Mosè e Sargon, San Giorgio Sigfrido e il Drago
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Mosè e Sargon, San Giorgio Sigfrido e il Drago
Mosè e Sargon, San Giorgio Sigfrido e il Drago Le mitologie accompagnano l'uomo sin dalla nascita delle civiltà. Ma la mitologia è sempre utile a far sognare la società o in taluni casi è dannosa perché imprigiona la coscienza dell'essere, impedendogli di percepire la realtà? Noi crediamo che non sempre la mitologia porta della sufficienza all'uomo. Lo fa sognare sì ma lo inganna quando questa viene stravolta dalla presunzione di scribacchini che codificano a loro piacimento ed interesse personale, il messaggio originale dall'intenso significato. Senza contare quando la mitologia diventa pura trasformazione nella menzogna sociale. Inoltre, non possiamo accaparrarci mitologie che non ci appartengono in quanto il gesto potrebbe essere definito come una sorta di ladrocinio di identità altrui, senza contare che ci accolliamo di una misticità che a volte non ha nulla a che fare con le nostre più profonde radici culturali. Se ci appropriamo di leggende che non ci appartengono, la favola continuerà a far sognare bambini creduloni, ma il nostro immorale agire non ci porterà a nulla e la società non uscirà mai dal buio. Oggi conosciamo mitologie che sono state sfatate dall'archeologia e dal buon senso razionale dell'uomo in quanto furono dettate solo da superstizioni primitive, mentre altre credenze popolari a volte si sono rivelate veri e propri fatti storici realmente accaduti (es. mito delle amazzoni, mito di Troia). Quando la narrativa comunica con troppa facilità e fantasia non si dovrebbe più parlare di mitologia, ma il messaggio dovrebbe essere inteso solamente come una favola allegorica adatta ai più piccini oppure ai grandi sognatori. Chi racconta, ha il dovere morale di aiutare il lettore a comprendere il più possibile la realtà degli argomenti andando alla radice dei fatti e non facendosi suggestionare e traviare troppo dall'immaginazione. Oggi vogliamo parlare di alcuni miti molto importanti diffusi ancora oggi nella nostra società che, dal lontano mondo antico, la storia o interpolazioni di pura fantasia hanno fatto giungere fino a noi. Così racconteremo di Mosè nelle “vesti” di Sargon, San Giorgio e l'analogia con il leggendario Sigfrido, quando il drago per ragioni esclusivamente di credo religioso e superstizioso, nonché di distorta interpretazione popolare, deve essere soppresso. La mitologia nell'uomo entra spesso in gioco per dargli più forza e potere di convincimento popolaresco in eroiche azioni che devono risaltare coraggio, orgoglio ed invincibilità. L'immancabile eroe obbligatoriamente nelle vesti dell'impavido guerriero, prende così la sua forma e il suo destino verrà poi legato, arrangiato, modellato a piacimento ad ogni tradizione e a mille identità. Come abbiamo detto in altre occasioni, quando vennero scritti i primi libri della bibbia, i relatori furono senza dubbio condizionati dalla cultura, dalla letteratura di popoli loro confinanti, precursori involontari della nascita di una nuova religione che doveva essere diffusa esclusivamente per vitalizzare un popolo emergente, che voleva collocarsi al centro dell'attenzione comunicando una propria identità. Così ancora una volta per trasmettere ed espandere una nuova fede e dar forza a una prorompente cultura ebraica si doveva tra mille altre condizioni, esaltare nuovi miti. Per dare coraggio ad un popolo rimasto per qualche migliaio di anni schiacciato, emarginato da un lato dalla possente cultura Egiziana e dall'altro dall'impero SumeroBabilonese occorrevano molti eroi, personaggi e leggende da rifare e modellare al fine di inventare in qualche modo un passato e costruire un presente che aprisse le porte al futuro di una nuova nazione. Ed è proprio da Babilonia o Babele, “La Porta di Dio” che vengono estrapolati i più importanti concetti di cultura e civiltà mesopotamica essendo la città più importante dell'impero babilonese, una città multietnica. Babilonia, “Babilonia la Grande”, la madre di tutte le città dove i suoi antichi eroi ed i suoi Dei soggiornavano e vivevano nel folclore di una misticità dalle origini del tempo. Uno dei suoi grandi eroi, fu il mito di Sargon. Sargon, il grande Re del mondo antico di