Corte di Cassazione - copia non ufficiale
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Penale Sent. Sez. 5 Num. 18211 Anno 2015 Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA Relatore: MICHELI PAOLO Corte di Cassazione - copia non ufficiale Data Udienza: 10/03/2015 SENTENZA sul ricorso proposto nell'interesse di Hadovic Suvad, nato a Torino il 14/11/1984 avverso l'ordinanza emessa il 03/11/2014 dal Tribunale di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Mario Pinelli, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità, in subordine il rigetto, del ricorso RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Torino, su richieste di riesame ex art. 309 cod. proc. pen. avanzate - avverso un'ordinanza del Gip dello stesso Tribunale emessa il 09/10/2014 - nell'interesse di Suvad Hadovic, Ioan Calin e George Surdu, rigettava i gravami proposti e confermava l'ordinanza impugnata, con decisione adottata all'udienza del 03/11/2014. Nei confronti dei soggetti sopra evidenziati era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere, essendo gli stessi sottoposti a indagini per vari delitti contro il patrimonio; nei confronti 4.7411 dell'Hadovic, in particolare, il collegio dava atto procedersi con riferimentOai reati descritti ai capi 19) e 39) della rubrica, concernenti: - un furto qualificato ex art. 624-bis cod. pen., commesso il 15/01/2014 in concorso con Sandro Halilovic presso la sede della ditta CERT sita in San Mauro Torinese, in occasione del quale era stato sottratto un furgone, caricato di ulteriore refurtiva (bandelle e cavi di rame, nonché quattro computers portatili) per un controvalore di circa 50.000,00 euro; - un addebito di ricettazione (in ipotesi commessa in Torino, successivamente al beni - venti quintali di prodotti ittici in scatola - provenienti da un ulteriore furto parimenti commesso in San Mauro Torinese. Il Tribunale riteneva fra l'altro infondata, quanto alla posizione dell'Hadovic, una questione sollevata dalla difesa in punto di competenza territoriale con riguardo al reato sub 19), fondata sul rilievo che, per effetto della revisione delle circoscrizioni giudiziarie disposta con il d.lgs. n. 155 del 2012, il territorio del comune di San Mauro Torinese (già facente parte del circondario del Tribunale di Torino) doveva intendersi rientrare nel ridisegnato circondario del Tribunale di Ivrea. In proposito, il collegio sottolineava che il procedimento penale risultava iscritto a seguito di una annotazione di polizia giudiziaria acquisita dal P.M. prima che decorresse un anno dall'entrata in vigore del suddetto d.lgs., derivandone l'applicazione della norma transitoria prevista dall'art. 8 del medesimo testo normativo, secondo cui le nuove previsioni in punto di competenza per territorio non operano per i procedimenti penali pendenti entro il termine anzidetto. In punto di qualificazione giuridica dei fatti contestati ai vari indagati, lo stesso Tribunale confermava poi la correttezza della soluzione adottata dal giudice procedente, secondo cui un furto commesso presso la sede di una ditta, normalmente destinata ad ospitare persone durante lo svolgimento dell'attività lavorativa, deve intendersi rientrare nella previsione incriminatrice ex art. 624bis cod. pen., indipendentemente dal rilievo se il reato venga commesso durante l'orario di chiusura. 2. Il difensore dell'Hadovic propone ricorso per cassazione avverso l'ordinanza indicata in epigrafe, sviluppando tre motivi di doglianza. 