Copertura antipertensiva nelle 24 ore: ruolo del rapporto valle

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Copertura antipertensiva nelle 24 ore: ruolo del rapporto valle
28
Copertura antipertensiva nelle 24 ore:
ruolo del rapporto valle-picco
e dello Smoothness Index come
parametri per una razionale scelta
della terapia antipertensiva
Dal punto di vista clinico, l’efficacia
della terapia antipertensiva dipende dalla riduzione degli elevati valori
pressori e, soprattutto, dal raggiungimento di specifici target pressori.
A tale riguardo, le linee guida
ESH/ESC, pur riconoscendo l’importanza della monoterapia come approccio iniziale al trattamento del
paziente iperteso, sottolineano nel
contempo che il suo impiego permette di conseguire adeguati obiettivi
pressori (<140/90 mmHg) in non oltre
il 20-30% della popolazione ipertesa.
Pertanto, nella maggior parte dei casi, per ottenere un efficace controllo
dei valori pressori è necessario ricorrere alla terapia di associazione con
due agenti antipertensivi appartenenti a differenti classi farmacologiche;
ciò permette di esercitare effetti superiori a quelli ottenibili raddoppiando il dosaggio del farmaco impiegato
in monoterapia con il vantaggio di un
controllo pressorio più precoce, particolarmente importante nei pazienti
ad alto rischio cardiovascolare.
Va, tuttavia, sottolineato che l’efficacia della terapia di associazione
dell’ipertensione arteriosa non si basa soltanto sul concetto generale che
la combinazione di due o più farmaci permette di migliorare il controllo
pressorio, ma anche e soprattutto sulla scelta preferenziale di alcuni regimi
combinati dettata dalle caratteristiche
del profilo farmacologico-clinico.
Infatti, secondo le linee guida
ESH/ESC, tra gli aspetti che definiscono ideale un’associazione (in modo particolare quando precostituita),
oltre alla superiore efficacia antipertensiva rispetto alla monoterapia derivante dall’effetto sinergico svolto dai
differenti farmaci antipertensivi, va inclusa la possibilità di ottenere un controllo a lungo termine della pressione
arteriosa in monosomministrazione.
Più precisamente, è importante che la
terapia farmacologica assicuri un controllo dei valori pressori che si mantenga significativo per l’intero arco della
giornata, con rapporto valle/picco alla
24a ora il più possibile vicino a 1, dopo
la somministrazione dell’associazione;
ciò implica una compatibilità del profilo farmacologico delle molecole che
costituiscono il regime terapeutico
combinato ed un potenziamento reciproco del loro meccanismo d’azione
antipertensiva (Borghi C, 2012).
Il rapporto valle-picco, proposto come indice per quantificare la durata
dell’effetto di un agente antipertensivo nelle 24 ore, si calcola dividendo la diminuzione del valore della
pressione arteriosa “di valle”, vale
a dire la modificazione pressoria registrata a 24 ore dalla somministrazione del farmaco, per la riduzione
pressoria “di picco” corrispondente
a quella riscontrata al punto di massimo effetto antipertensivo del farmaco (Figura 4.1).
Se da questo calcolo si ottiene un
valore elevato, esso è espressione di
un effetto protratto ed omogeneo; al
contrario, un valore basso del rapporto valle-picco indica un’azione antipertensiva breve oppure è indicativo
di un effetto di lunga durata, ma caratterizzato da una riduzione eccessiva (e
29
Hypertension and Therapeutic Management® Fenotipi, efficacia, aderenza  ❘  Novembre 2015  ❘  Numero 1
FOCUS DIAGNOSTICO
D PA (mmHg)
0
-5
-10
D Valle=8.5
D Picco=12.5
-15
0
4 8 12 16 2023
Ore dall’assunzione del farmaco
 D
Rapporto T/P = Valle = 0.68
   D Picco
Figura 4.1 Calcolo del rapporto valle-picco (trough to peak-T/P) in base ai valori orari della pressione arteriosa (PA)
ottenuti, mediante il monitoraggio ambulatorio della PA nelle 24 ore, prima del trattamento antipertensivo e durante
il trattamento antipertensivo (Mancia G et al, 2015).
potenzialmente dannosa) al picco. In
linea teorica, il farmaco antipertensivo ideale dovrebbe determinare a
valle la stessa riduzione pressoria che
si registra al picco e, quindi, avere un
rapporto valle-picco pari ad 1.
Tuttavia, il rapporto valle/picco presenta alcune limitazioni, di cui la più
importante consiste nel fatto che per il
calcolo di questo indice si impiega solo una esigua quota dei valori pressori
delle 24 ore, non utilizzando il notevole numero di dati che è possibile registrare con il monitoraggio ambulatorio
della pressione arteriosa (ABPM). Per
superare le importanti limitazioni del
rapporto valle/picco nella valutazione
della omogeneità dell’effetto antipertensivo di un determinato farmaco
nell’arco delle 24 ore è stato sviluppato un nuovo parametro, rappresentato
dallo Smoothness Index (SI).
La determinazione di questo nuovo
parametro prevede innanzitutto che
siano misurate le variazioni della pressione arteriosa media nelle 24 ore,
servendosi di una duplice registrazione dell’ABPM (prima e nel corso del
trattamento antipertensivo). Quindi
viene calcolata la media di queste variazioni nelle 24 ore, insieme alla de-
viazione standard (DS); a questo punto è possibile stabilire il valore dello
SI, che corrisponde al rapporto tra la
media delle variazioni della PA nelle
24 ore durante il trattamento con un
determinato agente antipertensivo e
la rispettiva DS (Figura 4.2).
