcome si intende l'insieme dei risultati perseguibili dai diversi programmi
riabilitativi, espressione del recupero obiettivo acquisito e delle percezioni soggettive che
contribuiscono a determinare la qualità di vita di un paziente, intravisto come il maggiore
degli obiettivi prescelti: è il risultato finale di ogni attività riabilitativa e coincide con la
soddisfazione del paziente nella sua complessità funzionale (Basaglia N., 2002).
Per un soggetto con lombalgia aspecifica, a breve termine (fase acuta) l'outcome coincide
con la riduzione del dolore, la rassicurazione e l'educazione, a medio termine (fase
subacuta) assume valore l'individuazione di fattori di rischio fisici e psico-sociali favorenti
l'eventuale persistenza dei sintomi, a lungo termine (fase cronica) divengono prioritari il
controllo della disabilità e del condizionamento psico-sociale correlabili a dolore cronico.
Poiché il nostro campione presenta una patologia cronica, si valutano principalmente
l'intensità del dolore e l'indice di disabilità; in riferimento a quanto pubblicato da Kuijer W.
et al. ( Kuijer W. et al., 2005) è raccomandato utilizzare la scala VAS per valutare
l'intensità del dolore ed l’Oswestry Disability Index per la quantificazione del livello di
Disabilità.
È consigliato inoltre, introdurre un'accurata descrizione delle attività lavorative e dei fattori
limitanti le attività stesse, delle caratteristiche personali dei soggetti quali l'età, sesso,
razza, caratteristiche del dolore, durata del dolore, precedenti trattamenti e modalità di vita
del soggetto, sebbene i fattori ambientali risultino difficilmente misurabili attraverso
specifiche scale di valutazione.
36
2.5 La proposta terapeutica
Il trattamento si articola sui seguenti punti:
− Prima lezione: introduzione al corso e lezione frontale teorica;
− Seconda lezione: percorso di educazione all’ascolto del proprio corpo;
− Terza lezione: esecuzione del programma di esercizi;
− Quarta lezione: esecuzione del programma di esercizi;
− Quinta lezione: esecuzione del programma di esercizi;
− Sesta lezione: verifica delle modalità di esecuzione degli esercizi e verifica finale
del corso tramite somministrazione dei questionari di valutazione
2.5.1 Introduzione al corso e lezione frontale teorica
La presentazione del corso ai partecipanti è stata tenuta dalla dottoressa Rossana Marmonti
e dall’ingegnere Carla Dieci, dello staff sicurezza dell’AUSL di Reggio Emilia.
La lezione teorica è stata costruita dagli studenti utilizzando una presentazione in
powerpoint focalizzata su: anatomia del rachide, incidenza e caratteristiche della lombalgia
meccanica, false credenze e modi di affrontare il dolore lombare; consigli pratici di
prevenzione delle recidive del mal di schiena (Vedi Allegato 3).
Alla fine della presentazione sono stati somministrati i questionari previsti per la
valutazione a tempo zero (T0).
2.5.2 Educazione all’ascolto del proprio corpo
Nell’ottica dell’autocura, è stata proposta una serie di esercizi con l’intenzione di costruire
un percorso di conoscenza di sè attraverso la concezione di vissuto corporeo, ovvero di
quelle sensazioni ed emozioni che vengono sprigionate in seguito alle stimolazioni esterne
che, una volta imparato a riconoscere, possono aiutare nel percorso di auto trattamento e
autocura.
La proposta si avvale della tecnica dell’ideokinesi, ideata da Mabel Elsworth Todd (Todd
M.E., 1980), che consiste in un “allenamento” svolto senza l’uso attivo del corpo, ma
attraverso la tecnica della “visualizzazione del movimento”, sostenuta dall’attivazione dei
neuroni canonici grazie ai quali, anche solo pensando un movimento, si attivano le aree
37
cerebrali come se venisse svolto realmente.
Elemento essenziale di questa parte del trattamento è la disponibilità dei soggetti a mettersi
in gioco e a fidarsi della loro guida: senza questo presupposto questa parte del trattamento
può risultare inutile e priva di senso.
In questa attività è consigliato l’utilizzo di musica in sottofondo per conciliare meglio il
rilassamento e la concentrazione.
L’attività ha inizio con il movimento libero accompagnato da un sottofondo musicale
rilassante, per stemperare l’eventuale imbarazzo tra i componenti del gruppo e per
prendere confidenza con le proprie parti del corpo in movimento. Dopo questa prima parte
libera, si svolgono:
• movimenti guidati nei tre piani che attraversano il nostro corso: il piano orizzontale,
il piano frontale e il piano sagittale
• esercizi che aiutano a sperimentare l’asse centrale
• esercizi di percezione corporea
• tecniche di respirazione.
Al termine degli incontri è stata consegnata una copia scritta degli esercizi, per permettere
ai partecipanti di ripercorrere l’esperienza guidata anche da soli (Vedi Allegato 4).
2.5.3 Esecuzione del programma di esercizi
L’ultima parte del programma consta di una serie di semplici esercizi di mobilizzazione,
stretching e rinforzo che fanno riferimento all’approccio Mc Kenzie (McKenzie Robin,
1993) e a programmi sperimentati in precedenti lavori di tesi (Brigazzi S., 2009).
Dal momento che lo scopo delle sedute è imparare a riconoscere il proprio mal di schiena e
autotrattarlo, alla fine di ogni seduta sono state consegnate le fotocopie con la spiegazione
degli esercizi affinché ognuno a casa potesse facilmente ripeterli.
Per mantenere la schiena in buona salute occorre rilassare, stirare, rinforzare determinati
gruppi muscolari:
• rilassamento: va eseguito prima degli esercizi o quando si sentono il collo e la
schiena particolarmente stanchi.
• stiramento: ha la funzione di allungare tendini e muscoli, ridurre la tensione
muscolare e migliorare la mobilità delle articolazioni. Va eseguito con calma, non
deve provocare dolore ma solo una sensazione di tensione.
38
• rinforzo: si esegue dopo gli esercizi di allungamento e mobilizzazione, serve per
tonificare muscoli (es. addominali, glutei, alcuni muscoli della coscia..) che
concorrono a sgravare la colonna da un eccesso di carico.
Durante l’esecuzione degli esercizi è fondamentale respirare in modo corretto:
- la fase di inspirazione viene associata con la fase di riposo muscolare o di ritorno nella
posizione di partenza.
- la fase di espirazione viene associata alla fase di movimento attivo, di sforzo.
Prima di iniziare qualsiasi esercizio si consiglia di eseguire alcune respirazioni profonde,
in modo da riempire i polmoni di ossigeno e consentire una migliore esecuzione
dell'esercizio stesso.
La serie di esercizi termina con movimenti specifici per il collo, perché i disturbi alla
colonna vertebrale possono avere ripercussioni sul collo e viceversa, per cui è importante
mantenere anche il proprio collo in buona salute (Vedi brochure allegata alla tesi).
2.6 Il materiale prodotto
Al follow up a un mese dalla fine degli incontri, è stato consegnato ai partecipanti un cd
con la guida vocale all’esecuzione degli esercizi proposti e con la registrazione delle
musiche di sottofondo in accompagnamento alla loro esecuzione, allo scopo di favorirne
l’esecuzione anche a domicilio (vedi CD Allegato).
E’ stata consegnata inoltre una brochure con la descrizione degli esercizi e le relative
immagini (vedi brochure allegata).
2.7 Strumenti di valutazione
È stata effettuata una valutazione all’inizio degli incontri (T0), all’ ultimo incontro (T1) e
al follow-up a un mese dalla fine del progetto (T2); sarebbe però auspicabile anche una
valutazione dei soggetti a tre mesi dal corso.
Come suggerito anche da studi riportati in letteratura (Tavafian SS, Jamshidi A, Montazeri
A., 2008), sono stati somministrati:
- a T0, T1 e T2 l’“Oswestry Disability Index” nella sua versione in lingua italiana
(Monticone M. et al., 2009); (Vedi Allegato 5);
- a T0 e T2 la “Visual Analogic Scale” (VAS), per analizzare il comportamento del dolore
(Vedi Allegato 6).
39
- a T0 e T2 una scheda che indaga le attività che i partecipanti non svolgono e quelle in cui
hanno limitazioni a causa di mal di schiena, sia sul lavoro che nella vita quotidiana (Vedi
Allegato 7).
Al tempo T0 sono state inoltre proposte domande aperte per indagare le aspettative dei
partecipanti rispetto al corso.
Al termine delle sedute di trattamento (T1) è stato invece somministrato il questionario di
gradimento dell’evento formativo, previsto dall’Azienda USL per l’accreditamento, che
consente di raccogliere informazioni sui punti di forza e debolezza dell’iniziativa, di
conoscere cioè in quale misura il corso ha risposto alle esigenze e quali sono le eventuali
modifiche/miglioramenti che i partecipanti suggeriscono (Vedi Allegato 8);
Al follow up a 1 mese (T2), è inoltre stato somministrato un questionario per indagare la
continuità degli esercizi a domicilio e la loro efficacia (Vedi Allegato 9).
Al termine di ogni incontro, è stato dedicato un tempo per la valutazione fisioterapica dei
partecipanti (max. 2 per seduta) per fornire indicazioni, per quanto possibile
personalizzate, di gestione del proprio mal di schiena.
Per tale scopo è stata utilizzata la scheda di valutazione della colonna lombare secondo
McKenzie (Vedi Allegato 10): la scelta di questo strumento è supportata dai recenti studi
riferiti in letteratura che ne confermano la validità per quanto riguarda la classificazione
del mal di schiena di origine meccanica (Clare et al., 2005).
40
Capitolo 3 - RISULTATI
Nella raccolta dei risultati, sono stati uniti i soggetti dei due gruppi per semplificarne la
lettura.
Su un totale di 11 soggetti, i soggetti 1-6 appartengono al gruppo 1, mentre i soggetti 7-11
appartengono al gruppo 2.
