Stralcio volume

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Stralcio volume
Prefazione
Il libro è la sintesi di quattro anni di didattica sulla rilevanza costituzionale dei processi di integrazione comunitaria. Dall’anno accademico 2005-2006 molti studenti hanno accettato la sfida di misurarsi con la discussione di casi giudiziari europei secondo il metodo del case law. Una discussione attenta e appassionata di casi selezionati in ragione dei nodi costituzionali che ogni giurista deve affrontare. Il libro rappresenta la sintesi della
discussione sui temi fondamentali. Un libro di appunti a
fini didattici, ad uso degli studenti perché possano affrontare i paradossi dell’integrazione europea. Il primo
paradosso è quello di cui si discute nel primo capitolo.
Abbiamo una Costituzione europea senza avere una Costituzione scritta? L’Europa è uno Stato federale? Perché
gli studiosi non europei parlano di una quasi-federazione? Quali sono i limiti democratici alla integrazione europea? Quali spazi di interpretazione vi sono per affrontare il deficit democratico? Temi aperti, per i quali si
suggeriscono solamente sentieri di approfondimento.
Dalle questioni aperte si passa alle questioni sulle quali
vi sono maggiori certezze. Il secondo capitolo affronta
infatti i problemi di integrazione della tutela dei diritti
fondamentali in Europa secondo l’evoluzione normativa
che conduce al Trattato di Lisbona. Il terzo capitolo, in-
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fine, affronta il tema centrale del dialogo tra le corti europee nella tutela dei diritti fondamentali.
Un testo nato dalla didattica e destinato alla didattica.
Ringrazio gli studenti che hanno partecipato in questi
anni alle discussioni durante il corso.
Ringrazio la dottoressa Spigno per il costante sussidio
alla realizzazione di questo piccolo supporto alla didattica.
Cagliari, settembre 2009
GIANMARIO DEMURO
Capitolo 1
Multilevel Governance
e costituzionalismo europeo
SOMMARIO: 1. Una breve premessa storica. – 2. Gli Europei
hanno una Costituzione? – 3. Gli Stati europei sono uniti da
una Federazione?
1. Una breve premessa storica
Il sistema europeo è il risultato di una lunga – e non
«indolore» – evoluzione basata su accordi economici,
scontri politici condivisione di obiettivi comuni. All’origine, i sei «padri fondatori» dell’Europa – Italia, Francia,
Germania, Olanda, Belgio e Lussemburgo – prestarono
il loro consenso a quella che può essere definita come la
prima forma di cooperazione europea, circoscrivendo a
determinati settori economici la cessione, peraltro parziale, della loro sovranità. Essi continuavano infatti a mantenere il controllo e la competenza su alcune materie di un
certo rilievo non solo di carattere politico, ma anche economico. Furono così adottati i Trattati istitutivi della CECA (1951), della CEE e dell’EURATOM (1957). Il Trattato
CECA regolava le competenze della Comunità in materia
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di carbone e acciaio, mentre i Trattati CEE ed EURATOM avevano come obiettivo quello di creare un’unione
doganale mediante l’instaurazione di politiche comuni in
materia di agricoltura, trasporti e energia atomica. L’unione doganale fu poi raggiunta nel 1968 con l’istituzione di
una tariffa doganale comune; da questo momento in poi
tutti gli sforzi degli Stati si diressero a realizzare un’unione economica. L’idea infatti era quella di creare uno spazio interno in cui fosse garantita la libertà di circolazione
delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone. In
realtà le intenzioni originarie dei «padri fondatori» erano
quelle di procedere ad una sempre più stretta cooperazione politica.
Ogni obiettivo raggiunto ha rappresentato una tappa
fondamentale nel c.d. cammino europeo verso il progres1
sivo «allargamento» della Comunità . Nel 1986 l’Atto
Unico Europeo fissò il raggiungimento del mercato unico ed a partire dal 1° gennaio 1993 tra i Paesi membri
della Comunità caddero tutti gli ostacoli di natura burocratica e tariffaria che impedivano la libera circolazione
di beni e servizi tra gli stessi. Ma il vero salto di qualità è
stato fatto con il Trattato di Maastricht del 1992 con il
quale venne istituita l’Unione Europea. Si cominciò così
ad allontanarsi da una concezione prevalentemente economica delle istituzioni comunitarie per passare alla programmazione di aspetti più politici: fu limitato l’utilizzo
dell’aggettivo «comunitario», per utilizzare la denomina1
Brevemente si vogliono ricordare i successivi allargamenti che
hanno portato poi all’Europa dei 27: nel 1973 Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca, 1981 Grecia, 1986 Spagna e Portogallo, 1995 Finlandia, Austria e Svezia, 2004 Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia,
