Corso di Perfezionamento sulle Tecniche Mediche di
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Corso di Perfezionamento sulle Tecniche Mediche di
Tecniche Mediche di Ringiovanimento del Volto Prof. Maurizio Ceccarelli M.D., B.Sc., F.Path. L’oggetto di questa relazione è la messa a punto delle tecniche mediche utili a rallentare il processo d’invecchiamento del volto delle nostre pazienti. Il passare del tempo induce sui nostri tessuti una perdita volumetrica per alterazione del normale rapporto tra la distruzione e la costruzione dei tessuti stessi. L’impalcatura ossea, sostegno per i tessuti molli, diminuisce la sua consistenza con una retrazione del teschio. Il trofismo muscolare si riduce con diminuzione della volumetria dei singoli capi muscolari. L’ipoderma si assottiglia riducendo la consistenza dei tessuti delle guance. La cute diminuisce il suo spessore principalmente per riduzione del volume del derma. Tutto questo determina una perdita di consistenza dei tessuti del volto con caduta verso il basso di quelli molli, sottoposti alla gravità. Questi processi caratterizzano l’invecchiamento del volto, processo fisiologico che, però, oggi non è accettato dalle nostre pazienti in rapporto all’esigenza di mostrarsi sempre giovani. Ciò porta alla ricerca di ogni mezzo possibile utile ad evitare la vecchiaia. Purtroppo molti di questi mezzi determinano un ulteriore danno biologico che transitorio miglioramento e successivo peggioramento. Anche l’industria cosmetica ha percepito questa debolezza della donna e propone con pubblicità accattivanti e, spesso ingannevoli, rimedi miracolosi di mantenimento della giovinezza della cute. Il nostro intervento, come medici, deve partire inizialmente da un discorso di prevenzione basato sulla rieducazione comportamentale della paziente; quindi, per quanto possibile, intervenire con mezzi restitutivi utili a riportare al suo normale stato fisiologico la nostra cute; ed infine, quando i primi due punti non sono più sufficienti, passare ad interventi di correzione che, pur migliorando l’armonia estetica del volto, spesso inducono un danno biologico nei tessuti. Tutto questo deve sempre essere effettuato secondo i principi della scienza medica: scienza basata sul canone del mantenimento della salute del paziente e sul detto del “primum non nocere”. Dobbiamo, perciò, ricordare che la cute è un organo: l’organo più grande del nostro corpo. E che è caratterizzato da numerose funzioni biologiche che non dobbiamo alterare con la nostra operatività ma, se mai, migliorare. La cute svolge una funzione di protezione contro le aggressioni chimiche, fisiche e meccaniche al nostro corpo. In particolare la cheratina dell’epidermide blocca il danno degli agenti chimici; la struttura del derma, glicosaminglicani e fibre elastiche, attenua il possibile danno meccanico; la melanina prodotta dai melanociti blocca il danno dei raggi ultravioletti del sole. La cute svolge una funzione sintetica producendo: la cheratina dell’epidermide, la melanina dei melanosomi, la vitamina D nel derma ed il natural mostourizing factor, fondamentale per regolare la perdita di acqua attraverso la cute. La cute svolge un’importante azione di tipo immunitario. Le cellule di Langerhans fagocitano gli antígeni (immunità epidermica) e attivano i linfociti T (immunità aspecifica). La cute partecipa al mantenimento dell’omeostasi dell’organismo regolando la traspirazione dell’acqua, la temperatura interna e la osmolarità. Infine, la cute permette l’eliminazione di prodotti tossici attraverso la secrezione sudoripara. Aggiorniamo le nostra conoscenza sulla cute. Lo strato più esterno è rappresentato dall’epidermide. In questa sono presenti i corneociti, i melanociti e le cellule di Langherns di cui abbiamo parlatoIstologicamente si riconoscono più strati epidermici: dal basso, lo starto basale o germinativo, lo strato spinoso caratterizzato dall’unione delle cellule mediante i desmosomi, lo strato granuloso caratterizzato dai melanosomi e dai corpi di Odland e lo strato corneo. La cellula epidermica di differenzia progressivamente passando dallo strato più basso al più alto. Il processo di differenziazione della cellula epidermica è molto complesso ed è regolato da una serie di informazioni che sono fornite sia dall'esterno sia da complessi sistemi enzimatici intracellulari che funzionano da secondi messaggeri. Tra gli informatori esterni vanno ricordati i mediatori alfa- e beta- adrenergici (che agiscono stimolando l'attività dell'adenilciclasi) ed i mediatori colinergici (che agiscono stimolando l'attività guanilciclasica con formazione di c-GMP). Altri fattori che regolano la differenziazione cheratinocitaria sono l'Epidermal Growth Factor (EGF) e gli estrogeni. Tra i fattori intrinseci di regolazione hanno significato i caloni, sostanze ad attività simil-ormonale. I caloni epidermici sarebbero prodotti dai cheratinociti in fase avanzata di proliferazione ed avrebbero la funzione di inibire le mitosi cellulari delle cellule dello strato basale. In questo modo si ha la regolazione dello spessore dell’epidermide. La stimolazione dell’EGF incrementa le mitosi dello strato germinativo; quando lo spessore raggiunge il suo stato ottimale, anche la concentrazione dei caloni prodotti dai cheratinociti raggiunge il livello necessario a bloccare le mitosi dello strato basale. Quando l’esfoliazione corneocitaria riduce il numero dei corneociti, anche la concentrazione dei caloni si abbassa e lo stimolo dell’EGF riattiva le mitosi. La corretta funzione di questa bilancia regola il giusto spessore epidermico. Concludendo questo ricordo sulle funzioni epidermiche e riportandolo ai nostri interventi estetici, dobbiamo ricordare due punti: i mediatori colinergici ed i caloni. Questo perché il trattamento con tossina botulinica ad azione anticolinergica riduce l’effetto di questo mediatore alterando le funzioni cutanee ed il trattameno peeling esfoliando e diminuendo lo strato corneocitario determina una riduzione dei caloni con incremento dello stimolo mitotico ed ipertrofia epidermica. Da ciò l’uso della tossina botulinica e dei peeling, utili all’estetica della nostra paziente, richiedono un’attenzione nella quantità e nella frequenza del trattamento. Sotto l’epidermide abbiamo il derma. Il derma è formato principalmente da cellule e fibre collageno ed elastiche immerse in una matrice colloidale. Le cellule sono rappresentate principalmente da fibroblasti. Un corretto stato biologico del derma prevede: • Mantenere lo stato colloidale della matrice • Attivare il metabolismo del fibroblasto • Stimolare la neoformazione di fibre collagene ed elastiche La matrice colloidale è formata dalla sostanza fondamentale (glicosaminoglicani e proteoglicani) e