Ottantesimo della Provincia, discorso Presidente Giunti

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Ottantesimo della Provincia, discorso Presidente Giunti
Il Presidente del Consiglio
Pistoia, 1° dicembre 2007
M anifestazione inaugurale delle celebrazioni per l’ottantesimo anniversario dell’istituzione
della Provincia di Pistoia – Consegna delle Onorificenze “Al M erito della Repubblica Italiana”.
Pistoia, Teatro M anzoni, 1° dicembre 2007.
Sulle note conclusive e sempre emozionanti dell’Inno d’Italia, eseguito dalla
Corale Polifonica Pistoiese, diretta dal Maestro Riccardo Cirri ed accompagnata al piano
dal Maestro Maurizio Prestifilippo, diamo inizio alla manifestazione inaugurale delle
celebrazioni per l’ottantesimo anniversario dell’istituzione della Provincia di Pistoia ed
alla cerimonia di consegna delle Onorificenze “Al Merito della Repubblica Italiana”.
Saluto il Ministro per i Rapporti col Parlamento e le Riforme Istituzionali, On.
Vannino Chiti, il Prefetto di Pistoia, Dr. Antonio Recchioni, il Presidente della
Provincia, Gianfranco Venturi, il Sindaco della Città di Pistoia, Renzo Berti.
Un saluto cordiale al Senatore Lido Scarpetti, all’Assessore regionale Agostino
Fragai, ai consiglieri regionali, ai Sindaci ed agli amministratori della nostra Provincia,
ai Dirigenti scolastici, agli insegnanti ed agli studenti, a tutte le autorità civili e militari,
alle associazioni partigiane, combattentistiche e d’arma, ai rappresentanti delle
associazioni di volontariato sociale e culturale ed a quelli delle organizzazioni sindacali
e professionali, a tutti voi, cittadine e cittadini, che onorate con la vostra presenza le
iniziative di stamani.
Rivolgo infine un saluto particolare a quei nostri concittadini che con il loro
lavoro, la loro attività, il loro ingegno, hanno onorato il nostro Paese e che per questo
saranno insigniti stamani delle onorificenze dell’Ordine “Al Merito della Repubblica
Italiana” che è il più alto degli Ordini previsti dal nostro ordinamento, del quale è a capo
e ne conferisce le onorificenze il Presidente della Repubblica.
L’iniziativa di oggi e quelle future non sfuggiranno probabilmente ai momenti
celebrativi (in qualche misura inevitabili) ma cercheremo fin da ora di utilizzare queste
occasioni per riflettere innanzitutto sul come e quanto la nostra Provincia abbia saputo
integrare ed amalgamare le due realtà territoriali (quella fiorentina e quella lucchese) che
nel ’27 – ’28 gli diedero origine e, più in generale, contribuendo all’ampio dibattito,
condotto nei luoghi e con le modalità e gli argomenti più disparati, che coinvolge tutte le
istituzioni, mettendone in discussione il ruolo e l’utilità e denunciandone i costi, gli
sprechi, i privilegi reali o presunti.
La Provincia di Pistoia ha compiuto ottanta anni, essendo stata istituita, ins ieme ad
altre quindici, con il Regio Decreto Legge 2 gennaio 1927, n. 1.
Abbiamo ritenuto opportuno svolgere le iniziative legate a questo evento tra la
fine di quest’anno e l’inizio del prossimo, in quanto la nostra Provincia ha trovato il suo
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assetto territoriale definitivo, così come noi lo conosciamo oggi, solo un anno dopo, con
il Regio Decreto Legge 8 gennaio 1928, n. 2.
In effetti, la Provincia istituita nel gennaio del 1927 non comprendeva la
Valdinievole ed era costituita solo dai dodici comuni staccati dalla Provincia di Firenze:
insieme a Pistoia, quelli della Piana, Agliana, Montale, Serravalle Pistoiese e Tizzana
(che dal 1959 assumerà la denominazione di Quarrata); Lamporecchio e Larciano nel
Montalbano; Cutigliano (parte del cui territorio, nel 1936, andrà a formare il Comune di
Abetone) Marliana, Piteglio, Sambuca Pistoiese e San Marcello Pistoiese sulla
montagna.
Fu solo nel gennaio del 1928 che furono aggregati alla Provincia di Pistoia diec i
comuni della Valdinievole: Buggiano, Massa e Cozzile, Monsummano Terme,
Montecatini Val di Nievole e Bagni di Montecatini (che nel 1940 si fonderanno,
assumendo il nome di Montecatini Terme) Pescia, Pieve a Nievole, Ponte Buggianese,
Uzzano (dal cui territorio, nel 1963, nascerà Chiesina Uzzanese) e Vellano, che nel
dicembre di quell’anno sarà soppresso e inglobato nel Comune di Pescia.
Completata l’unità territoriale, la Provincia avvia la propria attività, circoscritta
tuttavia a limitate funzioni amministrative, spettando allora alle Prefetture le funzioni
politiche.
Anche in quegli anni era in corso un acceso dibattito (che non aveva ovviamente
le ricadute mediatiche di oggi e coinvolgeva soltanto gli addetti ai lavori e gli specialisti)
sul ruolo e sulla utilità delle Province nell’ordinamento amministrativo.