Lituania, Ungheria, Polonia, Slovenia, Slovacchia, Cipro e Malta,
2007 Bulgaria e Romania.
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zione più onnicomprensiva di Unione Europea; fu istituita la cittadinanza europea al cui possesso fu collegato
il riconoscimento di tutta una serie di diritti. Il Trattato
di Maastricht introdusse la struttura a tre pilastri, inserendo oltre la dimensione comunitaria – e cioè l’eredità
delle precedenti tre Comunità – anche la politica estera e
di sicurezza comune e la cooperazione nei settori della
giustizia e degli affari interni. Nel 1997 venne approvato
il Trattato di Amsterdam, il quale introdusse varie modifiche istituzionali, sia al pilastro comunitario, rafforzando in particolare il ruolo di legislatore del Parlamento
Europeo introducendo anche la tecnica decisionale della
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«cooperazione rafforzata ».
Nel 2001 il Consiglio Europeo di Nizza affrontò le
problematiche relative alle modifiche istituzionali in previsione del futuro allargamento dell’UE; e nel 2002 fu in3
trodotta la moneta unica europea . Inoltre, il Trattato di
Nizza aveva gettato le basi per la convocazione di una
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La cooperazione rafforzata viene sancita ufficialmente da parte
del Trattato di Amsterdam. Ora l’art. 43 TUE prevede il diritto per
gli Stati membri che intendono perseguire determinate politiche comuni a procedere anche in assenza di una volontà comune di tutti gli
Stati membri, purché siano rispettate le seguenti condizioni: la cooperazione deve essere diretta a promuovere la realizzazione degli obiettivi dell’Unione e della Comunità e deve rispettare oltre al quadro istituzionale dell’Unione anche l’acquis communitaire. Inoltre la
cooperazione rafforzata può essere conclusa solo su materie che non
rientrino nelle competenze esclusive della Comunità e non deve rappresentare né un ostacolo né una discriminazione per gli scambi tra
gli Stati membri. Infine, devono essere rispettati i diritti e le competenze degli Stati che non partecipano alla cooperazione e deve essere
aperta a tutti gli Stati.
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Attualmente gli Stati sono 16 in quanto si sono aggiunti la Slovenia dal 2007, Cipro e Malta dal 2008, la Slovacchia 2009.
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nuova conferenza intergovernativa e così nel Consiglio
Europeo di Laeken del 2001 fu deciso di istituire la
«Convenzione sul futuro dell’Europa» che aveva il compito di redigere la bozza del testo di quella che avrebbe
dovuto essere la Costituzione europea.
«A cinquant’anni dalla sua nascita, l’Unione si trova (…)
ad un crocevia, in un momento cruciale della sua esistenza.
L’unificazione dell’Europa è imminente. (…) L’Europa è in
procinto di diventare, senza spargimento di sangue, una
grande famiglia; si tratta di un vero cambiamento che chiaramente richiede un approccio diverso da quello di cinquanta
anni fa, quando sei paesi avviarono il processo (…). All’interno dell’Unione occorre avvicinare le istituzioni europee al
cittadino. Indubbiamente i cittadini condividono i grandi obiettivi dell’Unione, ma non sempre vedono il nesso tra questi
obiettivi e l’azione quotidiana dell’Unione (…). Al di fuori delle proprie frontiere, l’Unione Europea è invece confrontata ad
un mondo in rapida mutazione e globalizzato. Dopo la caduta del muro di Berlino si è pensato per un momento che saremmo vissuti per lungo tempo in un ordine mondiale stabile
e libero da conflitti. I diritti dell’uomo ne avrebbero costituito
il fondamento. Solo pochi anni dopo tale certezza è tuttavia
venuta meno. L’11 settembre ci ha aperto brutalmente gli occhi. Le forze antagoniste non sono scomparse. Il fanatismo religioso, il nazionalismo etnico, il razzismo, il terrorismo guadagnano terreno. I conflitti regionali, la povertà e il sottosviluppo
continuano a costituire il terreno fertile per il loro propagarsi.
(…) L’unica frontiera che l’Unione Europea traccia è quella
della democrazia e dei diritti dell’uomo. L’Unione è solo aperta ai paesi che rispettano i valori fondamentali quali le libere elezioni, il rispetto delle minoranze e quello per lo Stato
di diritto. Ora che la guerra fredda si è conclusa e viviamo in
un pianeta globalizzato ma al contempo totalmente frammentato, l’Europa deve assumere le proprie responsabilità nella
gestione della globalizzazione. Il ruolo che essa deve svolgere
è quello di una potenza che si scaglia risolutamente contro
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qualsiasi forma di violenza, di terrorismo, di fanatismo, senza
chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie stridenti ovunque
nel mondo. (…) L’Unione deve diventare più democratica,
più trasparente e più efficiente. (…) Per assicurare una preparazione quanto più ampia e trasparente possibile della prossima Conferenza intergovernativa, il Consiglio europeo ha deciso di convocare una Convenzione composta dai principali
partecipanti al dibattito sul futuro dell’Unione».
