il contatto armonico

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il contatto armonico
Vincenzo Gulina
Il contatto armonico
un’esperienza visibile
In origine il linguaggio fu un sistema di suoni emotivi ed
imitativi esprimenti terrore, paura, ira, amore, eccetera, suoni
riproducenti i rumori degli elementi, lo scrosciare, il gorgogliare
dell’acqua, il rombo del tuono, il mugghio del vento, i gridi degli
animali e così via; infine suoni che rappresentano una
combinazione tra il suono percepito e quello della reazione
emotiva ad esso.
C.G.Jung1
1
C.G.Jung (1992), p.26
Premessa
Presentare uno stage è un’esperienza eccitante, coinvolgente, creativa …che non ci dormi la notte. Sai che tutto
avviente lì e in quel momento. Hai anche una responsabilità insita nel ruolo di conduttore, di leader del gruppo; quel
timore di non avere le parole giuste, di non sapere in anticipo cosa accadrà lascia improvvisamente lo spazio alla
consapevolezza di trovarsi di fronte a persone, alcuni amici, alcuni sconosciuti, qualcuno rilassato sulla sedia a braccia
conserte, qualcun altro attento, teso in avanti sulla punta. Avverti, comunque, la sensazione di essere sostenuto dal
gruppo, confermato dal cerchio di sedie intorno e dall’atmosfera accogliente.
Presentare uno stage è confrontarsi con altre persone, condurre un gruppo, quindi vivere le reazioni articolate del
gruppo stesso, vivere lo sfondo fatto di emozioni, aspettative, tensioni emergenti… ché le senti subito e ne hai una
percezione quasi epidermica che risuona dentro di te, eppure spesso non puoi fare altro che sentire, aspettando che il
tempo – uno dei temi fondamentali di chi lavora con la musica – faccia emergere in figura qualche elemento
significativo di consapevolezza.
Musica e Gestalt
Il contatto armonico, concepito teoricamente come possibilità d’integrazione della teoria gestaltica del ciclo di contatto
con la musica, ha avuto un periodo di gestazione di un anno, nel corso del quale ho potuto sperimentare il valore
specifico di questa tecnica in qualche seduta individuale.
In questo primo periodo di sperimentazione mi sono soffermato sul livello comunicativo-analogico che la musica offre
in un contesto terapeutico, ponendo una particolare attenzione ai contenuti legati alla percezione, all’evocazione
emotiva ed immaginativa che alcuni brani sono in grado di suscitare.
Si tratta di quell’ascolto creativo che mette in contatto la persona con l’opera d’arte, in questo caso la musica; Boezio,
filosofo del VI sec. d.C., dice a proposito dell’ascolto:
“[…] gli infanti e i giovani non che i vecchi sono così naturalmente toccati con un certo sentimento
spontaneo dai modi musicali, che non v’è affatto alcuna età che sia indifferente al diletto di una dolce
cantilena. Onde si può anche riconoscere ciò che giustamente è stato detto da Platone, che l’anima
del mondo sia stata conformata dall’armonia musicale.”2
L’ascolto che propongo è fatto ad occhi chiusi, impedendo così che qualunque altro stimolo soprattutto visivo
interrompa il contatto con il suono. E’ nota infatti la predisposizione umana a privilegiare la vista come canale recettivo,
a discapito degli altri sensi. Pertanto, l’attenzione verso una fonte sonora focalizzata, come può essere l’ascolto di un
brano musicale, determina una serie di esperienze di attivazione percettiva, immaginativa ed emotiva che echeggiano
inevitabilmente nella “cassa di risonanza” di ogni individuo. L’ascolto in questo modo diventa un’esperienza attiva,
resa ancor più consapevole dall’elaborazione successiva fatta con il racconto. Raccontare un’esperienza sonora vuol
dire produrre una rappresentazione, più o meno dettagliata, descriverla nelle sue componenti percettive e sensoriali,
dunque darne una connotazione emotiva.
