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21/XV Bataillon Volontaires Etrangérs
“non sono marocchini … sono italiani” gridavano le staffette partigiane ai valligiani che si
affollavano ai lati della strada mentre le campane della Valle Stura suonavano a distesa. Era il 28
aprile 1945 ed il battaglione 21/XV B.V.E. avanzava cantando canzoni popolari e sventolando il
tricolore italiano. Stava terminando l’avventura iniziata l’estate precedente di tanti italiani.
Lo sfondamento di Patton ad Avranches in Normandia, l’insuccesso del contrattacco tedesco a
Mortain e lo sbarco alleato dell’agosto 1944 sulle coste della Provenza, indussero Hitler ad ordinare
il ripiegamento generale a est di tutte le forze tedesche in Francia. In Provenza, consolidate le teste
di sbarco ed eliminate le sacche di resistenza di Tolone e Marsiglia, gli americani della 7°US Army
del generale A. M. Patch ed i francesi della 1°Armée del generale Lattre de Tassigny, si lanciarono
all’inseguimento della 19°Armata Tedesca del generale F. Wiese lungo la valle del Rodano fino alla
“Trouée de Belfort” (Porta di Belfort).
Gruppi di combattimento della 2°D.I.M. (Division Infanterie Marocaine) e successivamente della
4°D.M.M. (Division Marocaine de Montagne) si portarono nel Delfinato e Savoia a copertura delle
linee di comunicazioni tra la 1°Armata Francese e i porti del Mediterraneo. A sud, nell’Ubaye e
Alpi Marittime i paracadutisti della 1°A.B.T.F (Air Borne Task Force) e la 1°S.S.F. (First Special
Service Force) incalzavano la retroguardia tedesca fino al confine italo-francese. (1)
All’alba del 28 agosto, a Nizza, un gruppo di insorti in prevalenza italiani delle F.T.P.F. (Franc
Tireurs Partisans Françaises) e delle M.O.I. (Main d’Oeuvre Immigrée) attaccarono al passaggio a
livello ferroviario di Gambetta-Cessole i tedeschi che ripiegarono lasciando sul terreno 8 morti. E’
l’inizio dell’insurrezione popolare per la liberazione di Nizza. I patrioti italiani immediatamente
occuparono in armi la “Casa degli Italiani”, impedendone il saccheggio e la distruzione da parte
degli estremisti xenofobi francesi, accorsi a cose fatte. Questi dovranno limitare il loro risentimento
bruciando nella strada antistante un tricolore italiano.
Gli americani, fermi sulla linea del fiume Var, avanzarono occupando il 30 Nizza e Villafranca. I
tedeschi si ritirano dalla Corniches lasciando una forte retroguardia sulla linea Cap-d’Ail-La Turbie.
Il 3 settembre il forte di Mont Agel è conquistato, la corazzata Lorraine bombarda Mentone, la “cité
des citrons”, la linea di resistenza cede e gli americani inseguono i tedeschi in ritirata.
Il 6 settembre 1944 elementi della Resistenza locale e commandos della 1°S.S.F. entrano in
Mentone. La retroguardia tedesca ripiega attestandosi sul confine di Ponte San Luigi. L’8 settembre
viene preso il fortino francese di Ponte San Luigi e nell’azione muore un gendarme francese ed il
tenente canadese La Porte, comandante del reparto della 1°S.S.F.. Termina così la prima fase della
battaglia per la liberazione delle Alpi Marittime. I pionieri tedeschi demoliscono le opere stradali e
ferroviarie tra Mentone e Ventimiglia. L’Intemelia diviene la prima linea del fronte fino all’aprile
del 1945.
Un non mai chiarito messaggio, trasmesso da radio Londra ed Algeri e poi ripreso da Roma,
annunciava il 2 settembre 1944 la liberazione di Ventimiglia. La notizia fu accolta con entusiasmo
dagli italiani rifugiati in Francia che, prima della smentita, si mossero con ogni mezzo per rientrare
in Italia rimanendo poi bloccati sul confine.(2)
Nella Casa degli Italiani di Nizza si erano installati il comando delle M.O.I. e il comitato del C.I.L.
(Comité Italien de Libération) che provvidero alle prime misure di sostentamento e all’alloggio di
tutti gli italiani sopraggiunti. Come in altri dipartimenti francesi si manifestò l’intenzione di formare
un reparto combattente di volontari italiani, da chiamarsi “Garibaldini delle Argonne”, che
affiancasse le forze armate francesi. Allo scopo si selezionarono tutti gli italiani ritenuti idonei. Le
destre e i circoli militari gollisti non vedevano favorevolmente la presenza militare italiana su di un
confine che si intendeva modificare. Le pressioni di questi gruppi fecero fallire l’iniziativa ed i
comitati italiani, assodata l’impossibilità di creare propri reparti, invitarono i volontari
all’arruolamento nel costituendo battaglione stranieri.
I gruppi estremisti italofobi non erano numerosi ma erano ricchi di mezzi e sostenuti dal clero e
dalla stampa di destra la quale si impegnò in una violenta ed indiscriminata campagna contro gli
italiani, in quanto tali. L’aggressione fascista del giugno 1940 e la successiva occupazione del
novembre 1942 diedero spazio alle ragioni della “doléances” nei confronti dell’Italia.
Fortunatamente questi eccessi di fanatismo intollerante trovarono la ferma opposizione della
maggioranza della forze politiche progressiste al governo della Delegazione Speciale di Nizza (3)
che respinsero tutte le richieste velleitarie delle destre, permettendo alla comunità italiana, già
provata dalla condizione d’emigrati e dalla guerra, di non avere troppi problemi.
Uno dei primi atti del governo provvisorio francese, presieduto dal generale De Gaulle, fu lo
scioglimento delle formazioni della Resistenza in tutto il territorio liberato. Questa decisione sarà
per la Resistenza francese la rinuncia della speranza di creare una nuova armata francese, nata dagli
ideali della lotta contro l’occupante nazi-fascista. Il governo procede al controllo (l’amalgame) delle
formazioni F.T.P.F. e F.F.I. (Forces Françaises de l’Interieur) facendole confluire nelle truppe
dell’Armée d’Afrique (1°Armée française).
Il generale di divisione aerea Cochet, delegato militare per il settore d’operazioni sud, il 28 agosto
1944 nomina comandante della circoscrizione militare di Nizza il colonnello Lanusse. La missione
è quella di affiancarsi alle truppe americane nelle operazioni militari sul fronte della Alpi Marittime.
Si costruisce il Groupement Alpin Sud (G.A.S.). Vengono radunati tutti i combattenti, raggruppate
armi ed equipaggiamenti. I materiali sono recuperati dai magazzini francesi e dai surplus americani,
ma non mancavano quelli tedeschi ed italiani. Vennero richiesti 4000 elmi alla difesa civile delle
Alpi Marittime, ricevendone 3000.