La firma definitiva della Costituzione si ebbe a Roma
il 29 ottobre 2004 e dopo tale data si aprì la fase delle ratifiche che fu interrotta dal voto contrario espresso nei
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referenda di Francia e Olanda .
Per uscire dall’impasse creato dal rifiuto espresso in
Francia e Olanda di ratificare la Costituzione europea,
dopo un periodo di riflessione durato due anni, il Consiglio europeo di Bruxelles del 21-22 giugno 2007 ha convocato una Conferenza Intergovernativa a cui si affidava
il compito di abbandonare il progetto costituzionale.
«La CIG è invitata ad elaborare un trattato (in seguito denominato “trattato di riforma”) che modifichi i trattati esistenti allo scopo di rafforzare l’efficienza e la legittimità democratica dell’Unione allargata nonché la coerenza della
sua azione esterna. Il progetto costituzionale, che consisteva
nell’abrogazione di tutti i trattati esistenti e nella loro sostitu-
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In Francia il referendum si è svolto il 29 maggio 2005: votò quasi il 70% della popolazione, ma l’approvazione della Costituzione fu
respinta con il 55% dei voti contrari. In Olanda invece il referendum
ebbe luogo il 1° giugno 2005 e la percentuale dei voti negativi fu più
alta in quanto raggiunse il 62% su un totale di 63% di votanti. In argomento A. MANZELLA, Principio democratico e integrazione europea,
in Quad. cost., 2006, p. 569 e M. QVORTRUP, The three referendums
on the European Constitution Treaty in 2005, in The political Quarterly, 2006, p. 89.
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zione con un unico testo denominato “Costituzione”, è abbandonato. Il trattato di riforma integrerà nei trattati esistenti, che restano in vigore, le innovazioni risultanti dalla CIG
del 2004».
La Conferenza intergovernativa aveva quindi il compito di seguire le indicazioni contenute nel mandato, al
fine di raggiungere un accordo tra gli Stati ed elaborare
un nuovo trattato. I lavori si conclusero il 18 ottobre
2007 e il Trattato è stato firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007. Tale testo rappresenta un risultato di compromesso in quanto salva la sostanza della Costituzione
europea ma elimina ogni espressione carica di significati
evocativi del valore di regola costituzionale; si tratta di
un compromesso tra una revisione «ordinaria» (come i
Trattati di Maastricht e Amsterdam) e una revisione spe5
ciale o costituzionale .
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Il Trattato di Lisbona non sostituisce ai trattati esistenti un nuovo ed unico testo, ma li integra con le principali innovazioni contenute nella Costituzione. L’Unione Europea del futuro si fonderà quindi su due trattati: il
Trattato UE modificato e il Trattato sul funzionamento
dell’Unione, che è l’ex Trattato CE. Le principali novità
introdotte sono la personalità giuridica dell’Unione, la
parziale soppressione dei pilastri, l’estensione del meto5
B. NASCIMBENE-A. LANG, Il Trattato di Lisbona: l’Unione Europea a una svolta?, in Il Corriere giuridico, 2007.
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Al mese di giugno 2009 hanno già ratificato il Trattato: Spagna,
Portogallo, Francia, Italia, Austria, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Germania, Slovenia, Ungheria, Slovacchia, Romania, Bulgaria,
Grecia, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Finlandia, Danimarca,
Malta, Cipro, Regno Unito, Svezia, Repubblica Ceca. Manca solamente la ratifica dell'Irlanda che, dopo il referendum negativo del
2008, sta valutando di consultare nuovamente i cittadini.
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do comunitario e del voto a maggioranza qualificata, le
riforme istituzionali, la classificazione delle competenze
e il valore giuridicamente vincolante della Carta dei diritti fondamentali.
