Timoma e timectomia

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Timoma e timectomia
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Anno III - N.7 - 2009
Quadrimestrale di
aggiornamento scientifico
Reg. Trib. N. 642
del 18.10.2007
ISSN 1974-4641
Direttore responsabile
Wubbo Tempel
Editore
Elsevier srl
Via Paleocapa, 7
20121 Milano (MI)
Coordinamento
editoriale
Gloriana Granata
Redazione
In-folio - Torino
Grafica
Studio Sismondo - Roma
Stampa
Grafiche Ortolan
Opera (MI)
2009
introduzione
immunologia
3
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Timoma e timectomia
Miastenia gravis e ghiandola timica: revisione storica
Raica M, Cimpean AM, Ribatti D
7
Immunoglobuline endovena per una pseudo-ostruzione associata a timoma:
resoconto di un trattamento con esito positivo
Greenburg DL, Mo CC, Hemmer PA
7
Demenza in un paziente con timoma e ipogammaglobulinemia
(sindrome di Good)
de Jesus NP, Carvalho PM, Dias FM, Gaspar EM, de Moura JJ
8
Mielodisplasia e sindrome di Good: resoconto di un caso clinico
Di Renzo M, Pasqui AL, Voltolini L, Gotti G, Pompella G, Auteri A
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ematologia
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Porpora trombocitopenica idiopatica
Iniziativa resa possibile
grazie ad un contributo
educazionale di
CSL Behring
Edizione riservata
per i Sigg. Medici
Fuori commercio
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causa del rapido progresso nella scienza
medica, l’Editore raccomanda la verifica
indipendente delle diagnosi e del dosaggio dei medicinali.
Terapie di prima linea per la porpora trombocitopenica idiopatica:
rivalutazione della necessità di trattare
Rodeghiero F
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Meccanismi d’azione delle immunoglobuline endovena e delle
immunoglobuline policlonali anti-D nel miglioramento della porpora
trombocitopenica idiopatica: che cosa sappiamo veramente?
Crow AR, Lazarus AH
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Immunoglobuline endovena vs immunoglobuline anti-D endovena
per il trattamento della porpora trombocitopenica idiopatica acuta
Shahgholi E, Vosough P, Sotoudeh K, Arjomandi K, Ansari S, Salehi S,
Faranoush M, Ehsani MA
15
La coniugazione del methotrexate con le immunoglobuline induce
l’apoptosi dei macrofagi attraverso un uptake mediato dal recettore Fc?
Wang X, Yao C, Jiang Z
16
neurologia
17
Poliradiculoneuropatia demielinizzante infiammatoria cronica
Trattamenti attuali delle polineuropatie demielinizzanti croniche
immunomediate
Brannagan TH 3rd
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Immunoglobuline endovena per la poliradiculoneuropatia
demielinizzante infiammatoria cronica
Eftimov F, Winer JB, Vermeulen M, de Haan R, van Schaik IN
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Risposta motoria acuta dopo un singolo ciclo di trattamento con
immunoglobuline endovena nella poliradiculoneuropatia demielinizzante
infiammatoria cronica
Harbo T, Andersen H, Jakobsen J
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Ridotta espressione del recettore inibitorio FcγRIIB sui linfociti B
nella polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica
Tackenberg B, Jelcic I, Baerenwaldt A, Oertel WH, Sommer N, Nimmerjahn F,
Lünemann JD
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aggiornamenti
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Polimiosite e dermatomiosite
Immunoglobuline endovena in combinazione con mofetil micofenolato
nel trattamento della miosite severa
Sindrome di Guillain-Barré
Sindrome di Guillain-Barré: aggiornamento
Sindrome di Kawasaki
Valutazione della risposta al trattamento con 1 g/kg di immunoglobuline
endovena della sindrome di Kawasaki acuta: metodo efficace
e in grado di diminuire i costi
Sindrome da anticorpi antifosfolipidi
Sindrome da anticorpi antifosfolipidi “catastrofica”: analisi descrittiva
di una serie di 280 pazienti dal “CAPS Registry”
Miastenia gravis
Miastenia gravis giovanile
Pemfigo e pemfigoide
Studio clinico randomizzato in doppio cieco sull’uso delle
immunoglobuline endovena nel trattamento del pemfigo
Studio clinico crossover controllato con placebo “n-of-1” sulle
immunoglobuline endovena in adiuvante nel trattamento del pemfigo
volgare refrattario
Encefalomielite acuta disseminata
Encefalite postinfettiva negli adulti: diagnosi e trattamento
Leucemia linfatica cronica
Riconoscimento e trattamento della porpora trombocitopenica
immune secondaria associata a malattie linfoproliferative
Neuropatia motoria multifocale
Incremento progressivo della dose di immunoglobuline endovena
nella neuropatia motoria multifocale: follow-up a sei mesi
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introduzione
Questo numero di Immunews riprende il discorso su due patologie già
trattate, la porpora trombocitopenica idiopatica e la poliradiculoneuropatia demielinizzante infiammatoria cronica, e ne introduce una nuova,
il timoma.
La porpora trombocitopenica idiopatica è una malattia ben conosciuta da lungo tempo, la cui terapia si è classicamente basata sull’uso di farmaci corticosteroidei e sulla splenectomia, trattamenti però entrambi
gravati da pesanti effetti collaterali, tali da giustificare la ricerca di
approcci terapeutici alternativi. L’articolo qui presentato si concentra
dunque sulle più recenti acquisizioni sui meccanismi fisiopatologici alla
base della malattia e sulle implicazioni terapeutiche di queste scoperte.
Vengono in particolare analizzati i meccanismi d’azione delle immunoglobuline endovena (IVIG) e delle immunoglobuline anti-D, apparentemente simili ma probabilmente significativamente differenti, così come
differenti possono essere gli effetti terapeutici delle due preparazioni.
Il meccanismo d’azione delle IVIG e la recente individuazione di nuovi
potenziali target, come il recettore inibitorio FcγRIIB presente sulla
superficie dei linfociti B, vengono trattati anche nella sezione dedicata
alla poliradiculoneuropatia demielinizzante infiammatoria cronica,
che tuttavia è focalizzata piuttosto sulla gestione clinica di questi
pazienti. Il caratteristico andamento cronico o recidivante della malattia
impone infatti un trattamento a lungo termine, basato generalmente su
cicli periodici di IVIG. Le modalità più efficaci di monitoraggio e modulazione della malattia, evitando sia un inutile e costoso sovradosaggio sia
il peggioramento delle lesioni nervose, fino a renderle irreversibili, costituiscono un problema clinico rilevante e affrontato nelle pubblicazioni
più recenti qui commentate.
Infine, il ruolo delle IVIG nel trattamento del timoma, malattia spesso
associata a patologie autoimmuni, fra cui in particolare la miastenia gravis, costituisce l’argomento della terza sezione. L’infusione di IVIG svolge
un ruolo terapeutico definito in alcune di queste sindromi paraneoplastiche ed è particolarmente indicata nei pazienti che vanno incontro a
rimozione chirurgica della ghiandola (timectomia).
Il quadro complessivo che emerge dagli articoli presentati in questa
uscita di Immunews per quanto riguarda l’utilizzo terapeutico dell’infu-
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sione di IVIG in diverse patologie è ancora una volta quello di uno strumento polivalente, la cui stessa indeterminatezza, a tutt’oggi presente,
circa i probabilmente multipli meccanismi d’azione ne permette un uso
esteso e suscettibile di ulteriori significativi sviluppi.
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immunologia
Timoma e timectomia
Il timoma è un tumore derivato dalle cellule epiteliali del
con timoma, anche se questi ultimi sono quelli che rispon-
timo, piuttosto raro, pur costituendo la più frequente neo-
dono meno all’asportazione della ghiandola.
plasia del mediastino anteriore negli adulti. In molti casi la
L’intervento di timectomia presenta caratteristiche particola-
malattia può essere asintomatica e può essere scoperta
ri nei pazienti con MG, dovute al rischio di insufficienza
casualmente nel corso di esami radiologici del torace,
respiratoria e necessità di ventilazione artificiale prolungata
oppure può provocare una sintomatologia costituita preva-
nel periodo postoperatorio. Per questa ragione, viene spes-
lentemente da disfagia, dispnea, tosse, febbre e dolore tora-
so preceduto da un trattamento con plasma exchange, allo
cico. La terapia del timoma è essenzialmente chirurgica e
scopo di migliorare le condizioni cliniche generali e ridurre
consiste nell’asportazione della ghiandola per via transcer-
il tasso di autoanticorpi circolanti. Una possibilità alternati-
vicale o trans-sternale oppure, più recentemente, per via
va è l’uso delle immunoglobuline endovena (IVIG). Queste
endoscopica videoguidata. In molti casi la prognosi del
ultime sono largamente utilizzate nel trattamento della MG,
timoma isolato è buona, trattandosi istologicamente di un
in particolare nelle esacerbazioni acute, dove si sono dimo-
tumore non maligno, ma alcune forme possono manifesta-
strate in grado di migliorare significativamente la sintoma-
re un andamento invasivo nei confronti delle strutture cir-
tologia muscolare. L’infusione di IVIG pretimectomia
costanti.
dovrebbe precedere l’intervento di non più di 10 giorni,
Caratteristica del timoma, probabilmente in relazione alla
così da sfruttare il massimo beneficio clinico delle immuno-
funzione immunitaria della ghiandola timica, è la frequente
globuline, che è stato registrato fra 3 e 10 giorni dalla prima
comparsa di una sindrome paraneoplastica, che può com-
somministrazione. Un recente confronto diretto della tera-
prendere patologie come l’artrite reumatoide, l’anemia per-
pia preoperatoria con IVIG rispetto al plasma exchange ha
niciosa, la polimiosite e la tiroidite. Tuttavia, l’associazione
dimostrato un’efficacia clinica comparabile, a fronte di una
più comune e conosciuta è quella con la miastenia gravis
maggiore fattibilità della procedura e di minori effetti colla-
(MG), presente nel 10% circa dei pazienti con timoma
terali osservati con le IVIG.
(mentre quest’ultimo colpisce circa il 20% dei miastenici),
Come già accennato, pur essendo la più frequente la MG
descritta per la prima volta già nel 1901 (Raica). Si ritiene
non è l’unica patologia che può presentarsi in associazione
che il tessuto timico possa partecipare alla genesi della MG,
con un timoma. Le malattie descritte sono molteplici e com-
poiché contiene tutti gli elementi necessari per lo sviluppo
prendono anche patologie come l’aplasia eritroblastica o la
della patologia: cellule mioidi che esprimono il recettore
colite ulcerosa. Una forma particolare di sindrome paraneo-
per l’acetilcolina, target degli autoanticorpi circolanti, cellu-
plastica è quella descritta da Greenburg et al. in un paziente
le presentanti l’antigene professionali, linfociti T e B. I
con timoma e una grave forma di pseudo-ostruzione intesti-
pazienti con MG, specie se di età inferiore ai 40 anni e con
nale, con immobilità gastrica e impossibilità all’alimentazione
malattia di nuova insorgenza, vengono spesso sottoposti a
enterale. Sebbene il paziente, sottoposto a numerosi esami,
timectomia, indipendentemente dalla presenza di timoma,
non presentasse nessun tipo di autoanticorpi circolanti, in
ottenendone una remissione della sintomatologia in circa il
particolare anticorpi antirecettore dell’acetilcolina, la sinto-
25% dei casi e un miglioramento nel 50% dei casi.
matologia digestiva, resistente all’intervento di timectomia e
L’indicazione all’intervento è ovviamente assoluta nei casi
alla somministrazione di corticosteroidi ad alte dosi, si è risol-
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ta con l’infusione di IVIG, confermandone l’efficacia nelle
anni con sindrome di Good, dopo l’intervento di timecto-
patologie paraneoplastiche associate a timoma.
mia, ha ricevuto regolari infusioni mensili di IVIG, otte-
Una forma particolare di patologia associata a timoma è la sin-
nendo una stabilizzazione delle condizioni cliniche per
drome di Good, caratterizzata dalla coesistenza di timoma e
più di 7 anni. Complessivamente, il timoma e le patologie
immunodeficienza, con ipogammaglobulinemia, riduzione
associate costituiscono un gruppo piuttosto eterogeneo
dei linfociti B e T e inversione del rapporto CD4/CD8. La malat-
di condizioni, tutte accomunate da disordini del sistema
tia si manifesta generalmente in soggetti adulti e presenta
immunitario, spesso di tipo autoimmune, dovute proba-
una prognosi più sfavorevole rispetto al timoma isolato, poi-
bilmente al ruolo cruciale giocato dalla ghiandola nella
ché spesso l’immunodeficienza non risponde alla timectomia
regolazione delle risposte immuni. Per molte di queste
e predispone a severe infezioni opportunistiche, aggravate
condizioni (come la MG e la sindrome di Good) l’infusio-
dal deficit dell’immunità cellulare (de Jesus et al.). Come in altre
ne di IVIG rappresenta un’efficace opzione terapeutica,
forme di ipogammaglobulinemia, nella sindrome di Good un
così come per la preparazione di alcune categorie di
miglioramento delle condizioni cliniche e una riduzione delle
pazienti per l’intervento di timectomia. Sebbene il mec-
complicanze infettive possono essere ottenuti con l’infusione
canismo d’azione delle IVIG in queste patologie non sia
regolare di IVIG. Poiché la condizione di immunodeficienza
del tutto conosciuto, è probabile che esso coinvolga non
generalmente non si risolve con l’asportazione della ghiando-
solo la riduzione dei livelli circolanti di autoanticorpi,
la timica, la terapia con IVIG va attuata sia prima sia dopo l’in-
quando presenti, ma anche una regolazione più genera-
tervento, come misura terapeutica a lungo termine.
le di diversi aspetti della risposta immunitaria, inclusa la
Nel caso descritto da Di Renzo et al., un paziente di 62
componente cellulare.
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immunologia
Timoma e timectomia
Miastenia gravis e ghiandola timica:
revisione storica
Raica M, Cimpean AM, Ribatti D
Il primo rapporto di un’associazione fra
la miastenia gravis (MG) e la ghiandola
timica risale al 1901. Nonostante i meccanismi sottostanti siano ancora poco
questa associazione e il trattamento
chirurgico e medico della MG, incluse la
gestione dei sintomi, l’immunosoppressione, le IVIG e il plasma exchange.
conosciuti, le anomalie del timo sono
chiaramente associate con la MG. Questo articolo di revisione riassume, dal
punto di vista storico, le conoscenze su
Clin Exp Med 2008;8(2):61-4
• Un timoma è presente nel 10-20% dei pazienti con MG, mentre circa il 70% presenta
iperplasia follicolare della ghiandola. L’associazione fra timoma e MG e i possibili trattamenti medici e chirurgici di queste condizioni costituiscono il fulcro di questa revisione.
• La timectomia viene spesso eseguita nei pazienti con MG, sulla base di una presunta
partecipazione della ghiandola timica alla patogenesi della malattia, ottenendo una
buona percentuale di remissioni.
• Le IVIG rappresentano una delle possibili opzioni terapeutiche nella MG, insieme ai farmaci corticosteroidei e immunosoppressori. Il loro ruolo è particolarmente rilevante nei
pazienti che vanno incontro a timectomia, i quali richiedono un trattamento preventivo con IVIG ad alte dosi.
Immunoglobuline endovena
per una pseudo-ostruzione associata a timoma:
resoconto di un trattamento con esito positivo
Greenburg DL, Mo CC, Hemmer PA
Eur Neurol 2007;58(2):116-7
Abstract non disponibile.
• L’articolo riporta il caso di un paziente di 37 anni con timoma che presentava sintomatologia paraneoplastica associata a una grave forma di pseudo-ostruzione intestinale,
con immobilità gastroenterica e impossibilità all’alimentazione enterale.
• I sintomi presentati persistevano anche dopo l’intervento chirurgico di timectomia,
nonostante una terapia con piridostigmina e cortisonici ad alte dosi.
• Una risoluzione pressoché completa della sintomatologia e la possibilità di riprendere
una dieta normale hanno invece fatto seguito a un trattamento con IVIG, al dosaggio di
2 mg/kg per un periodo di 5 giorni, confermando l’efficacia di questa terapia delle sindromi paraneoplastiche associate a timoma e suggerendo la presenza di autoanticorpi
circolanti come responsabili della pseudo-ostruzione.
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immunologia
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Demenza in un paziente con timoma
e ipogammaglobulinemia (sindrome di Good)
de Jesus NP, Carvalho PM, Dias FM,
Gaspar EM, de Moura JJ
La sindrome di Good è estremamente
rara e consiste in un’immunodeficienza acquisita dei linfociti B e T nei
pazienti con timoma. Gli autori di questo articolo presentano il caso clinico
di un paziente di 75 anni, caucasico,
mentre la sindrome da immunodeficienza è continuata con frequenti infezioni opportunistiche, che hanno
richiesto un trattamento costante con
IVIG.
precedentemente sottoposto ad
accertamenti per demenza secondaria
e infezioni ricorrenti, in cui è stata
identificata una sindrome paraneoplastica derivata da un timoma. Il paziente è stato sottoposto a timectomia,
Cases J 200813;1(1):90
• L’articolo riporta un caso clinico di timoma associato a immunodeficienza (sindrome di
Good), la cui manifestazione paraneoplastica, inusuale, era rappresentata da demenza
secondaria.