da proteine fibrose quali il collageno e l'elastina. Il collageno, l'elastina ed i glicosaminoglicani (GAG) sono prodotti dai fibroblasti e dai condrociti. Lo stato fisico della matrice dermica è importante perché, a seconda della sua consistenza, gli scambi metabolici sono facilitati od inibiti. Lo stato di sol della soluzione colloidale che compone la matrice consente più facilmente gli scambi metabolici, mentre lo stato di gel, più solido, li impedisce. Ricordiamo che in chimica-fisica distinguiamo le soluzioni, dalle sospensioni e dalle soluzioni colloidali. Le prime, le soluzioni, sono caratterizzate da un solvente capace di disperdere il soluto tra i propri spazi molecolari. In particolare lo spazio contenuto tra le varie molecole dell’acqua può essere occupato dalle particelle di soluto. Occupati tutti gli spazi intermolecolari la soluzione di viene satura e l’ulteriore aggiunta di soluto determinala comparsa di un corpo di fondo. Le sospensioni sono caratterizzate da un soluto le cui molecole, per dimensione o per peso, non riescono ad occupare gli spazi intermolecolari dell’acqua e precipitano sul fondo. Le soluzioni colloidali sono caratterizzate da molecole di soluto di grandi dimensioni, quindi incapaci di entrare negli spazi intermolecolari dell’acqua, ma dotate di carica elettrica uguale. Le prime molecole si depositano sul fondo ma impediscono alle altre di depositarsi perché la repulsione della carica elettrica dello stesso segno le mantiene in sospensione. La successiva aggiunta di soluto porta alla formazione di una soluzione ad alta viscosità, formata da una fase disperdente, l’acqua, e da una fase dispersa, le molecole, detta soluzione colloidale. Se saturiamo le cariche elettriche delle molecole colloidali con cariche di segno opposto, cessa la forza di repulsione e le varie molecole colloidali si compattano trasformando la soluzione colloidale (sol) in un gel colloidale (gel). Nel derma lo stato di sol è mantenuto dalla carica negativa presente sulla superficie delle macromolecole di GAG che lo costituiscono. Questa carica elettrica negativa deriva dalla dissociazione di queste macromolecole nell’ambiente leggermente alcalino che caratterizza il derma (pH: 7,4). Detto valore di pH è mantenuto costante dal sistema tampone dei bicarbonato. Il normale metabolismo cellulare porta alla produzione di anidride carbonica. Questa, in soluzione acquosa, forma acido carbonico che dissociandosi libera ioni idrogeno che acidificano la soluzione. Gli ioni idrogeno, positivi, neutralizzano le cariche elettriche negative dei GAG e determinano gelificazione del derma con riduzione degli scambi metabolici. Anche i processi infiammatori acidificano la matrice dermica con conseguente danno biologico. E’ quindi importante che i nostri interventi estetici non inducano acidificazione del derma (infiammazione) ne riduzione dei sistemi tampone bicarbonato. Il fibroblasto è la cellula del derma capace di produrre tutti i componenti di questo: GAG, collageni ed elastina. La capacità produttiva del fibroblasto è diversa in funzione sia dell’età della cellula, sia dei diversi recettori stimolati, sia dell’ambiente fisicochimico che lo circonda. In particolare dobbiamo fare una distinzione riguardo i tipi di collagene che vengono prodotti. Questo perché in numerosi interventi estetici si parla di neocollagenogenesi senza indicare il tipo di collagene che viene prodotto e se a questa neoproduzione corrisponde un ringiovanimento biologico reale della cute. Dobbiamo ricordare che nella pelle giovane il rapporto collageno tipo III/tipo I è molto più elevato che nei soggetti adulti e che questo rapporto tende a ridursi con l'età. Il fibroblasto produce un collagene immaturo, il tropocollagene, che si assembla in modo diverso utilizzando le porzioni carbossiterminali (collagene di tipo I°) od aminoterminali (collagene di tipo III°). Il collagene di tipo III° è detto reticolare e, caratteristico dei tessuti giovani, mantiene il turgore del derma. Il collagene di tipo I° è detto fibrotico e, caratteristico dei tessuti anziani e del tessuto cicatriziale, indurisce il derma. Studi recenti ci indicano la capacità del fibroblasto di essere attivato verso la produzione di un tipo o l’altro di collagene ed in particolare che possiamo distinguere i fibroblasti in due sottopopolazioni, NF (natural fibroblast) e FF (fibrotic fibroblast), questa ultima è caratteristica dei tessuti infiammati. I NF producono principalmente collagene reticolare, mentre i FF producono principalmente collagene fibrotico. Considerando che il collagene fibrotico è un indice d’invecchiamento dei tessuti cutanei, è importante che la neocollagenogenesi indotta da un nostro trattamento estetico non ne stimoli la formazione, perché anche se l’aspetto estetico della cute può migliorare le funzioni biologiche subiscono un danno. Utilizzeremo perciò trattamenti di neocollagenogenesi di tipo reticolare per migliorare la cute delle pazienti giovani, mentre potremo utilizzare trattamenti di neocollagenogenesi di tipo fibrotico nelle pazienti anziane, consapevoli di dare un miglioramento estetico anche se a scapito della fisiologia cutanea. E’ ora importante approfondire questo concetto di neocollagenogenesi analizzando il processo della rigenerazione e quello della riparazione. La rigenerazione è un processo fisiologico alla base della continua ricostruzione di alcuni tessuti, quali quello cutaneo. Per mantenere funzionali tessuti ed apparati il nostro organismo attua una continua rigenerazione basata su una dissoluzione del tessuto preesistente e sulla ricostruzione dello stesso. Nella cute abbiamo dei particolari enzimi detti metalloproteinasi capaci di solubilizzare mediante processi di idrolisi le macromolecole che compongono il derma. Le metalloproteinasi si distinguono con dei numeri progressivi indici della diversa molecola sulla quale effettuano la loro azione: MMP1 collagenasi, MMP3 stromelinasi, MMP9 gelatinasi, etc. Le metalloproteinasi sono presenti nel derma in forma inattiva con il sito attivo bloccato da un residuo di cistina; l’idrolisi di questo aminoacido libera il sito contenente zinco e permette l’azione dell’enzima. Come nella maggior parte dei sistemi biologici anche la dissoluzione della matrice è regolata da attivatori ed inibitori delle MMP. Il giusto equilibrio tra i due apparati consente il mantenimento di una matrice dermica sana e funzionale. La ricostruzione dei tessuti usurati avviene per stimolo della sintesi proteica fibroblastica attivata genericamente dal Growth Hormon nella fase non-REM del sonno. Particolari recettori sulla parete cellulare del fibroblasto sono attivati o dai fattori di crescita o dai componenti lisati del derma ed inducono la