Parello Emanuele - Festione e la depurazione delle acque di
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Parello Emanuele - Festione e la depurazione delle acque di
UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI PALERMO FACOLTÁ DI SCIENZE MM. FF. NN. CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA ANALISI E GESTIONE AMBIENTALE RELAZIONE FINALE PROGETTO FORMATIVO E DI ORIENTAMENTO TUTOR UNIVERSITARIO: Prof. P. Gianguzza TUTOR AZIENDALE: Dott.ssa Patrizia Scimecca STUDENTE Parello Emanuele, matr. 0559330 Io sottoscritto Parello Emanuele ho svolto un totale di circa 180 ore di tirocinio per un totale di 5 CFU presso l’azienda A.R.P.A Sicilia DAP (AG) dal 31/05/2010 al 12/7/2010 con un orario che si estendeva dalle ore 8 alle ore 14 sotto la guida del tutor aziendale Dott. Patrizia Scimecca nel settore riguardante “ la gestione e la depurazione delle acque di scarico urbane“. PROGETTO FORMATIVO Il Decreto Legislativo 152/06, adesso Testo Unico sulle acque del 2006, oltre a trattare la gestione delle acque superficiali considera anche la gestione delle acque reflue e gli enti preposti al controllo della corretta attuazione dei limiti indicati nello stesso decreto, oltre a trattare le sanzioni amministrative e penali che conseguono alla cattiva gestione degli impianti di depurazione del refluo urbano. L’art. 126 del capo 2 dello stesso decreto afferma che le regioni disciplinano le modalità di approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Tale disciplina deve tenere conto dei criteri di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e della corrispondenza tra la capacità di trattamento dell'impianto e le esigenze delle aree asservite, nonché delle modalità della gestione che deve assicurare il rispetto dei valori limite degli scarichi. Le regioni disciplinano altresì le modalità di autorizzazione provvisoria necessaria all'avvio dell'impianto anche in caso di realizzazione per lotti funzionali. L’ art. 127 del capo 2 afferma che i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti i fanghi devono essere riutilizzati ed è vietato il loro smaltimento nelle acque superficiali dolci e salmastre. L’art. 128 dello stesso capo individua i soggetti tenuti al controllo, il 129 quelli addetti alle ispezioni. Il capo 1 invece individua le sanzioni amministrative con l’art.133 134. INTRODUZIONE La crescente urbanizzazione e l’utilizzo sconsiderato di acqua ed apparecchiature domestiche aggravano ancora di più i problemi legati all’inquinamento idrico, proprio per questo sorge il problema di costruire impianti singoli o consortili (collegati tra loro) di depurazione delle acque fognarie. Il mio studio è stato dunque rivolto alla natura di questi impianti e ho dunque rivolto la mia attenzione all’indagine delle tecniche depurative che vengono maggiormente attuate negli impianti di depurazione dell’agrigentino, e nel particolare ho studiato il funzionamento del depuratore di Sant’Anna sito in Agrigento. Naturalmente verranno analizzate tutte le fasi necessarie affinchè il liquame in entrata venga adeguatamente depurato e destinato agli appositi corpi recettori; ma prima di addentrarci in questo studio è opportuno introdurre alcuni concetti fondamentali alla comprensione del processo depurativo: 1) B.O.D. (Biological Oxygen Demand) Per la sua misura sono disponibili in commercio numerosi kit d'analisi di semplice utilizzo e si misura in mg/l. indica la “forza dei liquami”, cioè rappresenta la richiesta biochimica di ossigeno (O2) da parte dei batteri aerobi responsabili della degradazione della sostanza organica degli stessi liquami e quindi fautori di parte del processo depurativo. assunto come misura indiretta del carico organico inquinante Generalmente ci si riferisce al B.O.D. della frazione carboniosa delle sostanze organiche che praticamente rappresenta il “cibo” dei batteri. 2) B.O.D.5 Praticamente rappresenta la quantità di O2 è richiesto dai batteri per biodegradare il carico organico presente nei liquami in 5 giorni. 