la disciplina della bonifica dei siti inquinati
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la disciplina della bonifica dei siti inquinati
LA DISCIPLINA DELLA BONIFICA DEI SITI INQUINATI La normativa italiana a confronto con quella dei principali paesi europei e degli USA Giovanna Landi*, Massimilano Montini** RAPPORTO DI RICERCA 01.99 Febbraio 1999 * Fondazione Eni Enrico Mattei ** Fondazione Eni Enrico Mattei e Università di Siena 1 Giovanna Landi è ricercatrice presso la Fondazione Eni Enrico Mattei in materia di diritto ambientale. Laureata in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna, si è specializzata in Diritto delle Comunità Europee ed ha frequentato un Master in Controllo e Gestione dell’Ambiente presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Massimiliano Montini è ricercatore a contratto presso la cattedra di Diritto Internazionale dell’Università di Siena e ricercatore presso la Fondazione Eni Enrico Mattei. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Siena, ha ottenuto un Master in Diritto Europeo dall’University College London ed è avvocato. Alla FEEM si occupa di ricerca e consulenza in materia di diritto ambientale e antitrust. 2 INDICE PARTE I IL QUADRO INTERNAZIONALE DI RIFERIMENTO Gli strumenti internazionali rilevanti La politica comunitaria in materia di bonifiche Il progetto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente ETC/S e gli altri network comunitari PARTE II LA DISCIPLINA DELLA BONIFICA DEI SITI INQUINATI IN ITALIA 1) LE NOVITA’ INTRODOTTE DALL’ARTICOLO 17 DEL D.LGS. 22/97 La situazione normativa prima dell’articolo 17 Le innovazioni introdotte dall’articolo 17 Le procedure previste dall’articolo 17 Il regime di responsabilità oggettiva Il concorso tra più responsabili Il problema della eventuale retroattività della nuova normativa L’oggetto della tutela giuridica L’onere reale e il privilegio speciale Il problema delle garanzie contrattuali nella cessione di un sito contaminato. L’intervento pubblico nella realizzazione degli interventi di bonifica Le sanzioni 2) 5 5 6 9 14 14 14 14 16 17 18 19 20 21 21 23 24 LE NORME ATTUATIVE DELL’ARTICOLO 17 DEL DLGS. 22/97 26 La bozza di decreto ministeriale attuativo dell’art. 17 D.lgs.22/97 Le definizioni 26 26 3 Le procedure di intervento Il censimento dei siti potenzialmente contaminati PARTE III LA DISCIPLINA DELLA BONIFICA DEI SITI INQUINATI IN ALCUNI PAESI EUROPEI E NEGLI USA L’Austria Il Belgio La Danimarca La Francia La Germania I Paesi Bassi La Spagna La Svezia Il Regno Unito Gli Stati Uniti d’America 28 31 32 32 34 37 39 41 44 46 47 48 52 PARTE IV COMPARAZIONE CON LA NORMATIVA ITALIANA 55 BIBLIOGRAFIA 58 RAPPORTI DI RICERCA 60 4 LA DISCIPLINA DELLA BONIFICA DEI SITI INQUINATI La normativa italiana a confronto con quella dei principali paesi europei e degli USA PARTE I IL QUADRO INTERNAZIONALE DI RIFERIMENTO Gli strumenti internazionali rilevanti L’inquinamento e il degrado ambientale sono problemi legati alla progressiva industrializzazione che non hanno finora trovato adeguate soluzioni. La debolezza dei sistemi normativi esistenti per la salvaguardia e il controllo delle risorse ambientali, sia a livello internazionale che nazionale, dimostra l’inadeguatezza degli stessi e l’incapacità attuale di amministrare in maniera efficace ed adeguata questo settore. Il tradizionale approccio tematico – disciplina di difesa suddivisa nei tradizionali macrosettori come acqua, suolo, aria, emissioni industriali – che ha contraddistinto la politica di tutela dell’ambiente delle organizzazioni internazionali e della maggior parte degli Stati occidentali, ha dimostrato la sua limitatezza risolvendosi spesso in un semplice trasferimento del deficit ambientale da un settore ad un altro meno normato o controllato, producendo allo stesso tempo soluzioni apparenti che nel corso degli anni si sono rivelate poco efficienti. La tendenza attuale delle politiche ambientali è quella dell’approccio integrato1 e coordinato della tutela delle risorse ambientali, tale da affrontare gli impatti ambientali provocati dalle attività industriali ed umane in maniera globale e completa, così da non trascurare alcun aspetto meno evidente. La tutela del suolo da possibili impatti inquinanti dovuti ad attività industriali è stata oggetto di una disciplina giuridica organica solamente in tempi recenti, in vari paesi europei ed extraeuropei. Non esistono però per il 1 La Raccomandazione del Consiglio dell’OECD sul controllo e la prevenzione integrata dell’inquinamento (C(90)164/Final) definisce la prevenzione ed il controllo integrati dell’inquinamento come forma di tutela che tiene conto degli effetti delle attività e delle sostanze sull’ambiente nella loro interezza e dell’intero ciclo di vita commerciale ed ambientale delle sostanze che costituiscono un potenziale rischio, e infine della salvaguardia cui sono sottoposte per limitare il loro impatto. 5 momento convenzioni internazionali dedicate alla disciplina della tutela dei suoli dalle attività industriali potenzialmente inquinanti, né direttive comunitarie che riguardino specificamente questo settore. Uno studio che voglia pertanto tracciare il quadro internazionale di riferimento normativo per questa materia deve quindi fare necessariamente riferimento alle convenzioni internazionali che tutelano il bene ambientale in senso lato, soprattutto dal punto di vista della garanzia di una adeguata compensazione in caso di danno all’ambiente, oppure alle direttive comunitarie che hanno introdotto l’approccio integrato della tutela ambientale. Tra gli strumenti internazionali di maggiore interesse, un ruolo fondamentale deve essere riconosciuto alla Convenzione di Lugano2 (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla responsabilità civile per danni derivanti da attività pericolose per l’ambiente del 1993) che rappresenta il primo tentativo di regolare in modo uniforme e completo la materia della responsabilità civile per danno ambientale. La Convenzione adotta il principio “chi inquina paga” ed, al fine di garantire una adeguata riparazione dei danni che derivano da attività pericolose per l’ambiente, opta per l’adozione di un regime di responsabilità oggettiva, basato su un sistema di canalizzazione della responsabilità che identifica il responsabile del danno nel soggetto che esercita il controllo dell’attività pericolosa (normalmente il gestore/proprietario dell’attività pericolosa), a meno che questo non produca qualificate prove sulla propria non colpevolezza. La politica comunitaria in materia di bonifiche La politica ambientale comunitaria risente fortemente della tendenza in atto a livello internazionale verso l’approccio integrato della tutela delle risorse ambientali. La Comunità Europea promuove programmi ambientali nei quali evidenzia le priorità della propria politica ambientale; il V Programma di azione in materia ambientale (1993-2000) auspica una azione comune ed integrata dei vari attori sociali, amministrazioni pubbliche, imprese pubbliche e private, cittadini e consumatori, nella condivisione di responsabilità per mutare la tendenza al deterioramento delle risorse 3 . La Commissione, inoltre, nel Libro Verde sul risarcimento dei danni all’ambiente 4 , ha adottato una posizione favorevole all’introduzione di un sistema di responsabilità oggettiva per danno all’ambiente e 2 Vedi “Convenzione di Lugano” (non ancora in vigore), riprodotta nel sito Internet del Consiglio d’Europa (www.coe.fr). 3 Vedi “V Programma di azione in materia ambientale”, COM(92)23 del 23.3.1992. 4 Vedi “Libro Verde sul risarcimento dei danni all’ambiente”, COM(93) 47 del 29.5.1993. 6 dell’assicurazione obbligatoria per alcune categorie di attività pericolose per l’ambiente. Tuttavia non sono state prese, fino ad ora, misure vincolanti da parte degli organi comunitari per quel che riguarda la disciplina del danno ambientale. Probabilmente si attende la maturazione di un processo di armonizzazione delle politiche nazionali in tema ambientale parzialmente già in atto5 . E’ stato da tempo anche annunciato un Libro Bianco sul danno ambientale contenente la nuova posizione della Commissione sul tema, che dovrebbe finalmente vedere la luce nel corso del 1999. Questo documento dovrebbe riprendere i principi della responsabilità oggettiva e del controllo integrato dell’inquinamento come linee guida della nuova politica comunitaria per la tutela dell’ambiente. Come già detto, a livello comunitario non sono stati adottati atti normativi specifici in materia di tutela del suolo, ad esclusione della Direttiva n. 91/676, denominata “direttiva nitrati”, che regolamenta la riduzione dell’inquinamento delle acque causato dall’utilizzo dei nitrati nelle attività agricole e la Direttiva n. 86/278 concernente la protezione dell’ambiente, e del suolo in particolare, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura 6 vietandone l’uso quando la concentrazione nel suolo dei metalli pesanti supera i valori limite stabiliti. E’ necessario quindi fare riferimento agli atti normativi che costituiscono un sistema integrato di tutela ambientale attraverso al salvaguardia congiunta di tutte le variabili ambientali. Nella Risoluzione CE del 7.10.19977 sull’attuazione e il rispetto del diritto ambientale a livello comunitario il Consiglio sottolinea che la protezione dell’ambiente deve tenere conto delle condizioni dei mezzi ambientali, degli organismi viventi e delle loro interrelazioni, di situazioni ambientali in costante mutamento, dello stato di sviluppo delle conoscenze scientifiche e dello stretto rapporto della protezione dell’ambiente con tecnologie complesse ed in continua evoluzione, del grande numero di attori pubblici e privati interessati, delle competenze per il recepimento e la pratica applicazione del diritto spesso assegnate e ripartite fra diversi livelli della pubblica amministrazione. Lo scambio di esperienze tra Stati membri su problemi concreti e il progressivo ravvicinamento delle politiche nazionali in tema di protezione dell’ambiente 5 Vedi “Guide to the approximation of European Union Environmental Legislation”, European Commission, DG XI, 25.8.1997. 6 Direttiva CE n. 278 del 12.6.1986 (Direttiva concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura), in GUCE L181 del 4.7.1986. 7 Risoluzione del Consiglio CE del 7 ottobre 1997 sulla formulazione, l’attuazione e il rispetto del diritto comunitario dell’ambiente, in GUCE C321 del 22.10.1997. 7 vengono richiesti anche dalla Direttiva 91/6928 . La tutela dei suoli diventa quindi un elemento costitutivo della nuova politica ambientale dell’Unione anche alla luce delle due Direttive a carattere generale che maggiormente stanno orientando le politiche nazionali degli Stati Membri in materia: la direttiva sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (IPPC) 9 e la direttiva di riforma della valutazione di impatto ambientale (VIA II)10 . Entrambe le Direttive si ispirano ai principi della prevenzione alla fonte delle cause di inquinamento, dello sviluppo sostenibile delle attività umane e della responsabilità oggettiva (“chi inquina paga”). La direttiva IPPC richiede che le autorità competenti rilascino o modifichino un’autorizzazione soltanto se “sono state previste misure globali di protezione ambientale relative all’aria, all’acqua e al terreno”, e l’autorizzazione stessa deve comprendere “tutte le misure necessarie per soddisfare le condizioni di autorizzazione al fine di raggiungere in tal modo un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso”. Ai fini della suddetta direttiva, una “emissione” viene infatti considerata come “lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell’impianto, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell’aria, nell’acqua ovvero nel terreno”. Tra gli obblighi fondamentali del gestore vi è anche quello di provvedere affinché “sia evitato qualsiasi rischio di inquinamento al momento della cessazione definitiva delle attività ed il sito stesso sia ripristinato in modo soddisfacente”(articolo 3 punto f), con un chiaro riferimento alle eventuali opere di risanamento ambientale. La nuova disciplina della valutazione di impatto ambientale, invece, prende in considerazione la contaminazione dei suoli per i seguenti aspetti. Innanzitutto, all’articolo 3, si afferma che la valutazione dell’impatto ambientale deve individuare, descrivere e valutare gli effetti, diretti ed indiretti, del progetto su fattori ambientali quali il suolo, l’acqua, l’aria, il clima, il paesaggio e l’interazione tra di essi. L’intero assetto regolamentare è volto a valutare gli effetti che un progetto ha sull’ambiente ai fini della protezione della salute umana, del miglioramento della qualità della vita e della tutela dell’ecosistema. 8 Direttiva CE 91/692 del 23.12.1991 (Direttiva per la standardizzazione e la razionalizzazione delle relazioni relative all’attuazione di talune direttive), in GUCE L377 del 31.12.1991, p.48. 9 Direttiva CE 96/61 del 24.9.1996 (Direttiva sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento), in GUCE L257 del 10.10.1996. 10 Direttiva CE 97/11 del 3.3.1997 (Direttiva che modifica la direttiva 85/337/CE sulla valutazione degli effetti di progetti pubblici e privati sull’ambiente), in GUCE L73 del 14.3.1997. 8 Il progetto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente ETC/S e gli altri network comunitari Nel 1998 l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) ha presentato la relazione “L'ambiente in Europa: seconda valutazione”, che delinea un quadro chiaro dello stato dell'ambiente in Europa e indica i principali settori in cui è necessario attuare interventi sia a livello nazionale che internazionale. Oltre a fornire informazioni sullo stato dell'ambiente e sull'evoluzione dei 12 problemi ambientali identificati come prioritari11 , la relazione propone di delineare i principali fattori socioeconomici che esercitano pressioni sull'ambiente in Europa. Tra i 12 problemi ambientali prioritari è presente il degrado del suolo, per il quale sono stati rilevati scarsi progressi nell'attuazione delle misure legislative di tutela insieme ad un'evoluzione negativa della situazione ambientale. Nel 1996 è stato istituito un centro tematico dedicato allo studio dello stato dei suoli (European Topic Centre on Soils ETC/S) che, operando in collaborazione con la rete EIONET ed i suoi associati, contribuisce allo sviluppo di programmi operativi di studio sul suolo e sui siti contaminati. Nel Novembre 1998 l’Agenzia Europea per l’Ambiente (AEA) ha presentato il primo “Topic Report” annuale relativo alle condizioni dei suoli nell’Unione Europea con i relativi commenti e contributi degli Stati membri. L’obiettivo principale del lavoro è quello di creare un buon livello di informazione e valutazione dei siti contaminati per consentire la creazione di una politica comune in tema di suoli inquinati. Attualmente non è presente nell’agenda dei lavori futuri della Commissione una azione comune in tema di gestione dei suoli contaminati, il lavoro dell’Agenzia è comunque particolarmente utile perché rappresenta una base per affrontare un problema che sembra assumere una importanza ed un’urgenza crescenti in questi ultimi anni, ed inoltre viene utilizzato dalle amministrazioni degli Stati membri e dalle Agenzie nazionali come supporto conoscitivo delle soluzioni adottate da altri Stati. I principali risultati del Report presentato riguardano prevalentemente l’esistenza e la fruibilità di dati sui siti contaminati, nonché il livello di informazione e di gestione dei suoli contaminati a livello nazionale. I 18 paesi presi in esame 12 nel Report hanno fornito dati sulla loro legislazione, 11 I problemi ambientali identificati come prioritari sono: cambiamenti climatici, distruzione dell’ozono stratosferico, acidificazione, ozono troposferico, sostanze chimiche, rifiuti, biodiversità, acque interne, ambiente marino e costiero, degrado del suolo, ambiente urbano e rischi tecnologici e naturali. 12 I paesi che sono stati analizzati nel corso di questo primo rapporto appartengono all’Unione Europea e all’EFTA. Essi sono: Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Francia, Finlandia, 9 metodologia di gestione del suolo e tecniche di abbattimento delle sostanze inquinanti; le informazioni non sempre sono state fornite a livello nazionale, ma spesso le competenze principali appartengono alle regioni, come ad esempio in Germania (prima della legge del 1998) e in Belgio, con relative informazioni a livello regionale. La mancanza di una politica comune in materia e la sottoposizione della politica dei suoli contaminati al principio di sussidiarietà comportano, del resto, una forte eterogeneità dei dati e degli aspetti gestionali e regolamentari di una simile forma di inquinamento ed una totale assenza di armonizzazione delle politiche nazionali13 . La maggior parte dei paesi seguono comunque un approccio sistematico nelle procedure di identificazione e di classificazione dei siti contaminati; i dati utilizzati per la classificazione sono ancora molto eterogenei. I problemi relativi alla contaminazione dei suoli sono abbastanza comuni, prevalentemente legati alla progressiva industrializzazione delle società moderne; la maggior parte degli incidenti che causano contaminazione dei terreni derivano infatti da una cattiva gestione dei rifiuti avvenuta soprattutto in passato, o da sversamenti nel corso di procedimenti industriali con sostanze altamente tossiche. I risultati principali indicano che solamente alcuni dei paesi analizzati contengono specifiche leggi che regolamentano la gestione dei siti contaminati, nella maggior parte dei casi, infatti, la tutela dei suoli viene inserita all’interno di leggi più generali sulla tutela dell’ambiente o delle acque o rifiuti. Molti hanno in vigore un registro aggiornato dei siti potenzialmente contaminati con liste e criteri di priorità per gli interventi statali. In 13 paesi è in atto un programma di identificazione sistematica di siti industriali e/o adibiti a discarica dei rifiuti; 10 dei paesi studiati includono, per proprie peculiarità, anche siti militari nel loro sistema di registrazione. Danimarca e Germania, invece, escludono le discariche dal loro sistema di controllo. Tutti i paesi considerano obiettivi principali e al tempo stesso parametri dell’opera di risanamento ambientale, l’utilizzo del sito stesso, la tutela delle acque superficiali e di falda. Molti paesi hanno addirittura effettuato analisi Francia, Grecia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Svezia, Regno Unito, Islanda, Irlanda e Svizzera. 