3.1 Scala Analogica visiva (VAS)
Per il controllo dell'andamento del dolore, la VAS somministrata nei tempi T0 e T2 ha
riportato i seguenti valori:
Soggetto 1: T0=6, T2=2
Soggetto 2: T0=6, T2=6
Soggetto 3: T0=3, T2=4
Soggetto 4: T0=6, T2=4
Soggetto 5: T0=2, T2=1
Soggetto 6: T0=7, T2=6
Soggetto 7: TO=5, T2=1
Soggetto 8: T0=5, T2=2
Soggetto 9: T0=6, T2=1
Soggetto 10: T0=1, T2=1
Soggetto 11: T0=8, T2=2
Il confronto dei dati dal tempo T0 al tempo T2 ha rivelato che:
-8soggetti/11 (soggetti 1, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 11) hanno riportato una diminuzione del dolore;
-2/11 (2, 10) dolore invariato;
-1/11 (3) un aumento del dolore.
Di seguito è riportata l’analisi statistica dei dati (tabella 5):
T0 T2 P (T2 vs T0) Mediana 6 (3‐7) 2 (1‐4) 0.0138 (Range InterQuartile) Tabella 5. CONFRONTO DEI PUNTEGGI OTTENUTI DAL QUESTIONARIO PER RILEVARE LA VAS AL TEMPO T0 E AL TEMPO T2 E VERIFICA DELLA DIFFERENZA 41
Per rappresentare i dati raccolti è stata preso in considerazione il valore della mediana
calcolato ai tempi T0 e T2 e il range interquartile che riporta il 25° e il 75° percentile. Il
valore della mediana osservato al tempo T2 è diminuito rispetto a quello osservato al
tempo T0 (6 vs 2). Questa differenza è stata verificata attraverso il Wilcoxon signed-rank
test e risulta essere statisticamente significativa (p=0,0138). 3.2 Oswestry Disability Index
Soggetto 1: T0=20% (disabilità minima), T1=16% (d. minima), T2=6% (d. minima)
Soggetto 2: T0=18% (d.minima), T1=24% (d. modesta), T2=14% (d. minima)
Soggetto 3: T0=14% (d. minima), T1=10% (d. minima), T2=14% (d. minima)
Soggetto 4: T0=34% (d. modesta), T1=30% (d. modesta), T2=22% (d. modesta)
Soggetto 5: T0=16% (d. minima), T1=12% (d. minima), T2=8% (d. minima)
Soggetto 6: T0=46% (d. severa), T1=36% (d. modesta), T2=30% (d. modesta)
Soggetto 7: T0=20% (d. minima), T1=14% (d. minima), T2=8% (d. minima)
Soggetto 8: T0=24% (d. modesta), T1=24% (d. modesta), T2=24% (d. modesta)
Soggetto 9: T0=22% (d. modesta), T1=16% (d. minima), T2=6% (d. minima)
Soggetto 10: TO=14% (d. minima), T1=14% (d. minima), T2=12% (d. minima)
Soggetto 11: TO=32% (d. modesta), T1=24% (d. modesta), T2=24% (d. modesta)
Su 11 soggetti, dal tempo T0-T1:
- 8 soggetti/11 (soggetto 1, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 11) hanno registrato un punteggio Oswestry
migliore, 2 di questi soggetti (6, 9) sono passati nella fascia di disabilità inferiore rispetto
al T0;
- 1/11 (2) ha registrato un punteggio Oswestry peggiore con il conseguente passaggio nella
fascia di disabilità superiore (da d. minima a d. modesta);
- 2/11 (8, 10) hanno mantenuto costante il loro punteggio Oswestry e grado di disabilità.
Dal tempo T1-T2:
- 8soggetti/11 (1, 2, 4, 5, 6, 7, 9, 10) hanno registrato un punteggio Oswestry migliore, uno
di questi soggetti (2) è passato nella fascia di disabilità inferiore rispetto a T1; una
riduzione della disabilità (da d. modesta a d. minima);
- 1/11 (3) ha registrato un aumento del punteggio Oswestry pur rimanendo nella stessa
fascia di disabilità;
- 2/11 (8, 11) hanno mantenuto costante il loro punteggio Oswestry e grado di disabilità.
42
Confrontando la valutazione T0-T2:
- 9 soggetti/11 (1, 2, 4, 5, 6, 7, 9, 10, 11) hanno presentato un punteggio Oswestry migliore,
due di questi (6, 9) sono passati nella fascia di disabilità inferiore (6: da d. severa a d.
modesta, 9: da d. modesta a d. minima);
- nessuno ha registrato un punteggio Oswestry peggiore;
- 2/11 (3, 8) hanno mantenuto costante il punteggio Oswestry con lo stesso grado di
disabilità.
Di seguito è riportata l’analisi statistica dei dati (tabella 7):
T0 T1 T2 P P P (T1 vs T0) (T2 vs T1) (T2 vs T0)
Mediana 20% 16% 14% 0,0345 0,0155 0,0048 (16%‐32%) (14%‐24%) (8%‐24%) (Range InterQuartile) Tabella 6. CONFRONTO DEI PUNTEGGI OTTENUTI DAL QUESTIONARIO PER RILEVARE L’ODI AL TEMPO T0, T1 E AL TEMPO T2 E VERIFICA DELLA DIFFERENZA Per rappresentare i dati raccolti è stata preso in considerazione il valore della mediana
calcolato ai tempi T0, T1 e T2 e il range interquartile che riporta il 25° e il 75° percentile.
Il valore della mediana osservato al tempo T1 è diminuito rispetto a quello osservato al
tempo T0 (16% vs 20%) ed è ulteriormente diminuito in T2 (14%). Queste differenze sono
state verificate attraverso il Wilcoxon signed-rank test e risultano essere statisticamente
significative (p<0,05).
3.3 Analisi individuale
Dall'analisi individuale al tempo T0 e T2, si è riscontrato che l'interferenza del mal di
schiena con lo svolgimento delle attività lavorative, attività domiciliari, attività
sociali/relazionali, hobby/tempo libero e cura personale, è il seguente (Tabella 7):
43
ATTIVITA'
ATTIVITA'
HOBBY/TE
CURA
LAVORATIV DOMICILIA SOCIALI/
MPO
PERSONAL
E
LIBERO
E
RI
ATT.
RELAZION
ALI
T0
T2
T0
T2
T0
T2
T0
T2
T0
T2
Sogg. 1
/
/
/
X
/
/
/
/
/
/
Sogg. 2
/
/
/
/
/
/
/
/
/
/
Sogg. 3
/
/
X
X
/
/
/
/
/
/
Sogg. 4
X
/
X
/
X
X
X
X
X
/
Sogg. 5
X
/
/
/
X
/
X
X
X
/
Sogg. 6
X
X
X
X
/
/
/
/
/
/
Sogg. 7
X
X
X
X
X
/
/
/
/
/
Sogg. 8
X
X
X
X
/
/
/
/
X
X
Sogg. 9
X
/
X
/
/
/
/
/
/
/
Sogg. 10 X
/
X
X
/
/
/
/
/
/
Sogg. 11 X
/
/
/
/
X
X
X
/
/
Tabella 7. INTERFERENZA DEL MAL DI SCHIENA NELLE ADL
X= sono presenti limitazioni
/=assenza di limitazioni
Nel grafico seguente (figura 3) è in evidenza la prevalenza delle limitazioni nelle varie
attività di tutti i soggetti, al tempo T0 confrontato con il tempo T2.
44
9
8
7
6
5
T0
T2
4
3
2
1
0
Attività domiciliari
Hobby/tempo libero
Attività lavorative
Attività sociali/relazionali
Cura personale
Figura 3. LIMITAZIONI NELLE ADL
Al tempo T0 le maggiori limitazioni sono state registrate nell’ambito delle attività
lavorative (8soggetti/11), seguito dall’ambito delle attività domiciliari (7/11), e dalle
attività sociali/relazionali (3/11), hobby/tempo libero (3/11) e cura personale (3/11).
Al tempo T2 le maggiori limitazioni sono state registrate nell'ambito delle attività
domiciliari (6/11), seguite dalle attività lavorative e hobby/tempo libero (3/11), attività
sociali/relazionali (2/11) e cura personale (1/11).
3.4 Valutazione della colonna lombare secondo McKenzie
Dei dati ricavati in seguito all’analisi individuale eseguita al tempo T0 tramite la
valutazione della colonna lombare secondo McKenzie nella sua parte relativa all’anamnesi,
di seguito sono riportati quelli significativi per lo studio.
1- Descrizione dei sintomi attuali: 8 soggetti/11 riferiscono dolore lombare e 3/11 dolore
lombare irradiato a gamba e piede (figura 4).
45
27%
Dolore lombare
Dolore lombare irradiato a
gamba e piede
73%
Figura 4.DESCRIZIONE DEI SINTOMI ATTUALI
2 - Insorgenza dei sintomi: 5 soggetti/11 presentano i sintomi da più di 10 anni, 5/11 negli
ultimi 10 anni e 1/11 sintomi presenti dall’ultimo anno (figura 5).
9%
> di 10 anni
< di 10 anni
< di 1 anno
45%
45%
Figura 5. INSORGENZA DEI SINTOMI
46
3 - Modalità di insorgenza dei sintomi: 5 soggetti/11 hanno presentato i sintomi in seguito
a sollevamento di pesi, 1/11 in seguito a infortunio sul luogo di lavoro e 5/11 senza ragioni
apparenti (figura 6).
45%
45%
Sollevamento pesi
Infortunio sul lavoro
Senza ragioni apparenti
9%
Figura 6. MODALITA' DI INSORGENZA DEI SINTOMI
4 - 4soggetti/11 riferiscono sonno disturbato a causa del dolore alla schiena, 7/11
riferiscono dolore lombare in seguito a tosse/starnuto/sforzo, mentre 3/11 riferiscono
cammino anormale causato dall’aumento del dolore.
