Automotive in Emilia-Romagna
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26 Commenti e inchieste Il Sole 24 Ore Venerdì 11 Marzo 2016 - N. 70 Lettere DIRETTORE RESPONSABILE Le risposte ai lettori Roberto Napoletano VICEDIRETTORI: Edoardo De Biasi (VICARIO), Alberto Orioli, Salvatore Padula, Alessandro Plateroti, Fabrizio Forquet (redazione romana) SUPERDESK CARTA-DIGITAL: Caporedattori responsabili: Marina Macelloni e Guido Palmieri Ufficio centrale: Daniele Bellasio, Giuseppe Chiellino, Franca Deponti, Federico Momoli, Giorgio Santilli, Alfredo Sessa, Alberto Trevissoi (vice) Segretario di redazione: Marco Mariani INFORMAZIONE NORMATIVA E LUNEDI: Mauro Meazza SUPERVISIONE E COORDINAMENTO AREA FINANZA: Christian Martino SUPERVISIONE E COORDINAMENTO AREA IMPRESA: Lello Naso UFFICIO GRAFICO CENTRALE: Adriano Attus (creative director) e Francesco Narracci (art director) RESPONSABILI DI SETTORE: Luca Benecchi, Luca De Biase, Jean Marie Del Bo, Attilio Geroni, Laura La Posta, Armando Massarenti, Francesca Padula, Christian Rocca, Fernanda Roggero, Stefano Salis, Giovanni Uggeri, Paolo Zucca SOCIAL MEDIA EDITOR: Michela Finizio, Marco lo Conte (coordinatore), Vito Lops e Francesca Milano MARTEDÌ MERCOLEDÌ GIOVEDÌ VENERDÌ SABATO Gianfranco Fabi Fabrizio Galimberti Guido Gentili Adriana Cerretelli Salvatore Carrubba Unione succube dei nazionalismi che la tormentano L a Bce di Mario Draghi ha varato nuove forme a sostegno della crescita e dello sviluppo, dato che finora il Qe, partito a marzo 2015 e che doveva concludersi a settembre 2016, non ha dato i frutti sperati, soprattutto in materia di inflazione (target della Bce intorno al 2%). Sono sicuramente azioni importanti, se non altro per infondere fiducia nei mercati e nei cittadini europei. Ma, quel che manca davvero è l’Unione: il piano Juncker, partito in pompa magna, pare finito nel dimenticatoio. Non doveva essere il vero volano della crescita? Domenico Rosa Lettera firmata PROPRIETARIO ED EDITORE: Il Sole 24 Ore S.p.A. PRESIDENTE: Benito Benedini AMMINISTRATORE DELEGATO: Donatella Treu Le lettere vanno inviate a: Il Sole-24 Ore Lettere al Sole-24 Via Monte Rosa, 91 20149 Milano email: [email protected] includere per favore nome, indirizzo e qualifica Purtroppo da mesi il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, è costretto a farsi supplente dell’Europa che c’è sempre meno per scongiurarne l’implosione, insieme a quella dell’euro. Non è un caso che anche ieri, per l’ennesima volta, annunciando nuovi interventi di stimolo monetario ha invitato i Governi a fare a loro volta la propria parte per favorire il rilancio dell’economia europea. Puntando su riforme strutturali accelerate e conti pubblici sani. Sperare che l’Europa attuale possa fare qualcosa di più dell’attuale modesto piano Juncker per gli investimenti è una pia illusione. I nazionalismi che la tormentano non sono solo politici e sociali, sono anche economici e finanziari. In parole povere l’atteggiamento diffuso è quello del ciascun per sé e Dio per tutti. COMPETITIVITÀ / 1 Sul lavoro la sfida delle medie imprese Dopo lo tsunami, ricostruzione e dubbi Per il Rapporto Istat sono quelle che più aumentano l’occupazione IL GIAPPONE 5 ANNI DOPO FUKUSHIMA di Fabrizio Onida di Stefano Carrer U na ricostruzione che per alcuni aspetti sembra appena cominciata e per altri appare troppo dispersiva e ciclopica, contemporanea a un decommissionamento del complesso nucleare di Fukushima Daiichi che resta in una fase iniziale. A cinque anni dallo tsunami, non è chiaro se il Giappone abbia appreso appieno la lezione della tragedia dell’11 marzo 2011. In questi giorni a Roma l’ex premier Naoto Kan ha ricordato che dovette porsi il problema se ordinare l’evacuazione dell’intera area metropolitana di Tokyo. È un fatto, però, che la crisi è dimenticata. I giapponesi hanno punito il governo di allora e votato un esecutivo con un programma di riattivazione delle centrali