I farmaci con una lunga durata d’azione e caratterizzati dalla capacità
di determinare in maniera omogenea (“smooth”) la riduzione dei valori
pressori nell’intervallo di somministrazione (vale a dire, senza rilevanti
differenze tra l’effetto antipertensivo
“di picco” e quello “di valle”) hanno maggiori probabilità di ridurre la
variabilità della pressione arteriosa a
breve termine nell’arco delle 24 ore.
Viceversa, i farmaci con una durata
d’azione più breve possono essere responsabili di un incremento di natura
iatrogena dell’ampiezza delle fluttuazioni pressorie tra il tempo “di picco”
e quello “di valle”.
In particolare, se tali agenti antipertensivi dotati di una minore durata
d’azione sono assunti al mattino, essi
tenderanno a non garantire un adeguato controllo dei livelli pressori nelle
24 ore, particolarmente nelle fasi fina-
30
Copertura antipertensiva nelle 24 ore: ruolo del rapporto valle-picco e dello Smoothness Index
SI
D H/DS=3.7
D PA (mmHg)
0
-5
-10
D H=8.6
DS=2.3
-15
0 4 812162024
Ore dall’assunzione del farmaco (H)
Figura 4.2 Misurazione e rilevanza prognostica dello Smoothness Index (SI) calcolato in base ai valori orari della
pressione arteriosa (PA) ottenuti, mediante monitoraggio ambulatorio nelle 24 ore, prima e durante il trattamento
antipertensivo (Modificata da Mancia G et al, 2015).
li dell’intervallo di somministrazione,
corrispondenti alle prime ore del
mattino seguente (tempo “di valle”),
quando di norma i pazienti vanno incontro ad un aumento della pressione
arteriosa correlato al risveglio (Parati G
et al, 1999; Mancia et al, 2015).
In relazione alla possibilità di valutare
la durata e l’omogeneità dell’effetto
antipertensivo di un farmaco nelle 24
ore, lo Smoothness Index presenta
diversi vantaggi rispetto al rapporto
valle-picco; in particolare, lo SI è più
riproducibile, nel senso che i singoli
valori di questo indice ottenuti dopo diversi periodi di trattamento (ad
esempio, dopo 3 e 12 mesi) mostrano
una maggiore correlazione tra loro.
Inoltre, a differenza del rapporto vallepicco, lo Smoothness Index è inversamente correlato in misura significativa
alla variabilità della pressione arteriosa delle 24 ore dopo 12 mesi, cioè
quanto maggiore è il valore di questo
indice tanto minore risulta la variabilità dei valori pressori nel corso del trattamento antipertensivo. Infine, se calcolato su un’ampia popolazione (oltre
1000 individui) lo Smoothness Index
risulta vicino all’unità nei soggetti trattati con agenti antipertensivi efficaci,
ma è molto prossimo allo zero in quelli che assumono placebo; ciò significa
che non è necessario correggere i valori dello SI per l’effetto placebo e che
l’impiego di questo indice nell’ambito
di uno studio clinico non richiede un
gruppo di controllo trattato con placebo.
In definitiva, la durata e la distribuzione dell’effetto di riduzione della pressione arteriosa svolto dai differenti
farmaci antipertensivi risultano variabili durante l’intervallo di somministrazione. In tal senso lo Smoothness
Index può rivelarsi un utile parametro
di valutazione dell’omogeneità degli
effetti del trattamento nell’arco delle
24 ore nelle condizioni di “vita reale”
(Parati G et al, 1999).
BIBLIOGRAFIA
• Borghi C. Terapia di combinazione: cosa dicono
le linee guida? Real Practice & Clinical Benefits in
Hypertension and Coronary Artery Disease 2012:
1: 1-10.
• Mancia G, Grassi G, Redon J. Manual of
Hypertension of the European Society of
Hypertension. Second Edition. Ipertensione e
fattori di rischio associati. Edizione Italiana a cura
di Guido Grassi. 2015.
• Parati G, Omboni S, Mancia G.Il rapporto vallepicco e lo “smoothness index” nella valutazione
della durata e dell’omogeneità dell’effetto
antipertensivo nelle 24 ore. Cardiologia 1999;
44(Suppl 1): 345-348.
31
FOCUS TERAPEUTICO
Perindopril/amlodipina, associazione
caratterizzata da un’efficace copertura
terapeutica nei differenti “fenotipi”
di pazienti ipertesi
In base alle recenti linee guida, il monitoraggio ambulatorio della pressione arteriosa (ABPM) nelle 24 ore è
considerato più importante ed informativo rispetto alla misurazione della
pressione brachiale nella diagnosi e
nel trattamento dell’ipertensione arteriosa (Mancia et al, 2013).
Le ripetute registrazioni effettuate mediante l’ABPM riflettono realisticamente la fluttuazione continua della pressione arteriosa in maniera più accurata
rispetto alle misurazioni occasionali;
inoltre, i valori pressori rilevati dal monitoraggio sono riproducibili, a differenza di quelli forniti dalle misurazioni
convenzionali effettuate nello studio
medico. A ciò va aggiunto che l’ABPM
evita i problemi associati al metodo
tradizionale di rilevazione della pressione arteriosa, quali l’effetto camice
bianco e l’ipertensione mascherata.
Infine, l’ABPM, che permette di valutare l’efficacia del trattamento antipertensivo nelle 24 ore, sta assumendo crescente importanza nella
gestione clinica dell’ipertensione
arteriosa, in quanto ha permesso di
definire con maggiore precisione il
beneficio prognostico derivante dal
controllo clinico di parametri come la
pressione arteriosa notturna. Molte
evidenze avvalorano l’opportunità di
utilizzare precocemente i regimi combinati antipertensivi a dosaggio fisso,
specialmente perché la maggior parte dei pazienti ipertesi necessita della
terapia con più di un farmaco per ottenere il controllo dei valori pressori.