5 - Anamnesi remota: 1soggetto/11 presenta fibromialgia, 1/11 spondilolistesi, 3/11
riferiscono diagnosi pregressa di scoliosi, 6/11 hanno un’anamnesi remota assente (figura
7).
47
9%
9%
55%
Fibromialgia
Spondilolistesi
Scoliosi
Anamnesi assente
27%
Figura 7. ANAMNESI REMOTA
6 - Trattamenti precedenti: 4soggetti/11 non hanno eseguito trattamenti specifici per il loro
problema, mentre i restanti 7/11 si è sottoposto a cure. Nella figura 8 viene riportata la
frequenza dei vari trattamenti eseguiti.
8%
33%
17%
fkt
ginnastica posturale
trattamento fisico
idrokinesi
massaggio
rolfing
8%
3
8%
Figura 8. TIPOLOGIA DI TRATTAMENTI EFFETTUATI
7 - 11soggetti/11 fanno uso di farmaci (fans, analgesici) al bisogno, per un totale del 100%.
48
8 - Esame strumentali: 1soggetto/11 non ha mai eseguito esami strumentali.
I restanti 10/11 hanno eseguito esami strumentali, nella figura 9 è riportata la frequenza
degli esami svolti.
7%
20%
40%
rx
rnm
tac
eco
33%
Figura 9. TIPOLOGIA DI ESAMI STRUMENTALI ESEGUITI
La valutazione meccanica effettuata con la somministrazione della scheda McKenzie nei
tempi T0 e T2 ha permesso di ricavare i seguenti dati:
1 - dall'osservazione della postura in stazione eretta, 3soggetti/11 non presentano
alterazioni significative delle curve rachidee, 3/11hanno un’accentuazione delle curve e
5/11 una riduzione delle curve (figura 10).
49
27%
27%
Curve nella norma
Riduzione curve
Accentuazione curve
45%
Figura 10. CURVE DEL RACHIDE
2 - dall’osservazione posturale è emerso inoltre che 9soggetti/11 presentano atteggiamento
scoliotico, i restanti 2/11 hanno invece il rachide in asse (figura 11).
18%
Rachide in asse
Atteggiameno scoliotico
82%
Figura 11. CONFORMAZIONE DEL RACHIDE
50
Nella valutazione effettuata con la scheda McKenzie, sono state indagate le limitazioni di
movimento nei movimenti specifici di inclinazione laterale, flessione ed estensione, al
tempo T0 e T2; nell’inclinazione laterale non si sono riscontrate limitazioni. Confrontando
i dati raccolti dal tempo T0-T2 (figura 12):
•
nessun soggetto ha presentato peggioramenti;
•
3soggetti/11 non presentano limitazioni in nessun movimento (= T0);
•
3/11 hanno presentato miglioramenti nei movimenti di flessione ed estensione;
•
2/11 hanno presentato miglioramenti nel movimento di flessione;
•
3/11 hanno presentato miglioramenti nel movimento di estensione.
27%
27%
No limitazioni
Miglioramento in
flessione/estensione
Miglioramento in flessione
Miglioramento in estensione
18%
27%
Figura 12. LIMITAZIONI NEL MOVIMENTO T2 vs T0
3.5 Attività nel mese seguente la fine degli incontri
Dalle risposte, ottenute al tempo T2, alle domande relative a ciò che i soggetti hanno svolto
nel mese successivo alla fine degli incontri, sono emersi i seguenti dati.
•
11soggetti/11 hanno svolto gli esercizi, con la seguente frequenza (figura 13):
- 5/11 una volta a settimana;
- 4/11 due volte alla settimana;
- 2/11 3 volte alla settimana.
51
18%
1 volta/settimana
2 volte/settimana
3 volte/settimana
45%
36%
Figura 13. FREQUENZA DI SVOLGIMENTO DEGLI ESERCIZI
• 9soggetti/11 hanno affermato di stare meglio facendo gli esercizi, sottolineando una
diminuzione del dolore, non una sua eliminazione, mentre 2/11 hanno riferito
dolore limitato ad alcuni episodi.
• 11soggetti/11 hanno dichiarato di aver incontrato difficoltà nell'eseguire gli esercizi,
a causa del poco tempo a disposizione e solamente 2soggetti anche per episodi di
riacutizzazione del dolore.
• Nel mese successivo alla fine degli incontri, 7soggetti/11 non hanno presentato
nuovi episodi di dolore, mentre 3/11 hanno riferito riacutizzazioni del dolore in
seguito a movimenti, quali la mobilizzazione di pazienti o il sollevamento di
oggetti.
• Di seguito sono riportati gli esercizi che hanno prodotto maggior beneficio (figura
14):
-7soggetti/11 esercizi di stretching ;
-1/11 esercizi per il rinforzo degli addominali bassi;
-1/11 esercizi in estensione del rachide;
-3/11 esercizi di auto trattamento dei punti trigger;
-3/11 esercizi specifici per le spalle e per il collo.
52
20%
Esercizi di stretching
Rinforzo degli addominali
bassi
Estensione del rachide
47%
20%
Autotrattamento dei punti
trigger
Esercizi per spalle e collo
7%
7%
Figura 14. ESERCIZI CHE HANNO PRODOTTO MAGGIOR BENEFICIO
3.6 Le aspettative
Le aspettative dei partecipanti al tempo T0 sono state le seguenti:
• acquisire tutte le informazioni utili e trovare le modalità giuste per ridurre il più
possibile episodi di mal di schiena, riducendo l'uso di farmaci antidolorifici e
antinfiammatori
• riuscire a svolgere tutte le attività possibili in modo ottimale, sul luogo di lavoro e
nella vita quotidiana
• conoscere metodi adeguati per la mobilizzazione dei pazienti e sollevamenti dei
pesi.
Al tempo T2 è emerso da tutti i partecipanti che le aspettative sono state molto soddisfatte,
a tal punto che alcuni di loro hanno suggerito di proporre altri incontri.
3.7 Il questionario di gradimento
I questionari di gradimento del corso “Scheda di valutazione dell'evento formativo da parte
del partecipante”, somministrati nel tempo T1, hanno messo in luce:
• una maggior consapevolezza del proprio corpo e maggior attenzione nei vari
53
movimenti;
• una chiara e professionale spiegazione dei vari esercizi, che si sono rivelati utili e
interessanti;
• l’importanza di proporre altri corsi formativi impostati come il presente
• estendere il corso presentato a tutti i lavoratori, anche a chi non ha problemi di
schiena diagnosticati dal medico del lavoro.
Di seguito sono riportati i dati relativi alle risposte alle varie domande presentate nel
questionario.
Figura 15. RISULTATI DOMANDA 1 QUESTIONARIO
54
Figura 16. RISULTATI DOMANDA 2 QUESTIONARIO
Figura 17. RISULTATI DOMANDA 3 QUESTIONARIO
55
Figura 18. RISULTATI DOMANDA 4 QUESTIONARIO
Figura 19. RISULTATI DOMANDA 5 QUESTIONARIO
56
Figura 24. RISULTATI DOMADA 10 QUESTIONARIO
Figura 25. RISULTATI DOMANDA 11 QUESTIONARIO
59
Oswestry Disability Index
T0=22% (d. modesta), T1=18% (d. minima), T2=20% (d. minima)
I dati mettono in luce che il soggetto ha riportato:
- dal tempo T0-T1 un punteggio Oswestry migliore e il passaggio a una fascia di disabilità
inferiore (da d. modesta a d. minima);
- dal tempo T1-T2 un punteggio Oswestry peggiore, pur restando nella stessa fascia di
disabilità;
- dal tempo T0-T2 un punteggio Oswestry migliore, passando ad una fascia di disabilità
inferiore.
Analisi individuale
Dall'analisi individuale, il soggetto ha riferito limitazioni nelle attività sociali/ relazionali e
dell’hobby/tempo libero, sia al tempo T0 che al tempoT2.
Valutazione della colonna lombare secondo McKenzie
Dei dati ricavati in seguito all’analisi individuale eseguita al tempo T0 tramite la
valutazione della colonna lombare secondo McKenzie nella sua parte relativa all’anamnesi,
di seguito sono riportati quelli significativi.
1 - Descrizione dei sintomi attuali: dolore lombare.
2 - Durata dei sintomi: da meno di 10 anni.
3 - Modalità di insorgenza dei sintomi: senza ragioni apparenti.
4 - Il soggetto riferisce sonno disturbato a causa del dolore alla schiena.
5 - Anamnesi remota: artrosi lombare.
6 - Trattamenti precedenti: assenti.
7 - Il soggetto fa uso di farmaci per il dolore.
8 - Il soggetto ha eseguito esami strumentali.
Dall’esame obiettivo della colonna lombare secondo la scala di valutazione McKenzie nei
tempi T0 e T2, sono stati ricavati i seguenti risultati:
-dall'osservazione posteriore della postura in stazione eretta si evidenzia ipolordosi con
riduzione delle curve e atteggiamento scoliotico.
61
Attività nel mese seguente la fine degli incontri
Dalle risposte, ottenute al tempo T2, alle domande relative a ciò che è stato svolto nel mese
seguente la fine degli incontri è emerso che il soggetto:
- ha svolto gli esercizi una volta alla settimana, dichiarando di stare meglio dopo
l’esercizio;
- ha incontrato ostacoli nell'eseguire gli esercizi per la difficoltà nel trovare tempo da
dedicare agli esercizi e a sé stesso;
- l’esercizio che ha portato maggior beneficio è l’estensione da prono;
- nel mese successivo la fine degli incontri non ha avuto episodi di dolore.
Le aspettative
Le aspettative del soggetto dichiarate al tempo T0 (= ottenere indicazioni per ridurre il
dolore lombare, tramite esercizi ,posture e stile di vita), sono state soddisfatte e confermate
al tempo T2.