Si formarono 6 battaglioni leggeri con volontari francesi: Estérel 9, Estérel 12, Riviera 18 Corniche
22, Corniche 24 e Riviera 25. In un settimo battaglione, 74° Bataillon Haute Tinée, vennero
radunati tutti i volontari stranieri.(4)
Dell’organizzazione del costituendo Raggruppamento di Volontari Stranieri venne incaricato il
maggiore Michel.(5) Si formò un battaglione di marcia più una compagnia deposito; era l’atto di
nascita di quello che sarebbe diventato il 21/XV Bataillon Volontaires Etrangérs. La selezione dei
volontari fu particolarmente delicata. Molti candidati mancavano dei requisiti richiesti dalla vita
militare o non potevano esibire la documentazione comprovante l’estraneità con l’occupante nazifascista. Furono riconosciuti i gradi acquisiti nelle precedenti esperienze militari, comunque per
l’esercito francese rimanevano sempre “fictifs, temporaires et révocable”. A fine settembre
l’afflusso dei volontari italiani si fece consistente, iniziarono ad arrivare gli scaglioni arruolati dal
C.I.L. e dalle M.O.I., fra questi alcuni gruppi di partigiani provenienti dall’Italia.
Alla costituzione del battaglione, il 27 settembre, già militavano 460 volontari; a fine reclutamento,
il 20 ottobre, si era ad oltre 800 volontari che, per la fine del 1944, avrebbero raggiunto il migliaio.
L’arruolamento massiccio degli italiani si sarebbe rilevato determinante sul piano quantitativo ma,
soprattutto, sul quello qualitativo, per la presenza di numerosi militari veterani sia della IV Armata
che ex prigionieri dei tedeschi liberati dagli Alleati.
Il battaglione era dotato di autonomia amministrativa. L’Intendenza Militare di Nizza ebbe dei
problemi nella fornitura degli equipaggiamenti tanto che, alla metà di settembre 1944, i primi
volontari si trasferirono in Valle Tinea con abiti e calzature civili. Dopo circa un mese arrivarono i
primi equipaggiamenti: per gli ufficiali e la compagnia comando una divisa americana e una
francese per tutti gli altri. Normali le calzature nonostante la definizione da montagna dei reparti.
Patriottiche donazioni pubbliche contribuirono significativamente ad integrare l’abbigliamento
intimo invernale.
Il vettovagliamento, considerato il momento, fu sempre sufficiente. La vicinanza americana poi
contribuiva considerevolmente al miglioramento della qualità del rancio. Durante le operazioni
venivano distribuite le “famose” razioni K americane. Occasionalmente, con scambi in natura con i
valligiani, si potevano gustare i tanto agognati piatti nazionali. Nel passaggio in Valle Stura, la
primavera successiva, ci furono difficoltà per il vettovagliamento. Il 29 aprile, nei pressi di
Demonte ci fu un aviolancio di rifornimento.(6) Anche la successiva apertura del Colle della
Lombarda non fu sufficiente e, durante l’occupazione a Borgo San Dalmazzo, si pervenne ad un
accordo con il locale C.L.N (Comitato di Liberazione Nazionale) per lo scambio di viveri italiani
contro carburante francese.(7)
Per l’armamento si utilizzarono tutte le armi disponibili, poi standardizzato con quelle dei lanci
alleati per la Resistenza francese. Come arma individuale fu distribuito l’Enfield, per i sottufficiali
lo Sten e come arma di squadra il F.M. Bren. Questo non impedì le dotazioni “personali” che
comprendevano armi di tutti i tipi e provenienze. Si integrò l’armamento con i fucili Mauser, le
mitragliatrici MG 42 e le Stielgranade catturate. La compagnia armi comprendeva quattro
mitragliatrici Browning da 7,62 mm. e due pesanti da 12,7 mm., più due mortai italiani da 81. Gli
americani organizzarono un corso sulle loro armi ed ogni battaglione inviò due sottufficiali. I due
rappresentanti del battaglione raccolsero un bazooka scartato dagli americani e con l’italica arte
dell’arrangiarsi lo ripararono recuperando al battaglione la sua arma controcarro.
Il parco macchine era costituito da automezzi civili requisiti e comprendeva un autocarro, una
camionetta, più alcune autovetture. Le motociclette dei porta ordini erano di loro proprietà. Una
autoambulanza inutilmente richiesta per lungo tempo, fu concessa solamente negli ultimi giorni di
guerra. Fortunatamente la vicinanza dei posti di soccorso americani non fecero mai mancare
all’urgenza una delle loro, come non mancò mai il loro generoso apporto in medicinali e strumenti
medici. Del servizio sanitario era responsabile il tenente medico Stolear e due ufficiali medici
italiani, i tenenti Francesco Quaglia e Antonio Santelmo. Qust’ultimo, valido chirurgo, intervenne
in prima urgenza direttamente nell’infermeria del battaglione salvando molti feriti.
Nel battaglione erano presenti volontari di 23 nazionalità, di differenti religioni e idee politiche.
Queste nazionalità erano rappresentate da pochi elementi, a volte anche da solamente un’unità. I
gruppi più consistenti erano una trentina di repubblicani spagnoli e una sessantina di francesi, questi
ai primi d’aprile del 1945 passeranno a reparti nazionali. Tutti gli altri, oltre il 90%, erano italiani.
La lingua ufficiale del reparto era il francese, nella 2°, 3° e 4° compagnia gli ordini venivano
impartiti in italiano.
L’arruolamento dei volontari erano motivati da scelte personali, dal desiderio di rivincita o più
semplicemente dalla difficoltà di sostentamento del momento o dai timori per l’internamento
francese. Le diverse scelte d’ingaggio come le diverse opinioni politiche, dagli ufficiali monarchici
ai partigiani comunisti, non impedirono ai volontari italiani un’intransigente difesa della propria
nazionalità, ostentata con puntigliosa e irragionevole testardaggine in ogni occasione e contro tutti.
