il segreto e la censura - Tangram Edizioni Scientifiche

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il segreto e la censura - Tangram Edizioni Scientifiche
Carolina Castellano
IL SEGRETO E LA CENSURA
Storia di due concetti nel Risorgimento italiano
Collana “Orizzonti”
05
Carolina Castellano, Il segreto e la censura
Copyright © 2010 Tangram Edizioni Scientifiche Trento
Gruppo Editoriale Tangram Srl
Via Verdi, 9/A – 38122 Trento
www.edizioni-tangram.it – [email protected]
Collana “Orizzonti” – NIC 05
Prima edizione: settembre 2010, Printed in Italy
ISBN 978-88-6458-014-2
In copertina:Il censore: foglio politico letterario, Napoli, novembre 1820
Progetto grafico di copertina:
Questo volume è stato pubblicato con il contributo del Dipartimento di Sociologia dell'Università degli Studi di Napoli Federico II
Stampa su carta ecologica proveniente da zone in silvicoltura, totalmente priva di cloro.
Non contiene sbiancanti ottici, è acid free con riserva alcalina
SOMMARIO
Introduzione
Il segreto e la censura: due concetti nel Risorgimento italiano
Segreto e società segrete
1. Prologo: la massoneria nel Settecento
2. Tra l’età repubblicana e la dominazione napoleonica.
La Carboneria e le altre sette
3. Nella Restaurazione: il settarismo progressista
e quello reazionario
4. Dalle cospirazioni mazziniane al 1848
5. Dopo il 1848 e dopo il 1860
Fonti
Bibliografia
Censura e libertà di stampa
1. Critica e censura: dall’antefatto britannico
alle interpretazioni ottocentesche
2. Nel tardo Settecento: una contesa tra Chiesa e Stato
3. Nel triennio giacobino: la censura e la virtù repubblicana
4. Nella Restaurazione e nell’età romantica
Fonti
Bibliografia
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IL SEGRETO E LA CENSURA
Storia di due concetti nel Risorgimento italiano
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Introduzione
Il segreto e la censura: due concetti
nel Risorgimento italiano
L’indagine sull’uso dei concetti di “segreto” e “censura” nel Risorgimento italiano è cominciata con il lavoro svolto per l’Atlante
culturale del Risorgimento (a cura di Banti, Chiavistelli, Mannori, Meriggi, in uscita per Laterza). Da quello spunto, la ricerca si
è ampliata in corso d’opera fino a trovare una strada propria. La
spinta ad approfondire l’indagine sta nell’interesse per il rapporto
che questi due lemmi coltivano con i temi della modernità e del
mutamento nel passaggio dalla società dei ceti alla società per classi, in quella fase storica aperta dalla grande Rivoluzione, in cui si
diffonde un nuovo linguaggio politico fondato sul principio della
sovranità popolare. È il “nuovo stile della politica” che si afferma
in Europa al torno tra i due secoli, e che prende le forme della mitografia nazionale1, modellata e diffusa dalla sensibilità romantica. Questa sensibilità ha una sua peculiare caratteristica: animata
dalla riscoperta dell’unicità dell’individuo e della sua forza spirituale, centrata sull’esperienza interiore ed emotiva, essa è “alla costante ricerca di espressioni esterne degna di essa, forme politiche e
G. L. Mosse, La nazionalizzazione delle masse. Simbolismo politico e movimenti di massa in Germania (1812-1933), Bologna 1975, cit. in A. M. Banti, P.
Ginsborg, Per una nuova storia del Risorgimento, 3Introduzione a Storia d’Italia, Annali vol. 22, Il Risorgimento, Torino 2007 pp. XXIII-XLI. La citazione
di Mosse è a p. XXIV.