sinterizzazione di nuove molecole. I recettori della tirosin-kinasi, che vengono attivati dai fattori di crescita (fibroblast growth factor), ed i CD 44 (claster of differentiation), che vengono attivati dai frammenti di acido jaluronico lisato, determinano l’idrolisi dei polifosfoinositoli di membrana con liberazione dell’1-3 difosfoinositolo; questo raggiunge il reticolo endoplasmatico liscio dove, legandosi ad un recettore specifico, induce l’ingresso di ioni calcio; gli ioni calcio attivano la proteinKinasi C con stimolo dei geni ad induzione precoce Jun e Fos e successivo avvio della sintesi proteica. Si ha così la neoformazione dei componenti della matrice dermica ed in particolare di glicosaminglicani, di collagene reticolare ( tipo III°) e di elastina. La riparazione è un processo biologico utile a compensare la perdita di parte di un tessuto conseguente ad un danno. Questa perdita è bilanciata con la neoformazione di un tessuto connettivale detto tessuto cicatriziale. Questo tessuto è riccamente rappresentato da collagene di tipo I°. La cellula deputata alla formazione del tessuto cicatriziale è sempre il fibroblasto. Ovviamente dobbiamo, in questo caso, avere degli stimoli diversi dai precedenti per indurre la costruzione di questo nuovo tessuto e non dei tessuti originari. Se prima erano i frammenti liberati dall’idrolisi dei normali componenti del derma ad attivare la rigenerazione della cute, ora sono i componenti endocellulari, liberati dal danno biologico e i mediatori dell’infiammazione, conseguenti al danno biologico, ad indurre l’attivazione del processo riparativo. In particolare abbiamo l’attivazione dei CD 39 da parte dei frammenti di acido nucleico liberati dal nucleo della cellula danneggiata e l’attivazione dei CD 40 da parte dei mediatori dell’infiammazione (interleuchina 4) a stimolare la formazione di tessuto fibrotico ricco in collagene di I° tipo. Da quanto esposto ci sembra importante una puntualizzazione: è sufficiente parlare genericamente di attivazione fibroblastica o dobbiamo precisare quali recettori attiviamo? E’ fondamentale rispondere a questo secondo quesito perché la risposta alla stimolazione di recettori diversi può indurre miglioramento biologico o miglioramento estetico. Miglioramento biologico utile in ogni tipo di cute; miglioramento estetico utile solo nelle cuti vecchie. Quindi se parliamo di biostimolazione fibroblastica da effettuare su una paziente giovane, dobbiamo essere certi che i recettori stimolati siano solo i CD 44. Mentre nella stimolazione fibroblastica di una cute anziana, anche lo stimolo dei CD 39 e dei CD 40, pur inducendo un danno biologico, può essere accettato per il suo miglioramento estetico. Da ciò, per stimolare i CD 44 dobbiamo ricordare che: • Le proteine derivate del danno della matrice extracellulare, stimolano la sintesi dei componenti di questa. • Il CD-44, recettore cellulare di attivazione della sintesi di acido jaluronico, presenta la massima attività in presenza di complessi di 20-38 monomeri. Mentre: • I nucleotidi (PDRN) extracellulari stimolano i recettori purinergici di tipo 2 • L’adenosina (base purinica) regola l’infiammazione e la riparazione dei tessuti • I recettori adenosinici giocano un ruolo attivo nella patogenesi della fibrosi dermica • I nucleotidi extracellualari sono stati implicati come mediatori infiammatori in molte situazioni patologiche • La stimolazione dei recettori Purinergici 2 dei CD 39 è associata con una risposta infiammatoria cronica • Stimoli flogogeni selezionano delle sottopopolazioni di fibroblasti con un ruolo importante nella formazione della fibrosi • L’interleuchina IL-4 si lega al CD 40 dei fibroblasti con effetto profibrotico e riduzione dell’effetto antifibrotico dell’IFN-gamma Lo stimolo dei CD 44 determina un miglioramento biologico che si evidenzia anche con un miglioramento estetico, mentre lo stimolo dei CD 39 e dei CD 40 determina un miglioramento solo estetico conseguente ad una fibrosi del derma e quindi ad un danno biologico. E allora come possiamo inserirci in una processo di biostimolazione cutanea mantenendo le nostre conoscenze mediche? Le proposte, anche mediche, attuali nel campo della biostimolazione ci parlano dell’uso di: • Vitamine • Acido jaluronico • Frazioni di DNA • Acido polilattico • Silicio organico • Radiofrequenza • Energia laser E’ importante, prima d’iniziare uno qualsiasi di questi trattamenti, di preoccuparci dei reali effetti biologici di ciascuno di questi. Liberandoci, come medici, dal semplice business economico e scegliendo la scienza e coscienza. L’esempio massimo del business economico l’abbiamo con il caso Chams, un medico, che offre trattamenti basati in iniezioni quale alternativa al 'lifting‘ e che si è trasformato nel favorito dell'aristocrazia ed i vips. Per le sue mani, affermano i giornali, passano regine, prime donne, aristocratici e famosi di tutto il mondo. Questi, nei suoi studi a Madrid, Parigi, Londra, Milano e Marbella, per le sue biostimolazioni, pagano 1.500 euro. Chams afferma «Cuando uno rejuvenece a una reina, las demás terminan viniendo a mi consulta», dimostrando che oggi vale più un articolo giusto su una rivista di grande tiratura rispetto alla deontologia professionale. Ma noi, come abbiamo premesso all’inizio, preferiamo la conoscenza e la scienza. Iniziamo, per questo ad approfondire il concetto di biostimolazione. Questo oggi è divenuto uno dei trattamenti di medicina estetica più richiesti e proposti. Vari sono i nomi utilizzati per definirlo: • Biostimolazione • Bioristrutturazione • Biorigenerazione • Biorivitalizzazione Noi preferiamo l’uso del termine biostimolazione per indicare un’attivazione delle funzioni biologiche della cute al fine di ottimizzare la fisiologia di questa con una conseguente miglioramento estetico, anche se su internet il dott. Umberto Di Grazia ci diffida ad utilizzare questo termine, da lui registrato. E l’uso del termine bioristrutturazione per indicare un’alterazione dei normali componenti cutanei con danno della fisiologia della cute anche se con un miglioramento estetico di questa. La biostimolazione la proponiamo, quindi, per una cute giovane per migliorare la fisiologia e l’estetica di questa, mentre la bioristrutturazione la proponiamo per una cute anziana solo con il fine del miglioramento estetico. Dopo questa premessa vediamo come effettuare una giusta biostimolazione. Le funzioni cutanee vengono attivate attraverso un miglioramento funzionale delle cellule epidermiche e dermiche che porta ad una normalizzazione dello stato della cute. Questo prevede un regolare ricambio epidermico e l’ottimizzazione chimicofisica della matrice. Il regolare ricambio epidermico nasce da una normalizzazione della funzione dell’EGF