• Queste forme di timoma hanno
Distanza 1: 6,07 nm
una prognosi favorevole dopo
Distanza 2: 4,17 nm
rimozione chirurgica del tumo1
re, tuttavia l’ipogammaglobuli2
nemia associata generalmente
persiste dopo la timectomia,
come in questo paziente.
• La terapia con IVIG, indicata per il
trattamento dell’ipogammaglobulinemia, rappresenta quindi
una misura fondamentale nei
pazienti con sindrome di Good,
sia prima sia dopo l’intervento di
timectomia, per ridurre l’incidenFigura. Immagine TAC del timoma nel mediastino
za di infezioni opportunistiche.
anteriore.
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immunologia
Timoma e timectomia
Mielodisplasia e sindrome di Good:
resoconto di un caso clinico
Di Renzo M, Pasqui AL, Voltolini L,
Gotti G, Pompella G, Auteri A
La sindrome di Good è una rara immunodeficienza a insorgenza nell’adulto
caratterizzata da ipogammaglobulinemia e timoma. Descriviamo qui un
paziente di 72 anni a cui era stata diagnosticata la sindrome di Good quando ne aveva 62, dopo una storia di 2
anni di infezioni respiratorie ricorrenti.
fa ha sviluppato un’anemia normocromica normocitica che ha richiesto
diverse trasfusioni. Una biopsia ossea
ha rivelato una sindrome mielodisplastica. Il paziente ha iniziato la ciclosporina e l’anemia è gradualmente migliorata, fino a raggiungere l’indipendenza
dalle trasfusioni.
Un esame TAC del torace mostrava
una massa mediastinica che è stata
rimossa chirurgicamente; l’esame istologico ha rivelato un timoma. Il paziente era ipogammaglobulinemico e
le sue condizioni cliniche sono migliorate vistosamente dopo l’inizio di un
dosaggio appropriato di IVIG. Due anni
Clin Exp Med 2008;8(3):171-3
• Il caso clinico riportato in questo articolo riguarda un uomo di 62 anni, sottoposto a
timectomia a seguito di diagnosi di sindrome di Good, la cui ipogammaglobulinemia è
stata trattata con infusioni mensili di IVIG.
• L’interesse del caso risiede non solo nel notevole miglioramento clinico ottenuto con
l’infusione di IVIG, con una notevole riduzione delle infezioni opportunistiche, ma
anche nel ruolo che le IVIG potrebbero aver giocato nel prosieguo della storia clinica
del paziente. Questi ha infatti sviluppato un’anemia refrattaria, trattata con ciclosporina fino a risoluzione dei sintomi. Nonostante il trattamento immunosoppressivo, non
sono state osservate infezioni opportunistiche.
• L’immunodeficienza presente nei pazienti con sindrome di Good non è legata solo alla
riduzione dei livelli di gammaglobuline circolanti, ma anche a un’alterazione dell’immunità cellulare, con inversione del rapporto CD4/CD8 e riduzione delle cellule CD4+. È
possibile che gli effetti benefici della terapia con IVIG in questa patologia siano legati
anche ai già descritti effetti di questo trattamento sulle cellule linfocitarie.
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ematologia
Porpora trombocitopenica idiopatica
La porpora trombocitopenica idiopatica (PTI) rientra nel
a lungo termine. In particolare la terapia corticosteroidea
novero delle malattie autoimmuni ed è una patologia
comporta effetti collaterali, sul lungo periodo, non indiffe-
caratterizzata dalla produzione di autoanticorpi antipiastri-
renti e che rendono necessario in alcuni casi il ricorso alla
ne, prevalentemente diretti verso le glicoproteine IIb/IIIa,
splenectomia. La mancanza di cure risolutive della PTI
che provocano la distruzione delle piastrine circolanti e
rende ragione della sperimentazione, attualmente in
una trombocitopenia pura, non accompagnata da anemia
corso, di trattamenti alternativi, compresi regimi con desa-
o leucopenia. Il quadro clinico della malattia è caratterizza-
metasone ad alte dosi, l’anticorpo monoclonale anti-CD20
to da emorragie cutanee e mucose (porpora, gengivorra-
rituximab, le infusioni intermittenti di anti-D e gli analoghi
gia, epistassi), mentre le emorragie gastrointestinali e geni-
o gli agonisti della trombopoietina. Nonostante alcuni
tourinarie sono poco frequenti e quelle intracraniche sono
risultati promettenti, in particolare per quanto riguarda il
rare. Specie negli adulti, la PTI ha decorso cronico, con il
desametasone, questi trattamenti mancano di prove di
subdolo instaurarsi della trombocitopenia e la tendenza a
efficacia definitive e devono essere considerati ancora in
frequenti recidive. Classicamente, la gravità del quadro
corso di studio.
viene valutata sulla base del numero di piastrine circolanti,
L’infusione di IVIG è stata introdotta nel trattamento della
3
che spesso sono <50.000/mm ; il valore considerato peri-
PTI da quasi tre decadi: le IVIG consentono di ottenere un
coloso, in quanto espone il paziente al rischio di sanguina-
rapido aumento del numero di piastrine circolanti nella
3
10
menti gravi e potenzialmente letali, è <20.000/mm .
maggior parte dei pazienti e comportano generalmente
In realtà, come detto, le emorragie pericolose per la vita, in
effetti collaterali lievi, consistenti in cefalea, febbre o rash
particolare quelle intracraniche (prima causa di morte in
cutanei, mentre le reazioni avverse gravi sono piuttosto
questi pazienti), sono piuttosto rare nei soggetti con PTI,
rare. L’effetto acuto e la rapida normalizzazione della conta
che normalmente vanno incontro a sanguinamenti muco-
piastrinica le rendono particolarmente indicate per il trat-
cutanei di lieve entità, anche se spesso al prezzo di una
tamento di situazioni di emergenza e per la profilassi prima
significativa riduzione delle attività possibili cause di trau-
di manovre o interventi medici.
mi ed emorragie. La presenza o meno di una sintomatolo-
Nonostante la loro efficacia, il meccanismo d’azione delle
gia emorragica e il tipo di quest’ultima dovrebbero quindi
IVIG in questa patologia, come del resto in molte altre, non
essere il criterio da seguire nella scelta di trattare o no il
è del tutto noto. Nuove conoscenze, derivate anche da
paziente con PTI e con quale terapia (Rodeghiero).
modelli animali, tendono attualmente a mettere in discus-
Accanto alle classiche opzioni terapeutiche, costituite
sione la teoria classica del blocco del recettore Fc sulla
essenzialmente da splenectomia e prednisone per via
superficie delle cellule fagocitarie mononucleate, respon-
orale, l’infusione di immunoglobuline endovena (IVIG) e di
sabili della distruzione delle piastrine, quanto meno come
immunoglobuline policlonali anti-D si è affermata nelle
unico meccanismo d’azione. Evidenze sperimentali in vivo
ultime decadi come terapia di prima linea in questi pazien-
e in vitro suggeriscono un ruolo anche per gli anticorpi
ti. Sono tutte opzioni spesso efficaci nel breve periodo, ma
anti-idiotipo, la modulazione della liberazione di citochine
che in molti casi, non eliminando la causa della malattia,
e dell’attivazione delle cellule del sistema immunitario e
non sono curative e pongono il problema del trattamento
l’interazione con il complemento. Nuovi e più complessi
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ematologia
Porpora trombocitopenica idiopatica
modelli, accanto alla visione forse semplicistica di un bloc-
fezione virale, e andamento benigno. D’altra parte, i farma-
co competitivo del recettore Fc, coinvolgono vari effettori
ci corticosteroidei presentano rilevanti effetti collaterali nei
della risposta immune e vari tipi di recettori. Uno di questi
bambini, quindi le infusioni di IVIG o di immunoglobuline
(Crow e Lazarus) ipotizza l’intervento di cellule dendritiche
policlonali anti-D costituiscono una valida alternativa tera-
regolatorie che, attivate dalle IVIG e dai complessi immuni
peutica. Un trattamento con 2 g/kg di IVIG suddivisi in due
circolanti, agiscono direttamente o indirettamente iniben-
dosi in giorni successivi ha permesso di ottenere un
do l’azione fagocitaria dei macrofagi e riducendo così la
aumento della conta piastrinica più rapido e più significa-
distruzione delle piastrine sensibilizzate. Ci si aspetta natu-
tivo rispetto alla terapia con anti-D, ma naturalmente altri
ralmente che l’approfondirsi delle conoscenze in questo
studi saranno necessari per confermare questo dato.
campo possa portare al disegno di protocolli di trattamen-
Inoltre, la maggiore facilità di somministrazione delle anti-
to ancora più efficaci, eventualmente ricorrendo a frazioni
D e i costi minori andranno anch’essi presi in considerazio-
della preparazione di IVIG, individuate come responsabili
ne nella valutazione finale dei due trattamenti.
dell’azione terapeutica, o a strategie in grado di ridurne la
Le limitazioni ancora esistenti nella terapia della PTI, prece-
quantità necessaria e quindi i costi (come la sensibilizzazio-
dentemente illustrate, stimolano la ricerca di nuove moda-
ne di cellule dendritiche in vitro e l’infusione di queste ulti-
lità di trattamento. L’efficacia dimostrata dalle IVIG e i loro
me) (Crow e Lazarus).
scarsi effetti collaterali suggeriscono la possibilità di sfrut-
È interessante notare come gli stessi studi stiano rivelando
tarne il meccanismo d’azione potenziandone gli effetti con
meccanismi d’azione diversi e indipendenti alla base del-
modalità e manipolazioni innovative. Una possibilità inte-
l’efficacia di un altro trattamento utilizzato nella terapia
ressante, sperimentata in vitro, è quella di coniugare le
della PTI, le immunoglobuline policlonali anti-D, una frazio-
immunoglobuline con il methotrexate, un antifolico larga-
ne di immunoglobuline arricchita di specificità diretta
mente usato nella terapia dei tumori e delle malattie
verso l’antigene RhD, efficace nei pazienti con PTI D+ e
autoimmuni, compresa la stessa PTI (Wang et al.). Le mag-
non splenectomizzati. Sebbene anche in questo caso sia
giori limitazioni di questo farmaco risiedono nei rilevanti
stato ipotizzato il blocco competitivo del sistema fagociti-
effetti collaterali. Il coniugato IVIG-MTX si è dimostrato in
co mononucleato da parte dei globuli rossi ricoperti di
grado di legare specificamente i macrofagi attraverso il
anticorpi anti-D, sembrano emergere differenze significati-
recettore Fc e di provocarne la citotossicità selettiva, fon-
ve rispetto all’azione delle IVIG. I due tipi di trattamento uti-
dendo così i vantaggi dei due trattamenti: la potenza di
lizzerebbero recettori Fc di tipo diverso e non andrebbero
azione e la specificità d’azione sul tipo cellulare responsa-
incontro a fenomeni di cross-resistenza, permettendo il
bile della distruzione piastrinica, con effetti dannosi poten-
trattamento con IVIG nei pazienti refrattari alle anti-D e
zialmente minori sull’organismo.
viceversa.
Questi dati sperimentali dimostrano come nuovi orizzonti
Dal punto di vista clinico, un confronto diretto fra IVIG e
siano ancora aperti nella terapia della PTI e come una
anti-D è stato effettuato in una popolazione di bambini
forma di trattamento quale l’infusione di IVIG, ormai consi-
affetti da PTI da Shahgholi et al. Le forme pediatriche di PTI
derata un classico nella terapia di questa malattia, possa
hanno spesso un andamento diverso da quelle degli adul-
andare incontro a ulteriori evoluzioni e migliore sfrutta-
ti, caratterizzato da esordio acuto, spesso a seguito di un’in-
mento di tutte le sue molteplici potenzialità.
11
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ematologia
Porpora trombocitopenica idiopatica
Terapie di prima linea per la porpora
trombocitopenica idiopatica:
rivalutazione della necessità di trattare
La PTI può essere una sfida sia nella
diagnosi sia nel trattamento: nonostante la possibilità di individuare gli
anticorpi antipiastrine, la diagnosi di
PTI rimane una diagnosi di esclusione. Il trattamento della PTI è ugualmente difficile poiché molte terapie
comportano rischi potenzialmente
peggiori della malattia stessa. È stato
generalmente accettato il principio
che la presenza di sanguinamento – e
non il numero delle piastrine –
dovrebbe costituire il razionale per il
trattamento. Nonostante l’assenza di
studi prospettici controllati, vi è consenso generale sul fatto che i rischi di
sanguinamento sono significativamente maggiori nei pazienti con una
conta piastrinica <20-30 × 109/l e che
quindi la terapia sia indicata in questi
pazienti; nei casi di conta piastrinica
maggiore, ma ancora <50 × 109/l, il
trattamento è anche indicato in presenza di sanguinamento significativo
delle membrane mucose. La terapia
12
iniziale standard per la PTI è costituita
da corticosteroidi orali per aumentare
la conta piastrinica. Anche le IVIG o le
immunoglobuline policlonali anti-D
possono incrementare la conta piastrinica e sono particolarmente utili
per indurre un rapido aumento prima
di interventi pianificati. La splenectomia, che produce una risposta di
lunga durata nella maggioranza dei
pazienti, è ancora comunemente
usata per quei casi che non presentano una risposta durevole alla terapia
steroidea e dovrebbe rimanere il trattamento di riferimento. Tuttavia, la
splenectomia è una procedura invasiva; inoltre alcuni pazienti recidivano
anche dopo diversi anni. Molto raramente, si possono verificare casi di
infezioni pericolose per la vita o letali
in ogni momento dopo la splenectomia, per cui i medici e i pazienti sono
sempre più riluttanti a consigliare e
ad accettare questo approccio terapeutico. Sono stati poi valutati altri
Rodeghiero F
Eur J Haematol Suppl 2008;(69):19-26
trattamenti per prevenire o ritardare
la splenectomia, inclusi il desametasone ad alte dosi, le infusioni intermittenti di immunoglobuline policlonali anti-D e il rituximab, tuttavia i
pochi studi randomizzati controllati
con placebo condotti su questi
approcci non consentono attualmente di raccomandarli, poiché la loro
efficacia e sicurezza rimane non chiara. Gli agonisti del recettore della
trombopoietina sono attualmente in
sperimentazione clinica per il trattamento della PTI e possono rappresentare un’opzione terapeutica alternativa per il futuro. Vengono qui
discussi i criteri per trattare la PTI e i
benefici e i rischi delle terapie. Gli
studi attualmente in corso e quelli
futuri aiuteranno a definire le migliori
strategie per aumentare il numero
delle piastrine e ridurre il rischio di
sanguinamento nei pazienti con PTI.
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ematologia
Porpora trombocitopenica idiopatica
• L’articolo di revisione riassume e analizza criticamente le opzioni terapeutiche oggi a
disposizione nel trattamento della PTI, sottolineando in particolare come l’obiettivo di
aumentare il numero di piastrine circolanti sia ormai da considerare obsoleto e dovrebbe essere sostituito dalla riduzione degli episodi emorragici.
• La presenza o meno di eventi emorragici importanti dovrebbe anche guidare la decisione di iniziare o no il trattamento.
• Le terapie di prima linea a disposizione (corticosteroidi, IVIG, anti-D) permettono una
buona risposta immediata nella maggior parte dei casi, ma non intervengono sulla patogenesi di base della malattia e pongono ancora il problema, a tutt’oggi irrisolto, della
gestione a lungo termine dei pazienti che non vanno incontro a splenectomia (Tabella).
• Fra le terapie alternative attualmente in sperimentazione, risultati incoraggianti sono
stati ottenuti col desametasone ad alte dosi, mentre altri approcci (rituximab, anti-D
intermittenti, fattori trombopoietici) richiedono ulteriori conferme di efficacia.
Tabella.
Risposte a breve e lungo termine ai trattamenti di prima linea per la PTI
Risposta iniziale* (%)
Risposta (%) a lungo
termine (> 6 mesi)
Follow-up mediano
(mesi)
62
74
71
13
ND
ND
71
ND
ND
Corticosteroidi
IVIG
Immunoglobuline anti-D
ND: non disponibile. *Pazienti con risposta completa o parziale.
Meccanismi d’azione delle immunoglobuline
endovena e delle immunoglobuline policlonali anti-D
nel miglioramento della porpora trombocitopenica
idiopatica: che cosa sappiamo veramente?
Le IVIG sono state usate per più di 25
anni nel trattamento di un numero
sempre crescente di malattie autoimmuni, inclusa la PTI. Sebbene l’esatto
meccanismo d’azione delle IVIG
rimanga indeterminato, sono state
proposte diverse teorie, inclusi il blocco/inibizione del sistema fagocitico
mononucleato, la neutralizzazione
degli anticorpi da parte di anticorpi
anti-idiotipo, la rimozione degli autoanticorpi patogeni grazie all’inibizione competitiva del recettore Fc neo-
natale delle immunoglobuline, la
modulazione delle citochine, la neutralizzazione del complemento e la
formazione di immunocomplessi
determinanti l’attivazione delle cellule dendritiche. Le immunoglobuline
policlonali anti-D sono un prodotto di
IVIG policlonali arricchite di anticorpi
diretti versi l’antigene RhD dei globuli rossi, che è stato anche usato con
successo nel trattamento della trombocitopenia immune nei pazienti
RhD(+). La teoria principale per spie-
Crow AR, Lazarus AH
Transfus Med Rev 2008;22(2):103-16
gare l’azione delle immunoglobuline
policlonali anti-D è stata classicamente il blocco del sistema fagocitico
mononucleato, sebbene anche la
modulazione dell’espressione del recettore FcγRIIB e/o l’immunomodulazione potrebbero avere un ruolo.