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8Introduzione
sociali che corrispondano adeguatamente alle sue ambizioni”2 . La
tensione etico-individuale diventa così motore di una mobilitazione politica in molti casi totalizzante, e di una produzione culturale
che riesce – in un’epoca in cui la diffusione dei mezzi di comunicazione scritta assume una dimensione rivoluzionaria, anche in un
paese ancora arretrato come l’Italia – a coinvolgere moltitudini di
persone nella causa nazionale.
Dalla dinamica tra l’interiorità individuale e le forme della vita
associata, dalla pulsione alla concretizzazione di un’astratta virtù
individuale nelle forme politiche esteriori, scaturisce il valore civile della letteratura, che si fa veicolo dell’aspirazione a superare la
scissione tra i valori ideali espressi dalla tradizione letteraria, e la
realtà politica degli antichi Stati. L’aspirazione a superare la scissione tra la comunità dei letterati e la realtà politica, ancora così
viva in Alfieri, ha percorso la storia dell’Italia moderna ed anima
la cultura romantica, divenendo tratto comune del movimento
risorgimentale, pur così composito dal punto di vista ideologico
e programmatico3. La “repubblica dei letterati”, collocata in uno
spazio astratto, ben oltre le condizioni politiche contingenti, si assume il compito di rifondare la realtà politica. A questa comunità,
Cazzaniga ha recentemente proposto di associare quella esoterica,
anch’essa in veste di custode di una tradizione unificatrice, metastorica e metapolitica: “la storia della cultura laica italiana (…)
vede filoni esoterici come parte costitutiva del processo di costruzione dell’identità nazionale”4. L’Italia esoterica accanto all’Italia
Ibidem.
Sulla funzione centrale della letteratura nel Risorgimento A. M. Banti in La
nazione del Risorgimento. Parentela, santità e onore all’origine dell’Italia unita, Einaudi, Torino, 2000; per una tematizzazione più generale dell’idealizzazione dell’Italia letteraria, comunità raccolta intorno ad un’etica civile superiore a quella delle comunità politiche nella storia dell’Italia moderna, cfr. S.
Jossa, L’italia letteraria, il Mulino, Bologna, 2006.
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Esoterismo e filosofia in Occidente, Introduzione a Storia d’Italia, Annali 25,
Esoterismo, Einaudi, Torino, 2010, p. XXII.
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letteraria, dunque. Molti degli autori che incontreremo nel corso
di questo saggio sono membri di entrambe le “comunità”: da Alfieri a Cuoco, da Pellico a Maroncelli, da Cantù a Mazzini, la lista
degli uomini che hanno in diverso modo frequentato la “repubblica delle lettere” e le “fratellanze segrete” potrebbe continuare.
La tensione tra interiorità ed esteriorità è una delle forme in cui
è possibile leggere la dinamica tra la società borghese e lo Stato
nel lento passaggio dalla società per ceti a quella per classi. I diritti dell’individuo e quelli dei gruppi sono al centro delle istanze
promosse dalle anime diverse del movimento nazionale italiano
– dai costituzionali democratici e murattiani ai liberali moderati,
ai mazziniani, cattolici e neoguelfi –: l’uguaglianza di fronte alla
legge e la libertà di espressione e di associazione, l’autonomia delle
periferie ed i diritti di rappresentanza, la tutela della vita privata.
Queste istanze sono percorse dalla contrapposizione tra il “vecchio” ordine assoluto e la proposta di un “nuovo” ordinamento
sociale; esse sono, ancora, altrettanti motivi di contestazione a
regimi troppo inclini ad affidare il proprio rapporto con i governati ad istituzioni di controllo. La polizia segreta e la censura sono
percepite come componenti di un vecchio apparato di dominio,
inadeguato alle nuove esigenze sociali.
