Il progetto di mappatura dei servizi territoriali rivolti a

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Il progetto di mappatura dei servizi territoriali rivolti a
Il progetto di mappatura dei servizi territoriali rivolti a giocatori d’azzardo e loro familiari ha messo
in evidenza che su un totale di 4794 assistiti dai servizi per dipendenze patologiche 170 sono seguiti
per un problema con il gioco d’azzardo.
Un numero relativamente basso che, rapportato alla considerazione che l’incidenza di
comportamenti problematici legati al gioco sembra essere un’emergenza sempre più imponente, ci
ha portati a sospettare che la diagnosi di GAP possa essere, per qualche motivo, ancora fortemente
sottostimata all’interno dei nostri servizi.
E’ possibile che la presenza di un disturbo legato al gioco d’azzardo non venga rilevata quando
l’accesso ai servizi pubblici avviene
per altre dipendenze e, anche nelle successive fasi di
trattamento, come ad esempio quella residenziale o semiresidenziale, i problemi legati al gioco
d’azzardo possono rimanere un’area non sufficientemente indagata.
Abbiamo quindi immaginato che un certo numero di pazienti in trattamento per dipendenza da
sostanze potesse essere anche un giocatore d’azzardo non riconosciuto.
Queste ipotesi sono state approfondite attraverso un’indagine condotta presso le strutture
residenziali e semiresidenziali della Regione Marche.
Il questionario somministrato ai pazienti ricoverati è molto semplice e si propone di evidenziare la
presenza o meno di un comportamento potenzialmente problematico rispetto al gioco d’azzardo in
pazienti ricoverati per altre dipendenze primarie. Quanto messo in evidenza dal questionario non ha
naturalmente la pretesa di essere in nessun modo una diagnosi o una ricerca con una precisa valenza
scientifica,
ma solo una serie di
rilevazioni che ci permettono considerazioni che possono
eventualmente essere approfondite.
Lo strumento somministrato è naturalmente anonimo, rileva sesso, età, diagnosi di dipendenza
primaria o eventualmente secondaria al momento dell’ingresso nelle comunità e la regione di
residenza. Abbiamo identificato domande semplici che potessero essere interpretate in modo quanto
più possibile univoco: hai mai giocato soldi o scommesso? In quali giochi? Hai mai preso in
prestito o venduto qualcosa per giocare? Hai mai avuto la sensazione che potresti avere un
problema con il gioco? Ti sei mai sentito in colpa per aver giocato?
La prima domanda crea il primo spartiacque dividendo la popolazione dei giocatori da quella dei
non giocatori. Tra i giocatori il comportamento di chiedere in prestito o vendere qualcosa per
giocare identifica coloro i quali potrebbero, forse, avere un problema di dipendenza da gioco.
Il questionario è stato somministrato a 230 pazienti ricoverati in trattamento residenziale e
semiresidenziale nelle Marche.
I questionari potevano essere compilati insieme all’operatore, autosomministrati individualmente o
in gruppo.
Il nostro campione è formato da 199 maschi e 31 femmine con un’età media di 38 anni; è
vistosamente spostato sul genere maschile, ma questo rispecchia le percentuali di genere di
affluenza ai servizi per le dipendenze patologiche e corrisponde a quello che è ancora l’importante
sommerso del disagio femminile nel nostro paese.
Il Campione si suddivide in un 46% oltre i 40 anni, 36% tra i 30 e i 40 e solo 18% degli intervistati
tra i 20 e i 30. Anche qui osserviamo uno spostamento del campione nella fascia di età superiore ai
40 anni.
Le risposte al questionario si suddividono nel modo seguente: il 62% del campione dichiara di aver
giocato, di questo 62% il 28% dichiara di aver preso soldi in prestito o aver venduto qualcosa per
poter giocare, solo il 22% però afferma di aver in qualche occasione pensato di poter avere un
problema con il gioco. La percentuale di chi ha sperimentato senso di colpa per aver giocato sale
invece al 32%.