Questa funzione di integrazione tra aspetti immaginativi e aspetti logico-linguistici si avvicina molto a quella che Jung
chiamava funzione trascendente della condizione onirica:
“[…] l’affetto con i suoi contenuti si avvicina alla coscienza […] generando un’impressione esso
diventa comprensibile. Ne risulta una situazione nuova, in quanto l’affetto prima sprovvisto di
relazioni è diventato una rappresentazione più o meno chiara e articolata, e lo è diventato grazie alla
collaborazione della coscienza. Questo è l’inizio della funzione trascendente, cioè della cooperazione
tra dati consci e dati inconsci.” 3
Si tratta come di una riacquisizione personale dell’opera d’arte che “[…] nel paziente mira a creare un maggiore dialogo
sia all’interno delle proprie tendenze e qualità che tra sé e gli altri”4 .
Nel corso del lavoro psicoterapeutico, soprattutto in Gestalt, l’uso delle metafore, degli esperimenti, dello psicodramma,
l’azione e il movimento, il role-play e l’improvvisazione sono strumenti molto efficaci nel favorire l’attivazione di zone
inibite della persona. Sono strumenti capaci di indirizzare l’individuo verso una nuova consapevolezza dei rapporti
esistenti tra le cose, in forma immediata, poiché agita. Qualcosa che si avvicina all’idea di insight.
Il senso dell’immediatezza ci riconduce anc
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Ecco, quello che si fa in musicoterapia è proprio favorire l’improvvisazione, come strumento di ampliamento della
consapevolezza a più livelli: sensoriale-percettivo, fisico, emotivo e immaginativo.
Chi improvvisa suona e crea contemporaneamente, si mette in contatto con uno strumento che è capace di trasmettere
frequenze, modulazioni, variazioni, pause che acquistano un valore analogico, di somiglianza con le emozioni di chi
guida la mano sullo strumento.
2
Boezio – 1949, p.21
3
C.G.Jung – 1992b, p.97
4
E. Polster e M. Polster – 1986, p.230
Infine, l’integrazione dei diversi livelli dell’esperienza, raggiunto lo stato di consapevolezza, è uno degli scopi, se non il
fondamentale, del lavoro psicoterapeutico, al fine di trovare una serena convivenza tra i due mondi “paralleli” della
nostra esistenza.
Attraverso la pratica terapeutica è possibile esplorare aspetti di fissità e di integrazione nei differenti livelli
dell’esperienza, favorendo il rapporto duale, quale quello che si struttura nel corso di una seduta terapeutica, come
momento di sperimentazione del contatto, che le parole non sono in grado, spesso, di spiegare. Contatto che si presenta
come risultato di un complesso movimento di apertura e chiusura del proprio confine personale, attraverso cui passa
inevitabilmente tutta una serie di resistenze che non vanno interpretate come oggetti negativi del rapporto, bensì come
componenti strutturali del rapporto stesso.
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Raccontare la musica
Prima di proporre l’esperimento del contatto armonico, nel corso dello stage, mi sembrava importante introdurre il
rapporto Musica-Gestalt utlilizzando un po’di musica, a partire dall’ascolto di alcuni brani. Per fare questo e per rendere
più chiaro il rapporto tra emozioni e musica ho scelto dei brani musicali5, che per le loro caratteristiche strutturali,
ritmiche, tonali ed espressive sono capaci di “attivare” emozioni percepite soggettivamente, come vedremo, con
differente intensità.
La scelta dei brani musicali parte dalla considerazione fatta da Bunt (1999) e altri che la musica non provoca
un’emozione specifica, ma induce attivazione e a diversi livelli. Così come molti studi di psicofisiologia dimostrano,
esistono differenti livelli di attivazione o arousal che determinano “soggettivamente” modificazioni sostanziali, nei
termini
di
eccitazione
o
inibizione
a
livello
centrale
e
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Un aiuto sostanziale nella scelta dei brani è venuto da Paolo Terni. Una fonte musicale inesauribile!
1° brano: di J.S.Bach, Messa in Si min, Gloria
2° brano: di S.Micus, composizione per Tin Whistle
3° brano: di L.van Beethoven, Coriolano op.62, Ouverture
4° brano: G.Fauré, Vocalise-étude interpretato da Elly Ameling
Le risposte emotive a questi quattro brani in sequenza (ascolto ad occhi chiusi), sono risultate differenti tra loro. C’è chi
si è soffermato sul Gloria provando un certo rilassamento quasi sicurezza, chi invece ha avvertito una tensione a tratti
sgradevole (le voci, le trombe, ecc,) mentre riusciva a sintonizzarsi di più sulle note sibilanti del secondo brano,
trovando solo qui il rilassamento. Qualcuno, inoltre, ha percepito un blocco di fronte alla voce femminile “troppo
toccante” del quarto brano, definendo questo troppo toccante come un’inibizione momentanea molto forte che
nascondeva un’emozione altrettanto intensa, che se protratta a lungo si sarebbe potuta liberare in un pianto, “meglio non
sentirla!” - il suo commento.
