Parere legale sulla responsabilità civile dell`RLST

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Parere legale sulla responsabilità civile dell`RLST
Parere legale sulla responsabilità civile dell'RLST
RIFLESSIONI IN ORDINE AI PROFILI DI RESPONSABILITÀ CIVILE DEL
RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA RLS E DEL RLS
TERRITORIALE,
COSÌ COME ISTITUITI E PREVISTI DAL D. LEG.vo 19 SETTEMBRE 1994 N. 626
PREMESSA
Il presente elaborato vuole rappresentare, come esposto nell'intitolazione, contributo e strumento di avvio
ad una riflessione giuridica in ordine ai profili di responsabilità civile del rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza, sia esso territoriale o meno, con l'obiettivo di accertare l'eventuale possibilità di un suo diretto
coinvolgimento in azioni giudiziarie di natura civilistica o comunque come destinatari di richieste aventi ad
oggetto il risarcimento danni patiti da terzi (nel caso più probabile dal lavoratore) a seguito di violazioni
della normativa in epigrafe evidenziata ( nel caso più probabile risarcimento del danno alla salute a seguito
di lesioni, malattie professionali, danno biologico, ecc...). L'elaborato deve essere esclusivamente
considerato come una prima serie di appunti da porre alla base di eventuali riflessioni e discussioni future
sul tema non avendo lo stesso nessuna pretesa esaustiva ne tanto meno di completezza dell'argomento. E'
ulteriormente da sottolineare come sul punto, allo stato, non è dato di poter disporre di orientamenti
giurisprudenziali non essendo note sentenze che abbiano affrontato l'argomento. E' quindi indispensabile,
oltre che auspicabile, un successivo approfondimento della tematica da parte di tutti gli addetti al settore.
LA RESPONSABILITÀ CIVILE
Si ritiene opportuno, oltre che utile, anteporre, alla specifico trattazione dell'argomento oggetto del
presente elaborato, alcuni brevi cenni di carattere generale relativi al concetto e significato giuridico di
"responsabilità civile". Con il termine di "responsabilità civile" si è usi indicare la reazione che l'ordinamento
giuridico ricollega alla violazione di norme obiettive capaci di ledere esclusivamente interessi privati. Essa si
contrappone alla "responsabilità penale", ossia alla responsabilità che deriva dalla violazione di una norma
posta a tutela, oltre che dell'interesse del privato, anche di un superiore interesse pubblico collettivo. La
responsabilità penale è rappresentata dalla sanzione (pena detentiva e/o pecuniaria) applicata dallo Stato o
colui che pone in essere un comportamento definito illecito in quanto contrario alla norma imperativa
penale volta ad affermare la preminenza degli interessi collettivi rispetto a quelli del singolo. La
responsabilità civile, invece, è rappresentata dall'obbligo che sorge in capo ad un soggetto di risarcire il
danno provocato ad altro soggetto come conseguenza del compimento di un fatto contrario ad una norma
oggettiva, posta a tutela degli interessi privati individuali. L'illecito civile si configura come qualsiasi fatto
volontario (doloso) o comunque dovuto a negligenza, imprudenza od imperizia (colposo) dal quale derivi a
terzi un ingiusto danno. Si può quindi considerare la responsabilità civile come la responsabilità nei rapporti
privati, che trova il proprio fondamento nei comportamenti negligenti (colpa) od intenzionalmente contrari
alla buona fede (dolo). La responsabilità civile si presenta come fonte di obbligazione ai sensi dell'art. 1173
del c.c. che dispone che "... le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito e da ogni altro atto o fatto
idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento". L'obbligazione sottesa alla responsabilità civile è
obbligazione al risarcimento; recita infatti l'art. 2043 c.c. che "... qualunque fatto doloso o colposo che
cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno". Il
risarcimento può avvenire in forma specifica (ripristino dello stato di fatto e di diritto antecedente il fatto