2.1 Con il primo motivo, la difesa lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, osservando che nel caso di specie il fatto sub 19) non avrebbe dovuto meritare qualificazione ai sensi del ricordato art. 624bis: il furto in questione, infatti, si assume commesso in tempo di notte presso uno stabilimento industriale adibito alla produzione ed alla vendita di materiale elettrico, senza che vi fossero attività umane di sorta in corso di svolgimento 2 Corte di Cassazione - copia non ufficiale 18/05/2014), in concorso con lo stesso Halilovic ed altri soggetti, concernente presso l'opificio de quo. Ne deriva, secondo la tesi difensiva, che il /ocus commissi delicti non può intendersi assimilabile nel caso di specie ad un luogo di privata dimora, dal momento che tale nozione «non può in alcun modo prescindere dalla presenza effettiva o almeno concretamente potenziale di persone nel luogo ove avviene il furto [...]. Non pare in linea con i comuni canoni ermeneutici ricomprendere nel termine "privata dimora" ovvero "abitazione" un capannone adibito alla produzione industriale, soprattutto allorquando i fatti avvengano in orario notturno, senza la presenza del personale all'interno della Tribunale torinese, laddove si sostiene che il dato della chiusura di un esercizio non possa intendersi discriminante, anche perché - in punto di dolo - la scelta di un luogo e di un orario nella prospettiva di non incontrare chicchessia confligge con l'ipotesi di una puntuale rappresentazione di tutti gli elementi costitutivi del fatto-reato. 2.2 Con il secondo motivo, nell'interesse dell'Hadovic si deduce inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 8 e segg. cod. proc. pen. e 8 d.lgs. n. 14 del 2014. In punto di competenza territoriale, la difesa fa osservare che il procedimento iscritto a carico del ricorrente era in effetti già pendente alla data del 13/09/2013, derivando da una comunicazione di notitia criminis curata tempo prima dalla polizia giudiziaria: quell'informativa, però, riguardava alcuni episodi delittuosi, per quanto analoghi al reato sub 19), che all'epoca si erano ovviamente già verificati, mentre il furto contestato all'Hadovic, come sopra ricordato, risale al 15/01/2014. Se dunque è vero che la normativa transitoria disponeva che i procedimenti pendenti nel settembre 2013 dovessero mantenere la competenza territoriale già radicatasi, ciò non può valere - ad avviso della difesa - per reati addirittura non ancora realizzati: in ogni caso, il difensore dell'Hadovic precisa che l'addebito in questione non presenta alcuna ragione formale di connessione, ai sensi dell'art. 12 del codice di rito, con i reati oggetto di iscrizione precedente nel R.G.N.R. 2.3 II terzo ed il quarto motivo di doglianza sono dedicati a presunti profili di mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione dell'ordinanza impugnata, con riguardo alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell'Hadovic relativamente ai fatti contestati ai capi 19) e 39). Sul primo episodio, si fa presente che i giudici di merito avrebbero sottolineato la rilevanza di un solo elemento indiziario, ovvero una conversazione ascoltata da un ufficiale di p.g. all'interno di un bar, nel corso della quale l'indagato - il giorno dopo il furto - avrebbe prospettato ad altri l'acquisto di un indeterminato quantitativo di rame, che tuttavia nulla autorizza a identificare nel 3 Corte di Cassazione - copia non ufficiale fabbrica». Sul punto, viene pertanto contestata l'interpretazione offerta dal compendio del reato; quanto alla ricettazione, il ricorrente sarebbe stato solo veduto per pochi minuti intento a conversare con due dei presunti correi. 2.4 Con l'ultimo motivo, il difensore dell'Hadovic lamenta analoghi vizi della motivazione anche in punto di esigenze cautelari e di scelta della misura restrittiva ritenuta adeguata al caso di specie: da un lato, l'analisi della sussistenza dei requisiti di cui all'art. 274 cod. proc. pen. appare svolta con riguardo alla generalità degli indagati, senza prendere in esame le caratteristiche personali di ciascuno; dall'altro, non si sarebbe tenuto conto della concreta pena detentiva inferiore a tre anni. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso deve ritenersi fondato, con riguardo al preliminare profilo della dedotta inosservanza di norme processuali. Come segnalato dalla difesa, e come pacificamente emerge dal corpo del provvedimento impugnato, il delitto di cui al capo 19) si assume commesso il 15/01/2014: tale data è abbondantemente posteriore al 13/09/2013, termine ultimo per far sì che un procedimento penale in atto (giocoforza, in relazione a reati già avvenuti e non certo in fieri) vedesse mantenuta la competenza territoriale dell'ufficio giudiziario presso cui risultava pendente. Trattandosi di un reato verificatosi in quel di San Mauro Torinese, il 15/01/2014 era senz'altro operativa la competenza del Tribunale di Ivrea, come ridisegnata per effetto del d.lgs. n. 14/2014, in ragione del /ocus commissi delicti: né l'originaria iscrizione di altra notitia críminis, relativamente a reati neppure formalmente connessi con quello addebitato all'Hadovic, avrebbe potuto dispiegare valenza ostativa, atteso che sulla individuazione del giudice naturale non può incidere la scelta del Pubblico Ministero di far confluire gli atti di indagine su un (nuovo e non connesso) reato in un fascicolo esistente, piuttosto che iscriverne uno ulteriore ed autonomo. Come già rilevato, il Tribunale di Torino ha inteso sottolineare che la notizia di reato iniziale era stata acquisita dall'ufficio del P.M. per effetto di una annotazione del 03/09/2013, «immediatamente successiva al servizio di appostamento del 02/09/2013 in relazione ai fatti contestati nel capo 1) dell'ordinanza impugnata»: il richiamato capo 1), tuttavia, riguarda un reato ascritto al solo Hadzovic Rambo, non solo persona diversa dall'odierno ricorrente, ma financo estraneo agli addebiti sub 19) e 39), di cui qui si discute. 1.2 Quanto al reato di cui al capo 19), in linea di principio, deve dunque affermarsi la competenza del Tribunale di Ivrea. 4 Corte di Cassazione - copia non ufficiale prospettiva della eventuale irrogazione al ricorrente, in caso di condanna, di una Secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di questa Corte, «in caso di incompetenza per territorio del giudice che ha emesso il provvedimento cautelare, rilevata in sede di legittimità, l'ordinanza del Tribunale del riesame deve essere annullata se, ad un preliminare esame della stessa e del provvedimento genetico di applicazione della misura, non si rilevi la necessaria specificazione dei gravi indizi di colpevolezza e l'indicazione delle esigenze cautelari connesse con l'urgenza di adottare la misura; nel caso, invece, di riscontro positivo di tali requisiti, il provvedimento impugnato non va annullato, trasmissione degli atti al giudice ritenuto competente» (Cass., Sez. VI, n. 23365 del 06/05/2014, Lotito, Rv 260280). E' stato altresì affermato che, in caso di riscontro positivo della gravità indiziaria e delle esigenze ex art. 274 cod. proc. pen., l'ordinanza restrittiva non può essere annullata - ferma restando la necessità di dichiarare l'incompetenza - neppure nel caso in cui il provvedimento sia affetto da vizio della motivazione (Cass., Sez. II, n. 11996 del 12/03/2014, Raso). Un diverso indirizzo interpretativo offre invece una soluzione alternativa al giudice dell'impugnazione, demandando allo stesso - una volta rilevata l'incompetenza dell'autorità emittente il provvedimento coercitivo - di «limitarsi a trasmettere gli atti al giudice ritenuto competente, perché [...] provveda nei termini fissati dall'art. 27 cod. proc. pen.» (Cass., Sez. VI, n. 50078 del 28/11/2014, Cicero, Rv 261539; nella motivazione della pronuncia, si è precisato che la disposizione dell'art. 291 del codice di rito - secondo cui si impone al giudice che riconosca la propria incompetenza di valutare l'urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari, prima di disporre la misura - si applica solo quando la declaratoria di incompetenza venga adottata al momento dell'emissione dell'ordinanza cautelare). 