Che fare in Cina?
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Che fare in Cina?
ATTUALITÀ/ITALIANI IN CINA I l tema Cina è di attualità, nei media, nelle tavole rotonde, nei discorsi conviviali. Da una parte la si guarda come grande opportunità, dall’altra come estremo pericolo. La risposta è difficile: si tratta di una equazione con troppe incognite. La eliminazione di alcune di tali incognite richiede conoscenze e riflessioni. Di recente in questa Rivista (n. 28 – dicembre 2006) sono state por tate testimonianze di grande interesse, utili alla riflessione. Vorrei dare qui anche il mio contributo, senza pretese di originalità ma contando su 25 anni di presenza in Cina, di cooperazione tecnica con le forze locali, con sempre maggiore integrazione con le stesse. Questo periodo va dal 1981 a ieri, ma ha però avuto due eventi propedeutici. Il primo con la mia partecipazione alla missione guidata dall’On.le Mario Zagari (maggio 1971), a pochi giorni dalla ripresa dei rapporti diplomatici Italia-Cina; la missione era composta da una settantina di persone, metà operatori e metà giornalisti. Erano rappresentate ai massimi livelli le industrie (ad es. Nesi per la Fiat e Luraghi per l’Alfa Romeo, Piga per la Consob, Donati per le Banche ecc.). Io ero l’unico rappresentante dell’“ingegneria” e devo dire subito che non riuscii a far capire ai cinesi il significato di questa parola: il fatto di offrire solo idee e Che fare in Cina? Forte della sua esperienza di oltre venticinque anni in Cina, uno dei “padri fondatori” dell’Oice, Carlo Lotti, descrive rischi e opportunità in un mercato difficile che non tollera improvvisazioni Laboratorio modelli idraulici di Wuhan, 1981 (al centro con il giubbotto chiaro il prof. Carlo Lotti). 30 • Progetto&Pubblico Giugno 2007 carte li lasciava interdetti. In altra occasione ho scritto di questa missione (Il Paese dei dr agoni selvaggi – Ed. Colombo, 1987): eravamo sulla coda della “rivoluzione culturale”, la banda dei quattro era ancora in azione, una certa paura aleggiava nell’aria. Mi limito qui a riportare alcune parole da me scritte dopo aver incontrato Chu-EnLai: “uscimmo emozionati e frastornati; avevamo tutti l’impressione di aver vissuto un momento storico”. Ed era proprio così: a breve vi sarà il famoso incontro di ping-pong, (luglio 1971), poi la visita segreta di Kissinger, infine la visita di Nixon (febbraio ’72). “Rientrammo in Italia con un solo desiderio: ritornare ancora per capire di più e meglio”. Per chi scrive l’occasione si presentò nel 1980; ad un Seminario delle Nazioni Unite avevo incontrato un alto dirigente del Ministero dell’Energia che ebbe la cortesia di venirmi a trovare a Roma. Poco dopo ricevetti da quel Ministero l’invito per una serie di “letture” sul tema “dighe in terreni difficili” (l’Italia è una buona palestra): accettai di buon grado e nel maggio 1980 fui di nuovo in Cina, dove tenni le mie letture ai Centri di progettazione di Hang-Zhou, Cheng-Du e Pechino. Anche di questo ho scritto nella ricordata occasione, qui mi limito ad annotare alcuni elementi salienti rilevati nei miei interlocutori: dignitosa povertà ma non certo miseria; massimo impegno fino ad una estrema pignoleria; cognizioni tecniche a sprazzi, come un libro con pagine bianche (ciò dissi con franchezza, su loro richiesta). Nel complesso un popolo in movimento anche se Deng-Xiao-Ping era ancora lontano. 20 interventi in altrettante province Veniamo ora alle attività operative: in complesso noi abbiamo effettuato in Cina 20 interventi in quasi altrettante province. Ricorderò quelli più importanti. L’occasione anche qui fu casuale. Nel 1980 si tenne in Cina un seminario sul “controllo delle piene”, trovandomi nella impossibilità di partecipare, inviai tuttavia una comunicazione su “valutazione dei rischi in termini di probabilità di danni di piena”. Questa comunicazione, letta dall’amico Gallico di Electroconsult, destò l’attenzione del Ministry of Water Conservancy; tale apprezzamento mi fu comunicato per iscritto e si richiese un contatto. In quel periodo la nostra “Cooperazione” si era molto aperta ed era particolarmente interessata alla Cina. Le Gole dello Yang-Tze (1988) Il primo contratto Si trattava di costruire “modelli” per la previsione in tempo reale delle piene sul fiume Han (grande affluente dello Yangtze). Il progetto andò bene, vi erano inclusi la fornitura di apparecchiature informatiche e periodi di stage di 3-4 mesi a Roma per tre gruppi di cinesi