Come osserva il Prof. Marco Francini nella sua importante ed ormai quas i
introvabile opera “Pistoia 1927 – Nascita di una Provinc ia” (edita vent’anni fa in
occasione del Sessantesimo e, fortunatamente, in corso di ripubblicazione in versione
rivista ed aggiornata dall’autore) il fascismo, al potere dal 1922, non aveva sulla
questione una posizione definita, oscillando tra la creazione di nuove province –
aumentate, nel gennaio 1927, da 76 a 92 – e lo svuotamento delle loro funzioni in
materia di lavori pubblici, assistenza, sanità, economia, avvenuto proprio tra il 1925 e il
1928.
Incertezze ed ambiguità risolte alla fine del 1928, con la riforma che portò alla
soppressione definitiva degli organi elettivi. Un Preside, nominato dal Re su proposta
del Ministro degli interni, assumeva i poteri del Presidente e della Deputazione e, in
luogo del Consiglio provinciale, venne previsto un Rettorato, sempre di nomina regia. In
sostanza, il nuovo ordinamento vedeva nelle province (e nei comuni) nulla di più che
enti ausiliari dello Stato, privi di qualunque autonomia.
Nulla muta fino alla fine della dittatura e alla liberazione dell’intero Paese,
avvenuta nel 1945. Ma a differenza dei Comuni, che potranno già nel 1946 svolgere
libere consultazioni per eleggere i propri amministratori, le province, che in base alla
Costituzione entrata in vigore il 1° gennaio 1948 hanno la stessa dignità, dovranno
attendere il marzo del 1951 per avere una legge elettorale che consenta di eleggere i
consigli provinciali.
Nella nostra Provincia, le consultazioni nei ventiquattro collegi in cui, allora come
oggi, è suddiviso il territorio provinciale, hanno luogo il 10 giugno 1951; i ventiquattro
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consiglieri eletti si insediano finalmente il successivo 2 luglio ed eleggono il Presidente
e la Giunta. Da allora ad oggi, per chi ama i numeri, sono 209 i cittadini pistoiesi che si
sono alternati nel ruolo di consiglieri, di assessori e di presidenti.
Venendo infine all’attualità e al dibattito sulla soppressione delle Province, che è
in corso ormai da molti mesi. È legittimo – e anche doveroso – che ci s’interroghi sul
ruolo e sull’utilità delle varie istituzioni. Bisogna però rilevare che molti parlano e
sentenziano su questo argomento avendo soltanto una conoscenza superficiale della
situazione reale e del ruolo e delle competenze che le Province hanno oggi.
Ho ricordato prima il dibattito sulla soppressione delle province dei primi decenni
del secolo scorso. Nel secondo dopoguerra, la questione venne riproposta nei primi anni
settanta, dopo l’istituzione e l’avvio dell’attività delle Regioni. Sembrò allora che il
ruolo delle Province dovesse essere assunto da enti intermedi, non eletti direttamente dai
cittadini, espressione dei Comuni di un determinato territorio.
In effetti, il ruolo delle Province si era progressivamente ridotto. La legislazione
della seconda metà degli anni settanta tolse alle province ogni competenza nel settore
sanitario e sociale ed in materia di agricoltura e di formazione professionale. A partire da
allora, il dibattito sulla soppressione delle Province ebbe motivo di essere, perché basato
su dati di fatto reali.
Vennero istituiti dalle regioni enti intermedi di secondo grado variamente
denominati: comprensori in alcune regioni, Associazioni intercomunali nella nostra.
L’esperienza delle Associazioni intercomunali, protrattasi per quasi tutti gli anni
ottanta, fu deludente. Organismi pletorici, dove il primo problema era sempre quello di
riuscire a raggiungere il numero legale e nei quali i comuni maggiori avevano un peso
specifico schiacciante, mentre quelli minori, poca o nessuna tutela.
Nel 1990, la svolta. Con la legge 142, il legislatore fece una scelta chiara. La
provincia venne individuata come ente intermedio tra il comune e la regione e ad essa
vennero attribuite tutta una serie di nuove, importanti competenze, di gestione come di
programmazione: l’urbanistica e l’assetto del territorio, la tutela del suolo e
dell’ambiente, delle risorse idriche ed energetiche, della flora e della fauna, dei parchi e
delle riserve naturali, lo smaltimento dei rifiuti, la disciplina e il controllo degli scarichi
delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore, la viabilità ed i trasporti, la
valorizzazione dei beni culturali, l’istruzione secondaria e professionale, le attività e le
opere d’interesse provinciale, sia nel settore sociale, culturale e sportivo che in quello
economico, produttivo, commerciale e turistico.
Ogni ipotesi di soppressione delle Province dovrebbe individuare una nuova
allocazione di tutte queste loro competenze, ma la gran parte di esse, per la loro natura,
sono difficilmente attribuibili al singolo Comune o alla Regione.
Ecco perché oggi, questo dibattito sulla soppressione delle Province è in ritardo di
almeno vent’anni; allora aveva un senso affrontarlo, oggi, sulla base delle esperienze
passate e della situazione reale, rischia di diventare soltanto un vuoto esercizio retorico.
Ringrazio di nuovo tutti i presenti.
Marco Giunti
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