Incontreremo molte di queste tematiche nell’indagine sul segreto e la censura, utilizzati qui come sensori della cultura propria di
un’età di transizione in cui il tema del “nuovo” è diffusamente sentito in maniera oppositiva (i liberali contro il “vecchio dispotismo”
ed il paternalismo monarchico; la “nuova” religione nazionale
contro il tradizionalismo cattolico, fondamento del principio monarchico che si oppone alla libertà dei popoli, e così via). Qui mi
limito a segnalare che lo strumento fondamentale di questo “vecchio” apparato di dominio è la polizia, principale interprete del
rapporto paternalistico tra dominanti e dominati che informa gli
10Introduzione
Stati preunitari, disegnati come “Stati senza pubblico”5 nei quali
quella “legge dell’opinione” formatasi attraverso la critica borghese all’ordinamento dello stato assoluto viene delegittimata, ed il
dibattito pubblico nelle materie civili drasticamente limitato6.
La polizia (la polizia segreta, la polizia censoria) è il nesso
istituzionale fondamentale che collega i due lemmi al centro di
questa analisi, il segreto e la censura.
Un’avvertenza è necessaria: attraverso l’indagine lessicografica
su questi due lemmi non si vuole ricostruire la storia fattuale delle
istituzioni censorie e del settarismo politico negli Stati preunitari, ma piuttosto portare alla luce dei temi forti che percorrono le
culture politiche del Risorgimento (non solo quelle dei patrioti,
ma anche quelle della reazione) ed i modi in cui queste culture si
confrontano con la modernità. Prima di entrare nel vivo dell’indagine, è allora il caso di tornare al tema su cui ho aperto questa
introduzione: ossia i nessi che legano questi due concetti ai temi
della modernità e del mutamento.
Nell’analisi degli aspetti etici del segreto, la filosofa Sissela Bok
prende spunto dalla sua duplice funzione, creativa/evolutiva e manipolativa/distruttiva7. Coltivare una relazione stretta con ciò che
non può essere rivelato significa investire in un futuro utopico che
potrà contenere, appunto, il non detto. La tensione che si produce
intorno alla scelta tra la rivelazione e la fedeltà al segreto (sia esso
La definizione coniata da A. Chiavistelli per il granducato di Toscana negli
anni della Restaurazione può essere idealmente estesa agli altri Stati preunitari, nei quali l’opinione pubblica viene drasticamente limitata attraverso la repressione censoria ed il divieto di associazione: cfr. Dallo Stato alla nazione.
Costituzione e sfera pubblica in Toscana dal 1814 al 1849, Carocci, Roma,
2006.
6
Sulla “legge dell’opinione pubblica” cfr. R. Koselleck, Critica illuminista e
crisi della società borghese, il Mulino, Bologna, 1972 (Frankfurt a. M. 1959);
cfr. infra, il capitolo su Censura e libertà di stampa.
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S. Bok, Secrets. On the Ethics of Concealment and Revelation, Pantheon
Books, New York, 1982.
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condiviso, di gruppo, o individuale) riveste, secondo letture psicoanalitiche ed antropologiche, un ruolo importante nei processi di mutamento, sia nella sfera individuale che in quella sociale.
Funzionale all’acquisizione di potere su di sé e al disciplinamento
interiore, il segreto compare nel processo di individuazione della
prima infanzia, così come nelle pratiche di elevazione spirituale
nella vita religiosa; nella sfera sociale, il segreto è utilizzato non
solo per la tutela di privatezza e proprietà privata, ma anche nelle
fasi progettuali delle attività economiche e scientifiche. Nella sfera
politica, infine, esso costituisce il luogo per elezione della progettualità eversiva. Altrettanto forte è la potenzialità manipolativa
del segreto, ossia il rischio che esso imponga un vincolo così rigido
da annullare il libero arbitrio ed impedire la comunicazione con
l’esterno, cancellando così l’impulso da cui si è generato, l’impulso al mutamento nella sua dimensione individuale di crescita ed
evoluzione o sociale, come tensione verso modalità “virtuose” di
convivenza.