illecito) ovvero, per equivalente, attraverso la corresponsione di una somma di denaro. La responsabilità
civile trova la propria origine alternativamente o nei rapporti obbligatori (responsabilità contrattuale) o nei
rapporti occasionali ed inevitabili che nel vivere civile portano gli interessi ed i diritti degli uni ad interagire
con quelli degli altri (responsabilità extracontrattuale). La responsabilità contrattuale è originata da un
comportamento che il contraente assume, in modo colposo o doloso, contrario agli accordi raggiunti ed ai
doveri nascenti da quell'accordo. La responsabilità extracontrattuale, viceversa, scaturisce da quel
comportamento, volontario o meno, che, in assenza di specifici rapporti obbligatori, è capace di ledere, in
tutto od in parte il diritto altrui. La responsabilità, come si è visto, presuppone sempre il coinvolgimento
dell'agente il quale commette il fatto, illecito civile, con volontarietà (dolo), ovvero perchŽ pone in essere
una condotta involontaria ma comunque negligente, imprudente, ovvero imperita (imperizia = grossolano
errore nell'esecuzione di un'azione propria di una attività). In altri termini la responsabilità civile opera nei
confronti di colui che ha fatto un uso inadeguato della propria libertà incidendo sulla libertà altrui. Tale
principio, tuttavia, gode di deroghe si in senso restrittivo (ipotesi di responsabilità oggettiva), che in senso
estensivo (ipotesi di esonero ed esclusione di responsabilità - art. 2045 c.c.). Le ipotesi di responsabilità
"oggettiva" sono quelle nelle quali l'ordinamento ricollega la responsabilità civile ad un individuo per il solo
fatto di ricoprire un ruolo od un compito. In tali casi è possibile che il soggetto chiamato a rispondere
dell'illecito non l'abbia direttamente commesso; si pensi, ad esempio, alla responsabilità solidale del
proprietario del veicolo con il conducente, alla responsabilità dei padroni e committenti, alla responsabilità
per i danni cagionati dagli animali in custodia ecc. ecc.
LA FIGURA DEGLI RLS O RLST
IPassando ora alla trattazione della parte più specificatamente attinente al tema in oggetto, è bene
premettere che la ricerca di una corretta risposta al quesito propostoci, non può che essere avviata che dal
tentativo di inquadrare, giuridicamente e di fatto, la figura degli RLS e RLST. La prima considerazione da
farsi è che la normativa in esame, nell'introdurre il rappresentante per la sicurezza omette, tuttavia, di
delinearne compiutamente figura e ruolo sia nell'ambito aziendale sia in quello più generale della tutela
della sicurezza e della salute dei lavoratori. I principali articoli di cui esso è destinatario, o comunque quelli
che gli conferiscono legittimità di parte, sono contenuti in un apposito capo, il quinto, titolato
"consultazione e partecipazione dei lavoratori". Ciò porterebbe a pensare alla volontà da parte del
legislatore di istituire un organismo con compiti preminentemente di consultazione, sia per l'azienda ma
soprattutto per i lavoratori, e di partecipazione - rappresentanza - controllo da parte di questi ultimi alla
vita aziendale. L'indeterminatezza con la quale è inquadrata questa nuova figura pare comunque, almeno in
parte, voluta e frutto di una precisa scelta politico - strategica. Si ponga, ad esempio, particolare attenzione
al contenuto dell'art. 18 che demanda alla contrattazione collettiva, e conseguentemente ai diversi
"rapporti di forza" fra le parti, non solo il numero dei RLS, le loro modalità di designazione o di elezione, il
tempo di lavoro retribuito ma soprattutto "... gli strumenti per l'espletamento delle funzioni..." (comma 4)
e "... le modalità e i contenuti specifici della formazione ..." (comma 7). Istituti, questi ultimi, attraversi i
quali è facile comprendere come il ruolo ed il potere di intervento degli RLS possano essere di volta in volta
esaltati o vanificati a seconda dei diversi rapporti di forza contrattuali in essere fra le parti in causa.