e dei caloni. L’ottimizzazione chimico-fisica della matrice richiede la neoformazione dei componenti strutturali di questa e la fluidità del suo stato colloidale. La neoformazione dei componenti strutturali della matrice richiede la fisiologica stimolazione del fibroblasto in senso rigenerativo e non riparativo. La rigenerazione dermica viene attivata tramite i fattori di crescita o i frammenti dei normali componenti della matrice. Questi agiscono sui CD 44 attivando la sintesi proteica in senso rigenerativo e migliorando la neoformazione di collagene reticolare, di acido jaluronico e di elastina. La normalizzazione dello stato colloidale della matrice richiede il mantenimento di un ph fisiologico (7,4). Questo consente di evitare la trasformazione della soluzione matriciale dallo stato di sol a quello di gel e mantenere liberi gli scambi metabolici. La tecnica di biostimolazione più fisiologica è oggi rappresentata dal trattamento con fattori di crescita derivati dal plasma ricco in piastrine, questa consente di attivare il fibroblasto attraverso l’uso di fattori di crescita omologhi ed inducendo la normale ricostruzione dei componenti dermici alterati. La tecnica, messa a punto in Spagna dal Prof. Victor Garcia e verificata istologicamente nei suoi risultati è oggi particolarmente diffusa nella nazione d’origine e si sta affermando in Europa e Sud America. Nasce dall’uso clinico del plasma ricco in piastrine e dei fattori di crescita cellulare a queste annessi. Una vasta bibliografia ne conferma l’utilità in oculistica, odontoiatria, neurologia, ortopedia e nelle branche estetiche. L’unico neo è rappresentato dall’assenza di una legislazione atta a regolare questo particolare tipo di trapianto. La Unione Europea sta preparando una legge sul prelevamento, la conservazione e l’uso di qualsiasi tipo di cellula umana, vista la diffusione di questo nuovo tipo di terapia. Nel frattempo rimane responsabilità del medico questo uso off label delle piastrine attivate. I fattori di crescita sono dei piccoli frammenti proteici, appartenenti al gruppo delle citochine, capaci di legarsi ai recettori di membrana per attivare od inibire le funzioni cellulari. Possono essere prodotti da numerose cellule e tessuti: piastrine, fibroblasti, osteoblasti, cellule epidermiche, fegato, rene, ghiandole lacrimali, etc Il legame ai recettori della tirosin-chinasi sulla membrana cellulare induce l’idrolisi dei polifosfoinositoli di membrana con liberazione dell’1-3 difosfoinositolo; questo raggiunge il reticolo endoplasmatico liscio dove, legandosi ad un recettore specifico, induce l’ingresso di ioni calcio; gli ioni calcio attivano la proteinKinasi C con stimolo dei geni ad induzione precoce Jun e Fos e successivo avvio della sintesi proteica. Tra i numerosi fattori di crescita liberati dalle nostre cellule è stato scelto il PDGF sia per la facilità del suo reperimento sia per la sua specifica attività di proliferazione dei fibroblasti e sintesi della matrice dermica. Le piastrine liberano anche altri fattori (TGF, EGF, VEGF, IGF), estrusi dai granuli alfa dopo attivazione. Biologicamente l’attivazione piastrinica si ha per contatto di queste cellule con il connettivo extravasale dopo una lesione; chimicamente otteniamo questo effetto con del cloruro di calcio. Le piastrine, inoltre, trasportano anche proteine utili nella riparazione e rigenerazione tessutale, sia derivate dalla loro cellula precursore (megacariocito) sia catturate per endocitosi dal plasma. L’uso del PRP (plasma ricco in piastrine) in clinica era stato sempre diretto al miglioramento del processo riparativo. Il merito del Prof. Garcia e degli studi dell’Università di Barcellona è stato quello di verificare i risultati di questo uso anche nel processo rigenerativo. Gli studi istologici hanno dimostrato che l’introduzione nel derma di PRP induce, per un periodo di nove mesi, la neoformazione di collagene reticolare (III° tipo) giustificando l’affermazione di un ringiovanimento biologico della cute della paziente trattata. Il trattamento, la cui tecnica verrà esposta in seguito, viene effettuato sul viso, collo, decolleté e mani in tre sedute base (la prima, dopo tre mesi e dopo sei mesi). Fondamentale è ricordare che l’effetto biologico è rapportato alla concentrazione delle piastrine e quindi il plasma, prima della somministrazione, deve essere arricchito. Un recente allargamento dell’uso del PRP è quello abbinato al, così detto, Supporto tissutale biologico. Questa tecnica utilizza il plasma, che rimane dopo il prelievo del PRP, denaturato per riscaldamento a temperature superiori ai 37°C con coagulazione delle proteine. Questo coagulo viene inserito come un filler nelle zone caratterizzate da rughe, non per indurre una correzione diretta ma per creare una rete proteica di mobilizzazione fibroblastica e facilitare la ricostruzione dermica nelle zone con inestetismo. Ancora più interessante ci sembra, però, una ulteriore evoluzione, il STBA-Fill. Questo prevede l’aggiunta al PRP di Biomateriali al fine di stimolare non solo un processo rigenerativo ma anche un processo riparativo. I biomateriali sono molto utilizzati in odontoiatria, sterili e medical device, possono essere iniettati con lo scopo di stimolare la ricrescita ossea. Tra questi, alcuni sono già certificati per essere utilizzati in abbinamento con il PRP. La polvere di Tricalciofosfato di 50 micron viene omogeneizzata in sospensione con il PRP ed iniettata sull’osso malare e/o zigomatico per aumentarne il volume. Studi recenti stanno verificando la possibilità dell’uso di questa sospensione anche nella bioristrutturazione dermica. L’altra tecnica certificata che si accompagna all’uso del PRP è la Biostimolazione effettuata con il prodotto SKIN-B®. Questo, un medical device di III° livello certificato CE dall’Istituto Superiore di Sanità Italiano, contiene: • Frammenti di acido jaluronico di 20-38 monomeri per attivare i CD 44 del fibroblasto; • Aminoacidi precursori dei componenti della matrice; • Tampone bicarbonato per mantenere lo stato di sol della matrice. La Biostimolazione con SKIN-B® viene effettuata negli intervalli tra i trattamenti con PRP. Questi due trattamenti rappresentano la base per il ringiovanimento biologico della cute delle nostre pazienti. Passiamo ora alla elencazione degli altri prodotti evidenziandone i meccanismi d’azione ed inquadrandoli nella loro funzione biologica ed estetica. L’acido jaluronico macromolecolare. L’acido jaluronico è un polimero costituito dalla ripetizione di monomeri formati dall’unione dell’acido glicuronico con l’acetil-glucosamina. Questa unione è permessa dal legame dell’acido glicuronico con l’uridin-triposfato. Non possiamo parlare di effetto biostimolante per l’acido jaluronico