Le associazioni segrete esprimono più di altre forme questa duplice natura del segreto, e, come vedremo nell’analisi storica del
concetto, tale ambivalenza si ripropone con forza nel conflitto di
primo Ottocento intorno al settarismo politico: liberali e democratici, reazionari e clericali sono consapevoli del suo complesso
rapporto con il potere. E la sensibilità romantica denuncia il proprio disagio nei confronti dell’associazionismo segreto settecentesco e delle ambizioni razionalistico-cosmopolite della massoneria.
Nonostante sia intollerante alle maglie strette della censura e del
controllo poliziesco, pure il liberalismo percepisce il ricorso alla
cospirazione come una debolezza, piuttosto che come una risorsa, perché il segreto è notoriamente parte dello strumentario del
potere assoluto. Al netto delle tendenze misticheggianti dei carbonari (e della “religione del martirio” mazziniana), che ancora
concepiscono il giuramento dei congiurati come vincolo etico, i
patrioti italiani, soprattutto quelli appartenenti alla corrente mo-
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derata, considerano il ricorso al segreto come un male necessario,
imposto da un contesto politico in cui il diritto di associazione è
negato e gli spazi pubblici sono oggetto di un costante controllo
poliziesco.
Ed in più di uno dei testi raccolti qui risalta la consapevolezza
che la tendenza alla cospirazione segreta sia una debolezza strutturale del liberalismo italiano.
È un difetto di origine identificabile già nelle prime esperienze
del settarismo ottocentesco, quello carbonaro, che si fa strumento inconsapevole delle aspirazioni legittimiste dei Borbone. Ed è
illuminante, a questo proposito, il confronto tra l’intepretazione
che due culture liberali lontane hanno dato dell’esperienza carbonara: al giudizio che ne ha dato il murattiano Colletta, indulgente nei riguardi della “buona fede” dei primi congiurati carbonari
strumenti dei Borbone (cfr. infra, il capitolo su Segreto e Società
segrete), si oppone quello dei liberali tedeschi del Vormärz, per i
quali è invece decisivo il contrasto tra la Carboneria (che sarebbe
stata creata nel segreto della congiura della corte borbonica) e la
Tugenbund prussiana. La lega, fondata dal governo prussiano in
funzione antinapoleonica nel 1808, secondo la lettura dei liberali
tedeschi avrebbe fondato pubblicamente, e senza ricorrere al segreto, la nuova alleanza tra la monarchia ed il popolo, nel nome
della sollevazione nazionale antifrancese8.
Le due opposte interpretazioni delle origini della Carboneria
mettono in risalto la questione con la quale il settarismo viene poÈ questa l’interpretazione proposta da W. Schulz, Geheime Gesellschaften, in
K. von Rotteck und K. Welcker (hg. von), Staats Lexikon oder Enzyclopädie
der Staatswissenschaften, Altona, Verlag von Johann Friedrich Hammerich,
1838, vol. V,
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pp. 427-454. Testo di riferimento fondamentale per il primo liberalismo tedesco, l’enciclopedia di Welcker e Rotteck ha conosciuto una grande
diffusione tra i liberali tedeschi, ed è stata ripubblicata più volte. In Italia il
testo è stato poco studiato; cfr. N. Camilleri, Il concetto di libertà di stampa
nello Staatslexikon di Carl von Rotteck e Carl Theodor Welcker, tesi di laurea
magistrale, Università degli Studi di Napoli Federico II, a. a. 2008-2009.
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sto a confronto dal “nuovo stile della politica”: il tema delicatissimo del rapporto tra sovrani e popolo.
Come si vedrà, non è soltanto il versante progressista e patriottico a manifestare disagio nei confronti della cospirazione e del
segreto. Da parte sua la sponda legittimista-reazionaria, che condanna il settarismo segreto come pericolosissimo strumento di
manipolazione delle coscienze, tuttavia riconosce che la segretezza
è l’unico mezzo di difesa dalla “mina sotterranea” delle sette.