I DESTINATARI DELLE PRESCRIZIONI DI LEGGE
Appare quanto mai significativa, e non può non essere sottovalutata, la circostanza che nell'ambito della
normativa di legge i RLS e RLST non risultano essere mai destinatari di norme imperative che impongano
loro determinati obblighi di comportamento. Escludendo, per ora, la trattazione relativa alle disposizioni di
cui all'art. 19 del d.l. 626/94, che verrà successivamente esaminato, preme rilevare come i principali
destinatari di prescrizioni introdotte dalle norme di legge sono, non solo, ovviamente, il datore di lavoro,
ma anche, in quanto espressamente previsti, i suoi più diretti ed influenti collaboratori - alter ego quali i
dirigenti ed i preposti che dirigono o sovraintendono alle attività aziendali "... i quali - anche loro - sono
tenuti all'osservanza delle disposizioni del presente decreto" (Art. 1/c. 4bis). Gli RLS e RLST non sono,
invece, destinatari di alcuna norma di prescrizione tale che imponga loro un determinato comportamento o
un qualsivoglia obbligo in relazione al loro incarico e/o al loro operato. Ciò appare assai significativo, e
certamente non casuale, se si pone dovuta attenzione alla circostanza che questo avviene in un contesto di
una normativa che prevede obblighi di diversa specie e natura per quasi tutte le figure istituite ed
interessate alle disposizioni di legge. L'articolo 4 sancisce, ad esempio, una serie di comportamenti
obbligatori a carico del datore di lavoro, del dirigente e del preposto. L'articolo 6 dispone in relazione agli
obblighi dei progettisti, dei fornitori e degli installatori destinatari anch'essi di norme imperative. Ma
l'aspetto, forse più interessante riguardo a quanto qui si tratta, sono le disposizioni relative agli obblighi
imposti ai lavoratori. Così come per le figure sopra richiamate, il legislatore ha ritenuto di dedicare una
specifica ad articolata disposizione, l'art. 5, agli obblighi posti a carico dei lavoratori con la prescrizione non
solo di un generico dovere di "... prendersi cura della propria sicurezza..."; ma anche di specifici e ben
delineati comportamenti espressamente e dettagliatamente normati. Gli stessi lavoratori sono, inoltre,
ancora destinatari di altre disposizioni contenute in diverse parti della legge; si può ad esempio citare
l'obbligo posto a loro carico di segnalare al datore di lavoro, al dirigente o al preposto situazione e/o
disfunzioni che possano comunque essere fonte ed origine di situazioni di pericolo (art. 2/2d; art. 39/3c sui
difetti sulle attrezzature di lavoro; art. 44/5 sui difetti nei dispositivi di protezione individuali; art. 84/3 sugli
agenti biologici, ecc.). In questa situazione gli RLS, come già evidenziato, non solo non risultano essere
destinatari di nessuna norma imperativa che imponga loro obbligo comportamentale alcuno, ma
addirittura non vengono neppure individuati come soggetti destinatari degli obblighi di comunicazione
sanciti a carico dei lavoratori che a seconda delle circostanze di volta in volta sono il datore di lavoro, il
dirigente, il preposto ecc. ma mai il RLS. Il solco di differenziazione fra le varie figure e gli RLS non poteva
esser più netto di così.
SANZIONI PENALI ED AMMINISTRATIVE
Conferma e conseguenza di quanto sin qui esposto è la circostanza che gli RLS e RLST non sono stati
considerati destinatari di nessuna delle diverse sanzioni penali o amministrative di cui al Titolo IX del d.l.vo
626/94. Gli articoli che compongono il richiamato titolo sanzionano infatti, da un punto di vista sia penale
che amministrativo numerosi comportamenti posti in essere dalle diverse figure cui la normativa fa
riferimento ma ami, fra queste, compaiono gli RLS o RLST. In particolare sono previste sanzioni per i
comportamenti illeciti posti in essere dai datori di lavoro e dai dirigenti (art. 89), dai preposti (art. 90), dai
progettisti, fabbricanti e installatori (art. 91), dal medico (art. 92) e infine ed in modo quanto mai
significativo, anche, dai lavoratori (art. 93). L'omessa previsione di una qualsivoglia sanzione a carico degli
RLS o RLST non può che essere interpretata che come corollario consequenziale alla omessa previsione a
carico degli stessi di una qualsiasi fattispecie di imposizione di obbligo od onere di comportamento,
secondo il noto principio in base al quale non vi può essere sanzione se non a seguito di norma imperativa
di prescrizione di un determinato comportamento.
