Titolo: FÈNA INT E FOND DE CÔR

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Titolo: FÈNA INT E FOND DE CÔR
S c h e d a
a r t i s t i c a
SPETTACOLO DI POESIE E CANTE ROMAGNOLE
Titolo:
FÈNA INT E FOND DE CÔR
CONTENUTI: tre poeti romagnoli a confronto (Luigi Soldati, Berto Marabini, Raffaello Baldini);
letture sceniche;
commenti introduttivi;
cante romagnole dal
‘700 al ‘900 eseguite da ”I Tribarul” a due voci (tenore+baritono) con accompagnamento di chitarra acustica e classica.
FORMAZIONE: prof.ssa Velia Ferioli (commenti), Giuseppe Guerra (lettura scenica), Vittorio Miani (tenore), Gianni Penazzi (voce, chitarre).
IMPIANTO AUDIO: a cura della formazione
CACHET + IMPIANTO: contributo da concordare
CONTATTI: Gianni 0545-26695, Vittorio 0545-25885, Paola 0545-26843, Giuseppe
0545-30268, Irene 327-6962226,
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PRESENTAZIONE
Lo spettacolo di cultura romagnola FÈNA INT E FOND DE CÔR si svolge su tre modalità, ad intreccio: canto, poesia, breve commento. Lingue utilizzate: romagnolo, italiano.
Le cante/canzoni sono state accuratamente scelte nell’ampia produzione poeticomusicale della Romagna, considerando le diverse epoche dal ‘700 ai giorni nostri, e privilegiando quei componimenti che per vivezza e necessità eccezionale sono sicuramente
tali da costituire l’eccellenza di “uno dei più bei canzonieri regionali della nazione”. La ricchezza e l'unità dei canti di Romagna attingono dalla storia e dalla narrazione di un popolo
irrequieto, duro e attivo, compresso per secoli, dall'esarcato allo stato pontificio.
Le poesie presentate sono tratte dalle rispettive produzioni dei poeti Luigi Soldati, Berto
Marabini, Raffaello Baldini.
Luigi Soldati (detto Gigi d’Tambur): poeta romagnolo carico di umori e di passioni, antinborghese e anticlericale, amante della sua terra e del suo lavoro, legato alle amicizie,
sprezzante delle ricchezze e dei compromessi. Le polemiche, le ironie, i ricordi, gli affetti
sono ricostruiti nella musicalità del verso, quasi sempre limpido. Le rime risuonano ogni
volta parlanti e ricercate. Il dialetto romagnolo, posseduto e completo, sprigiona qui tutti i
suoi antichi significati.
Berto Marabini: personaggio singolare della numerosa famiglia dei poeti dialettali di cui
è il decano. Per Marabini la poesia in dialetto non è fatta per la lettura ma per la declamazione. Ha saputo dar voce e consistenza alla quotidiana fatica del vivere del popolo romagnolo rinsaldandone i momenti di tristezza ma anche i pochi sprazzi di serenità. Nella sua
poesia colpisce il senso del ritmo e della musicalità del verso che “Berto” ha innato e al
quale si affida in un fluire di parole che erompe con passione e con gioia da tutto il suo essere.
Raffaello Baldini: grande poeta del secolo scorso. Ha saputo cogliere dallo scorrere
della vita di ogni giorno, i piccoli accadimenti di questo universo. La somma delle storie e
delle voci monologanti, fra chiacchiere di paese e borbottio autoreferenziale, restituisce la
coralità di un mondo di esistenze comuni con tutti i loro limiti e malanni ma anche la loro
ironia e saggezza. Momenti di un percorso creativo caratterizzato innanzitutto dalla qualità
espressiva della lingua usata, il dialetto romagnolo.
FÈNA INT E FOND DE CÔR è’ stato rappresentato in diverse cittadine del ravennate.
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BREVE DESCRIZIONE DI ALCUNE CANTE /CANZONI IN PROGRAMMA
I brani proposti, per due voci e chitarra (classica e acustica), si suddividono in cante e
canzoni. La “canta” originariamente veniva rigorosamente eseguita in gruppo, a sezioni di
4-6 voci, senza accompagnamento musicale. La “canzone” invece prevedeva la voce come protagonista con accompagnamento di uno o più strumenti musicali.