62
Capitolo 4 – DISCUSSIONE
La lombalgia viene descritta come una delle principali condizioni patologiche che si
manifestano all’interno della popolazione lavorativa. Ricerche scientifiche degli ultimi
decenni hanno individuato che tra le categorie professionali a forte rischio, quella degli
infermieri presenta una più elevata incidenza di lombalgia (Lorusso Antonio, Bruno
Stefano, L’Abbate Nicola, 2007; Capodoglio Edda Maria et al., 2011; Salvagno Elisa, Vanti
Carla, 2012).
L’età media del campione del presente studio è di 48 anni, perfettamente coerente con i dati
della letteratura che dichiarano che le persone in età lavorativa di età compresa tra i 30 e 50
anni presentano più frequentemente mal di schiena (Andersson GBJ, 1997).
È importante dare ai lavoratori, fin dall’inizio della loro attività, gli strumenti per prevenire
episodi di dolore e di infortuni sul lavoro e strategie per intervenire anche autonomamente
nel caso in cui questo accada. Questo specialmente nella professione infermieristica, nella
quale l’età è importante, poiché dagli ultimi studi si è rilevato che i giovani infermieri
vanno incontro a un maggior rischio di mal di schiena rispetto a quelli più anziani.
(Nachemson A. et al., 2004).
I criteri di selezione iniziali di questo studio hanno incluso operatori sanitari con patologia
di lombalgia cronica collocati in fascia verde, secondo il metodo di valutazione SPOso
Poletti.
Le specificità del LBP dei singoli soggetti sono emerse grazie alle valutazioni
somministrate durante il corso.
Lo spazio dedicato alla valutazione individuale, all’interno di un’attività di gruppo, ha
contribuito a comprendere il proprio specifico problema e a riconoscere, tra gli esercizi,
quali scegliere e in quali momenti.
La proposta di trattamento impostata in questo studio è solo una traccia che può essere
seguita in toto o solo in parte in un percorso di prevenzione secondaria e autotrattamento
del mal di schiena; tuttavia può essere modificata e integrata secondo i problemi dei
pazienti che compongono il gruppo.
Dall’analisi individuale condotta con la scala di valutazione della colonna lombare secondo
McKenzie, è emerso che la maggior parte dei soggetti soffre di lombalgia cronica
sviluppata senza causa apparente, mentre circa un terzo riferisce episodi di dolore acuto in
seguito a sollevamento di pesi. Questi dati confermano quanto riportato anche in letteratura
sullo sviluppo di CLBP, sia relativamente ai fattori di rischio fisici che occupazionali
63
(Chou R et al., 2009) e avvalorano l’ipotesi, sostenuta in questa tesi, che la consapevolezza
del proprio corpo favorisca l’autotrattamento e, indirettamente, ne rinforzi l’utilizzo
corretto, ad esempio nelle manovre di movimentazione dei pazienti.
La valutazione individuale ha permesso di riconoscere anche due soggetti con patologie
specifiche, come la fibromialgia e la spondilolistesi, che però non hanno condizionato
l’adesione all’attività proposta, a conferma della flessibilità e della possibile
personalizzazione della proposta stessa.
La valutazione con la scheda Mc Kenzie ha inoltre permesso di classificare la lombalgia, in
base all’andamento del dolore, consentendo un’indicazione puntuale degli esercizi da
privilegiare per l'autotrattamento.
Per quanto riguarda i trattamenti effettuati in precedenza per la cura del LBP, la maggior
parte dei soggetti si è sottoposta a interventi fisioterapici piuttosto che solo a terapia fisica,
confermando i dati riportati in letteratura (Shahbandar L, Press J., 2005).
La totalità dei soggetti fa uso di farmaci (fans, analgesici) al bisogno e la maggior parte si è
sottoposta anche ad esami strumentali quali rx, risonanza magnetica, TC ed ecografia:
anche questo conferma la letteratura a proposito dei costi sanitari determinati dal mal di
schiena (Lin CW et al., 2011).
La valutazione effettuata sul piano sagittale ha evidenziato che la maggioranza dei soggetti
presenta un’alterazione delle curve che potrebbe giustificare il rischio maggiore di
incorrere nel mal di schiena: “la presenza delle curve rachidee aumenta la resistenza della
colonna vertebrale alle sollecitazioni di compressione assiale….In una colonna a tre curve
mobili come la colonna vertebrale…si ha una resistenza 10 volte maggiore di quella di una
colonna rettilinea” (Kapandji I. A., 2004).
L'analisi individuale ha infine indagato la tipologia di limitazione nel lavoro e nella vita
quotidiana per ogni partecipante. I dati raccolti dimostrano che il mal di schiena non è
solamente dipendente dall’attività lavorativa, ma è legato anche a tutte le attività svolte
nella vita quotidiana e può determinare insoddisfazione, rabbia, depressione (Waddel G
1987; Kendall NAS et al,1997).
Al tempo T2 in tutte le categorie analizzate sono state registrate limitazioni inferiori
rispetto al tempo T0, specialmente per quanto riguarda le limitazioni nelle attività
lavorative.
La lezione sulla propriocezione corporea è stata la sperimentazione di un approccio al
proprio corpo che i partecipanti del corso non avevano mai provato, la cui efficacia è stata
64
strettamente legata alla disponibilità da parte dei soggetti di vivere questa esperienza.
Le reazioni sono state molto positive, i soggetti sono riusciti a concentrarsi nell’esperienza
lasciandosi condurre nell’uso dell'immaginazione, imparando a gestire le “visualizzazioni”.
Questo ha scatenato in loro emozioni contrastanti, come senso di rilassamento, di
benessere, di spensieratezza, ma anche sensazioni di poca stabilità, di perdita
dell’equilibrio a occhi chiusi, senza però diventare sensazioni spiacevoli.
La difficoltà maggiore è stata riscontrata nell’eseguire i movimenti di bacino, di cui si ha
solitamente poca percezione; dopo la ripetizione e la correzione, l'esecuzione è stata
migliore.
Questa lezione di propriocezione ha aiutato i soggetti a prendere consapevolezza del
proprio corpo ascoltandolo in tutte le sue parti ed ha permesso un migliore apprendimento
degli esercizi proposti durante il corso.
Il problema della lombalgia cronica nei soggetti del campione è principalmente dovuto a
un overuse sviluppato nel tempo, per cui sono importanti l’adozione di una postura corretta
e la conoscenza del proprio corpo per capire come intervenire al bisogno e prevenire dolore
e disabilità.
Non è invece emerso in modo rilevante l’aspetto cognitivo-comportamentale nei confronti
del mal di schiena, anzi, nonostante il dolore, i partecipanti al corso hanno tendenzialmente
riferito di preferire l’attività al riposo a letto.
La letteratura in merito riporta evidenze di moderata qualità che, in pazienti con dolore
lombare acuto, il riposo a letto è meno efficace rispetto al consiglio di rimanere attivi, che
può portare benefici nella riduzione del dolore e nel miglioramento dello stato funzionale
(Hagen KB et al., 2005).
Il programma di esercizi può essere utile per il controllo e la riduzione dei sintomi della
lombalgia, ma ancora di più nella prevenzione delle recidive. Dal momento in cui il dolore
è passato e si recupera una buona condizione di salute, diventa importantissimo continuare
ad eseguire questi esercizi al proprio domicilio in autonomia per quel processo di auto
trattamento e autocura che questa proposta si pone come obiettivo.
Tutti gli esercizi che portano sollievo e riduzione del dolore in seguito alla loro ripetizione
sono consigliati, mentre quelli che causano dolore, che incrementa durante la loro
ripetizione, devono essere abbandonati.
Questi esercizi dovrebbero diventare parte integrante della vita di quanti hanno sofferto di
lombalgia. Inoltre, la prima regola da rispettare per una corretta prevenzione del
riacutizzarsi della lombalgia è il costante controllo della postura. I soli esercizi, anche se
65
eseguiti nel modo più corretto possibile, saranno poco efficaci se durante la giornata
verranno assunte posizioni scorrette che mettano in tensione continua gli elementi
posteriori della colonna lombare: la stessa importanza va attribuita tanto alla corretta
esecuzione degli esercizi proposti quanto al mantenimento di una postura che rispetti le
curve fisiologiche della colonna vertebrale (Dawson Anna P et al., 2007; Salvano Elisa,
Vanti Carla, 2012).
Durante l’esecuzione del programma non si sono riscontrati problemi nell’apprendimento
degli esercizi: tutti i soggetti al termine degli incontri sono stati in grado di eseguirli nella
maniera corretta; solo per alcuni è stato necessario un richiamo verbale per puntualizzare i
dettagli.
La tecnica della respirazione associata agli esercizi è stata appresa con successo e ha
contribuito all’esecuzione efficace.
I partecipanti nel corso delle sedute hanno individuato gli esercizi migliori per risolvere i
loro problemi abbandonando quelli che provocavano fastidio o aumento del dolore.
Per gli esercizi che presentavano difficoltà di esecuzione da parte di alcuni operatori, sono
state individuate altre modalità idonee a raggiungere gli stessi risultati.
Al termine degli incontri è stato suggerito ai partecipanti di svolgere gli esercizi a casa
almeno 2 volte alla settimana per potere ottenere benefici. Al follow up a un mese i dati
raccolti hanno riportato che tutti i soggetti hanno svolto gli esercizi con frequenza variabile
da una a tre volte a settimana.
Le difficoltà ad eseguire gli esercizi a domicilio, secondo quanto emerso dai questionari,
sono fondamentalmente dipese dalla mancanza di tempo. In realtà, approfondendo le
motivazioni con i partecipanti, ci si è resi conto che il limite vero è di tipo culturale: la
tendenza di ognuno è quella a delegare la propria salute ad altri e il cambiamento di questa
mentalità richiede del tempo e va accompagnato. A questo proposito una criticità condivisa
è stata quella di dover svolgere gli esercizi in completa autonomia senza una guida che li
conducesse, confermando così quanto emerso anche in studi riportati in letteratura (Horneij
E. et al., 2001; Maher C., 2000). Per contrastare questo limite si è deciso di fornire ai
partecipanti del corso una brochure con supporto cd audio.