Lo studio osservazionale PEARL
(PErindopril/Amlodipine Reduction of
blood pressure Level), della durata di
3 mesi, condotto allo scopo di valutare l’efficacia dell’associazione fissa
perindopril/amlodipina impiegata nel
trattamento dei pazienti ambulatoriali
con ipertensione essenziale non controllata dalla precedente terapia antipertensiva (PA misurata presso lo studio medico ≥140/90 mmHg o ≥130/80
mmHg nei soggetti a rischio cardiovascolare elevato/molto elevato) ha
dimostrato che questo regime farmacologico combinato è stato in grado
di normalizzare la pressione arteriosa
(<140/90 mmHg) nella maggior parte dei soggetti ipertesi (76%) dopo 3
mesi di trattamento.
In questa sede si riportano brevemente i risultati del sottostudio PEARL
ABPM, il cui obiettivo primario è stato
quello di valutare l’effetto dell’associazione fissa perindopril/amlodipina
sulla pressione arteriosa media delle
24 ore, diurna (relativa all’intervallo di
tempo compreso tra le ore 06:00 e le
ore 22:00) e notturna (dalle ore 22:00
alle ore 06:00).
Pertanto, dei 10335 pazienti inclusi
nello studio PEARL, 262 (di cui 118
donne; età media 60.4±11.7 anni,
range 18–90 anni) sono stati sottoposti ad ABPM, effettuato all’inclusione,
al mese 1 ed al mese 3. La pressione
media al basale misurata nello studio
medico della popolazione inclusa nel
sottostudio PEARL ABPM era pari a
159.8/94.3 mmHg; 38 pazienti (15%)
Perindopril/amlodipina, un’efficace copertura terapeutica nei differenti “fenotipi” di pazienti ipertesi
risultavano affetti da ipertensione severa (≥180/110 mmHg).
Gli endpoint primari di efficacia (riduzione della PA delle 24, diurna e
notturna) sono stati valutati mediante ABPM sia nella popolazione totale, sia nei vari sottogruppi individuati
in base alla gravità dell’ipertensione
al basale (≥180/110 mmHg all’inclusione), ai precedenti trattamenti antipertensivi ed alle comorbilità
(arteriopatia coronarica, anamnesi
positiva per stroke o TIA e diabete
mellito di tipo 2).
È emerso che la pressione ambulatoria delle 24 ore e la pressione misurata presso lo studio medico sono
entrambe diminuite dopo 3 mesi di
trattamento con l’associazione fissa
perindopril/amlodipina nella popolazione totale sottoposta ad ABPM
e nel sottogruppo di pazienti con
ipertensione severa. In particolare, la
pressione arteriosa media delle 24 ore
ha subito un decremento significativo, pari –18.5/–8.4 mmHg, passando
da 146.1/84.3 a 127.6/75.9 mmHg
(p<0.001). Le riduzioni dei valori medi
della pressione arteriosa delle 24 ore,
della pressione diurna e di quella notturna sono state registrare entro il primo mese di trattamento (Figura 5.1).
Per quanto riguarda i sottogruppi, nei
38 pazienti con ipertensione arteriosa
severa (PA ≥180/110 mmHg all’inclusione), la pressione arteriosa misurata nello studio medico è diminuita di
48.1/25.5 mmHg (p<0.001).
Indipendentemente dal trattamento
antipertensivo effettuato in precedenza, l’associazione fissa perindopril/
amlodipina ha determinato riduzioni
significative della pressione arteriosa
ambulatoria delle 24 ore e della PA
registrata in maniera convenzionale presso lo studio medico (p<0.001
per entrambe), dal basale al mese 1
e dal basale al mese 3, in tutti i pazienti ipertesi sottoposti ad ABPM
che costituivano i tre sottogruppi
con patologie concomitanti (arteriopatia coronarica [n=113], pregresso
160
PAS
Pressione arteriosa (mmHg)
140
Diurna
Media delle 24 ore
Notturna
120
100
PAD
80
60
0
Basale 1 mese
32
Diurna
Media delle 24 ore
Notturna
3 mesi
Figura 5.1 Valori della pressione arteriosa (PA) ambulatoria media registrati mediante il
monitoraggio ambulatorio della PA durante i 3 mesi di trattamento con l’associazione fissa
perindopril/amlodipina (Nagy VL, 2013).
PAS=pressione arteriosa sistolica; PAD=pressione arteriosa diastolica
33
Hypertension and Therapeutic Management® Fenotipi, efficacia, aderenza  ❘  Novembre 2015  ❘  Numero 1
FOCUS TERAPEUTICO
Tabella 5.1 Variazioni della pressione arteriosa ambulatoria delle 24 ore e della PA registrata in maniera convenzionale
presso lo studio medico indotte dal trattamento con l’associazione fissa perindopril/amlodipina nei pazienti ipertesi
inclusi nello studio PEARL ABPM che costituivano i diversi sottogruppi distinti in base alle comorbilità (Nagy VL, 2013).
Misurazione
della pressione
arteriosa
Sottogruppo
CAD (n=113)
PAS
Sottogruppo pregresso
stroke (n=30)
Sottogruppo diabete
di tipo 2 (n=50)
PAD
PAS
PAD
PAS
PAD
ABPM delle 24 ore
Basale
147.8±17.9
83.7±12.5
144.5±17.8
79.9±11.9
147.0±15.2
82.9±11.4
1 mese
132.0±10.7
79.2±8.5
131.5±12.1
77.2±10.5
134.9±12.9
79.7±8.3
126.6±10.6
75.4±8.9
130.7±11.0
77.6±9.6
126.3±10.3
75.6±9.5
-21.2±17.3**
-8.8±11.1***
-13.9±16.2**
-3.7±8.1***
-20.7±14.1**
-7.4±11.1***
3 mesi
Variazione
a
PA misurata presso lo studio
Basale
162.5±16.4
96.1±10.1
162.0±18.3
95.1±12.9
159.1±13.1
95.1±10.0
1 mese
138.9±12.4
85.7±8.4
142.0±7.2
85.3±9.2
138.0±17.4
84.8±8.7
131.2±8.5
81.0±6.1
131.8±8.0
82.7±4.8
130.7±10.0
79.6±5.9
-31.1±17.0**
-15.4±10.3**
-29.9±18.1**
-13.0±10.3**
-28.6±11.4**
-15.5±8.9**
3 mesi
Variazione
a
Valori espressi come media±DS.