La tensione creatasi e la sensazione che vi fossero degli intrighi xenofobi nei confronti degli italiani
spinsero gli ufficiali ad esaminare la possibilità di trasferirsi con tutti i volontari italiani nell’Italia
del sud per arruolarsi nel Regio Esercito. Anche motivi banali creavano contrasto, come la bandiera
francese issata ogni mattina affiancata sullo stesso pennone da una fiamma con i colori italiani.(8) Il
giorno in cui proibirono la fiamma italiana sparì, misteriosamente, la bandiera francese e,
all’unanimità, si decise l’abolizione dell’alza bandiera. Durante la visita del ministro delle
propaganda francese il battaglione, già schierato in rappresentanza, venne sostituito, senza motivo,
dal 22/XV con bandiera francese. La faccenda fu presa come provocazione e negli accantonamenti
fu esposta la bandiera italiana. Il comandante, irritato, sequestrò la bandiera e ordinò una punizione
contro l’opinione degli stessi ufficiali francesi del battaglione.(9) La punizione consisteva in 30
giorni di arresti semplici. Significava il normale servizio senza “libera uscita”, praticamente non
cambiava nulla in quanto, in mancanza di alternative, già tutti restavano negli accantonamenti nel
tempo libero L’esibizione della bandiera nazionale non era un ottuso nazionalismo ma quanto di più
concreto rimaneva della Patria, degli affetti famigliari e delle case lontane. Nonostante le
proibizioni, la bandiera italiana sortiva dagli zaini appena se ne presentava l’occasione. Nel febbraio
1945, durante il trasferimento del battaglione in Tinea, transitando per Nizza, da un autocarro
sventola salutata festosamente dalla popolazione.
Alla fine del dicembre del 1944 il Comité de Défence Nazionale promulgava un decreto che
stabiliva una nuova normativa sullo statuto degli immigrati. Gli italiani in Francia si trovarono in
una situazione molto complicata. Il governo gollista, forte della non partecipazione alle trattative
dell’armistizio dell’8 settembre e della denuncia unilaterale del governo del sud dell’armistizio di
Villa Incisa, assunse delle posizioni rigide e gli italiani di Francia si trovarono tra i “sudditi nemici”.
Certe intransigenze politiche, applicate dalle autorità centrali, trovarono facili escamotage nei
responsabili locali per la comune militanza nella Resistenza ma principalmente per l’impossibilità
di privarsi dei migliori reparti militari presenti nel settore.
La disciplina era regolata dalle norme dell’esercito francese. All’interno del battaglione i volontari
si erano dati un “codice d’onore”, accettato e rispettato da tutti. Un giurì di sottufficiali italiani era
incaricato di redimere le mancanze penali, quali furti risse o contrasti personali. Sul piano militare il
battaglione non doveva essere secondo a nessuno, si doveva tenere un comportamento irreprensibile
nei confronti degli altri militari alleati e principalmente con la popolazione civile. Non si dovevano
fare ne accettare provocazioni, unica eccezione se l’offesa riguardava la scottante questione della
nazionalità; era imperativo che nella conseguente rissa dovesse sempre soccombere la parte
avversa.(10)
L’ufficio arruolamento viene chiuso il 30 ottobre 1944. Da quella data fu il comando del G.A.S. ad
inviare direttamente gli arruolati stranieri al battaglione. Ai primi dicembre 1944 raggiunse il
battaglione un centinaio di partigiani della 19° Brigata Garibaldi della Valle di Lanzo sconfinati in
Francia per sottrarsi al rastrellamento tedesco. Vengono internati come prigionieri di guerra, con un
trattamento umiliante, nella caserma Bizanet di Grenoble. Sono liberati solo grazie alle
sollecitazione del C.I.L. presso il Comando Alleato. Una parte rientra in Italia correndo il pericolo
del passaggio invernale dei passi alpini, altri raggiungono l’Italia del sud per arruolarsi nell’esercito
e i rimanenti confluiscono nel battaglione stranieri.
Fronte delle Alpi Marittime.
In seguito allo sbarco alleato in Provenza, Kesselring ordinò una serie di operazioni per occupare i
passi alpini piemontesi controllati dalla Resistenza italiana. La Valle Stura, che era “Zona Libera”
dal 13 luglio 1944, venne attaccata il 17 agosto da un Kampfgruppe della 90° Pz.Gr.Div. che
superata la resistenza dei partigiani raggiunge Larche. I patrioti della Brigata GL “Carlo Rosselli”,
comandati da Nuto Revelli, dopo aver resistito per sette giorni ripiegarono in territorio francese
nella contigua alta Tinea. Dalla fine di agosto alla metà di settembre furono gli unici che
contrastarono le incursioni tedesche in Tinea.(11)
A metà settembre 1944 paracaduti americani del 551° battaglione e reparti francesi risalgono la
Tinea. Tra loro i primi 48 volontari stranieri che raggiungono Isola con due autobus a gasogeno
delle linee urbane di Nizza. Nei giorni successivi, con l’arrivo degli altri complementi, formano la
1° compagnia del battaglione che, al completo, raggiunge la vallata tra il 20 e 23 ottobre 1944
attestandosi in alta valle, tra Pont St. Honorat e Le Bourguet, con la riserva nel Vallone di Roya.
Nonostante le posizioni sfavorevoli, l’armamento e l’equipaggiamento non idoneo respinsero tutte
le incursioni tedesche infliggendo perdite e catturando prigionieri. Non si lamentarono ne caduti ne
dispersi ma solamente dei feriti. A novembre l’incipiente inverno, quell’anno particolarmente rigido
e con abbondanti nevicate, ridusse le operazioni al solo presidio delle posizioni e l’impegno
maggiore fu quello di garantirsi la sopravvivenza nel non facile ambiente montano.
Alla fine di novembre la 44° US Infantry Brigade, comandata dal generale Tobin, (12) sostituiva
nelle Alpi Marittime i paracadutisti della 1°A.B.T.F, trasferiti a nord per l’operazione Gold Market,
mentre la 1°S.S.F. veniva sciolta.(13)
Superato il periodo iniziale i reparti francesi vengono riorganizzati; dai sei battaglioni leggeri si
creano tre battaglioni di marcia da 800 uomini. Il 12 Esterel e 18 Riviera diviene il 20/XV; il 9
Esterel e 22 Corniche diviene il 22/XV; il 24 Corniche e 25 Riviera diventano il 24/XV. Il 74e
Bataillon Haute Tinée diviene il 21/XV Bataillon Volontaires Etrangers, cioè il 21° Battaglione
della XV° Regione Militare, Volontari Stranieri. (14)
Con questi battaglioni vengono formate due unità. Il “Groupe de Bataillons n°1 (21/XV B.V.E. e
22/XV) più il Groupe Etranger d’Artillerie (15) viene schierato a Mentone, mentre il Groupe de
Bataillons n° 2 (20/XV e 24/XV) in Valle Tinea..
Il 21/XV viene collocato di riserva a Gorbio, con l’incarico di intervenire su allarme degli
avamposti americani. Ciò si traduce in estenuanti pattuglie e rastrellamenti nell’impervie pendici
del Grammondo. La situazione del fronte si era stabilizzata. Americani e tedeschi non si
impegnavano in azioni d’attacco ma si limitavano al pattugliamento della terra di nessuno. Il fronte
era attivo solamente per i tiri dell’artiglieria che battevano regolarmente le posizioni avversarie.
Occasionalmente si scatenavano dei violenti duelli d’artiglieria con la partecipava navale della
Flank Force e, da parte tedesca, anche di un treno armato di base a Diano Marina.