13 Il principio di sussidiarietà è espresso all’articolo 3B del Trattato CE secondo cui: “La Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente Trattato. Nei settori che non sono di esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario.” 10 economiche di previsione del costo totale effettivo per il ripristino ambientale dei siti inquinati per poter valutare l’entità del problema all’interno del proprio territorio nazionale. In tutti i paesi presi in esame, inoltre, vige il principio “chi inquina paga”, di ispirazione comunitaria; questo principio, fondato su un regime di responsabilità strettamente oggettiva, prevede che il responsabile della contaminazione, una volta identificato, debba provvedere a proprie spese al risanamento ambientale del sito che ha danneggiato; generalmente il soggetto responsabile viene identificato nel proprietario del sito o nel gestore dell’attività industriale ospitata dal sito. La maggior parte dei paesi manifesta al tempo stesso molte difficoltà nell’applicazione pratica di questo principio; spesso, infatti, il responsabile della contaminazione non è identificabile, perché l’episodio di contaminazione risale a molto tempo prima o perché non sono chiare le cause della contaminazione, o per fenomeni di migrazione delle sostanze contaminanti. Il soggetto, anche se identificato, spesso può non essere in grado di sostenere i costi della bonifica, o il costo dell’operazione è molto superiore al valore stesso del sito. In tutti questi casi, ed in quelli in cui il sito è abbandonato o di proprietà pubblica, il sito viene solitamente chiamato “orfano” le stesse autorità pubbliche intervengono finanziando, in diverse maniere, l’opera di bonifica ambientale. Molti paesi hanno quindi istituito sistemi di fondi pubblici per sovvenzionare le operazioni di risanamento ambientale e finanziare misure di ripristino. Questi fondi sono finanziati in varie maniere, tramite speciali riserve statali, tassazioni, multe per i trasgressori o tramite accordi volontari con le imprese. Esistono inoltre network e organizzazioni internazionali che stanno realizzando progetti di studio comparati e scambi di informazioni tecniche e di gestione sul problema della contaminazione dei suoli nei paesi industrializzati e in quelli in via di sviluppo. La NATO ha istituito nel 1969 una “Commissione sulle sfide della società moderna” (CCMS Committee on the challeges of modern society) incaricata di sviluppare programmi di scambio di informazioni tra paesi su tematiche sociali ed ambientali così da aiutare ed indirizzare le scelte dei singoli paesi e promuovere una soluzione integrata ed internazionale delle problematiche più comuni e gravi. All’interno della Commissione ha preso vita lo studio pilota NATO /CCMS sulla valutazione delle nuove tecnologie per il trattamento di suoli ed 11 acque contaminati prevede sessioni annuali di aggiornamento14 . Lo studio è iniziato nel 1995 ed è attualmente nella sua terza fase, sono previsti incontri annuali dei rappresentanti dei paesi partecipanti e dei paesi osservatori. Nell’ambito dell’Unione Europea sono stati creati due network specifici su siti contaminati: CARACAS – Concerted action on risk assessment for contaminated sites in the European Union (ora CLARINET) – e NICOLE – Network for Industrial contaminated Land in Europe. I due programmi di azione concertata sono stati istituiti nel 1996, come parti del programma sull’ambiente e sul clima (RTD Environment and Climate Programme) della Commissione Europea per affrontare il problema dei siti contaminati. Questi programmi riguardano due diversi attori della politica ambientale nazionale: CLARINET è infatti rivolto alle pubbliche amministrazioni, mentre NICOLE è dedicato alle industrie europee che intendono controllare e migliorare i propri impatti ambientali. Entrambe le azioni hanno come oggetto la diffusione di iniziative e informazioni inerenti la gestione di siti contaminati. Essi consentono la stretta collaborazione tra specialisti tecnici, economici e giuridici del settore di diversi paesi per lo sviluppo di nuovi sistemi di gestione, e lo studio di approcci mirati e trasparenti che siano economicamente sostenibili. CLARINET e NICOLE sono collegati da un “joint statement” che prevede forme di collaborazione, cooperazione e scambio di informazioni tra esse. L’unità “Industry & Environment” dell’UNEP (organo delle Nazioni Unite per l’ambiente) sta invece preparando diverse iniziative nel settore delle bonifiche ambientali; in particolare un rapporto tecnico sulla gestione dei siti contaminati (Management of contaminated land), che rappresenta la prosecuzione di uno studio effettuato nel 1994 (Risk management of Contaminated land) che esaminava i problemi più comuni nella gestione della contaminazione dei suoli. In preparazione del rapporto tecnico, è stato inviato un questionario alle autorità competenti nei diversi Stati membri, per ottenere informazioni sul livello di attuazione di politiche sulle condizioni del suolo. Uno degli aspetti interessanti è l’ampio numero di paesi che sono stati interpellati per questo questionario; ciò consente di avere una visione del problema concernente le bonifiche a livello internazionale. Alcuni dei dati più significativi emersi dal questionario 15 rivelano che una elevata percentuale di paesi indicano che la questione della contaminazione 14 I paesi partecipanti sono: Austria, Belgio, Canada, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Paesi Bassi, Norvegia, Slovenia, Svezia, Svizzera, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti. 15 I dati sono riportati in B.Butler, “Consultation with national experts: managing contaminated land”, in UNEP Industry and Environment, June 1996. 12 dei suoli è inclusa nei loro programmi nazionali ambientali (67%), ma solo il 45% ritiene che le risorse economiche nazionali dedicate a questo problema siano sufficienti per poterlo risolvere in maniera soddisfacente. Infine, un nuovo progetto denominato EURO-Soils è stato di recente lanciato dall’unità di ricerca “Soil and Waste” dell’Environmental Institute che è parte del Joint Research Centre (JCR) della Commissione Europea di Ispra (TO). 13 PARTE II LA DISCIPLINA DELLA BONIFICA DEI SITI INQUINATI IN ITALIA CAPITOLO 1 LE NOVITA’ INTRODOTTE DALL’ARTICOLO 17 DEL D.LGS. 22/97 La situazione normativa prima dell’articolo 17 Nel nostro Paese le attività di risanamento ambientale sono state a lungo regolamentate da normative di emergenza che cercavano di porre rimedio a situazioni di danno o di pericolo di danno alle risorse ambientali, causate da attività industriali a rischio o da attività di gestione dei rifiuti. La materia è stata regolata, non sempre in modo uniforme e coordinato, da varie normative statali tra cui ricordiamo il DPR n. 915/82 e la legge n. 441/87 in materia di rifiuti, le leggi n. 132/92 e n. 133/92 in materia di protezione delle acque dall’inquinamento e la legge n. 549/95 in materia di discariche abusive. A queste si aggiungono le numerose normative regionali, sia generali, ossia riferite ad esempio ai rifiuti o alle acque, che particolari, ossia specificamente riferite alla bonifica dei siti inquinati. Le innovazioni introdotte dall’articolo 17 L’articolo 17 del decreto legislativo n. 22/97 (c.d. decreto Ronchi) 16 , introduce una nuova ed organica disciplina nella materia della gestione delle opere di bonifica dei siti inquinati. Il decreto prevede una complessa ed articolata procedura per la denuncia dello stato di inquinamento o di pericolo di inquinamento di un sito e per la gestione delle necessarie opere di bonifica dello stesso, volte a riportare il sito in uno stato idoneo per il suo utilizzo. La caratteristiche salienti della nuova normativa sono in primo luogo la canalizzazione della responsabilità verso il responsabile della contaminazione 16 Il c.d. decreto Ronchi (D.lgs. n. 22/97), pubblicato in G.U. n. 38 del 15.2.1997, è stato modificato dapprima con il D.lgs. n. 389/97, pubblicato in GU n. 237 del 28.11.1997 e infine con la legge n. 426/98 (“Nuovi interventi in campo ambientale”), pubblicata in G.U. n. 291 del 14.12.1998. 14 del sito, o in subordine verso il proprietario dello stesso, secondo un criterio di imputazione di tipo oggettivo, che prescinde dalla prova della colpa. In secondo luogo la norma prevede una limitazione della possibilità di utilizzare o di trasferire l’area contaminata in assenza di idonee opere di bonifica. Infine, la legge prevede un marcato intervento degli enti pubblici, soprattutto regioni, province e comuni, a cui è affidato il compito di seguire tutte le opere di bonifica. La normativa prevede che ciascuna delle regioni provveda a realizzare un censimento dei siti potenzialmente contaminati ed a predisporre una Anagrafe regionale dei siti da bonificare che contenga l’elenco dei siti da sottoporre a bonifica e l’elenco dei siti già sottoposti ad intervento di bonifica con specificazione degli interventi realizzati nei siti medesimi. Il Ministro dell’Ambiente disporrà, eventualmente attraverso accordi di programma con gli enti provvisti delle tecnologie di rilevazione più avanzate, la mappatura nazionale dei siti oggetto dei censimenti e la loro verifica con le regioni. Prima di passare ad analizzare più in dettaglio la normativa introdotta dall’articolo 17, è opportuno ricordare che al momento in cui si scrive (Febbraio 1999) l’intero impianto della norma non risulta ancora pienamente applicabile, dal momento che non è stato ancora emanato il decreto ministeriale attuativo contenente i limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle acque superficiali e delle acque sotterranee e le altre disposizioni di attuazione previste dalla legge. Nel capitolo 2 di questa parte II esamineremo nel dettaglio la bozza di DM attuativo redatto dal ministero dell’ambiente di concerto con i ministeri dell’industria, del commercio, dell’artigianato e della sanità. Attualmente perciò in tema di bonifica dei siti contaminati possono dirsi ancora in vigore le normative statali e regionali preesistenti all’adozione del decreto Ronchi. A questo proposito vale la pena di ricordare che non tutte le regioni possiedono normative particolari in materia di bonifica dei siti contaminati. Solamente alcune regioni17 hanno regolamentato fino ad oggi questa materia in modo autonomo. Ogni legge regionale prevede propri limiti di accettabilità della contaminazione delle aree ed apposite linee guida procedurali, con differenti approcci circa le modalità di intervento. Alcune normative infatti optano per il sistema dei valori tabellari standard come riferimento ai risultati che l’opera di risanamento ambientale deve essere in grado di garantire; altre invece si basano sull’analisi di rischio, senza quindi prevedere obiettivi limite fissati a priori ma valutando caso per caso le 17 Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna e Toscana hanno ancora in vigore normative regionali antecedenti all’entrata in vigore del D.lgs. 22/97. La regione Veneto ha invece una bozza di normativa regionale successiva al decreto 22/97 ed è quindi l’unica che tiene conto dell’assetto normativo previsto dall’articolo 17. 15 condizioni del sito. Va da sé che i limiti di accettabilità attualmente in vigore a livello regionale avranno valore fino a che non sarà promulgato il decreto attuativo contenente i limiti nazionali di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle acque superficiali e delle acque sotterranee. Le procedure previste dall’articolo 17 L’articolo 17 del decreto n. 22/97 prevede una complessa procedura da osservare da parte di chiunque cagioni, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti di accettabilità della contaminazione previsti dalla legge18 . Il soggetto ritenuto responsabile è tenuto a provvedere, a proprie spese, agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento. Il sistema è basato sulla autodenuncia da parte del responsabile dell’inquinamento del sito. E’ prevista però anche la possibilità che l’inquinamento venga rilevato dalla pubblica autorità. L’articolo 17, comma 3, dispone che nel caso in cui soggetti ed organi pubblici nell’esercizio della loro funzione rilevino dei siti con livelli di inquinamento superiori ai limiti previsti dalla legge, ne danno comunicazione al comune, alla provincia ed alla regione territorialmente competenti. In tal caso il comune diffida il responsabile dell’inquinamento a provvedere alla bonifica, nei termini visti sopra nel caso di autodenuncia da parte del responsabile. Il progetto di bonifica presentato dal responsabile dell’inquinamento viene approvato dal comune entro 90 giorni. Il comune autorizza altresì la realizzazione degli interventi previsti dal progetto e ne dà comunicazione alla regione. L’autorizzazione comunale indica le eventuali modifiche ed integrazioni del progetto presentato e ne fissa i tempi di esecuzione. L’autorizzazione comunale costituisce altresì variante urbanistica, comporta dichiarazione di pubblica utilità dei lavori e sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese e i nulla osta normalmente previsti dalla legislazione vigente per la realizzazione e l’esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all’attuazione del progetto di bonifica. Il 18 E’ necessario notificare, entro 48 ore, al comune, alla provincia e alla regione territorialmente competenti, nonché agli organi di controllo sanitario ed ambientale, la situazione di inquinamento ovvero di pericolo concreto ed attuale di inquinamento del sito. Entro le successive 48 ore deve essere data comunicazione degli interventi di messa in sicurezza adottati per non aggravare la situazione di inquinamento o di pericolo di inquinamento, ed entro 30 giorni dall’evento deve essere presentata al comune ed alla regione competenti il progetto di bonifica delle aree inquinate. 16 completamento degli interventi di bonifica previsti dal progetto approvato è poi attestato da apposita certificazione della provincia competente per territorio 19 . L’articolo 17 prevede anche che le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale possano essere comunque utilizzate ad iniziativa degli interessati, a conferma del fatto che anche terzi non responsabili dell’episodio di inquinamento possono attivarsi volontariamente per il compimento dei necessari interventi, seguendo l’iter procedurale previsto dalla legge e collaborando con le autorità pubbliche competenti. Il regime di responsabilità oggettiva L’articolo 17 introduce un regime di responsabilità oggettiva – legata cioè alla mera sussistenza di una situazione di inquinamento o di pericolo concreto ed attuale di inquinamento, anche accidentale – a carico del responsabile dell’inquinamento o del pericolo di inquinamento, che si contrappone nettamente al criterio di imputazione soggettiva – condotta dolosa o colposa del soggetto – adottato dalla tradizione civilistica del nostro paese, di cui all’articolo 2043 del codice civile e all’articolo 18 della legge n. 349/86. Va subito rilevato che, in assenza di criteri precisi definiti dal legislatore circa il rapporto tra queste due disposizioni, la compresenza delle due norme nel sistema giuridico italiano potrebbe dare luogo a delicati problemi di coordinamento, dato che l’articolo 17 è potenzialmente applicabile ad un ampio numero di episodi di danno all’ambiente. La compresenza delle due norme potrebbe a ben vedere avere due tipi di effetti tra loro contrapposti. Da una parte potrebbe infatti portare ad un uso massiccio dell’articolo 17 in ragione del più agevole criterio di responsabilità oggettiva ivi previsto, e conseguentemente relegare la norma generale dell’articolo 18 ad un ruolo secondario e marginale, quasi di chiusura, utilizzabile soltanto nel caso in cui gli enti pubblici intendessero richiedere un risarcimento del danno all’ambiente in senso stretto, inteso ad esempio come danno alla amenità di luoghi naturali o alla preziosità del paesaggio, nel caso di condotta colposa o dolosa accertata del responsabile. Dall’altra parte, la compresenza dei due articoli potrebbe in teoria dare 19 L’articolo 17 dispone che qualora i responsabili non provvedano all’opera di bonifica ambientale ovvero non siano individuabili, gli interventi di risanamento sono effettuati d’ufficio dal comune territorialmente competente. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio. 17 luogo anche a casi di frequenti duplici imputazioni concorrenti in relazione alla medesima situazione di inquinamento. Lo stesso soggetto accusato ex articolo 17 in caso di inquinamento di un sito o di mancato rispetto delle procedure di bonifica ambientale potrebbe infatti, qualora la sua condotta risulti essere dolosa o colposa, essere imputato anche ex articolo 18 per il danno all’ambiente in senso stretto20 . E’ ancora troppo presto per prevedere come si atteggerà in concreto il rapporto tra le due norme di cui sopra e come verrà trattato dalla giurisprudenza. Il concorso tra più responsabili L’articolo 17 non regola in alcun modo la fattispecie del concorso di più soggetti nel superamento dei limiti di accettabilità delle contaminazione dei suoli e delle acque. Si tratta di una lacuna grave dal momento che quello del concorso è certamente uno degli aspetti più controversi della materia. In assenza di apposite previsioni del legislatore tre sono le ipotesi prospettate dalla dottrina per colmare la lacuna. Secondo la prima ipotesi la questione del concorso dovrebbe essere regolata per analogia dalla norma dell’articolo 14 della stessa legge n. 22/97, secondo la quale, in caso di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, la responsabilità del proprietario dell’area in solido con il responsabile dell’abbandono scatta solo in caso di dolo o colpa del proprietario stesso. In tal caso abbiamo la “curiosa” compresenza di una imputazione a titolo oggettivo a carico del responsabile del deposito di rifiuti con una imputazione a titolo di dolo o colpa a carico del proprietario dell’area. In base alla seconda ipotesi, dovrebbe invece applicarsi per analogia la soluzione adottata dall’articolo 18 della legge n. 349/86 in materia di responsabilità per danno ambientale, secondo la quale in caso di concorso, vale la regola della responsabilità individuale, ossia della ripartizione della responsabilità tra i diversi corresponsabili in ragione del loro contributo causale alla realizzazione del danno ambientale. Secondo la terza ipotesi, infine, in assenza di una precisa disposizione da parte del legislatore, la questione del concorso dovrebbe essere regolata 20 In Italia, è bene ricordarlo, coesistono già da tempo diversi regimi di imputazione di responsabilità; alcune Convenzioni internazionali, come ad esempio la Convenzione internazionale del 1969 sulla responsabilità da inquinamento da idrocarburi e la Convenzione del 1971 istitutiva di un fondo internazionale per l’indennizzo dei danni derivanti da inquinamento da idrocarburi, cui l’Italia ha aderito, prevedono infatti un criterio di responsabilità oggettiva, mentre la normativa nazionale continua a preferire la tradizionale responsabilità soggettiva per dolo o colpa. 