POTERI DI RAPPRESENTANZA E CONSULTAZIONE
Gli RLS sono, invece, indubbiamente destinatari di una serie di normative che attribuiscono loro poteri di
rappresentanza ed intervento nell'ambito aziendale e in riferimento alla sicurezza sociale. Si vuole qui solo
rammentare come una serie di disposizioni del d.l. 626/94 sanciscano l'obbligo di assumere diverse
decisioni previa la consultazione del rappresentante della sicurezza (art. 5, 5p; art. 31/3 e 31/4 in materia di
sicurezza nei e dei luoghi di lavoro; art. 68/1 esposizione rilevante al rischio di agenti cancerogeni; art. 78/6
valutazione del rischio di agenti biologici ecc.).
ACCESSO A DATI ED INFORMAZIONI AZIENDALI
Parimenti di particolare significato sono le diverse norme che dispongono non solo la possibilità di accesso
da parte del RLS a dati sino a prima ritenuti di esclusiva pertinenza aziendale, ma addirittura l'obbligo da
parte del datore di lavoro o suo mandatario di portare a conoscenza dei RLS tali dati. Oltre alla norma
generale dell'art. 19 lettere e) ed f) si rammentano le disposizioni relative ai dati medici (art. 17 lettera g),
videoterminali (art. 57/1), dati sulla valutazione del rischio cancerogeno (art. 63) e sui registri di esposizione
(art. 70).
L'ARTICOLO 19 DEL D.L. 626/94
Svolte le considerazioni di cui sopra non vi è dubbio che non si possa prescindere da una attenta lettura ed
interpretazione dell'articolo 19 del d.l. 626/94 che titola "attribuzioni del rappresentante per la sicurezza".
In tale disposizione il legislatore ha chiaramente voluto definire una serie di compiti, mansioni e facoltà che
fanno capo al soggetto indicato. Ma, ai fini del nostro lavoro, è importante rilevare, come il legislatore
abbia esclusivamente previsto per l'appunto una serie di compiti, mansioni, facoltà e poteri che il RLS può
esercitare e non deve esercitare tant'è vero che al suo mancato esercizio non ha collegato alcuna sanzione
conseguente. Una lettura didascalica, per quanto possa sembrare speciosa, non può tuttavia essere evitata.
L'art. 19 lettera a) prevede che il rappresentante per la sicurezza "accede ai luoghi" nel chiaro senso che
viene a lui attribuita la possibilità di accedere ai luoghi di lavoro, ovviamente per i compiti inerenti al
proprio incarico, e il datore di lavoro non può impedirglielo; non è sancito un obbligo di accedere ai luoghi.
Le lettere c): "è consultato sulla designazione degli addetti" e d): "in merito all'organizzazione della
formazione" fanno riferimento al RLS come organo meramente consultivo. Con quanto sancito nelle lettere
e) ed f) è unicamente destinatario di notizie ed informazioni attinenti alla sicurezza e salute nel luogo di
lavoro, informazioni che il datore di lavoro ha l'obbligo di comunicargli. Con la lettera g) egli "riceve una
formazione" nel senso che ha diritto a ricevere la formazione per poter adempiere compiutamente
all'incarico ricevuto. Con la lettera h) "promuove..." ma non ha il potere o la facoltà di imporre limitandosi
la norma a conferirgli la possibilità di promuovere. Con le lettere i) "formula osservazioni" e l) "partecipa
alle riunioni" viene prevista la sua facoltà di formulare osservazioni nonchŽ il suo diritto a partecipare alle
riunioni, ma nulla di più. Superfluo sottolineare come in base alla lettera m) "fa proposte" ma ovviamente
non ne ha l'obbligo. Nell'ottica del presente lavoro tre disposizioni del citato articolo 19 devono invece
essere più attentamente oggetto di valutazione. Trattasi delle disposizioni di cui alle lettere o) b) ed n).