ABPM=pressione arteriosa ambulatoria delle 24 ore; PA=pressione arteriosa, CAD=coronaropatia; PAD=pressione arteriosa diastolica; PAS=pressione arteriosa
sistolica. **p<0.001, mese 3 versus basale; ***p<0.01, mese 3 versus basale.
a
Variazione della PA dal basale a 3 mesi
stroke [n=30] e diabete mellito di tipo
2 [n=50]) (Tabella 5.1).
In conclusione, il sottostudio PEARL
ABPM basato sulla comunità ha fornito i primi dati clinici relativi all’efficacia
antipertensiva dell’associazione fissa
perindopril/amlodipina in termini di
riduzione della pressione arteriosa
ambulatoria delle 24 ore e della pressione arteriosa misurata in maniera
convenzionale in un’ampia popolazione di soggetti ipertesi, la cui pressione non era controllata da un precedente trattamento con ACE-inibitore
e/o calcio antagonista, rappresentativi dei pazienti trattati nella pratica clinica giornaliera.
Le riduzioni significative della pressione arteriosa ambulatoria media delle
24 ore e della pressione arteriosa brachiale sono state registrate nella popolazione totale sottoposta ad ABPM,
nel sottogruppo con ipertensione severa e nei pazienti ipertesi che costituivano i sottogruppi con patologie
concomitanti (arteriopatia coronarica,
pregresso stroke o diabete mellito di
tipo 2).
Pertanto i risultati dello studio PEARL
ABPM dimostrano che, per questa
ampia popolazione di pazienti ipertesi (inclusi quelli affetti da comorbilità), l’associazione fissa perindopril/
amlodipina è da considerarsi un’opzione terapeutica sicura ed efficace in
grado di migliorare la normalizzazione
dei valori pressori ed il trattamento
dell’ipertensione (Nagy VL, 2013).
BIBLIOGRAFIA
• Mancia G, Fagard R, Narkiewicz K et al. 2013
ESH/ESC Guidelines for the management of
arterial hypertension. The Task Force for the
Management of Arterial Hypertension of the
European Society of Hypertension (ESH) and
of the European Society of Cardiology (ESC).
Journal of Hypertension 2013, 31:1281-1357.
• Nagy VL. Twenty-Four-Hour Ambulatory
Blood Pressure Reduction with a Perindopril/
Amlodipine Fixed-Dose Combination. Clin Drug
Investig, 2013. DOI 10.1007/s40261-013-0086-9.
34
Selezione di abstract dalla letteratura
internazionale
1
Effetti di fattori di rischio potenzialmente modificabili
associati con infarto miocardico in 52 Paesi
(Studio INTERHEART)
Yusuf S, Hawken S, Ounpuu S, Dans T, Avezum A, Lanas F, McQueen M, Budaj A, Pais P,
Varigos J, Lisheng L. INTERHEART Study Investigators.
Lancet 2004;364:937-952.
BACKGROUND  Anche se oltre l’80%
del carico globale di malattie cardiovascolari si verifica nei Paesi a basso o a
medio reddito, le conoscenze sull’importanza dei fattori di rischio sono in
gran parte derivate da studi condotti
nei Paesi sviluppati. Pertanto, l’effetto
di tali fattori sul rischio di malattia coronarica nella maggior parte delle regioni del mondo non è nota.
METODI 
Abbiamo condotto uno
studio caso-controllo standardizzato
sull’infarto miocardico acuto in 52 Paesi, che rappresentano tutti i continenti
abitati. In questo studio sono stati arruolati 15152 casi e 14820 controlli.
Viene riportata la relazione esistente
tra infarto del miocardio e vari fattori di
rischio, tra cui fumo, storia di ipertensione o diabete, rapporto vita/fianchi,
abitudini alimentari, attività fisica, consumo di alcol, apolipoproteine (APO) e
fattori psicosociali. Sono stati calcolati
odds ratio ed IC 99% per l’associazione dei fattori di rischio dell’infarto del
miocardio e il grado di rischio attribuibile nella popolazione (PAR).
RISULTATI Il fumo (odds ratio 2.87
per gli attuali fumatori vs soggetti che
non hanno mai fumato, PAR 35.7% per
gli attuali fumatori ed ex fumatori vs i
soggetti che non hanno mai fumato),
aumento del rapporto ApoB/ApoA1
(3.25 per il quintile più alto vs il più
basso, PAR 49.2% per i 4 quintili più
alti vs il quintile più basso), storia clinica di ipertensione (1.91, PAR 17.9%),
diabete (2.37, PAR 9.9%), obesità addominale (1.12 per il terzile maggiore vs il più basso e 1.62 per il terzile
intermedio vs il più basso, PAR 20.1%
per i due terzili più alti vs il più basso),
fattori psicosociali (2.67, PAR 32.5%),
consumo giornaliero di frutta e verdura (0.70, PAR 13.7% per mancanza
di consumo quotidiano), consumo regolare di alcol (0.91, PAR 6.7%) e assenza di attività fisica regolare (0.86,
PAR 12.2%) sono tutti risultati significativamente correlati con l’infarto del
miocardio (p<0.0001 per tutti i fattori
di rischio e p=0.03 per l’alcol). Queste associazioni sono state rilevate in
uomini e donne, giovani ed anziani, e
in tutte le regioni del mondo. Collettivamente, questi nove fattori di rischio
rappresentato il 90% del PAR negli uomini e il 94% nelle donne.