18 dall’articolo 2055 del codice civile, in qualità di norma residuale dell’ordinamento, che in caso di concorso prevede l’applicazione della regola della responsabilità solidale tra i corresponsabili. Nell’assenza di una interpretazione autentica da parte del legislatore la questione della disciplina del concorso rimane comunque aperta ed è ancora presto per dire quale sarà la soluzione che verrà preferita dalla giurisprudenza. Il problema della eventuale retroattività della nuova normativa Un’altra importante questione che l’articolo 17 non affronta, e che pone delicati problemi interpretativi, è quella della eventuale retroattività della norma, ossia della possibilità di applicare la nuova normativa anche a situazioni pregresse. In linea di principio il nostro ordinamento prevede come regola generale il divieto di retroattività delle norme di legge, ossia vieta la loro applicazione ad eventi verificatisi prima della loro entrata in vigore. Nel caso di specie però il ricorso a tale principio generale non fuga tutti i dubbi causati dalla nuova normativa. Si pensi ad esempio al proprietario di un sito contaminato che al momento dell’entrata in vigore della nuova normativa abbia ignorato che il proprio sito non era conforme ai limiti di accettabilità previsti dalla legge ed abbia omesso di autodenunciarsi. Successivamente viene accertato da pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni che i livelli di inquinamento in tale sito sono superiori a quelli prescritti dalla legge ed il proprietario viene diffidato dal comune competente a procedere alla necessaria bonifica. In tale caso si pongono diversi interrogativi. Potrebbe il proprietario provare che l’inquinamento non è stato da lui causato e che si tratta comunque di un inquinamento pregresso rispetto all’entrata in vigore della nuova normativa, esonerandosi in tal modo da ogni responsabilità? Oppure il mero fatto di essere il proprietario fa gravare su di lui l’onere di bonificare il sito, anche, ed a maggior ragione, nel caso che l’inquinamento sia risalente nel tempo ed il vero responsabile non sia più individuabile? Ancora, in base alla nuova normativa, sussiste un obbligo del proprietario di procedere ad una analisi del sito per verificarne i livelli di contaminazione? E sussiste un obbligo di autodenuncia per coloro che si trovino a disporre di siti già inquinati, pur non avendo contribuito in alcun modo all’inquinamento del sito, ed in caso affermativo con quali scadenze? L’articolo 17 del decreto n. 22/97 non dice nulla in relazione ai quesiti di cui sopra. Sarebbe stato invece opportuno prevedere ad esempio regole apposite per un periodo transitorio per la bonifica dei siti già inquinati alla data di entrata in vigore della nuova normativa, e disporre la piena 19 applicabilità delle nuove regole ai soli siti nei quali l’inquinamento o il pericolo di inquinamento si sono verificati in un periodo successivo all’entrata in vigore del decreto Ronchi. Su questi punti la dottrina appare comunque divisa e per il momento è molto difficile prevedere quale potrà essere in tali casi l’interpretazione della giurisprudenza. L’oggetto della tutela giuridica L’oggetto della tutela giuridica apprestata dall’articolo 17 del decreto n. 22/97 è rappresentato dalla conformità del suolo, delle acque superficiali e delle acque sotterranee presenti in un determinato sito ai valori di accettabilità della contaminazione stabiliti dalla legge. Come già visto, l’obbligo di bonifica scatta laddove tali limiti di accettabilità vengono superati, anche accidentalmente, ovvero laddove vi è un concreto pericolo di superamento di tali limiti. E’ opportuno però sottolineare che i limiti di accettabilità (che saranno stabiliti dal decreto attuativo) non saranno univoci per i tipi di siti, ma varieranno in ragione della specifica destinazione d’uso. E perciò la bonifica si potrebbe imporre non solo al superamento dei limiti di accettabilità in un sito a seguito di un episodio di inquinamento, ma anche ad esempio nel caso che, a prescindere da alcuna fattispecie di inquinamento, si desideri mutare la destinazione d’uso di un sito (ad esempio da destinazione industriale a destinazione residenziale) e la nuova destinazione d’uso preveda limiti di accettabilità più restrittivi21 . In caso di superamento dei limiti di accettabilità della contaminazione di un sito, l’articolo 17 impone la bonifica, senza fornire criteri o linee guida per la quantificazione dei costi della stessa e senza ammettere in alcun caso la possibilità di un risarcimento per equivalente al posto della bonifica. L’articolo 17, comma 6, contiene però una sorta di clausola di salvaguardia e prevede che, nel caso che il raggiungimento dei limiti di contaminazione previsti dalla legge per un determinato sito non possa essere raggiunta neppure con l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili, l’autorizzazione comunale che approva il progetto di bonifica può prevedere misure alternative alla vera e propria bonifica, quali ad esempio la mera messa in sicurezza del sito volta ad evitare danni derivanti dall’inquinamento residuo, oppure la limitazione temporanea o permanente 21 I limiti di accettabilità definiscono diversi livelli di qualità del suolo e sono dipendenti dalla destinazione d’uso assegnata al suolo. Le destinazioni d’uso sono divise nell’ordinamento nazionale in tre categorie: la destinazione agricola, che prevede i limiti più rigorosi, quella residenziale e infine quella industriale che ha i valori più bassi. In molti casi, normative locali – come ad esempio la legge regionale della Liguria – accorpano questi livelli in due sole categorie. 20 all’utilizzo dell’area considerata, ovvero ancora l’imposizione di particolari modalità di utilizzo dell’area medesima. L’onere reale e il privilegio speciale L’onere reale costituito dagli interventi di messa in sicurezza e ripristino ambientale deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica del sito22 e accompagna quindi il sito durante le varie vicende contrattuali cui questo sia eventualmente sottoposto; esso può prescrivere eventuali vincoli di destinazione del sito stesso. L’autorizzazione alla realizzazione degli interventi di bonifica costituisce variante urbanistica, comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza e di indifferibilità dei lavori, e sostituisce tutte le autorizzazioni, le concessioni, i nulla osta e gli assensi che sarebbero normalmente necessari per l’attuazione del progetto di bonifica. Nel caso in cui, la destinazione d’uso prevista dagli strumenti urbanistici in vigore imponga il rispetto di determinati limiti di accettabilità di contaminazione che non possono essere raggiunti neppure con l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili, possono rendersi necessarie limitazioni temporanee o permanenti all’utilizzo dell’area stessa, o particolari modalità per l’utilizzo; in sostanza, può essere prevista una variazione della sua destinazione d’uso. Le spese sostenute per le operazioni di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale del sito sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree contaminate, che è esercitabile anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull’immobile. Le predette spese sono altresì assistite da privilegio generale mobiliare sui beni del debitore. L’entità delle spese sostenute e garantite dal privilegio può spesso superare il valore effettivo del sito, così da indurre gli amministratori del sito stesso, specie se curatori fallimentari o amministratori straordinari, a cedere il sito agli enti pubblici in cambio della cancellazione del privilegio. Il problema delle garanzie contrattuali nella cessione di un sito contaminato Nel caso di vendita di un sito industriale inquinato o potenzialmente inquinato possono essere predisposte delle garanzie contrattuali per tutelare l’acquirente da eventuali contaminazioni già conosciute o che potrebbero venire allo scoperto in momenti successivi alla stipula del contratto. La presenza di c.d. passività ambientali – contaminazioni o altre situazioni di 22 Vedi articolo 18 comma 2 della legge n. 47 del 28.2.1985. 21 inquinamento presenti nell’area considerata – incide normalmente sia sul prezzo della compravendita, dovendosi sottrarre i costi da sostenere per la bonifica, che sulla forma contrattuale, essendo previste apposite clausole di garanzia a tutela delle parti. In ragione del fatto che in base alla nuova normativa il nuovo proprietario del sito potrebbe in teoria essere considerato responsabile anche per eventuali fattispecie di inquinamento che emergono in un momento successivo alla compravendita ma che risalgono ad un momento anteriore alla compravendita del sito, allo stato attuale questi dovrebbe probabilmente cautelarsi facendo stimare il sito dal punto di vista ambientale (attraverso l’assistenza di “auditors” o revisori) e introducendo apposite clausole contrattuali per pervenire ad una corretta e soddisfacente allocazione degli eventuali costi delle opere di bonifica che dovessero rendersi necessarie per rimediare a fattispecie di inquinamento derivanti da attività precedenti al trasferimento del sito. A tale proposito, anche nel nostro ordinamento, si stanno diffondendo clausole contrattuali che, sulla scorta dell’esperienza americana, consentono di allocare le responsabilità tra le parti contrattuali in maniera corretta. Nella prassi contrattuale sono molto diffuse clausole per l’allocazione dei rischi note come “indemnities” e “releases” che prevedono la compensazione da parte dell’impresa cedente di eventuali costi sostenuti per il ripristino ambientale del sito causati dalla gestione precedente a garanzia del contratto. Il compratore viene così ad essere assicurato sin dal momento stesso dell’acquisto del sito; tanto più sono precise ed accurate tali clausole e accurata l’attività di “due diligence” svolta in sede contrattuale, tanto maggiore sarà la garanzia effettiva di cui potrà godere l’acquirente23 . 23 Si riporta a titolo di esempio il testo di una clausola-tipo formulata in termini generali e riportata nel volume “Responsabilità delle imprese in campo ambientale” a cura di A.Gambaro, IPA 1997. “L’azienda è stata e viene condotta senza dare luogo a infrazioni o violazioni di norme di legge o regolamentari di qualsiasi natura e genere. In particolare, a titolo meramente esemplificativo, l’Azienda è sempre stata ed è attualmente condotta senza dare luogo a violazioni di norme antiinquinamento (anche sotto il profilo dell’inquinamento acustico) di tutela dell’ambiente, di sicurezza ed igiene del lavoro, di prevenzione degli infortuni e degli incendi, nonché senza dar luogo a violazioni di permessi, autorizzazioni o licenze necessari allo svolgimento dell’attività dell’azienda come attualmente svolta. Il venditore ha ottenuto tutti i permessi, licenze, autorizzazioni e consensi che possano ritenersi necessari od appropriati per la conduzione dell’azienda, e tali permessi sono attualmente in vigore e non vi è ragione per cui debbano venire revocati; essi sono liberamente trasferibili al compratore al momento dell’acquisizione dell’azienda. Il venditore ha la proprietà e l’uso esclusivo di tutti gli impianti di depurazione e di trattamento degli scarichi e dei rifiuti nella misura e secondo le modalità richieste dalla normativa applicabile in relazione ai requisiti di protezione dell’ambiente richiesti all’azienda e gli stessi sono in stato 22 L’intervento pubblico nella realizzazione degli interventi di bonifica Il decreto n. 22/97 già prevedeva la possibilità di co-finanziare gli interventi di bonifica con contributo pubblico fino al limite massimo del 50% delle spese sostenute in caso di sussistenza di preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria e ambientale o occupazionale. A tal fine, la nuova legge n. 426/98 ha stanziato i relativi fondi, in attesa della redazione di un apposito Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, che dovrà essere adottato dal Ministero dell’ambiente, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni. Il Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati dovrà individuare gli interventi di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi e le modalità di trasferimento delle relative risorse. In attesa della definizione del programma nazionale, la legge n. 426/98 ha già individuato una serie di aree industriali e siti ad alto rischio ambientale che saranno destinatari dei primi interventi di bonifica di interesse nazionale. Tali siti comprendono “celebri” aree industriali ad alto rischio ambientale o dal difficile equilibrio naturale come, ad esempio, quelle di Venezia (Porto Marghera), Napoli Orientale, Gela e Priolo, Manfredonia, Brindisi, Taranto, Cengio, Piombino. Vista l’importanza dell’ottenimento di un finanziamento pubblico per sostenere le ingenti spese necessarie per il ripristino dei siti, ci si interroga sul destino di quei siti che non verranno compresi fin da subito nel programma nazionale. A tale proposito, sarebbe senza dubbio opportuno che, anche se non espressamente richiesto dalla legge, il programma nazionale prevedesse dei progressivi aggiornamenti periodici. Questo anche perché, nell’attuale assenza di dati completi e pienamente attendibili riguardanti i siti inquinati e vista l’inesistenza delle Anagrafi regionali, la prima versione del programma potrebbe presentare delle vistose lacune. Il programma nazionale determinerà anche le modalità per il monitoraggio e il controllo, con la partecipazione delle regioni, delle attività di realizzazione delle opere e degli interventi previsti nel programma stesso, compresi i presupposti e le procedure per la revoca dei finanziamenti e per il riutilizzo delle risorse comunque disponibili. Il contributo pubblico alle opere di bonifica dovrà essere restituito allo Stato in caso di cambio di destinazione del sito ovvero di alienazione entro 10 anni dalla effettuazione della bonifica anche in assenza di cambio di destinazione. La restituzione dovrà essere adeguata all’aumento di valore di regolare manutenzione e funzionamento e verranno trasferiti al compratore in virtù dell’esecuzione”. 23 conseguito dall’area al momento del cambio di destinazione, o della cessione, rispetto a quello dell’intervento di bonifica e ripristino ambientale. I criteri e le modalità per la restituzione saranno oggetto di un apposito decreto del Ministero dell’ambiente, di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. La legge n. 426/98 prevede infine l’emanazione di un ulteriore decreto da parte del Ministero dell’ambiente, di concerto con il Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, che dovrà contenere le informazioni e le indicazioni per imprese industriali, consorzi di imprese, cooperative e altri soggetti giuridici che intendano accedere a incentivi e finanziamento per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie di bonifica previsti dalla vigente legislazione. Tutto lascia quindi pensare ad un piano di sostegno finanziario degli interventi di bonifica di lunga durata, di cui le disposizioni contenute nella legge n. 426/98 rappresentano solo le norme preliminari. Le sanzioni Come abbiamo visto, il soggetto responsabile dell’episodio di inquinamento o di pericolo di inquinamento del sito è tenuto a provvedere alla bonifica secondo il procedimento stabilito dall’articolo 17. Se il responsabile non provvede alla bonifica nei modi e nei tempi stabiliti dal progetto di bonifica approvato dal comune è soggetto alle sanzioni penali di cui all’articolo 51 bis del decreto n. 22/97. Questa tendenza all’integrazione amministrativo-penale nel sistema sanzionatorio non è nuova al legislatore ambientale, che già in numerose altre normative ambientali ha tutelato la realizzazione di oneri amministrativi con provvedimenti penali. L’articolo 51 bis non punisce il responsabile dell’inquinamento o del pericolo di inquinamento in quanto tale, ma punisce il responsabile che non provveda alla bonifica prescritta dalla legge nei modi e nei tempi previsti dall’articolo 17. La pena prevista è quella dell’arresto da sei mesi ad un anno e dell’ammenda da cinque a cinquanta milioni di lire. Le pene precedenti sono raddoppiate se l’inquinamento è provocato da rifiuti pericolosi. Ciò non esclude la perseguibilità penale ex articolo 650 per inottemperanza di ordinanza pubblica nei confronti del soggetto intimato a procedere all’opera di risanamento ambientale, ed anche il cumulo di imputazioni nel caso di condotta dolosa o colposa perseguibile dalle pubbliche autorità ex articolo 18 L. 349/86. Tuttavia, la “ratio” che anima il procedimento sanzionatorio del nuovo decreto non è certo di carattere punitivo, ma mira a che il soggetto che ha 24 causato lo sversamento ponga in essere le misure necessarie al ripristino ambientale del sito attuando così la remissione in pristino dei luoghi. La “restitutio in integrum” è infatti causa di non punibilità e di sospensione condizionale della pena per il responsabile dell’inquinamento, purché vengano seguite tutte le prescrizioni procedurali previste dalla norma in esame. 