eventualmente anche in aree densamente popolate. Se fino a 4 anni fa i turisti disertavano per paura il Sol Levante, ora arrivano in numeri da record, indifferenti alla circostanza che 8mila persone al giorno lavorano a Fukushima Daiichi, principalmente per contenere il problema dell’acqua radioattiva. Nessun altro Paese che avesse tanto sofferto per il nucleare (militare e civile), probabilmente, avrebbe fatto scelte simili, determinate da un mix di ragioni economiche, politiche e strategiche. Ora però si sta profilando una guerra tra governo e magistratura, dopo che un tribunale ha ordinato la sospensione dell’attività in una delle due centrali rimesse in funzione (nonostante il via libera da parte delle autorità di regolamentazione in base a nuove regole che, va detto, rendono in teoria quelli giapponesi gli impianti più sicuri del mondo). Intanto basta fare un giro per le aree colpite dallo tsunami per rendersi conto che l’intera costa orientale del Giappone settentrionale è un immenso cantiere, fin troppo favorevole all’industria delle costruzioni. Il controverso piano per costruire 400 chilometri di barriere antitsunami (la “Grande Muraglia Giapponese”) al costo minimo esorbitante di mille miliardi di yen, ad esempio, non appare rispettoso di una sana analisi del rapporto costibenefici. Procedere in contemporanea a costruire alte barriere e ad alzare il terreno su cui costruire le case comporta oneri sproporzionati, tanto più in Paesi spesso in via di spopolamento. “Democrazia” e diritti di proprietà, inoltre, hanno oggettivamente provocato gravi ritardi nelle opere più urgenti, tanto che ancora quasi 60mila persone vivono in prefabbricati provvisori in cui avrebbero dovuto stare per non più di due anni. Molte comunità hanno perso troppo tempo per decidere dove e come ricostruire, mentre si è scoperto che la situazione dei registri immobiliari non è da Paese avanzato: individuare e rintracciare i singoli proprietari di specifici lotti da espropriare per la ricostruzione ha comportato tempi e sforzi spropositati. L’impennata dei costi dei materiali – legata anche al decollo dei lavori per le Olimpiadi di Tokyo – ha infine messo in difficoltà chi voleva ricostruirsi la casa da sé. Alla fine, viene spontanea una domanda: se con un processo di ricostruzione tanto oneroso da funzionare come un permanente stimolo fiscale, uno yen debole e il petrolio a picco, una politica monetaria ultraespansiva e un boom di turismo straniero, l’economia giapponese fatica a restare sopra la soglia della recessione, come sarà la performance del Paese se condizioni tanto favorevoli dovessero svanire? Il problema si porrà soprattutto a ricostruzione e Olimpiadi terminate. E forse anche prima. © RIPRODUZIONE RISERVATA AP Dopo 5 anni. Prosegue l’opera di bonifica attorno a Fukushima G iunto al suo quarto anno, il Rapporto Istat sulla competitività dei settori produttivi, presentato lo scorso 24 febbraio a Roma, continua la tradizione di unire alla fotografia di dati aggregati diversi approfondimenti su dati individuali (micro) delle imprese. Sappiamo bene ormai quanto divaricate sono le performance delle imprese, non solo confrontando settori e territori diversi, ma soprattutto guardando all’interno dei medesimi settori, territori e classi dimensionali (dalle microimprese con meno di 10 addetti alle medie e grandi). È la riscoperta dell’eterogeneità microeconomica, ben nota ai classici (da Smith a Marshall, Keynes, Schumpeter) ma un po’ disprezzata dagli economisti neoclassici fino a pochi anni fa. Tra i molti aspetti toccati dall’ottimo rapporto Istat di quest’anno, incentrato sulla dinamica dell’occupazione, ne colgo alcuni utili per ragionare sulla dinamica della nostra produttività, che Auto, in Emilia un modello da imitare di Patrizio Bianchi C on la presentazione in borsa della Ferrari, negli scorsi mesi, si riaccende il faro sulla industria italiana dell’automobile, dopo un lungo periodo che