di sei unità per ciascun gruppo. Conserviamo fra le cose più gradite la comunicazione gratulatoria dell’autorità di controllo del fiume circa una piena Rete di teletrasmissione nel bacino del fiume Han (1982). Progetto&Pubblico Giugno 2007 • 31 ATTUALITA’/ITALIANI IN CINA misurata di 35.000 mc/sec che il modello aveva segnalato in anticipo (24 ore) in 34.500 mc/sec. A seguito di questo successo, che definirei pionieristico e di certo artigianale a fronte dei dispositivi informatici e di teletrasmissione odierni, ci fu affidato un secondo progetto per un altro fiume, lo Huai-He. Fu per noi motivo di soddisfazione quando, alcuni anni dopo, l’autorità della Xi Jiang (Fiume delle Perle)- ci interpellò per rivedere ed in parte correggere un modello previsionale effettuato da altra concorrente europea e giudicato insoddisfacente. La diga delle tre gole Nel 1988 una “cordata” guidata dall’Enel ed alla quale partecipavano con la nostra Società, la Ismes, la Electroconsult e la Rodio, ebbe incarico dall’Autorità dello Yang-Tze (fiume Azzurro) di fare uno studio preliminare per la deviazione del fiume per la futura diga delle Tre Gole. Era usanza dei cinesi chiedere supporto –e relativo finanziamento- per gli studi preliminari di questa grande opera. Tutti aderivano volentieri in vista di futuri coinvolgimenti che però non vi furono. Così gli americani per il piano generale, i francesi per il trasporto solido, gli svedesi per gli scavi in roccia per le conche di navigazione, i canadesi per le turbine. A noi toccò la deviazione cioè una avandiga di 80 metri di cui 30 in acqua e relativo canale. Vi lavorammo due anni ed è stato virtualmente gratificante rilevare che nel progetto esecutivo –redatto interamente dai cinesi- la sezione dell’avandiga era esattamente quella da noi proposta. Le nostre attività continuarono con un piano di sviluppo delle risorse idriche per Pechino e Tiensin in collaborazione con la francese Safege su finanziamento della Banca d’Asia; e poi sempre con finanziamento della Banca d’Asia per il pro32 • Progetto&Pubblico Giugno 2007 Sistema acquedottistico di Dalian (2003). getto e la successiva direzione dei lavori dell’Acquedotto per la città di Dalian (5.000.000 abitanti) sviluppatosi dal 1992 al 2003, svolto con parziali collaborazioni della ARD (Usa) e della CH2M Hill (Usa). Nel 1991 ebbi anche l’opportunità di tenere una “lettura” presso l’Istituto di Cultura della nostra Ambasciata sul tema “The present role of the research in water engineering” ed ebbi la soddisfazione di una plenaria partecipazione cinese fra cui molti “vecchi” amici (do al “vecchio” il significato onorevole dei cinesi). Fra i più recenti interventi ricordo i due (1998-2002) relativi al coordinamento, su richiesta specifica della Banca Mondiale, dei piani strategici per le eredità culturali del Sichuan e di Chunking in collaborazione con la Ars Progetti. Gli interventi furono di estremo interesse per la presa di contatto con il grande patrimonio di beni culturali in Cina. Successivamente fu realizzato un progetto relativo allo sviluppo urbano della Regione Nord-Est, (2005-2006) sempre su finanziamento della Banca Mondiale e infine, su richiesta specifica della stessa Banca, venne portato a termine un incarico relativo alla Segreteria Tecnica della seconda Conferenza Internazionale sulla conser vazione del patrimonio culturale e sullo sviluppo sostenibile (Shaoxing, 31 maggio-2 giugno 2006). Le riflessioni Mi sono soffermato a lungo sulle attività operative per dare supporto alle riflessioni che seguono. Non può esservi dubbio che negli anni trascorsi fra il 1981 ed il 2006 abbiamo assistito in Cina ad una evoluzione senza uguali, forse tale da reggere il raffronto con l’opera dell’Imperatore Chin che in meno di 20 anni (dal 221 a. C.) unificò la Cina, iniziò e portò avanti la Grande Muraglia ed ebbe anche il tempo di costruirsi la “tomba” con l’armata dei guerrieri di terracotta di Xian. Il paese del 1971 sembra lontano secoli: i colpi di coda della rivoluzione culturale, i libretti rossi distribuiti a piene mani, la paura diffusa, le industrie attrezzate con i residuati sovietici. Il poco che ci fu dato vedere, restituiva un quadro poco incoraggiante: restava solo la magica figura di Chou-En-Lai. Nel 1980 la situazione era simile ma diversa, mi si consenta la contraddizione. Simile la povertà dei mezzi, i direttori generali in bicicletta, gli uffici sprovvisti di tutto, i telefoni a singhiozzo, i cavoli messi