3) C.O.D. (Chimical Oxygen Demand) Il suo valore, espresso in milligrammi di ossigeno per litro, rappresenta la quantità di ossigeno necessaria per la completa ossidazione dei composti organici ed inorganici presenti in un campione di acqua, nel nostro caso di liquame. Rappresenta quindi un indice che misura il grado di inquinamento dell'acqua da parte di sostanze ossidabili, principalmente organiche. FASI DEL PROCESSO DEPURATIVO 1) GRIGLIATURA La grigliatura è il primo evento di separazione a cui il liquame in ingresso viene sottoposto, essa è utile ad evitare che corpi grossolani riescano ad intasare le apparecchiature che successivamente saranno impiegate nel trattamento dei fanghi. Esistono due tipi di grigliatura che differiscono per il grado di selezione che attuano: abbiamo una grigliatura fine compiuta da barre di acciaio distanziate da 1 a 2 cm ed una più grossolana con barre distanziate da 4 a 6 cm; la pulizia delle griglie è fatta a mano ed in caso di intasamento della griglia è sempre presente un canale d’emergenza. Spesso insieme alla grigliatura è affiancata la triturazione dei corpi più grossolani, in questo caso è possibile eliminare dal ciclo la grigliatura fine poiché tutti i corpi sono ridotti a 4/8 mm ed immessi nel flusso del liquido. Naturalmente solo nei depuratori che trattano liquami misti viene attuati sistemi di “sfioro” delle acque di piena, anche definito “stramazzo laterale”, questa è una procedura utile ad evitare che la portata del liquame in entrata, a causa del contributo delle piogge, sia troppo elevato, così grazie ad una soglia stramazzante aperta, collocata ai lati del canale di adduzione, l’acqua di sfioro che viene raccolta è convogliata in apposite “vasche a pioggia” mentre il liquame continuerà il suo processo depurativo. L’inconveniente però è rappresentato dal fatto che tale stramazzo laterale risulta difficilmente regolabile, perciò si possono avere difficoltà nello sfiorare la portata che effettivamente ci interessa. L’unico vantaggio di tale scaricatore di piena è che induce minime perdite di carico idraulico rispetto agli altri. 2) SOLLEVAMENTO Una volta che il liquame ha subito la grigliatura, grazie a delle pompe di sollevamento, esso è condotto a monte del processo; anche se, in alcuni impianti, sono usate pompe che permettono il sollevamento del liquame grezzo, non grigliato o triturato, queste comunque presentano dei rendimenti inferiori rispetto alle pompe di sollevamento per il liquame grigliato. Le pompe più usate sono “centrifughe” (2000 l/min) e presentano dei giranti molto ampi per permettere il passaggio del liquame grezzo senza rischiare di intasarsi; spesso sono pompe sommergibili ed in questo caso sarà lo stesso liquido a fungere da raffreddante. 3) DISSABBIATURA Questa fase è utile ad eliminare le così dette “sabbie” cioè metalli, vetro, pietrisco e noccioli della frutta, i quali, se non fossero eliminati andrebbero ad intasare l’intero ciclo. In questo caso si parla di separazione differenziata dei solidi ed è un processo che si attua in impianti con potenzialità maggiori di 4000 abitanti. 4) DISOLEATURA È un procedimento fondamentale nel trattamento dei liquami, infatti mira ad eliminare oli e grassi provenienti da officine, ristoranti, hotel e strutture simili, poiché tali sostanze sarebbero mal tollerate dai microrganismi che attuano il processo depurativo. Generalmente negli impianti di depurazione sono presenti delle vasche di disoleatura, nelle quali sono collocati dei pacchi di lamelle metalliche che l’acqua attraversa con moto laminare, ottimo per attuare la disolea tura, infatti mentre l’olio resta in superficie il fango scende in profondità. Gli oli ed i grassi vegetali ed animali sono biodegradabili, al contrario quelli minerali verranno smaltiti fuori dall’impianto in appositi centri di smaltimento. 