Tutti i soggetti hanno dichiarato di aver avuto giovamento dall’esecuzione degli esercizi,
tra i quali i più efficaci si sono dimostrati gli esercizi di auto trattamento dei punti trigger,
gli esercizi per collo e spalle e soprattutto gli esercizi di allungamento dei muscoli della
catena cinetica posteriore. Al follow up a un mese è stato riscontrato, tramite la scheda Mc
Kenzie, un aumento di lunghezza muscolare, comunque visibile all’osservazione e
66
confermato dai soggetti stessi; per oggettivare ulteriormente questo dato si potrebbe, in un
corso futuro, somministrare anche un test delle lunghezze muscolari.
Confrontando i valori della Scala Analogica Visiva da T0 a T2, si nota che il campione in
esame ha segnalato una riduzione del dolore, ad eccezione di tre soggetti.
Di questi solamente uno ha riscontrato un leggero peggioramento, mentre i restanti due
hanno mantenuto punteggio invariato.
Analizzando i dati dell'Oswestry Disability Index raccolti al tempo T0 e al tempo T2, si
osserva che non vi sono stati peggioramenti di punteggio. All'intero del campione 9
soggetti hanno registrato un miglioramento del punteggio, mentre due soggetti hanno
mantenuto costante il loro punteggio.
I dati raccolti dalla Scala Analogica Visiva, dall'Oswestry Disability Index, dall'analisi
individuale sono coerenti: alla riduzione del punteggio della Vas corrisponde sia riduzione
del punteggio dell'Oswestry che dell'interferenza del mal di schiena nelle attività della vita.
Questa affermazione è supportata dall’analisi statistica dei dati delle scale di valutazione
utilizzate (VAS e Oswestry Disability Index), che ha confermato la significatività dei
risultati ottenuti.
I miglioramenti sono confermati anche dal questionario di gradimento.
Questo progetto tesi ha realizzato un approccio multidisciplinare alla lombalgia cronica
che ha dimostrato di poter essere utile nel controllo, cura e prevenzione dei sintomi.
I risultati raccolti in questo studio sono dal nostro punto di vista rilevanti, in quanto
dimostrano che l’ascolto e la conoscenza del proprio corpo, la prevenzione e lo
svolgimento degli esercizi consigliati hanno contribuito a migliorare lo stile di vita dei
partecipanti e di conseguenza la loro partecipazione sociale e lavorativa, con maggiore
soddisfazione personale.
Dal questionario di gradimento è emerso che questo corso è stato importante per prendere
consapevolezza del proprio corpo, ascoltarlo e capire come intervenire per stare meglio,
scegliendo esercizi adeguati, adottando una postura corretta e strategie di prevenzione e
prestando attenzione all’uso del proprio corpo in tutte le attività, sia sul lavoro che nella
vita quotidiana.
Il coinvolgimento dei partecipanti e gli ottimi risultati ottenuti, premiano il lavoro svolto
dai docenti.
Si ritiene che abbia inciso su buona parte della soddisfazione dei partecipanti l'essersi
sentiti presi in cura, aspetto molto importante per quanto riguarda il modello bio-psicosociale (Waddel G., 1987).
67
Al progetto ha preso parte anche un dipendente che non rientrava nei criteri d’inclusione,
nello specifico si tratta di un tecnico della prevenzione dell’Azienda Sanitaria di Reggio
Emilia, non sottoposto alla sorveglianza sanitaria.
I suoi dati non si discostano da quelli raccolti dal campione oggetto di studio; la
soddisfazione rispetto al percorso intrapreso e i benefici ottenuti ci inducano a suggerire
l’estensione del progetto a tutti i dipendenti dell’AUSL che soffrono di mal di schiena, per
evitare che possa determinare limitazioni nell’attività lavorativa e della vita quotidiana.
Il campione a disposizione del progetto è esiguo, nonostante questo tutti i risultati sono
statisticamente significativi. E’ auspicabile applicare il progetto su un campione più vasto,
per vedere se i risultati ottenuti da questo studio possono essere confermati. Allo stesso
tempo la poca numerosità del campione è stata fondamentale per poter condurre una
valutazione più individuale e più specifica di ogni partecipante, che ha ricevuto indicazioni
mirate al proprio problema. Ciò ha consentito una presa in carico che ha favorito
l’instaurarsi di un rapporto di fiducia e dialogo costruttivo con il portatore di cura. Ha
inoltre rafforzato la compliance di chi riceve le cure, elemento fondamentale nell’ottica
della prevenzione e dell’autotrattamento (Bair Matthew J. et al., 2009).
68
Capitolo 5 – LIMITI
L'outocome del nostro trattamento è l’acquisizione di competenze di autocura da parte dei
partecipanti conseguibili frequentando un programma di cura del mal di schiena.
Abbiamo raccolto i risultati a fine trattamento (T1) e al follow up (T2), ma per la
valutazione dell’outcome il tempo di osservazione è stato troppo breve.
Sarebbe stato necessario un ulteriore follow up a 3 mesi, ed eventualmente anche a 6 mesi,
dalla fine del trattamento per valutare il mantenimento di quanto appreso; la prevenzione e
l’autocura del mal di schiena per diventare un apprendimento, hanno bisogno di essere
verificati nel tempo.
Il nostro progetto di tesi sarebbe dovuto iniziare a maggio 2012, invece è partito a fine
agosto e questo non ha permesso il follow up a 3 mesi.
Ostacolo principale all’avvio del nostro progetto è stato il terremoto che ha causato danni
in alcuni ospedali sottoponendo il personale ad una situazione di emergenza; in seguito a
questo evento ad esempio, tutti gli operatori dell’ospedale di Guastalla hanno revocato la
loro disponibilità.
All’emergenza terremoto si è poi aggiunto il problema ferie che ha determinato ulteriori
defezioni dal campione inizialmente selezionato. Nonostante questo i risultati ottenuti sono
tutti statisticamente significativi.
69
Capitolo 6 - CONCLUSIONI
Lo scopo del nostro progetto è stato quello di rendere i partecipanti all’iniziativa, in grado
di prendersi cura della propria schiena. La proposta ha previsto un programma
comprendente la prevenzione, la cura e le conoscenze necessarie per l'autotrattamento,
affinché il CLBP non condizioni l’autonomia e la possibilità di svolgere la propria
professione e le altre attività della vita quotidiana. Ha voluto cioè rendere i partecipanti
capaci di riconoscere i problemi riguardanti la schiena e fornire loro le competenze per
poter intervenire.
Lo scopo prefissato dal progetto è stato raggiunto attraverso un approccio multidisciplinare
che ha fornito ai partecipanti nozioni teoriche sul mal di schiena, li ha resi capaci di
conoscere e ascoltare il proprio corpo e ha fornito loro gli strumenti per poter intervenire
in seguito a dolore e limitazione funzionale.
Si ricorda che gli interventi multidisciplinari combinano diversi approcci in un unico
programma e quindi possiedono le caratteristiche per trattare le diverse cause che
determinano o influenzano l’insorgenza di lombalgia nel personale sanitario (Dawson
Anna P et al., 2007).
In quest'ottica sono risultate fondamentali le rassicurazioni sulle false credenze, i consigli
pratici sullo stile di vita e la conoscenza di esercizi da eseguire.
Per non trascurare l'unicità di ogni soggetto, si è data importanza alla valutazione
individuale, che ha permesso di fornire indicazioni più specifiche per ogni singolo caso.
Confrontandosi con noi studenti e con le tutor, ogni partecipante ha individuato gli esercizi
specifici per la propria problematica.
In questo modo è stato possibile indicare un percorso di autotrattamento da poter svolgere
in autonomia a domicilio o sul luogo di lavoro.
Naturalmente non si è data importanza esclusivamente al trattamento, ma anche al ruolo
della prevenzione secondaria, riprendendo i concetti fondamentali che l'Azienda USL già
offre ai suoi dipendenti sulla movimentazione manuale dei pazienti, mettendo in evidenza
le strategie più efficienti e richiamando i consigli pratici e le posture corrette da adottare
nella vita quotidiana, per mantenere una soddisfacente qualità di vita.
Questo progetto tesi ha reso noi studenti più sensibili e più attenti anche alla nostra
schiena, permettendoci di capire quanto sia importante concentrarsi sul nostro corpo, per
interpretare i segnali che ci manda e trovare il modo di intervenire al bisogno.
Ci è inoltre stata data l’opportunità di gestire con molta autonomia due gruppi di
70
dipendenti dell’Azienda Sanitaria e questo è stato davvero di stimolo per noi.
Questa esperienza ci ha arricchito molto dal punto di vista personale, ma anche dal punto
di vista formativo dal momento che nei nostri tirocini abbiamo avuto poche occasioni di
conoscere pazienti con mal di schiena e, soprattutto, non siamo mai riusciti a seguirli
completamente nel loro percorso di cura. Questo corso invece ci ha fornito conoscenze
teoriche e pratiche maggiori per affrontare il problema, essendo la lombalgia la patologia
più frequente tra la popolazione lavorativa.
Questo corso ha riscosso grande soddisfazione da parte dei dipendenti che ne hanno preso
parte; nonostante l’esiguità del campione, i dati sono risultati tutti statisticamente
significativi e possiamo sottolineare che la totalità dei partecipanti ha avuto beneficio e
miglioramenti a distanza di un mese.
Auspichiamo che in futuro si possano trovare spazi e tempi adeguati per proseguire
l’attività intrapresa perché possa rimanere un’occasione formativa offerta dal corso di
laurea, sia per gli studenti, sia per i dipendenti dell’azienda sanitaria.
In quest’ottica sarebbe interessante sperimentare anche un ambulatorio per il trattamento
del mal di schiena con accesso diretto per gli operatori sanitari già in fase acuta o di
riacutizzazione, in modo da evitare assenze prolungate dal lavoro e ridurre i costi per l’uso
di farmaci.