ha visto progressivamente ridursi la produzione nel nostro paese dal mitico picco di 1.971.969 auto prodotte nel 1989 alle 388 mila unità del 2013. Meno di 400 mila auto all’anno, corrispondenti ad uno scarno 0,6% della produzione mondiale voleva dire quasi un’uscita da un settore in cui invece i cugini tedeschi rimanevano ben saldi, con i loro cinque milioni e mezzo di vetture prodotte in una Germania, che totalizzava ancora l’8,3% della produzione mondiale, terzi nella corsa dietro ai resistenti produttori giapponesi, che si assicuravano il secondo posto con i loro otto milioni di auto pari al 12,5%, e tutti dietro agli irresistibili marchi cinesi che con diciotto milioni di auto erano passati dall’8,4 del 2005 al 27,7% della produzione mondiale di auto nel 2013. Da allora molte cose sono già cambiate e gli irresistibili Bric stanno segnando pesantemente la corda; Brasile e Russia stanno affrontando crisi interne durissime, la Cina sta misurando se stessa con una riduzione drastica dei ritmi di crescita, che mette a dura prova la stessa struttura del potere cinese, sia all’interno ed all’esterno del paese. In questo quadro tuttavia la produzione italiana di automobili registra una sensibile crescita che va tuttavia misurata più in valore che nel numero dei veicoli prodotti che pure crescono nel 2015 oltre il 70% rispetto all’anno prima, già in crescita rispetto al 2013. È successo infatti che all’aumento della estensione del mercato – dai mercati nazionali ai mercati continentali e da questi ai mercati globali – il mercato cambia, si trasforma e soprattutto si segmenta e così si generano due mercati separati, con © Copyright Il Sole 24 ORE S.p.A. SEDE LEGALE - DIREZIONE E REDAZIONE: via Monte Rosa, 91 - 20149 Milano - Tel. 023022.1 - Fax 0243510862 Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo quotidiano può essere riprodotta con mezzi grafici o meccanici quali la fotoriproduzione e la registrazione. REDAZIONE DI ROMA: piazza dell’Indipendenza 23b/c - 00185 - Tel. 063022.1 Fax 063022.6390 - e-mail: [email protected] PUBBLICITÀ: Il Sole 24 ORE S.p.A. - SYSTEM DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: via Monte Rosa, 91 - 20149 Milano Tel.023022.1-Fax023022.214-e-mail:[email protected] (1-9 addetti), tipicamente caratterizzate da una minore intensità di capitale, minori economie di scala e conseguente minore produttività per lavoratore (Rapporto annuale Istat 2015, cap. 3). Si ricordi che la produttività (valore aggiunto) per addetto assai più che raddoppia, passando dai 27.000 euro delle microimprese ai 67.500 euro delle cosiddette “grandi” imprese con più di 250 addetti (Istat report 9 dicembre 2015). Le tendenze recenti evidenziate dall’Istat, riflesso della lunga durata della crisi post-2008, accentuano dunque lo strutturale “nanismo” del nostro apparato produttivo, una delle maggiori cause del citato arretramento relativo della nostra produttività. Basti ricordare che, tra industria e soprattutto servizi, in Italia le microimprese pesano per il 47 per cento degli occupati, contro una media UE del 29 per cento. Reciprocamente, le “grandi” imprese assorbono in Italia soltanto il 20 per cento degli occupati, contro il 28 per cento della Spagna, il 37 per cento in Francia e Germania, il 46 per cento nel Regno Unito. Terzo, un altro dato incoraggiante per le medie imprese: sempre nel triennio 2012-2015 quelle più produttive, tanto più se più giovani e maggiormente proiettate sui mercati internazionali, sono anche quelle che più hanno contribuito ad aumentare l’occupazione (quindi circolo virtuoso dal Pil alla produttività e non viceversa). Infine, a proposito di eterogeneità tra imprese anche all’interno della stessa fascia dimensionale (aspetto che la politica industriale degli incentivi a pioggia tende a dimenticare), già il citato rapporto annuale Istat 2015 notava che in tutte le fasce dimensionali – ad eccezione delle microimprese – le imprese più produttive (appartenenti al quarto quartile della distribuzione statistica) mostrano una produttività per addetto superiore a quella mediana del quartile superiore. Sono le imprese più dinamiche, vincenti nella competizione internazionale, verso cui dovrebbe essere maggiormente rivolta l’attenzione del policy maker. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Competitività / 2. La sinergia che funziona tra università e aziende PROPRIETARIO ED EDITORE: Il Sole 24 ORE S.p.A. AMMINISTRAZIONE: via Monte Rosa, 91 - 20149 Milano da quasi un ventennio mostra un preoccupante peggioramento nei confronti internazionali. Primo, una buona notizia: considerando il campione chiuso delle imprese risultate attive lungo l’intero triennio 2013-2015, quindi al netto di nascite e cessazioni di attività, il saldo tra posizioni lavorative create (1,1 milione) e distrutte (845 mila) è stato positivo (255mila), contribuendo così alla pur lenta recente ripresa del tasso di occupazione 15-64 anni, dopo il vistoso calo dal livello pre-crisi (58-59 per cento) al minimo del 55 per cento nel gennaio 2014. In particolare, le imprese di media dimensione (50-249 addetti) hanno registrato la maggiore incidenza delle unità in crescita occupazionale. Tuttavia, secondo punto, la dinamicità o mobilità occupazionale (differenza tra percentuale di imprese che hanno aumentato e di imprese che hanno ridotto la propria domanda di lavoro) risulta crescere spostandosi dalle imprese medie e grandi verso la fascia delle piccole (10-49 addetti) e micro imprese Il responsabile del trattamento dei dati raccolti in banche dati di uso redazionale è il direttore responsabile a cui, presso il Servizio Cortesia, presso Progetto Lavoro, via Lario, 16 - 20159 Milano, telefono (02 o 06) 3022.2888, fax (02 o 06) 3022.2519, ci si può rivolgere per i diritti previsti dal D.Lgs. 196/03. Manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati, non si restituiscono. andamenti diversi ed in parte anche anticiclici, da una parte i mercati di base, in cui il prezzo è ancora fattore dominante, ed un mercato “premium” dove la qualità, l’immagine, la tecnologia fanno la differenza, ed è qui necessariamente che si colloca e si deve collocare la ripresa italiana, definendo produzioni di alta gamma, che a loro volta stanno ridefinendo una nuova geografia industriale, che nella realtà italiana trova oggi un suo caposaldo fra il Po e l’Appennino. Fra Bologna e Parma, con evidente centro nella provincia di Modena, si concentrano oggi un numero significativo di global premium player e di subfornitori di primo livello, che definiscono un nuovo distretto dei motori, che si presenta oggi con un sistema tecnico-scientifico, che si sta attrezzando per sostenerne la crescita, dato dalle quattro università emiliane, da una vasta rete di scuole tecniche e professionali, da un apparato di ricerca, a cui contribuiscono massicciamente le sedi degli enti nazionali di ricerca presenti nell’area. Nella sola provincia di Modena si concentrano oggi Ferrari, Ferrari corse, Maserati, Alfa Romeo (con le attività di ricerca e sviluppo), a cui possiamo aggiungere Cnh – veicoli industriali, con un fatturato complessivo che nel 2013 era di circa 6,6 miliardi di euro e 7,500 dipendenti, 190 fornitori con un fatturato con altri 3500 dipendenti. Nel resto della regione ritroviamo Lamborghini a cui si aggiunge Ducati, del Gruppo Volkwagen Audi, due piccole imprese ma superspecializzate, come Pagani e Tororosso (ex Minardi), la Dallara che oltre a produrre carrozzerie per auto da corsa ad altissima tecnologia è oggi leader mondiale nel testing delle auto a cui si aggiunge un’imprese come la modenese Coxa, leader nella progettazione dei motori. Vi sono poi subfornitori della dimensione di VM per i motori diesel, di Bosch Rexroth, di Marelli, e una varietà MODALITÀ DI ABBONAMENTO AL QUOTIDIANO: prezzo di copertina in Italia ¤ 1,50 per le edizioni da lunedì a venerdì, ¤ 2 per le edizioni di sabato e domenica. Abbonamento Italia 359 numeri: ¤ 359,00 (sconto 39% rispetto al prezzo di copertina) + ¤ 29,90 per contributo spese di consegna (postale o in edicola). L'abbonamento Italia non comprende il magazine "IL - Intelligence in Lifestyle". 