1.3 Ritiene il collegio, data la peculiarità del caso di specie, di dover disporre ancora altrimenti, in particolare nelle forme dell'annullamento dell'ordinanza impugnata, ma con rinvio per nuovo esame allo stesso giudice a quo. Analizzando infatti gli ulteriori motivi del ricorso presentato nell'interesse dell'Hadovic, deve rilevarsi che: - a carico dell'indagato sussistono sicuramente gravi indizi di colpevolezza quanto alla sua partecipazione materiale al furto del 15/01/2014 ed alla ricettazione dell'ulteriore refurtiva indicata al capo 39); - le valutazioni esposte dal Tribunale di Torino in punto di ricorrenza delle esigenze cautelari previste dal codice di rito e di ìmprescindibilità della misura coercitiva di maggior rigore, appaiono congrue, compiutamente riferite alla 5 Corte di Cassazione - copia non ufficiale ma deve essere dichiarata l'incompetenza del giudice che procede e disposta la persona dell'Hadovic e prive dei pur lamentati profili di contraddittorietà od illogicità manifesta esposti nei motivi di ricorso; - i giudici torinesi non hanno invece analizzato con il necessario carattere di completezza il problema della esatta qualificazione giuridica del reato contestato al capo 19), dal quale discendono peraltro implicazioni suscettibili di incidere, anche tenendo conto dell'ulteriore addebito (ove lo si ritenga connesso al primo, perché espressivo del medesimo disegno criminoso), sulla individuazione del giudice competente per territorio. gravità indiziaria a carico dell'Hadovic, sia in ordine al delitto di furto che a quello di cui all'art. 648 cod. pen.,.l'ordinanza impugnata si sottrae alle censure mosse dal ricorrente. La ricostruzione del fatto sub 19), come evidenziata dal Tribunale torinese, chiarisce in vero che dalle 21:01 alle 23:47 del 15/01/2014 il cellulare in uso a Sandro Halilovic si trovava nel territorio del comune di San Mauro, e già alle 23:46 il medesimo si era intrattenuto al telefono con tale Marasco, proponendogli l'acquisto di rame; il giorno successivo, lo stesso Halilovic, unitamente a Suvad Hadovic, si era recato dal Marasco (che aveva custodito la merce rubata durante la notte) per perfezionare la vendita, ed era stato proprio l'odierno ricorrente a gestire in prima persona quella trattativa. Al di là dei riferimenti numerici di cui alle conversazioni captate (vuoi al valore, vuoi piuttosto allo spessore dei "fili" di rame, comunque adeguatamente spiegati dai giudici di merito), risulta evidente come l'Hadovic si mostrò dominus di quell'affare già poche ore dopo la commissione del furto, operando insieme a chi ne era stato l'esecutore materiale, lasciando così intendere, sul piano logico, che egli avesse previamente concertato con l'Halilovic il proposito criminoso. Analogamente è a dirsi con riguardo alla ricettazione contestata al capo 39), come risulta dalla successione degli eventi monitorati dalla polizia giudiziaria e di cui viene data contezza a pag. 7 del provvedimento oggetto di ricorso: il 19/05/2014, l'Hadovic aveva infatti accompagnato il più volte ricordato Halilovic ad un incontro con tale Manigrasso, al quale era stato proposto l'acquisto di una parte della refurtiva sottratta in occasione dell'ulteriore episodio indicato in rubrica. Al Manigrasso, avendone poi costui riferito a terzi, era stato sicuramente ceduto un campione della merce, e ciò era accaduto in un contesto riservato che l'Hadovic aveva consentito al complice, lasciando costui da solo con l'acquirente: comportamento, questo, logicamente rivelatore della consapevolezza in capo al ricorrente della natura illecita degli accordi che i due interlocutori avevano inteso perfezionare. 