I fisioterapisti potrebbero mettere a disposizione dei colleghi di altre professioni, le proprie
competenze e la propria esperienza e gli studenti avrebbero un’ulteriore opportunità di
tirocinio.
La sensibilità nei confronti della prevenzione è stata dimostrata da parte dell’Ausl anche
nella realizzazione di questo progetto, ma soprattutto è stata confermata l’attenzione per le
persone che rappresentano il capitale più importante su cui continuare a investire.
71
Capitolo 7 – RINGRAZIAMENTI
Ringraziamo tutti coloro che ci hanno permesso e ci hanno aiutato nel realizzare questa
esperienza formativa, che per noi è stata molto utile, in quanto ci ha fatto sperimentare un
lavoro di autotrattamento e prevenzione, ampliando le nostre conoscenze e competenze.
Ringraziamo lo Staff Sicurezza dell’Azienda USL di Reggio Emilia, che ha sostenuto il
nostro progetto, la direzione sanitaria, il dottor Francesco Mineo, che ha selezionato il
campione oggetto dello studio, e soprattutto la dottoressa Rossana Marmonti, che si è resa
disponibile nella comunicazione con i responsabili degli ospedali della provincia di Reggio
che hanno aderito al progetto e ci ha fornito materiale importante.
Ringraziamo la dottoressa Giovanna Sini, che ha provveduto all’analisi statistica dei dati.
Ringraziamo i caposala e i responsabili dei reparti degli ospedali che hanno aderito al
progetto, con ringraziamenti speciali agli operatori sanitari che vi hanno partecipato, che si
sono dimostrati sempre interessati, disponibili e collaboranti, permettendo una nostra
crescita.
Infine i ringraziamenti vanno alle nostre relatrici, la dottoressa Sandra Bassi e la dottoressa
Stefania Cozza, che ci hanno accompagnato nella realizzazione di questo progetto,
fornendoci un fondamentale sostegno e aiuto nella stesura della tesi.
Io Chiara ringrazio tutti i miei compagni di corso, con i quali ho condiviso questi tre
intensi anni di università, dove abbiamo affrontato esami, tirocini, momenti di difficoltà, di
soddisfazione e di felicità, restando sempre uniti e sapendo di poter contare gli uni sugli
altri.
Sono nate amicizie profonde e importanti, che hanno reso il mio percorso universitario
ricco di emozioni e di ricordi positivi.
Ringrazio inoltre la mia famiglia e i miei amici per essermi sempre stati vicini in tutto il
mio percorso di formazione, per avermi sostenuto nei momenti maggiormente impegnativi
e significativi e per aver gioito con me nei momenti di successo.
Io Carlo Alberto vorrei ringraziare tutte le persone che mi hanno accompagnato in questo
cammino a volte complicato e tortuoso. Un grazie ad ogni singolo compagno di corso col
quale si è condivisa la fatica e la tensione degli esami, ma anche la gioia per ogni ostacolo
superato. Un grazie speciale a Chiara con cui ho condiviso questo progetto di tesi e che ha
saputo sopportarmi in questi mesi di lavoro insieme.
72
Un grazie anche a tutte le guide di tirocinio che in questi anni mi hanno seguito e sono
riuscite a trasmettermi la passione per questo lavoro così affascinante quanto complicato.
Un grazie enorme a tutti gli amici che, specialmente in questi ultimi 6 mesi sono sempre
stati pronti a tendere una mano per permettermi di raggiungere, nonostante i grossi
imprevisti, i grandi obiettivi prefissati nel 2012. Grazie per il supporto sempre presente, per
l’aiuto nella ristrutturazione della nuova casa, per i momenti di spensieratezza, per i canti i
balli e gli abbracci.
Un grazie a tutte le persone con le quali ho percorso un tratto della mia strada con uno
zaino sulle spalle; la strada in loro compagnia mi ha aiutato nella crescita personale come
uomo.
Un grazie a tutta la mia famiglia che, nonostante tutto, ha creduto in me e mi ha permesso
di continuare nel mio percorso di formazione.
Infine il grazie più speciale alla persona che ha saputo tirare fuori il meglio di me nei
momenti difficili e mi ha sempre supportato in ogni mia scelta. La sua vicinanza è stata
fondamentale per raggiungere questo traguardo: grazie Giulia!
73
Capitolo 8 – BIBLIOGRAFIA
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80
Capitolo 9 - ALLEGATI
Allegato 1: Definizione dei termini principali del progetto Sposo Poletti e formula del
calcolo dell’indice di rischio
Sollevamento: s’intende l’operazione di trasferimento del paziente Non Collaborante (NC)
che necessita di un completo sollevamento (es. alzata, messa a letto, trasferimento
carrozzina-WC).
Spostamento: operazione che comporta il parziale sollevamento della persona con residue
capacità motorie (PC), (es. ausiliare il paziente che effettua il passaggio dalla stazione
seduta a quella eretta); la posturazione in carrozzina di PC o NC; il riposizionamento di
pazienti PC o NC (traslazione sul letto verso il cuscino); la loro traslazione da un piano
all’altro (da letto a letto/tavolo diagnostica/lettino SO; da barella a lettino PS, ecc); l’igiene
al letto, ecc..
Ausili: sono le tavole ad alto scorrimento, le fasce con maniglie, le cinture con maniglie, i
dischi rotanti, i teli alto scorrimento con o senza maniglie, i sollevatori “attivi” (che
coadiuvano la mobilizzazione di un paziente parzialmente collaborante).
Indice di rischio MMP SpoSo:
SpoSo= (n. soll x fs) + (n. spos x fa) / n. op
dove :
n. soll: numero medio di sollevamenti dei pazienti effettuati nelle 24 ore;
n. spos:: numero medio di spostamenti dei pazienti effettuati nelle 24 ore;
n. op: numero di operatori che effettuano gli spostamenti e sollevamenti contabilizzati;
fs: fattore sollevamalati, valore 0,25 +- 2
- 0,25 - sollevamalati/barelle doccia adeguati con letti elevabili e spazi di manovra adeguati
e presenza di una consolidata prassi organizzativa che permette di fare fronte a tutte le
situazioni [possibilità di aumentare il n° di operatori addetti alle manovre di sollevamento e
di ampliare agevolmente gli spazi di manovra qualora se ne presentasse la necessità];
- 0,5 - sollevamalati/barelle doccia adeguati ma letti ad altezza fissa e/o spazi di manovra
carenti e prevedibile esigenza, pur saltuaria, di eseguire manovre a medio sforzo ricorrendo
a soluzioni organizzative [possibilità di aumentare il n° di operatori addetti alle manovre di
sollevamento e di ampliare agevolmente gli spazi di manovra qualora se ne presentasse la
necessità];
I
- 1 - sollevamalati/barelle doccia in numero insufficiente o esistono significative
limitazioni al loro impiego; presenza di manovre a sforzo elevato effettuabili solo
manualmente con l‟adozione di adatte soluzioni organizzative che non si è in grado di
assicurare sistematicamente [il personale aggiuntivo, oltre i 2 addetti, è difficilmente
reperibile, l‟adeguatezza degli spazi di manovra è realizzabile con difficoltà];
- 2 - attrezzature assenti e significative carenze organizzative.
fa: fattore ausili, valore 0,15 +- 1
-0,15 - gli ausili (tavole ad alto scorrimento, cinture ergonomiche, ecc.) e gli
arredi/attrezzature sono adeguati (letti/barelle ad altezza variabile, carrozzine con braccioli
sfilabili, letti dotati di aste sollevamalati); esiste una consolidata prassi organizzativa che
assicura al personale la possibilità di esecuzione delle manovre senza ausili, qualora se ne
presenti la necessità [ incremento del n° di operatori addetti agli spostamenti in condizioni
ambientali adatte];
-0,25 - gli ausili sono adeguati ma le attrezzature/arredi hanno qualche carenza oppure gli
ausili e le attrezzature sono adeguati ma talvolta alcuni spostamenti, pur leggeri, vengono
fatti da un solo operatore senza ausili;
-0,5 - gli ausili e/o le attrezzature/arredi sono carenti oppure gli stessi sono adeguati ma
talvolta le manovre “gravose” vengono effettuate senza ausili da un numero insufficiente di
operatori;
-0,75 - gli ausili e le attrezzature/arredi sono carenti e spesso gli spostamenti sono effettuati
da un numero insufficiente di operatori;
-1 - gli adeguati ausili e attrezzature non sono disponibili; tutte le manovre sono fatte da un
solo operatore.
II
Allegato 2: lettera mandata dalla direzione sanitario dell'AUSL al campione elegibile
III
Allegato 3: lezione frontale teorica I lezione
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
Allegato 4: educazione all’ascolto del proprio corpo
Movimenti guidati attraverso i tre piani dello spazio: orizzontale, frontale, sagittale.
A-Piano Orizzontale:
In posizione eretta si chiede di immaginare il proprio corpo come attraversato da un piano che
lo divida in due parti, una sopra e una sotto il piano, poi si chiede di imitare i movimenti che
vengono proposti: rotazione attorno all’asse centrale, svincolo dei cingoli ecc. Infine si chiede
di eseguire in autonomia tutti i movimenti che vengono in mente sempre attorno al piano
orizzontale.
B-Piano Frontale.
In posizione eretta si chiede di immaginare il proprio corpo come attraversato da un piano che
lo divida in due parti, una anteriore e una posteriore al piano, poi si chiede di imitare i
movimenti che vengono proposti: flessione laterale del tronco, adduzione e abduzione degli
arti, cammino contro la parete, scivolamenti verso il basso e verso l’alto, salti ecc. Infine si
chiede di eseguire in autonomia tutti i movimenti che vengono in mente sempre attorno al
piano frontale.