Questo articolo descrive il lavoro
compiuto su un modello murino di
PTI allo scopo di accrescere la comprensione del meccanismo d’azione
di questi due agenti terapeutici.
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ematologia
Porpora trombocitopenica idiopatica
• Gli autori descrivono dettagliatamente i potenziali meccanismi d’azione delle IVIG e
delle immunoglobuline anti-D nella PTI, basandosi sia su modelli animali sia sui dati
disponibili in vivo nell’uomo.
• Sebbene le IVIG e le immunoglobuline anti-D agiscano probabilmente attraverso il
blocco del sistema fagocitico mononucleato, responsabile della distruzione delle piastrine sensibilizzate da autoanticorpi, i relativi meccanismi d’azione appaiono differenti e sembrano coinvolgere diversi tipi di recettore Fc delle immunoglobuline (Figura).
2
1
Macrophage?
DC subser?
NK?
NKT?
NK-DC?
Other?
3
in Indi
hi re
bi ct
tio
n
FcγRIIB upregulation
4
Platelet clearance
Direct inhibition
Macrophage
Downregulated
macrophage
Regulatory DC
Figura.
Activating FcγR
FcγR γ-chain
IVIG
Soluble immune complex
Unknown receptor(s)
Antibody-sensitized platelet
Possibile meccanismo d’azione delle IVIG nella PTI.
• Le IVIG e le immunoglobuline anti-D potrebbero quindi non presentare fenomeni di
cross-resistenza, grazie ai diversi meccanismi d’azione coinvolti, e il trattamento con
una di queste due forme di terapia potrebbe essere efficace nei pazienti resistenti
all’altra.
14
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ematologia
Porpora trombocitopenica idiopatica
Immunoglobuline endovena vs immunoglobuline
anti-D endovena per il trattamento della porpora
trombocitopenica idiopatica acuta
Shahgholi E, Vosough P, Sotoudeh K,
Arjomandi K, Ansari S, Salehi S,
Faranoush M, Ehsani MA
Obiettivi: Lo scopo di questo studio è
stato di confrontare l’efficacia e gli effetti collaterali delle IVIG con le immunoglobuline anti-D endovena per il
trattamento della PTI acuta di nuova
diagnosi nei bambini. Metodi: Pazienti
pediatrici (da 6 mesi a 14 anni d’età)
con PTI acuta di nuova diagnosi e conta piastrinica <20.000/mm3 sono stati
randomizzati a ricevere una singola
dose endovena di anti-D di 75 μg/kg o
1 g/kg di IVIG per due giorni consecutivi (dose totale: 2 g/kg). La risposta è
giore che nel gruppo anti-D (76%) (p =
0,017). Dopo 7 giorni la conta piastrinica di tutti i pazienti compresi nel gruppo IVIG era >20.000/mm3, mentre nel
gruppo anti-D il 12% dei pazienti aveva
valori piastrinici <20.000/mm3. Conclusioni: Nella PTI acuta dei bambini il
trattamento iniziale con IVIG (2 g/kg
divisi in due dosi) ha aumentato i livelli
piastrinici più rapidamente e più significativamente rispetto alla terapia con
anti-D endovena (dose singola di 75
μg/kg), entro le prime 72 ore.
stata definita come una conta piastrinica >20.000/mm3 72 ore dopo il trattamento iniziale. Risultati: Ottantuno
pazienti (52 maschi e 29 femmine) con
un’età mediana di 5 anni e 3 mesi sono
stati suddivisi in modo random in un
gruppo anti-D (n = 42) e un gruppo
IVIG (n = 39). I valori piastrinici medi al
basale (prima del trattamento) erano
pari a 15.406/mm3 e 15.230/mm3 nel
gruppo anti-D e IVIG, rispettivamente.
Il tasso di risposta nel gruppo IVIG
(98%) è stato significativamente mag-
Indian J Pediatr 2008. [Epub ahead of print]
Conta piastrinica (mm3)
• La PTI nei bambini è spesso benigna, ma pone problemi terapeutici specifici, legati agli
effetti collaterali che i corticosteroidi, farmaci di prima linea nel trattamento di questa
patologia, hanno in particolare in età pediatrica.
• I due possibili trattamenti alternativi (IVIG e immunoglobuline anti-D) sono stati messi
a confronto in questo studio: l’efficacia delle IVIG è risultata superiore in termini di
aumento del numero delle piastrine circolanti, nonostante l’utilizzo di alte dosi di antiD (75 μg/kg) (Figura).
• Le risposte al trattamento sono state molto rapide, con la scomparsa dei sintomi emorragici circa 16 ore dopo l’infusione di IVIG, confermando che
25.000
Anti-D
questa opzione terapeutica è la
IVIG
20.000
più indicata in caso di necessità
15.000
di recupero rapido della conta
piastrinica.
10.000
• Pur in presenza di una minore
5000
efficacia terapeutica, l’uso di
0
anti-D presenta, a parere degli
2
3
7
14
Basale
autori, i vantaggi di una maggioGiorni dopo il trattamento
re facilità d’uso e di minori costi.
Figura.
Conta piastrinica dopo trattamento con IVIG e immunoglobuline anti-D.
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ematologia
Porpora trombocitopenica idiopatica
La coniugazione del methotrexate con le
immunoglobuline induce l’apoptosi dei macrofagi
attraverso un uptake mediato dal recettore Fc?
Wang X, Yao C, Jiang Z
Lo scopo di questo studio è stato di
coniugare il methotrexate (MTX) con le
IVIG e di indagare se il coniugato induceva una citotossicità selettiva sui
macrofagi, per ottenere una nuova strategia per il trattamento della PTI. Il MTX
è stato legato alle IVIG utilizzando albu-
legame dei recettori Fc del coniugato
ha mostrato una citotossicità significativamente maggiore verso i macrofagi
che verso le cellule Hela. Il coniugato di
IVIG e MTX mostrava quindi una potente e selettiva citotossicità verso i macrofagi in vitro.
mina sierica umana come intermediario. L’attività di legame del frammento
Fc del coniugato è stata testata tramite
citometria di flusso. La citotossicità
selettiva del coniugato è stata determinata mediante esclusione con tripan
blu. Dopo la coniugazione, l’attività di
Int J Lab Hematol 2008;30(3):185-90
Citotossicità (%)
• Il razionale alla base di questo studio in vitro è quello di coniugare fra loro due sostanze utilizzate nel trattamento della PTI, allo scopo di potenziarne l’efficacia e di diminuirne gli effetti collaterali.
• I complessi di IVIG e MTX sono stati disegnati per utilizzare il legame selettivo delle IVIG
con i macrofagi responsabili della distruzione piastrinica (meno effetti collaterali sistemici) e l’effetto citotossico del MTX (maggiore e prolungata efficacia terapeutica).
• Questi complessi si
sono dimostrati in
100
grado di legare speciCellule Hela
ficamente i macrofagi
80
Macrofagi
attraverso il recettore
60
Fc delle immunoglobuline e di indurne
40
l’apoptosi (Figura), ponendo così le basi
20
teoriche per un po0
tenziale futuro svilup0,1
1
10
100
1000
Complessi IVIG-MTX
po nell’uso delle IVIG
nella PTI.
Figura.
16
Citotossicità selettiva (sui macrofagi e non su cellule Hela) dei
complessi IVIG-MTX.
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neurologia
Poliradiculoneuropatia demielinizzante
infiammatoria cronica
La poliradiculoneuropatia demielinizzante infiammatoria
cronica (CIDP) è una neuropatia a patogenesi autoimmune caratterizzata da comparsa di debolezza muscolare
simmetrica degli arti, coinvolgente sia i muscoli prossimali sia quelli distali, che progredisce per più di 2 mesi. Sono
spesso presenti anche disturbi della sensibilità o alterazione dei riflessi tendinei. La malattia è caratterizzata dai
segni elettrofisiologici della demielinizzazione e si ritiene
che nella sua patogenesi la risposta umorale, con la produzione di autoanticorpi, giochi un ruolo importante nel
mediare il danno nervoso periferico.
La CIDP ha un andamento cronico o recidivante; la maggior parte dei pazienti rispondenti al trattamento necessita di una terapia di mantenimento a lungo termine per
preservare una buona abilità motoria e impedire l’instaurarsi di danni neuronali permanenti. Questa caratteristica
pone problemi peculiari nelle scelte terapeutiche, poiché,
sebbene la malattia sia inclusa fra le neuropatie trattabili,
la necessità di un trattamento per lunghi periodi di tempo
impone di prendere in adeguata considerazione costi ed
effetti collaterali delle terapie effettuate.
Al momento attuale, i trattamenti di prima linea utilizzati
nella CIDP comprendono le immunoglobuline endovena
(IVIG), i farmaci corticosteroidei e il plasma exchange
(Brannagan). Le IVIG vengono spesso considerate la terapia di scelta, sulla base della provata efficacia e della scarsità di effetti collaterali importanti a lungo termine. La
maggior parte dei pazienti risponde anche al trattamento
con prednisone alla dose di 1-1,5 mg/kg (40-100 mg) al dì
per 2-4 settimane. Nei pazienti rispondenti il dosaggio
viene poi successivamente ridotto, fino a raggiungere la
dose minima efficace. Tuttavia, gli effetti collaterali di una
terapia corticosteroidea per lunghi periodi di tempo non
sono indifferenti e includono fra gli altri iperglicemia, ipertensione, gastriti, osteoporosi e cataratta. Fino al 70% dei
pazienti con CIDP recidiva quando la dose di steroidi è
ridotta e sono quindi stati raccomandati schemi di trattamento della durata di almeno 2 anni. Il plasma exchange è
un’opzione terapeutica efficace, anche se di gestione piuttosto complicata e limitata a centri specialistici.
Nei pazienti che non rispondono alla terapia di prima scelta vengono impiegati farmaci alternativi, fra cui in particolare gli agenti immunosoppressori quali ciclosporina,
ciclofosfamide, azatioprina e fludarabina. Più recentemente, sono stati sperimentati farmaci immunomodulatori
specifici, come gli anticorpi monoclonali rituximab (antiCD20) e campath-1H (anti-CD52), per i quali tuttavia mancano al momento dati definitivi di efficacia, l’anti-TNF etanercept, risultato attivo in una piccola coorte di pazienti
con CIDP, e l’interferon α e β, con risultati contrastanti
(Brannagan). Come già accennato, l’infusione di IVIG è
considerata la terapia di prima scelta nei pazienti con
CIDP. La loro efficacia è stata dimostrata in diversi studi
randomizzati, recentemente considerati da una metanalisi Cochrane (Eftimov et al.). Dalla metanalisi di 5 studi randomizzati di confronto fra IVIG e placebo nel trattamento
della CIDP, compreso lo studio ICE pubblicato nel 2008, il
più vasto finora con 117 pazienti trattati, la capacità della
terapia con IVIG di migliorare la disabilità dei pazienti con
CIDP è emersa in maniera statisticamente significativa.
Due piccoli studi hanno anche confrontato le IVIG con i
corticosteroidi e il plasma exchange, rispettivamente, ottenendo dati di efficacia, per quanto parziali per il non ottimale disegno dei trial, sostanzialmente sovrapponibili.
Gli autori dell’analisi concludono sulla necessità di valutare costi, effetti collaterali, durata del trattamento e facilità
di somministrazione nella scelta di una terapia di prima
linea nei pazienti con CIDP. Sebbene i corticosteroidi possano essere somministrati per via orale e siano economici,
in particolare rispetto agli alti costi della terapia con IVIG,
viene sottolineato come gli eventi avversi associati con un
trattamento corticosteroideo a lungo termine possano
rappresentare anch’essi un carico economico non indifferente e andrebbero presi in considerazione. Il plasma
exchange è considerato complicato, costoso e senza reali
vantaggi rispetto alle IVIG.
Uno dei problemi associati al trattamento della CIDP è
rappresentato dal monitoraggio periodico della risposta
alla terapia, allo scopo di ridurre il dosaggio, e quindi i
costi e gli effetti collaterali, in caso di buona risposta o, al
17
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neurologia
Poliradiculoneuropatia demielinizzante infiammatoria cronica
contrario, di aumentarlo prima dell’instaurarsi di danni
neuronali permanenti, in caso di risposta subottimale. I
metodi proposti sono diversi, compreso quello segnalato
da Harbo et al., basato sulla valutazione della forza muscolare tramite dinamometria isocinetica. Essi dimostrano
come, nei pazienti rispondenti alle IVIG, l’interruzione del
trattamento induca una diminuzione della forza muscolare di circa il 15%, seguita da un nuovo incremento fino ai
valori basali alla ripresa della terapia, e consigliano l’esecuzione periodica di questo test per valutare la sensibilità
della malattia all’infusione di IVIG.
Indipendentemente dal metodo usato, non vi è dubbio
che un monitoraggio periodico dei sintomi e dei segni, il
più possibile oggettivo, dei pazienti con CIDP in terapia di
mantenimento sia una pratica opportuna e raccomandabile, da effettuarsi a intervalli periodici. Occorre infatti
ricordare che la risposta all’immunoterapia varia considerevolmente nei diversi casi e nel tempo nel singolo
paziente, per cui il trattamento dovrebbe essere aggiustato periodicamente e non utilizzato acriticamente sulla
base degli schemi riportati nei trial clinici. Tuttavia,
un’eventuale interruzione della terapia per valutare l’andamento clinico o la potenziale remissione della malattia
andrebbe attuata con criterio, per evitare l’instaurarsi di
perdite assonali permanenti, come è stato riportato in letteratura.
Come in altre patologie, il meccanismo d’azione delle IVIG
nella CIDP non è completamente noto e include probabil-
18
mente la riduzione della sintesi di autoanticorpi, la loro inibizione o accelerata distruzione e il blocco delle funzioni
dei fagociti mononucleati tramite il legame ai recettori
per il frammento Fc delle immunoglobuline. Studi clinici e
in modelli animali aggiungono tuttavia costantemente
nuovi elementi alle nostre conoscenze sull’argomento e
potrebbero portare in futuro a migliori modalità d’uso di
questa strategia terapeutica.
Un’osservazione interessante è quella di una specifica
riduzione dell’espressione del recettore inibitorio FcγRIIB
sui linfociti B dei pazienti con CIDP, espressione che risulta
invece aumentata nei pazienti rispondenti all’infusione di
IVIG (Tackenberg et al.). L’FCγRIIB è un recettore per il frammento Fc delle immunoglobuline a funzione inibitoria, il
cui ruolo potrebbe essere quello di impedire ai linfociti B
con specificità per il self di maturare e trasformarsi in plasmacellule. Livelli ridotti o non funzionanti di FcgγRIIB
sono risultati associati con patologie autoimmuni, come il
lupus eritematoso sistemico, e la sua presenza è necessaria per l’efficacia clinica delle IVIG.
L’osservazione al momento è ovviamente ristretta a un
numero limitato di pazienti. Tuttavia, se confermata, oltre
a fornire un nuovo potenziale meccanismo d’azione per le
IVIG nella CIDP, e forse in altre patologie autoimmuni,
potrebbe aprire la strada a strategie terapeutiche innovative per il trattamento di questa malattia, mirate specificamente alla modulazione della funzione e dell’espressione
del recettore FcγRIIB.
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neurologia
Poliradiculoneuropatia demielinizzante infiammatoria cronica
Trattamenti attuali delle polineuropatie
demielinizzanti croniche immunomediate
Brannagan TH 3rd
La CIDP, la neuropatia motoria multifocale (MMN) e la neuropatia con anticorpi anti-MAG (Myelin-Associated Glycoprotein) sono neuropatie demielinizzanti acquisite con risposte distinte
all’immunoterapia. In studi clinici randomizzati in doppio cieco controllati
con placebo le IVIG sono risultate efficaci nella CIDP e nella MMN e il plasma
ropatia infiammatoria demielinizzante
in serie di pazienti e in casi isolati. La
revisione esamina l’uso e la tossicità
associata con questi trattamenti immunoterapici nella terapia dei pazienti con polineuropatia demielinizzante
cronica immunomediata.
Muscle Nerve 2009;39(5):563-78
exchange è risultato efficace nella CIDP.
La terapia corticosteroidea ha dato
risultati positivi in studi controllati nei
pazienti con CIDP. Altri agenti, inclusa
la ciclofosfamide, il rituximab, l’azatioprina, la ciclosporina, gli interferoni, la
fludarabina, il mofetil micofenolato e
l’etanercept, si sono dimostrati in
grado di produrre benefici nella neu-
• L’articolo rivede in modo approfondito le diverse opzioni di trattamento (IVIG, plasma
exchange, corticosteroidi, chemioterapici e immunosoppressori specifici) per la terapia
delle polineuropatie demielinizzanti croniche, inclusa la CIDP, descrivendo in modo
dettagliato, per ognuno di questi trattamenti, schemi di somministrazione, risultati ed
effetti collaterali.
• Nella CIDP vengono indicate le IVIG come terapia di prima scelta. Possibili alternative
sono plasma exchange e corticosteroidi. Nei pazienti che non rispondono a uno di questi tre trattamenti possono essere sperimentati immunosoppressori e immunomodulatori (Tabella).