E’ possibile che gli individui non avvertano personalmente un disagio e pertanto un qualche livello
di problematicità rispetto al proprio gioco, ma che il disagio sperimentato dai familiari induca in
loro un senso di colpa. Il disagio sperimentato da coloro che sono loro vicini potrebbe comunque
essere la spia di un comportamento problematico o di vera e propria dipendenza dal gioco. La
percentuale di chi associa il senso di colpa alla percezione di un problema nella popolazione dei
giocatori è del 25%. Gli intervistati esprimono in questo un meccanismo tipico della dipendenza per
cui si evidenzia scarsa consapevolezza di sé.
Il dato non è relativo alla sola regione Marche in quanto i pazienti ricoverati provengono anche da
altre regioni, tuttavia per quanto riguarda i pazienti ricoverati della nostra regione il dato che
emerge è il seguente: il 61% degli intervistati dichiara di aver giocato.
In questo 61%, il 25% ha chiesto prestiti o ha venduto qualcosa per giocare, il 20% ritiene possibile
avere un problema con il gioco. Incrociando le variabili emerge che solo il 13% dei giocatori
associa il prendere soldi in prestito alla percezione di un possibile problema.
I risultati relativi alla sola regione Marche non si discostano quindi da quelli del campione totale e
anche in questo caso emerge la scarsa consapevolezza e capacità di autocritica tipica delle
dipendenze patologiche soprattutto nelle fasi iniziali di trattamento. Possiamo infatti considerare
questi pazienti rispetto al gioco d’azzardo come non trattati ma comunque non fuori da interventi
terapeutici perché comunque ricoverati e in trattamento per altre dipendenze.
Per quanto riguarda la sostanza di dipendenza primaria i giocatori sono così suddivisi: 58%
eroinomani, 28% alcolisti e 14% cocainomani.
Per quanto riguarda i non giocatori il risultato è equivalente, infatti troviamo il 49% di eroinomani,
il 32% di alcolisti e il 19% di cocainomani.
Quella che emerge con maggior frequenza è la figura di un giocatore eroinomane con età superiore
a 40 anni. Un dato che però è sicuramente dovuto alla natura del campione. Si può immaginare che
un paziente eroinomane di oltre 40 anni mostri compromissioni in più comportamenti di
dipendenza. Probabilmente un campione più rappresentativo rispetto ad esempio alla dipendenza da
cocaina mostrerebbe un profilo di giocatore diverso e potrebbe anche essere interessante valutare la
relazione tra modalità di assunzione di cocaina e tipo di gioco prediletto.
Il campione di donne che ha compilato il test è decisamente esiguo (31 individui) e quindi si tratta
di dati statisticamente poco significativi. Tra chi dichiara di aver giocato soldi o scommesso il 93%
sono uomini e il 7% donne un risultato che permette veramente poche considerazioni se non quella
già fatta rispetto alla scarsa rappresentatività del campione da questo punto di vista.
Concludendo ci sembra che questa indagine, per quanto semplice metta effettivamente in evidenza
l’opportunità di prestare una attenzione maggiore al problema del gioco d’azzardo in quanto
problematica che non solo va affrontata nel panorama sociale, ma anche in quanto sottostimata
all’interno dei nostri stessi servizi e con le persone di cui attualmente ci stiamo occupando. Questi i
dati riassuntivi che prima abbiamo visto più nel dettaglio: 40 persone su 230 dichiarano di aver
venduto qualcosa o chiesto prestiti per poter giocare ponendosi così in un’area quasi sicuramente
problematica, soprattutto se si considera l’”impegno” determinato dalla dipendenza di cui
soffrono (eroina, alcol, ecc.) ; 26 si sentono in colpa per il loro modo di giocare e 16 sono
consapevoli di avere un problema. Rapportati alla numerosità del campione ci sembra di aver
rilevato un dato importante ai fini dell’ipotesi da cui siamo partiti.