Mesopotamia e Anatolia. Sargon, nella figura di protettore del suo popolo, di uomo giusto che combatte contro i Re tiranni e portatori di schiavitù, eroe di mille battaglie e mille vittorie perché un regno che si rispetti ha bisogno di un fondatore ideologico e guerriero che porta un' impronta al futuro del suo popolo. E così la leggenda vuole la sua nascita tormentata e a rischio di vita. Un'anonima madre lo partorisce in segreto e lo affida all'interno di un cesto di paglia sulle acque dell'Eufrate. Per volere della grande Dea Ishatar viene salvato da Akki, il giardiniere del Re. Questi lo alleva come un figlio e una volta cresciuto, Sargon rivestirà la carica di funzionario del proprio Re Kis. In seguito però diverrà suo acerrimo nemico, lo combatterà con tutte le sue forze e alla fine il trionfo di Sargon avrà la meglio iniziando la nuova dinastia di Akkad. Circa 1500 anni dopo, questo racconto viene rivisto e affidato ad un nuovo personaggio mitologico nella figura di padre e salvatore, il liberatore per eccellenza del suo popolo, una comunità in espansione che vuole crescere ed essere indipendente, avere un proprio regno e liberarsi più che da una parziale schiavitù fisica, sottrarsi ad una schiavitù reale psicologica. Mosè il salvatore, libera il suo popolo dall'Egitto e incita gli Israeliti qualche secolo più tardi con il suo divino messaggio ideologico e biblico a combattere per fuggire dalla tirannia di Nabucodonosor. La leggenda che lo fa nascere è fuori ogni dubbio una riproduzione del mito di Sargon, eroe tormentato, guerriero e vittorioso. Mosè appena nato, verrà abbandonato all'interno di un cesto di paglia e affidato al sacro fiume Nilo. Salvato dalle acque secondo il volere di Dio, verrà cresciuto nella casa del faraone divenendo poi come sappiamo il suo più acerrimo nemico. Esodo 2,10 “Quando il bambino fu cresciuto, lo condusse alla figlia del faraone. Egli divenne un figlio per lei ed ella lo chiamò Mosè, dicendo: «Io l'ho tirato fuori dalle acque!». Curiosa anche la frase appena citata nella bibbia. Infatti Akki viene definito nella leggenda della nascita di Sargon “l'estrattore d'acqua”. Il testo integrale del racconto, per una approfondita lettura, si trova su tavoletta di argilla conservato al Louvre di Parigi. Sargon, “l'eroe salvato dalle acque” cosi come Mosè raccolto dal Nilo e Romolo e Remo scampati dalle acque del Teverone, naturalmente sempre trovati all'interno di una capiente cesta galleggiante. Passiamo ora dall'ebraismo al cristianesimo. Per dare vigore ad una galoppante fede che propone un nuovo messaggio divino, gli eroi e guerrieri qui vengono battezzati prima che con il loro nome, martiri e santi. Uno dei tanti è la caricatura di San Giorgio. Ma chi era San Giorgio? Turco di nascita e santo martire secondo la tradizione cristiana, storicamente non si ha nessuna notizia certa dell'esistenza del personaggio. Secondo una leggenda si arruola nell'esercito di Diocleziano, secondo un'altra al servizio di Daciano imperatore di Persia. Dopo un periodo glorioso e di valoroso soldato che milita in uno dei due eserciti (a vostra scelta) ecco il supplizio e il martirio. Pentitosi delle proprie azioni e illuminato da una nuova fede, dona ai poveri tutti i suoi averi e si confessa cristiano. Torturato a sangue, ha una visione di Dio che gli predice morte e resurrezione per tre volte. Alcuni dei suoi immancabili miracoli lo vedono auto resuscitarsi dopo che il suo corpo è stato tagliato in due con una ruota di lame. Resuscita persone morte da quattrocentosessant'anni e alla fine di mille cleromanzie, viene decapitato dall'imperatore, uno dei due citati, anche se il più gettonato dovrebbe essere Diocleziano. Questo perché il santo martire è sempre stato conteso tra il cristianesimo e la religione musulmana che lo considera semplicemente un profeta. Come ogni martire e santo che si rispetti, lo si vuole raccontato anche in una leggenda più fantasiosa che rara. L'eroe deve uccidere un drago funesto che travaglia gli abitanti di una città schiava del mostro. E così dopo aver benedetto tutti i cittadini con preghiere e battesimi, glorioso e vincente parte alla riscossa della bestia. Dopo una battaglia feroce uccide il mostro con un solo colpo, in taluni casi gli mozza l'orecchio abbattendo così ogni sua