• Viene in particolare ribadito come la CIDP rappresenti una condizione cronica, che in
circa due terzi dei casi richiede una terapia di mantenimento, generalmente istituita
valutando la dose minima di trattamento necessaria per mantenere l’efficacia clinica.
Gli effetti collaterali a lungo termine associati ad alcune terapie, come i corticosteroidi,
andranno presi in considerazione nella valutazione dei diversi trattamenti.
• La possibilità che si verifichino danni neuronali permanenti sconsiglia di interrompere la
terapia di mantenimento per poi riprenderla alla comparsa di un peggioramento clinico.
Tabella.
Terapia con IVIG nella CIDP
Trattamento
Dose
Trial
Soggetti (n)
Soggetti rispondenti (%)
IVIG
0,4 g/kg per 3 sett.,
poi 0,2 g/kg per 3 sett.
RCT in doppio cieco
10
10 (100%)
IVIG
2 g/kg
RCT in doppio cieco
controllato con placebo
30
19 (63%)
IVIG
2 g/kg, poi 1 g/kg
RCT in doppio cieco
controllato con placebo
29
22 (76%)
IVIG
2 g/kg
RCT in doppio cieco
16
9 (56%)
IVIG
2 g/kg, 1 g/kg
ogni 3 sett.
RCT in doppio cieco
controllato con placebo
59
32 (54%)
19
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neurologia
Poliradiculoneuropatia demielinizzante infiammatoria cronica
Immunoglobuline endovena per la
poliradiculoneuropatia demielinizzante
infiammatoria cronica
Eftimov F, Winer JB, Vermeulen M,
de Haan R, van Schaik IN
Premesse: La CIDP causa debolezza e
intorpidimento progressivi o recidivanti degli arti che si sviluppano in un arco
di tempo di almeno 2 mesi. Studi non
controllati suggeriscono che la somministrazione di IVIG è efficace. Obiettivi:
Rivedere sistematicamente le evidenze
provenienti da studi randomizzati controllati riguardanti l’efficacia e la sicurezza delle IVIG nella CIDP. Strategia di
ricerca: Ricerca in Registro Cochrane
dei Trial Neuromuscolari, MEDLINE,
EMBASE e ISI dal gennaio 1985 al maggio 2008. Criteri di selezione: Studi
randomizzati controllati di qualunque
dosaggio di IVIG vs placebo, plasma
exchange o corticosteroidi nella CIDP
sicura o probabile. Raccolta e analisi
dei dati: Due autori hanno rivisto la
ricerca della letteratura per identificare
gli studi potenzialmente rilevanti, valutare la loro qualità ed estrarre i dati
indipendentemente. Abbiamo contattato gli autori degli studi originali per
ottenere ulteriori informazioni. Risultati principali: Sono stati considerati
eleggibili 7 studi randomizzati control-
incluso in questa revisione aveva un
follow-up a lungo termine. I risultati di
questo studio suggeriscono che le IVIG
migliorano la disabilità più del placebo
per 24 e 48 settimane. Il punteggio
medio di disabilità non ha rivelato differenze significative fra IVIG e plasma
exchange a 6 settimane. Non vi erano
differenze significative in termini di
riduzione della disabilità con il prednisolone paragonato alle IVIG dopo 2 o 6
settimane. Non vi erano differenze statisticamente significative nella frequenza degli effetti collaterali fra questi
tre tipi di trattamento. Conclusioni
degli autori: Le evidenze provenienti
da studi randomizzati controllati
mostrano che l’infusione di IVIG, paragonata a un placebo, migliora la disabilità per almeno 2-6 settimane, con
numero di casi da trattare (NTT,
Needed-To-Treat) pari a 3,00. Durante
questo periodo, le IVIG presentano
un’efficacia simile al plasma exchange e
al prednisolone orale. In un vasto trial, il
beneficio delle IVIG persisteva per 24 e
forse 48 settimane.
lati, per un totale di 287 partecipanti.
Questi studi erano omogenei e la qualità complessiva era alta. Cinque studi
con 235 partecipanti paragonavano le
IVIG con un placebo, uno studio con 20
partecipanti paragonava le IVIG con il
plasma exchange e uno le IVIG con il
prednisolone in 32 partecipanti. Una
proporzione significativamente maggiore di pazienti otteneva un miglioramento della disabilità entro un mese
dalla terapia con IVIG rispetto al placebo (rischio relativo: 2,40; IC 95% 1,723,36). Da questa metanalisi non può
essere dedotto se tutti questi miglioramenti siano ugualmente rilevanti clinicamente, poiché ogni trial ha usato differenti scale di disabilità e definizioni
diverse di miglioramento significativo.
In tre studi con 84 partecipanti totali, la
disabilità si è potuta trasformare nel
punteggio modificato di Rankin, sulla
base del quale un numero significativamente più alto di pazienti è migliorato di un punto dopo terapia con IVIG
rispetto al placebo (rischio relativo:
2,40; IC 95 0,98-5,83). Solo uno studio
Cochrane Database Syst Rev 2009;(1):CD001797
• La revisione è l’aggiornamento di una precedente analisi pubblicata nel 2002 e prevede un up-date degli studi clinici randomizzati controllati sull’utilizzo della terapia
con IVIG nella CIDP. In particolare, rispetto alla precedente, è stato inserito un largo
studio randomizzato di confronto fra IVIG e placebo in 117 pazienti con CIDP (studio
ICE).
• L’efficacia del trattamento è stata definita come un miglioramento significativo della
disabilità clinica entro 6 settimane dalla terapia (outcome primario).
• L’infusione di IVIG è risultata più efficace rispetto al placebo in 5 studi, giudicati dagli
autori omogenei e di buona qualità. Due piccoli studi hanno confrontato le IVIG con
il trattamento con prednisolone e con plasma exchange, rispettivamente, a breve termine, senza rilevare differenze significative in termini di efficacia. Tuttavia, i dati ripor-
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neurologia
Poliradiculoneuropatia demielinizzante infiammatoria cronica
tati non erano sufficienti per valutare l’outcome primario nel confronto con il plasma exchange (Figura).
• Lo studio ICE è stato anche l’unico a valutare l’effetto dell’infusione delle IVIG a lungo
termine, dimostrando un’efficacia della durata di almeno 24 e forse 48 settimane.
Rassegna: IVIG nella CIDP
Confronto: IVIG vs placebo
Outcome: Miglioramento significativo alla scala di disabilità usata nello studio originale
Studio o
sottogruppo
IVIG
n/N
1 Disegno parallelo
Mendell 2001
11/30
Vermeulen 1993
4/15
Hughes 2008
42/59
Subtotale (IC 95%) 104
Placebo
n/N
Rapporto di rischio
M-H, fisso, IC 95%
2/23
3/13
20/58
94
Peso
Rapporto di rischio
M-H, fisso, IC 95%
7,2%
10,2%
64,2%
81,7%
4,22 [1,03-17.19]
1,16 [0,32-4,24]
2,06 [1,40-3,05]
2,14 [1,48-3,09]
1,6%
16,8%
18,3%
5,00 [0,28-88,53]
3,42 [1,48-7,90]
3,56 [1,59-7,96]
100,0%
2,40 [1,72-3,36]
Eventi totali: 57 (IVIG), 25 (placebo)
Eterogeneità: Chi2 = 1,79, df =2 (p = 0,41), I2 = 0,0%
Test per l’effetto globale: Z = 4,05 (p = 0,000050)
2 Disegno cross-over
Thompson 1996
2/7
Hahn 1996
19/30
Subtotale (IC 95%)
37
0/7
5/27
34
Eventi totali: 21 (IVIG), 5 (placebo)
Eterogeneità: Chi2 = 0,06, df =1 (p = 0,80), I2 = 0,0%
Test per l’effetto globale: Z = 3,09 (p = 0,0020)
Totale (IC 95%)
141
128
Eventi totali: 78 (IVIG), 30 (placebo)
Eterogeneità: Chi2 = 3,34, df =4 (p = 0,50), I2 = 0,0%
Test per l’effetto globale: Z = 5,11 (p <0,00001)
0,00010 0,1 1,0 10,0 1000,0
A favore del placebo
Figura.
A favore delle IVIG
Efficacia delle IVIG rispetto al placebo nel trattamento della CIDP.
Risposta motoria acuta dopo un singolo ciclo
di trattamento con immunoglobuline endovena
nella poliradiculoneuropatia demielinizzante
infiammatoria cronica
È stata studiata nella CIDP la risposta
motoria acuta a seguito della sospensione e della ripresa della terapia con
IVIG. Undici pazienti con CIDP in terapia di mantenimento con IVIG, seguiti
prospetticamente, sono stati valutati
tramite dinamometria isocinetica,
studi di conduzione nervosa e test
funzionali. A breve termine, dopo la
sospensione delle IVIG, 8 pazienti
rispondenti al trattamento hanno
mostrato una perdita pari al 14,2%
(8,6-20,0%) della forza isocinetica di 12
gruppi muscolari. Tre pazienti sono
rimasti stabili senza trattamento e
sono stati esclusi dalla valutazione
successiva. Ai giorni 5 e 10 dopo la
ripresa della terapia con IVIG la forza
muscolare isocinetica è aumentata
del 5,5% (1,6-9,6%) e dell’11,9% (7,516,5%), rispettivamente, ma non sono
stati registrati ulteriori incrementi al
Harbo T, Andersen H, Jakobsen J
Muscle Nerve 2009;39(4):439-470
giorno 15. I miglioramenti della velocità di deambulazione e della funzione della mano coincidevano. La latenza minima dell’onda F era accorciata,
mentre gli altri parametri elettrofisiologici erano rimasti invariati. In conclusione, la dinamometria isocinetica
rappresenta un metodo sensibile e clinicamente rilevante per monitorare la
risposta acuta al trattamento con IVIG
nella CIDP.
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neurologia
Poliradiculoneuropatia demielinizzante infiammatoria cronica
• L’articolo riporta le modifiche della forza muscolare e della funzionalità degli arti in
pazienti in terapia di mantenimento con IVIG alla sospensione di queste ultime.
Vengono descritti i peggioramenti, in particolare per quanto riguarda la forza isocinetica, dopo l’interruzione della terapia, che hanno raggiunto un massimo dopo 45 giorni.
• La somministrazione di una nuova dose di IVIG ha provocato un nuovo miglioramento
clinico, con il raggiungimento di livelli paragonabili a quelli ottenuti prima dell’interruzione. Oltre a dimostrare una mantenuta sensibilità alle IVIG in questi pazienti, il dato
depone anche a favore di una non irreversibilità dei peggioramenti osservati.
Interruzioni simili, propongono gli autori, potrebbero quindi essere eseguite periodicamente per valutare la persistente sensibilità del paziente alle IVIG (Figura).
• L’utilizzo di un dinamometro isocinetico viene indicato come metodo sensibile e utile
per la valutazione della risposta motoria muscolare alle IVIG e potenzialmente per
monitorare la terapia a lungo termine. PTI.
Giorno 5
*: p = 0,05
Giorno 10
*
Giorno 15
**: p = 0,01
20
Miglioramento (%)
**
**
**
15
**
*
10
*
*
**
**
5
0
Forza isocinetica
Figura.
22
Nine-hole peg test
Cammino per 40 m
Miglioramenti clinici a seguito della ripresa della terapia con IVIG.
Forza NIS
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Poliradiculoneuropatia demielinizzante infiammatoria cronica
Ridotta espressione del recettore inibitorio FcγRIIB
sui linfociti B nella polineuropatia demielinizzante
infiammatoria cronica
Tackenberg B, Jelcic I, Baerenwaldt A,
Oertel WH, Sommer N, Nimmerjahn F,
Lünemann JD
Il recettore inibitorio FcγRIIB, espresso
sulle cellule mieloidi e sui linfociti B,
gioca un ruolo critico nell’equilibrio fra
tolleranza e autoimmunità ed è necessario per l’attività antinfiammatoria
delle IVIG in diversi modelli murini di
patologie. Tuttavia, la funzione di
FcγRIIB e la sua regolazione da parte
delle IVIG nelle malattie autoimmuni
umane sono meno conosciute. La
CIDP è la più comune fra le polineuropatie croniche acquisite trattabili e le
IVIG sono largamente usate in questa
patologia come terapia iniziale e di
autoimmuni, era maggiormente espresso nella CIDP. Inoltre, l’espressione
della proteina FcγRIIB era aumentata
sui monociti e sui linfociti B dopo un
trattamento clinicamente efficace con
IVIG. Quindi, i nostri risultati suggeriscono che il recettore inibitorio FcγRIIB
è alterato in un punto critico nella differenziazione dei linfociti B nei pazienti con CIDP e che la modulazione della
sua espressione potrebbe essere un
approccio promettente per intervenire efficacemente sull’immunopatologia anticorpo-mediata nella CIDP.
Proc Natl Acad Sci U S A 2009;106(12):4788-92
mantenimento. Pazienti con CIDP mai
trattati, paragonati a controlli sani
demograficamente corrispondenti,
mostravano livelli di espressione di
FcγRIIB consistentemente più bassi sui
linfociti B naive e non erano in grado
di aumentare l’espressione o mantenere l’aumento di FcγRIIB quando i linfociti B passavano dal compartimento
naive e quello memoria. Contemporaneamente, il raro polimorfismo 386C/-120A del promoter di FcγRIIB,
risultante in una ridotta attività, precedentemente associato con fenotipi
• Questo studio identifica una specifica alterazione presente nei pazienti con CIDP, la
ridotta espressione del recettore inibitorio FcγRIIB sui linfociti B naive e memoria, e ne
suggerisce la rilevanza patogenetica, sulla base di modelli sperimentali animali.
• Il recettore FcγRIIB è l’unico a funzione inibitoria fra i recettori per il frammento Fc delle
immunoglobuline e sembra essere implicato nei meccanismi di immunotolleranza, con
il ruolo di impedire ai linfociti B con specificità per il self di entrare nei centri germinativi e trasformarsi in plasmacellule.
• La ridotta espressione di questo recettore nei pazienti con CIDP e l’aumento dei livelli
di proteina a seguito dell’infusione di IVIG suggeriscono una possibile ulteriore modalità d’azione delle IVIG in
questa patologia, oltre a
CD14
CD19 CD27
CD19 CD27
quelle già conosciute e
*
*
*
100
100
100
ipotizzate. È da sottolineare come modelli ani50
50
50
mali abbiano dimostrato
che l’efficacia clinica delle
0
0
0
IVIG in vari disordini autoimmuni dipende dalla
presenza di un recettore
-50
-50
-50
Non trattati Post-IVIG
Non trattati Post-IVIG
Non trattati Post-IVIG
FcγRIIB integro (Figura).
+
–
+
+
Regolazione (%)
+
Figura.
Aumento dell’espressione di FcγRIIB nei pazienti con CIDP rispondenti al trattamento con IVIG.
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aggiornamenti
Polimiosite e
dermatomiosite
Immunoglobuline endovena in
combinazione con mofetil micofenolato nel trattamento della miosite severa
Danieli MG, Calcabrini L, Calabrese
V, Marchetti A, Logullo F, Gabrielli A
Autoimmun Rev 2009 Apr 19
[Epub ahead of print]
L’articolo riporta uno studio eseguito
su 7 pazienti con polimiosite e dermatomiosite resistenti alla terapia con
steroidi e immunosoppressori, trattati
con una combinazione di mofetil
micofenolato (MMF) e IVIG (2 g/kg/
mese). Tutti i pazienti hanno mostrato
miglioramento clinico, riduzione degli
enzimi muscolari sierici e risoluzione
delle alterazioni elettromiografiche. Le
risposte sono state rapide, a causa di
un possibile effetto sinergico fra i due
trattamenti, e la somministrazione di
IVIG ha ridotto notevolmente i severi
effetti collaterali (in particolare il
rischio infettivo) legati all’uso del MMF.
La terapia con IVIG in aggiunta al MMF
appare dunque un’opzione valida e
sicura nei pazienti con miosite non
rispondenti ai trattamenti standard.
Sindrome di
Guillain-Barré
Sindrome di Guillain-Barré: aggiornamento
Vucic S, Kiernan MC, Cornblath DR
J Clin Neurosci 2009;(6):733-741
In questa review vengono riviste le più
recenti acquisizioni sulla clinica, la
patogenesi e il trattamento delle
diverse forme di sindrome di GuillainBarré. Di particolare interesse, la correlazione prospettata dagli autori fra
potenziali meccanismi patogenetici e
risposta al trattamento, che in questi
pazienti è basato classicamente su plasma exchange e infusione di IVIG. La
rapida (a volte anche ore) risoluzione
dei sintomi a seguito di queste terapie
immunomodulanti sembra infatti difficilmente spiegabile con una rimielinizzazione assonale, ma depone piuttosto per la rimozione dal circolo di
auto-anticorpi che interferiscono con
la funzione dei canali del sodio. Al contrario, la mancata efficacia dei corticosteroidi orali potrebbe essere spiegata,
almeno in parte, dall’inibizione dei
macrofagi responsabili della rimozione
dei detriti mielinici.