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Ciò che deve essere rilevato di questa area è la nuova concentrazione che si è creata soprattutto nelle attività di ricerca e sviluppo, che raggiunge il suo massimo nelle componenti elettroniche, nei materiali e nella progettazione e testing dei motori, con un suo apice GIORNALISMO Premio Ischia al gruppo Raqqa pIl premio Ischia Internazionale 2016 va a «Raqqa is being slaughtered silently», gruppo di giornalisti e attivisti dei diritti umani che pubblicano a Raqqa in Siria un sito web e pagine di social che testimoniano le violenze commesse contro la popolazione civile dall'Isis e dal regime di Assad. La giuria con questo riconoscimento ha sottolineato il lavoro ammirevole in un città devastata, dove il dovere di informare comporta il rischio della propria vita. I «giornalisti dell’anno» sono il vicedirettore del Corriere della Sera, Barbara Stefanelli, ideatrice del blog «La 27/ma ora», l’inviato di Sky Tg 24 Pio D’Emilia, autore dei reportage sui migranti e su Fukushima, Pierluigi Pardo, conduttore del programma sportiva Tikitaka di Mediaset, mentre a Francesca Fialdini va un riconoscimento speciale, nel segmento “Infotainment”, per la conduzione del programma “Uno Mattina” della Rai. La premiazione avverrà il 1° luglio alle 21,00 nel corso di uno spettacolo organizzato dalla Fondazione Premio Ischia in piazza San Restituta a Lacco Ameno e sarà preceduta da una serie di dibattiti, ripresi dalle telecamere di Sky TG 24. LEFONO e FAX/EMAIL. Altre offerte di abbonato sono disponibili su Internet all'indirizzo www.ilsole24ore.com/offerte. Non inviare denaro. I nuovi abbonati riceveranno un apposito bollettino postale già intestato per eseguire il pagamento. 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Nella nuova geografia europea tali addensamenti si ritrovano nel Baden Württemberg dove sta crescendo la iniziativa detta «Arena 2036», in cui diversi produttori di primo livello hanno insediato nel campus della Università di Stoccarda un centro di ricerca sui veicoli di nuova generazione, nella Motor valley inglese, tra Birmingham e Warwick dove si sta concentrando un National automotive innovation center, fortemente integrato tra imprese ed istituzioni pubbliche. A Torino l’insediamento dentro al Politecnico del centro di ricerca e formazione di General Motors ha indubbiamente rilanciato le attività in un territorio, che pur avendo sofferto di profonde ristrutturazioni è ancora di riferimento nel settore. Del resto nella Motor Valley emiliana si stanno consolidando soprattutto intorno al tecnopolo di Modena e di Bologna significativi investimenti pubblici e privati in ricerca e alta formazione formazione appunto nella area “premium” cioè sulla fascia alta delle produzioni. Questa nuova geografia si fonda su una profonda integrazione fra imprese, università e enti pubblici di ricerca, con il bisogno di consolidare nuove grandi infrastrutture di ricerca per la gestione di masse inedite di dati, generazione di nuovi materiali on demand e strutture di testing e prova, il cui peso però non possono essere definiti per servire ambiti locali, ma debbono candidarsi a divenire il centro di sistemi hub and spoke di dimensione almeno europea. Questo per il settore automotive, ma egualmente si deve ragionare per le altre filiere su cui si sta riorganizzando l’industria mondiale in questa fase in cui gli irresistibili paesi emergenti stanno già anzitempo mostrando segni di senilità e la vecchia Europa ha una occasione per ringiovanirsi. Mai come oggi la nuova politica industriale passa per la capacità di generare convergenza ed integrazione fra sistema produttivo e sistema