forza. Il martire e santo Giorgio oggi è ancora vivo tra i fedeli che lo esaltano nelle vesti dell'eroe coraggioso e temuto dal male, anche se la chiesa stessa nel 1969 lo ha decretato come un santo facoltativo, probabilmente rendendosi conto che il curriculum del santo era così esageratamente assurdo da non poter essere accettato e creduto da fedeli moderni. Nella religione cristiana spesso il drago deve essere ucciso. Anche San Demetrio, San Teodoro, San Mercuriale e molti altri uccidono un drago. L'eroe degli eroi nella mitologia norrena e germanica sembra essere invece un certo Sigfrido. Chi era Sigfrido? Come al solito non si hanno notizie certe dell'esistenza di questo personaggio. Tutto quello che sappiamo è che spicca come un valoroso e principale guerriero nella stesura dell'Edda che combatte contro le forze del male. Sigfrido, una sorta di semi-dio eroe del suo popolo che, ad un certo punto di tutta una storia molto avvincente da raccontare, deve uccidere un drago. Ora ci poniamo una domanda: “Perché questo drago deve essere sempre ucciso? Che avrebbe fatto di male?” Non è possibile che tutti ce l'abbiano con questo povero animale. Allora, prima di procedere e tirare le somme anche con la figura dell'eroe norreno vediamo la rappresentazione del drago nell'antichità e nel medioevo. Il drago o il serpente nelle culture orientali fin dall'antichità è sempre stato un simbolo positivo, custode del sapere e della vita. A volte principale divinità. Questo “mostro” cosmico a volte è un Dio che si sacrifica dando origine all'universo e alla vita dell'uomo. Vrtra, è un enorme serpente che vuole essere sacrificato anche per volere di suo fratello Indra, il Dio vedico guerriero. Il Dio rettile deve essere tagliato a metà. Di una parte si formerà il sole mentre dell'altra la luna. Dal suo stomaco fuori usciranno i pianeti, l'universo materiale e tutto ciò di cui ha bisogno l'uomo per vivere, in particolare abbondanza l'elemento più importante per la sopravvivenza di ogni essere vivente: l'acqua. Rimarchiamo quindi che Vrtra deve essere ucciso o meglio dire vuole essere ucciso, sacrificato, ma non perché malvagio o scomodo per qualcuno. Tutt'altro. Il serpente o il drago, nell'antica Grecia e presso i romani, era simbolo generalmente positivo, sempre custode di tesori nascosti. La figura del drago viene richiamata dall'enorme serpente adorato e divinizzato a tal punto che molte famiglie romane tenevano nelle loro case innocui ma “mostruosi serpenti” come animali domestici. Poeti e scrittori di allora si sbizzarrirono a presentarlo sotto ogni forma di immaginazione possibile ed impossibile esaltando tutta la sua misticità. E' nella mitologia greca che il drago è il più stimato. In ogni racconto popolare viene citato qua e là come il Pitone figlio di Gea, la Dea primordiale, o il drago Ladone custode del giardino degli Dei. A secondo della locale tradizione, nonostante a volte fosse descritto in modo estremamente terrificante, generalmente non veniva mai ucciso e quando questo accadeva, raccontava comunque di rivalità, invidia e sete di potere tra gli stessi Dei. In altri racconti invece il drago veniva ingannato e soppresso puramente per rubargli un tesoro, metafora di una preziosa ancestrale saggezza che poteva possedere soltanto una forma identitaria Divina. In questo caso quindi, il drago che si vuole uccidere, vuole sottolineare l'azione infamante dell'uomo perfido ed egoista, avido, ladro e assassino. A un certo punto della millenaria storia, la figura del drago assume sempre di più contorni negativi e maligni fino a presentarlo addirittura come il fantomatico demonio in persona, simbolo del male per eccellenza. Nella cultura Abramitica, (ebraismo cristianesimo islam) il drago e il serpente diventano una presenza estremamente negativa nei confronti dell'uomo. La cultura del drago cattivo e malvagio si espande soprattutto in occidente con l'arrivo del cristianesimo e la dominazione della chiesa nel medioevo, ma non è un caso. Come abbiamo accennato nel nostro articolo numero 6, ogni religione nel corso dell'evoluzione umana è sempre stata, nel bene o nel male, dominatrice della coscienza dell'uomo e ha dettato ogni forma di potere persuasivo nei suoi confronti. Il messaggio primordiale della rettile figura divina deve essere