Sindrome di Kawasaki
Valutazione della risposta al trattamento con 1 g/kg di immunoglobuline endovena della sindrome di
Kawasaki acuta: metodo efficace e
in grado di diminuire i costi
Ichihashi K, Shiraishi H, Momoi M
Cardiol Young 2009;19(3):224-227
Lo studio riportato in questo articolo
ha indagato la possibilità di trattare
efficacemente i pazienti con sindrome
di Kawasaki con un dosaggio di IVIG
inferiore a quello standard (1g/kg invece di 2g/kg). Basandosi su un’indagine
retrospettiva delle cartelle cliniche, gli
autori hanno individuato alcune caratteristiche cliniche e di laboratorio in
grado di identificare i pazienti che con
maggiore probabilità possono rispondere al dosaggio ridotto. Viene anche
fornito un interessante sistema di punteggio, la cui sensibilità nell’identificare
i pazienti rispondenti risulta del 60% e
la cui specificità è del 91%, che può
essere utilmente impiegato in clinica
permettendo, in questi casi, una riduzione dei costi terapeutici della metà.
Sindrome da anticorpi
antifosfolipidi
Sindrome da anticorpi antifosfolipidi “catastrofica”: analisi descrittiva
di una serie di 280 pazienti dal
“CAPS Registry”
Cervera R, Bucciarelli S, Plasín MA,
Gómez-Puerta JA, Plaza J,
Pons-Estel G, Shoenfeld Y, Ingelmo
M, Espinos G, for the Catastrophic
Antiphospholipid Syndrome Caps
Registry Project Group European
Forum on Antiphospholipid
Antibodies
J Autoimmun 2009;32(3-4):240-245
Gli autori di questo articolo hanno
compiuto un’approfondita analisi
retrospettiva delle caratteristiche cliniche e possibilità terapeutiche della
grave forma, definita “catastrofica”, di
sindrome da anticorpi antifosfolipidi,
la cui percentuale di mortalità, nella
serie di 280 pazienti presa in considerazione, raggiunge il 44%. Dal punto
di vista terapeutico, le maggiori probabilità di risoluzione (con un tasso di
guarigione del 69%) risultano dalla
combinazione di anticoagulanti e
steroidi con trattamenti in grado
di ridurre rapidamente il titolo
anticorpale (IVIG in particolare, o
plasma exchange).
Miastenia gravis
Miastenia gravis giovanile
Chiang LM, Darras BT, Kang PB
Muscle Nerve 2009;39(4):423-431
La review riassume le peculiarità epidemiologiche, cliniche e terapeutiche
delle forme giovanili di miastenia gravis. In particolare per quanto riguarda
il trattamento, l’utilizzo di farmaci corticosteroidei può portare a effetti collaterali a lungo termine particolarmente importanti nei bambini e negli
adolescenti, mentre gli agenti immunosoppressori e i chemioterapici vanno usati con cautela per il rischio di
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cancerogenicità. Per queste ragioni,
l’uso di trattamenti immunomodulatori, fra cui in particolare le IVIG, associate a scarsa tossicità, assume un
ruolo di speciale importanza in questi
giovani pazienti rispetto agli adulti.
Pemfigo e pemfigoide
Studio clinico randomizzato in doppio cieco sull’uso delle immunoglobuline endovena nel trattamento
del pemfigo
Amagai M, Ikeda S, Shimizu H,
Iizuka H, Hanada K, Aiba S, Kaneko F,
Izaki S, Tamaki K, Ikezawa Z,
Takigawa M, Seishima M, Tanaka T,
Miyachi Y, Katayama I, Horiguchi Y,
Miyagawa S, Furukawa F, Iwatsuki K,
Hide M, Tokura Y, Furue M,
Hashimoto T, Ihn H, Fujiwara S,
Nishikawa T, Ogawa H, Kitajima Y,
Hashimoto K, Pemphigus Study
Group
J Am Acad Dermatol 2009;60(4):595-603
L’efficacia delle IVIG nel trattamento
del pemfigo è stata dimostrata, ma
gli studi randomizzati e controllati
sono scarsi. Questo articolo riporta
uno studio clinico randomizzato in
doppio cieco su 61 pazienti con
pemfigo resistente ai corticosteroidi,
trattati con 400, 200 o 0 mg/kg/die di
IVIG per 5 giorni. Nel gruppo trattato
con la dose più alta è stata riscontrata un’efficacia terapeutica, con riduzione dell’attività della malattia e dei
livelli di anticorpi antidesmogleina,
significativamente superiore rispetto
al placebo, senza incremento degli
effetti collaterali, dimostrando come
le IVIG rappresentino una terapia efficace e sicura per il trattamento dei
pazienti con pemfigo resistenti agli
steroidi.
28
Studio clinico crossover controllato
con placebo “n-of-1” sulle immunoglobuline endovena in adiuvante
nel trattamento del pemfigo volgare refrattario
Arnold DF, Burton J, Shine B,
Wojnarowska F, Misbah SA
Br J Dermatol 2009;160(5):1098-1102
Gli autori riportano uno studio crossover condotto in un unico paziente
con pemfigo volgare grave, trattato
con fasi consecutive di IVIG e di placebo, allo scopo di valutare la risposta
all’infusione di IVIG dopo una terapia a
lungo termine (18 mesi con somministrazioni cicliche). Sia i livelli sierici di
auto-anticorpi sia l’andamento clinico
della malattia hanno mostrato un
significativo miglioramento a seguito
del trattamento con IVIG rispetto al
placebo. L’interesse di questo articolo
risiede nella dimostrazione degli effetti benefici dell’infusione di IVIG anche
nei pazienti con pemfigo già trattati
per lungo tempo e refrattari alla terapia.
Encefalomielite acuta
disseminata
Encefalite postinfettiva negli adulti: diagnosi e trattamento
Sonneville R, Klein I, de Broucker T,
Wolff M
J Infect 2009;58(5):321-328
La review riassume tutte le più recenti conoscenze sulle forme di encefalomielite acuta disseminata che colpiscono gli adulti. In particolare, vengono ricordate le caratteristiche diagnostiche della malattia, che non possiede marker biologici specifici, e la cui
identificazione si basa sull’anamnesi,
l’analisi del liquor e l’esame di RMN.
Per ottenere la risoluzione della
malattia, osservabile nella maggior
parte dei casi, viene indicato come
efficace un trattamento basato su
corticosteroidi endovena e IVIG, o
plasma exchange, quest’ultimo allo
scopo di indurre un rapido miglioramento clinico.
Leucemia linfatica
cronica
Riconoscimento e trattamento della
porpora trombocitopenica immune secondaria associata a malattie
linfoproliferative
Liebman HA
Semin Hematol 2009;46(1 Suppl 2):S3336
Le caratteristiche proprie delle forme
di porpora trombocitopenica immune (PTI) associate a malattie linfoproliferative, in particolare la leucemia linfatica cronica (LLC), la più frequente,
costituiscono l’argomento di questa
review. Sebbene questi casi riconoscano meccanismi fisiopatologici
simili a quelli delle forme primarie, vi
possono essere delle differenze significative per quanto riguarda il trattamento. La terapia standard della PTI
(basata su corticosteroidi, splenectomia, anti-D e IVIG, quest’ultimo
approccio con il vantaggio di non
interferire con l’immunosoppressione
presente nei pazienti con LLC) può
essere usata con successo in questi
pazienti. Tuttavia, spesso, una risoluzione completa della trombocitopenia si ottiene solo con la remissione
della malattia di base.
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aggiornamenti
Neuropatia motoria
multifocale
Incremento progressivo della dose di
immunoglobuline endovena nella
neuropatia motoria multifocale:
follow-up a sei mesi
Baumann A, Hess CW,
Sturzenegger M
J Neurol 2009;256(4):608-614
I pazienti con neuropatia motoria multifocale (NMM) vengono trattati con
cicli ripetuti di IVIG, spesso cercando di
individuare la dose minima efficace e il
maggior intervallo tollerato fra i cicli.
Lo studio riportato in questo articolo
ha voluto valutare se questa strategia
potesse portare a un sottodosaggio a
lungo termine nei pazienti con NMM,
con riduzione dell’efficacia. Nove casi
di NMM in terapia con IVIG e sintomi
stabili e persistenti sono stati dunque
sottoposti a uno schema di incremento progressivo della dose, fino al massimo di 2 g/kg ogni mese. La maggior
parte di essi (8/9) ha mostrato un
miglioramento significativo della funzione motoria, con un aumento degli
effetti collaterali transitorio e generalmente modesto. Questi risultati sembrano indicare che un aumento della
dose di IVIG può rappresentare un’opzione terapeutica in grado di migliorare la funzione motoria nei pazienti con
NMM stabile in trattamento a lungo
termine con IVIG, e che andrebbe
quindi preso in considerazione in questi casi.
29
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Riassunto delle caratteristiche del prodotto
15:10
Pagina 30
pianto contro ospite, il dosaggio viene adattato individualmente. La
dose iniziale è normalmente 0,5 g/kg/settimana, iniziando sette giorni
prima del trapianto e fino a 3 mesi dopo il trapianto. In caso di persistente deficit di produzione di anticorpi, è raccomandato il dosaggio
di 0,5 g/kg/mese fino al ritorno alla norma del livello degli anticorpi.
Terapia delle infezioni batteriche gravi
Almeno 0,2 g/kg di peso corporeo; tale dose può essere ripetuta fino
a somministrare, nell’arco di una settimana, una dose totale di 1 g/kg
peso corporeo. Se necessario il trattamento può essere ripetuto.
Sindrome di Kawasaki
Il dosaggio raccomandato è da 1,6 a 2 g/kg suddiviso in varie dosi in
2-5 giorni, oppure 2 g/kg in dose singola. Il paziente deve essere sottoposto a concomitante terapia con acido acetilsalicilico.
I dosaggi raccomandati sono riassunti nella tabella seguente:
globuline umane normali, i pazienti ai quali una specialità contenente immunoglobuline umane normali sia stata sostituita con un’altra
1. NOME DELLA SPECIALITÀ MEDICINALE
o i pazienti in cui sia trascorso un lungo periodo di tempo dall’infuSANDOGLOBULINA 1 g/33 ml Polvere e solvente per soluzione per
sione precedente, dovrebbero essere monitorati durante la prima
infusione
infusione e per la prima ora dopo la prima infusione, per poter eviSANDOGLOBULINA 3 g/100 ml Polvere e solvente per soluzione per
denziare eventuali reazioni avverse. Tutti gli altri pazienti dovrebbeinfusione
ro essere osservati per almeno 20 minuti dopo la somministrazione.
SANDOGLOBULINA 6 g/200 ml Polvere e solvente per soluzione per
In pazienti trattati con IVIg sono stati riportati casi di insufficienza
infusione
renale acuta. Nella maggior parte dei casi, sono stati individuati fattoSANDOGLOBULINA 12 g/200 ml Polvere e solvente per soluzione per
ri di rischio quali preesistente insufficienza renale, diabete mellito, età
infusione
superiore ai 65 anni, ipovolemia, sovrappeso o assunzione concomitante di medicinali nefrotossici. In tutti i pazienti, la somministrazione
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA
di IVIg richiede:
Immunoglobuline umane normali (IgIV).
- adeguata idratazione prima di iniziare l’infusione di IVIg;
SANDOGLOBULINA 1 g/33 ml
- monitoraggio per la produzione di urina;
Un flacone di polvere contiene:
- monitoraggio dei livelli di creatinina serica;
Indicazione
Dose
Frequenza di somministrazione
Principio attivo: immunoglobuline umane normali 1,00 g
- di evitare l’uso concomitante di diuretici dell’ansa.
Terapia sostitutiva nella
dose iniziale:
ogni 2-4 settimane per ottenere
SANDOGLOBULINA 3 g/100 ml
In caso di disfunzione renale, dovrebbe essere considerata
immunodeficienza primaria
0,4-0,8 g/kg
un livello di IgG di almeno 4-6 g/l
Un flacone di polvere contiene:
la sospensione di IVIg. Anche se casi di disfunzione renale
mantenimento:
Principio attivo: immunoglobuline umane normali 3,00 g
e di insufficienza renale acuta sono stati associati all’uso di
0,2-0,8 g/kg
SANDOGLOBULINA 6 g/200 ml
molte specialità registrate a base di IVIg, quelle contenenti
Terapia sostitutiva nella
0,2-0,4 g/kg
ogni 3-4 settimane per ottenere
Un flacone di polvere contiene:
saccarosio come stabilizzante rappresentano una quota
immunodeficienza secondaria
un livello di IgG di almeno 4-6 g/l
Principio attivo: immunoglobuline umane normali 6,00 g
preponderante dell’intero numero. Nei pazienti a rischio,
Bambini
con
AIDS
0,2-0,4
g/kg
ogni
3-4
settimane
SANDOGLOBULINA 12 g/200 ml
dovrebbe essere considerato l’uso di IVIg non contenente
Immunomodulazione:
Un flacone di polvere contiene:
saccarosio. In caso di reazioni avverse, è necessario o ridurPorpora trombocitopenica
0,8-1 g/kg
al giorno 1, possibilmente ripetuto
Principio attivo: immunoglobuline umane normali 12,00 g
re la velocità di infusione o interrompere l’infusione. Il tratidiopatica
una sola volta entro 3 giorni per
Le IgG costituiscono almeno il 96% delle proteine presenti in
tamento richiesto dipende dalla natura e dalla gravità degli
o 0,4 g/kg/die 2-5 giorni
Sandoglobulina; almeno il 90% delle IgG è presente sotto
effetti indesiderati. In caso di shock, il trattamento dovrebSindrome di Guillain-Barré
0,4 g/kg/die
per 3-7 giorni
forma monomerica con piccole quantità di dimeri; sono prebe seguire le linee guida per la terapia dello shock. Quando
senti inoltre tracce di IgG polimeriche, IgA ed IgM e frammensi somministrano specialità medicinali ottenute da sangue
Trapianto allogenico
ti di IgG. La distribuzione delle sottoclassi di IgG è così ripartio plasma umano, non è possibile escludere completamendi midollo osseo:
ta: IgG1 - 57,7%; IgG2 - 35,1%; IgG3 - 3,1%; IgG4 - 4,1%.
te la comparsa di patologie infettive conseguenti alla traTrattamento
delle
infezioni
0,5
g/kg
ogni
settimana
dal
giorno
7
Per un elenco completo degli eccipienti vedi 6.1
smissione di agenti infettivi. Ciò risulta applicabile anche a
e profilassi della malattia
fino a 3 mesi dopo il trapianto
patogeni di natura sconosciuta. Il rischio di trasmissione di
da trapianto contro ospite
3. FORMA FARMACEUTICA
agenti infettivi è comunque ridotto da:
Persistente deficit
0,5 g/kg
ogni mese fino al ritorno alla
Polvere e solvente per soluzione per infusione
- selezione dei donatori mediante visita medica e screening
di produzione di anticorpi
norma del livello degli anticorpi
delle donazioni per i tre virus maggiormente patogeni, HIV,
Sindrome di Kawasaki
1,6-2,0 g/kg
in 2-5 giorni
4. INFORMAZIONI CLINICHE
HCV, HBV;
o 2 g/kg
in dose singola
4.1. Indicazioni terapeutiche
- verifica dell’eventuale presenza di materiale genomico per
Terapia sostitutiva in:
HCV nei pool di plasma;
Sindromi da immunodeficienza primaria quali:
Modo di somministrazione
- procedure di rimozione/inattivazione incluse nel processo di produ- agammaglobulinemia congenita e ipogammaglobulinemia;
zione che siano state validate utilizzando virus modello e siano conAlla prima infusione Sandoglobulina dovrebbe essere infusa per via
- immunodeficienza variabile comune;
siderate efficaci per HIV, HCV, HAV e HBV.
endovenosa alla concentrazione del 3% con una velocità di 0,5-1
- immunodeficienza combinata grave;
ml/min (corrispondenti a 10-20 gocce/min). Se ben tollerata ed entro - il processo produttivo di Sandoglobulina prevede diverse fasi di
- sindrome di Wiskott-Aldrich.
rimozione ed inattivazione virale che, nel loro complesso, come
15 minuti non si verificano effetti indesiderati, la velocità di somminiLeucemia linfatica cronica.
documentato da studi eseguiti su una varietà di modelli sperimenstrazione può essere gradualmente aumentata a 1-1,5 ml/min (circa
Bambini con AIDS congenito e infezioni ricorrenti.
tali, portano alla rimozione/inattivazione dei virus eventualmente
20-30 gocce/min) per altri 15 minuti, e successivamente a 2-2,5
Immunomodulazione
presenti;
ml/min (circa 40-50 gocce/min). Nei pazienti sottoposti a regolare
- Porpora trombocitopenica idiopatica (PTI), in bambini o adulti ad alto
- il procedimento di frazionamento mediante il quale
terapia di sostituzione che non hanno presentato effetti indesiderati,
rischio di emorragia o prima di interventi chirurgici per il ripristino
Sandoglobulina viene preparata a partire dal plasma include varie
l’infusione può essere iniziata a 1-1,5 ml/min (circa 20-30 gocce/min).
della conta piastrinica;
fasi, che sono state validate, per l’eliminazione di virus incapsulati e
In pazienti in terapia regolare con Sandoglobulina, che presentano
- Sindrome di Guillain-Barré.
non incapsulati. La sicurezza del prodotto è ulteriormente assicurabuona tollerabilità, il farmaco può essere infuso a concentrazioni eleTrapianto allogenico di midollo osseo e altri trapianti. Sindrome di vate (fino al 12%) ma l’infusione deve sempre essere iniziata a bassa
ta, durante il procedimento di produzione, da una fase di inattivaKawasaki
zione virale che prevede il trattamento a pH4 in presenza di pepsivelocità, e il paziente attentamente monitorato quando la velocità di
na. Questo step possiede la proprietà di inattivare i seguenti virus:
infusione viene gradualmente incrementata.