Mentre un po’ per tutti la sensazione di sorpresa del Coriolano, determinata dall’attacco degli archi e dalla progressione
in crescendo, ha suscitato un’omogenea sensazione di ansia, anche se poi ha attivato differenti emozioni dall’angoscia
alla rabbia, alla paura, alla tensione. Effetti solo apparentemente contrastanti, ma originati, probabilmente, da medesimi
meccanismi centrali di attivazione.
Questi sono tutti elementi interessanti che visti nell’ottica della sperimentazione confermano l’ipotesi iniziale che una
sequenza musicale generi attivazione psico-fisica, e nell’ottica psicoterapeutica diventa un interessante approccio alla
persona che nel “qui e ora” ha la possibilità di sperimentare in modo del tutto soggettivo l’attivazione emotiva suscitata
da una sequenza di eventi fisici.
Tali fenomeni descrivono nel suo complesso la percezione dell’evento musicale, come l’emissione di suoni che
modificando la materia dei ricettori acustici e centrali provoca risonanze mentali, emotive e corporee, differenziate.
E’ interessante notare come l’ascolto di quella sequenza di brani avesse attivato, per alcuni, immagini particolarmente in
sintonia con il vissuto emotivo: “… il suono di quel fischio…” in riferimento al 2° brano “…mi ha evocato il fluttuare
del vento, dandomi la sensazione di volare e un certo piacere …” e sempre nello stesso brano un altro: “…ogni pausa e
ogni nota così acuta mi faceva male, come coltelli affilatissimi sulla carne viva…”. Immagini queste che sarebbero state
ottimi incentivi, utili al proseguimento di un lavoro terapeutico.
Così come la musica crea emozioni, allo stesso modo è capace di creare immagini, è noto a chiunque come un brano
musicale, una canzone o una filastrocca siano in grado di farci fare un balzo indietro nel passato a ricreare immagini o
rievocare personaggi come fossero reali e presenti. Questo legame fortissimo tra musica, emozioni ed immagini apre un
altro tema ancora non molto sviluppato che è quello del proto-mentale della musica, ovvero la musica che ognuno ha
dentro di sé, che come alchimia ci mette in sintonia con alcuni eventi reali. E’ musica fatta di ritmo, di intensità, di
pause, di armonia.
Il corpo in fondo è una grande cassa di risonanza per tutti gli eventi interni che generano movimento, dunque suono e
ritmo, creando così la “struttura”, come dimostra la cimatica. Il suono crea struttura influendo direttamente sulla
materia. Pertanto, riconoscere in se stessi le frequenze base di questi movimenti spontanei, è un passo avanti per
riconoscere qual è il proprio ritmo6, il proprio contatto possibile con altri eventi e organismi esterni, poiché come scrive
F.Capra: “I singoli organismi interagiscono e comunicano tra di essi sincronizzando i loro ritmi, integrandosi così essi
stessi nei ritmi più grandi del loro ambiente”7 .
L’esperienza di contatto in gruppo
Nell’intensione dimostrativa dello stage, l’esperienza di contatto che è di per sé un’esperienza di coppia, ha acquisito
una dimensione particolare, poiché il gruppo diventava un'altra condizione di osservazione. Inoltre disporre al centro
del cerchio la coppia con gli strumenti musicali esprimeva maggiormente la formula figura-sfondo, tipica
dell’esperienza gestaltica.
Ma cosa osservare in un’esperienza di contatto armonico?
Il contatto, appunto o meglio il ciclo di contatto! Il riferimento preciso è l’elaborazione delle fasi del ciclo
dell’esperienza descritte dalla scuola di Cleveland ed altri, e successive integrazioni (di Zinker et alii)8
Ritiro, Sensazione, Consapevolezza, Mobilizzazione, Azione, Contatto, Soddisfazione, Ritiro.