25 CAPITOLO 2 LE NORME ATTUATIVE DELL’ARTICOLO 17 DEL D.LGS. 22/97 La bozza di decreto ministeriale attuativo dell’art. 17 D.lgs.22/97 Il decreto ministeriale attuativo degli articoli 17 e 22 comma 5 D.lgs. 22/97, redatto dal Ministero dell’ambiente di concerto con i Ministeri dell’industria, del commercio, dell’artigianato e della sanità, è attualmente (febbraio 1999) in attesa dei prescritti pareri della Conferenza Stato-Regioni e del Consiglio di Stato, prima della sua entrata in vigore. Nei prossimi paragrafi analizzeremo le caratteristiche principali della bozza. E’ bene tenere presente che si tratta però di un documento ancora passibile di modifiche. La presente analisi ha pertanto valore temporaneo e dipendente dalle sorti del documento stesso e dalle sue successive eventuali stesure, anche se risulta comunque importante analizzare le novità che sembrano di imminente introduzione nella disciplina delle bonifiche. L’articolo 1 definisce il campo di applicazione del decreto24 . Il documento consta di 16 articoli e di 7 allegati25 . Le definizioni La bozza del decreto attuativo contiene quelle definizioni che il testo dell’articolo 17 non conteneva, al fine di una migliore identificazione delle 24 Il decreto stabilisce i criteri, le procedure e le modalità per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati e a tal fine disciplina: a) i limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle acque superficiali e delle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d’uso dei siti; b) le procedure di riferimento per il prelievo e l’analisi dei campioni; c) criteri generali per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati, nonché per la redazione dei relativi progetti; d) i criteri per le operazioni di bonifica di suoli e falde acquifere che facciano ricorso a batteri, a ceppi batterici mutanti, a stimolanti di batteri naturalmente presenti nel suolo; e) il censimento dei siti potenzialmente contaminati, l’anagrafe dei siti da bonificare e gli interventi di bonifica e ripristino ambientale effettuati da parte della pubblica amministrazione. 25 Allegato 1: Valori di concentrazione limite accettabili nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d’uso dei siti, e criteri di accettabilità per le acque superficiali. Allegato 2: Procedure di riferimento per il prelievo e l’analisi dei campioni. Allegato 3: Criteri generali per la messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale e misure di sicurezza. Allegato 4: Criteri per la redazione del progetto di bonifica e ripristino ambientale. Allegato5: Schema di modello di adottare per al certificazione di avvenuta bonifica. Allegato 6: Criteri per la redazione della scheda di censimento. Allegato 7: Siti potenzialmente contaminati. 26 fattispecie di competenza della presente normativa. Le definizioni date sono quelle di: sito: area o porzione di territorio, geograficamente definita e delimitata, intesa nelle diverse matrici ambientali e comprensiva delle eventuali strutture edilizie ed impiantistiche presenti; sito inquinato: sito che presenta livelli di contaminazione o alterazioni chimiche, fisiche o biologiche del suolo o del sottosuolo o delle acque superficiali o delle acque sotterranee tali da determinare un pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente naturale o costruito. Ai fini del presente decreto è inquinato il sito nel quale anche uno solo dei valori di concentrazione delle sostanze inquinanti nel suolo o nel sottosuolo o nelle acque sotterranee o nelle acque superficiali risulta superiore ai valori di concentrazione limite accettabili; sito potenzialmente inquinato: sito nel quale, a causa di specifiche attività antropiche pregresse o in atto, sussiste la possibilità che nel suolo o nel sottosuolo o nelle acque superficiali o nelle acque sotterranee siano presenti sostanze contaminanti in concentrazioni tali da determinare un pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente naturale o costruito; messa in sicurezza : ogni intervento necessario ed urgente per la rimozione o il contenimento o l’isolamento delle fonti inquinanti o delle matrici ambientali inquinate e per impedire in modo definitivo ulteriori diffusioni degli inquinanti e il contatto con le fonti inquinanti presenti nel sito, in attesa degli interventi di bonifica e ripristino ambientale; bonifica: l’insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti presenti nel suolo, nel sottosuolo, nelle acque superficiali o nelle acque sotterranee ad un livello uguale od inferiore ai valori di concentrazione limite accettabili stabiliti dal presente regolamento, assicurando la qualità delle matrici ambientali; bonifica con misure di sicurezza: l’insieme degli interventi atti a ridurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti nel suolo, nel sottosuolo, nelle acque superficiali o nelle acque sotterranee a valori di concentrazione superiori ai valori di concentrazione limite accettabili stabiliti per la destinazione d’uso prevista dagli strumenti urbanistici, qualora i suddetti valori di concentrazione limite accettabili non possano essere raggiunti neppure con l’applicazione, secondo i principi della normativa comunitaria, delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili. In tali casi per l’uso del sito devono essere previste apposite misure di sicurezza ed eventuali limitazioni rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici, e i valori di concentrazione residui di sostanze inquinanti devono comunque essere tali da garantire la tutela della salute pubblica e la protezione dell’ambiente naturale o costruito; 27 misure di sicurezza : gli interventi e gli specifici controlli necessari per impedire danni alla salute pubblica o all’ambiente derivanti dai livelli di concentrazione residui di inquinanti nel suolo, nel sottosuolo, nelle acque sotterranee e superficiali, qualora, pur applicando, secondo i principi della normativa comunitaria, le migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili, la bonifica e il ripristino ambientale non consentono di rispettare i valori di concentrazione limite accettabili stabiliti dal presente regolamento per la destinazione d’uso prevista dagli strumenti urbanistici; ripristino ambientale: gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, costituenti parte integrante ed essenziale della bonifica, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d’uso conforme agli strumenti urbanistici in vigore, assicurando la salvaguardia della qualità delle matrici ambientali. Le procedure di intervento L’art. 4 dispone un obbligo generale di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale in caso di superamento o di pericolo concreto ed attuale di superamento dei valori di concentrazione limite accettabili 26 per eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o ridurre le concentrazioni di dette sostanze entro i valori di concentrazione limite accettabili. Un temperamento a tale prescrizione è dato, ex articolo 5 comma 1, dal principio dell’applicazione delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili (principio BATNEEC di matrice comunitaria) secondo cui, qualora i suddetti valori non siano raggiungibili, l’autorità competente può autorizzare interventi di bonifica e ripristino ambientale che garantiscano comunque un elevato livello di tutela ambientale e sanitaria anche se i valori di concentrazione residui nel sito risultano superiori a quelli stabiliti dalla legge27 . Chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei valori di concentrazione limite accettabili, o un pericolo concreto attuale di superamento degli stessi, deve darne comunicazione (autodenuncia) 28 entro 26 I valori di concentrazione limiti accettabili sono contenuti nell’Allegato 1. Il provvedimento che approva il progetto ed autorizza l’intervento di bonifica e ripristino ambientale deve stabilire le misure di sicurezza necessarie ad impedire danni derivanti dall’inquinamento residuo e può fissare limitazioni temporanee o permanenti o particolari modalità per l’utilizzo dell’area. 28 La comunicazione deve indicare il soggetto responsabile dell’inquinamento e il proprietario del sito, l’ubicazione e le dimensioni dell’area contaminata o a rischio, i fattori che hanno determinato l’inquinamento o il pericolo, le tipologie e le quantità dei contaminanti, le componenti ambientali interessate e la stima dell’entità della popolazione a rischio. 27 28 48 ore al comune, alla provincia e alla regione territorialmente competenti, nonché agli organi di controllo ambientale e sanitario 29 (articolo 6). Il soggetto responsabile entro le 48 ore successive deve dare comunicazione degli interventi di messa in sicurezza posti in essere ed in fase di esecuzione, provvedendo a fornire adeguata documentazione tecnica dalle quali devono risultare le caratteristiche dei suddetti interventi30 . Entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, il comune, o se l’inquinamento interessa il territorio di più comuni la regione, verificano l’efficacia degli interventi adottati e possono fissare prescrizioni ed interventi integrativi. Oltre che mediante autodenuncia, il procedimento amministrativo può essere iniziato anche mediante un’ordinanza del comune ai sensi dell’articolo 7 31 o ad iniziativa dell’interessato come previsto dall’articolo 8 32 . Gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati sono effettuati, ex articolo 9, sulla base di apposita progettazione secondo quanto disposto dalla legge n.109 del 1994 e successive modificazioni33 . Il progetto preliminare predisposto dal soggetto responsabile deve essere presentato al comune e alla regione entro 30 giorni dall’evento che ha causato l’inquinamento o il pericolo concreto. Il comune o la regione possono richiedere integrazioni al progetto preliminare e stabilire specifiche restrizioni entro 30 giorni dalla presentazione del progetto stesso. Il progetto definitivo deve essere trasmesso al comune e alla regione entro i successivi 150 giorni. Il comune o la regione possono richiedere integrazioni al progetto definitivo e fissare le necessarie prescrizioni entro 60 giorni. Sulla base del progetto definitivo viene predisposto il progetto esecutivo di bonifica che deve essere presentato al comune ed alla regione entro 60 29 ARPA, ove costituite, altrimenti PMIP e ASL. Nella documentazione tecnica devono essere descritti: le caratteristiche tecniche delle opere eseguite; le misure di controllo e monitoraggio adottate a garanzia della efficacia delle opere stesse, fino all’avvenuta bonifica; le misure di sicurezza per le popolazioni e l’ambiente circostanti; ed il piano preliminare delle indagini. 31 Qualora l’autorità competente accerti una situazione di inquinamento o di pericolo di inquinamento ne dà comunicazione alla regione, alla provincia e al comune. Ricevuta la comunicazione il comune con propria ordinanza diffida il responsabile dell’inquinamento ad adottare i necessari interventi. La suddetta ordinanza è notificata anche al proprietario del sito. 32 Il proprietario del sito o altro soggetto diverso dal responsabile dell’inquinamento o del pericolo di inquinamento, può attivare di propria iniziativa le procedure per gli interventi di bonifica e ripristino ambientale comunicando alla regione, alla provincia e al comune la situazione di inquinamento rilevata nonché gli eventuali interventi di messa in sicurezza necessari per assicurare la tutela della salute e dell’ambiente adottati e in fase di esecuzione. 33 La legge articola la progettazione in tre livelli di approfondimento tecnico progressivo da redigere sulla base dei criteri previsti nell’allegato 4: progetto preliminare, progetto definitivo e progetto esecutivo. 30 29 giorni dalla scadenza del termine precedente. La regione entro i successivi 60 giorni può richiedere al comune che siano apportate modifiche ed integrazioni o stabilite specifiche prescrizioni. Il progetto esecutivo di bonifica è infine approvato dal comune entro 90 giorni dalla sua presentazione 34 . I progetti di bonifica e ripristino ambientale con misure di sicurezza devono rispettare le condizioni previste dall’articolo 9, comma 11 35 . Nel caso infine di bonifica di siti interessati da attività produttive in esercizio, fatto salvo l’obbligo di garantire la tutela della salute pubblica e dell’ambiente, l’autorità competente in sede di approvazione del progetto deve tenere conto dell’esigenza di assicurare che i suddetti interventi siano articolati in modo tale da risultare compatibili con la prosecuzione dell’attività. Il completamento degli interventi di bonifica e ripristino ambientale e la conformità degli stessi al progetto approvato sono accertati dalla provincia mediante apposita certificazione predisposta in conformità ai criteri ed ai contenuti indicati nell’Allegato 5. Nel caso di bonifica e ripristino ambientale con misure di sicurezza la provincia è altresì tenuta ad effettuare controlli e verifiche periodiche sull’efficacia delle misure di sicurezza adottate. La regione ha inoltre la facoltà di identificare tipologie di interventi di bonifica e ripristino ambientale che possono essere realizzate con procedure semplificate ai sensi dell’articolo 11 del decreto in esame 36 . Gli interventi di bonifica e ripristino ambientale sono realizzati dal comune territorialmente competente37 nei seguenti casi: a) il responsabile dell’inquinamento non sia individuabile e il proprietario del sito non provveda; b) il responsabile dell’inquinamento sia individuabile ma non provveda, 34 Se l’intervento di bonifica interessa il territorio di più comuni il progetto esecutivo è approvato dalla regione. Se inoltre gli interventi di bonifica prevedono la realizzazione di opere sottoposte a VIA, l’approvazione del progetto definitivo è subordinata alla acquisizione della pronuncia di compatibilità. 35 Le condizioni da rispettare sono le seguenti: a) il progetto definitivo deve dimostrare che i valori di concentrazione limite non possono essere raggiunti neppure con l’applicazione delle BATNEEC; b) i valori di concentrazione residui da raggiungere devono comunque garantire la tutela della salute e dell’ambiente; c) il progetto esecutivo deve descrivere le misure di sicurezza da adottare nel sito e nell’area circostante, i monitoraggi da eseguire nel corso del tempo, nonché le eventuali prescrizioni e limitazioni per l’uso del sito, stabiliti dal comune o dalla regione. 36 L’individuazione delle tipologie di interventi da realizzarsi con procedure semplificate sarà effettuata dalle regioni nel rispetto delle condizioni stabilite dall’articolo 11 comma 2. Le procedure semplificate sono previste, in linea generale, dalla riforma cd. Bassanini della pubblica amministrazione. 37 Nel caso in cui il comune non provveda o si tratti di siti che interessano il territorio di più comuni, provvede la regione. 30 né provveda il proprietario del sito da bonificare o altro soggetto interessato; c) il sito da bonificare sia di proprietà pubblica e il responsabile dell’inquinamento non sia individuabile o non provveda. Il comune o la regione provvede agli interventi di bonifica e ripristino ambientale secondo un ordine di priorità stabilito nel Piano regionale per la bonifica delle aree inquinate di cui all’articolo 22 del D.lgs. 22/97 38 . Per gli interventi di bonifica e ripristino ambientale definiti di interesse nazionale ai sensi dell’articolo 13, il responsabile presenta i progetti al Ministero dell’ambiente, il quale, di concerto con i ministreri dell’industria, del commercio, dell’artigianato e della sanità, di intesa con la regione competente, approva il progetto esecutivo tenendo conto delle conclusioni dell’istruttoria tecnica effettuata dall’ANPA. Il DM, infine, dispone la validità e la efficacia dei provvedimenti di approvazioni dei progetti di bonifica e di autorizzazioni dei relativi interventi adottati prima dell’entrata in vigore del decreto stesso. Il censimento dei siti potenzialmente contaminati Le Regioni procedono alla redazione o all’aggiornamento del censimento dei siti potenzialmente contaminati di cui al DM n. 185 del 16.5.1989, sulla base dei criteri indicati dall’allegato 6, entro un anno dall’entrata in vigore del decreto. Le regioni stesse, entro un anno dall’entrata in vigore del decreto, predispongono l’Anagrafe regionale dei siti da bonificare che deve contenere, oltre all’elenco dei siti da bonificare, anche l’elenco dei siti già sottoposti ad intervento di bonifica e ripristino ambientale. L’elenco dei siti da bonificare è predisposto ed aggiornato sulla base delle notifiche dei soggetti che hanno cagionato, anche in maniera accidentale, il superamento dei valori di concentrazione limite accettabili o un pericolo attuale e concreto del superamento degli stessi, degli accertamenti eseguiti dall’autorità competente per i siti inseriti nel censimento dei siti potenzialmente contaminati, e delle comunicazioni dei soggetti ed organi pubblici che, nell’esercizio delle proprie funzioni, abbiano individuato siti inquinati. L’inserimento di un sito nell’Anagrafe dei siti da bonificare deve risultare dal certificato di destinazione urbanistica. 38 La legge n.426/98 ha modificato l’articolo 22 del decreto Ronchi disponendo che l’ordine di priorità degli interventi elaborato dalle Regioni dovrà essere basato su un criterio di valutazione del rischio elaborato dall’ANPA. 31 PARTE III LA DISCIPLINA DELLA BONIFICA DEI SITI INQUINATI IN ALCUNI PAESI EUROPEI E NEGLI USA39 L’Austria L’Austria ha sviluppato una politica nazionale in tema di siti contaminati intorno agli anni ’80. Solamente nel 1989, con la legge federale sulla bonifica dei siti contaminati (Altlastensanierungsgesetz, ALSAG), è stata introdotta una disciplina unitaria sulla gestione e bonifica dei siti inquinati. L’ALSAG stabilisce le linee guida del programma nazionale di bonifica che include una struttura nazionale uniforme di registrazione e gestione dei siti contaminati che prevede: ? la creazione di fondi pubblici per la bonifica dei siti senza proprietario, alimentati dalla tassazione sui rifiuti e distribuiti secondo priorità definite a livello nazionale; ? un meccanismo per la distribuzione dei fondi pubblici per stimolare le attività volontarie all’interno del programma; ? la descrizione delle responsabilità per le diverse autorità pubbliche competenti che operano all’interno del programma; ? la definizione degli obblighi e dei meccanismi di sanzionamento in caso di inadempienze (in relazione alle leggi ambientali nazionali). La legge prende in considerazione esclusivamente gli sversamenti avvenuti successivamente alla data (1989) della sua entrata in vigore. Non esiste comunque una legge che disciplini specificamente la politica nazionale di protezione dei suoli. Leggi nazionali che contengono prescrizioni in materia sono la legge sulle acque (Water Act del 1959 emendato successivamente) e il Trade Regulation Act, nella versione emendata del 1994 40 . 