assolutamente ribaltato, demonizzato per dare spazio ad una nuova fede. Il drago buono deve essere ucciso, sepolto, segregato nell'oscurità perenne perché testimone di un'ancestrale passione che andava a competere ed impedire la nascita di una nuova religione. Vrtra da Dio del cielo che si sacrifica per l'umanità, diventa il male in persona. Decade tutta la sua positiva mitologia che verrà condannata sotto un mare di svariate interpretazioni più negative che assurde e che convogliano acqua al proprio mulino. L'antico “mostro alato” del cielo viene isolato in ogni dove e sommerso negli abissi oscuri del mare. Così il nuovo “mostro” cambia nome, diventa il mostro marino biblico Leviatano in una descrizione terrificante in Giobbe 3,8 Giobbe 40 e 41. Diventa Bel (Baal) in Daniele 14,28 e ancora, lo vediamo descritto come il drago rosso dalle sette teste nell'apocalisse di Giovanni capitolo 12. Ma tutto ciò ha una ragione precisa, storica e psicoanalitica dell'argomento. Torniamo quindi indietro nel tempo e ripartiamo dall'ebraismo per comprendere meglio l'etimologia del cattivo drago. I primi libri della bibbia vengono scritti quando il popolo ebraico subisce una forte deportazione di massa dalla giudea per volere del Re Nabucodonosor nel -597. L'odio degli ebrei verso il popolo babilonese e il suo Re tiranno, accresce nella città di Babilonia a tal punto da studiare una mossa cosi fine ed astuta che cambierà lentamente ma inesorabilmente la storia del popolo ebraico nei secoli a venire. Per incominciare bisogna demonizzare gli antichi simboli di un regno al quale non si sentono appartenere. Uno dei più importanti idoli della città nemica del popolo di Israele è il Mushussu, il drago serpente di Marduk, Dio principale del Pantheon di quell'area Mesopotamica. Questo passaggio è importantissimo per comprendere come la fama del drago cattivo si riverserà più tardi in Europa con l'arrivo del cristianesimo. Daniele 14,23 “Vi era un gran drago e i Babilonesi lo veneravano. Il Re disse a Daniele: Non potrai dire che questo non è un Dio vivente; adoralo dunque. Daniele rispose: Io adoro il signore mio Dio perché egli è il Dio vivente. Se tu me lo permetterai mio Re io senza spada e senza bastone ucciderò il drago.” Babilonia la Grande, città degli Dei avversi alla nuova religione. Prigione culturale del popolo ebraico, meretrice dei suoi Re, nel corso dei secoli verrà completamente demonizzata e umiliata anche attraverso dipinti medioevali cristiani, quando la rappresentazione dell'antica città è vergognosamente esaltata da una donna prostituta che cavalca il drago malvagio di Nabucodonosor (che poi sarebbe sempre il drago dell'apocalisse di Giovanni) che precipitando sulla terra dopo una furiosa lotta con gli angeli di Yahweh, impregna di tentazioni cattive le coscienze dell'uomo. Quest'ultimo, per potersi salvare dal “diavolo cattivo”, deve affidarsi nelle mani di un'ennesima disperata religione alla ricerca di consensi e conversioni prima che spirituali, estremamente materiali, attraverso il subliminale messaggio della pittura che propaganda la tentazione e il terrore di una reale presenza oscura demoniaca. E chi mai potrebbe essere “quell'antico serpente” ora chiamato Satana e che non può più avere un posto nel cielo? Il seguente passaggio non lascia spazio a nessun dubbio di ciò che sosteniamo quindi a voi la risposta. Apocalisse di Giovanni 12,7-9 “Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva assieme con i suoi angeli ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande Drago, il serpente antico colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli.” Tornando indietro nel tempo, e chiudendo questa triste parentesi, cerchiamo ora di capire come nasce realmente, “scientificamente” la figura del drago. Come sappiamo gli antichi osservavano minuziosamente le stelle e davano loro rilevante importanza più di quanto oggi l'uomo moderno ne possa apprendere l'intenso significato. Quando il buio calava, un cielo limpido stellato e solitario inquietava la sopravvivenza dell'uomo, ma allo stesso tempo esaltava la sua fantasia collegando in qualche modo gli astri alle creature terrestri. Ebbene tutte quelle civiltà che sorsero nell'emisfero boreale del globo terrestre, ebbero modo di studiare e fantasticare su quell'animale