Secondo la previsione di cui alla lettera o) il rappresentante per la sicurezza "... può fare ricorso alle autorità
competenti...". La norma in esame appare di primaria importanza in quanto riconosce al RLS legittimazione
attiva in relazione ad eventuali azioni, avanti a qualsiasi autorità (giudiziaria tanto civile che penale,
amministrativa ecc.), che lo stesso intenda promuovere qualora abbia a riscontrare inidoneità nelle misure
predisposte ed adottate dal datore di lavoro a tutela della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro. Viene
in questo modo sancito il principio in base al quale il potere e la facoltà di difesa di particolari situazioni,
ritenute di interesse collettivo come il diritto alla salute, è demandata non solo al diretto interessato, cioè
al lavoratore, ma anche all'organo che lo rappresenta. In tal modo è divenuto norma di legge, quantomeno
in questa materia, quell'orientamento giurisprudenziale, che, benchŽ altalenante e discontinuo, ha tuttavia,
negli anni, con sempre maggior frequenza, riconosciuto capacità e legittimazione ad agire e/o processuale
alle organizzazioni o associazioni sindacali e di categoria in quanto rappresentanti dei lavoratori. Essendo,
senza ombra di dubbio, lo spirito della norma citata esclusivamente quello di conferire al RLS, anche al fine
di evitare le diverse interpretazioni giurisprudenziali di cui si è fatto cenno, un potere speciale di
rappresentanza lasciando tuttavia l'esercizio dello stesso nell'ambito della sua mera facoltà e disponibilità,
non appare individuabile in alcun modo un obbligo e/o dovere imperativo di attivazione a carico dello
stesso. Conseguentemente non potrò mai essergli addebitata la sua eventuale mancata attivazione presso
le autorità competenti in quanto la norma in esame configura ciò come mera possibilità e non come
obbligo comportamentale. La lettera b), del citato art. 19, prevede che il RLS sia "consultato
preventivamente" in relazione alle tematiche di cui alle disposizioni in esame. Il parere espresso in tali
occasioni non è certamente vincolante per il datore di lavoro al quale spetta comunque ed in ogni caso la
decisione definitiva in ordine all'adozione delle misure necessarie alla tutela della sicurezza e della salute.
Allo stesso datore di lavoro, ed esclusivamente a lui, va conseguentemente ricondotta ogni responsabilità
in merito alla errata o comunque non adeguata adozione di idonee misure di tutela degli interessi che si
vogliono proteggere. E quand'anche il RLS avesse dato parere favorevole alla adozione di una determinata
misura rivelatasi insufficiente o inadeguata, non pare si possa allo stesso addebitare alcuna responsabilità
diretta di natura civilistica in ordine alla circostanza generatrice l'obbligazione risarcitoria. Da ultimo la
lettera n) dell'art. 19 prevede che il RLS "avverte il responsabile dell'azienda dei rischi individuati nel corso
della sua attività". E' opportuno in primo luogo sottolineare come la disposizione in esame non imponga al
RLS di "individuare i rischi" ma più semplicemente di avvertire il responsabile dell'azienda dei rischi
individuati. La differenza, di semplice percezione, è tuttavia fondamentale. Infatti anche secondo una
interpretazione estremamente restrittiva della suddetta norma si può giungere alla sola conclusione che il
legislatore abbia voluto qui introdurre un obbligo da parte del RLS di rendere partecipe, tramite
comunicazione al responsabile della sicurezza, il datore di lavoro di eventuali situazioni di pericolo
riscontrate nello svolgimento della sua attività. Ma l'obbligo di vigilanza e di accertamento dei rischi grava,
in ogni caso, in maniera preminente ed assoluta sul datore di lavoro il quale deve adottare tutte le tutele
possibili ed opportune indipendentemente ed al di là delle segnalazioni pervenutegli dal RLS. E' il datore di
lavoro, senza ombra di dubbio, il responsabile individuato quale soggetto tenuto ad adottare tutte quelle
iniziative volte ad eliminare i rischi. Su di lui ricadrà comunque la responsabilità totale di non aver
eventualmente posto in essere idonee misure a fronte dei rischi riscontrati o riscontrabili in azienda e ciò
indipendentemente dalla circostanza che i rischi gli siano stati meno segnalati. Da questa angolazione non
pare compatibile con le disposizioni della normativa in oggetto ritenere diminuite le sue responsabilità dalle
previsioni di "collaborazione - pareri - segnalazioni ecc." poste a carico del RLS. Un'unica ipotesi pare