39 Per ogni paese vengono qui riportati i principali aspetti della regolamentazione relativa alle opere di risanamento ambientale secondo uno schema di presentazione che segue generalmente questo ordine: presentazione legge/leggi esistenti sulla gestione dei suoli inquinati e/o altre normative a tutela dell’ambiente disposizioni principali delle norme autorità responsabili: ruoli e competenze sistema di registrazione dei siti regime di responsabilità ed altre particolari caratteristiche del sistema 40 La legge sulle acque attribuisce alle autorità locali poteri di controllo sulla qualità delle acque interessate da episodi di inquinamento industriale dei terreni, mentre la legge sul commercio 32 Il sistema di competenze e responsabilità per la gestione dei siti contaminati è gerarchicamente ordinato, con un obbligo generale delle autorità pubbliche di riportare tutte le informazioni sulle condizioni dei suoli agli organi sovraordinati. Il programma nazionale di bonifica ambientale è coordinato dal Ministro federale dell’Ambiente; le provincie federali sono responsabili per l’identificazione dei siti contaminati. Le informazioni raccolte vengono trasferite al Ministero che aggiorna la lista di registrazione nazionale provvedendo a stabilire criteri di priorità per gli interventi da considerarsi più urgenti. Il controllo e la supervisione delle azioni a livello centrale è esercitato dall’Agenzia Federale per l’Ambiente (FEA) che provvede alla gestione del registro dei siti contaminati, alla definizione dei criteri di priorità degli interventi, e ad assistere le autorità regionali per i controlli e la realizzazione delle opere di risanamento ambientale. Il finanziamento delle opere di risanamento ambientale avviene tramite un fondo statale alimentato da imposte su alcune categorie di rifiuti pericolosi riscosse dal Ministero delle finanze. Dal 1991 esiste una specifica procedura per ottenere il finanziamento per il ripristino di siti contaminati; vengono favorite le azioni volontarie dei soggetti privati. Nelle domande di finanziamento che i soggetti devono presentare deve essere inclusa una valutazione sulla scelta delle tecniche di bonifica che si intendono applicare al caso in esame. L’inventario nazionale dei siti contaminati è stato istituito nel 1989; i governi delle province federali riferiscono alle autorità nazionali i dati in loro possesso relativi alle zone da bonificare. Il registro comprende sia siti industriali che discariche di rifiuti; non sono compresi siti contaminati da attività agricole o per cause legate all’inquinamento atmosferico. L’accesso al registro dei siti inquinati e alla speciale sezione sui siti potenzialmente contaminati è effettuabile anche via Internet41 , nel rispetto della privacy e della riservatezza dei dati. Il sistema è gestito dalla FEA. Il principio “chi inquina paga” è applicato nei limiti delle sue possibilità pratiche, dal momento che nella maggior parte dei casi sono necessari interventi finanziari pubblici che coprano in parte totalmente le spese di recupero. Infine, nel 1997, il Governo austriaco ha emesso una ordinanza sulle discariche che specifica i parametri relativi alla qualità dei rifiuti da destinarsi in discarica, in termini di valori massimi di inquinamento e di stabilisce che nel caso di dismissione di una attività industriale, il responsabile deve fornire prova che il sito non sia contaminato. 41 Vedi sito Internet: www.ubavie.gv.at. 33 sostanza contaminanti. L’ordinanza distingue quattro generi di discariche; quelle per suoli provenienti da escavazioni; quelle per rifiuti da demolizione, quelle per materiali residui e quella per rifiuti solidi o di massa. Per ogni tipo di discarica sono definite metodologie di controllo e di gestione. Il Belgio In Belgio il controllo della contaminazione dei suoli e delle acque è iniziato nei primi anni ’80 a seguito di gravi casi di inquinamento nella zona delle Fiandre. Il Belgio è uno Stato federale composto da tre Comunità regionali (Regione Fiamminga, Regione della Vallonia e Regione di Bruxelles) cui sono delegati poteri esecutivi e legislativi in materia di ambiente, territorio, energia e tutela delle acque. I dati disponibili sono quindi prevalentemente regionali. Regione Fiamminga Questa regione ha da tempo attuato una politica di gestione di siti contaminati il cui esame è molto interessante. Nel 1995 è stato emanato un nuovo decreto (“Soil remediation decree”) che disciplina: ? La catalogazione dei siti contaminati ? La differenziazione tra contaminazione recente o datata ? La differenziazione tra le posizioni di obbligo e di responsabilità ? La procedura di risanamento del sito ? Il trasferimento del sito ? La possibilità di richiedere un certificato sulle condizioni del sito alle autorità che gestiscono il registro Le linee guida tecniche per la gestione di aree inquinate sono contenute nel regolamento sulla bonifica dei suoli (VLAREBO, Flemish Regulation on Soil Remediation) del Marzo 1996. Le priorità di bonifica dipendono dall’utilizzo finale del sito – sono infatti previsti 5 generi di utilizzo del sito ed è specificata una lista di attività considerate potenzialmente inquinanti con valore tassativo. La normativa prevede anche l’adozione di un albo di esperti in materia ambientale. Le autorità regionali hanno l’obbligo di ispezionare siti contaminati, soprattutto nei casi di cessazione di attività industriale o di vendita del sito. Solo in questa regione esiste un’anagrafe dei siti contaminati gestita dall’Agenzia pubblica per la gestione dei rifiuti (OVAM) della regione fiamminga. Il registro è pubblico, e l’OVAM può rilasciare su richiesta dei certificati sulle condizioni del sito, riguardanti in particolare l’identità del 34 proprietario o del gestore, l’eventuale registrazione, l’esistenza di piani di risanamento o di analisi di rischio, l’esistenza di una contaminazione recente o datata, la gravità dell’inquinamento e la presenza di un obbligo di bonifica. Nel caso di compravendita di un sito industriale tra privati il venditore è obbligato a produrre un certificato sulle condizioni ambientali del sito rilasciato dall’OVAM. Nel caso in cui, invece, sul sito si siano svolte attività potenzialmente pericolose, l’OVAM deve compiere uno studio preliminare ai fini del rilascio di tale certificato; nel caso in cui dall’analisi risulti che il sito si presenti contaminato, esso viene iscritto nel registro regionale dei siti da bonificare 42 . La legislazione regionale introduce inoltre delle particolari distinzioni tra contaminazioni recenti o datate43 : come riferimento viene presa la data di entrata in vigore del decreto sulla protezione dei suoli (ultima revisione nel 1995). Un inquinamento recente – successivo quindi al 1995 – deve essere immediatamente risanato non appena i valori fissati come standard di inquinamento del terreno siano superati; le operazioni di risanamento ambientale di siti inquinati da lungo tempo – prima del 1995 – vengono autorizzate solo dopo un’analisi di rischio e sono sottoposte ad un rigido ordine di priorità che deve tenere conto delle risorse finanziarie disponibili. Tutte le opere di risanamento ambientale sono sotto la supervisione della OVAM. La responsabilità del gestore del sito nel nuovo regime viene comunque esclusa nel caso un cui la contaminazione derivi da una migrazione di agenti inquinanti da zone geografiche limitrofe, oppure nel caso in cui egli sia in grado di dimostrare di non aver in alcun modo causato lo sversamento e di non averne potuto avere conoscenza al momento della vendita del sito stesso. Se l’obbligo del gestore di provvedere a risanare l’area contaminata è automatico per gli episodi di inquinamento recenti – ossia successivi al 1995 – nei casi di contaminazione datata esso sorge solamente dopo l’ordinanza pubblica di bonifica. Il decreto introduce, cioè, un regime di responsabilità oggettiva non retroattiva e canalizzata nei confronti del gestore dell’attività del sito; per le contaminazioni precedenti, infatti, l’obbligazione sorge dall’emanazione di un atto pubblico ad hoc come il decreto di bonifica. Infine, se il proprietario del sito in cui è stata accertata una contaminazione 42 I controlli sono sistematici e prescritti dalla legge in tre casi specifici: compravendita del sito, termine della licenza dell’attività o chiusura del sito, rinnovo della licenza. 43 La separazione tra contaminazioni recenti e datate è introdotta per definire esattamente il regime a cui devono essere sottoposti i siti inquinati che risalgono a periodi antecedenti all'entrata in vigore delle nuove norme in materia ambientale dei siti contaminati; questa distinzione incide anche sul regime di responsabilità per lo sversamento. Il principio “chi inquina paga”, infatti, vale unicamente per le contaminazioni recenti; nel caso di inquinamenti antecedenti al 1995 rimane in vigore la precedente legge del 1981 sulla gestione dei rifiuti che invece si basava sul principio della condotta colpevole del soggetto inquinatore. 35 datata prova che il sito inquinato è stato acquistato prima del 1993 e fino a quel momento è stato utilizzato esclusivamente per scopi non professionali nonostante egli avesse avuto conoscenza della contaminazione, non è soggetto ad obbligo di bonifica. La normativa prevede anche una esclusione per il proprietario non colpevole del sito44 . La regione fiamminga ha infine predisposto un fondo ambientale pubblico per finanziare le opere di risanamento per le quali i soggetti privati non possono provvedere. Il fondo è alimentato da aliquote imposte sui rifiuti conferiti in discarica o in impianti di incenerimento senza recupero energetico, da tasse sull’uso delle acque, sulle operazioni di compravendita dei siti e infine dalle azioni di rivalsa nei confronti dei soggetti inquinatori andate a buon fine. Dal 1996 è in funzione nella regione fiamminga una banca del suolo (Soil Bank), primo esperimento europeo di sistema di riallocazione e di garanzia delle condizioni del terreno proveniente da escavazione e da lavori di estrazione. La Banca è formata dalla confederazione fiamminga di imprenditori edili, da quella dei costruttori di strade e opere pubbliche e dalla OVAM. I due principali scopi della banca sono lo scambio del terreno in surplus e il controllo su eventuali inquinamenti dello stesso. Regione della Vallonia Questa regione non ha una specifica legislazione per la gestione dei siti contaminati45 . Un primo atto regolamentare è in fase di approvazione dopo aver ricevuto il parere positivo dal Parlamento della regione nel giugno 1996. La responsabilità per la qualità dei suoli è affidata a vari organi pubblici regionali e istituzioni semi pubbliche (Walloon Waste Office, Town and 44 Con l’entrata in vigore del decreto del 1995, i soggetti che intendevano effettuare una bonifica ambientale senza rientrare in alcuna posizione di obbligo giuridico si trovavano in un vuoto regolamentare. Dopo due anni, quindi, nella primavera 1997, il Decreto fiammingo è stato riformato dal Parlamento per porre rimedio a tale carenza normativa. In tale sede è stato stabilito che coloro che desideravano intraprendere una bonifica ambientale potevano fare riferimento alle procedure del decreto anche se non erano comunque sottoposti ad alcun obbligo in merito a ciò. I vantaggi dell’adeguamento ad una simile procedura derivano principalmente dal fatto che la bonifica così effettuata è pubblicamente riconosciuta, quindi certificabile dalla OVAM, e possono essere richiesti tutti i permessi per attività e costruzione senza alcuna limitazione all’utilizzo del sito regolarmente bonificato. Il fatto di avere un riferimento giuridico certo sulle procedure e le autorità competenti ha incentivato anche i privati stessi a svolgere attività di recupero ambientale senza temere di incorrere in particolari regimi o controlli non previsti. 45 Le norme di riferimento attuali sono il Codice sulla pianificazione del territorio vallone del 1978 (emendato nel 1995) e la legge sulla gestione dei rifiuti (1985). In tali norme si stabilisce che ogni proprietario di siti industriali è obbligato a mantenerli in buone condizioni; il territorio della Vallonia è particolarmente coinvolto nella questione della gestione delle miniere di ferro abbandonate. Per tale ragione, il codice del territorio contiene specifiche regole sul recupero dei siti abbandonati e sugli usi alternativi degli stessi. 36 County Planning Administration), ma il ruolo principale di controllo e di gestione dei siti è affidato alla agenzia pubblica per l’ambiente SPAQUE (Sociètè publique d’aidè a la qualitè de l’environnement) fondata nel 1992. Il Servizio di gestione rifiuti (Service del Dèchet) è invece responsabile per l’attuazione corretta della regolamentazione in materia. Regione di Bruxelles Un decreto reale del 1989 attribuiva il compito di sviluppare una politica di protezione dei suoli contaminati al Ministero regionale dell’abitazione, della tutela dell’ambiente, conservazione delle acque, della natura, dei monumenti e luoghi di interesse storico (BIM/IBGE). Una regolamentazione specifica sulla gestione dei siti è in via di promulgazione; le norme di riferimento sono rappresentate fino ad ora dalla legge sulla protezione delle acque di falda del 1971, una ordinanza del 1991 sulla gestione e prevenzione dei rifiuti e un decreto sulle attività industriali (1992). Questo decreto stabilisce che chi gestisce una attività industriale deve fornire adeguate garanzie in ordine alle condizioni del suolo al termine dell’attività. La responsabilità per la gestione dei siti contaminati è affidata all’Istituto di Bruxelles per la gestione ambientale IBGE (Institut de Brussel pour la gestion del l’environnement). I controlli sono obbligatori nel caso di compravendita di un sito dedicato ad attività industriale. Attualmente non esistono fondi pubblici per finanziare le bonifiche. E’ in vigore il principio del “chi inquina paga” con potere surrogatorio delle autorità pubbliche. La Danimarca La normativa danese sulla gestione dell’inquinamento del suolo è rappresentata da tre leggi principali: la legge sui siti contaminati (del 1996 con successive modifiche), che fa riferimento ai casi di inquinamento successivi al 1970, la legge generale sulla protezione dell’ambiente (1992 e successive modifiche) e la legge del 1993 denominata “Loss of Value”, la quale prevede che il proprietario non colpevole dello sversamento sul sito inquinato, o il proprietario di un edificio situato su terreno contaminato, possano ricevere finanziamenti pubblici per le opere di bonifica. Questo consente di compensare quei soggetti non colpevoli che subiscono una perdita economica a causa dell’inquinamento del terreno e agevola il sistema dell’autodenuncia da parte dei privati, riuscendo così a tenere aggiornata l’anagrafe nazionale dei siti contaminati. Recentemente è stata riformata la legge sulla protezione dell’ambiente 37 (Consolidated Environmental Protection Act,46 ) secondo i principi generali dello sviluppo sostenibile e dell’approccio integrato degli impatti ambientali. La norma prevede un sistema obbligatorio di licenze per ogni attività che possa comportare un pericolo di inquinamento nel suolo o nelle acque di falda (Parte II articoli da 19 a 26). Il sistema delle licenze viene regolato dal Ministero dell’ambiente che stabilisce anche i casi in cui le licenze possono esser modificate o revocate e i casi di eccezione. Le licenze sono revocate dall’autorità locale competente senza possibilità di appello. La legge introduce un generale divieto di commercializzazione di materiale terroso proveniente da attività di escavazione, il ministero controlla e regolamenta la gestione di depositi di materiali di cava e materia prime. L’attuale legge nazionale prevede la rigorosa applicazione del principio “chi inquina paga”, ma una recente sentenza del 1992 della Corte Suprema ha stabilito che l’obbligo di ripristino è soggetto a prescrizione ventennale (termine di inizio della prescrizione è la cessazione dell’attività). Il regime di responsabilità oggettiva è in contrasto con il normale regime soggettivo in vigore nel diritto civile danese; in molti casi, infatti, la Corte ha rigettato sentenze di condanna di gestori di siti industriali il cui comportamento colposo non era dimostrato. La responsabilità per la gestione dei siti da bonificare è affidata principalmente alle 16 Contee in cui è suddiviso il territorio statale, mentre l’Agenzia per la protezione ambientale (Miljostyrelsen, DEPA) è incaricata del controllo e dello sviluppo delle linee guida tecniche delle opere di risanamento ambientale. La DEPA deve approvare il progetto definitivo dell’opera di risanamento ambientale e aggiorna il registro nazionale e le relative liste di priorità. La registrazione del sito, che avviene a seguito di superamento di limiti fissati a livello nazionale tale da provocare pericolo per la salute umana o per le condizioni delle acque superficiali e di falda, viene aggiornata nel caso di cambiamento di utilizzo o altre vicende giuridiche – es. compravendita – per le quali è richiesta la preventiva autorizzazione da parte delle autorità della contea interessate. I valori standard fanno riferimento alla protezione delle acque di falda e alla destinazione del sito. Secondo le disposizioni del “Loss of Value Act” (1993) è stato istituito un fondo di finanziamento per azioni di bonifica sia di siti pubblici che di siti privati a seguito di autodenuncia di gestori non responsabili della contaminazione. 46 Vedi Legge n. 625 del 15.7.1997. 