IL GIGOLO` In mancanza d`altro, decise di diventare gigolò. Ora e

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IL GIGOLO` In mancanza d`altro, decise di diventare gigolò. Ora e
IL GIGOLO’
In mancanza d’altro, decise di diventare gigolò. Ora e pur tuttavia, l’impresa si
mostrava più complicata di quanto l’avessero elaborata i suoi neuroni del pensiero. Da dove cominciare? Come “pubblicizzarsi”? Che tipo di clientela avrebbe
dovuto avere?. A questi e a tanti altri quesiti, dopo un lungo sforzo celebrointellettuale, non trovò, ovviamente, alcuna risposta. Già immaginava, lo stolto, di
fare da domestico a tre porcone; si diceva: “avrò vitto, alloggio, sesso gratis e anche qualcosa di soldi per le piccole spese…”.
Anche se, noi sappiamo, non è da tutti e soprattutto da tutti i giorni andare in
giro stoppando femmine della più svariata età dicendo: ”vendo il mio corpo, scopiamo perché ho bisogno di soldi”. Per di più aveva già una tipa premurosa che
cercava di soddisfarlo nelle più svariate maniere e posizioni (non che a lei non
piacesse, beninteso, anzi…). Come avrebbe reagito suddetta “gattina”? L’avrebbe
mai capito? E poi era da vedere se ci sarebbero rimasti tempo, fiato e spermi per
lei, perché, nel caso “l’attività” avesse preso una piega giusta, non era da escludere che il disgraziato sarebbe tornato a casa esausto e svuotato…
Ma questi, come si è soliti dire, sono i rischi del mestiere. Pensava anche,
l’infausto: “a cosa mi serve una tipa se romberò dalla mattina alla sera come un
Visigota prime di valicare le Alpi per sconfiggere i Longobardi nella decisiva battaglia di Legnano? Se ne andasse pure…”, diceva, aggiungendo un “PFUI” tra sé e
sé. Ma era ancora notte, e il tapino se ne rimase insonne ad aspettare che albeggiasse per buttarsi in strada e immergersi anima e corpo, soprattutto corpo (era
questa l’ossessione speranzosa del mentecatto) in questa sua nuova azzardata e
strampalata iniziativa. Anche noi siamo curiosi, e infatti speriamo che quest’oggi
Apollo sia più mattutino del solito…
“Quel giorno mi svegliai al primo trillo di sveglia, ancora memore delle questioni
turbinose che mi avevano seppellito la sera (e altre) precedente. Così, dopo una
frugale colazione a base di orzo e latte freddo e sigarette, mi precipitai per strada,
immerso e concentrato sulle mille mansioni che mi ero proposto di sostenere col
duplice obiettivo di “tirare avanti” e nel contempo cercavo di soddisfare e
realizzare la mia recente e tribolata aspirazione. Mi diressi a tutto spiano verso
l’università, da sempre meta abituale di piccioni vari ed eventuali e di aspiranti
letterati che sognano di finire i loro giorni tra scrivanie e cassetti circondati da
giovani e ammalianti (o conturbanti, fate un po’ voi…) segretarie-assistenti-lettrici
senza possibilità di replicare…
Ovviamente, dopo breve conversazione con “i/le detenuti/e”, e dopo aver diligentemente sbrigato le mie pratiche, mi stufai tosto della statica e ridicola
situazione, decisi di tornare a casa al più presto, pensando alla dura giornata che
mi aspettava, macedonia di studi, faccende domestiche, scleri personali e intersoggettivi.
Dopo un nutriente pasto “mezzo pomeridiano” preparatomi dalla mia
inarrestabile ragazza, iniziai così a svolgere le mie faccende, giungendo così alla
“tanto sospirata sera” (meta, cantano invece gli Pseudofonia)…
Come avevo astutamente supposto, a lei (la “boss”, naturalmente) la situazione e
l’interpretazione non andavano giù affatto, e seguitammo a discuterne per una
notte e oltre, molto oltre…”