macromolecolare perché, come ci dice la letteratura scientifica: • La presenza di acido jaluronico non ha effetto sulla produzione di acido jaluronico endogeno • 0,5-1 micromoli di acido jaluronico inducono una riduzione della sintesi proteica • Alte concentrazioni di acido jaluronico limitano la formazione di matrice extracellulare • 1mg/ml di acido jaluronico aumenta l'espressione delle metalloproteinasi (MMP) ed attiva quelle che sono latenti nella matrice extracellulare (MMPs) Possiamo solo parlare di effetto antiossidante ed idratante dell’acido jaluronico macromolecolare. Infatti la letteratura ci dice: • Recent reports described antioxidant properties of glycosaminoglycans (GAGs). Since several findings have shown that hyaluronic acid (HYA) and chondroitin4-sulphate (C4S) may act as antioxidant molecules • Since hyaluronic acid and chondroitin-4-sulfate possess antioxidant properties • Hyaluronan has been assigned various physiological functions in the intercellular matrix, e.g., in water and plasma protein homeostasis Non possiamo quindi accettare le affermazioni delle ditte che producono acido jaluronico macromolecolare riguardo la stimolazione dei fibroblasti e la neocollagenogenesi ma solo le azioni di idratazione passiva e di effetto antiossidante. Una nuova interessante indicazione per l’acido jaluronico macromolecolare ed in particolare delle nuove forme tridimensionali è la ricostituzione della matrice. Gli acidi jaluronici di ultima generazione presentano dei legami intercatenari che li rendono più volumetrici, ma soprattutto più resistenti all’azione delle jaluronidasiSu questa base proponiamo l’introduzione di microgocce di acido jaluronico nelle cuti disidratate ed invecchiate e con notevole diminuzione del volume dermico, per riportare la volumetria cutanea alle condizioni iniziali. Possiamo, in ogni caso, parlare per l’acido jaluronico macromolecolare di ringiovanimento sia biologico che estetico. I frammenti di acido nucleico (PDRN) L’acido nucleico è un componente intracellulare contenuto prevalentemente nel nucleo, ma presente anche nel citoplasma, nei mitocondri e nel reticolo endoplasmatico rugoso. Quindi il contatto di questo materiale con la superficie del fibroblasto prevede la rottura cellulare dovuta ad un danno biologico. Nel derma, il fibroblasto, riceve l’informazione di un danno biologico o dai materiali endocellulari prodotti dal danno o dai mediatori dell’infiammazione che consegue al danno stesso. Il legame di frammenti di acido nucleico ai CD 39, attiva il processo riparativo con formazione di tessuto cicatriziale. Siamo anche in accordo con i lavori scientifici con il PDRN che ci parlano di incremento dell’attività fibroblastica del 30% con un aumento di collagene e di fibronectina e riempimento dermico. Ma non possiamo accettare il termine di riempimento autologo fisiologico perché la neocollagenogenesi è relativa alla formazione di collagene fibrotico e quindi caratteristico di un tessuto cicatriziale riparativo. Ricordiamo ulteriormente la letteratura che afferma: • I nucleotidi (PDRN) extracellulari stimolano i recettori purinergici di tipo 2 • L’adenosina (base purinica) regola l’infiammazione e la riparazione dei tessuti • I recettori adenosinici giocano un ruolo attivo nella patogenesi della fibrosi dermica • I nucleotidi extracellualari sono stati implicati come mediatori infiammatori in molte situazioni patologiche • La stimolazione dei recettori Purinergici 2 dei CD 39 è associata con una risposta infiammatoria cronica • Stimoli flogogeni selezionano delle sottopopolazioni di fibroblasti con un ruolo importante nella formazione della fibrosi • L’interleuchina IL-4 si lega al CD 40 dei fibroblasti con effetto profibrotico e riduzione dell’effetto antifibrotico dell’IFN-gamma Questa volta non possiamo parlare di ringiovanimento biologico, ma solo estetico e, perciò, indirizzare questa tecnica solo in pazienti anziane. La Radiofrequenza nell’invecchiamento cutaneo. Il più conosciuto e pubblicizzato strumento a radiofrequenza per l’invecchiamento cutaneo viene presentato così:” Thermage is a safe, clinically proven way to tighten and contour skin, with improvements in tone, contour, and texture occurring naturally through the stimulation of your own collagen.” Anche in questo caso si parla di neocollagenogenesi senza indicare il tipo di collagene. Approfondiamo il concetto di radiofrequenza. Questa permette la trasformazione di un'energia fredda di alta frequenza relativa in calore, con aumento della temperatura interna per effetto Joule. Ogni cellula del tessuto trattato assorbe parte di questa energia, grazie al suo grado di resistività, e la trasforma in calore. Sembra importante ricordare che la legge fisica alla base degli effetti della radiofrequenza è data dalla modificazione del campo elettrico della zona trattata, con un cambio della carica elettrica e della resistenza, e al movimento degli ioni e delle molecole, che determina calore secondo la formula: J = I x R xT dove J= energia, I= corrente, R= impedenza del tessuto,T= tempo Generalmente il calore prodotto si sviluppa tra 3 e i 9 mm di profondità, a seconda delle punte utilizzate, e determina un riscaldamento fino a 55-65 gradi centigradi in modo omogeneo, senza diffusione termica alle zone circostanti. L’effetto biologico del calore prodotto dalla radiofrequenza è una denaturazione delle fibre collagene (dal 5 al 30 % delle fibre totali) con conseguente contrazione immediata delle fibre stesse e con effetto progressivo nei successivi 4-6 mesi. Dobbiamo ricordare che la struttura delle proteine è caratterizzata da quattro classi: primaria, secondaria, terziaria e quaternaria. La primaria, formata da legami covalenti, forti, unisce i vari aminoacidi fra loro; le altre, formate da legami deboli, consentono la tridimensionalità della proteina e la loro funzione (struttura, enzima, anticorpo, etc.). I legami deboli si rompono facilmente con il solo aumento della energia cinetica molecolare (calore) i legami covalenti richiedono invece un processo enzimatico di idrolisi. Questo ci fa comprendere che l’aumento del calore oltre il valore fisiologico di 37° C denatura le proteine e fa perdere loro la funzione biologica. Se il danno si protrae si ha danno biologico e risposta riparativa. Gli effetti delle correnti di RF sono in relazione con la loro frequenza e potenza. Al di sopra dei 1,5 - 2 MHz si ha un’elevata frizione molecolare che provoca una intensità di calore tale da indurre distruzione dei tessuti. Frequenze inferiori ai 0.3 MHz producono stimolazioni indesiderabili nel sistema nervoso. La letteratura ufficiale conferma: • Radiofrequency causes movement of charged particles within the tissue, and the resultant molecular