INTERPRETAZIONE Anomalie lipidiche, fumo, ipertensione, diabete, obesità addominale, fattori psicosociali,
scarso consumo di frutta e verdura,
alcolismo e assenza di una regolare
attività fisica sono responsabili della maggior parte del rischio di infarto
miocardico a livello mondiale, in entrambi i sessi e in tutte le età, in tutte
le regioni geografiche. Questa scoperta suggerisce che una strategia di prevenzione può essere basata su principi
simili in tutto il mondo e ha il potenziale di prevenire la maggioranza dei
casi di infarto miocardico a sviluppo
prematuro.
35
Hypertension and Therapeutic Management® Fenotipi, efficacia, aderenza  ❘  Novembre 2015  ❘  Numero 1
Linee guida ESH/ESC 2013 per il trattamento
dell’ipertensione arteriosa. La Task Force per la gestione
dell’ipertensione arteriosa dell’European Society
of Hypertension (ESH) e dell’European Society of
Cardiology (ESC)
Mancia G, Fagard R, Narkiewicz K et al.
Journal of Hypertension 2013, 31:1281-1357.
Le linee guida 2013 sulla diagnosi e
il trattamento dell’ipertensione arteriosa redatte dall’European Society of
Hypertension (ESH) e dall’European
Society of Cardiology (ESC), seguono
le linee guida emanate congiuntamente dalle due Società nel 2003 e 2007.
La necessità della pubblicazione di un
nuovo documento 6 anni dopo il precedente era avvertita perché in questo periodo sono stati condotti una
serie di importanti studi clinici e sono
stati pubblicati molti nuovi risultati sia
sulla diagnosi che sul trattamento dei
pazienti che presentano elevati valori
di pressione arteriosa (PA), rendendo
necessarie delle integrazioni e delle
modifiche alle raccomandazioni precedenti. Le linee guida ESH/ESC 2013
continuano ad aderire ad alcuni principi fondamentali che hanno ispirato le
linee guida del 2003 e del 2007, vale
a dire (i) fornire raccomandazioni sulla
base di studi condotti in modo rigoroso
ed identificati mediante una accurata
revisione della letteratura, (ii) prendere
in considerazione, come maggiormente prioritari, i dati provenienti da studi
clinici randomizzati e controllati (RCTs)
e da loro meta-analisi, senza trascurare
- soprattutto quando si tratta di aspetti
diagnostici - i risultati di studi osservazionali e di altri studi di adeguato calibro scientifico, e (iii) graduare il livello
delle evidenze scientifiche e la forza
delle raccomandazioni sui principali temi inerenti la diagnosi ed il trattamento
seguendo le raccomandazioni dell’ESC,
come fatto nelle linee guida Europee
redatte per altre patologie. Sebbene
non sia stato fatto nelle linee guida del
2003 e del 2007, fornire la classe di raccomandazione e il livello di evidenza è
oggi considerato importante al fine di
garantire un loro impiego nella pratica
clinica ed offrire un approccio standard,
con cui confrontare lo stato delle conoscenze in diversi campi della Medicina.
Si è anche ritenuto che questo approccio possa informare più precisamente
i Medici su quali raccomandazioni si
basino sull’opinione degli esperti, piuttosto che su evidenze scientifiche documentate. Questo non è raro in Medicina, in quanto gran parte della pratica
medica quotidiana non è supportata da
evidenze scientifiche e le raccomandazioni devono quindi derivare dal senso
comune e dall’esperienza clinica personale, fattori questi ultimi che possono
essere fallibili. Riconoscere tale limite
può evitare che le linee guida vengano
percepite come prescrittive, favorendo
la realizzazione di studi clinici in campi
in cui prevale il parere clinico rispetto
all’evidenza scientifica. Un quarto principio, in linea con lo scopo educativo
delle linee guida, è quello di fornire un
gran numero di tabelle e una serie di
raccomandazioni concise che possano
essere facilmente e rapidamente consultabili dai medici nella loro pratica
quotidiana. I membri Europei della Task
Force incaricata per redigere le linee
guida 2013 sull’ipertensione sono stati
nominati dall’ESH e dall’ESC in base alla loro riconosciuta competenza e l’assenza di maggiori conflitti di interesse
[le schede di dichiarazioni di conflitto
di interesse possono essere trovate sul
sito ESC (www.escardio.org/guidelines)
e sul sito ESH (www.eshonline.org)]. Ad
ogni membro è stato assegnato uno
specifico compito di redazione, che
è stato esaminato da tre coordinatori
e poi dai due Presidenti, uno nominato dall’ESH e l’altro dall’ESC. Il testo è
stato perfezionato nel corso di circa 18
mesi, durante i quali i membri della Task
Force si sono incontrati più volte, effet-
ABSTRACT
2
36
Selezione di abstract dalla letteratura internazionale
tuando inoltre un’intensa corrispondenza di documenti e testi. Prima della pubblicazione, il documento è stato
anche valutato due volte da 42 revisori
europei, per metà selezionati dall’ESH
e per metà dall’ESC. Si può quindi affermare che le raccomandazioni redatte
3
dalle linee guida ESH/ESC 2013 sull’ipertensione arteriosa riflettano in gran
parte lo stato attuale dell’arte, come
concepito da Scienziati e Medici in Europa. Le spese per le riunioni e il lavoro
generale sono stati condivise dall’ESH
e dall’ESC.