C-Piano Sagittale:
In posizione eretta si chiede di immaginare il proprio corpo come attraversato da un piano che
lo divida in due parti, una a destra e una a sinistra del piano, poi si chiede di imitare i
movimenti che vengono proposti: flesso estensione del tronco, movimenti di flessione
estensione di anca, ginocchio, caviglia, spalla, collo ecc. Poi si chiede di eseguire in autonomia
tutti i movimenti che vengono in mente sempre attorno al piano sagittale.
Dopo questo inizio, si passa al rilassamento e all’immaginazione, con l’esercizio di
sperimentazione “dell’asse centrale”.
L’asse centrale è una linea verticale immaginaria, non esiste in realtà, idealmente,
trovandoci in posizione eretta, passa attraverso il centro del corpo in modo perpendicolare
al terreno. Passa al centro della testa, scende in corrispondenza delle vertebre cervicali,
prosegue dietro lo sterno, poi attraversa le vertebre lombari, passa davanti all’osso sacro
per cadere tra i piedi 1 cm o 2 davanti ai malleoli mediali.
L’obiettivo di questo esercizio è una prima presa di contatto con il proprio corpo mediante un
“viaggio” fittizio attraverso di esso, percorrendo la linea immaginaria dell’asse corporeo.
XIII
-Esercizio A: Il filo a piombo, fascio di luce
“Ora batti con la mano la sommità della tua testa, al centro. Presta attenzione e individua
questo punto come punto di una linea verticale che attraversa il tuo corpo. Se puoi chiudi
gli occhi e immagina un filo a piombo che scende verticalmente attraverso il tuo corpo;
passa dal centro della testa e scende attraverso il tuo corpo fino a terra, tra i tuoi piedi.
Immagina ora che questo filo abbia uno spessore e sia un fascio di luce che ti attraversa; il
fascio di luce si estende nei due sensi: sottoterra e sopra la tua testa. Ripercorri con la
mente questa immagine: un fascio di luce che ti attraversa e ti percorre estendendosi nei
due sensi: sottoterra e sopra la tua testa”.
Il gruppo degli esercizi successivi che proponiamo riguarda più da vicino la percezione
corporea.
Con questi esercizi si mira alla piena presa di coscienza e conoscenza del corpo tramite le
sensazioni che questo suscita nella mente delle persone come reazione a stimoli esterni.
Useremo quella che viene definita propriocezione (percezione di se) per arrivare al nostro
obiettivo.
-Esercizio B: Lo spazio corporeo
Posizione supina, ginocchia flesse, piedi appoggiati al suolo. “Partendo dai polpacci e
risalendo dai degli schiaffetti leggeri a tutto il tuo corpo, usa più delicatezza quando
raggiungi la pancia e continua… le spalle… il collo, il viso. Ora distendi le braccia lungo il
corpo e premi leggermente per tre o quattro volte la nuca a terra come se volessi
sprofondarci un po’. Adesso, sempre partendo dalle gambe e risalendo fino al viso,
ricomincia ad esplorare il tuo corpo dandoti dei pizzicotti e compiendo dei piccoli
impastamenti. Se senti che ci sono zone del tuo corpo che non hanno voglia di essere
toccate non insistere…”
-Esercizio C: Il Bastone della pioggia
Posizione supina con ginocchia flesse e piedi posati al suolo.
Si chiede di immaginare che il proprio corpo dalla testa ai piedi contenga semini che per effetto
della gravità occupino la parte che aderisce al suolo. Come se il corpo fosse un bastone della
pioggia. Ora si chiede di iniziare a rotolare lentamente verso destra e verso sinistra e di porre
l’attenzione allo spostamento immaginario dei semini.
XIV
-Esercizio D: L’Orologio di Feldenkrais
Posizione supina con ginocchia flesse e piedi posati al suolo.
Si chiede di immaginare un orologio inscritto tra l’ombelico e il pube, in cui le ore 12 si
trovino sotto l’ombelico, le 6 sopra al pube le 3 e le 9 a sinistra e a destra del retto dell’addome.
Spingendo i piedi contro il piano di appoggio e compiendo il movimento principalmente con le
gambe si chiede di muovere il bacino in retroversione per posizionarsi sulle ore 12, poi in
antiversione per posizionarsi sulle ore 6. Si fa ripetere più volte il movimento finchè non è
stato ben percepito, poi si chiede di posizionarsi prima sulle 3 e poi sulle 9 e di effettuare il
passaggio tra queste due ultime posizioni. Come successivo passo si chiede di eseguire
movimenti maggiormente segmentati come quelli corrispondenti alle altre ore dell’orologio: 1,
2, 4, 5….ecc. infine si chiede di eseguire più giri in senso orario ed anti orario “massaggiando
l’osso sacro”.
-Esercizio E: Il piatto d’oro
In posizione seduta con le gambe incrociate, si chiede al soggetto di immaginare che tra la
pelvi ci sia un piatto d’oro con al centro una biglia di vetro. Si chiede di far muovere
lentamente questa biglia in avanti e indietro, a destra e a sinistra, facendole fare anche lenti
movimenti circolari sia in senso orario che in senso antiorario, senza mai farla cadere.
Infine, si conclude il percorso con le tecniche di respirazione: infatti questa ha notevole
importanza, ai fini del nostro programma di trattamento del mal di schiena, soprattutto come
utile mezzo di rilassamento e guida in tutti gli esercizi terapeutici.
L’uomo respira circa 23.000 volte al giorno; ogni ciclo respiratorio dura circa 4-5 secondi
ed è composto di quattro fasi: l’inspirazione e l’espirazione sono i due momenti dinamici,
di scambio con il mondo; la sospensione piena e la sospensione vuota sono i due momenti
statici che seguono rispettivamente l’inspirazione e l’espirazione. La funzione respiratoria
è indipendente dalla coscienza, ma accessibile alla consapevolezza attraverso la volontà: è
possibile osservarla e coordinarla in modo cosciente. Come operatori sanitari imparare a
percepire il proprio respiro ed esserne consapevoli aiuta a rimanere “centrati” durante il
trattamento; osservare poi il respiro del paziente e percepire il suo modo di respirare, oltre
che consentire di ricavare informazioni fondamentali relativamente a possibili “compensi”
e “scompensi” derivanti da situazioni patologiche, permette di comprendere cosa sta
accadendo da un punto di vista emotivo e psicologico.
XV
-Esercizio F: Ascolto del respiro
“Mettiti sdraiato. Con dei piccoli movimenti cerca di adagiarti al suolo il più
comodamente possibile, come se fossi sdraiato sulla sabbia. E ora ascolta il tuo respiro:
l’aria entra dal naso e… ascolta cosa accade… non c’è un modo giusto e un modo
sbagliato di respirare… semplicemente osserva cosa accade… dove va l’aria… quali parti
si muovono, quali rimangono ferme… qual è il ritmo… che cosa cambia via via che
procedi nell’esperienza…
Ora immagina che l’aria che entra si diffonda in tutto il corpo… in tutto il tronco nelle
spalle, nelle braccia, nelle mani, nel collo, nella testa… e anche nelle gambe, nei piedi…
lascia che l’aria entri in ogni tua parte… Adesso immagina che l’aria che entra sia di
materia più spessa, lasciala depositare in ogni parte del corpo fino a riempirlo tutto.
Immagina anche che abbia un colore… che effetto ti fa?... e se cambi materia?... e se
cambi colore?...”
-Esercizio G: Ascolto ed esplorazione dei tre respiri:
1- Il respiro addominale
In posizione supina. “Porta la tua attenzione alla pancia. Immagina che sia un palloncino
che si gonfia e si sgonfia ogni volta che respiri. Inspiri e si gonfia, espiri e si sgonfia.
Ascolta questo respiro tenendo le mani appoggiate sulla pancia. Se provi qualche
sensazione, qualche emozione, qualche pensiero lascia che emerga”.
2- Il respiro costale
In posizione seduta. “Metti una mano sull’addome e una sulle costole di un emitorace.
Immagina che le tue costole contengano una camera d’aria che si espande quando inspiri
e si affloscia quando espiri. Ascolta questo modo di respirare, la mano sull’addome è
ferma, quella sulle costole si muove seguendo il movimento delle costole. Puoi spostare la
mano che hai sull’addome sulla schiena, a livello lombare, di nuovo senti le costole che si
allargano mentre la schiena resta ferma. Lascia che i pensieri e le emozioni legate a questa
respirazione risalgano in superficie.
XVI
3- Il respiro toracico
In posizione seduta. “Porta la tua attenzione alla parte alta del torace. Immagina un filo
d’oro che parte dal petto:ad ogni respiro il filo d’oro alza e abbassa lo sterno. Inspiri e il
filo alza lo sterno, espiri e lo sterno si abbassa. Puoi anche immaginare una mongolfiera
che si alza in volo, partendo dal centro del tuo petto. Ascolta questo tipo di respirazione
tenendo le mani sulla parte alta del torace, a livello dello sterno e delle clavicole; presta
attenzione anche al movimento delle scapole. Lascia che i pensieri e le emozioni legate a
questa respirazione risalgano in superficie.
XVII
Allegato 5:oswestry disability index (ODI) versione 2.0
Si tratta della versione 2.0 modificata dagli autori originali (Baker D, Pynsent p, Fairbank J
The Oswestry Disability Index revisited. In: Rroland M, Jenner J, eds. Back pain: New
Approaches to Rehabilitation and Education. Manchester: Manchester University Press,
1989. 174-186)
Nome
_________________________________________
Residenza
______________________________________
Età _____________ Data di compilazione _______________________
Per favore, Le chiediamo di compilare questo questionario, messo a punto per fornire
informazioni su quanto il Suo male alla schiena e/o alle gambe influisce sulla sua abilità
nelle attività di tutti i giorni. Risponda ad ogni sezione, scegliendo per ciascuna sezione
una sola voce, quella che meglio risponde alla Sua situazione attuale.