motion generates heat. The heat in turn causes collagen shrinkage and new collagen deposition. • Gli agenti fisici (meccaniche, termiche, elettriche, radianti ecc.) determinano sul materiale biologico un processo infiammatorio di varia entità, con danno dello stesso. • Stimoli flogogeni selezionano delle sottopopolazioni di fibroblasti con un ruolo importante nella formazione della fibrosi. • L’interleuchina IL-4 si lega al CD 40 dei fibroblasti con effetto profibrotico e riduzione dell’effetto antifibrotico dell’IFN-gamma Quindi, pur considerando utile la radiofrequenza nel trattamento dell’invecchiamento cutaneo, dobbiamo utilizzare questa tecnica solo su cuti anziane perché l’effetto biologico è dannoso e quindi il risultato è unicamente estetico. Diverso è l’uso della temperatura per ottimizzare le reazioni biologiche. Il valore ottimale per lo svolgersi delle reazioni enzimatiche è di 37° C. A questa temperatura l’energia cinetica molecolare è massimale, facilitando la reazione con altre molecole. Temperature superiori riducono le reazioni biologiche perché gli enzimi, delle proteine, vengono denaturati e perdono la loro funzione. Oggi particolari maschere termiche permettono di ottimizzare la temperatura della cute e vengono proposte dopo il trattamento di biostimolazione. Un discorso simile a quanto detto per la radiofrequenza vale per il trattamento laser dell’invecchiamento cutaneo. La laserterpia per il ringiovanimento cutaneo ablativo, si avvale di una vaporizzazione controllata di sottili strati della cute. La luce emessa dai laser è così intensa che in un tempo brevissimo (90 microsecondi) vaporizza e coagula uno spessore di pelle compreso tra 40 e 60 micron (millesimi di millimetro). Il resurfacing con il laser produrrà risultati molto apprezzabili e la superficie cutanea rinascerà più ricca di collagene fibrotico e conseguentemente più compatta. Una fonte energetica attiva le molecole di un gas presente all’interno di un tubo determinando un’eccitazione atonica ed il successivo rilascio di energia che colpendo la cute determina un danno coagulativo o necrotico, a seconda dell’intensità. Alla denaturazione proteica o alla coagulazione consegue un processo riparativo che si evidenzia con deposito di tessuto cicatriziale contenete collagene di I° tipo. La letteratura ci conferma: • A 1440-nm inducing nonablative neocollagenesis in the remodeling of scars and rhytids. Histologic evidence confirms the microcolumnar nature of collagen heating using this microarray. • Gli agenti fisici (meccaniche, termiche, elettriche, radianti ecc.) determinano sul materiale biologico un processo infiammatorio di varia entità, con danno dello stesso. • Stimoli flogogeni selezionano delle sottopopolazioni di fibroblasti con un ruolo importante nella formazione della fibrosi. • L’interleuchina IL-4 si lega al CD 40 dei fibroblasti con effetto profibrotico e riduzione dell’effetto antifibrotico dell’IFN-gamma Quanto esposto ci consente di affermare che il laser resurfacing riconosce un utilizzo nel miglioramento estetico della cute delle pazienti, pur dando un danno biologico, Il suo utilizzo va quindi riservato alle pazienti anziane. La fotostimolazione. Recentemente la luce ed in particolare la Fotostimolazione è stata approvata dalla FDA americana per il trattamento delle rughe. Il principio si basa sul fatto che i LED rilasciano fotoni con un basso potere d’incidenza, in grado tuttavia di dare effetti positivi sulle cellule sia a livello morfologico che molecolare. La luce viene assorbita dai citocromi mitocondriali, in particolare dalla citocromo-ossidasi delle membrane mitocondriali, con un conseguente aumento dell’attività metabolica delle cellule bersaglio e una maggiore disponibilità di energia. Nei processi di fotoringiovanimento la fotomodulazione tramite LED si basa su un trattamento di luce quasi-monocromatica senza un effetto termico allo scopo di regolare l’attività cellulare dei fibroblasti. Studi recenti dimostrano come la luce visibile gialla e rossa ( 590- 630 nm ) abbia un effetto significativo nell’accelerare i processi di guarigione delle ferite e come sia efficace nel controllare i processi infiammatori mediante un controllo dei linfociti T cutanei. Lo scopo principale è quello di indurre la formazione di nuovo collagene e di nuova matrice extracellulare con una conseguente riduzione della profondità delle rughe. I tempi di applicazione per seduta sono compresi in un range ampio da pochi secondi (36-60) per la luce gialla, a 15-20 minuti per la luce rossa. Il numero delle sedute varia da 1 a 2 alla settimana per un totale di 8-10 trattamenti. Quanto esposto non risulta ancora confermato dalla letteratura ufficiale. Questa infatti afferma: • Given the recent interest in light-emitting diode (LED) photomodulation and minimally invasive nonablative laser therapies … the literature does not appear to support widespread use of LLLT in wound healing at this time Acido polilattico Recentemente, questo filler è stato proposto non solo come riempitivo ma come stimolo biologico al ringiovanimento cutaneo. Infatti leggiamo: • L’acido polilattico e' diverso dagli altri fillers. Detta in parole molto semplici, la sua azione si basa non sul riempimento del difetto cutaneo, ma sull’aumento di volume del derma dovuto alla proliferazione di neocollagene, indotta dallo stimolo sui fibroblasti provocato dal polilattico stesso. Questa è un’affermazione corretta perché un filler permanente induce una risposta fibrotico da corpo estraneo, come afferma la letteratura: • Polylactic acid microspheres (New-Fill) induced a mild inflammatory response. Host defense mechanisms react differently to the various filler materials • Gli agenti chimici determinano sul materiale biologico un processo infiammatorio di varia entità, con danno dello stesso. • Stimoli flogogeni selezionano delle sottopopolazioni di fibroblasti con un ruolo importante nella formazione della fibrosi. • L’interleuchina IL-4 si lega al CD 40 dei fibroblasti con effetto profibrotico e riduzione dell’effetto antifibrotico dell’IFN-gamma Quindi la neocollagenogenesi è reale ma costituita da collagene fibrotico di tipo I° e quindi non induce un ringiovanimento biologico ma solo un ringiovanimento estetico. E’ importante inoltre ricordare che la capsula fibrotico che si forma attorno ad un filler permanente può presentare delle dimensioni più o meno evidenti. Da ciò l’importanza di utilizzare questi prodotti nel derma profondo ed evitarne l’uso in zone di cute con scarso spessore (collo). I silanoli Recentemente è stato riproposto dalla Francia un vecchio prodotto costituito da silanoli (Monometiltrisilanolo ortohidroxibenzoato di sodio - salicilato di silanolo - a pH : 5,7). In