Prevenzione degli eventi cardiovascolari con un regime
antipertensivo basato su amlodipina/perindopril vs
atenololo/bendroflumetiazide nell’Anglo-Scandinavian
Cardiac Outcomes Trial-Blood Pressure Lowering Arm
(ASCOT-BPLA): studio randomizzato, multicentrico,
controllato
Dahlöf B, Sever PS, Poulter NR, Wedel H, Beevers DG et al. for the ASCOT investigators
Prevention of cardiovascular events with an antihypertensive regimen of amlodipine
adding perindopril as required versus atenolol adding bendroflumethiazide as
required, in the Anglo-Scandinavian Cardiac Outcomes Trial-Blood Pressure Lowering
Arm (ASCOT-BPLA): a multicentre randomized controlled trial. www.thelancet.com
Published online September 4, 2005 DOI:10.1016/S0140-6736 (05) 67185
BACKGROUND L’evidente inadeguatezza in termini di prevenzione della cardiopatia coronarica (CHD) riscontrata
nei trial sull’ipertensione in fase iniziale
è stata attribuita agli svantaggi correlati
ai diuretici ed ai b-bloccanti utilizzati.
Per una data riduzione della pressione
arteriosa, alcuni Autori suggeriscono
che i più recenti farmaci garantirebbero dei vantaggi rispetto ai diuretici ed
ai b-bloccanti. Pertanto, l’obiettivo del
presente studio è stato quello di confrontare gli effetti del regime combinato atenololo/diuretico tiazidico con
quelli dell’associazione amlodipina/
perindopril sull’infarto miocardico non
fatale e sulla CHD fatale.
METODI È stato condotto un trial
multicentrico, prospettico, randomizzato controllato che ha incluso 19257
pazienti affetti da ipertensione, di età
compresa nel range 40–79 anni e con
almeno altri tre fattori di rischio cardiovascolare. I soggetti arruolati sono stati assegnati al trattamento con
amlodipina 5–10 mg, associando perindopril 4–8 mg come richiesto (regime basato sull’amlodipina; n=9639) o
con atenololo 50–100 mg aggiungendo bendroflumetiazide 1.25–2.5 mg e
potassio come richiesto (regime basato sull’atenololo; n=9618). L’endpoint
primario era rappresentato dall’infarto
miocardico non fatale (incluso l’infarto
del miocardio silente) e dalla CHD fatale. L’analisi è stata condotta secondo il
principio intention-to-treat.
RISULTATI Lo studio è stato sospeso
anticipatamente dopo un follow-up mediano di 5.5 anni, accumulando in totale
106153 pazienti/anni di osservazione.
Sebbene in misura non significativa, un
minore numero di pazienti trattati con
il regime basato sull’amlodipina è andato incontro ad un endpoint primario
rispetto a quelli assegnati al regime basato sull’atenololo (429 versus 474; HR
non aggiustato 0.90, IC al 95% 0.79–
1.02, p=0.1052), a stroke fatale e non
fatale (327 versus 422; 0.77, 0.66–0.89,
p=0.0003), ad eventi cardiovascolari totali e procedure chirurgiche (1362 versus 1602; 0.84, 0.78–0.90, p<0.0001) e
mortalità da tutte le cause (738 versus
820; 0.89, 0.81–0.99, p=0.025). L’incidenza dello sviluppo di diabete è risultata inferiore nei pazienti trattati con
il regime basato sull’amlodipina (567
versus 799; 0.70, 0.63–0.78, p<0.0001).
37
Hypertension and Therapeutic Management® Fenotipi, efficacia, aderenza  ❘  Novembre 2015  ❘  Numero 1
CONCLUSIONI Il regime basato
sull’amlodipina ha permesso di prevenire un maggior numero di eventi
cardiovascolari e si è associato ad una
minore insorgenza di diabete mellito
rispetto al regime basato sull’atenololo. Alla luce delle precedenti evidenze
emerse da trial clinici, tali effetti potreb-
bero non essere completamente attribuibili al migliore controllo dei valori
pressori e tale aspetto viene affrontato
nel presente articolo scientifico. Ciononostante, questi risultati comportano
delle implicazioni riguardo alle associazioni farmacologiche ottimali di agenti
antipertensivi.
Sinergia clinica di perindopril e amlodipina
nella prevenzione degli eventi cardiaci
e della mortalità in pazienti con malattia coronarica.
Analisi post hoc dello studio EUROPA
Bertrand ME, Ferrari R, Remme WJ, Simoons ML, Deckers JW et al,
on behalf of the EUROPA Investigators
Am Heart J 2010;159:795-802
BACKGROUND 
Gli obiettivi della
presente analisi post hoc sono consistiti
nel determinare gli effetti dell’associazione di perindopril al trattamento continuo a lungo termine con un calcio-antagonista (CCB) sugli outcome cardiaci
nella popolazione dello studio EUROPA
con arteriopatia coronarica (CAD) stabile e nel verificare la presenza di sinergia
tra perindopril e CCB nella prevenzione
secondaria.
METODI Sono stati identificati i partecipanti allo studio che stavano assumendo un CCB in occasione di tutte le
visita di controllo effettuate nel corso
dei 4.2 anni di follow-up ed analizzati gli effetti dall’aggiunta di perindopril (n=1022 perindopril/CCB versus
n=1100 placebo/CCB).
RISULTATI L’associazione di perindopril al CCB ha determinato una ridu-
zione significativa della mortalità totale pari al 46% (p<0.01 vs placebo) e
dell’endpoint primario (composito di
mortalità cardiovascolare, infarto miocardico non fatale e resuscitazione dopo arresto cardiaco) pari al 35% (p<0.05
versus placebo). Sono state registrate riduzioni del 41%, 54% e 28%, rispettivamente, della mortalità cardiovascolare,
delle ospedalizzazioni per scompenso
cardiaco e dell’infarto miocardico. Il
confronto degli hazard ratio suggerisce
la presenza di una sinergia clinica tra
perindopril e CCB, il cui effetto risulta
superiore alla somma dei singoli effetti.
4
CONCLUSIONI  L’aggiunta di perindopril al CCB nei pazienti con CAD stabile ha prodotto un significativo impatto
positivo addizionale sugli outcome cardiaci e sulla mortalità.