concretamente configurabile in modo tale da poter coinvolgere responsabilità dirette del RLS. Il caso
appare tuttavia più di studio che effettivamente possibile. Si formuli allora l'ipotesi in cui il RLS sia venuto a
conoscenza che nell'azienda si sia verificata, da pochissimo tempo, una situazione di rischio imprevista e
imprevedibile e nonostante ciò non ne abbia data tempestiva comunicazione al datore di lavoro o al
responsabile per la sicurezza aziendale. Ipotizziamo, ancora, che immediatamente dopo il verificarsi della
circostanza che ha dato luogo alla situazione di rischio si sia verificato l'evento (incidente - infortunio) che
genera l'obbligazione al risarcimento del danno. L'eventuale obbligazione risarcitoria potrebbe allora
coinvolgere anche il RLS qualora il datore di lavoro possa sostenere, e ovviamente dimostrare, che nel caso
in cui egli fosse stato messo al corrente della situazione di pericolo avrebbe potuto tempestivamente
adottare tutte quelle iniziative e contromisure atte ad evitare il danno, cosa che invece gli è stata preclusa
dalla omessa comunicazione da parte del RLS. Non solo ma sarà altresì onere del datore di lavoro provare
che la situazione di pericolo era a conoscenza del RLS senza che questi nulla comunicasse in merito, ma
soprattutto che "l'evento rischio" era temporalmente riconducibile in epoca immediatamente precedente
"all'evento danno". Diversamente, se così non fosse, la struttura organizzativa che il datore di lavoro deve
porre in essere deve consentirgli comunque di conoscere tempestivamente gli "eventi-rischio" verificatisi
nella propria azienda e ciò indipendentemente dalle comunicazioni del RLS. In altre parole se il lasso di
tempo trascorso è ragionevolmente tale da far ritenere conoscibile, secondo i canoni e parametri della
ordinaria diligenza, l'evento verificatosi il datore di lavoro aveva l'obbligo di individuarlo e di intervenire al
fine di porvi rimedio.
RAPPORTO TRA LAVORATORE E RLS E CONSEGUENZE IN ORDINE ALLA
RESPONSABILITA' CIVILE
Un particolare aspetto della trattazione in corso riguarda i rapporti tra il lavoratore e il RLS quale
suo rappresentante. La natura giuridica di tale rapporto e la sua esatta collocazione dovrà essere
oggetto di approfondito studio ed esame in quanto da esso potranno discendere conseguenze di
notevole portata. Premesso che il fatto colposo del danneggiato fa ridurre in proporzione alla gravità
(grado) della colpa il risarcimento al quale ha diritto, ci si deve domandare se il comportamento del
RLS, quale rappresentante del lavoratore, possa essere assunto dall'obbligato, datore di lavoro,
quale esimente, parziale o totale delle sue responsabilità. L'obbligazione risarcitoria a carico del
datore di lavoro potrebbe, in base a tale principio, essere ridotta a seguito del concorso del
lavoratore nell'evento. Tale concorso si concretizza, nei casi più frequentemente ipotizzabili, in un
comportamento errato, imprudente o negligente da parte del lavoratore che abbia in un qualche
modo provocato o agevolato il verificarsi dell'evento lesivo. Ma, per quanto qui è di interesse,
potrebbe anche concretizzarsi in un comportamento ascrivibile non alla propria persona fisica ma a
quella del proprio rappresentante RLS. Ipotizziamo, ad esempio, che il RLS abbia dato parere
favorevole, ai sensi dell'art. 19 d.l. 626/94, all'assunzione di una determinata misura di tutela
rivelatasi poi alla luce dei fatti non idonea a prevenire l'infortunio. In tale evenienza la difesa del
datore di lavoro potrebbe essere fondata sulla circostanza che quanto messo in atto, benchŽ poi
risultato inadeguato, sia stato comunque adottato previo assenso e parere conforme (o addirittura su
richiesta) del RLS quale rappresentante del lavoratore o, invertendo i fattori, sia stato adottato con il
consenso del lavoratore espresso non direttamente ma attraverso il proprio rappresentante. In tale
caso il lavoratore, danneggiato, potrebbe vedersi ridotto il risarcimento del danno subito, e nei casi
estremi sino alla totalità, sul principio di aver egli concorso al suo verificarsi. Nel caso in cui ciò
dovesse accadere potrebbe sorgere un ipotesi di diritto di rivalsa da parte del lavoratore dei
confronti del RLS per aver egli male operato nello svolgimento del proprio mandato.
L'approfondimento di tale aspetto è di primaria importanza in quanto parrebbe che possa
rappresentare negli aspetti concreti e pratici dell'incarico i maggiori rischi.
14 luglio 2000
Avvocato Narciso Dirindin .