A sén di rumagnul
XIV° Mercato-Concorso, 9 settembre 1951, S. Pietro in Vincoli -Ra
Canzone popolare romagnola
degli anni ‘20-’30 musicata e
scritta da Secondo Casadei: motivo divenuto negli anni un inno
dell’identità e del carattere
romagnolo. Una presentazione
del
carattere
sanguigno
e
scherzoso, fino a spingersi alla
beffa
esagerata
come
nell’episodio citato nella Fasulera,
dedicata a coloro che si riteneva
fossero in-corniciati. Nel contempo,quel carattere del romagnolo era anche romantico,
per i tratti descrittivi del paesaggio e della campagna di Romagna.
Amo una giovane
Di origine popolare e d’autore ignoto risale probabilmente al
1860, gli anni del Risorgimento in cui il nome Anita, non a
caso, era ricorrente perché legato alla figura di Giuseppe
Garibaldi.
E partigè senza nom
E’ un brano molto bello perché parla di un partigiano anonimo che vuole riassumere
l’anelito alla libertà presente in ogni uomo a cui stà a cuore l’ideale della libertà mai disgiunto dalla pace e dalla giustizia , per una società migliore, solidale e più umana.
L’autore è Vespignani il quale l’ha scritta per la rassegna “il Campanone” di Cesena.
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E’ plou
(il niente, un pugno di mosche). Dal lontano secolo dei lumi,
il ‘700, il brano che verrà proposto non ha un autore preciso.
Dunque dovremo collocarlo nel filone popolare-anonimo e
delle cante tramandate oralmente di osteria in osteria e di
piazza in piazza quando i cantastorie erano l’equivalente dei
Tiggì di oggi.
E prém amor
Canta nostalgica che rievoca la prima esperienza affettiva dei
due protagonisti che si ritrovano in età senile.
Autore: Martuzzi (?) periodo: inizi ‘900
E sol l’è un tir ad sciop
D’autore forlivese, composta negli anni ’70, venne presentata al Festival della canzone
romagnola al Teatro Bonci in Cesena, dove tradizionalmente si svolge questa importante
manifestazione.
Raramente i testi poetici descrivono il sole, sprecandosi invece sul soggetto luna. In questo caso si noti il geniale paragonare il sole ad una ciambella
Gli scariolanti
Di origine popolare risale alla fine dell’Ottocento. La trascrizione
è datata al 1920 a cura di Francesco Balilla Pratella. E’ la canta
più significativa ed eloquente nel descrivere la fatica umana dei
lavoratori chiamati a bonificare le valli e le paludi dei nostri
luoghi, mediante l’innalzamento degli argini dei corsi d’acqua che
noi, che abitiamo qui ben conosciamo: il Reno, il Po…
Ai nostri nonni e bisnonni dedichiamo questa canta
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La canta
Composta da Secondo Casadei, narra di una partenza dalla terra di Romagna verso la
città, luogo di “tetti grigi e di cemento”. Si avverte il tema dell’emigrazione oggi così particolarmente sentito da molte altre popolazioni
Casa Guidi, Sant’Ermete di Rimini
La majè
Composta da Spallicci e Martuzzi in principio degli anni ’20.
Il titolo si traduce in “la maggiolata” in onore del mese di maggio che sancisce la conclusione del crudo inverno e l’inizio della desiderata primavera.
Mariulin
Diminutivo affettuoso di Maria. E’ un’antica canta-serenata comune a molte regioni italiane (Piemonte, Lombardia, Veneto). La versione che ascolteremo è naturalmente della nostra regione Romagna raccolta dalla voce di Mario Lazzari di Forlì ed elaborata da Francesco Balilla Pratella.