1 - Intensità del dolore
o Io non ho dolore in questo momento
o Il dolore è molto leggero in questo momento
o Il dolore è di media intensità in questo momento
o Il dolore è piuttosto forte in questo momento
o Il dolore è molto forte in questo momento
o Il dolore è il peggiore immaginabile in questo momento
2 - Cura della persona (lavarsi, vestirsi, ecc.)
o Posso prendermi cura della mia persona normalmente, senza che questo faccia
aumentare il dolore
o Posso prendermi cura della mia persona normalmente, ma questo è molto doloroso
o La cura della mia persona mi provoca dolore e perciò la eseguo lentamente e con
cautela
o Ho bisogno di aiuto, ma riesco ad eseguire da solo la maggior parte delle cure della
mia persona
o Ho bisogno di aiuto tutti i giorni per la maggior parte delle cure delle mia persona
o Non riesco a vestirmi da solo, mi lavo con difficoltà e sono obbligato a letto
3 - Sollevamenti
o Posso sollevare oggetti pesanti senza che questo faccia aumentare il dolore
o Posso sollevare oggetti pesanti, ma questo fa aumentare il dolore
o Il dolore mi impedisce di sollevare oggetti pesanti dal pavimento, ma posso
maneggiarli se essi sono in posizione favorevole (ad es. su un tavolo)
o Il dolore mi impedisce di sollevare oggetti pesanti dal pavimento, ma posso
maneggiare oggetti di medio peso se essi sono in posizione favorevole (ad es. su un
tavolo)
o Posso sollevare solo oggetti molto leggeri
o Non posso sollevare o trasportare nulla
4 - Cammino
o Il dolore non mi limita nel camminare per qualsiasi distanza
o Il dolore mi impedisce di camminare per più di 1.5 km circa
o Il dolore mi impedisce di camminare per più di qualche centinaio di metri
o Il dolore mi impedisce di camminare per più di 100 m circa
o Posso camminare solo con bastone, stampelle o altri appoggi (ad es. canadesi)
o Sono a letto per la maggior parte del tempo e devo appoggiarmi per raggiungere il
bagno
XVIII
5 - Posizione seduta
o Posso star seduto su ogni tipo di sedia per tutto il tempo che desidero, senza
limitazioni
o Posso star seduto solo sulla mia sedia "preferita" per tutto il tempo che desidero,
senza limitazioni
o Il dolore mi impedisce di stare seduto per più di 1 ora
o Il dolore mi impedisce di stare seduto per più di 1/2 ora
o Il dolore mi impedisce di stare seduto per più di 10 minuti
o Il dolore mi impedisce completamente di stare seduto
6 - Stare in piedi
o Posso stare in piedi per tutto il tempo che voglio senza che questo faccia aumentare
il dolore
o Posso stare in piedi per tutto il tempo che voglio ma questo fa aumentare il dolore
o Il dolore mi impedisce di stare in piedi per più di 1 ora
o Il dolore mi impedisce di stare in piedi per più di 1/2 ora
o Il dolore mi impedisce di stare in piedi per più di 10 minuti
o Il dolore mi impedisce completamente di stare in piedi
7 - Dormire
o Il mio sonno non è mai disturbato dal dolore
o Il mio sonno è occasionalmente disturbato dal dolore
o A causa del dolore dormo meno di 6 ore
o A causa del dolore dormo meno di 4 ore
o A causa del dolore dormo meno di 2 ore
o Il dolore mi impedisce completamente di dormire
8 - Attività sessuale (se applicabile)
o La mia attività sessuale è normale ed il mio dolore non aumenta in seguito ai
rapporti
o La mia attività sessuale è normale ma il mio dolore aumenta in seguito ai rapporti
o La mia attività sessuale è pressoché normale ma i rapporti mi procurano molto
dolore
o La mia attività sessuale è molto limitata dal dolore
o A causa del dolore la mia attività sessuale è praticamente assente
o Il dolore mi impedisce ogni attività sessuale
9 - Vita sociale
o La mia vita sociale è normale ed il mio dolore non aumenta in seguito ad essa
o La mia vita sociale è normale ma il mio dolore aumenta in seguito ad essa
o Il dolore mi impedisce di partecipare alle attività sociali più faticose (ad es. fare
sport, ballare)
o Il dolore mi impedisce di uscire molto spesso
o A causa del dolore la mia vita sociale si svolge solo in casa
o A causa del dolore non ho più vita sociale
10 - Viaggiare
o Posso viaggiare ovunque senza che questo faccia aumentare il dolore
o Posso viaggiare ovunque ma questo fa aumentare il dolore
o Il dolore è forte e limita la durata dei viaggi ad un massimo di 2 ore
o Il dolore limita la durata dei viaggi a meno di 1 ora
o Il dolore mi limita a viaggi brevi e indispensabili, di meno di 30 minuti
o Il dolore mi impedisce di viaggiare, eccetto che per ricevere cure sanitarie
XIX
11 – Impiego / Lavori di casa
o Le normali attività lavorative o di casa non aumentano il dolore
o Le normali attività lavorative o di casa aumentano il dolore, ma io posso eseguirle
tutte senza limitazioni
o Posso eseguire la maggior parte delle attività lavorative o di casa, ma il dolore mi
impedisce di eseguire quelle fisicamente più impegnative (ad es. sollevamenti,
passare l’aspirapolvere)
o Il dolore mi permette di fare soltanto lavori leggeri
o Il dolore mi impedisce di fare anche lavori leggeri
o Il dolore mi impedisce di fare qualsiasi tipo di attività lavorativa o di casa
Commenti
_________________________________________________________________________
_________________________________________________________________________
__________
Punteggio __________
Calcolo del Punteggio
Per ciascuna sezione vi sono 6 frasi, in ordine crescente di gravità della disabilità.
Se il paziente indicherà
• la prima si segnano 0 punti
• la seconda si segna 1 punto
• la terza si segnano 2 punti
• la quarta si segnano 3 punti
• la quinta si segnano 4 punti
• la sesta si segnano 5 punti
Se più di una risposta è segnata in una sezione, considerare la risposta con punteggio più
alto.
Vi sono 11 sezioni. Si consiglia la raccolta di tutte le 11 informazioni e si suggerisce il
seguente computo dei punteggi:
a) quando tutte le sezioni sono completate, il punteggio viene calcolato escludendo la
voce N. 8 secondo la seguente formula:
punteggio tot./ 50 x 100 = punteggio %: es: punteggio totale 17: 17/50*100= 34%
b) se non sono state completate la n. 8 o la n. 11 (perché ritenute non appropriate
all’esperienza del paziente), procedere come in a)
c) se non sono state completate sia la 8 sia la 11 (perché ritenute non appropriate
all’esperienza del paziente) calcolare il punteggio secondo la seguente formula
punteggio tot./ 45 x 100 = punteggio %: es: punteggio totale 17: 17/45*100= 38%
Per l’interpretazione del punteggio di disabilità, Fairbank propone la seguente valutazione
quali-quantitativa del punteggio totale:
• 0%-20% = Disabilità minima
• 21%-40% = Disabilità modesta
• 41%-60% = Disabilità severa
• 61%-80% = Disabilità grave
• 81%-100% = Disabilità completa
XX
Allegato 6: scala analogica visiva (VAS)
Allegato 7: limitazioni nelle ADL
Nome:
NELLA
VITA
QUOTIDIANA
(igiene e cura personale, cura
della casa, hobbies, sport, vita
sociale e di relazione…)
NEL LAVORO
Cognome:
Professione:
Quali
ATTIVITA’
NON SVOLGI e quali
LIMITAZIONI ti senti
per la presenza di mal
di schiena?
XXI
Allegato 8: scheda di valutazione dell’evento formativo da parte del partecipante
non fare la croce ma annerire completamente il quadratino
1-Prima che l’evento formativo iniziasse, mi erano noti gli obiettivi.
1
2
3
4
5
6
2-A inizio evento gli obiettivi sono stati presentati in modo chiaro.
1
2
3
4
5
6
3-Gli obiettivi sono stati raggiunti.
1
2
3
6
4
5
4-Ciò che ho appreso è coerente con le competenze richieste per la mia attività
professionale.
1
2
3
4
5
6
5-Ciò che ho appreso è applicabile concretamente nella mia attività professionale.
1
2
3
4
5
6
6-Il docente/tutor è stato efficace.
1
2
3
4
5
6
7-Il metodo didattico è stato efficace.
1
2
3
4
5
6
8-I contenuti sono stati interessanti.
1
2
3
4
5
6
9-Rispetto agli obiettivi, il tempo totale dell’evento è stato adeguato.
1
2
3
4
5
6
10-Il clima è stato produttivo e sereno.
1
2
3
4
5
6
11-Gli ambienti utilizzati erano adeguati.
1
2
3
4
5
6
12-Puntualità, rispetto dei tempi, buona organizzazione hanno caratterizzato questo evento
formativo.
1
2
3
4
5
6
1. È stato carente o è mancato:
2. Tra gli aspetti positivi sottolineo:
3. In futuro proporrei, per migliorare:
XXII
Allegato 9: domande relative allo svolgimento degli esercizi nel mese dopo il termine
degli incontri
Nome e Cognome
………………………………………
Data
………………
Rispondi alle seguenti domande facendo riferimento a ciò che hai fatto in questo ultimo
mese, dopo il termine degli incontri:
1-In questo mese hai fatto gli esercizi da noi proposti?
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
2-Con quale frequenza?
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
3-Se si, sei stato meglio?
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
4-Se non li hai eseguiti, per quale motivo?
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
5-Sei riuscito a trovare momenti per dedicarti a te stesso e alla tua schiena?
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
6-Gli esercizi ti hanno aiutato a risolvere il tuo dolore?
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
7-Hai avuto giovamenti dal trattamento?
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
8- Hai individuato gli esercizi che ti portano più beneficio? Se si, quali sono?
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
9-Si sono presentati episodi acuti di dolore in questo mese? Se si, in seguito a cosa
(movimento, postura, etc...)?
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
……………………
Commenti
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
……………………................................................................................................................
XXIII
Allegato 10: scheda di valutazione della colonna lombare secondo McKenzie
XXIV
XXV