Nel gennaio 1945 il 21/XV B.V.E. viene assegnato alla difesa del fronte mare, da Garavan a Cap
Martin. L’azione consisteva nella sorveglianza della costa, impedire sbarchi ed infiltrazioni e
pattugliare i “carrugi” della città vecchia di Mentone.(16)
Nel tratto di mare prospiciente il fronte avvenivano dei collegamenti notturni tra la Resistenza
italiana e gli Alleati. Nella notte tra il 14 e 15 febbraio 1945 i tedeschi, fingendo uno di questi
collegamenti, tentarono di sbarcare informatori e prendere prigionieri. Alla testa del molo del porto
di Mentone era stata ricavata una postazione e da questa, verso le 3 del mattino, una sentinella
avvertì dei movimenti e diede l’allarme. Vennero fatte le intimazioni regolamentari alle quali
veniva correttamente replicato in buon francese. Il battello, seguendo gli ordini ricevuti, accostò al
lato interno del molo. Il maresciallo Michele Zerbino, comandante della postazione, si sporse per
agguantare la cima ma venne strattonato e gettato in mare e, nonostante l’equipaggiamento, le sue
ottime doti di nuotatore (era genovese) gli permisero di riemergere e a sua volta di trascinare in
mare un tedesco. Contemporaneamente ordinava di aprire il fuoco nonostante si trovasse sulla linea
di tiro. Dalla postazione il tiratore del F.M. (17) , basandosi sulle sue urla, individuava nel buio gli
aggressori e con una sola raffica li neutralizzava. Nella mattinata recuperarono l’imbarcazione
tedesca con tre morti a bordo e della pattuglia tedesca sopravvisse solamente l’ufficiale di marina
trascinato in acqua da Zerbino. L’operazione venne citata nel bollettino di guerra e il maresciallo
Zerbino venne decorato con la “Croix De Guerre” (18).
Dopo i negoziati intercorsi tra il nuovo governo francese e l’Alto Comando Alleato, divenne
operativo il D.A.Alp. (Détachement d’Armée des Alpes) al comando del generale francese Doyen,
con sede a Grenoble. Tra i primi provvedimenti presi ci fu la suddivisione del fronte alpino secondo
criteri geografici: nord, centro e sud. Nel settore sud, corrispondente alle Alpi Marittime (dalla R.ca
dei Tre Vescovi in alta Valle Stura a Mentone), la 44th US Infantry Brigade venne rilevata dalla
1°D.M.I. (Division de Marche d’Infanterie)(19). Il suo comandante, il generale Garbay, diviene il
responsabile di tutto il settore, ora completamente formato da truppe francesi.
Viene sciolto il G.A.S.. Con i battaglioni 20/XV, 22/XV e 24/XV si ricostituisce il 3°R.I.A.
(Régiment d’Infanterie Alpine). Il 21/XV B.V.E. conserva la sua autonomia, cedendo circa 450
volontari al costituendo “Groupe Muletier Lefranc”(20).
Il 17 marzo il generale Doyen ordina ai comandanti di settore di tenere le posizioni acquisite e,
appena le condizioni atmosferiche lo consentiranno, di occupare le posizioni in quota abbandonate
nell’inverno.
Il 23 marzo il generale americano Devers, comandante del VI° Gruppo di Armate Alleato, autorizza
il piano a condizione che le truppe francesi non superino il confine italo-francese. Il 31 marzo il
generale Doyen viene informato che il XV° Gruppo di Armate del generale Clark inizierà
l’offensiva contro la Linea Gotica il 9 aprile. Al D.A.Alp. francese viene chiesto di attaccare, lungo
la linea delle Alpi, per immobilizzare le truppe presenti. Si fissa il limite di superamento del confine
in 20 km e per il settore sud il limite è esteso alla linea Cuneo-Imperia. Il 1° aprile il generale
Doyen ordina alle truppe francesi uno schieramento offensivo su tutto il fronte e pianifica le
operazioni principali d’attacco e penetrazione in territorio italiano.
Dopo le prime insoddisfacenti azioni offensive in Tarantaise e Maurienne, il 10 aprile, iniziava
l’attacco generale a sud. L’operazione principale consisteva nell’occupazione, da parte della
1°D.M.I., del settore strategico dell’Authion.
Il 23 febbraio 1945 il “Groupement de Bataillons n° 2” si trasferisce dagli accantonamenti sulla
costa alla Valle Tinea: il 22/XV da Rimplas a Isola, il 21/XV B.V.E. nell’alta Tinea, da Le
Bourguet all’avamposto di Le Pra. Qui la linea del fronte si interrompeva nel massiccio del
Restefond per riprendere in Val Ubaye.
Le attività belliche, a causa dell’inverno, erano limitate al pattugliamento ed all’osservazione delle
postazioni nemiche. Il 26 febbraio, da Cima di Collalunga, gli osservatori della Littorio sorpresero
la 4° compagnia allo scoperto sul pianoro di Auron. Intervennero gli obici da 149/19 della batteria
di Bagni di Vinadio. L’esistenza di questa batteria era ignorata dal comando francese che
considerava zona sicura quella al limite della gittata degli obici da 75/13 della batteria di San
Bernolfo e dei mortai da 81 delle postazioni. Il bilancio è di quattro morti e molti feriti. Tra i caduti
il maresciallo torinese Cerutti Federico, ausiliario medico, e tra i feriti il capitano savoiardo Louis
Betemps, comandante della 4° compagnia che, per le gravi ferite, non riprenderà più servizio.
Il 4 aprile il battaglione inizia le operazioni di verificare della consistenza del fronte tra Barbacana e
Collalunga. Nel corso di una ricognizione muore su una mina il sottotenente Perotti Romano della
4° compagnia, ex partigiano della 19° Brigata Garibaldi. Dopo varie puntate contro Barbacana, il 9
aprile, il battaglione attacca in forze il Passo di Collalunga. Arrivati a ridosso delle postazioni, dopo
una faticosa marcia nella neve fresca, vengono respinti con gravi perdite. Il III/3° RIA (ex 24/XV),
risalito il vallone della Guercia, riesce, grazie alla collaborazione di alcuni disertori della Littorio,
ad occupare l’osservatorio del Sespoul e successivamente il Colle del Làusfer, consolidando la
posizione. La 1° e la 2° compagnia del 21/XV vengono inviate nel Vallone di Chastillon a copertura
del fianco del III/3°R.I.A.
Dopo duri combattimenti, tutto il complesso fortificato dell’Authion è conquistato. Il 18 aprile il
B.M. 21 (Bataillon de Marche) arriva sulla Valle Roia occupando Cima de Pézurbe. Nella notte tra
il 19 e 20 aprile il II/G.R.80 tedesco riconquista la cima dopo uno violento combattimento.