38 La Francia La legislazione francese in materia di bonifiche ambientali è costituita da leggi settoriali che disciplinano i siti industriali ed i siti destinati a discariche di rifiuti. L’assenza di un regime giuridico particolare ed omogeneo relativo alla protezione del suolo ha portato il Ministero dell’ambiente a perseguire una politica basata sia su studi tecnici sulle bonifiche fondati su un protocollo di valutazione che permetta di valutare l’effettivo stato di contaminazione del sito che su regolamentazioni amministrative tramite circolari indirizzate ai prefetti – esse costituiscono attualmente l’unica base giuridica in materia. Le principali circolari e note amministrative in materia di bonifiche sono le seguenti: ? circolare “Barnier” del 1993 relativa alla politica di riabilitazione e di trattamento dei siti e terreni contaminati; ? circolare dell’aprile 1996 relativa alla realizzazione di iniziative di diagnosi e valutazione dei rischi di contaminazione dei siti dedicati ad attività industriali; ? circolare del giugno 1996 relativa alle procedure amministrative e giuridiche da applicarsi in materia di bonifica dei siti contaminati; ? circolare del febbraio 1997 relativa alla valutazione dei rischi e dei meccanismi migratori dei contaminanti; ? nota del 1.9.1997 sulle misure di prevenzione che il proprietario del sito deve porre in essere; ? circolare n. 97-94 del 10.11.1997 sul riutilizzo di siti ex discariche abusive. La circolare dell’aprile 1996 riassume gli obiettivi fondamentali della politica francese sui siti contaminati: registrare i siti a rischio di contaminazione, selezionare quelli inquinanti e bonificare e trattare quelli pericolosi per la salute umana e per l’ambiente. Le bonifiche di siti industriali sono disciplinate anche dalla legge del 1976 sulle attività soggette a registrazione ai fini della protezione dell’ambiente (Installations Classés pour la protection de l’Environnement), che regolamenta gli adempimenti delle imprese rispetto all’ambiente, autorizzazioni e comunicazioni relative alla pericolosità del loro processo di produzione. Dalla fine degli anni ’70, in Francia, esistono organismi di assistenza finanziaria per i gestori di siti industriali in attività: l’aiuto viene fornito prevalentemente a due livelli. Nel corso della fase di audit, i consigli regionali elargiscono aiuti provenienti dai fondi regionali di assistenza al consiglio (FRAC). Nel corso della successiva fase di bonifica, invece, le agenzie regionali per la gestione delle acque (Agence de l’eau) finanziano a 39 fondo perduto opere di risanamento ambientale, l’ADEME (Agence de l’environnement et de la maîtrise de l’energie) può utilizzare i fondi statali per la modernizzazione della gestione dei rifiuti (FMDG). Dal 1989 al 1994 i fondi per la bonifica di siti orfani sono stati finanziati anche dal contributo volontario dell’EPE (Enterprises pour l’environnment), associazione di imprese nata nel 1992. L’EPE ha contribuito per il 20% alle spese sostenute dal fondo dedicando le risorse economiche derivanti dall’introduzione di una tassa sui rifiuti industriali attraverso un accordo volontario con il ministero dell’ambiente. Il principio “chi inquina paga”, rigidamente applicato nello stato francese, si esplica nell’ambito della gestione dei siti industriali nell’obbligo esistente in capo all’alienante del sito di avvertire il potenziale acquirente del regime di autorizzazione/comunicazione cui è sottoposta l’attività – o le attività – svolte sul sito. Alla cessazione dell’attività infine, il proprietario/gestore è obbligato a presentare alle autorità competenti una dichiarazione sullo stato dei luoghi. Il gestore del sito ha infatti un obbligo specifico di riabilitare il sito eventualmente inquinato dall’attività industriale ivi svolta. Possono essere condannate anche le persone giuridiche che gestiscono attività inquinanti. Nella procedura di valutazione dell’azione di risanamento ambientale vengono seguiti cinque criteri generali 47 che riassumono gli interessi di cui le varie parti coinvolte sono portatrici. Per quel che concerne, invece, la gestione dei rifiuti e delle discariche, la legge fondamentale di riferimento è quella sui rifiuti del 1975 (Elimination des déchets et recuperations des materials), e successivi emendamenti, in particolare quello del luglio 1992 che ha creato una nuova politica per la gestione dei rifiuti attraverso la progressiva messa al bando delle discariche con relativa istituzione di una specifica tassa per il conferimento in discarica. Sia la legge sui rifiuti che quella sulle industrie classificate contengono prescrizioni di legge che obbligano il gestore/proprietario responsabile del sito a ripristinare quanto inquinato nel corso dello svolgimento dell’attività. La Francia ha una struttura amministrativa fortemente centralizzata; l’autorità principale nella gestione della contaminazione dei suoli è pertanto il Ministero dell'ambiente, in particolare la Direzione sulla Prevenzione dell’inquinamento e dei rischi (Direction de la Prévention des pollutions et des risques, DPPR) è competente per quel che riguarda la gestione dei siti industriali contaminati. A livello locale, le unità amministrative (département) e il loro rappresentante (préfet) sono responsabili per il controllo dei siti, il 47 Essi sono: criterio tecnico, criterio economico, criterio psicologico, criterio regolamentare e criterio del rischio residuo. 40 rilevamento e la gestione delle opere di bonifica, i rapporti con il responsabile dello sversamento; esse trasmettono le informazioni necessarie per l’aggiornamento del registro dei siti potenzialmente contaminati che viene tenuto a livello nazionale. E’ il prèfet a chiedere al Ministero che un sito venga definito “orfano”; se il ministro concorda con la richiesta del prefetto, quest’ultimo autorizza l’ADEME ad iniziare le necessarie operazioni di studio di studio del sito e della sua caratterizzazione. L’Agenzia nazionale per l’ambiente e l’energia (ADEME) 48 fornisce il necessario supporto tecnico e alle autorità pubbliche nazionali e locali nella realizzazione e nel controllo delle opere di bonifica, e autorizza a procedere ad azione legale di rivalsa nei confronti dei soggetti ritenuti responsabili di contaminazioni bonificate con i fondi pubblici. Il registro nazionale dei siti contaminati è in vigore dal 1993, è composto da sezioni regionali – gestite da soggetti concessionari del servizio da parte delle autorità pubbliche, come università o istituti di ricerca – che trasmettono i dati al registro nazionale. Una sezione particolare del registro è dedicata ai siti abbandonati. Nel registro non sono incluse stazioni di benzina o depositi di gas né siti radioattivi – iscritti in un inventario a parte. La Germania Nel corso del 1998 è stata riformata la legge federale tedesca sulla protezione dei suoli (German Federal Soil Protection Act, BundesBodenschutzgesetz – BbodSchG), norma principale di riferimento per le bonifiche nella politica nazionale di recupero e tutela dell’ambiente. La norma nazionale armonizza le procedure di identificazione, registrazione e bonifica dei siti che a livello regionale (Länder) sono molto eterogenee. Secondo la nuova norma, solo una parte marginale degli attuali poteri è lasciata alle autorità federali; la legge è in vigore del 25.3.98, ma parte delle previsioni saranno in vigore dall’1.3.99. La legge non prevede delle disposizioni transitive; essa ha efficacia immediata e si applica alle opere di risanamento ambientale attualmente in atto49 . 48 Un ruolo importante in materia di bonifiche è svolto anche dalle sei Agenzie di tutela delle acque pubbliche francesi (Agences de l’eau) che hanno recentemente instaurato un sistema di controllo a garanzia delle condizioni delle acque tutelato da un sistema sanzionatorio i cui proventi vanno ad incrementare il fondo comune per i siti orfani da bonificare. 49 Scopo principale della norma è quello di incentivare il recupero ed il riutilizzo di aree abbandonate in quanto contaminate da precedenti attività. L’approccio normativo è fortemente pragmatico e razionale, nel senso che, nell’effettuare l’opera di risanamento ambientale, la norma prescrive di tenere conto dei vincoli territoriali cui il sito è sottoposto e, sulla base di 41 La legge prevede un assetto definitorio comune e stabilisce una serie di obblighi di prevenzione di inquinamento o rischio di inquinamento; ogni soggetto che svolge un’attività potenzialmente inquinante ha l’obbligo generale di agire in modo da non creare danni al suolo (articolo 4.1)50 . L’obbligo di ripristino ambientale sorge in capo al soggetto responsabile e si trasmette al suo erede universale; in assenza del soggetto responsabile ne rispondono il proprietario o il gestore del sito. Sono considerati soggetti responsabili anche persone giuridiche e società. L’ordine in cui la legge elenca i soggetti responsabili è considerato una lista di priorità, che rimane comunque modificabile nel caso di specie a discrezione delle autorità pubbliche; l’obbligo può ad esempio ricadere sul precedente proprietario del sito51 . L’operazione di bonifica deve essere fatta in modo – ex articolo 4.3 – che non vi siano rischi per la salute umana e per l’ambiente a lungo termine. Sempre seguendo un approccio razionale e pragmatico, nel caso in cui non sia ragionevolmente possibile compiere un’opera di bonifica, devono essere prese altre misure di messa in sicurezza e di protezione del sito52 . Non ci sono previsioni in ordine alla minimizzazione dell’utilizzo del suolo; in Germania infatti rappresenta una questione molto importante lo sfruttamento del suolo a causa dell’intensiva attività industriale ed agricola. La cd. “protezione quantitativa” del suolo è in parte disciplinata dal codice di costruzione (Baugesetzbuch – BauGB) emesso sulla base della legge del 1998 sulla pianificazione del territorio. Le acque di falda sono escluse dall’ambito dell’applicazione; della legge in esame; ciò rappresenta una forte contraddizione dal momento che uno dei fini cui deve tendere la bonifica è proprio la purificazione delle acque sotterranee se contaminate dallo sversamento. Questo comporta in pratica che le ordinanze di decontaminazione delle acque non possono essere emesse questi, effettuare una bonifica adeguata all’utilizzo del sito, evitando risanamento sproporzionati nei costi e nell’utilizzo del sito. 50 Il proprietario o il gestore del sito sono inoltre obbligati a prendere tutte le misure per prevenire danni al terreno a causa di sversamenti avvenuti nella proprietà. Il soggetto responsabile della bonifica deve presentare un piano di bonifica e un contratto pubblico che espliciti le modalità, i mezzi ed i soggetti che intende adoperare per realizzare il lavoro presentato nel progetto. 51 In proposito la legge obbliga esplicitamente questo soggetto se il trasferimento di proprietà avviene dopo il 1.3.1999 ed egli sa o avrebbe dovuto sapere il pericolo derivante dalla contaminazione residua del terreno dovuto all’attività svolta. 52 Se il valore del sito aumento grazie alla bonifica effettuata con i fondi pubblici, il proprietario è obbligato a pagare una compensazione per l’aggiunta di valore. L’Ordinanza sulla protezione dei suoli e sull’inquinamento residuo (Bodenschuts-und Altlastenverordung, BodSchV) – in fase di approvazione – stabilirà i valori dei terreni bonificati e quelli compensatori, al fine di stimolare gli investimenti privati su siti pubblicamente decontaminati. 42 sulla base del BbodSchG, e al momento non esiste una legge specifica che tuteli le condizioni delle falde acquifere sotterranee. Inoltre, l’ambito di applicazione della legge è quello della contaminazione dei suoli legata a suo utilizzo – escluso quello agricolo – nella misura in cui altre leggi di rango superiore non disciplinino la materia. Le previsioni della legge federale sul controllo alle emissioni, la legge sui rifiuti e sulla loro circolazione, la legge sull’energia nucleare e la legge federale sulle attività estrattive sono infatti gerarchicamente superiori alla BbodSchG, secondo quanto stabilito dalla legge costituzionale tedesca. Al contrario, le leggi sulla tutela delle acque e sulla protezione della natura sono norme quadro e non sono sottoposte ad altre normative gerarchicamente superiori. Alle autorità dei Länder è lasciato il potere di emettere regolamenti in ordine alla identificazione dei siti contaminati e di quelli a rischio (articolo 21). Oltre che avvertire le autorità competenti in caso di sversamento accidentale, il soggetto responsabile deve avvertire il proprietario del sito, qualora sia persona diversa dal gestore, provvedendo a fornire tutta la documentazione necessaria sulle condizioni del sito e sul progetto di intervento53 . Secondo gli articoli 30 e 83 della Costituzione Federale tedesca, le regioni sono responsabili per la registrazione, l’analisi di rischio e la bonifica dei siti contaminati, secondo la distinzione di competenze tra autorità nazionali e autorità locali. I Ministri dell’ambiente dei Länder sono responsabili per la gestione del territorio e la corretta allocazione dei fondi pubblici per le opere di bonifica. Il supporto tecnico viene fornito dall’Agenzia per l’ambiente (UBA) che controlla l’esecuzione delle opere di bonifica. Attraverso i valori nazionali dei limiti massimi di inquinamento consentito dei siti (trigger values) le autorità responsabili decidono se un sito debba essere ulteriormente investigato o se devono essere immediatamente attuate misure di intervento. Nonostante l’amministrazione centrale abbia la facoltà di regolamentare la registrazione e la identificazione dei siti contaminati, la legge federale del 1998 non disciplina questo aspetto, lasciando quindi tutto il potere alle amministrazioni dei Länder. La registrazione dei siti contaminati è comunque una pratica diffusa da diversi anni sul territorio tedesco, così che attualmente tutti i Länder dispongono di un proprio registro e di propri criteri di iscrizione 53 Il piano di bonifica può essere rivisto, modificato e integrato dalle autorità competenti, qualora lo ritengano inadeguato od insufficiente. Il soggetto deve anche sottoporre alle autorità il contratto pubblico che fornisce informazioni sulle modalità e le capacità dell’azione di bonifica che si intende mettere in atto. Le clausole contenute nel contratto sono quindi sotto il controllo delle autorità pubbliche. Una volta approvato dalle autorità, il piano viene dichiarato vincolante per il soggetto che lo ha presentato. 43 ed aggiornamento. Qualche problema di conformità si è avuto con l’annessione dei territori dell’Est. I registri dei siti contaminati sono suddivisi in tre gruppi a seconda della causa della contaminazione: registro per siti – discarica di rifiuti (AWDS), per siti industriali (AIS) e per siti ex militari. Il livello di gestione e soluzione del problema è abbastanza differente tra i vari Länder; quasi tutti riescono comunque a garantire aggiornamenti frequenti dei registri ed hanno sperimentato i differenti approcci metodologici di risanamento di siti contaminati: limiti tabellari e analisi di rischio. Tutti i Länder applicano il principio “chi inquina paga” qualora il responsabile sia identificabile; in caso contrario o nel caso in cui le spese di ripristino siano troppo onerose per il proprietario, alcuni Länder prevedono il sostegno pubblico alle opere. Per la realizzazione dell’opera di ripristino ambientale, infine, devono essere regolati tutti i permessi e le garanzie richieste dalle altre norme – non c’è alcuna integrazione nel sistema dei permessi e autorizzazioni ambientali nel sistema tedesco. I Paesi Bassi Fin dal 1976 il governo olandese ha considerato la protezione dei suoli uno degli obiettivi principali della politica ambientale nazionale. La principale norma nazionale in materia di contaminazione dei suoli è il Piano dell’ambiente del 1989 (National Environmental Policy Plan) che applica il principio dello sviluppo sostenibile alla preservazione dell’utilizzo del suolo attraverso opere di risanamento ambientale e sistemi di prevenzione dell’inquinamento. Questo atto normativo risale al 1983 e nel 1994 ha avuto il suo ultimo aggiornamento; costituisce una chiara ed uniforme struttura nazionale per l’analisi ed il ripristino ambientale dei siti. La riforma del 1994 ha introdotto diverse innovazioni tra cui: nuovi obblighi per i privati: il soggetto gestore o proprietario del sito è responsabile delle condizioni di qualità del suolo, è obbligato ad iniziare le analisi ed eventualmente la bonifica del sito nel caso di superamento dei limiti standard, e deve comunicare alle autorità competenti tutti i progetti di bonifica da realizzare; decentralizzazione: le provincie (e le amministrazioni delle quattro città principali) hanno maggiore potere amministrativo, compreso quello di emettere ordinanze di bonifica; uniformità: le principali procedure vengono fissate a livello nazionale dalle “ordinanze amministrative” di carattere generale. 