4.2. Posologia e modo di somministrazione
HIV-1/2 (retrovirus incapsulato), pseudorabies virus (virus a DNA
Posologia
4.3. Controindicazioni
incapsulato), virus della diarrea bovina (virus a RNA incapsulato,
La dose e lo schema terapeutico dipendono dall’indicazione. Nella tera- Ipersensibilità a uno qualsiasi dei componenti.
modello per HCV) e semiliki forest virus (virus a RNA incapsulato,
pia sostitutiva può essere necessario individualizzare il dosaggio per Ipersensibilità alle immunoglobuline omologhe, specialmente in casi
modello per HCV);
ogni paziente in relazione alla risposta farmacocinetica e clinica. Gli molto rari di carenza di IgA quando il paziente ha anticorpi anti-IgA.
- ad integrazione dei metodi di eliminazione/inattivazione virale già
schemi di trattamento riportati di seguito sono forniti come linee guida.
presenti nel processo produttivo, è stato introdotto un procedimenTerapia sostitutiva in sindromi da immunodeficienza primaria
4.4. Avvertenze speciali e precauzioni per l’uso
to di nanofiltrazione come ulteriore step di rimozione di virus. La
Lo schema di trattamento dovrebbe indurre il raggiungimento di un Alcune gravi reazioni avverse possono essere correlate alla velocità di infucapacità di rimozione di virus incapsulati e non incapsulati di tale
livello minimo di IgG (misurato prima della successiva infusione) di
sione. La velocità di infusione raccomandata riportata in “4.2 Posologia e
procedimento è stata stabilita mediante studi convalidati sui
almeno 4-6 g/l. Dopo l’inizio della terapia sono necessari da tre a sei modo di somministrazione” deve essere rigorosamente rispettata. I
seguenti modelli: HIV-1, virus della diarrea bovina, pseudorabies
mesi per il raggiungimento dell’equilibrio. La dose di partenza raccopazienti devono essere attentamente monitorati e osservati per evidenvirus, sindbis virus ed entero-virus di origine bovina. Questo ulteriomandata è 0,4-0,8 g/kg seguita da almeno 0,2 g/kg ogni tre settimane. ziare la comparsa di qualsiasi sintomo durante il periodo di infusione.
re step ha la potenzialità di eliminare anche virus di piccole dimenLa dose richiesta per raggiungere un livello di 6 g/l è dell’ordine di 0,2Alcune reazioni avverse possono presentarsi più frequentemente:
sioni, come dimostrato per gli entero-virus di origine bovina;
0,8 g/kg/mese. Una volta raggiunto lo stato stazionario l’intervallo di - in caso di alta velocità di infusione;
- le procedure di rimozione/inattivazione dei virus potrebbero risultadosaggio varia tra 2 e 4 settimane. Dovrebbero essere misurati i livelli - in pazienti con ipo- o agammaglobulinemia con o senza deficit di IgA;
re di valore limitato contro virus privi di involucro quali il parvovirus
plasmatici in modo da aggiustare la dose e l’intervallo di dosaggio.
- in pazienti che ricevono immunoglobuline umane normali per la
B19.
Terapia sostitutiva in caso di leucemia linfatica cronica con grave ipogamprima volta o, in rari casi, quando la specialità contenente immunoNell’interesse dei pazienti, si raccomanda, se possibile, ogni volta che
maglobulinemia secondaria e infezioni ricorrenti: terapia sostitutiva in
globuline umane normali viene sostituita o quando il trattamento è
Sandoglobulina viene loro somministrata, di registrare il nome combambini con AIDS e infezioni ricorrenti.
stato sospeso per più di otto settimane. Vere reazioni di ipersensibilimerciale del prodotto ed il numero di lotto di produzione.
La dose raccomandata è 0,2-0,4 g/kg ogni 3-4 settimane.
tà sono rare. Queste possono manifestarsi nei rari casi di deficienza di
Porpora trombocitopenica idiopatica
IgA con anticorpi anti-IgA. Raramente, le immunoglobuline umane
4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione
Trattamento di un episodio acuto: 0,8-1 g/kg il primo giorno. Il trattanormali possono causare una caduta della pressione sanguigna con Vaccini a base di virus vivi attenuati
mento può essere ripetuto per una volta entro tre giorni, oppure posreazione anafilattica anche in pazienti che precedentemente aveva- La somministrazione di immunoglobuline può interferire per un
sono essere somministrati 0,4 g/kg/die per 2-5 giorni. Il trattamento
no tollerato un trattamento con immunoglobuline umane normali.
periodo di 6 settimane e fino ad un massimo di 3 mesi con l’efficacia
può essere ripetuto in caso di recidiva.
Le potenziali complicanze possono essere evitate assicurandosi:
di vaccini a base di virus vivi attenuati quali morbillo, rosolia, parotite
Sindrome di Guillain-Barré
- che i pazienti non siano sensibili alle immunoglobuline umane nore varicella. Dopo la somministrazione di questo prodotto, bisogne0,4 g/kg/die per 3-7 giorni. Nei bambini l’esperienza è limitata.
mali iniettando inizialmente il prodotto lentamente (0,5-1 ml/min rebbe far trascorrere un intervello di 3 mesi prima di procedere a vacTrapianto allogenico di midollo osseo
pari a 10-20 gocce/min; con una concentrazione di 3%);
cinazione con vaccini a base di virus vivi attenuati. In caso di morbilIl trattamento con immunoglobuline umane normali può essere utiliz- che i pazienti siano attentamente monitorati per evidenziare la com- lo, l’interferenza può persistere fino ad un anno. Di conseguenza bisozato come parte della terapia di condizionamento e dopo il trapianto.
parsa di eventuali sintomi durante il periodo di infusione. In partico- gnerebbe controllare il titolo anticorpale dei pazienti trattati con il
Per il trattamento delle infezioni e nella profilassi della malattia da tralare i pazienti che non hanno mai ricevuto in precedenza immuno- vaccino per il morbillo.
EM CSL immunews7-09 070709:EM ZLB
7-07-2009
15:11
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Interferenze con analisi sierologiche
Dopo l’iniezione di immunoglobuline l’aumento transitorio dei vari
anticorpi trasferiti passivamente nel sangue dei pazienti può indurre
risultati positivi fuorvianti nelle analisi sierologiche. La trasmissione
passiva di anticorpi contro gli antigeni eritrocitari es.: A,B,D può interferire con alcune analisi sierologiche (conta dei reticolociti, aptoglobina, test di Coombs).
ne: non è stato ritenuto necessario effettuare studi sperimentali, soprattutto in specie eterologhe.
4.6. Gravidanza e allattamento
La sicurezza di questa specialità medicinale per l’uso durante la gravidanza non è stata stabilita in studi clinici controllati e, quindi, essa
dovrebbe essere somministrata con cautela alle donne gravide e alle
madri in allattamento. L’esperienza clinica con le immunoglobuline
suggerisce l’assenza di effetti dannosi sul corso della gravidanza o sul
feto e sul neonato.
Le immunoglobuline sono escrete nel latte e possono contribuire al
trasferimento di anticorpi protettivi al neonato.
6.2. Incompatibilità
Sandoglobulina non deve essere miscelata con altri medicinali; somministrare sempre Sandoglobulina in una linea di infusione separata.
4.7. Effetti sulla abilità di guidare e di usare macchine
Non sono stati osservati effetti sulla abilità di guidare e di usare macchine.
4.8. Effetti indesiderati
Occasionalmente possono verificarsi reazioni avverse quali brividi, mal
di testa, febbre, vomito, reazioni allergiche, nausea, artralgia, ipotensione e moderato dolore lombare. Raramente le immunoglobuline
umane normali possono indurre una riduzione della pressione sanguigna e, in casi isolati, shock anafilattico, anche in pazienti che non
hanno mostrato ipersensibilità a precedenti somministrazioni. Dopo
somministrazione di immunoglobuline umane normali sono stati
osservati casi di meningite asettica reversibile, isolati casi di anemia
emolitica/emolisi reversibile e rari casi di reazioni cutanee transitorie.
Sono stati osservati aumento della creatininemia e/o insufficienza
renale acuta. Eventi trombotici sono stati riportati negli anziani, in
pazienti con segni di ischemia cerebrale o cardiaca, e in pazienti
sovrappeso e marcatamente ipovolemici. Per la sicurezza nei confronti di agenti trasmissibili, vedere la sezione 4.4.
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE
6.1. Elenco degli eccipienti
Flacone contenente polvere per soluzione per infusione: saccarosio
Flacone solvente: acqua per preparazioni iniettabili, cloruro di sodio
6.3. Stabilità
3 anni.
6.4. Precauzioni speciali per la conservazione
Conservare a temperatura non superiore a 25°C, al riparo dalla luce.
Non congelare.
6.5. Natura e contenuto del contenitore
Sandoglobulina è disponibile in kits contenenti un flacone di immunoglobulina umana liofilizzata, un flacone di soluzione fisiologica sterile per la ricostituzione e un set per la preparazione e l’infusione della
soluzione. Entrambi i flaconi sono di vetro tipo II con tappo di gomma
clorobutilica privo di lattice. Sono disponibili i seguenti dosaggi:
- 1 g/33 ml polvere e solvente per soluzione per infusione;
- 3 g/100 ml polvere e solvente per soluzione per infusione;
- 6 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per infusione;
- 12 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per infusione.
6.6. Istruzioni per l’uso, la manipolazione e lo smaltimento
Seguire attentamente le “Istruzioni per la preparazione della soluzione”
qui di seguito riportate:
Preparazione di una soluzione al 3%, 6%, 9% o 12% utilizzando il kit:
1) Strappare la capsula protettiva di plastica del flacone del liofilizzato
e di quello contenente il diluente.
Disinfettare entrambi i tappi di gomma con alcool.
Non usare soluzioni torbide o che presentino precipitati.
I prodotti disciolti dovrebbero essere controllati visivamente per la
presenza di particelle in sospensione o di colorazione anormale prima
della somministrazione. Il prodotto dovrebbe essere portato a temperatura ambiente o temperatura corporea prima dell’uso. Una volta
preparata, utilizzare la soluzione senza ritardi. Il prodotto inutilizzato e
i residui dovrebbero essere smaltiti in accordo con le leggi nazionali.
Preparazione per l’infusione
- Rimuovere la guaina protettiva dal dispositivo per l’infusione e conficcarla con forza nel
tappo di gomma del flacone contenente la
Sandoglobulina (FIG. 5).
- Chiudere bene il tubo flessibile per l’infusione mediante la pinza comandata dalla rotella (FIG. 6).
- Esercitare con il pollice e l’indice una leggera pressione sulla camera di gocciolamento,
in modo che la soluzione penetri in quest’ultima (FIG. 7).
- Collegare il dispositivo per l’infusione con
l’ago per l’infusione. Aprire la pinza comandata dalla rotella e riempire di soluzione il
sistema per l’infusione (FIG. 8).
Nei pazienti con cannula a permanenza, la
tubazione flessibile deve essere disaerata
prima di collegarla alla cannula a permanenza. La somministrazione dell’infusione può
avere inizio.
Prodotto e controllato da: CSL Behring
AG-Berna
Dispositivo di travaso CE 0123 CODAN
Il dispositivo medico è conforme alla Direttiva 93/42/CEE
7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE
IN COMMERCIO
CSL Behring S.p.A. P.le S. Türr, 5 20149 Milano (Mi)
4.9. Sovradosaggio
Il sovradosaggio può provocare un sovraccarico di fluidi e iperviscosità in particolare in pazienti a rischio, inclusi i pazienti anziani o i pazienti con compromissione della funzionalità renale.
5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE
5.1. Proprietà farmacodinamiche
Gruppo farmacoterapeutico: sieri immuni e immunoglobuline: immunoglobuline umane normali, per somministrazione endovenosa, codice ATC: J06BA02.
Le immunoglobuline umane normali contengono principalmente
immunoglobuline G (IgG), con un ampio spettro di anticorpi contro
agenti infettivi. Le immunoglobuline umane normali contengono gli
anticorpi della classe IgG presenti nella popolazione normale. Vengono
di solito preparate da pools di plasma provenienti da non meno di 1000
donatori. Posseggono una distribuzione di sottoclassi di immunoglobuline G strettamente proporzionale a quella del plasma umano nativo. Dosi adeguate di questa specialità medicinale possono riportare a
valori normali livelli patologicamente ridotti di immunoglobuline G. Il
meccanismo di azione in indicazioni diverse dalla terapia sostitutiva
non è del tutto chiaro, ma include effetti immunomodulatori.
Nota: le immunoglobuline umane normali per uso endovenoso (IGIV)
possono essere di una certa utilità nella fase acuta nel trattamento di
alcune neuropatie periferiche, quali la Neuropatia Motoria Multifocale
(NMM), la Poliradiculoneuropatia Infiammatoria Cronica Demielizzante
(CIPD), e la Miastenia Gravis (MG). Va tenuto conto, tuttavia, che i risultati del trattamento possono essere temporanei e che i dati clinici a
sostegno dell’impiego delle IGIV in queste indicazioni derivano da
esperienze cliniche perlopiù datate e condotte su piccoli numeri di
pazienti, mentre non sono disponibili ad oggi studi clinici randomizzati controllati condotti in accordo alle norme di buona pratica clinica.
5.2. Proprietà farmacocinetiche
Dopo somministrazione, le immunoglobuline umane normali sono
immediatamente e completamente disponibili nella circolazione del
ricevente. Esse si distribuiscono in maniera relativamente rapida tra il
plasma e i fluidi extravascolari, l’equilibrio tra compartimenti intra ed
extravascolari viene raggiunto approssimativamente dopo 3-5 giorni.
Le immunoglobuline umane normali hanno una emivita di circa 21
giorni. Questa emivita può variare da paziente a paziente, in particolare nell’immunodeficienza primaria. Le IgG e i complessi IgG vengono
degradati nelle cellule del sistema reticolo-endoteliale.
5.3. Dati preclinici di sicurezza
Le immunoglobuline sono costituenti naturali dell’organismo.
Nell’animale la prova di tossicità acuta non ha alcuna rilevanza poiché
dosi più alte provocano un sovraccarico del circolo. Gli studi di tossicità ripetuta e quelli di tossicità embrio-fetale non sono fattibili a causa
della conseguente produzione ed interferenza di anticorpi contro i
determinanti antigenici umani. Non sono noti gli effetti del farmaco
sul sistema immunitario del neonato. In base all’esperienza clinica non
sono prevedibili effetti mutageni o oncogenici delle immunoglobuli-
Rimuovere la guaina protettiva di una delle cannule del dispositivo di
travaso e inserire l’estremità scoperta nel tappo di gomma del flacone
contenente il diluente.
2a) e 2b) Rimuovere la seconda guaina protettiva dell’altra cannula del
dispositivo di travaso. Afferrare entrambi i flaconi come illustrato nella
figura 2a, introdurre rapidamente la parte libera del dispositivo di travaso nel tappo del flacone di liofilizzato e contemporaneamente portare i flaconi in posizione verticale con l’accortezza di posizionare il flacone del diluente nella posizione superiore (figura 2b).
In questo modo si otterrà un immediato trasferimento del diluente nel
flacone del liofilizzato.
3) Al termine del trasferimento del diluente (figura 3), togliere il flacone superiore dal set di trasferimento.
In questo modo si ridurrà la schiuma formatasi col travaso e si faciliterà la completa soluzione del liofilizzato.
Rimuovere completamente il dispositivo di trasferimento dal flacone
di Sandoglobulina.
4) Roteare il flacone vigorosamente senza agitare per evitare il formarsi di schiuma che richiederebbe tempo per essere eliminata. La ricostituzione sarà completa in pochi minuti.
Ricostituzione Sandoglobulina senza impiego del kit
o con solventi diversi
Per ricostituire Sandoglobulina con solventi diversi, partendo da un
flacone da 1 g, 3 g, 6 g o 12 g, prelevare il volume di diluente necessario, usando una siringa ipodermica sterile e iniettarlo nel corrispondente flacone di Sandoglobulina. A seconda delle necessità possono
essere utilizzati quale solvente, oltre alla soluzione fisiologica contenuta nel kit, anche acqua per preparazioni iniettabili o una soluzione
glucosata al 5%, seguendo le indicazioni riportate nella seguente
tabella:
Di solito la soluzione è trasparente o leggermente opalescente.