La questione cruciale della “manipolazione delle coscienze” ci
riporta a riflettere sulla endiadi segreto-censura, che si è scelta per
questa indagine lessicografica. L’indagine sui significati che la nozione di segreto assume (pur nella sua ambiguità e nelle sue diverse sfaccettature, che si vedranno di seguito) si svolge su binari
paralleli a quella su censura-libertà di stampa: è l’opposizione tra
arcana imperii e il nuovo principio della pubblicità che il liberalismo ottocentesco figlio dell’Illuminismo contrappone all’ordine
politico dell’assolutismo (anche nella sua nuova forma della monarchia amministrativa). L’endiadi censura-segreto acquista un
senso soprattutto considerando le origini illuministiche di quel
“nuovo stile della politica” che caratterizza il passaggio alla modernità ottocentesca.
È infatti nella dimensione del segreto, in cui è stata confinata
nell’ordine politico assolutista, che i cittadini mettono a punto la
legge dell’opinione (su questo cfr. infra, in capitolo su Censura e
libertà di stampa), che consiste nella facoltà di criticare-censurare
gli atti del governo. E d’altra parte anche la nozione di censura
(come quella di segreto, cfr. supra) compare, nel tardo Settecento,
in un orizzonte utopico.
Quando, alla fine del XVIII secolo, il genere letterario utopistico comincia ad assumere una dimensione storico-politica e l’utopia proiettata in una dimensione politico-progettuale, la prima
immagine del futuro utopico è quella di una società auto-censurata, “che vive solo grazie all’autoamministrazione e alla disciplina
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interiore di coloro che in essa possiedono uguali diritti in quanto
cittadini”9. Questa disciplina interiore è l’autocensura, ossia l’autocontrollo esercitato dai cittadini, spontaneamente, sulle proprie
espressioni e comportamenti; a questa forma di “censura interna”
corrisponde, nella società utopica prospettata dal primo Illuminismo, quella esterna (il rogo dei libri pornografici, nell’immagine
proposta da Mercier). È questo, come segnala Koselleck, il “lato
oscuro” dell’Illuminismo, che troverà la sua realizzazione nel Terrore rivoluzionario. La mia indagine parte da qui, dagli aspetti
contraddittori della critica-censura: la facoltà critica, che anima
il dibattito pubblico, ed il controllo esercitato dall’ordine costituito su opinioni e comportamenti. Entrambe le nozioni cooperano,
secondo la lezione di Koselleck, a costruire il “vocabolario della
modernità”.
Qualche parola, infine, sulla scelta dei testi e degli autori. La mia
indagine non ambisce ad esaurire i modi in cui il tema del segreto
e della censura sono stati trattati nel Risorgimento italiano. Moltissimi testi saranno sfuggiti alla selezione.
Il criterio che ho seguito è stato quello della rappresentatività:
intanto, mi sono proposta di coprire il “lungo Risorgimento” fin
dalle premesse illuministe e giacobine; inoltre, nella selezione dei
testi ottocenteschi ho dato spazio sia ad autori più noti (Pellico,
Berchet, d’Azeglio, Balbo, Gioberti), che a quelli meno conosciuti,
comprendendo nella rassegna anche la stampa periodica (a partire
dalle testate più rappresentative, come l’Antologia fiorentina e il
Conciliatore milanese).
Alla cultura reazionaria (anche qui rappresentata sia da autori di
spicco come Taparelli d’Azeglio, che da voci meno note, ospitate
spesso da testate periodiche), ed alle voci istituzionali (organi di
R. Koselleck, commento a Louis-Sébastien Mercier, L’an deux mille quatre
cent quarante, 1770-71 in Il vocabolario della modernità. Progresso, crisi, utopia e altre storie di concetti, il Mulino, Bologna, 2009 (Frankfurt a. M. 2006),
p. 139.
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stampa, funzionari, testi di legge) ho dedicato uno spazio pari a
quello concesso alla sponda progressista della lotta politica risorgimentale.