Pressione arteriosa centrale:
evidenze attuali e importanza clinica
Carmel M. McEniery, John R. Cockcroft, Mary J. Roman, Stanley S. Franklin,
Ian B. Wilkinson
Eur Heart J first published online January 23, 2014 doi:10.1093/eurheartj/eht565
La pressione dell’arteria brachiale, misurata con bracciale e sfigmomanometro,
è accettata come un importante fattore predittivo di futuro rischio cardiova-
ABSTRACT
scolare. Tuttavia, la pressione sistolica
varia in tutto l’albero arterioso, per cui
la pressione sistolica aortica (centrale)
è in realtà inferiore ai corrispondenti
5
38
Selezione di abstract dalla letteratura internazionale
valori brachiali, anche se tale differenza è molto variabile tra gli individui. Le
evidenze oggi emergenti suggeriscono che la pressione centrale si correla
meglio con gli eventi cardiovascolari
futuri rispetto alla pressione brachiale.
Inoltre, i farmaci antipertensivi possono esercitare effetti differenziali sulla
pressione brachiale e sulla pressione
centrale. Pertanto, il basare le decisioni
di trattamento sulla pressione centrale,
6
piuttosto che su quella brachiale, può
avere importanti implicazioni per la futura diagnosi e gestione dell’ipertensione.
Un tale “cambiamento di paradigma”
richiederà, tuttavia, ulteriori evidenze
dirette in grado di dimostrare che la valutazione selettiva della pressione centrale comporta un beneficio aggiuntivo
rispetto a quello già fornito dalla pressione dell’arteria brachiale.
Impatto differenziale dei farmaci antipertensivi
sulla pressione aortica centrale e outcome clinici.
Risultati principali dello studio Conduit Artery
Function Evaluation (CAFE)
Williams B, Lacy PS, Thom SM, Cruickshank K, Stanton A, Collier D, Hughes AD,
Thurston H
Circulation. 2006;113:1213-1225
BACKGROUND I diversi farmaci antipertensivi possono produrre effetti
differenti sui valori di pressione aortica centrale, quindi, sull’outcome
cardiovascolare, a fronte di effetti
simili esercitati sulla pressione arteriosa a livello dell’arteria brachiale. Il
Conduit Artery Function Evaluation
(CAFE), un sottostudio del trial ASCOT
(Anglo-Scandinavian Cardiac Outcomes
Trial ), ha esaminato l’impatto di due
differenti regimi antipertensivi (terapia basata su atenololo±tiazide versus
amlodipina±perindopril) sulle pressioni
aortiche centrali e sui parametri emodinamici.
METODI E RISULTATI Nello studio
CAFE sono stati arruolati 2199 pazienti
afferenti a 5 centri del trial ASCOT. L’analisi dell’onda di polso e la tonometria
ad applanazione dell’arteria radiale sono state utilizzate per ricavare i valori
di pressione aortica centrale e gli indici
emodinamici in occasione dei ripetuti
controlli clinici effettuati nel corso di un
follow-up di 4 anni. La maggior parte
dei pazienti ha assunto la terapia di associazione per l’intera durata dello studio. Nonostante la registrazione di valori simili di pressione arteriosa sistolica
a livello dell’arteria brachiale in entrambi i gruppi di trattamento (Δ0.7 mmHg;
IC al 95%, da –0.4 a 1.7; p=0.2), nei pazienti sottoposti a terapia basata su amlodipina sono state riscontrate notevoli
riduzioni dei valori della pressione aortica centrale (pressione sistolica aortica
centrale, Δ4.3 mmHg; IC al 95%, da 3.3
a 5.4; p<0.0001; pressione differenziale
aortica centrale, Δ3.0 mmHg; IC al 95%,
da 2.1 a 3.9; p<0.0001).Il modello Cox
proportional-hazards ha evidenziato che
i valori di pressione differenziale centrale risultavano significativamente associati ad un outcome composito definito
post hoc di eventi cardiovascolari totali/procedure e sviluppo di insufficienza
renale nella coorte dello studio CAFE
(non aggiustato, p<0.0001; aggiustato
per le variabili al basale, p<0.05).
CONCLUSIONI I farmaci antipertensivi
possono esercitare effetti notevolmente
differenti sui valori di pressione aortica
centrale e sui parametri emodinamici,
ancorché svolgano un’azione simile sulla pressione arteriosa al livello dell’arteria brachiale. Inoltre, la pressione differenziale aortica può rappresentare un
fattore determinante di outcome clinici
e le differenze dei valori di pressione
aortica centrale potrebbero essere un
possibile meccanismo per spiegare i
differenti esiti clinici nei due bracci di
trattamento dello studio ASCOT.
39
Hypertension and Therapeutic Management® Fenotipi, efficacia, aderenza  ❘  Novembre 2015  ❘  Numero 1
Ottimizzazione del trattamento dell’ipertensione
e della malattia coronarica stabile: evidenze cliniche
dell’associazione fissa perindopril/amlodipina
Ferrari R
Current Medical Research and Opinion 2008; 24(12): 3543–3557
BACKGROUND L’ottimale gestione
clinica dell’ipertensione arteriosa e della malattia coronarica (CAD) migliora il
rischio e gli outcome cardiovascolari,
permettendo di prevenire le complicanze. La presente pubblicazione prende in esame le evidenze relative all’associazione fissa dell’inibitore dell’enzima
di conversione dell’angiotensina (ACE)
perindopril con il calcio-antagonista
amlodipina.
METODI È stata condotta una ricerca
nell’ambito della letteratura utilizzando la banca dati PubMed/MEDLINE
per identificare gli articoli pubblicati in
lingua inglese tra il 1988 ed il mese di
marzo del 2008 riguardanti trial clinici,
in modo particolare studi di outcome
o del meccanismo d’azione terapeutico, inerenti l’uso della terapia di associazione basata su un ACE-inibitore
(perindopril) ed un calcio-antagonista
(amlodipina) in pazienti con ipertensione o arteriopatia coronarica stabile.