5) SEDIMENTAZIONE PRIMARIA Rappresenta uno dei più importanti trattamenti delle acque reflue all’interno di un impianto di depurazione; in questa fase del processo viene sfruttata la forza di gravità (Fg) con lo scopo di riuscire a separare le parti sedimentabili, raccoglibili come fango, dall’acqua, tutto viene svolto in apposite vasche, nelle quali il liquido deve essere mantenuto per un tempo di detenzione sufficiente a permettere alle particelle fioccose di agglomerarsi e precipitare; inoltre la velocità ascensionale dell’effluente non deve superare certi limiti, infatti, essa, deve essere minore della velocità di sedimentazione delle particelle di fango, altrimenti queste saranno trasportate dall’effluente stesso. La portata in ingresso, nelle vasche di sedimentazione, è quasi costante e perciò l’escursioni del livello sono lievissime; tutto questo per evitare che un maggiore afflusso possa sollevare i fanghi precedentemente depositatisi nell’apposito recapito in fondo alla vasca. La sedimentazione primaria è anche detta chiarificazione, infatti proprio in questa fase le acque nere subiscono un forte abbattimento del BOD e dei solidi sospesi, totali e sedimentabili, dunque questo è un trattamento molto raccomandabile all’interno degli impianti di depurazione. Il fango accumulatosi al fondo delle vasche di sedimentazione è molto putrescibile e pericoloso poiché ricco di agenti patogeni che per questo non possono essere lasciati soggiornare a lungo, infatti il fango viene raccolto tutti i giorni. Tale fango è definito di “supero” e verrà stabilizzato grazie alla digestione anaerobica. Le vasche più usate per la sedimentazione sono quelle a flusso ascensionale meccanizzate, con limitata pendenza, quasi sempre circolari e con raschiatori meccanici del fondo, dove tutto il fango sedimentando si è accumulato. I raschiatori sono azionati da un albero centrale motorizzato, che li fa muovere di moto circolare grazie a delle ruote gommate poste ai bordi della vasca, in questo modo i raschiatori, spostano il sedimento (fango) verso la tramoggia di raccolta, con una velocità massima di traslazione degli stessi raschiatori pari a 2 mm/min. L’acqua decantata viene raccolta alla superficie delle stesse vasche di sedimentazione grazie a degli stramazzi sfioranti dentellati, che riescono così a mantenere regolare il flusso dell’acqua tracimante. 6) DISINFEZIONE È una procedura attuata alle acque decantate dalla sedimentazione primaria grazie all’utilizzo di cloro (Cl) e di alcuni suoi derivati, poiché essi presentano un alto potere disinfettante e sono poco costosi. Il cloro infatti è un ottimo battericida, anche se per attuare il suo potere disinfettante richiede un adeguato tempo di contatto con l’acqua (almeno 15 minuti). Normalmente viene utilizzato o cloro gassoso oppure ipoclorite di sodio al 12 /14% di cloro attivo, tali disinfettanti vengono posti in apposite vasche di contatto con l’acqua decantata, al fine di miscelare il liquido da disinfettare con il disinfettante. 7) GLI IMPIANTI A FANGHI ATTIVI Gli impianti che presentano la depurazione biologica secondo il principio dei fanghi attivi sono i più diffusi nell’ambito della depurazione delle acque reflue. Con l’attuazione di tutte le fasi precedentemente descritte si attua il trattamento “primario” dei liquami, che si conclude proprio con la sedimentazione primaria; mentre la seconda fase di smaltimento del refluo è rappresentata dal trattamento “biologico” dello stesso. I liquami provenienti dalla sedimentazione primaria, sono privi della maggior parte delle sostanze sedimentabili ma carichi ancora di sostanze organiche disciolte e colloidali, così essi sono inviati alla “fase ossidativa”, dove avvengono trattamenti di intensa aerazione artificiale (da 1,5 a 6 ore), in apposite vasche, nelle quali si instaurano complessi fenomeni chimico-fisici e soprattutto biologici. Innanzitutto si sviluppa l’ossigenazione chimica di sostanze riducenti come l’idrogeno solforato, poi con fenomeni fisici e biologici, i microrganismi presenti in concentrazioni elevatissime nelle vasche di aerazione, si agglomerano in “colonie” costituendo i “fiocchi di fango”, cioè piccole masse gelatinose che, con effetto meccanico, agglomerano i solidi sedimentabili precedentemente sfuggiti e bloccano i colloidi non sedimentabili grazie all’adsorbimento superficiale attuato dalla massa fioccosa in un tempo di circa 15 minuti. Inoltre, durante lo stazionamento del liquame nelle vasche di aerazione, i microrganismi, utilizzano per il loro sviluppo, parte delle sostanze organiche solubili presenti nel refluo, trasformandole