la nuova sardegna la nuova sardegna
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Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna Rassegna sta mpa Beni culturali della Sardegna Segni di una grande civiltà a cura del Servizio Promozione Testata LA NUOVA SARDEGNA Data 13 dicembre 2012 Sezione Cultura Dodici sguardi sui segni del paesaggio urbano: dalle installazioni al light graphic Palazzo di città di Walter Porcedda CAGLIARI Sergei Eisenstein, il regista russo del film “La corazzata Potemkin” nel realizzare altre due straordinarie pellicole, come “Ivan il Terribile” e l’affresco storico ”Aleksandr Nevskij” si ispirò al grande architetto e incisore veneziano Giovanni Battista Piranesi. Alle linee e alle atmosfere che sprigionano le sue incisioni. In particolare, come rileva James Goodwin autore di un saggio dedicato proprio al cineasta sovietico, furono proprio le stampe delle “Carceri” a suggerire quella estetica vagamente gotica rintracciabile in alcune sue scelte scenografiche. Ispirate cioè a quel sublime e ineguagliato modo di Piranesi di raccontare gli ambienti oppressivi e claustrofobici di prigioni immaginarie, costruite sotto imponenti soffitti ad arco, ponti sospesi svettanti verso l’alto. E che in seguito ispireranno persino un altro visionario, l’illustratore Stephan Eicher, scrittori e poeti come Baudelaire. Incisioni visionarie come alle “Antichità romane” che accanto alle precisione delle linee delle prospettive restituivano audaci punti di vista sull’arte e sul suo secolo. Fotografie dell’anima che antecipano anche i tempi a venire, diventate in seguito di culto per i romantici, continuano a stupire ancora ai giorni nostri. Così la mostra “La memoria visionaria” allestita appena un mese fa nel prestigioso museo di Bellas Artes di Bilbao in pochi giorni ha visto ben diciotto mila visitatori in fila per vedere da vicino oltre duecentosessanta opere provenienti dalla Sardegna. Sì, perchè quelle opere selezionate da Casa Falconieri, centro d’arte internazionale con sede a Serdiana, attivissimo da anni in Spagna, provengono da un impressionante corpus di oltre 1100 opere rimasto custodito per anni nella Biblioteca della Facoltà di Architettura di Cagliari. Scoperte per caso solamente un anno fa. Un vero e proprio tesoro nascosto. Dimenticato. Le incisioni arrivarono nell’isola nel 1916 spedite dalla Regia Calcografia di Roma. Stampate dalle originali lastre in rame di Piranesi che la Calcografia acquisì nel 1840 dall’atelier Firmin Diderot di Parigi. Stampe utilizzate a scopo didattico e il cui uso con gli anni è venuto meno, finendo nei cassetti della Biblioteca di Architettura (con qualche “distrazione”: nel tempo il corpus originale di 1300 opere, pare abbia “perso” per strada oltre un centinaio di incisioni, probabilmente sottratte o perse...). Quasi una rarità. Soprattutto per la completezza dell’insieme delle opere recuperate e poi censite dalla Soprintendenza ai beni culturali che raccontano l’intera avventura artistica di questo geniale artista. Un fondo che potrà essere oggetto di nuovi studi e, soprattutto, materiale di esposizione da abbinare a incontri internazionali etc... Questo è in fondo anche il senso del “Piranesi ritrovato” che unisce con un solo fil rouge l’esposizione in terra basca a Bilbao e le due mostre che apriranno questo pomeriggio alle 17 al Ghetto e al Palazzo di Città (fino al 13 aprile 2013). Al centro c’è sempre Casa Falconieri diretta con lungimiranza dall’artista Gabriella Locci. In collaborazione con la direttrice dei Musei Civici cagliaritani Annamaria Montaldo (hanno presentato ieri il progetto assieme all’assessore comunale alla cultura Enrica Puggioni e Paolo Sanjust della Scuola di Architettura) hanno dato vita a quella che potrebbe anche essere la prima stazione di un disegno più ambito. Perchè, infatti non pensare a uno spazio stabile da dedicare proprio all’opera dell’architetto veneziano, che diventi cioè sia luogo espositivo che centro propulsore per happening e manifestazioni di segno internazionale? Per l’istante vale la pena perdersi nelle stanze del Ghetto ammirando le oltre sessanta opere presentate nei tre piani dello spazio museale. Dai “Capricci” alle “Carceri”, dalle “Antichità romane” alle incisioni più da moderno designer in cui Piranesi illustra con rara maestria accessori, vasi e camini. Un viaggio affascinante, imbastito dalle tavole selezionate da Locci e Montaldo e il robusto percorso critico disegnato dalla studiosa Maria Grazia Scano Naitza che ricorda come quelle opere arrivarono in Sardegna in coincidenza con una fase di rinascita dell’incisione in Italia e in Europa. «La Sardegna – ricorda la studiosa - era pienamente partecipe di questa temperie» con artisti come Biasi, Delitala, Marini, Dessy, Floris e Branca. Non è un caso allora che Piranesi abbia trovato casa in Sardegna. E “Piranesi ritrovato –Segni del paesaggio urbano” è il titlo della seconda esposizione che apre i battenti contemporaneamente a quella del Ghetto e che propone una incursione, dagli esiti felicemente creativi, di dodici artisti di livello nazionale e internazionale che hanno confrontato il segno e l’opera di Piranesi con lo spazio urbano. Sono opere di segno fortemente contemporaneo da vedere in abbinamento con l’altra esposizione. Suggeriscono trame e percorsi inediti nei due sensi. Dalla stessa Gabriella Locci presente con l’opera “Rosso dentro”, che suggerisce inedite sensazioni di spazio al trittico di Andrea Casciu con i segni di paesaggio urbano che nella installazione di Ignacio Llamas diventano icona di nichilistica desolazione. E poi ancora le opere di Caterina Lai, il light graphic di Andtrea Hilger, Andrea Spiga, Alberto Spada e il suo monocromo blu Veronica Gambula che racconta scenari di città ventose, Giovanna Secchi con le sue cartoline, Paolo Ollano e la sua suggestiva immagine di Fabbrica e infine le finestre aperte da Roberto Puz”zu sul presente e sul futuro. (w.p.)