44 Un’ordinanza amministrativa importante è la “Circolare sull’entrata in vigore del regolamento di ripristino ambientale della legge sulla protezione del suolo”, del 1994, che stabilisce le linee guida di intervento per quei siti le cui analisi erano state completate alla data di entrata in vigore della circolare. In tale atto vengono anche introdotti i valori standard da considerare in ogni intervento ambientale nelle tre fasi successive di analisi di rischio: generale, specifica e finale (con obiettivi di risanamento). Nel 1995 è stato emanato un regolamento sulla gestione dei siti contaminati che introduce l’obbligo di rilasciare un certificato, da parte del centro per le bonifiche dei suoli (Soil Clean-up Centre, SGC) al proprietario/gestore del sito, per garantire il futuro utilizzo del sito stesso. Il “Soil Clean-up Centre” è stato creato nel 1989; è una società pubblica che agisce come organizzazione intermediaria nella gestione delle bonifiche; il centro si autofinanzia attraverso l’imposizione di una tassa sulle quantità di terreno trattato e sul premio del rischio. Il centro collabora con il Ministero dell’Ambiente olandese (VROM Ministerie). Le autorità pubbliche responsabili sono, in forma gerarchica, il governo centrale, le 12 Provincie autonome (e i quattro comuni più grandi) e le autorità locali, secondo un costante processo di decentramento richiesto dalla normativa. Il governo centrale è responsabile per le linee guida e la supervisione generale della politica nazionale di decontaminazione: il controllo spetta invece esclusivamente alle varie Provincie. Esse infatti sono obbligate a compilare gli inventari dei siti aggiornandoli con i dati forniti dalle autorità locali, approvare le variazioni d’uso del sito come prescritto dalla legge di pianificazione del territorio (“Spatial Planning Act”) e presentare rapporti annuali sulle opere di investigazione e recupero ambientale condotte negli ultimi 5 anni, includendo i dettagli delle operazioni di risanamento e i criteri di priorità. Le autorità locali forniscono tutte le informazioni necessarie sullo stato dei luoghi. Il governo centrale non dispone di un unico registro nazionale dei siti contaminati o di un’unica lista di priorità; i registri infatti sono tenuti sia dalle autorità pubbliche competenti (le provincie), sia dalle associazioni industriali attraverso il sistema dei “covenant agreements”. I registri provinciali sono aggiornati annualmente dal 1982, i dati derivano dalle domande e dai permessi richiesti dai privati, dalle informazioni sulle compravendite e dalle ispezioni effettuate. Il settore industriale a sua volta compila un registro dei siti industriali in attività che risultino potenzialmente inquinati. Questa registrazione è prevista in un Covenant denominato BSB (Bodemsaniering van in gebruik zijnde bedfijfsterreinen – clean-up of present industrial sites) stipulato nel 1991 tra industria e il governo al fine di procedere alla bonifica dei siti industriali 45 operativi. In cambio il governo si impegnava a non intervenire per un periodo di 25 anni. L’accordo riguarda circa 120.000 siti industriali che dovevano esser analizzati ed eventualmente bonificati secondo una lista di priorità; le industrie che non hanno sottoscritto l’accordo sono state sottoposte ai normali controlli pubblici con relativa imposizione di analisi del sito a giudizio dell’autorità di controllo. Un altro accordo rilevante nel settore delle bonifiche è il SUBAT Covenant (Stichting Uitfoering Amoverign Tankstation – Voluntary fund created by the petrol industry for the clean-up of out of services stations) sottoscritto dal governo e dal comparto industriale petrolifero per un impegno alla decontaminazione delle aree di servizio in disuso. Per tale operazione è stato sottoscritto un fondo finanziato da un’aliquota sul prezzo del petrolio. Anche secondo questo accordo è prevista la redazione di un inventario dedicato. La Spagna Lo sviluppo di una politica nazionale spagnola in tema di gestione dei siti contaminati è recente: dagli inizi degli anni ’90, infatti, è stato istituito dapprima un registro dei siti, poi una lista di priorità e infine azioni di recupero da parte pubblica. La competenza principale del settore è affidata al MOPTMA, Ministerio de Obras, transporters y medio ambiente, ora divenuto Ministerio de Medio Ambiente (MMA). Nel 1995 è stato introdotto un Piano nazionale di bonifica dei siti contaminati con validità decennale, i cui principali obiettivi sono la prevenzione di ulteriori contaminazioni, l’identificazione dei siti contaminati, lo sviluppo di azioni di investigazione, la definizione di criteri di priorità e di tecnologie innovative di recupero. Tale piano costituisce la base per un programma nazionale normativo in materia. Nel 1998, nell’ambito della “Legge sui rifiuti” n. 10/98, sono state emanate delle disposizioni generali in ordine alla gestione dei suoli contaminati (titolo V), che però non sono ancora entrate in vigore a causa della mancanza dei regolamenti attuativi che definiscano procedure e valori standard. Esse disciplinano le modalità di dichiarazione alle pubbliche autorità della contaminazione, la procedura di bonifica, le ispezioni, i controlli ed il regime sanzionatorio a garanzia della corretta esecuzione dell’opera di risanamento. Oltre alle competenze di supervisione e di controllo assunte dal Ministero, le 17 regioni autonome spagnole (Comunidades Autonomàs) hanno poteri 46 esecutivi in materia di ambiente nel proprio territorio, e sono responsabili territorialmente della corretta attuazione del Piano nazione di bonifica. Dal 1991 al 1995 il Ministero ha elaborato un inventario nazionale dei siti contaminati per consentire una corretta analisi e caratterizzazione dei suoli. Il regime di responsabilità per la contaminazione dei suoli si ispira al “chi inquina paga”, anche se per il momento solo in linea di principio 54 . Un cenno a parte meritano le regolamentazioni delle comunità autonome dei Paesi Baschi, della Catalogna e della Galizia. Nei Paesi Baschi già nel 1994 era stato definito un Piano generale di protezione dell’ambiente con le linee guida da applicare sul territorio – comprese le specifiche tecniche ed un inventario regionale dei siti potenzialmente contaminati. Nel 1998 è stata emanata una nuova legge “Legge generale per la protezione dell’ambiente nei Paesi Baschi” che prevede anche una parte sulla tutela dei suoli, per la quale non sono stati ancora emanati i regolamenti di attuazione. In Catalogna e Galizia, invece, sono state stabilite linee guida sulle condizioni dei suoli e sulle operazioni di ripristino ambientale, adatti alle particolari condizioni del suolo di questi paesi – in Galizia ad esempio ci sono peculiari problemi relativi alle contaminazioni da metalli pesanti. Particolare attenzione è data al futuro utilizzo del suolo. La Svezia Nel 1999 in Svezia entra in vigore il nuovo codice dell’ambiente. I suoi requisiti principali sono: l’obbligo di comunicazione e di pubblicità di ogni episodio di contaminazione scoperto, l’istituzione di un registro dei siti contaminati che preveda anche eventuali restrizioni nell’utilizzo futuro del sito, nuove disposizioni sul regime di responsabilità per danno ambientale. Il sistema amministrativo svedese opera a tre livelli: il governo nazionale ha competenze in materia ambientale attraverso il ministero dell’ambiente e l'Agenzia nazionale della protezione ambientale (Naturvardsverket, EPA). L’Agenzia è responsabile per il coordinamento della politica e della gestione dei siti contaminati; inoltre alloca i fondi pubblici per il risanamento ambientale di siti senza proprietario. Le 24 contee sono responsabili per il sistema di autorizzazione e controllo delle attività delle industrie pesanti e hanno facoltà di intervento nei piani di costruzione del governo locale quando necessario. Le contee stesse assieme alle autorità locali gestiscono le attività di controllo, analisi e realizzazione 54 Le azioni in suoli pubblici e nel caso di mancata identificazione del soggetto responsabile sono finanziate dal ministero dell’ambiente e dal governo regionale responsabile, tranne nei casi dei Paesi Baschi e della Navarra in cui i costi sono totalmente coperti dalle amministrazioni locali. 47 delle opere di risanamento ambientale. L’agenzia nazionale stessa ha investito molto nello sviluppo autonomo delle competenze e delle responsabilità delle autorità locali; è stata elaborata una rete di esperti in ogni contea e nelle città principali che possano incontrarsi regolarmente per scambio di informazioni e pianificazione dei loro interventi. Tutte le autorità locali sono direttamente responsabili per le attività di bonifica che si svolgono nel loro territorio. La precedente normativa sulla contaminazione dei suoli risaliva al 1969 55 , e in particolare alla legge sulla protezione dell’ambiente che richiedeva un’analisi di tutte le attività potenzialmente inquinanti per l’ambiente. La legge stabiliva che il gestore del sito è il primo responsabile per la bonifica di un sito contaminato. Egli è inoltre obbligato a rifondere i danni procurati a terzi. Il proprietario del sito ha invece una responsabilità condizionata al fatto che provi di non essere a conoscenza né di aver potuto conoscere la causa e l’evento dell’inquinamento. La legge prevedeva infine un regime di responsabilità non retroattivo. Nonostante uno dei principi base della legge sia il principio “chi inquina paga”, il governo riconosce che una larga parte dei costi di bonifica, specie quando particolarmente ingenti o comunque molto superiori rispetto al valore economico del sito, devono essere forniti dal governo; è stata quindi introdotta una nuova tassa ambientale per finanziare gli interventi pubblici di bonifica. Sulla base del piano di azione nazionale dell’EPA è stato istituito un registro nazionale dei siti contaminati allo scopo di identificare e descrivere le diverse necessità di azione per siti differentemente contaminati a seconda del tipo di insediamento e di inquinamento a cui è stato soggetto. E’ stata inoltre sviluppata una procedura nazionale conforme per l’analisi di rischio. Il Regno Unito La normativa britannica sulla tutela dei siti inquinanti è contenuta principalmente nella leggi sull’ambiente (Environmental Act – Part IIA) emanata nel 1990 e successivamente (1995) modificata secondo nuove prescrizioni che non sono state ancora completamente attuate a causa della mancanza di alcuni decreti di attuazione. La normativa in esame si ispira al principio del controllo integrato sull’inquinamento. La legge del 1990 consentiva alle autorità locali di adottare regolamenti per tutelare le condizioni dei suoli, particolarmente deteriorati soprattutto a 55 Legge sulla protezione dell’ambiente, secondo la quale era richiesta una analisi di tutte le attività potenzialmente inquinanti per l’ambiente. 48 causa dello sviluppo dell’industria pesante. La riforma del 1995, invece, incide maggiormente sulle competenze pubbliche in materia di suoli contaminati obbligando le autorità locali ad ispezionare il proprio territorio al fine di rinvenire e identificare tutte le zone potenzialmente contaminate; la parte della riforma che prevede le linee guida per la gestione dei siti contaminati non è ancora entrata in vigore nelle more di emanazione dei regolamenti attuativi da parte delle autorità locali e dell’Agenzia nazionale per l’ambiente. Nel 1996 è stato presentato un progetto di regolamento di gestione dei siti contaminati della cui attuazione è stata incaricata l’Agenzia nazionale per l’ambiente, con lo scopo di fornire adeguate misure di protezione e di controllo per la gestione dei siti inquinati e pericolosi. Il regolamento è stato approvato nel 1997 e presenta alcune caratteristiche interessanti56 ; esso contiene innanzitutto l’assetto definitorio dei termini relativi al procedimento di sversamento/bonifica, le prescrizioni per la forma ed il contenuto della notifica del progetto di ripristino ambientale che i soggetti responsabili della contaminazione devono presentare alle autorità competenti, il procedimento da seguire per l’eventuale appello contro l’ordinanza di ripristino emessa nei confronti del soggetto ritenuto responsabile – a seconda della causa di doglianza e dell’autorità appellata può essere esperito appello alla Magistrates’Court o al Secretary of State. L’ordinanza appellata può essere sospesa e modificata. Il regolamento stabilisce anche le modalità di calcolo della compensazione dei danni nei confronti dei vari soggetti che hanno subito una perdita economica a seguito dell’episodio di contaminazione. Il principale potere regolamentare in campo ambientale rimane in capo alle autorità locali che pianificano, ispezionano e identificano i siti contaminati, vengono consultate per le soluzioni di recupero che devono essere adottate nel caso specifico ed emanano le ordinanze di bonifica nel caso con pieni poteri esecutivi, raccogliendo infine informazioni riguardo lo svolgimento delle operazioni di bonifica e i risultati raggiunti. L’identificazione di un sito contaminato si basa su un procedimento di analisi di rischio. Le autorità locali devono anche stabilire le procedure per gestire le informazioni riguardanti lo stato dei suoli e i possibili impatti negativi della contaminazione sui soggetti terzi come le attività industriali, le associazioni ambientaliste e le comunità locali interessate. Anche nella legislazione inglese è in vigore il principio “chi inquina 56 Il sistema di gestione dei siti contaminati si basa sull’approccio “ suitable for use” secondo cui un’azione di ripristino ambientale deve essere effettuato quando a) sussistano gravi rischi o pericolo di rischi per la popolazione e per le risorse ambientali limitrofe e quando b) i costi dell’operazione siano economicamente accettabili (“ reasonableness of remediation”) rispetto al valore commerciale del sito (quindi viene valutata la destinazione del sito), della pericolosità della contaminazione e delle condizioni di contorno. 49 paga”; pertanto chi causa l’inquinamento viene ritenuto responsabile. Se non è rinvenibile il responsabile, le spese devono essere sostenute dal proprietario del sito o dal gestore, tranne nel caso di inquinamento delle acque. Dal 1996 è in funzione l’Agenzia nazionale per l’ambiente (EPA), che ha inglobato al suo interno sia la “National Rivers Authority”, che la “Her Majesty’s Inspectorate of Pollution” e le agenzie pubbliche locali di gestione rifiuti. Oltre ai compiti di attuazione delle linee guida e di controllo delle operazioni, l’agenzia deve annualmente presentare una relazione sulle condizioni dei terreni contaminati nel paese. Essa rappresenta il centro degli esperti tecnici sulla contaminazione, approva il piano di ispezioni che le autorità locali presentano con aggiornamenti periodici. Esiste un registro nazionale dei siti contaminati disponibile per le ispezioni pubbliche formato dalle informazioni fornite dalle autorità locali 57 , obbligate alle ispezioni sul territorio secondo il loro compito di pianificazione territoriale. Oltre al principio “chi inquina paga”, nel Regno Unito è anche in vigore il principio “caveat emptor”, che addossa la maggior parte della responsabilità per le passività ambientali del sito in capo al soggetto acquirente che deve quindi richiedere le garanzie necessarie per evitare di dover rispondere di danni all’ambiente provocati da precedenti contaminazioni 58 . Per i siti senza 57 Una sezione del registro è dedicato alle azioni di recupero ambientale (remediation register) per la raccolta di informazioni relative alle operazioni di ripristino ambientale effettuate sui siti. Le sezioni del registro sono pubbliche, tranne quelle relative ai siti riservati per motivi legati all’ordine pubblico o alla pubblica sicurezza, come ad esempio quelli gestiti dal Ministero della difesa. 58 Nel Regno Unito una serie di associazioni e privati operatori nel settore ambientale ha istituito una associazione di informazioni ambientali (EDA Environmental Data Association) allo scopo di stabilire e mantenere altamente elevato il livello di informazioni sulle condizioni di un sito nel caso di compravendita o di altra vicenda contrattuale. Sia l’acquirente che l’alienante devono fornire infatti una serie di informazioni e dati per evitare perdite economiche successive al passaggio di proprietà o di uso causate da danni ambientali permanenti non rinvenuti. A tale fine, l’EDA ha adottato un Codice di Buona Pratica; gli aderenti all’associazione si sono impegnati ad adottarlo, e il testo del codice viene ampiamente pubblicizzato al fine di una sua ampia applicazione nei casi di compravendite di siti da parte di privati. Il Codice rappresenta una sorta di analisi di “due diligence” standardizzata, e consta di una serie di questionari che devono essere compilati da colui che è incaricato di fornire informazioni sulle condizioni ambientali del sito. I questionari possono essere utilizzati nelle fasi pre-contrattuali di audit ambientale e di “ due-diligence” nei casi di vendita o locazione di siti industriali per preparare la fase di indagine tecnica del sito. Essi contengono una parte dedicata alle definizioni dei termini e delle operazioni necessarie nella valutazione delle eventuali passività ambientali del sito, e una parte interpretativa. Ciò agevola le parti offrendo maggiori garanzie di trasparenza e pubblicità nei casi dei passaggi di proprietà di siti a rischio, diminuendo così il rischio di contenzioso e offrendo la possibilità di avere un quadro completo ed esaustivo delle condizioni ambientali in cui si trova l’oggetto del contratto. 50 proprietario la responsabilità è delle autorità locali competenti; le autorità locali procedono notificando formalmente al soggetto ritenuto responsabile della contaminazione l’obbligo di bonificare il sito. In casi di emergenza le autorità possono comunque intervenire direttamente e allo stesso tempo coinvolgere il soggetto ritenuto responsabile; solitamente, piuttosto che ricorrere ad una azione formale, si cerca di raggiungere un accordo con il soggetto responsabile. E’ comunque prevista possibilità di appello contro l’ordinanza di bonifica emanata dalle autorità locali. Il mancato adempimento di quanto prescritto nell’ordinanza costituisce reato (offence). Non esiste un fondo speciale per le azioni di bonifica pubbliche ma ci sono una serie di meccanismi specifici di recupero delle spese o di azioni di rivalsa; il Dipartimento dell’Ambiente (DoE), l’agenzia per l’ambiente del Galles e quella dell’Irlanda del Nord hanno un budget minimo a disposizione per tali opere. Il Dipartimento per l’ambiente (DoE) amministra il “Supplementary Credit Approval Scheme for Contaminated land”, un sistema di rilascio di mutui e finanziamenti alle autorità locali per la gestione dei siti contaminati da bonificare. Il sistema consente alle autorità pubbliche di ottenere prestiti per finanziare opere di bonifica pubbliche. A tale fine è stata istituita anche la “English Partnership”, ente pubblico con un budget dedicato allo sviluppo e alla promozione di programmi di risanamento ambientale. L’ente promuove il recupero economico di aree che versano in stato di abbandono, inquinate o con forte rischio di inquinamento; promuove il programma di “Land Reclamation” che intende assicurare la rigenerazione ed il corretto uso del territorio nazionale attraverso la collaborazione dei privati o di altri enti pubblici che segnalano le cattive condizioni di un sito. Sia il Galles che la Scozia hanno agenzie regionali per l’ambiente. L’Agenzia scozzese ha anche istituito un fondo dedicato alle opere di bonifica pubbliche. Nel maggio 1995 i rappresentanti delle associazioni industriali inglesi con il supporto del dipartimento dell’ambiente hanno formato il SAGTA (Soil and groundwater technology association) il cui scopo principale è lo scambio di esperienze e tecnologie di settore e promuovere lo sviluppo delle tecnologie più efficaci nel controllo delle bonifiche. Questo sistema è particolarmente importante nell’ordinamento inglese che si basa sul principio del “caveat emptor” secondo cui la responsabilità nel caso di compravendita di siti industriali ricade sull’acquirente. 