in sostanze sedimentabili. Ciò che ne risulta è un netto incremento del numero dei microrganismi e quindi dei fiocchi nei quali sono agglomerati. A questo punto, passando il liquame alla fase di “sedimentazione secondaria”, sempre all’interno di apposite vasche, i fiocchi fangosi precipiteranno al fondo, mentre il liquame purificato sfiorerà dalle canalette di raccolta delle stesse vasche al fine di subire ulteriori trattamenti di disinfezione ed essere immesso nel recapito finale. La seconda fase di sedimentazione è intimamente connessa alla fase di aerazione, infatti la seconda fase di sedimentazione serve a generare un effluente molto limpido ed una sorgente di fango di ricircolo il più possibile concentrato e vitale, in modo da ridurre i volumi della fase di aerazione. Il vantaggio che si ottiene dal trattamento biologico secondario è quello di rendere sedimentabili sostanze organiche prima disciolte (in un tempo di almeno 1 ora) o colloidali, che altrimenti non potrebbero essere bloccate ed allontanate dalla fase liquida; quindi ciò che si verifica è un netto “bloccaggio” del BOD totale. L’ossigeno fornito ai microrganismi, con l’uso di apposite turbine o immettendo nella massa liquida aria con appositi macchinari, è usato dai microrganismi per lo sviluppo dei loro processi di assimilazione e di degradazione della sostanza organica. La fase di aerazione dura fino a quando le sostanze organiche sono assimilate in fiocchi dai microrganismi, ma non oltre, dunque i fanghi accumulati nella sedimentazione secondaria sono ulteriormente degradabili, assai instabili e facilmente putrescibili e che quindi dovranno subire altri trattamenti prima di poterli considerare smaltiti. Il vero segreto del processo depurativo a fanghi attivi è legato al continuo “ricircolo” del fango raccolto durante la sedimentazione secondaria, che viene condotto a miscelarsi con il liquame influente, così il fango “misto” è guidato a monte del processo, cioè alla sedimentazione primaria. Tutto ciò, fa si che, essendo i liquami in entrata mescolati con microrganismi perfettamente efficienti del fango di supero, le reazioni biologiche si innescheranno con più facilità e rapidità, inoltre saranno più sostanziali di quelle che si verificherebbero durante il semplice tempo di detenzione nelle vasche di aerazione. Naturalmente il continuo apporto di sostanze organiche ed inorganiche contenute nel liquame in arrivo, determinerà un accrescimento della massa microbica (fiocchi fangosi), che quindi deve subire il periodico allontanamento del così detto “fango di supero” che viene generalmente sollevato a monta della sedimentazione primaria, qui, mescolandosi con i fanghi primari, genererà un nuovo fango di supero che data la sua eleveta putrescibilità dovrà essere sottoposto a “stabilizzazione” aerobica o anaerobica prima di essere sottoposto a processi “d’ispessimento”. 8) STABILIZZAZIONE, ISPESSIMENTO ED ACCUMULO Come già detto, in tutti gli impianti di depurazione, per evitare chela quantità di fango superi i valori accettabili, occorre prelevare, continuamente il fango di supero, il quale subirà appositi trattamenti. La prima fase a cui questo va incontro è l’ispessimento, un fango si dice ispessito quando il suo tenore in acqua è notevolmente più basso di quello che ha quando è stato prodotto; pertanto un ispessitore è una vasca di sedimentazione nella quale è immesso non il liquame ma bensì il fango, così l’effetto gravitazionale consente un maggiore addensamento delle particelle solide. In questo modo ci si libera dell’acqua supernatante, che normalmente viene risollevata a monte dell’impianto. Il vantaggio di questa procedura è la notevole riduzione del volume e del peso del fango. Affinchè questo sia un processo efficace si esige un soggiorno abbastanza prolungato del fango nell’ispessitore, con lo scopo di evitare odori molesti e la risalita di gas in superficie che disturberebbe l’ispessimento stesso; pertanto è necessario avviare all’accumulo ed all’ispessimento fanghi sufficiente stabilizzati. L’accumulo invece, altro non è che la raccolta del fango entro un contenitore, in condizioni statiche, con esso