nazionale della ricerca. INTERVENTO Coraggio per uscire dal vicolo cieco della crisi di Giorgio La Malfa G iampaolo Galli mette in guardia il Governo dal farsi tentare dalla proposta di una politica straordinaria di stimolo fiscale che faccia ripartire davvero l’economia italiana. Fa tre obiezioni e invita “a non abbandonare la strada della riduzione del deficit.” Il problema è che Galli trascura il punto di partenza del mio ragionamento e cioè che finora il Governo si è attenuto alla strada da lui proposta cercando di far ripartire l’economia italiana senza violare i vincoli del fiscal compact. L’esperimento è fallito: la ripresina si va spegnendo, come certifica l’Istat, e l’Italia mancherà nel 2016 agli impegni del fiscal compact sia per il deficit che per il rapporto debito-Pil, come si legge nella lettera della Commissione Europea di ieri. Dunque, dopo due anni l’economia non riparte e le procedure di infrazione si avvicinano. Continuare così o cambiare strada? Delle 3 obiezioni di Galli solo una è sostanziale, ma non poggia su alcun argomento. Una manovra espansiva – dice Galli - imporrebbe domani una manovra eguale e contraria per riportare il deficit lungo il percorso di rientro. Per cui questa politica potrebbe migliorare la congiuntura oggi “ma al costo di politiche restrittive e di una probabile nuova recessione in futuro.” Dimostrazione? Nessuna. La maggior parte degli economisti conviene invece nel ritenere che, se c'è una capacità produttiva inutilizzata, uno stimolo proveniente dalla domanda creerà nuovo reddito, allevierà la disoccupazione e produrrà un gettito fiscale aggiuntivo che contribuirà a rimettere in equilibrio il bilancio a un più basso rapporto debito-Pil. Il gettito fiscale aggiuntivo potrà essere sufficiente a chiudere il gap, oppure no. Se no, bisognerà immaginare (modeste) manovre correttive, ma non è affatto detto che i cosiddetti moltiplicatori sarebbero allora eguali a quelli di oggi. Sermplicemente non lo sappiamo. Vi sono posizioni diverse fra gli economisti su questo punto. E nessuno può proclamare le proprie opinioni come verità. Osservo a Galli che la strada dell’austerità, ampiamente esplorata in questi anni, ha lasciato dietro di sè molte macerie e che molti economisti partiti da altre posizioni oggi convergono – penso ai professori Alesina e Giavazzi e agli economisti del Fondo Monetario – sulla mia tesi. Fallita l’altra politica, forse è il caso di riflettere seriamente a questa proposta. La seconda obiezione di Galli è che aumentare la spesa pubblica è facile, difficile diminuirla. È una osservazione su cui sono d’accordo: per questo ho scritto che l’aumento del deficit dovrebbe essere destinato alla riduzione del prelievo fiscale e al finanziamento di specifici investimenti pubblici. Infine, dice Galli, i mercati finanziari potrebbero reagire mettendo in crisi il debito pubblico. Il rischio è reale, ma di per sé non rende cattiva la politica proposta. Si tratta di esserne consapevoli e di preparare un piano credibile che preveda, come ho scritto, misure straordinarie di alienazione di beni pubblici. Peraltro siamo già oggi, a debito crescente, esposti a questo rischio. Solo una forte crescita reale dell’economia può disinnescare la mina. Conclusione. Se la politica condotta in questi due anni avesse funzionato, se ci fosse la ripresa promessa, accompagnata da una riduzione della devianza dei parametri della finanza pubblica, Galli avrebbe titolo a proporre di non cambiarla. Ma l’Italia è in un vicolo cieco. La ripresa si è spenta, i parametri della finanza pubblica peggiorano. Continuando così andremo a sbattere contro il muro del debito pubblico. Capisco che ci voglia coraggio per tentare una sortita. Molto coraggio e molta credibilità. © RIPRODUZIONE RISERVATA SUL SOLE DEL 9 MARZO © RIPRODUZIONE RISERVATA per la spedizione del quotidiano e per l'invio di materiale promozionale. 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