6 Corte di Cassazione - copia non ufficiale 1.4 Con riguardo alla ritenuta sussistenza di una adeguata piattaforma di 1.5 Quanto alle esigenze cautelari, le doglianze della difesa non risultano in alcun modo condivisibili, atteso che il collegio piemontese risulta avere sottolineato dati specificamente riferiti alla persona dell'Hadovic al fine di illustrarne il pericolo di commissione di ulteriori delitti analoghi: oltre alla "professionalità" dimostrata in occasione delle condotte criminose, il Tribunale del riesame ricorda come il ricorrente sia gravato da precedenti condanne per reati contro il patrimonio, oltre che da pendenze per addebiti della stessa indole, precisando come egli avesse dimostrato di non aver subito alcuna efficacia 1.6 In punto di esatta qualificazione giuridica del reato di cui al capo 19), deve ricordarsi che - secondo la giurisprudenza di questa Corte - per luogo di privata dimora non si intende solo quello destinato a fini stricto sensu abitativi, rientrando piuttosto nella nozione anzidetta «ogni luogo non pubblico che serva all'esplicazione di attività culturali, professionali e politiche» ovvero nel quale «le persone si trattengano per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita privata»; è stato così ritenuto ravvisabile il delitto ex art. 624-bis cod. pen. nella condotta di chi, per commettere un furto, si introduca nell'area destinata a deposito merci di uno stabilimento (Cass., Sez. V, n. 33993 del 05/07/2010, Cannavale), nello spogliatoio di un ristorante (Cass., Sez. IV, n. 18810 del 26/02/2003, Solimano), di un cantiere edile (Cass., Sez. V, n. 32093 del 25/06/2010, Truzzi) o di un circolo sportivo (Cass., Sez. V, n. 12180 del 10/11/2014, Dello Buono), ovvero nel ripostiglio di un esercizio commerciale (Cass., Sez. V, n. 22725 del 05/05/2010, Dunca), od ancora all'interno di un bar (Cass., Sez. V, n. 30957 del 02/07/2010, Cirlincione), di uno studio odontoiatrico (Cass., Sez. V, n. 10187 del 15/02/2011, Gelasio), di una farmacia (Cass., Sez. IV, n. 37908 del 25/06/2009, Apprezzo) o di una tabaccheria (Cass., Sez. V, n. 32026 del 19/02/2014, Fonti). Nelle due pronunce richiamate da ultimo, il principio risulta affermato con espresso riferimento alla ipotesi che l'introduzione del soggetto attivo del reato di furto avvenga durante l'orario di apertura di quegli esercizi; per converso, in un caso nel quale la sottrazione di beni presso una tabaccheria era avvenuta in orario notturno, si è invece ritenuto che non ricorrano gli estremi di legge per ravvisare il delitto ex art. 624-bis cod. pen. (Cass., Sez. IV, n. 11490 del 24/01/2013, Pignalosa, precedente segnalato anche nella motivazione dell'ordinanza in epigrafe). Secondo il Tribunale di Torino, che dimostra di non condividere quest'ultimo assunto, il dato della chiusura di un negozio o di una sede aziendale non sarebbe discriminante, in difetto della possibilità di presumere l'assenza di persone ivi impegnate in atti di vita privata o lavorativa: nell'ordinanza impugnata si legge che, argomentando altrimenti, «la natura di Corte di Cassazione - copia non ufficiale deterrente da pregresse esperienze di restrizione in carcere. "luogo di privata dimora" dipenderebbe dalla mera circostanza per cui in quel determinato luogo si svolga in modo "permanente" (e quindi anche durante l'orario di chiusura) o "transitorio e contingente" un'attività lavorativa, con una soluzione alquanto incostante, a seconda della mera presenza o meno sul posto di persone intente in quel frangente a lavorare, e comunque contro quanto affermato costantemente dalla Suprema Corte (che non distingue, appunto, sulla durata dell'attività in questione)». In vero, come appena evidenziato segnalando la casistica esaminata dalla momento della condotta criminosa risulta assai significativo, contrariamente a quanto esposto dal Tribunale torinese; in una sola occasione, _ribadito che il concetto di privata dimora ricomprende tutti i luoghi non pubblici nei quali le persone si trattengano per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita privata, la Sezione Quarta di questa Corte ha ritenuto configurabile il delitto ex art. 624-bis cod. pen. nella