questo prodotto Il silicio organico è legato all’acido salicilico con legami idrogeno, questo permette di mantenere il prodotto in soluzione evitando la policondensazione del monometiltrisilanolo. Questi legami si rompono una volta che la sostanza è stata inserita nel derma. (prima cautela con i pazienti allergici all’acido salicilico!) Il prodotto viene proposto per il trattamento delle rughe, delle cicatrici, delle smagliature e della cellulite proponendo l’effetto biologico che il silicio svolge nella cute: • Ponti di silicio tra i glucosaminoglicani e le glucoproteine formano lo scheletro della matrice intercellulare • Negli individui giovani, la pelle è il tessuto che, insieme alle arterie e al timo, contiene più silicio organico. Questi tassi decrescono progressivamente con l'età. Questa affermazione è vera ma riguarda il silicio introdotto con la dieta, come afferma la letteratura ufficiale: • Il silicio è uno degli oligoelementi importanti per il regolare metabolismo di alcuni nostri tessuti ed in particolare per il tessuto osseo, cartilagineo e connettivale. Il silicio viene introdotto normalmente nel nostro organismo con la dieta ed assorbito a livello intestinale come acido ortosilicico. • Il suo ruolo principale è svolto nella sintesi di collagene di tipo I° e nell’attività dell’enzima prolina idrossilasi. • La sua carenza si evidenzia con un’alterazione della formazione del tessuto osseo e con una ridotta funzione epatica della ornitina transaminasi. • La supplementazione esogena di silicio nella dieta consente, attraverso la normalizzazione della concentrazione di acido ortosilicico, di regolare la formazione della matrice extracellulare ed il metabolismo del calcio. Ma la letteratura afferma anche: • Le forme idrossilate od ossidate del silicio (silanoli) vengono utilizzate nella tecnologia medica analitica (tecniche di separazione selettiva) per immobilizzare molecole idrofiliche ad alto peso molecolare come l’acido jaluronico e, legandole, dividerle da altri componenti. • Le particelle di silicio organico introdotte nell’organismo inducono una reazione infiammatoria ed una risposta di carattere fibrotico. Quindi non possiamo attribuire ad un silicio organico introdotto nel derma delle azioni svolte dal silicio introdotto con la dieta. Da ciò possiamo affermare che: • I silanoli si legano alle molecole idrofiliche del derma • I silanoli inducono una stimolazione irritativa a carattere infiammatorio che stimola una risposta connettivale con neoformazione di collagene di I°tipo • Il pH di 5,7 satura i legami negativi della soluzione colloidale della matrice con gelificazione e coagulazione di questa • L’acido salicilico regola il processo infiammatorio indotto dai silanoli evitando un danno eccessivo. L’uso dei silanoli deve essere consentito solo per il ringiovanimento estetico delle cuti anziane. Mesoterapia con blocco colinergico Recentemente si è iniziato a parlare dell’uso della tossina botulinica per via intradermica con il fine di migliorare l’estetica della cute. Questa tecnica, definita Mesobotox, ci arriva dal sud est asiatico e non è mai stato presentato un razionale scientifico a spiegazione di questo trattamento. La tossina botulinica inibisce la liberazione di acetilcolina nella terminazione nervosa della placca motoria. La tossina è costituita per due catene: la catena pesante determina la specificità per le terminazioni nervose colinergiche. La tossina penetra nella terminazione nervosa per endocitosi. All'interno del neurone, la tossina si dissocia nelle sue due catene: attivandosi. La catena leggera distrugge la proteina SNAP-25 impedendo la formazione del complesso proteico di membrana SNARE. Questo complesso è essenziale per la liberazione dell'acetilcolina, perché permette l'ancoraggio delle vescicole, che la contengono, alla membrana. Lo svuotamento della vescicola con il neurotrasmettitore nello spazio sinaptico richiede un complesso legame recettoriale. Sulla vescicola è presente un recettore detto VAMP o Sinaptobrevina; questo si lega ad un altro recettore presente sulla parete della cellula nervosa detto Sintaxina; questo legame è consentito da un’altra struttura proteica detta SNAP 25. Si forma così il complesso SNARE che consente la liberazione del neurotrasmettitore nello spazio intercellulare. Le varie tossine botuliniche agiscono su questi diversi recettori: • Sulla sinaptobrevina BTX-B, BTX-D, BTX-F, BTX-G • Sulla sintaxina BTX-C • Sullo SNAP 25 BTX-A, BTX-E La normalmente utilizzata è la BTX-A. La distruzione dello SNAP 25 impedisce la liberazione dell’acetilcolina determinando una paralisi flaccida del muscolo innervato. In pochi giorni, appaiono gli sprouts (germinazioni nervose), e dopo soli 28 giorni liberano già acetilcolina. Questa produzione è però insufficiente per una regolare contrazione. In 2-3 mesi, si apprezza una ripresa muscolare, per liberazione di una concentrazione efficace di acetilcolina. Nel frattempo la produzione di SNAP-25 continua e in 3-8 mesi la placca riprende la sua normale funzione, mentre gli sprouts spariscono. La tossina botulinica viene utilizzata in medicina estetica per ottenere il blocco della muscolatura mimica, responsabile della formazione delle rughe di espressività. Risultati estetici buoni e privi di effetti collaterali si ottengono trattando la porzione superiore del volto. Maggior attenzione, per i possibili risultati inestetici, deve essere fatta nella porzione inferiore del volto. Come abbiamo precedentemente detto, la grande diffusione di questo trattamento ha portato a sperimentarlo anche per l’uso intradermico con risultati clinici, a quanto affermavano gli utilizzatori, eccellenti nel miglioramento estetico della cute del volto. Spiegazioni più o meno fantasiose sono state riportate per motivare questo effetto sino ad arrivare a “ Ciò che il Mesobotox rilascia è il crampo cellulare che fissa contrattura dermica e relativa ruga anche a muscolo disteso” ??? Tutto questo ci ha fatto pensare per molto tempo ad un tentativo commerciale per trovare una nuova possibilità di fare denaro. Ma le affermazioni dei risultati fatte da colleghi degni di credibilità e l’insegnamento di questa tecnica fatto in numerosi corsi internazionali, ci hanno stimolato ad approfondire la parte scientifica di questa metodologia. Abbiamo iniziato subito con una perplessità. Tra gli informatori esterni del metabolismo epidermico, vanno ricordati i mediatori alfa- e beta- adrenergici (che agiscono stimolando l'attività dell'adenilciclasi) e i mediatori colinergici (che agiscono stimolando l'attività guanilciclasica con formazione di c-GMP). Il blocco di questo neuromediatore determina ovviamente riduzione dell’attività guanilciclasica. Inoltre questo uso cozza con