Il 20 aprile il generale von Vietinghoff, successore di Kesselring al comando delle truppe tedesche
in Italia, ordinava all’Armata Liguria di ripiegare (piano “Herbstnebel”) verso l’Italia nordorientale. La ritirata tedesca in Valle Roia è rapida. Le vaste demolizioni, i passaggi minati e le
asperità naturali rendevano praticamente intransitabile la vallata.
Costatata la fase di stallo in Valle Roia e l’evoluzione favorevole creatasi in Valle Tinea, il
comando francese sposta l’attacco principale sulla Valle Stura di Demonte. Al 29°R.T.A.
(Régiment de Tirailleurs Algériens) e al 18°R.T.S. (Régiment de Tirailleurs Sénégalais) si affida la
difesa del settore Authion-Roia permettendo lo sganciamento della IV Brigata della 1°D.M.I..
La Valle Stura viene attaccata dalla Ubayette (operazione Laure) con obbiettivo Larche e Colle
della Maddalena ( Larche per i francesi) e, contemporanea, dalla Valle Tinea (operazione Pingouin)
risalendo il Vallone di Chastillon e superando il Passo della Lombarda per discendere in Valle
Stura.
Passaggio in Valle Stura del 21/XV B.V.E..
Il 17 aprile raggiungeva Isola il 1°B.L.E. (Bataillon de Légion Etrangére) che avvicendava sul
Làusfer il III/3°R.I.A.. Nella medesima giornata la 3° compagnia del 21/XV attaccava Passo di
Barbacana allo scoperto; bloccata nei campi minati e senza l’appoggio dell’artiglieria subisce
un’ulteriore scacco. Nella notte tra il 19 e il 20 aprile, un gruppo d’assalto, formato dal corpo franco
della 3° e 4° compagnia, si inoltra per il ripido pendio della terra di nessuno che porta a Barbacana.
Superati i campi minati, con un attacco di sorpresa, neutralizza il presidio repubblicano
impossessandosi del passo. L’emozione corre tra i volontari. Davanti a loro finalmente l’Italia. Non
bisogna farsi prendere dai facili entusiasmi. Immediatamente due pattuglie occupano Rocca Negra,
alla sinistra e Testa di Cimon alla destra del passo. L’avanzata si blocca davanti alla reazione dei
granatieri trincerati nella casermetta posta sotto il passo. Con il telefono della postazione del passo,
i volontari chiedono la resa della casermetta assicurando tutte le garanzie. La risposta è negativa.
Vengono effettuati alcuni tiri con il bazooka ma lo spesso strato di neve ghiacciata smorza l’effetto
dei colpi. Da valle intervengono le batterie di obici da 75 e 149 colpendo il passo e i dintorni della
casermetta. I volontari ripiegano al coperto tra le rocce senza allontanarsi dalle posizioni
conquistate. All’alba raggiunge il passo il resto della 3° e 4° compagnia. Alle prime luci del giorno
intervengono le mitragliatrici ed i mortai repubblicani di Cima di Collalunga prendendo, d’infilata,
la linea di cresta occupata dai volontari. La situazione è di stallo. I volontari hanno perso il fattore
sorpresa mentre i repubblicani sono in difficoltà nell’organizzare il contrattacco. A sera arriva una
colonna di rifornimenti con munizioni e razioni K americane. Per sua iniziativa personale, un ex
commilitone passato nel Groupe Muleter, arriva con un mulo carico di coperte. Viene collegato con
un telefono da campo la posizione ed il comando di Douans, dove si stava concentrando il resto del
battaglione. I volontari si costruirono dei ripari tra le rocce per proteggersi dall’artiglieria e dal
freddo della notte. Ci fu un morto e parecchi feriti e circa un terzo dei volontari dovette ritirarsi a
causa di principi di congelamento. All’una di notte del 22 si scatena il fuoco dell’artiglieria e dei
mortai repubblicani che continua fino all’alba. I volontari si preparano aspettando il contrattacco
ma, al calare della nebbia mattutina, il tiro dell’artiglieria termina.
Sulla sinistra, a Rocca Negra, scalando i canaloni innevati, due colonne di Alpini della Monte Rosa
(21) si portano nei pressi della cima. Dalle posizioni dei volontari si era percepito nella nebbia il
movimento e fu intimato in italiano il “chi va là”. L’ufficiale alla guida del gruppo, ingannato
dall’italiano, risponde “Divisione Littorio”. All’istante il fuoco colpisce gli attaccanti che,
disorientati, si riparano tra i massi. In un vicino bivacco furono ricoverati i feriti. Avvertiti
dell’attacco, da Douans, partiva una sezione di volontari per Cima di Malaterra con l’ordine di
aggirare il nemico ed impedirne la fuga.
Nel pomeriggio il comandante della 2° compagnia dell’Aosta, capitano Poli Vittorio, chiese ai
volontari di prendersi carico di due Alpini feriti gravemente. I volontari, che non disponevano di
infermeria ed essendo il primo posto di soccorso a quattro ore di marcia, risposero che potevano
solamente mettere a disposizione dei pacchetti di medicazione. Proposero al capitano, data la sua
posizione disperata, di accettare una onorevole resa mentre i feriti sarebbero stati portati da loro
stessi a valle e smistati negli ospedali. La risposta fu decisa e determinata nel negare la resa, anzi
non si sarebbero mai arresi “a degli italiani venduti e traditori” e ognuno ritornò sulle proprie
posizioni. Verso l’imbrunire il reparto inviato per chiudere la fuga degli Alpini raggiunse le
posizioni, poche raffiche costrinsero il gruppo alla resa. Il Capitano Poli, fuggito gettandosi per un
canalone innevato, sopravvisse miracolosamente alla caduta. Si contarono una quindicina di morti
repubblicani e 22 Alpini furono catturati oltre ad un’ufficiale italiano e ad uno tedesco. Morì, per le
ferite, il s.tenente triestino Glauco Sigon mentre gli altri feriti furono trasportati a valle dai loro
camerati(22).
Nella mattinata del 22 i mortai di Cima di Collalunga iniziarono il martellamento delle postazioni di
Testa di Cimon che i volontari dovettero abbandonare. Scattava da Cima di Collalunga il
contrattacco repubblicano, subito bloccato su una stretta cengia dal tiro delle mitragliatrici.
A metà del pomeriggio un ricognitore francese sorvola il vallone di San Bernolfo. Al tramonto,
improvvisamente, compaiono i caccia bombardieri P39Q (del II/9 gruppo Auvergne) che si lanciano
in picchiata bombardando la batteria da 149 di Bagni di Vinadio. Distrutto un obice ritornavano
rasenti sul passo salutati dall’entusiasmo dei volontari.
