Tav, la parola ai numeri

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Tav, la parola ai numeri
da www.megachip.info, 20 novembre 2005
Tav, la parola ai numeri
Nostra intervista col professor Angelo Tartaglia del Politecnico di Torino,
consulente tecnico per i Comitati NoTav
Professor Tartaglia, quando si inizia a parlare di Alta Velocità?
L'Alta Velocità arriva in Italia nel 1990. Il progetto fu presentato fin dall'inizio con
molta forza, soprattutto dal punto di vista dell'immagine; attraverso i giornali e la televisione
si è diffusa l'idea di una tecnologia moderna, di treni estremamente veloci, 300 Km/h, che
avrebbero accorciato tutti i tempi di viaggio.
Come vedeva il progetto negli anni 90?
All'inizio, come moltissimi, lo consideravo positivamente: trasporti di massa, viaggi
veloci e comodi, come pensarne male? Poi, però, bisogna andare oltre la propaganda;
leggere i dati e capire i numeri.
E cosa viene fuori dai dati e dalle cifre?
La prima considerazione, per quanto possa sembrare strana, è che non ci sono i
passeggeri. Per questo motivo l'unico treno diretto da Torino a Lione è stato soppresso in
queste settimane. Sarà colpa dei torinesi che escono poco di casa? Inizieranno a farlo
quando il treno andrà più veloce? Per alcuni anni si è cercato di dimostrare l'utilità dell'Alta
Velocità puntando proprio sul servizio passeggeri e sugli indubbi vantaggi che avrebbe
portato. Avendo constatato però il contrario, ovvero la mancanza degli attori principali, dal
1995 in poi si è iniziato a puntare il dito verso le merci. La verità è che l'alta velocità è stata
presentata fin dall'inizio come una soluzione e solo dopo, via via, si sono cercati i problemi
da risolvere.
Il trasporto delle merci è tuttavia un problema reale.
In Italia il 17% delle merci viaggia su rotaia e il margine sembra molto incrementabile.
In realtà non è vero per un motivo elementare: se il viaggio non è lungo abbastanza non si
riesce a ridurre il transito di mezzi pesanti sulla strada, poiché la distribuzione capillare della
merce, dovuta anche alla disposizione delle nostre città, coinvolgerà sempre il trasporto su
gomma. Nel 2001 è stato consegnato uno studio, realizzato dalla parte favorevole al TAV,
per valutare l'impatto che avrà l'apertura del tunnel sul trasporto merci; il risultato è
significativo poiché la differenza, con o senza il tunnel, è meno dell'1%. Questi dati si
riferiscono all'intero arco alpino ma dobbiamo tenere in considerazione, tutto sommato, che
un terzo delle merci passa attraverso la valle di Susa.
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Il problema centrale è che i treni merci in Italia viaggiano a una velocità media di 19
km/h, essendo sovente fermi per dare precedenza ai treni passeggeri. Questo è il dato da
migliorare. Non serve che le merci arrivino dalla Francia a 150 Km/h se poi in Italia
passano la maggior parte del tempo in stazione.
Mancano dunque passeggeri e il trasporto merci non sarà facilmente
incrementabile.
Non solo, ha senso parlare di Alta velocità quando gli spostamenti superano i 250-300
Km. In Italia, se prendiamo in mano le cifre, scopriamo che l'80% della domanda di
trasporto passeggeri è costituita da spostamenti a corto raggio, entro i 100 km. E' vero che i
nostri treni sono pienissimi su alcune tratte ma sono poche le persone che vanno da un capo
all'altro del paese. Le tratte più frequentate sono quelle dove c'è più ricambio di viaggiatori.
L'alta velocità prevederebbe invece l'abolizione delle fermate intermedie…
Prendere sul serio l'alta velocità, sul modello francese, significa appunto eliminare le
fermate intermedie. Cosa che non avverrà perché chi gestisce il servizio si pone problemi di
economicità. Per far salire i passeggeri, fermerà i treni ma, se ferma i treni, il guadagno in
termini di tempo diventa marginale.
Perché in altri paesi l'Alta Velocità funziona?
In Francia, ad esempio, hanno una struttura urbana differente, con città lontane da
collegare tra loro senza fermate intermedie. Soprattutto hanno flussi tra i 20 e i 30mila
passeggeri Km/giorno; noi ci avviciniamo a quelle cifre solo nella tratta Bologna - Firenze,
che è un imbuto ferroviario. I giapponesi che hanno introdotto l'alta velocità per primi,
avevano flussi di 200mila passeggeri Km/giorno. E anche con queste cifre i guadagni
tardavano ad arrivare, tant'è che la compagnia ferroviaria nipponica è fallita, smembrandosi
in sette società distinte.
Molte le spese da affrontare ma difficili i ritorni economici. Uno studio
commissionato dalla Comunità Montana Bassa Valle di Susa alla Società di ingegneria
dei Trasporti Polinomia, rivela che la linea sarebbe giustificata se nei prossimi anni
transitassero 40 milioni di tonnellate di merci l'anno, per un totale di 350 treni al
giorno, uno ogni 4 minuti alla velocità di 150 km/h, alternati da treni passeggeri a 300
km/h.
In sintesi, questi sono i dati. Se prendiamo in seria considerazione la quantità di merce
che transiterà, stima confermata dalle società costruttrici proponenti, scopriamo una grande
anomalia: l'idea di poter usare nella Val di Susa e su tutto il territorio nazionale la stessa
linea per passeggeri e merci. Uno sciocchezza dal punto di vista tecnico perché è chiaro che
sulla stessa linea non possono transitare due treni a velocità diverse, uno a 300 Km/h ed uno
a 150 km/h. Ne conseguirebbe la necessità di realizzare una linea doppia.
Che ha un costo insostenibile. Altre spese legate alla linea ad Alta Velocità?
Una manutenzione accurata, costosa e quotidiana. Il modello francese ne tiene conto e
prevede, infatti, che i treni viaggino esclusivamente di giorno, per poter intervenire di notte
sulla linea. Tale soluzione in Italia sarebbe impraticabile poiché i treni viaggiano 24 ore su
24.
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Questi dati di cui ci parla non devono essere nuovi a chi ha deciso di portare l'alta
velocità in Italia. Perché sono stati ignorati?
Ho partecipato personalmente ad una commissione al ministero dei trasporti nei primi
anni Novanta. Da una parte c'erano tecnici ministeriali e dall'altra parte c'eravamo noi, un
gruppo di tecnici designati da diverse organizzazioni ambientaliste. Ci siamo raccontati
queste cose, abbiamo parlato di dati, di cifre. Non potendo barare sui numeri, alla fine, il
confronto si concludeva con loro che timbravano la questione come “politica”, quindi fuori
discussione tecnica. Si è cercato allora di parlare direttamente ai politici di dati e cifre. Al
terzo esempio, il politico di turno tende a dire che i dati numerici non li capisce; di
vedercela tra noi tecnici. Non è altro che un gioco delle parti: i tecnici capiscono che i conti
non tornano, ne parlano coi politici che dicono di non capirne di dati tecnici e, nel mentre,
l'opera si fa.
Dato che, come sembra, l'opera si farà, ne avremo almeno un vantaggio
economico ?
C'è un adagio piemontese al riguardo: se il soldo gira, va sempre bene. La versione
buonista di questo insegnamento ce la dà John Maynard Keynes: se l'economia è in crisi;
scaviamo delle buche e poi facciamole riempire, così creiamo lavoro e ricchezza. Con il
progetto TAV faremo sì dei buchi, che però non riempiremo più! .
Giuseppe Tolva
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