gigantesco che imperava sopra le loro teste durante la notte. La costellazione del dragone, la costellazione più immensa e suggestiva della volta celeste che con la sua coda raggiunge i confini di latitudine boreale. L'immensa lunghezza del serpente termina con una enorme testa formata da quattro luminosissime stelle più la principale, Thuban la stella polare quando circa 5000 anni or sono, era la più luminosa che indirizzava l'uomo a muovere i suoi primi passi alla scoperta del pianeta terra. La stella polare oltre che ad essere la più luminosa del cielo visibile allora, era un ottimo riferimento cardinale nella navigazione marittima e negli spostamenti territoriali delle prime comunità intelligenti. La costellazione del dragone, per la sua posizione strategica, è ancora oggi astronomicamente definita circumpolare, perché non tramonta mai all'orizzonte come mai tramonterà il suo mito. A questo punto, ora che abbiamo compreso la reale, positiva figura del drago, non crediamo più che sia azione saggia uccidere il simbolico rettile e possiamo tirare le somme anche con l'immagine dell'eroe norreno. Siamo convinti che Sigfrido non avrebbe mai ucciso un drago. Andando a concludere spieghiamo brevemente anche il perché di questa nostra logica deduzione. Tutto ciò che sappiamo oggi sulla mitologia norrena ci perviene per la maggior parte da due personaggi dell'epoca. Saxo Grammaticus uno storico medioevale Danese che lavorava al servizio del vescovo Absalond di Lund e un certo Snorri Sturluson politico e scrittore cristianizzato che scrive l'Edda e che racconta della mitologia nordica. Ma siamo davvero sicuri che durante le loro composizioni non si fecero condizionare dalla nuova religione? Dobbiamo innanzitutto tenere conto che fino all'anno 1000 tutte le credenze popolari d'Islanda e dintorni venivano trasmesse oralmente. Ma già dal 900 le Volva, sacerdotesse veggenti vere custodi dell'origine delle tradizioni Islandesi sono già state tutte sterminate o annullate dall'invasione culturale della nuova religione, almeno in tutta quell'area dove viene composta l'Edda di Sturluson tra il 1200 e il 1300. Quindi in pieno Medioevo. Come abbiamo visto prima, il drago oramai ha già assunto una forma, una personalità troppo malvagia per poterlo esaltare in altre soluzioni. Ora non è detto neanche che il narratore lo abbia fatto coscientemente apposta a proporre un drago che a tutti i costi doveva essere ucciso, ma di sicuro chi scrive l'Edda è inconfutabilmente condizionato dalla nuova religione, per tutti i motivi che vi abbiamo spiegato. Ribadiamo che Sigfrido non avrebbe mai ucciso un drago perché per le antichissime popolazioni nordiche come quelle orientali, quel dragone che volava alto nel cielo limpido e stellato doveva apparire non solo a volte come una vera e propria divinità, ma sicuramente custode della notte e dell'uomo, temuto magari, ma quel suo tesoro nascosto rappresentava tutta quella sapienza, quei segreti dell'universo che illuminavano assieme alla stella polare, reali tradizioni di popoli lontani. Noi non vogliamo screditare nessuna mitologia, ma quando qualsiasi tipo di informazione anche leggendaria viene estrapolata, manipolata e corrotta a propria fantasia nell'inganno religioso o culturale, crediamo come al solito fermamente che l'agire possa portare solamente confusione identitaria agli individui e quindi alla società. La mitologia non è più sacra e attendibile quando viene modellata a proprio gusto e piacimento perché, distorcendo la realtà dei fatti, può solo considerarsi menzogna collettiva. Il drago cosmico, della primordiale leggenda e nella sua classica e semplice immagine generale, rettile mitologico al quale è sufficiente attribuirgli una sola testa, rimane per noi simbolo di forza e coraggio. Sarà per sempre un animale di fantasia, che rappresenta bontà e positività dell'essere umano, nonché simbolo di rinascita di vere tradizioni perdute nel tempo, che riaffiorano e si affidano nelle mani di una futura società che vuole vivere nella speranza di un mondo migliore ma soprattutto sincero. Per tutto ciò che crediamo o non crediamo, il drago non deve essere mai più ucciso ma semmai risvegliato all'interno e fuori delle nostre coscienze. Scriveteci e commentate pure ogni nostro articolo. Grazie. [email protected]