Maz
Ecco il ridente maggio, ecco quel nobil
mese / che sveglia ad alte imprese i
nostri cuori. Guido Bianchi è l’autore
della melodia di questa canta, le parole
sono di Rino Cortesi . E’ una canta
che si distingue dalle altre per l’allegria
e l’armonia particolarmente vivace, richiamando l’argomento della buona
stagione. E’ il più autorevole brano al
riguardo del mese di cui al titolo. E’
l’inno dell’annata agraria nella sua descrizione della stagione primaverile che sboccia nei
colori e nella temperatura mite e favorevole.
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Non piangere oi bella
Autore: A. Bandelli Anno 1972
Non piangere oi bella se devo partire, se
devo restare lontano da te, te. Addio alla
mia terra, addio alla mia casa, addio a tutto
quello che lascio quaggiù. Partono gli
emigranti, partono per l’Europa sotto lo
sguardo della polizia; partono gli emigranti,
partono per l’Europa i deportati della
borghesia. Non piangere oi bella, non so
quanto tempo) io devo restare a sudare
quaggiù.
Ca’ di Veroli, Bagno di Romagna
Sanzvez
Composto dal maestro Sergio Facchini di
Lugo è un brano divertente sul famoso vino
romagnolo e anche sul santo protettore degli
intenditori di buon vino
Cantina privata (San Potito di Lugo)
Tot um’arcorda tè
Scritta dal maestro Creonti di Solarolo, è uno dei testi più
poetici e romantici dedicato alla figura femminile. Una
canta d’amore per eccellenza.
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RASSEGNA
STAMPA
Articolo apparso su
http://www.pavaglionelugo.net/fino_in_fondo_al_cuore.html
( sabato 29 marzo 2008 )
Fèna inté fond de cor (Fino in fondo al cuore)
Protagonisti d’eccezione quelli dell’ultimo trebbo tenutosi al Centro sociale “Il Tondo” dedicato alla presentazione di tre poeti romagnoli: il dottor Sante Medri in veste di presentatore-commentatore,
Giuseppe Guerra come lettore-interprete, Vittorio Miani e Gianni Penazzi con i loro interventi musicali. Lo scopo che il Tondo si è proposto è quello della valorizzazione del patrimonio dialettale
romagnolo e sono stati veramente valorizzati i tre poeti presentati: Luigi Soldati/Gigi D’Tambur,
Berto Marabini e Raffaello Baldini; la cui poetica è stata efficacemente illustrata dal dottor Medri,
come preparazione alla lettura di Giuseppe Guerra, che ha interpretato i brani con una tale immedesimazione da toccare in profondità le corde della commozione degli spettatori presenti in gran numero. Il primo poeta presentato, Luigi Soldati, antiborghese ed anticlericale, si caratterizza per i
suoi versi musicali e limpidi, in cui esprime l’attaccamento alla sua terra, ai valori di semplicità della campagna, il profondo legame con le amicizie ed il rifiuto di ogni compromesso. Molto espressivi i versi recitati veramente con l’anima da Giuseppe Guerra, tratti dalla lirica “Quand che andè suldè: “E fò i vincion d’agost precisament/ de mellnovzent quatords che andè suldè/ … Aveva incora i
vistì dla libartè.” La commozione è stata accentuata ed esaltata dalla voce di Vittorio Miani, accompagnato dalla chitarra di Gianni Penazzi, “I Tribarul”, che hanno eseguito brani tratti da un repertorio di antiche cante romagnole in tema con le poesie presentate. Del secondo poeta, Berto Marabini,è stata evidenziata la vivacità espressiva, la volontà di coinvolgere dichiarata esplicitamente nella
lirica “Poeta me?”: “Poeta l’è clu ch’sa di cla parola /che ridar …o no ch’la fega poco importa/…ch’la fa drizè gl’urecc a chi ch’ascolta…” Ed infine la voce più dimessa , venata di malinconica ironia del grande Raffaello Baldini, che nella lirica “Adès” esprime il disorientamento legato alla
constatazione della solitudine: ”Adès u n dì piò gnènt niseun, adès/ mo cs’èll ch’a faz, a piànz?”.
Davvero “fino in fondo al cuore” sono arrivate le diverse voci di questa rappresentazione, tanto che
alla fine dello spettacolo molti tra il pubblico avevano gli occhi lucidi!
Velia Ferrioli
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