l’uso del DMAE, analogo della colina e precursore dell’acetilcolina. La letteratura scientifica di avallo all’uso del DMAE è molto vasta e motivata dalle numerose funzioni che l’acetilcolina svolge a livello cutaneo. • Acetylcholine as a ubiquitous cytokine-like molecule that regulates basic cellular processes such as proliferation, differentiation, locomotion, and secretion in a paracrine and autocrine fashion. • Muscarinic acetylcholine receptors have been localized to keratinocytes, melanocytes and dermal fibroblasts, whereas nicotinic acetylcholine receptors have been found in keratinocytes. • Through autocrine, paracrine and endocrine mechanisms, the cholinergic system is involved in the basic functions of the skin, such as keratinocyte differentiation, epidermal barrier formation, sweating, sebum production, blood circulation, angiogenesis and a variety of immune reactions. • Extraneuronal acetylcholine (ACh) has been demonstrated to influence upon keratinocyte proliferation and migration, terminal differentiation and barrier formation, sweat and sebum secretion as well as microcirculation and angiogenesis. E allora, come motivare le risposte cliniche del mesobotox? Un ulteriore studio bibliografico ci ha consentito di individuare dei meccanismi d’azione che possono essere utili in particolari stati cutanei. D’altronde la regolazione di stimoli biologici può essere utile in particolari situazioni caratterizzare da stimolo eccessivo. Un primo utilizzo è quello di regolazione dello stimolo di crescita epidermica, riducendo l’effetto dell’epidermal growth factor. Infatti: • Acetylcholine (ACh) …….muscarinic receptors activate a metalloproteinase, which liberates surface-associated heparin-binding epidermal growth factor (HB-EGF) and causes transactivation of epidermal growth factor receptors (EGFRs) L’uso del mesobotox dopo dei trattamenti peeling che esfoliando l’epidermide spostano la bilancia EGF/caloni verso un eccesso di EGF, può trovare un’utilità. Ancora possiamo riconoscere al mesobotox un effetto antiossidante. Infatti: • Acetylcholine (ACh) …….. opening of mitochondrial (mito) K(ATP) channels with the generation of reactive oxygen species (ROS). Bloccare l’acetilcolina ne reduce questa azione. Possiamo utilizzare il mesobotox nelle cuti seborroiche per ridurre la produzione di sebo e restringere i pori. Infatti: • …. role for Acetylcholine (ACh) in sebum production and as a promoter of sebocyte differentiation, … Possiamo utilizzare il mesobotox nelle cuti couperosiche per stimolare la vasocostrizione cutanea. Infatti: • Adrenergic neurons release noradrenaline and ATP to reduce cutaneous blood flow while cholinergic neurons release acetylcholine and a co-transmitter to dilate skin blood vessels. Ma la nostra proposta più interessante ed innovativa è quella dell’utilizzo del blocco colinergico dermico (mesobotox) per il trattamento dell’acne. Le ghiandole sebacee sono acinose ramificate a secrezione olocrina (trasformazione del citoplasma delle cellule ghiandolari in sebo) e sono costituite da una porzione acinosa secernente situata nel derma, da un dotto escretore rivestito da un epitelio stratificato che sbocca nell'infundibolo del follicolo pilifero. La produzione del sebo da parte della ghiandola è sotto un controllo ormonale. Gli androgeni (Testosterone, Delta-4-Androstenedione, DHEA) circolanti raggiungono la ghiandola e qui, per azione della 5-alfa-reduttasi si trasformano in diidrotestosterone che stimola la funzione ghiandolare producendo seboCon il termine acne ci si riferisce ad una malattia della pelle caratterizzata da un processo infiammatorio delle unità follicolo-sebacee, cioè del follicolo pilifero e della ghiandola sebacea annessa, che si estrinseca clinicamente con aspetti polimorfici: dal semplice comedone a papule, pustole fino anche a noduli ed esiti cicatriziali. L'acne è identificabile dalla presenza, più o meno evidente, dei comedoni. Il comedone, la lesione elementare dell'acne, è una dilatazione dell'orifizio follicolare contenente un materiale biancastro o brunastro costituito da lipidi, cheratina, pigmenti melanici, peli e batteri. Distinguiamo: • La fase iniziale. E’ caratterizzata dai cosiddetti punti neri (o comedoni); questi sono dei veri e propri "tappi" di cellule o di altre sostanze che occludono lo sbocco di uscita di una ghiandola sebacea. Il risultato è un rilievo cutaneo dato dal rigonfiamento sottostante, dovuto alla secrezione sebacea che non ha più possibilità di scaricarsi all’esterno. Questo ingorgo, come già detto, avviene per l’iperproduzione di sebo da parte della ghiandola sotto gli influssi ormonali. La seconda fase. E’ detta infiammatoria (o pustolosa), cioè si crea una infiammazione locale cospicua. Si sta qui descrivendo il classico "brufolo", tuttavia nell’acne vi è una moltiplicazione quantitativa del processo. In questa fase, dunque, la cute si riempie di foruncolini gialli, ossia pustole, determinati da colonie di batteri della pelle che infettano le parti occluse dei dotti escretori sebacei. • La terza fase. Quella che la terapia mira ad evitare, viene chiamata nodulocistica. Si possono formare appunto noduli, cioè espansioni molto dure delle pustole che lasceranno inevitabili cicatrici. In età adulta (soprattutto in chi è dedito al fumo e ad alcool, e a volte all’inizio della menopausa) può presentarsi l’acne cosiddetta "rosacea". La differenza con l’acne giovanile sta nella manifestazione iniziale, cioè il volto presenta chiazze rosse con dilatazione dei vasi sanguigni superficiali. Successivamente anch’essa può manifestarsi con la fase pustolosa e quella nodulocistica. Come detto la fase iniziale dell’acne è indotta dalla formazione del tappo corneo e dall’eccessiva produzione di sebo, questo porta alla formazione del comedone ed alla successiva sovrainfezione da Propionibacterium e Staphylococcus epidermis. Da quanto esposto, come il blocco colinergico ci può aiutare nel ridurre queste manifestazioni ? 1. Possiamo ridurre la crescita epidermica responsabile della formazione del tappo corneo. (Acetylcholine (ACh) …….muscarinic receptors activate a • metalloproteinase, which liberates surface-associated heparin-binding epidermal growth factor (HB-EGF) and causes transactivation of epidermal growth factor receptors (EGFRs).) 2. Possiamo ridurre la produzione di sebo. (…….. role for Acetylcholine (ACh) in sebum production and as a promoter of sebocyte differentiation,) 3. Possiamo ridurre la vascolarizzazione e quindi sia l’apporto di ormoni androgeni, sia la vasodilatazione (rosacea). (Adrenergic neurons release noradrenaline and ATP to reduce cutaneous blood flow while cholinergic neurons release acetylcholine and a co-transmitter to dilate skin blood vessels.)