Concentrazione
3%
6%
9%
12%
Flacone 1g
33,0 cc
16,5 cc
11,0 cc
8,3 cc
8. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE
IN COMMERCIO
SANDOGLOBULINA 1 g/33 ml polvere e solvente per soluzione per
infusione
1 flac. polvere da 1 g + 1 flac. solvente da 33 ml + set infusionale
A.I.C. n. 025199011
SANDOGLOBULINA 3 g/100 ml polvere e solvente per soluzione per
infusione
1 flac. polvere da 3 g + 1 flac. solvente da 100 ml + set infusionale
A.I.C. n. 025199023
SANDOGLOBULINA 6 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per
infusione
1 flac. polvere da 6 g + 1 flac. solvente da 200 ml + set infusionale
A.I.C. n. 025199035
SANDOGLOBULINA 12 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per
infusione
1 flac. polvere da 12 g + 1 flac. solvente da 200 ml + set infusionale
A.I.C. n. 025199047
9. DATA DI PRIMA AUTORIZZAZIONE/
RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE
SANDOGLOBULINA 1 g/33 ml polvere e solvente per soluzione per
infusione SANDOGLOBULINA 3 g/100 ml polvere e solvente per soluzione per infusione SANDOGLOBULINA 6 g/200 ml polvere e solvente
per soluzione per infusione Prima autorizzazione: 17.03.1984 Rinnovo
dell’autorizzazione: 01.06.2000 Rinnovo dell’autorizzazione: 01.06.2005
SANDOGLOBULINA 12 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per
infusione Prima autorizzazione: 29.03.1995 Rinnovo dell’autorizzazione: 01.06.2000 Rinnovo dell’autorizzazione: 01.06.2005
10. DATA DI (PARZIALE) REVISIONE DEL TESTO
17 Luglio 2007
VOLUME DI DILUENTE RICHIESTO
Flacone 3g
Flacone 6g
100 cc
200 cc
50 cc
100 cc
33 cc
66 cc
25 cc
50 cc
Flacone 12g
200 cc
133 cc
100 cc
EM CSL immunews7-09 070709:EM ZLB
7-07-2009
Riassunto delle caratteristiche del prodotto
1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE
Vivaglobin, soluzione di 160 mg/mL per iniezione
(uso sottocutaneo).
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA
1 mL contiene:
immunoglobulina umana normale (sottocutanea) 160 mg*
*Corrispondenti al contenuto di proteine totali di cui almeno
il 95% IgG.
Distribuzione delle sottoclassi di IgG:
IgG1
ca. 61%
IgG2
ca. 28%
IgG3
ca. 5%
IgG4
ca. 6%
IgA
max. 1,7 mg/mL
Per gli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
3. FORMA FARMACEUTICA
Soluzione per iniezione (uso sottocutaneo).
4. INFORMAZIONI CLINICHE
4.1 Indicazioni terapeutiche
Terapia sostitutiva negli adulti e nei bambini affetti da sindromi di
immunodeficienza primitiva (PID) quali:
• agammaglobulinemia e ipogammaglobulinemia congenite,
• immunodeficienza comune variabile,
• immunodeficienza combinata grave,
• carenza di sottoclassi IgG con infezioni ricorrenti.
Terapia di sostituzione nel mieloma o nella leucemia linfatica
cronica, con grave ipogammaglobulinemia secondaria e infezioni ricorrenti.
4.2 Posologia e modo di somministrazione
Posologia
Il dosaggio va determinato singolarmente per ciascun paziente,
tenendo conto dei parametri farmacocinetici e della risposta clinica. I dosaggi qui di seguito riportati sono da ritenere come indicativi. Con somministrazione per via sottocutanea, il dosaggio deve
essere scelto in modo tale da conseguire un livello sostenuto di IgG
nel plasma. Può essere necessaria una dose di carico di almeno 0,20,5 g/kg (1,3-3,1 mL/kg) di peso corporeo, ripartita in più giorni, con
una dose massima giornaliera di 0,1 fino a 0,15 g/kg di peso corporeo, e secondo quanto indicato dal medico curante. Dopo che i
livelli di IgG abbiano raggiunto lo stato stazionario, le dosi di mantenimento si somministreranno a intervalli successivi, preferibilmente con cadenza settimanale tali da raggiungere una dose mensile complessiva compresa fra circa 0,4 e 0,8 g/kg (2,5-5 mL/kg) di
peso corporeo. Per la regolazione della dose e degli intervalli di
dosaggio di Vivaglobin vanno misurati i livelli minimi di IgG.
Modo di somministrazione
Vivaglobin deve essere somministrato per via sottocutanea.
L’infusione sottocutanea nel trattamento domiciliare deve essere
avviata da un medico esperto nel trattamento dell’immunodeficienza e nell’orientamento dei pazienti in tema di terapia domiciliare. I pazienti saranno istruiti sull’impiego della pompa a siringa,
sulle tecniche di infusione, sulla compilazione di un diario di trattamento e sui provvedimenti da adottare in caso di gravi reazioni
avverse. La velocità di infusione raccomandata è pari a 22 mL/h. In
una sperimentazione clinica, nel corso della quale sono stati valutati 53 pazienti, la velocità di infusione di Vivaglobin è stata portata - nella fase di addestramento sotto la supervisione di un medico - dagli iniziali 10 mL/h a 22 mL/h. Vivaglobin deve essere preferibilmente iniettato nella parete addominale, nella coscia e/o nel
gluteo. In ogni singolo sito di iniezione non devono essere iniettati più di 15 mL. Dosi di quantità superiore a 15 mL devono essere
iniettate ripartendole in più punti.
4.3 Controindicazioni
Ipersensibilità accertata nei confronti di qualsiasi componente del
prodotto. Vivaglobin non deve essere iniettato per via intravascolare. Non deve essere somministrato per via intramuscolare in
caso di trombocitopenia di grado severo e in altri disturbi della
coagulazione.
4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego
Non iniettare per via endovascolare! In caso di iniezione accidentale di Vivaglobin in un vaso sanguigno, è possibile che il paziente sviluppi uno shock anafilattico. La velocità di infusione raccomandata per Vivaglobin è indicata al paragrafo “4.2 Posologia e
modo di somministrazione” e deve essere rispettata. I pazienti
devono essere tenuti sotto stretto monitoraggio ed attentamente
controllati durante l’infusione per accertare tempestivamente
15:12
Pagina 32
l’eventuale insorgenza di qualsiasi effetto avverso. Alcune reazioni
avverse possono presentarsi con maggiore frequenza nei pazienti ai quali l’immunoglobulina umana normale è somministrata per
la prima volta, oppure, ma raramente, quando si cambia prodotto
o se il trattamento è stato interrotto per più di 8 settimane.
Vere reazioni di ipersensibilità sono rare. Possono manifestarsi in
rarissimi casi di carenza di IgA con anticorpi anti-IgA: questi
pazienti devono essere trattati con cautela.
Raramente, Vivaglobin può causare caduta pressoria accompagnata da reazione anafilattica anche in pazienti che hanno ben
tollerato un precedente trattamento con immunoglobulina
umana normale.
Le potenziali complicanze possono essere sovente evitate, accertandosi:
• che i pazienti non siano sensibili alle immunoglobuline umane
normali, infondendo loro, la prima volta, il prodotto lentamente
(vedere paragrafo ”4.2 Posologia e modo di somministrazione”);
• che i pazienti siano attentamente monitorati per accertare con
tempestività l’insorgenza di qualsiasi sintomo nel corso dell’infusione. In particolare, si raccomanda di monitorare i pazienti nel
corso della prima infusione e per la prima ora successiva, al fine
di potere subito individuare potenziali reazioni avverse che
insorgano nelle seguenti situazioni:
- pazienti non precedentemente trattati con immunoglobulina
umana normale,
- pazienti in precedenza trattati con un altro prodotto, oppure
- quando è intercorso molto tempo dalla precedente infusione.
Tutti gli altri pazienti devono essere comunque tenuti sotto osservazione per almeno 20 minuti dopo la somministrazione. In caso
di sospetta reazione allergica o anafilattica si dovrà sospendere
immediatamente la somministrazione del prodotto. In caso di
shock devono essere adottate le procedure correnti standard per
il trattamento dello shock. Le procedure standard per prevenire
infezioni che risultino dall’uso di prodotti derivati da sangue o plasma umano comprendono la selezione dei donatori, il controllo
delle singole donazioni e dei pool di plasma per la presenza di
specifici marcatori di infezione e l’adozione di fasi di produzione
efficaci per l’inattivazione/la rimozione dei virus. Ciò nonostante,
quando vengono somministrati prodotti derivati da sangue o plasma umano, non può essere totalmente esclusa la possibilità di
trasmissione di agenti infettivi. Ciò vale anche per virus sconosciuti o emergenti e per altri patogeni. I provvedimenti adottati sono
considerati efficaci nei confronti di virus capsulati come HIV, HBV
e HCV, e nei confronti dei virus non capsulati HAV e parvovirus
B19. Esiste una rassicurante esperienza clinica in merito alla non
trasmissione dell’epatite A o del parvovirus B19 con la somministrazione di immunoglobuline e si ritiene anche che il contenuto
anticorpale rappresenti un importante contributo alla sicurezza
contro i virus. Si raccomanda in modo particolare che, ogni qual
volta si somministri Vivaglobin, si registrino sia il nome del paziente che il numero di lotto del prodotto stesso, in modo da stabilire
un collegamento fra il nome del paziente e il numero del lotto.
4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione
Vaccini con virus vivi attenuati
La somministrazione di immunoglobulina può compromettere, in
un periodo compreso fra 6 settimane e 3 mesi dalla vaccinazione,
l’efficacia di vaccini vivi attenuati, come i vaccini contro il morbillo, la rosolia, la parotite e la varicella. Dopo la somministrazione di
Vivaglobin deve intercorrere un intervallo di almeno 3 mesi prima
di procedere alla vaccinazione con vaccini contenenti virus vivi
attenuati. Nel caso del morbillo, questo effetto di indebolimento
della vaccinazione può durare fino a 1 anno. Pertanto, nei pazienti vaccinati contro il morbillo si deve controllare la specifica situazione anticorpale.
Interazioni con analisi sierologiche
È opportuno tenere presente all’atto dell’interpretazione dei risultati di test sierologici che il transitorio aumento degli anticorpi trasportati passivamente in seguito ad iniezioni di immunoglobuline
può rendere positivi i risultati dei test. La trasmissione passiva di
anticorpi per gli antigeni eritrocitari, ad es. A, B e D, può interferire
con alcuni test sierologici per la ricerca di allo-anticorpi eritrocitari (ad es. test di Coombs), con la conta dei reticolociti e con l’aptoglobina.
4.6 Gravidanza ed allattamento
La sicurezza di questo medicinale in donne gravide non è stata
stabilita in sperimentazioni cliniche controllate, pertanto, occorre
porre particolare attenzione nel decidere se somministrare questa
specialità medicinale durante la gravidanza o nella fase di allattamento al seno. L’esperienza clinica acquisita nell’impiego delle
gammaglobuline non porta a ritenere la comparsa di effetti pericolosi in caso di somministrazione delle stesse durante la gravidanza né per la madre, né per il feto o per il neonato.
4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di
macchinari
Non vi sono indicazioni che Vivaglobin possa compromettere la
capacità di guidare veicoli o di usare macchinari.
4.8 Effetti indesiderati
In uno studio clinico eseguito con somministrazione sottocutanea
in 60 soggetti, sono stati riportati i seguenti effetti indesiderati: reazioni al sito di infusione molto comuni e in gran parte di intensità
lieve (gonfiore, irritazione, arrossamento, indurimento, sensazione
localizzata di calore, prurito, ecchimosi) all’inizio del trattamento
sottocutaneo e con riduzione molto rapida entro le prime dieci
infusioni, quando i soggetti si abituano a questo tipo di trattamento. (Le reazioni al sito di iniezione non sono state segnalate in uno
studio in cui i pazienti erano stati trattati con immunoglobulina
sottocutanea per anni prima della sperimentazione). In singoli casi:
• reazioni allergiche comprendenti caduta della pressione,
• reazioni generalizzate come brividi, febbre, cefalea, malessere,
moderata lombalgia, sincope, capogiri, disturbi cutanei, broncospasmo.
Durante la sorveglianza post-marketing di prodotti somministrati
per via intramuscolare o sottocutanea, sono stati segnalati raramente i seguenti effetti indesiderati:
• reazioni allergiche comprendenti caduta della pressione,
dispnea, reazioni cutanee che, in casi isolati, sono progredite
fino allo shock anafilattico, anche quando il paziente non aveva
presentato reazioni di ipersensibilità in occasione di somministrazioni precedenti,
• reazioni generalizzate come brividi, febbre, cefalea, malessere,
nausea, vomito, artralgia e moderata lombalgia,
• reazioni cardiovascolari, in particolare nei casi di accidentale
somministrazione del prodotto per via endovascolare,
• reazioni locali nel sito di infusione/iniezione: gonfiore, irritazione,
arrossamento, indurimento, sensazione localizzata di calore, prurito, ecchimosi o rash.
Per informazioni in merito al rischio di malattie infettive, vedere
paragrafo 4.4 “Avvertenze speciali e opportune precauzioni
d’impiego”.
4.9 Sovradosaggio
Non sono note conseguenze da sovradosaggio.
5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE
5.1 Proprietà farmacodinamiche
Gruppo farmacoterapeutico: sieri immuni ed immunoglobuline;
immunoglobuline umane normali, per somministrazione extravascolare. Codice ATC: J06B A01
L’immunoglobulina umana normale contiene principalmente
immunoglobulina G (IgG), caratterizzata da un ampio spettro anticorpale verso vari agenti infettivi. Vivaglobin contiene gli anticorpi dell’immunoglobulina G che sono presenti nella popolazione
normale. Per la sua preparazione si impiegano pool di plasma
ottenuti da almeno 1.000 donatori. Vivaglobin presenta una distribuzione di sottoclassi di immunoglobulina G strettamente proporzionale a quella del plasma umano nativo. La somministrazione di dosi adeguate di questa specialità medicinale consente di
riportare alla norma bassi valori di immunoglobulina G.
5.2 Proprietà farmacocinetiche
Mediante somministrazione sottocutanea dell’immunoglobulina
umana normale sono stati raggiunti nel circolo del ricevente valori di picco con un ritardo di circa 2 giorni. I dati ottenuti da una
sperimentazione clinica (n = 60) hanno evidenziato che, nel plasma, possono essere mantenuti livelli di 8-9 g/L (n = 53), somministrando ogni settimana dosi di Vivaglobin comprese fra 0,05 e
0,15 g per kg di peso corporeo. Ciò è paragonato a un dosaggio
cumulativo mensile di 0,2-0,6 g per kg di peso corporeo. La IgG e
i complessi di IgG vengono catabolizzati nelle cellule del sistema
reticolo-endoteliale
5.3 Dati preclinici di sicurezza
Non esistono dati considerati rilevanti per la sicurezza clinica oltre
ai dati inclusi in altre sezioni del Riassunto delle caratteristiche del
prodotto.
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE
6.1 Elenco degli eccipienti
Glicina, sodio cloruro, acido idrocloridrico o idrossido di sodio (in
piccole quantità, per la regolazione del pH), acqua per preparazioni iniettabili.
6.2 Incompatibilità
In assenza di studi di compatibilità questo prodotto medicinale
non deve essere miscelato ad altri prodotti medicinali.
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6.3 Periodo di validità
Il periodo di validità è di 3 anni. Il prodotto deve essere utilizzato
immediatamente dopo l’apertura della fiala o del flacone.
6.4 Speciali precauzioni per la conservazione
Vivaglobin va conservato in frigorifero (+2° C e +8° C) nella confezione. Non congelare!
6.5 Natura e contenuto del contenitore
Flaconcino (vetro Tipo I) da 3 mL di soluzione con tappo
(clorobutile) - confezione da 1 o 10 flaconcini;
Fiala (vetro Tipo I) da 5 mL di soluzione - confezione da 1 o 10 fiale;
Flaconcino (vetro Tipo I) da 10 mL di soluzione con tappo
(clorobutile) - confezione da 1, 2, 10 o 20 flaconcini;
Flaconcino (vetro Tipo I) da 20 mL di soluzione con tappo
(clorobutile) - confezione da 1 flaconcino.
Solo la confezione da 2 flaconcini × 10 mL contiene i seguenti
dispositivi: 1 siringa da 20 mL, 1 tubo-perfusore con ago, 2 aghi
ipodermici, 2 aghi areatori, 3 tamponi con alcool.
È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
15:13
Pagina 33
6.6 Speciali precauzioni per lo smaltimento
Vivaglobin è una soluzione pronta per l’uso e deve essere somministrata a temperatura corporea. Vivaglobin è una soluzione limpida. Il colore può variare da trasparente a giallo pallido fino a marrone chiaro entro il periodo di validità. Non usare soluzioni che
sono torbide o che presentano depositi. Il prodotto non utilizzato
ed i materiali di scarto devono essere smaltiti in conformità ai
requisiti di legge locali.
7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE
IN COMMERCIO
CSLBehring GmbH - Emil-von-Behring-Str. 76
D-35041 Marburg - Germania
8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE (DELLE
AUTORIZZAZIONI) ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
037882014/M - 160 mg/mL
soluzione per infusione sottocutanea 1 fiala da 5 mL
037882026/M - 160 mg/mL
soluzione per infusione sottocutanea 10 fiale da 5 mL
037882038/M - 160 mg/mL
soluzione per infusione sottocutanea 1 flaconcino 10 mL
037882040/M - 160 mg/mL
soluzione per infusione sottocutanea 10 flaconcini 10 mL
037882053/M - 160 mg/mL
soluzione per infusione sottocutanea 20 flaconcini 10 mL
037882065/M - 160 mg/mL
soluzione per infusione sottocutanea 1 flaconcino 3 mL
037882077/M - 160 mg/mL
soluzione per infusione sottocutanea 10 flaconcini 3 mL
037882089/M - 160 mg/mL
soluzione per infusione sottocutanea 1 flaconcino 20 ml
9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO
DELL’AUTORIZZAZIONE
28 settembre 2007
10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO
Aprile 2008
CSL Behring - P.zza S. Tuerr, 5 - 20149 Milano - Tel. 02 349641
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7-07-2009
Riassunto delle caratteristiche del prodotto
1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE
Rhophylac 300 microgrammi/2 ml, soluzione iniettabile in siringa
pre-riempita.