dunque si può ottenere anche l’ispessimento. La stabilizzazione è fondamentale nell’economia dell’intero impianto, in quanto consente di ottenere un fango non più putrescibile e facilmente manipolabile per le fasi successive: come si è già detto precedentemente, la depurazione consiste nell’allontanamento delle sostanze inquinanti dalle acque, sostanze che sono presenti sotto forma di fango. I fanghi di supero, sono caratterizzati da un elevato grado di putrescibilità e sono quindi difficilmente manipolabili perciò è necessario stabilizzarli, tale procedura può avvenire per via biologica ed in questo caso si parla di digestione, o per via chimica. La digestione può essere anaerobica o aerobica, nel primo caso, le sostanze organiche presenti nel fango, in mancanza di ossigeno, diventano sede di processi riduttivi anaerobici, che portano ad una progressiva stabilizzazione, tutto ciò si svolge all’interno di appositi digestori anaerobici, non a contatto con l’atmosfera. Nei digestori, i microrganismi di tipo facoltativo o anaerobico, utilizzano l’ossigeno occorrente ai loro processi di nutrizione prelevandolo dalla massa delle sostanze organiche, attuando un’effettiva riduzione biologica; tutto ciò ad un pH pari a circa 6.2. Il risultato della stabilizzazione è la produzione del gas biologico (metano, anidride carbonica, ecc). La digestione aerobica è utile a completare la degradazione delle sostanze biologiche presenti nel fango; questa procedura è attuata in vasche aperte, nelle quali abbiamo una costante insufflazione di aria, anche qui abbiamo l’allontanamento del liquido supernatante ed il seguente ispessimento del fango. L’utilizzo dei digestori anaerobici si è imposto a quello degli aerobici sia per il migliore rendimento che per la loro maggiore economicità nei costi di gestione. La stabilizzazione chimica del fango mira alla degradazione delle sostanze organiche non per via biologica ma tramite l’utilizzo di reattivi chimici che rendono impossibile la vita dei microrganismi, ad esempio l’impiego di calce, che viene aggiunta in elevate quantità al fango, fino a raggiungere valori di pH pari a 11, in modo da inibire la vita dei microrganismi, in questo modo è impossibile che si manifestino reazioni putrefattive. Un altro metodo di stabilizzazione chimico può essere effettuato attuando un trattamento ossidativo a mezzo di cloro gassoso, tale procedura porta una vera e propria ossidazione di parte della sostanza organica del fango. 9) SMALTIMENTO FINALE DEL FANGO Una volta isolate le sostanze inquinanti sotto forma di fango, questo dovrà essere smaltito e tale procedura è molto onerosa e delicata anche se spesso viene eseguita con superficialità. Una tecnica spesso adoperata è quella di attuare uno smaltimento controllato del fango precedentemente stabilizzato in un corso d’acqua durante i periodi di piena, quando cioè la quantità d’acqua presente è sufficiente ad assicurare una diluizione efficace; occorre però che il corso d’acqua non sia posizionato a monte di un lago, poiché in questo caso tutto il fango accumulato andrebbe ivi ad accumularsi, causando gravi effetti di eutrofizzazione delle acque, tali condizioni però si presentano di rado ed in pochi periodi dell’anno, in questi casi bisogna ricorrere a diversi sistemi di smaltimento. Per i centri posti lungo le coste, un ovvio sistema di smaltimento del fango stabilizzato, è quello di immetterlo nelle profondità delle acque, approfittando delle capacità di diluizione e depurazione del mare. Ove possibile, conviene cercare sempre di smaltire il fango allo stato liquido, per evitare seguenti trattamenti e quindi risparmiare in termini di denaro; in questo caso il migliore metodo di smaltimento è rappresentato dall’utilizzo del fango liquido a scopo agricolo, date le buone capacità fertilizzanti delle sostanze contenute nel fango stesso come l’azoto, il fosforo ed il potassio. Conviene sempre però attuare una procedura di disinfezione del fango liquido, in quanto, anche se la fase di digestione ha eliminato la maggior parte della carica batterica che vi era presente, alcune forme di microrganismi riescono sempre a sopravvivere .