La seconda parte dello stage comincia con l’introduzione dell’idea del contatto armonico che usa la famosa curva del
ciclo di contatto con le diverse fasi, illustrate su una lavagna.
Dopo aver disteso al centro dello spazio un telo con tutti gli strumenti, una ventina di piccoli strumenti monotonali a
percussione (vedi Appendice), prende inizio la parte esperienziale dello stage.
6
P.Fraisse (1979), p.23
7
F.Capra (1983), The turning point, Fontana, Londra
8
G.Wheeler (1992), p.89
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Il contatto armonico, un’esperienza visibile
Qui di seguito sono presentate delle fotografie che illustrano con chiarezza alcuni momenti del contatto
armonico.
La fotografia n.1 mostra le fasi preliminari del contatto, la fase di preparazione, di scelta dello strumento.
Toccare, ascoltare il suono e le qualità melodiche dello strumento, necessario per entrare in relazione, saggiarne le
sfumature. In questo caso Giuseppe ha fatto la scelta, il bastone della pioggia, uno strumento di legno a forma
cilindrica, denominato così per il suo particolare suono che ricorda molto il fruscio della pioggia. Il suono che esso
emana non è certamente incisivo o deciso, come potrebbe essere quello di un tamburo; al contrario è un suono
liquido, dolce.
Questa prima fase del contatto, di preparazione e studio dello strumento durerà a lungo, poichè Giuseppe troverà
molto difficile sintonizzarsi con la qualità del suono prodotto dal suo strumento (ricordo che nella consegna non
c’era il divieto di cambiare strumento). Dunque, una prima fase travagliata, un pre-contatto molto prolungato, in cui
si distingue una certa energia ed uno sforzo relativo nel mettere in pratica il “compito”.
Che sia una scarsa consapevolezza del suo bisogno? Ciò che è chiaro è che non è contento del suo strumento e si
avvicina a Claudio (fig.2) gli vuole comunicare qualcosa, forse che il bastone della pioggia non lo soddisfa, o che
non è capace di usarlo.
Il suo partner Claudio, invece, usa uno strumento tubulare vibrante a percussione, di metallo, chiamato vibratone
(appunto per la sua caratteristica di vibrare), decisamente più incisivo del bastone della pioggia.
L’atteggiamento di Claudio, così come la sua postura sembrano tendenti all’ascolto. In effetti Claudio sembra
padroneggiare bene il suo strumento, ma non riesce a comunicare con il suo partner. Perciò vista la difficoltà di
quest’ultimo, si predispone quasi passivamente ad accettare tutto, persino lo scambio degli strumenti.
Ecco infatti, nel terzo momento (fotografia n.3), la richiesta di Giuseppe diventa quasi un’esigenza per il verificarsi
del contatto, e Claudio cede a questa richiesta.
Vista dall’esterno sembra la lotta “inerme” di due guerrieri. C’è da dire, infatti, così come farà notare l’osservatore,
che fino al momento dello scambio non si erano uditi né suoni, né ritmi concordanti; era evidente la difficoltà di
Giuseppe nell’aprirsi ad un contatto al di là dello strumento. Aveva mobilizzato molta energia
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Riferimenti bibliografici
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Boezio, (1949) De institutione musica (Pensieri sulla musica), Fussi ed., Firenze
L.Bunt, (1999) Musicoterapia: un’arte oltre le parole, Ed. Kappa, Roma
P.Clarkson (1992) Gestalt-counseling, Sovera, Roma
P.Fraisse (1979), Psicologia de ritmo, Armando, Roma
U.Galimberti (1999), Dizionario di Psicologia, Garzanti, Torino
C.G.Jung, (1992a) Simboli della trasformazione, Opere V, Bollati Boringhieri, Torino
C.G.Jung, (1992b) La dinamica dell’inconscio, Opere VIII, Bollati Boringhieri, Torino
S.Martinet (1992) La musica del corpo, Ed. Centro Studi Erickson, Trento
R.McClellan (1993) Musica per guarire, Franco Muzio, Padova
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E.Polster-M.Polster (1986), Terapia della Gestal integrata, Giuffré, Milano
V.Ruggieri (1987), Semeiotica dei processi psicofisiologici e psicosomatici, Il pensiero scientifico, Roma
G.Wheeler (1992), Che cos’è la Terapia Gestaltica, Ed.Astrolabio, Roma