2. Gli Europei hanno una Costituzione?
Numerose sono state le critiche rivolte alla Costituzione europea. Da un lato gli euroscettici, tradizionalmente ostili all’idea della costruzione del progetto europeo, lamentavano un’Unione Europea troppo burocratizzata e distante dalle reali esigenze dei cittadini. D’altro
lato, diversi ambienti religiosi denunciavano l’assenza di
riferimenti alle radici giudaico-cristiane dell’Europa nel
testo della Costituzione. Alcuni Stati che valorizzano la
laicità dello Stato, come la Francia, si erano infatti opposti con forza all’inserimento nella Costituzione di un
qualsiasi riferimento religioso, mentre altri Stati a maggioranza cattolica e ortodossa come l’Italia, la Polonia e
la Grecia, avevano spinto verso un inserimento di questi
riferimenti nel testo. In generale, la Costituzione europea
era considerata come troppo lontana dall’essere trasparente e comprensibile, in virtù di una c.d. «ipertrofia di
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valori» di cui il testo sarebbe stato portatore .
Queste critiche sono state amplificate in Francia ed
in Olanda dall’esito dei referenda. Per quanto riguarda
la prima, la vittoria del «no» del 29 maggio 2005 sarebbe dipesa principalmente dalla contrarietà di una larga
fetta dell’opinione pubblica: sinistra radicale, fronte
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I. WARD, Bill and the Fall of the Constitutional Treaty, in European Public Law, Vol. 13.3/2007, p. 469.
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nazionale, ambienti cattolici e lefebvriani , «no-global»
e pacifisti accesi. Oggetto di critica è stata la presenza
di principi «neoliberisti» nel testo, l’eccessiva importanza data ai temi economici e capitalistici, l’assenza di
riferimenti al ripudio della guerra, le troppo scarse garanzie in difesa dei lavoratori, degli immigrati, del wel9
fare state . Ma il «no» francese era prevedibile: infatti,
secondo l’opinione dominante in Francia prima dello
svolgimento del referendum stesso, il popolo francese
sarebbe stato contrario all’approvazione del Trattato
costituzionale. In primo luogo a causa di un motivo storico, in quanto la Francia ha ormai perso il ruolo centrale che aveva invece assunto negli ultimi due secoli di
storia in Europa. In secondo luogo la presenza di un
diffuso malessere economico e l’opposizione alla Costituzione europea dei partiti estremisti hanno inciso sull’espressione del voto.
Ragioni ben diverse invece sono quelle che hanno
condotto alla vittoria del «no» nel referendum svoltosi in
Olanda il 1° giugno 2005; in questo caso la destra nazionalista si era schierata contro la Costituzione europea
manifestando il timore che il nuovo testo conferisse all’Unione Europea poteri tali da svuotare di significato e
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Si tratta di un movimento religioso tradizionalista creato dall’arcivescovo francese Marcel Lefebvre: è organizzato con una propria gerarchia ecclesiastica ed è oppositore delle riforme apportate
dal Concilio Vaticano II, ed in particolar modo della soppressione
della Messa di rito tridentino (e della conseguente adozione di un
Messale Riformato che ha permesso di celebrare la Messa in lingua
volgare piuttosto che in latino) e della Dottrina della Libertà Religiosa elaborata dal Concilio medesimo
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J.C. PIRIS, The Constitution for Europe. A Legal Analysis, Cambridge University Press, Cambridge, 2006, pp. 20-21.
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di autorità i singoli Stati, promuovendo tacitamente un
appiattimento delle identità nazionali in nome di un’unione indifferenziata e provocando un’ulteriore perdita
di sovranità nazionale. A questa motivazione è da aggiungere inoltre la mancanza di informazione sui «costi»
dell’Europa. La maggioranza dei cittadini olandesi riteneva che respingere la Costituzione europea avrebbe poi
condotto ad una rinegoziazione dei contenuti, dando vi10
ta ad un «testo più sociale» .
Da questo momento in poi è diventato praticamente
impossibile parlare di Costituzione in Europa.
Parafrasando quanto scritto da Bellamy: «La Costituzione europea è morta, lunga vita al Costituzionalismo
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europeo» .
Malgrado ciò, al fine di rispondere alla domanda iniziale, può essere più che mai necessario cercare di trovare una definizione di Costituzione utile a descrivere lo
stato attuale delle relazioni tra gli Stati dell’Unione Europea.
La parola Costituzione, in senso moderno, ricopre
almeno tre significati. Secondo un primo significato, la
Costituzione può essere intesa come un atto con cui i cittadini definiscono le condizioni di esercizio del potere
pubblico. In tal senso, la Costituzione sarebbe un atto
normativo nel quale è contenuta la Carta dei valori fondanti in cui si riconosce la società. Insita in questa concezione è l’idea del limite: le costituzioni rappresenterebbero un limite al potere, sterilizzandolo mediante il
diritto e la scienza della Costituzione.
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J.C. PIRIS, op. cit., pp. 19-20.
R. BELLAMY, The European Constitution is dead, Long Life European Constitutionalism, in Constellations,Vol. 13, No 2, 2006.
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