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA
Immunoglobulina umana anti-D.
2 ml di soluzione iniettabile in siringa pre-riempita contengono
1500 UI (300 microgrammi) di immunoglobulina umana anti-D
corrispondenti ad una concentrazione di 750 UI (150 microgrammi)/ml.
Il prodotto contiene un massimo di 30 mg/ml di proteine plasmatiche umane, di cui 10 mg/ml sono costituiti da albumina umana
come stabilizzante. Almeno il 95% delle altre proteine plasmatiche
è costituito da IgG. Rhophylac non contiene più di 5 microgrammi/ml di IgA.
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
3. FORMA FARMACEUTICA
Soluzione iniettabile in siringa pre-riempita.
4. INFORMAZIONI CLINICHE
4.1 Indicazioni terapeutiche
Prevenzione della immunizzazione Rh(D) in donne Rh(D)-negative
- Gravidanza e parto di un feto/neonato Rh(D)-positivo
- Aborto/minaccia di aborto, gravidanza ectopica o mola idatiforme
- Emorragia transplacentare conseguente ad una emorragia anteparto, ad una amniocentesi, ad una biopsia dei villi coriali o a
procedure ostetriche di manipolazione, come ad esempio la
versione cefalica esterna, o ad un trauma addominale
Trattamento di soggetti Rh(D)-negativi dopo trasfusioni incompatibili
di sangue Rh(D)-positivi od altri prodotti contenenti eritrociti.
ITC 3080371 - Depositato AIFA il 09/10/2007
4.2 Posologia e modo di somministrazione
Posologia
Lo schema posologico seguente viene raccomandato sulla base
degli studi clinici condotti con Rhophylac; tuttavia, occorre tenere
in considerazione le linee guida professionali per l’impiego delle
IgG anti-D nei vari Stati Membri dell’UE.
Prevenzione della immunizzazione Rh(D) in donne Rh(D)-negative:
• Profilassi ante-parto: la dose raccomandata è una dose singola
pari a 300 microgrammi (1500 UI) somministrata per via endovenosa od intramuscolare alla 28° – 30° settimana di gravidanza.
• Profilassi post-parto: per somministrazione endovenosa, si ritiene che 200 microgrammi (1000 UI) siano una dose sufficiente,
mentre vengono raccomandati da 200 (1000 UI) a 300 microgrammi (1500 UI) per somministrazione intramuscolare.
Rhophylac deve essere somministrato prima possibile entro 72
ore dal parto. La dose post-parto deve essere somministrata
anche quando sia stata effettuata una profilassi ante-parto. Se si
sospetta una emorragia materno-fetale massiva [maggiore di 4
ml (0,7-0,8% delle donne )], ad esempio in caso di anemia fetale
o di morte fetale intrauterina, deve essere determinata la sua
entità con metodi appropriati, ad esempio il test di KleihauerBetke, e devono essere somministrate ulteriori dosi di anti-D
come indicato (20 microgrammi/100 UI per ciascun ml di emazie fetali).
• Profilassi delle complicazioni della gravidanza:
- Interventi ed incidenti che avvengono fino alla 12° settimana di
gravidanza: devono essere somministrati 200 microgrammi
(1000 UI) per via endovenosa od intramuscolare non appena
possibile e comunque non oltre le 72 ore dall’evento che rappresenta rischio emorragico;
- Interventi ed incidenti che avvengono dopo la 12° settimana di
gravidanza: devono essere somministrati non meno di 200
microgrammi (1000 UI) per via endovenosa od intramuscolare
non appena possibile e comunque non oltre le 72 ore dall’evento che rappresenta rischio emorragico;
- Biopsia dei villi coriali: devono essere somministrati 200 microgrammi (1000 UI) per via endovenosa od intramuscolare non
appena possibile e comunque non oltre le 72 ore dall’evento
che rappresenta rischio emorragico.
Trasfusioni incompatibili
La dose raccomandata è di 20 microgrammi (100 UI) di immunoglobulina anti-D ogni 2 ml di sangue Rh(D)-positivo trasfuso od
ogni 1 ml di concentrato eritrocitario. Si raccomanda la somministrazione per via endovenosa. Se viene impiegata la via intramuscolare, occorre somministrare dosi elevate per un periodo di
diversi giorni. In caso di trasfusioni incompatibili più ampie, è sufficiente una dose massima di 3000 microgrammi, indipendentemente dal fatto che il volume di trasfusione sia maggiore di 300
ml di sangue Rh(D)-positivo.
15:14
Pagina 34
Modo di somministrazione
Rhophylac può essere somministrato sia per iniezione endovenosa che per iniezione intramuscolare. In caso di malattie emorragiche ove sia controindicata la iniezione intramuscolare, Rhophylac
deve essere somministrato per via endovenosa. Se sono richieste
dosi totali elevate (>5 ml) da somministrarsi per via intramuscolare, è consigliabile la somministrazione di dosi divise in differenti
siti di iniezione.
4.3 Controindicazioni
Ipersensibilità ad uno qualsiasi dei componenti.
La via intramuscolare è controindicata in soggetti con trombocitopenia grave o altri disordini dell’emostasi.
4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego
Nel caso di uso post-partum, l’immunoglobulina anti-D è riservata alla somministrazione materna. Essa non deve essere iniettata al
neonato.
Il prodotto non deve essere usato in soggetti Rh(D) positivi.
Le pazienti devono essere attentamente osservate per almeno 20
minuti dalla somministrazione.
Se insorgono sintomi di reazioni allergiche o di tipo anafilattico, la
somministrazione deve essere immediatamente interrotta.
Possono determinarsi risposte allergiche alla immunoglobulina
anti-D. I pazienti devono essere informati circa i sintomi precoci di
tali reazioni di ipersensibilità, che comprendono orticaria, orticaria
generalizzata, senso di oppressione al torace, difficoltà respiratorie, ipotensione ed anafilassi. Il trattamento richiesto dipende dalla
natura e dalla severità dell’evento avverso. In caso di shock, devono essere osservati gli standard medici per il trattamento dello
shock.
Rhophylac contiene una concentrazione di IgA al di sotto del limite analitico di 5 microgrammi/ml. Il prodotto, tuttavia, può contenere tracce di IgA. Sebbene l’immunoglobulina anti-D sia stata
impiegata con successo per il trattamento di pazienti selezionati
carenti di IgA, i soggetti con deficit di IgA sono a rischio per sviluppare anticorpi IgA e possono andare incontro a reazioni anafilattiche dopo somministrazione di componenti del sangue contenenti IgA. Pertanto, il medico deve attentamente valutare il beneficio
del trattamento con Rhophylac verso i rischi potenziali di reazioni
di ipersensibilità.
Informazioni sulla sicurezza nei confronti di agenti trasmissibili
Provvedimenti standard per prevenire infezioni che risultino dall’uso di medicinali derivati da sangue o plasma umano comprendono la selezione dei donatori, il controllo delle singole donazioni e dei pool di plasma per la presenza di specifici marcatori di
infezione e l’adozione di fasi di produzione efficaci per l’inattivazione/la rimozione dei virus. Ciò nonostante, quando vengono
somministrati medicinali derivati da sangue o plasma umano, non
può essere totalmente esclusa la possibilità di trasmissione di
agenti infettivi. Ciò vale anche per virus sconosciuti o emergenti e
per altri patogeni.
I provvedimenti adottati sono considerati efficaci nei confronti di
virus capsulati come HIV, HBV e HCV. Tali provvedimenti possono
essere di valore limitato nei confronti di virus non capsulati come
HAV o parvovirus B19.
Esiste una rassicurante esperienza clinica in merito alla non trasmissione dell’epatite A o del parvovirus B19 con la somministrazione di immunoglobuline e si ritiene anche che il contenuto anticorpale rappresenti un importante contributo alla sicurezza contro i virus.
Si raccomanda in modo particolare che, ogni qual volta si somministra Rhophylac, si registrino sia il nome del paziente stesso che il
numero di lotto del prodotto, in modo da stabilire un collegamento fra il nome del paziente e il numero del lotto.
4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione
Le interazioni di Rhophylac con altri medicinali non sono state studiate. Pertanto, le informazioni contenute in questo paragrafo
derivano dalla letteratura scientifica e dalle linee guida attuali.
L’immunizzazione attiva con vaccini contenenti virus vivi (ad
esempio, morbillo, parotite, rosolia o varicella) deve essere differita di almeno 3 mesi dall’ultima somministrazione di immunoglobulina anti-D, in quanto può essere compromessa l’efficacia del
vaccino con virus vivo. Se vi è necessità di somministrare l’immunoglobulina anti-D entro 2-4 settimane da una vaccinazione con
virus vivo, l’efficacia di tale vaccinazione potrebbe essere compromessa.
Dopo l’iniezione di immunoglobulina, il transitorio aumento di
vari anticorpi trasferiti passivamente nel sangue delle pazienti può
causare un risultato falso positivo nei test sierologici per gli anticorpi anti-emazie, ad esempio il test di Coomb nel neonato.
Rhophylac può anche contenere anticorpi ad altri antigeni Rh, ad
esempio anticorpi anti-Rh(C), che possono essere rilevati con
metodi sierologici sensibili dopo la somministrazione del prodotto.
4.6 Gravidanza ed allattamento
Questo medicinale viene usato in gravidanza.
Non sono stati segnalati eventi avversi correlabili con il farmaco in
neonati di 432 pazienti che hanno ricevuto una somministrazione
di Rhophylac prima del parto.
4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso
di macchinari
Non sono stati osservati effetti sulla capacità di guidare veicoli e
sull’uso di macchinari.
4.8 Effetti indesiderati
Quando le immunoglobuline anti-D vengono somministrate per
via intramuscolare, possono essere osservati dolore locale ed iperestesia al sito di iniezione. Occasionalmente, possono insorgere
febbre, malessere, cefalea, reazioni cutanee e brividi. In rari casi
sono stati segnalati nausea, vomito, ipotensione, tachicardia, e
reazioni allergiche o di tipo anafilattico, inclusi dispnea e shock,
anche in pazienti che non avevano mostrato alcun segno di ipersensibilità ad una precedente somministrazione.
Vedere il paragrafo 4.4 per quanto riguarda la sicurezza nei confronti di agenti trasmissibili.
4.9 Sovradosaggio
Non sono disponibili dati riguardo il sovradosaggio. I pazienti che
hanno ricevuto una trasfusione di sangue incompatibile ed a cui
sono state somministrate dosi molto elevate di immunoglobulina
anti-D devono essere attentamente monitorati sia dal punto di
vista clinico che da quello dei parametri biologici per il rischio di
reazioni emolitiche. In altri individui Rh(D)-negativi, un sovradosaggio non dovrebbe causare effetti indesiderati più frequenti o
più gravi rispetto a quelli osservabili dopo una dose normale.
5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE
5.1 Proprietà farmacodinamiche
Categoria farmacoterapeutica: Immunoglobuline e sieri immuni:
immunoglobulina anti-D. Codice ATC: J06BB01
Rhophylac contiene anticorpi IgG specifici contro l’antigene Rh(D)
degli eritrociti umani.
Durante la gravidanza, ed in particolare al momento del parto, le
emazie fetali possono penetrare nella circolazione materna.
Quando la madre è Rh(D)-negativa ed il feto Rh(D)-positivo, la
madre può venire immunizzata all’antigene Rh(D) e può quindi
produrre anticorpi anti-Rh(D) che attraversano la placenta e causano una malattia emolitica neonatale. L’immunizzazione passiva
con gammaglobuline anti-D, se somministrate in quantità appropriate e ad un momento sufficientemente precoce dopo l’esposizione alle emazie fetali Rh(D)-positive, previene, nel 99% dei casi,
l’immunizzazione Rh(D).
Il meccanismo d’azione attraverso il quale l’immunoglobulina
anti-D sopprime l’immunizzazione alle emazie Rh(D)-positive
non è noto. Tale soppressione può essere correlata alla clearance
eritrocitaria dalla circolazione sistemica prima che esse raggiungano siti immunocompetenti, o potrebbe essere dovuta a meccanismi più complessi che coinvolgono il riconoscimento dell’antigene estraneo e la presentazione dell’antigene da parte delle
cellule appropriate ai siti appropriati, in presenza o in assenza di
anticorpo.
In volontari sani di sesso maschile Rh(D)-negativi, la somministrazione di 200 microgrammi (1000 UI) di Rhophylac sia per via
endovenosa che intramuscolare, dopo 48 ore dalla iniezione di 5
ml di emazie Rh(D)-positive, ha determinato entro 24 ore una
clearance delle emazie Rh(D)-positive quasi completa. Mentre la
somministrazione endovenosa di Rhophylac ha determinato una
scomparsa istantanea delle emazie Rh(D)-positive, la loro eliminazione dopo somministrazione del prodotto per via intramuscolare è stata ritardata, in quanto le IgG anti-D devono prima
essere assorbite dal sito di iniezione. In media, il 70% delle emazie iniettate era stato eliminato dopo 2 ore dalla somministrazione endovenosa di Rhophylac. Dopo somministrazione intramuscolare, un simile grado di clearance delle emazie veniva misurato dopo 12 ore.
Inoltre, l’efficacia, la sicurezza ed il profilo farmacocinetico di
Rhophylac sono supportati dai risultati di tre studi clinici condotti
in pazienti. Rhophylac 200 microgrammi (1000 UI) è stato somministrato post-partum in 139 pazienti. Rhophylac 300 microgrammi
(1500 UI) è stato somministrato sia prima che dopo il parto in 446
ed in 256 pazienti, rispettivamente. Nessuno dei soggetti arruolati in questi studi ha sviluppato anticorpi contro l’antigene Rh(D).
Non sono stati eseguiti studi clinici con Rhophylac a dosi inferiori a
200 microgrammi (1000 UI).
5.2 Proprietà farmacocinetiche
Concentrazioni anticorpali misurabili vengono rilevate dopo circa
4 ore dalla somministrazione intramuscolare. I livelli sierici di picco
si osservano normalmente dopo 5 giorni dalla somministrazione.
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7-07-2009
Dopo somministrazione endovenosa, vengono immediatamente
ottenute concentrazioni misurabili di anticorpi. L’emivita media
nella circolazione di donne in gravidanza con normali livelli di IgG
è stata di 17 giorni. Le IgG ed i complessi IgG vengono degradati
dalle cellule del sistema reticoloendoteliale.
5.3 Dati preclinici di sicurezza
Non vi sono dati preclinici rilevanti per l’immunoglobulina anti-D.
Le prove di tossicità per dose ripetuta e di tossicità embrio-fetale
non sono state condotte né sono praticabili, date l’induzione di e
l’interferenza con anticorpi. Non è stato studiato il potenziale
mutageno delle immunoglobuline.
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE
6.1 Elenco degli eccipienti
Albumina umana
Glicina
Sodio cloruro
6.2 Incompatibilità
In assenza di studi di compatibilità questo medicinale non deve
essere miscelato con altri medicinali.
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6.3 Periodo di validità
3 anni.
6.4 Precauzioni particolari per la conservazione
Conservare in frigorifero (2°- 8°C). Non congelare. Tenere la siringa
(blister originale) nell’imballaggio esterno per tenerla al riparo
dalla luce. Conservare fuori dalla portata e dalla vista dei bambini.
6.5 Natura e contenuto della confezione
Siringa di vetro (Tipo I) pre-riempita con 2 ml di soluzione iniettabile (1500 UI anti-D-IgG). Confezione: 1 blister contenente 1 siringa pre-riempita e 1 ago per iniezione.
6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione
Rhophylac deve essere portato a temperatura ambiente o a temperatura corporea prima dell’uso. La soluzione deve presentarsi
limpida o solo lievemente opalescente. Non usare soluzioni torbide o che mostrano depositi. Rhophylac è monouso (una siringa un paziente). Il prodotto non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale
medicinale devono essere smaltiti in conformità ai requisiti di
legge locali.
7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE
IN COMMERCIO
CSL Behring GmbH - Emil-von-Behring-Str. 76
D-35041 Marburg - Germania
Distribuito da: CSL Behring S.p.A.
P.le S. Türr, 5 -20149 Milano
8. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/
RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE
5 novembre 2004.
9. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE
ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
036161026/M
1 siringa pre-riempita da 300 mcg/2 ml
10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO
Settembre 2007.
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Immunoglobulina umana normale
(uso sottocutaneo)
A1789. Deposito AIFA del 09/09/2008
Immunoglobulina umana normale
(infusione endovenosa)
Pagina III
Doppia opzione terapeutica
nel trattamento
con immunoglobuline
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Pagina IV
Depositato AIFA il 13/11/2008
AXXXX
EM CSL immunews7-09 cop:EM ZLB
Immunoglobulina umana normale
per somministrazione sottocutanea
Nuova modalità di conservazione: conservare tra 2° C - 8° C;
si può anche conservare fino a 3 mesi
a temperatura ambiente (non superiore a 25° C)
Novità: flacone da 3 mL
Per i pazienti più piccoli e per una maggiore precisione posologica

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