51 Gli Stati Uniti d’America Il problema dei siti contaminati negli Stati Uniti è emerso prepotentemente alla fine degli anni ’70 con i casi di Love Canal e Time Beach. Oggi il sistema statunitense appare fortemente proceduralizzato, caratterizzato da un’ingerenza statale forte che coinvolge le industrie fortemente inquinanti in accordi e programmi di riduzione degli impatti e di finanziamento delle attività di bonifica dei terreni. In risposta alle forti preoccupazioni dell’opinione pubblica in relazione a pericolosi episodi di inquinamento industriale, il governo adottò il “Comprehensive Environmental Response and Liability Act” (CERCLA, 1980) – noto anche come Superfund59 . La legge ha istituito un fondo nazionale pubblico per la gestione di siti contaminati abbandonati, finanziato da tasse imposte alle industrie chimiche e petrolifere ed utilizzato dalle autorità federali per risolvere problemi di contaminazione pericolosi per la salute pubblica60 . Il sistema del Superfund è gestito e controllato dall’ “Office of Solid Waste and Emergency Response” (OSWER) dell’EPA, l’Agenzia Nazionale per l’ambiente degli Stati Uniti, sorta nel 1970, primo esempio di agenzia nazionale per la tutela delle risorse ambientali. Attualmente, l’EPA è il principale attore della politica ambientale statunitense; gestisce direttamente i programmi ambientali nazionali, è responsabile del sistema di autorizzazioni e di permessi ambientali per le attività industriali, intrattiene i rapporti e crea partnership con le industrie stesse. Ogni azione di risanamento segue una procedura definita nel “National Contingency Plan” (NPC), gestita dall’EPA in accordo con gli Stati federali competenti per territorio, generalmente questa procedura nazionale rappresenta una sorta di legge quadro rispetto alle singole leggi in vigore negli Stati federali. Il NCP prevede anche la NPL che contiene l’elenco di tutti i siti di pericolo non immediato che necessitano di azione di risanamento ambientale. Nel 1986 il CERCLA è stato emendato dal “Superfund Amendments and 59 I principi su cui si fonda il CERCLA sono i seguenti: salvaguardia e controllo di siti contaminati abbandonati o senza proprietario responsabilità del soggetto che ha provocato la contaminazione fondo pubblico di finanziamento per i siti non bonificati dai soggetti privati responsabili. 60 Le azioni di ripristino ambientale appartengono a due categorie: short term removals – si hanno quando la contaminazione provoca un serio percolo per la salute umana; long term remedial response – si hanno invece riguardo quelle contaminazioni che non sono immediatamente pericolose; in questo caso i siti vengono inseriti nella Lista di priorità nazionale (NPL – National Priority List). 52 Reauthorisation” (SARA)61 . L’EPA ha quindi provveduto ad aprire degli sportelli informativi presso le autorità federali (“Regional Superfund Dockets”) che potessero fornire tutte le informazioni e l’assistenza tecnica necessaria. Esistono altri programmi specifici di bonifica dei siti all’interno del Superfund, sempre gestiti dall’EPA; il Resource Conservation and Recovery Act (RCRA, 1980) che regolamenta il trattamento e lo stoccaggio di materiali pericolosi e tutti i processi potenzialmente inquinanti del comparto industriale e il programma USTs (Underground Storage Tanks) dedicato alle bonifiche dei terreni dedicati alle attività estrattive e di deposito/ raffinazione – in particolare di petrolio e gas naturali. Secondo quanto stabilito dai sopra menzionati programmi la responsabilità della bonifica ricade sul proprietario/gestore del sito; l’EPA è autorizzata a proporre azione di rivalsa nel caso il soggetto sia inadempiente, la responsabilità per la corretta gestione del risanamento ambientale sorge in capo agli Stati competenti territorialmente. L’Office of Site Remediation Enforcement è l’unità interna all’EPA competente per il sistema di responsabilità e di compensazione; la legge prevede una compensazione di parte dei costi sostenuti dal privato per la bonifica del proprio sito, l’OSRE ha inoltre competenza per emanare ordinanze di bonifica in assenza di azioni volontarie da parte dei privati. L’OSRE è diviso in due unità: la “Regional Support Division” che rappresenta il collegamento tra l’EPA e le autorità federali, e la “Policy and Program Evalutazion Division” che sviluppa ed implementa politiche locali di risanamento. Il regolamento UST, invece, richiede che il proprietario del sito in cui si svolge attività estrattiva controlli periodicamente lo stato del suolo e riporti immediatamente la notizia di eventuale sversamento alle autorità competenti. In aggiunta a ciò, esiste un sistema di monitoraggio dei rischi (Hazard Ranking System, HRS) per tenere sotto controllo i siti contenuti nella lista nazionale di priorità. Anche questo programma è gestito dall’EPA attraverso sue divisioni interne, istituisce una specifica procedura tecnica da seguire per il monitoraggio, la caratterizzazione del sito e il controllo degli inquinanti rinvenuti. Da un punto di vista normativo, la legge più recente in tema di regolamentazione del regime di responsabilità del soggetto per la contaminazione di un sito è l’ “Asset conservation, lender liability, and 61 La riforma ha inteso promuovere l’utilizzo di nuove tecnologie per realizzare opere di risanamento ambientali permanenti, finanziare nuovamente il fondo, incentivare il coinvolgimento degli Stati federali nella realizzazione di tutte le procedure previste dal Superfund e consentire una maggiore informazione pubblica, delle comunità e di altri soggetti interessati, riguardo le opere di risanamento ambientale e le politiche attuate dal Governo. 53 deposit insurance protection act” del 1996, parte dell’Omnibus Bill for Fiscal Year del 1997, che stabilisce il regime di responsabilità del soggetto gestore dell’attività pericolosa. All’interno di questo complesso piano ambientale predisposto a livello nazionale si inseriscono le singole leggi degli Stati federali, che riportano nel loro territorio, seguendo le proprie peculiarità, i valori standard e le linee guida nazionali integrandole con norme e regolamenti specifici62 . Gli Stati americani sono stati influenzati fortemente dalla disciplina britannica sui siti contaminati, ed in particolare dal principio “caveat emptor”, che addossa all’acquirente del sito tutti i rischi da eventuali passività ambientali. Alcuni Stati (New Jersey e California) hanno contestato l’attuazione di questo principio per il fatto che danneggiava il soggetto che nella contrattazione è comunque in una situazione di disparità, e cioè l’acquirente. Non è infatti possibile equiparare il livello di informazioni sul sito e sulle sue condizioni che ha il proprietario del sito alienante rispetto al potenziale acquirente; pertanto non è equo ritenere responsabile dei danni da inquinamento il soggetto acquirente che non ha alcuna possibilità di avere accesso alle informazioni che solo il proprietario del sito detiene. 62 Ogni Stato federale ha infatti sviluppato nel corso degli anni una propria politica e legislazione in materia di siti contaminati. Il Minnesota è stato il primo stato a porre in essere la legislazione nel 1989, ma nella maggior parte degli altri stati essa è decisamente più recente; ad esempio in Pennsylvania la legge sulle bonifiche è entrata in vigore nel 1995. Generalmente, le normative nazionali contengono anche linee guida e valori limite da sviluppare, nel 1994 un’analisi degli standard di bonifica attuati dalle leggi nazionali ha stabilito che le legislazioni nazionali si attenevano ai valori raccomandati dal CERCLA. 54 PARTE IV COMPARAZIONE CON LA NORMATIVA ITALIANA Le esperienze nazionali sopra esaminate dimostrano come la gestione dei siti contaminati da attività industriali sia un problema che coinvolge l’intero sistema di autorizzazione e controlli amministrativi, nonché il livello di cooperazione tra autorità pubbliche e soggetti privati. Alcune considerazioni di massima possono essere fatte innanzitutto sul recepimento dei principi comunitari da parte delle autorità nazionali, come ad esempio quello “chi inquina paga”, che però rimangono norme di principio di difficile attuazione pratica. Nella comune esperienza, infatti, la maggior parte delle opere di risanamento viene effettuata tramite finanziamenti pubblici dal momento che il soggetto responsabile non è rinvenibile o non è in grado di sostenere i costi della bonifica, che molto spesso sono più elevati rispetto al valore commerciale del sito. Si riscontra comunque, generalmente, la tendenza da parte dei paesi analizzati ad utilizzare criteri oggettivi per la imputazione della responsabilità del soggetto (responsabilità oggettiva) che sono complementari alla canalizzazione della responsabilità prevista nel principio “chi inquina paga” e che permettono di facilitare l’onere della prova, non essendo richiesta la prova della colpevolezza del soggetto responsabile della contaminazione. Per quel che riguarda, invece, le tecniche di rilevazione della contaminazione del suolo, il presente studio ha confermato la coesistenza di due differenti sistemi contrapposti; da una parte l’analisi di rischio (scuola americana dell’EPA) che prende in considerazione unicamente le condizioni proprie e peculiari del sito, dall’altra l’uso dei limiti tabellari fissati a livello nazionale (scuola tedesca ed europea in genere) che garantiscono uniformità di trattamento. Si stanno sviluppando anche metodologie miste che uniscono i due sistemi di rilevamento per calibrare le singole azioni. L’intervento di bonifica va quindi a coinvolgere aspetti civilistici – libertà di disposizione della proprietà privata – e aspetti concorrenziali – la bonifica del sito comporta oneri economici aggiuntivi per le imprese – che devono essere gestiti in maniera coerente e chiara da parte delle pubbliche autorità. Le politiche nazionali di gestione delle contaminazioni, infatti, hanno dato migliori risultati quando basate su approcci di cooperazione e collaborazione tra pubbliche autorità e soggetti privati, prevalentemente industrie, come nel caso dei “convenants” olandesi. Si riscontra infatti la tendenza ad abbandonare il tradizionale sistema del “command & control” che non trova praticamente nessuna applicazione nel settore delle bonifiche. 55 Comune per tutti i paesi è il problema del reperimento dei fondi pubblici per finanziare le opere di risanamento ambientale che sono state giudicate pericolose per l’ambiente e per la salute umana. Oltre che cercando di arginare il problema attraverso approcci pragmatici (come il “suitabe for use” inglese), le autorità pubbliche hanno introdotto sistemi di tassazione, sanzioni economiche o contributi volontari tramite accordi per costituire un fondo destinato a simili attività. La normativa italiana è decisamente carente sotto questo punto di vista, e non prende in considerazione alcuno dei punti critici che altre normative nazionali di settore hanno cercato di risolvere. I principali sono senz’altro quelli relativi alle condizioni dei siti inquinati in periodi precedenti all’entrata in vigore della legge sulle bonifiche, o ancora quelli relativi alle garanzie richieste da quei soggetti che, pur non essendo in obbligo, realizzano un’opera di risanamento ambientale sul proprio sito e non sanno quale procedura devono seguire per poter essere considerati a norma di legge. Varie sono state, come visto precedentemente, le soluzioni offerte dai paesi – in primis quella della distinzione tra contaminazioni recenti e datate offerta dalla legge fiamminga – che, nonostante la mancanza di una armonizzazione comunitaria in materia, hanno adottato sistemi di regolamentazione molto simili tra di loro, spinti dall’esigenza di rendere economicamente compatibile con l’attività industriale un impegno per la decontaminazione dei suoli da parte dei soggetti privati assistiti dalle pubbliche autorità. La maggior parte delle discipline esaminate cerca inoltre di comprendere e definire il delicato problema degli equilibri tra posizioni di obblighi e responsabilità nel caso di compravendita, locazione o altra vicenda contrattuale cui è sottoposto un sito potenzialmente contaminato. I paesi di tradizione anglosassone hanno adottato il principio generale “caveat emptor” – tra l’altro recentemente molto criticato – che addossa la responsabilità della contaminazione al soggetto acquirente, una volta avvenuto il passaggio di proprietà. In tale maniera viene alimentata comunque la differenza decisiva in ordine alle informazioni sulle condizioni del sito esistente tra precedente e nuovo proprietario; per risolvere questa situazione si sono sviluppati sistemi molto sofisticati e completi di “due diligence” che possono essere agevolmente utilizzati o presi come esempio in qualsiasi contratto riguardante un sito industriale. Un’altra soluzione interessante per quanto riguarda il trasferimento del sito è l’uso di un certificato sulle condizioni ambientali del sito stesso, rilasciato dall’Agenzia nazionale per l’ambiente63 o un altro ente pubblico 63 Le Agenzie Nazionali per la protezione dell’ambiente sono presenti in varie forme in tutti i paesi presi in considerazione in questo rapporto, e in generale in tutti gli Stati industrializzati, 56 che garantisca la propria imparzialità, a chiunque ne abbia interesse e ne faccia richiesta, nel rispetto del segreto industriale. Questo certificato potrebbe essere paragonabile al certificato di avvenuta bonifica che la Provincia rilascia a concessione delle operazioni di bonifica, ai sensi dell'art. 17, comma 8, D.Lgs. 22/97. Un ruolo centrale della normativa, inoltre, è svolto dal registro dei siti contaminati; nella maggior parte dei casi il registro viene aggiornato grazie alle informazioni raccolte dalle autorità locali ed è poi controllato dal Ministero dell’ambiente o, più spesso, dall’Agenzia nazionale per l’ambiente. Il regime di pubblicità cui è sottoposto il registro soddisfa anche quelle esigenze di informazione e di comunicazione a soggetti terzi in ordine alle azioni a tutela delle risorse ambientali che sono sempre più spesso contenute nelle normative ambientali comunitarie e nazionali. Il registro è anche un utile strumento conoscitivo per le autorità stesse che riescono così a quantificare l’entità del problema a livello nazionale e a pianificare le risorse necessarie nel tempo. Generalmente il registro è formato da sezioni locali o regionali che vengono aggiornate con i dati raccolti e da una anagrafe nazionale, composta dalle sezioni locali, gestita dall’Agenzia nazionale per l’Ambiente e/o dal ministero per l’ambiente. La partecipazione a network internazionali per lo scambio di informazioni e di soluzioni tecniche e gestionali in materia sembra essere una scelta privilegiata da molte amministrazioni nazionali, valutato il forte incremento di azioni e studi comuni che si è avuto negli ultimi anni e che ha coinvolto università, centri di ricerca ed agenzie tecniche di molti paesi europei. La conoscenza tecnico-scientifica acquisita mediante i diversi network internazionali non potrà non costituire anche il punto di partenza obbligato per la possibile redazione di una futura normativa comunitaria in materia di mentre nei paesi dell’Europa centro-orientale esse sono in rapida formazione. Certamente il modello principale di funzionamento di un’agenzia nazionale è l’Environmental Protection Agency statunitense (EPA), istituita agli inizi degli anni ’70 con funzioni di assistenza tecnica e gestionale allo sviluppo delle azioni di risanamento ambientale e di amministrazione dei fondi pubblici destinati al finanziamento delle opere stesse. In tutti i casi sotto esaminati, l’Agenzia svolge un ruolo di supporto tecnico all’amministrazione centrale, prevalentemente il Ministero dell’Ambiente, a meno che non vi sia un sistema federale, come quello belga, che ha esclusive competenze in materia di ambiente e che quindi ha istituito le proprie agenzie a livello regionale. Spesso le agenzie gestiscono direttamente il registro dei siti contaminati e i criteri di priorità degli interventi o comunque forniscono il supporto tecnico necessario per la redazione degli stessi, supervisionano la realizzazione degli interventi ed effettuano il controllo finale con eventuale rilascio di certificazione di conformità. L’Agenzia Nazionale per l’Ambiente italiana (l’ANPA), recentemente istituita (Legge n. 61/1994), non riveste ancora un simile ruolo centrale all’interno della politica nazionale di gestione dei suoli contaminati; la sua struttura articolata – Agenzia Nazionale e singole Agenzie regionali per l’ambiente presenti in tutte le regioni e collegate, ma non subordinate, all’agenzia nazionale – rappresenta un caso unico nel sistema europeo. 57 siti contaminati, che coinvolga oltre alle pubbliche amministrazioni anche tutti gli attori privati interessati, come ad esempio le industrie, le banche e le imprese assicuratrici. 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Gli autori intendono ringraziare tutte le persone che hanno fornito il loro contributo per la raccolta del materiale e delle informazioni necessarie per la compilazione del presente rapporto. In particolare si ringraziano: Gundula Prokop (UBAVIE, Austria), Josè Javier Calvo (Spagna), Anna Rita Gentile (EEA), Ulrich Termansen (EPA Danimarca), Marjan Euser (NICOLE), Bridget Butler (Loughborough University, Regno Unito), Frederique Vincent (ISIGE, Francia), Bruno Sauvalle (France Ministerie, Francia), Per Gullbring (EPA Svezia), Rene Goubier (ADEME, Francia), Walter Kovalick (EPA, USA), Johan van Veen (VROM Ministerie, Paesi Bassi), Andreas Bieber (Bundesumweltministerium, Germania). 59 RAPPORTI DI RICERCA 1997 01.97 I. MUSU Lo sviluppo sostenibile di Venezia nell’ottica dell’Agenda 21 02.97 B. DENTE, C. GRIGGIO, A. MARIOTTO, C. PACCHI Governare lo sviluppo sostenibile di Venezia: elementi per un percorso di progettazione istituzionale 03.97 P. TORRICELLI, M. BON, L. MIZZAN Aspetti naturalistici della laguna e la laguna come risorsa Parte Prima: Aspetti naturalistici della laguna di Venezia Parte Seconda: Laguna come risorsa 04.97 C. MAGNANI, T. PELZEL Agenda 21: strutture territoriali 05.97 M. RISPOLI, A. STOCCHETTI, F.DI CESARE La produzione materiale nel comune di Venezia Parte Prima: Venezia e produzione materiale: una coesistenza problematica Parte Seconda: Criteri progettuali e indicatori per la sostenibilità dello sviluppo 06.97 I. VAN DER BORG, P. RUSSO Un sistema di indicatori per lo sviluppo turistico sostenibile a Venezia 07.97 I. VAN DER BORG, P. RUSSO Lo sviluppo turistico sostenibile a Venezia 08.97 E. RULLANI, S. MICELLI La produzione immateriale a Venezia: prospettive e problemi Parte Prima: Scenari di sostenibilità e situazione attuale Parte Seconda: Trasformazioni attese e politiche possibili 09.97 A. RINALDO Equilibrio fisico e idrogeologico della laguna 10.97 V. COGO Gli indicatori di sostenibilità: primi risultati di una ricerca per Venezia 60 1998 01.98 I. MUSU, E. RAMIERI, V. COGO Indicatori di sostenibilità: uno strumento per l’Agenda 21 a Venezia 02.98 F. FIORENTINI, E. RAMIERI Indicatori di sostenibilità: uno strumento per l’Agenda 21 a Venezia – Executive Summary 1999 01.99 G. LANDI, M. MONTINI La disciplina della bonifica dei siti inquinati – La normativa italiana a confronto con quella dei principali paesi europei e degli USA. 61