RISULTATI I trial clinici esaminati indicano che questa associazione farmacologica può esercitare effetti positivi
sulla mortalità e sulla morbilità cardiovascolare nei soggetti ipertesi. I due
meccanismi d’azione complementari
risultano agire in sinergia, determinando una più efficace attività ipertensiva,
una migliore funzione della fibrinolisi ed
una riduzione degli eventi indesiderati.
L’associazione precostituita rappresenta anche una strategia terapeutica semplificata per la gestione clinica della
CAD stabile. Perindopril possiede una
dimostrata efficacia nella prevenzione degli eventi cardiovascolari e della
mortalità nei pazienti affetti da malattia
coronarica, mentre l’amlodipina è ampiamente utilizzata nel trattamento sintomatico della CAD. Pertanto, entrambi
gli aspetti della gestione della malattia
coronarica raccomandata dalle linee
guida sono affrontati da questo regime
farmacologico combinato.
CONCLUSIONI Le evidenze cliniche
riguardanti l’associazione fissa perindopril/amlodipina indicano che essa
costituisce una valida opzione per il
trattamento ottimale dell’ipertensione
arteriosa e della arteriopatia coronarica.
Management dell’ipertensione con l’associazione
fissa perindopril/amlodipina nella pratica clinica:
risultati dello studio STRONG, multicentrico,
prospettico, osservazionale
Bahl VK, Jadhav UM, Thacker HP.
Am J Cardiovasc Drugs 2009; 9 (3): 135-142
BACKGROUND Le attuali linee guida
concordano sulla necessità di impiegare
più di un agente antipertensivo per raggiungere i target pressori nella maggior
parte dei pazienti. Il trial ASCOT-BPLA
evidenzia che l’associazione estemporanea amlodipina/perindopril controlla
efficacemente la pressione arteriosa ed
è risultata superiore rispetto al regime
combinato antagonista dei recettori
β-adrenergici ( β -bloccante)/diuretico
in termini di riduzione della mortalità e
degli eventi cardiovascolari.
OBIETTIVO Valutare l’efficacia e la tollerabilità dell’associazione fissa perindopril/amlodipina in ambito clinico.
ABSTRACT
7
8
Selezione di abstract dalla letteratura internazionale
DISEGNO DELLO STUDIO Lo STRONG
(SafeTy & efficacy analysis of coveRsyl
amlodipine in uncOntrolled and Newly
diaGnosed hypertension) è un trial prospettico, osservazionale, multicentrico.
SETTING Studio naturalistico, condotto nell’ambito della pratica clinica ambulatoriale da 336 Medici di Medicina
generale/assistenza primaria in 65 città
dell’India.
PAZIENTI Adulti di età compresa nel
range 40–70 anni affetti da ipertensione
arteriosa in stadio 2 di recente diagnosi/non trattata (PA ≥160/100 mmHg),
ipertensione non controllata dalla monoterapia (PA >140/90 mmHg) o ipertensione non adeguatamente trattata
da un altro regime terapeutico combinato.
INTERVENTO Associazione fissa perindopril 4 mg/amlodipina 5 mg in monosomministrazione giornaliera per 60
giorni.
PRINCIPALI PARAMETRI DI OUTCOME
Gli outcome primari erano la variazione
media della PA rispetto al basale e la
percentuale di pazienti che ottenevano
un adeguato controllo dei valori pressori (≤140/90 mmHg o ≤130/80 mmHg
nei pazienti affetti da diabete mellito)
nella popolazione intent-to-treat (ITT).
Le analisi secondarie hanno riguardato
l’incidenza degli eventi avversi (ITT) ed
il tasso di aderenza al trattamento (soggetti che hanno assunto regolarmente
il farmaco).
RISULTATI In totale, la popolazione
ITT includeva 1250 pazienti, di cui: il
40
32.6% con ipertensione arteriosa di
recente diagnosi; il 40.5% con ipertensione non controllata dalla monoterapia ed il 26.9% con ipertensione non
adeguatamente trattata da un’altra
terapia di associazione. I valori medi
di PAS/PAD hanno subito una riduzione significativa rispetto al basale
(167.4±15.2/101.4±9.1 mmHg) dopo 60
giorni (–41.9±34.8/–23.2±21.8 mmHg;
p<0.0001). Gli obiettivi pressori sono
stati raggiunti dal 66.1% dei pazienti
della popolazione totale, dal 68.3% dei
soggetti non trattati, dal 68.4% dei pazienti con PA non controllata dalla monoterapia antipertensiva e dal 59.9%
dei soggetti non adeguatamente trattati mediante terapia di associazione.
In 161 pazienti con PAS >180 mmHg al
basale (ipertensione di nuova diagnosi:
n=50; ipertensione non controllata dalla
monoterapia: n=53; terapia di associazione inadeguata: n=58), la PA è stata
ridotta di 63.2±32.5/29.0±21.9 mmHg
(p<0.0001) al giorno 60. L’associazione
farmacologica oggetto di studio è risultata sicura e ben tollerata. Tutti i 1175
pazienti che hanno completato lo studio della durata di 60 giorni (94%) sono
stati aderenti al regime terapeutico.
CONCLUSIONI L’associazione fissa
perindopril/amlodipina si è dimostrata
una terapia antipertensiva efficace e
ben tollerata, facendo registrare un’ottima aderenza al trattamento in ambito
clinico. Questo regime combinato precostituito è da ritenersi un’utile opzione
per la gestione clinica dell’ipertensione
nel contesto dell’assistenza sanitaria
primaria, con effetti positivi sull’aderenza terapeutica.