al fresco sui davanzali dei ministeri; la paura era però scomparsa e c’era una gran voglia di progredire. Poi la campagna, solida, ordinata: nel Sichuan sembrava di essere in Olanda. Fra Cheng-Du e Chunking, centinaia di laghetti collinari animavano il paesaggio, nella valle del Quian Yang e i campi erano curatissimi con aspetto di giardini: I contadini mangiavano bene, i loro bambini erano belli e paffuti, i medici “scalzi” assicuravano il minimo di assistenza sanitaria; grande era il desiderio di apprendere e diffusa l’umiltà. A metà degli anni ’80 ha inizio l’era Deng-Xiao-Ping; le prime parole sul nuovo ciclo compaiono sui giornali: “arricchirsi non è più reato” comincia a far presa sulle rampanti nuove generazioni; i “quattro vecchi” che reagiscono alla piazza di Tien An Men sono sicuri di tenere in mano la situazione. Ma ce l’hanno fatta? Questa è la domanda di oggi. Perché il “nuovo ciclo” mossosi con lentezza, con qualche paura, si trasforma in valanga. Lo sviluppo tecnologico ha ritmi vertiginosi, le riserve valutarie battono ogni record mondiale e si investe in Inghilterra, in Germania, in Africa, in Sud America; a Shanghai si sviluppa una concentrazione di grattacieli più alta di quella di New York, a Pechino fra grandi alberghi e discoteche corrono Ferrari, Mercedes, Bmw; i nuovi ricchi sono ormai centinaia di migliaia. E’ certamente uno sviluppo stratosferico ma non equilibrato. La massa di 800 milioni di contadini rimasti nelle campagne, non ne hanno tratto alcun beneficio, anzi sembrano essere diventati più poveri. Nella filosofia di Mao il contadino era al centro dell’attenzione e a lui si deve il successo della lunga Marcia. Quel contadino assicurava una scodella di riso ogni mattina ad oltre un miliardo di cinesi. Alla nuova generazione rampante –quella del treno Conservazione dei beni culturali nel Sichuan (1998) veloce di Shanghai- il contadino non sembra interessare; ma nelle campagne vivono i 2/3 della popolazione.Vi sono poi le province decentrate, cito ad esempio lo Yunnan, lo Xinjang. Qui il beneficio dello sviluppo di Pechino, Shanghai, Canton, Wuhan, Cheng-Du arriva solo di riflesso, attraverso la televisione ma il centro è lontano. Queste considerazioni possono contribuire alle nostre riflessioni in modo indiretto, solo come cornice del quadro. Venendo quindi a noi, alla nostra ingegneria, il pianeta Cina può ancora offrire buone possibilità all’ingegneria industriale, quella degli stabilimenti chiavi in mano, specie se accompagnati da buone condizioni finanziarie. C’è qualche spiraglio per le concessioni, i project financing, se le nostre istituzioni finanziarie ci accompagneranno. Approcci singoli per questa ingegneria possono dare buoni frutti. Diverso è il discorso dell’ingegneria civile, delle grandi infrastrutture di trasporto o di acqua, dei grandi interventi urbani e dell’edilizia specializzata (sportiva, ospedaliera). Il primo segno visibile del cambiamento lo ebbi da una rivista americana. In due successivi inserti vi era la storia di due dighe, quella di Er Tan e quella delle Tre Gole. La diga di Er Tan, di cui ebbi sentore la prima volta durante una delle mie letture a Cheng-Du, è una grande opera, ad arco gravità, dell’altezza di circa 250 metri, su un affluente dello Yang-Tze. La diga fu progettata dalla americana Harza e realizzata negli anni 80/90 su finanziamento della Banca Mondiale da una joint-venture Impregilo-Dumez, con direzione lavori della Harza. Più a valle, pochi anni dopo la diga delle Tre Gole, le cui dimensioni e difficoltà tecniche sono ben note. E’ stata interamente progettata, finanziata e realizzata dagli stessi cinesi, sia pure con qualche preliminare supporto di cui si è detto, ed è entrata in parziale esercizio nel 2006, in anticipo sui tempi previsti: i Cinesi in questo settore, come in altri, sono largamente autosufficienti. Dunque la riflessione deve essere ampia per capire cosa serve, a chi serve, quali reali possibilità si hanno. Ciò richiede una indagine profonda, anche sparsa sul territorio, specie nelle province lontane: una indagine che impegni energie e mezzi e che merita comunque una adeguata riflessione. Unire più forze per presentarsi in quel grande mercato in forme più robuste e comunque diversificate può essere utile: il tutto deve essere però condotto con la consapevolezza che quel mercato è difficile e non tollera improvvisazioni. Carlo Lotti, presidente onorario C. Lotti & Associati Progetto&Pubblico Giugno 2007 • 33