A notte iniziarono ad arrivare, colonna dopo colonna, i rinforzi e i rifornimenti. All’alba, dopo tre
giorni e tre notti, la 3° e 4° compagnia scendevano a Dounas sostituite dalla 1° e 2°. La giornata del
23 trascorse con sporadici tiri d’artiglieria sia sul passo che sulle basi di Douans e Le Bourguet
senza causare apprezzabili danni. Fu intimata nuovamente la resa alla casermetta e di nuovo fu
rifiutata. A sera approfittando di una improvvisa tormenta di neve, un gruppo di volontari fa
irruzione nella casermetta dopo aver fatto saltare la porta con una carica al plastico. Sono catturati
14 prigionieri, tra cui due feriti, uno muore nel trasporto all’infermeria. Il Passo di Barbacana ora
era completamente in mano ai volontari che si apprestavano ad attaccare il vicino Passo di
Collalunga. Dopo due giorni di stasi, nella notte tra il 25 e 26 aprile, le vedette segnalavano incendi
e scoppi nelle posizioni dell’avversario. La 3° e 4° compagnia, a Douans a “riprendere fiato”,
vengono allertate. Una pattuglia dalle posizioni di Barbacana risale Cima di Collalunga
confermando la ritirata del nemico. In mattinata i repubblicani distruggono i depositi di San
Bernolfo e Calieri. Le due compagnie di riserva partono di fretta e, a mezzogiorno, raggiungono e
superano il Passo di Collalunga scendendo a valle seguite dalle altre due compagnie.
Inizia la discesa delle forze francesi in Valle Stura. Dal Lausfer i legionari del 1°BLE raggiungono
il Santuario di Sant’Anna di Vinadio e, a sera, il fondovalle a Pratolungo. Il BM 11, dopo
un’estenuante marcia nella neve, risale il vallone di Chastillon raggiungendo il Colle della
Lombarda. Nell’Ubayette, dopo la presa dei forti di Saint Ours e Roche la Croix, il 24°B.C.A.
(Bataillon Chasseurs Alpins) attacca il Colle della Maddalena rimanendo bloccato dai campi minati,
dalle estese interruzioni stradale e dall’imperversare della tempesta di neve.
Il 27 mattina la 3° e 4° compagnia raggiungono il fondovalle a Pianche proseguendo fino a Vinadio
dove si collegano con una pattuglia della Legione. L’ordine era di occupare e tenere Vinadio.
Staffette partigiane avvertono che un reparto tedesco da Moiola sta risalendo la vallata in direzione
di Demonte. La 3° e 4° compagnia raggiungono immediatamente Demonte, tra l’esultanza dei
valligiani. I tedeschi si ritirano dopo aver fatto saltare il ponte a valle della città. Le altre due
compagnie, 1° e 2°, raggiungono in giornata Vinadio. Il 21/XV B.V.E. è l’avanguardia
dell’avanzata francese a Demonte: il 1°BLE a Vinadio e il BM 11 a Sant’Anna, Pratolungo. In alta
valle, bloccato dalle demolizioni di Barricate, il I/159°R.I.A.
Nella notte tra il 27 e 28 aprile la retroguardia tedesca si ritira su Borgo San Dalmazzo. Nella
mattinata del 28 le brigate G.L. “Valle Stura” e 177° Brigata d’Assalto Garibaldi attaccano i
tedeschi a Borgo venendo respinte con perdite. Contemporaneamente in Cuneo iniziano violenti
combattimenti, anche con l’impiego di armi pesanti, tra le forze partigiane e la retroguardia tedesca.
A mezzogiorno del 28 aprile il battaglione al completo si muove per raggiungere Cuneo insorta.
L’avanzata si trasforma in una parata. In testa il maggiore Michel con le compagnie allineate dietro
i loro fanions. La 2°, 3° e 4° innalzano il tricolore italiano. Il battaglione viene fermato dal comando
francese a Gaiola, già occupata dai partigiani garibaldini, solamente la 2° compagnia prosegue fino
a Roccasparvera. Tra i volontari serpeggia il malcontento che esplode quando su Borgo San
Dalmazzo, ormai liberata dai partigiani, viene inviato il più rappresentativo B.M. 11 (23).
Il mancato impiego del 21/XV B.V.E. nella liberazione di Cuneo, aggiunto alle notizie di “radio
fante” che lo volevano sul fronte tedesco o, in un possibile futuro, nelle colonie dell’estremo
oriente(24), fanno acutizzare l’insofferenza generale. La situazione degenera in altre proteste
quando il 29 aprile transita verso Borgo San Dalmazzo il III/3°R.I.A. Gli ufficiali italiani del
battaglione faticano molto per calmare gli animi. Cominciano le diserzioni. Gruppi di ex partigiani
garibaldini piemontesi raggiungono le loro formazioni, a questi si aggregano semplici volontari che
ritengono giunto il momento di raggiungere casa e famiglia. Il 2 maggio il battaglione viene
accantonato a Sambuco in alta Valle Stura, dove si susseguono le visite di alti ufficiali che ne
elogiano le brillanti azioni. Il comando della 13°D.B.L.E. (Demi Brigate de Légion Etrangére)
propose ai volontari l’arruolamento nella Legione Straniera a condizioni eccezionalmente
favorevoli: riconoscimento dell’anzianità maturata e i gradi acquisiti nel 21/XV B.V.E.. Al
battaglione schierato sull’attenti fu chiesto chi accettava il passaggio nella Legione, nessuno fece il
“passo avanti”. L’interessamento della legione e un’ulteriore voce di “radio fante”, che voleva il
battaglione trasferito a Parigi per la sfilata della vittoria (che si svolse sui Champ-Elysées il 18
giugno del 1945), crearono ulteriori malcontenti. La tensione si allentò solamente quando il
comando francese si rese disponibile alla concessione del congedo a chi ne facesse richiesta senza
attendere il passaggio dal deposito e tanto meno i termini dell’ingaggio “tre mesi dopo la fine della
guerra”. Il 5 maggio il maggiore Michel passa in rassegna per l’ultima volta il “suo” battaglione, in
una commovente manifestazione si ricordano i caduti. Il 9 maggio arrivarono i congedi richiesti. Il
10 maggio i 450 volontari congedati sfilano a Cuneo tra la folla poi ognuno raggiunge la propria
residenza(25).
Il resto del battaglione raggiunge Puget-Théniers, dove viene smobilitato entro maggio, il 30 giugno
a Nizza il Battaglione Alpino 21/XV B.V.E. viene ufficialmente dichiarato sciolto.
Gli altri reparti di volontari italiani vengono congedati nei mesi seguenti. Il Groupe Etranger
d’Artilleria si smobilita nella seconda quindicina di giugno e circa 500 artiglieri italiani
raggiungono la frontiera. Il Groupe Muletiers Lefranc viene sciolto ai primi di luglio 1945 ma, già
alla fine di giugno, i volontari italiani furono accompagnati alla frontiera. Anche i reparti francesi
del 3°R.I.A. vengono sciolti entro l’estate del 1945.