condotta di chi si introduca all'interno di un esercizio commerciale anche durante l'orario di chiusura (Cass., Sez. IV, n. 32232 del 10/06/2009, Caglioni: la fattispecie riguardava un furto commesso presso un ristorante, con il soggetto attivo che vi era penetrato - senza chiarire se ciò fosse comunque accaduto in orario notturno - infrangendone la vetrina con un martello). Ad avviso del collegio, è innegabile che il legislatore, attraverso l'introduzione della ipotesi criminosa in esame, abbia inteso riconoscere particolare tutela ai luoghi dove si svolgano atti afferenti la vita privata (compresa quella lavorativa) delle persone: ed è pertanto ragionevole ricavarne la conclusione che in tanto detta peculiare protezione potrà dispiegarsi, in quanto nel luogo di commissione del furto possa essere concretamente prefigurata la presenza di qualcuno, intento anche in via occasionale alle attività de quibus. Una considerazione siffatta viene compiuta dal Tribunale di Torino con riguardo alla possibilità che presso le ditte dove erano stati consumati i reati in rubrica fossero presenti gestori o dipendenti anche durante l'orario di chiusura: si tratta però di un rilievo del tutto astratto, basato sulla generica evenienza che (a seconda del tipo di attività imprenditoriale e/o produttiva esercitata) si richiedesse in quegli opifici una presenza continua di lavoranti, con l'ulteriore chiarimento che in una circostanza - di cui al capo 35), non contestato all'Hadovic - ciò era stato effettivamente riscontrato. Con riguardo al furto sub 19), nulla viene rappresentato circa le caratteristiche dell'attività normalmente svolta presso la ditta C.E.R.T. di San Mauro Torinese, né se rispondesse alla consuetudine od alle esigenze del ciclo produttivo che taluno vi si trattenesse durante la chiusura notturna; il Tribunale segnala soltanto che vennero sottratti 8 Corte di Cassazione - copia non ufficiale giurisprudenza di legittimità, il rilievo dell'apertura o meno dell'esercizio nel anche dei computer, da ritenere prelevati presso uffici riservati al personale, ma parimenti non si comprende perché in quegli specifici locali dovesse normalmente intendersi precluso l'accesso ad eventuali clienti o fornitori. 1.7 L'ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata con riferimento alla ritenuta ravvisabilità del delitto sanzionato dall'art. 624-bis cod. pen., con rinvio al giudice a quo per nuovo esame sul punto. All'esito di tale verifica, il Tribunale di Torino dovrà valutare la ricorrenza di ipotesi di connessione tra i due addebiti ascritti all'Hadovic (segnatamente, espressivi di un unitario disegno criminoso): ove dovesse confermarsi l'attuale qualificazione giuridica del delitto di cui al capo 19), ne_deriverebbe la conclusione della competenza territoriale del Tribunale di Ivrea anche per la meno grave - avuto riguardo ai limiti edittali di pena - ricettazione sub 39). Al contrario, qualora il primo reato meritasse qualificazione ai sensi degli artt. 624 e 625 n. 2 cod. pen. (non risultando contestate aggravanti ulteriori neppure in fatto, dal momento che nella rubrica non si fa menzione dell'orario notturno), reato più grave potrebbe intendersi quello ex art. 648 cod. pen., che si assume commesso in Torino: con la conseguente conferma della competenza già rad icatasi. 2. Si impongono pertanto le determinazioni di cui al dispositivo. Dal momento che dal presente provvedimento non discende la rimessione in libertà del ricorrente, la Cancelleria dovrà curare le incombenze previste dalla norma appresso indicata. P. Q. M. Annulla l'ordinanza impugnata, limitatamente al reato di cui al capo 19), con rinvio al Tribunale di Torino per nuovo esame. Rigetta il ricorso nel resto. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 10/03/2015. Corte di Cassazione - copia non ufficiale qualora entrambi i descritti reati contro il patrimonio debbano intendersi