A partire dall’autunno 1945 le salme dei volontari italiani caduti sulle Alpi Marittime furono
progressivamente traslate nei rispettivi comuni di residenza.
Così termina la breve storia di questo reparto, presto dimenticata. Nella storiografia francese si
attribuisce il merito del passaggio in Italia ad altri reparti nazionali ben più blasonati. In Italia
recenti pubblicazioni riprendono acriticamente la versione francese attribuendo la presa del Passo di
Barbacana alla Legione Straniera. Anche i volontari del 21/XV B.V.E. erano stranieri in Francia ma
il loro arruolamento non era puramente economico, come quello della Legione Straniera, ma
motivato dal desiderio di combattere e vincere il nazi-fascismo e poter, finalmente, ritornare in pace
alle loro case.
NOTE
(1) Alle due divisioni tedesche prossime al confine italiano viene ordinato di ripiegare sulle Alpi
Occidentali, passando agli ordini di Kesserling. La 157° Reserve-Division. (generale Karl Pfaum) di
presidio in Savoia e Delfinato e la 148° Reserve-Division (generale Otto Fretter Pico) in difesa
costiera tra St. Raphaël e Mentone. C. Gentile, Le forze tedesche di occupazione a la costituzione
del fronte delle Alpi Occidentali, in “Il presente e la storia” n° 46 12/1994
(2) I tenenti Furini e Miricola, dopo aver partecipato alla liberazione di Marsiglia, si imbarcano con
altri militari italiani su un malconcio autobus urbano a gasogeno dirigendosi, con un’avventurosa
marcia, sul confine italiano decisi a rientrare in Patria. Raggiunta Mentone debbono fermarsi. Il
comando francese prospetta un loro impiego sul fronte atlantico. All’unanimità rifiutano
ostinatamente di abbandonare la frontiera italiana. Arruolati nei volontari stranieri costituiranno il
nucleo della 3° compagnia del 21/XV B.V.E. - M. Oldoino op.cit. pag. 24.
(3) Presiedeva la Delegazione Speciale di Nizza il deputato del P.C.F. Virgil Barel – J. Panicacci
op. cit. pag. 245)
(4) J. L. Panicacci, La Résistance azuréenne – pag. 123)
(5) Nome di battaglia del maggiore ungherese Niklos Zoldhelyi, ex ufficiale dell’esercito austroungarico, poi ufficiale dell’esercito repubblicano spagnolo. Rifugiato in Francia aderisce alla
Resistenza antitedesca; nel febbraio 1944 diviene comandante di un gruppo di maquis delle
F.T.P.F.- M.O.I. nel dipartimento delle Alpi Marittime. - Cronique du Battalion 21/XV pag. 2
(6) G. Lavagna op. cit. pag. 137
(7) R. Aimo, Resistenza senza miti – L’Arciere Cuneo 1991, pag. 107
(8) Si discusse tra i volontari se su questa fiamma dovesse esserci o no la croce dei Savoia.
Prevalsero i repubblicani! - M. Oldoino, op. cit pag. 75
(9) Il comandante della 4° compagnia, capitano Betemps, “puniva” uno degli incriminati inviandolo
ad un corso sulle armi americane che si teneva a Nizza. Una sorta di licenza premio! – M. Oldoino,
op. cit. pag. 75.
(10) Si verificarono solamente due incidenti; uno con i francesi del 22/XV battaglione a St. Etienne
de Tinée, dove una mala interpretazione di una battuta sull’Italia coinvolse i volontari in una rissa
nei locali della mensa e un’altra a Mentone con i nisei americani. I furti si limitarono ad un paio di
casi. Il più grave fu l’episodio dei saccheggi delle ville incustodite di Cap Martin, dove un ufficiale
francese, con la complicità di una donna, coinvolse la propria sezione composta da volontari
spagnoli. Questione risolta con l’arresto dei colpevoli e l’assoluzione degli spagnoli, in quanto
obbedirono agli ordini del loro comandante. Assoluzione con riserva in quanto fu ritenuto che gli
ordini furono eseguito con “troppo entusiasmo”. Gli spagnoli furono ridistribuiti tra i vari reparti. M. Oldoino op. cit. pag. 75.
(11) La 90°Pz.Gr. fu rilevata dal Gebirgsjäger-Regiment-Stab Meeralpen, reggimento su due
battaglioni autonomi, l’Hochgebirgsjäger-Bataillon 4 e l’Hochgebirgsjäger-Lehbataillon
Mittenwald (questo era il battaglione della scuola alpina di Mittenwald nell’Alta Baviera). Il primo
presidiò la valle Gesso mentre il Mittenwald , con comando a Bagni di Vinadio la displuviate tra la
Stura e la Tinea. Affiancavano i Gebirgsjäger i finanzieri tedeschi (Zollgrenzschutz) già di presidio
sul confine italo-francese. A novembre il 3° Reggimento Granatieri della divisione Littorio sostituì i
tedeschi. Il I/3° con comando a Bersezio e reparti nelle fortificazioni ex francesi in Valle Ubajette.
Il II/3° con comando a Bagni di Vinadio, tra il Monte Tenibes e Colle della Lombarda. Il III/3° con
comando a Sant Anna di Valdieri in valle Gesso. L’artiglieria era composta dal II/3° reggimento
d’artiglieria della Littorio (obici da 75/13) con comando a Sambuco e batterie decentrate presso i
reparti. Due batterie (la terza era al Piccolo San Bernardo) del IV/3°, (obici da 149/19) una a Grage
(Argentera) l’altra su tre obici a Bagni di Vinadio, il quarto obice a Saretto in Valle Maira. La 9°
batteria del gruppo Vicenza (obici da 75/13) della Monterosa presso San Bernolfo. Come riserva a
Demonte il Füsilier-Bataillon 34, reparto esplorante della 34ª I.D., meno una compagnia a Pre St.
Didier (Valle d’Aosta) poi rientrata nella primavera del 1945. Questi reparti rimarranno invariati
fino all’aprile 1945 – M. Calandri, M. Coredero, S. Martini, Valle Stura in guerra – Centro di
documentazione Valle Stura – 1996
(12) La 44th US Infantry Brigade comprendeva: 442° reggimento fanteria unità composta dai nisei
nippo-americani; 65° reggimento fanteria; 424° reggimento artiglieria e la compagnia B del 645°
T.D. Il 21 marzo 1945 veniva smembrata; l’artiglieria nel IV° Gruppo d’armate sul fronte tedesco.
La fanteria al XV° Gruppo d’Armate sul fronte italiano. I nisei del 442° R.C.T. saranno tra i
protagonisti in Versilia dello sfondamento della Linea Gotica – C. Fiaschi, “La guerra sulla Linea
Gotica occidentale”, Scarabeo 1999.
(13) Il gruppo fu sciolto dopo una breve cerimonia a Villeneuve-Loubet. I canadesi raggiunsero le
proprie unità. Gli americani, brevettati paracadutisti, passarono alle unita aerotrasportate e i
rimanenti formarono il 3° battaglione del 474° reggimento fanteria poi impiegato sul fronte del
Reno. Nel giugno 1945 il 474° reggimento viene trasferito in Norvegia per il disarmo delle
guarnigioni tedesche (nel battaglione vi erano numerosi americani d’origine norvegese arruolati
nella 1°SSF appositamente per eventuali azioni di commandos in Norvegia) – D. Davies J. Gawne
“La First Special Service Force 1942 – 1944” MILITARIA n° 96)
(14) I battaglioni francesi presero la numerazione di altrettanti battaglioni di Chasseurs Alpins di
presidio sulla Costa Azzurra (20 B.C.A. Antibes, 22 B.C.A. Nizza e 24 B.C.A. Villefranche),
mentre i volontari stranieri presero la numerazione dal 21° R.M.V.E., (Régiment de Marche de
Volontaires Etrangers) reggimenti di marcia di circa 1200 uomini formati dalla Legione Straniera,
Questo fu l’unico accostamento tra il battaglione volontari e la Legione Straniera. - H. Beraud “Les
Groupement Alpin Sud 1944-1945”, Les cahiers des Troupes de Montagne N° 17
(15) Con le artiglierie recuperate dalle fortificazioni costiere tedesche e superando molti intoppi
burocratici si creò un gruppo d’artiglieria. Con difficoltà si trovarono gli ufficiali. Il problema si
presentò per gli artiglieri, difficilmente reperibili tra i giovani e inesperti masquisards. Il problema
fu risolto invitando all’arruolamento i numerosi militari italiani, in posizioni semilegali, presenti nel
dipartimento. Adesione tanto massiccia da completare l’organico (26 francesi e 521 italiani). Alla
fine dell’addestramento, nel gennaio 1945, il gruppo fu organizzato su tre batterie, due di obici
Schneider da 155C17 e una di obici Schneider da 105C34 e inviato al fronte. - M. Oldoino op.cit.
pag. 38.
(16) La sorveglianza della città di Mentone era affidata, durante la giornata, alla Gendarmeria. La
notte, con il coprifuoco, nessuno era autorizzato alla circolazione. Pattuglie militari controllavano la
città con l’ordine di aprire il fuoco dopo una sola intimidazione – Cronique du Bataillon 21/XV pag.
15
(17) All’arma era il caporal maggiore Baruffino Cesare. Ferito alle gambe in un attacco aereo sul
Don veniva ricoverato per una lunga degenza in Polonia. Ripresosi fu internato dai tedeschi per il
sopravvenuto armistizio. Inviato in Francia come lavoratore coatto evase e, bloccato al confine
mentre tentava di raggiungere casa, si arruola nel battaglione. M. Oldoino op.cit. pag. 129.
(18) Prima di 37 croci attribuite ai volontari del battaglione - Cronique du Bataillon 21/XV pag. 16
(19) Ex 1° D.F.L. (Division Française Libre)
(20) Partendo, gli americani della 44th U.S. Inf. Br., lasciarono ai francesi la loro dotazione di muli.
Non disponendo di personale in grado di governarli incaricano il capitano Raul Benisti di formate
una nuova unità e di assumerne il comando. Il gruppo consisteva in 80 cavalli e 731 muli, il
personale era composto da 27 francesi e 591 volontari stranieri in maggioranza italiani. M. Oldoino
op.cit. pag. 45.
(21) Per contrattaccare a Barbacana trasportarono, con autocarri, elementi della 2° compagnia del
battaglione Aosta della Monte Rosa. Battaglione in trasferimento dalla Liguria alla Valle Maira, in
sostituzione del battaglione Bassano che passava in Valle Varaita. - E. Rossi, Il secondo
Risorgimento d’Italia” 1995
(22) Ai militari repubblicani catturati veniva proposto di rimanere come portatori in cambio della
promessa della liberazione, come poi avvenne con un lasciapassare del C.L.N di Cuneo. Gli ufficiali
venivano consegnati ai francesi. - E. Rossi, “Il secondo Risorgimento d’Italia” 1995
(23) Il primo soldato francese ad entrare in Borgo San Dalmazzo fu Quinto Graciotti, nato a Savona
nel 1919 ed emigrato in Francia con la famiglia in gioventù. Conoscendo alla perfezione l’italiano
aveva funzioni d’interprete. – M. Fantino “Aprile 1945 - l’arrivo dei soldati francesi a Borgo” –
L’Almanac ‘d la fera freida 1995.)
(24) A Roccasparvera la 2° compagnia del battaglione entra in contatto con la Legione Straniera. In
questa militavano molti italiani e dai loro racconti si ipotizza (come poi avvenne) un loro futuro
impiego nelle colonie dell’estremo oriente. M. Oldoino op.cit. pag 125.
(25) Molti degli italiani del battaglione erano già residenti in Francia, altri sfruttarono le
agevolazioni che il governo francese promise (e mantenne!) per gli stranieri che militarono nelle
loro forze armate durante il conflitto. Nazionalità francese o il permesso di soggiorno per chi
volesse mantenere la propria nazionalità. Agli smobilitati era stato concesso di conservare la divisa,
lo zaino e una coperta. Furono forniti di un lasciapassare del C.L.N. di Cuneo che invitava tutte le
autorità militari e civili ad agevolare il rientro dei volontari nelle loro residenze. M. Oldoino op.cit.
pag. 129.
Bibliografia
Jean-Louis Panicacci, Les Alpes Maritimes de 1939 a 1945 – Un départemente dans la tourmente –
Nice Editions Serre 1989.
Jean-Louis Panicacci, La Résistence azuréenne – Nice Editions Serre 1994.
Henri Beraud, Bataille des Alpes Album Memorial – Juin 1940 – 1944/45
Editions Heimdal 1987
Chronique du Bataillon 21/XV .
Maurizio Oldoino, Fronte delle Alpi Marittime 1944-1945 – Primalpe Cuneo 2004
Selene Barba, La resistenza dei militari italiani all’estero –Francia e Corsica- Rivista Militare 1995.
Giorgio Lavagna (Tigre), Dall’Arroscia alla Provenza – Fazzoletti garibaldini nella ResistenzaIstituto Storico della Resistenza – Imperia - Edizioni Cav. A. Dominaci Oneglia 1982.
Gianni Dolino, Diciannovesima Garibaldi tre volte Brigata Garibaldi – AGIT Torino 1992
Giuseppe Calò
articolo apparso su Storia Militare N° 141 giugno 2005.