TOYOTA IN SAOR Approfondimento sull`utilizzo del metodo Lean

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TOYOTA IN SAOR Approfondimento sull`utilizzo del metodo Lean
TOYOTA IN SAOR
Approfondimento sull’utilizzo del metodo Lean-Toyota in Comune di Venezia e
nelle pubbliche amministrazioni in generale
Sviluppato dalla Toyota in Giappone, la produzione snella (lean production) ha trovato ampia
diffusione in Europa e in altre aree del mondo nelle imprese manifatturiere prima e in quelle dei
servizi successivamente. Una delle prime aziende ad applicare in Italia il metodo toyotista su larga
scala è stata la Fiat nello stabilimento greenfield di Melfi. I suoi sostenitori hanno a lungo
sottolineato il maggior coinvolgimento e una maggiore soddisfazione dei lavoratori nel processo
lavorativo che sarebbe anti-gerarchico e pro-democratico. La produzione snella è spesso descritta
come un miglioramento della condizione lavorativa, mentre sono state sovente tralasciate la
costante pressione e il livello di forte subordinazione che i lavoratori subiscono.
La produzione snella non è descrivibile come un modello unico e onnicomprensivo, quanto
piuttosto come un modello flessibile che può essere applicato in vari modi e in vari settori. Nel
settore pubblico il modello del toyotismo si è intrecciato con la diffusione delle nuove pratiche
manageriali che mirano a rendere maggiormente efficiente il lavoro dei dipendenti pubblici.
L'applicazione delle tecniche manageriali tipiche del settore privato a quello pubblico è stato
spesso considerato un passaggio decisivo per incrementare l'efficienza organizzativa, la
produttività e l'efficacia delle politiche pubbliche. Alcuni studiosi hanno sottolineato come quest'idea
si basi essenzialmente su un approccio ideologico poiché dimentica sia l'etica sia l'obiettivo finale
sottostante il lavoro nel settore pubblico, vale a dire il benessere dei cittadini e non il profitto.
In effetti, le pressioni sulla riduzione dei costi e il raggiungimento di risultati hanno incrementato le
responsabilità lavorative così come le pressioni sulla produttività finendo per intensificare il lavoro,
non sempre a favore della qualità della produzione e dei servizi.
A partire dagli anni Ottanta il settore pubblico è stato sottoposto a numerose trasformazioni basate
sullo spirito del cosiddetto “New Public Management” (NPM) al fine di valutare e migliorare i suoi
risultati. La “nuova” gestione del settore pubblico si riferisce a una serie di credenze, dogmi ed
esperienze che hanno inciso profondamente anche nelle operazioni svolte quotidianamente dai
dipendenti pubblici. Questa cornice complessiva è diversa da paese a paese ed è solitamente
mediata dal contesto sociale, dalla presenza o meno di organizzazioni sindacali, dalle necessità
dei vari attori politici e dai loro obiettivi. In generale la nuova visione manageriale per il settore
pubblico è basata sulla richiesta di una maggiore razionalità economica e un'ampia fiducia nei
principi del mercato che dovrebbero permettere di raggiungere efficacia ed efficienza anche in
questo settore. Il sistema di misurazione dei risultati è sovente visto come un elemento cardine del
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miglioramento, finendo per sostenere una cultura dei risultati che finisce di perdere di vista il fine
ultimo dei servizi pubblici: il benessere dei cittadini.
Il NPM è caratterizzato da una forte enfasi sulla misurazione dei risultati e dall'introduzione dagli
incentivi basati sui risultati. Le sue basi teoriche sono basate essenzialmente sul modello
dell'interesse personale del cosiddetto homo oeconomicus, secondo cui i compensi economici
spingono gli individui a migliorare le proprie prestazioni: più alta è la retribuzione maggiore
dovrebbe essere lo sforzo e quindi il risultato ottenuto dal soggetto. Gli studi hanno messo in luce
come nel caso del settore privato questa teoria trovi alcuni sostegni nella realtà empirica, ad
esempio nelle imprese manifatturiere. Tuttavia, l'applicazione di questa teoria al settore pubblico è
ingannevole perché il lavoro dei dipendenti pubblici è assai differente per tre motivi principali: 1) le
motivazioni 'sociali' sono più diffuse tra i dipendenti pubblici rispetto a quelli privati a causa della
differente selezione del personale e del tipo di occupazione; 2) nel settore pubblico non è sempre
chiaro a chi devono rispondere responsabilmente i lavoratori, se ai politici, ai cittadini, ai superiori;
3) gli obiettivi nel settore pubblico sono caratterizzati da una forte ambiguità.
Il dibattito scientifico intorno alle motivazioni dei lavoratori pubblici è stato intenso. Un certo numero
di studi ha sottolineato come gli incentivi monetari contano meno tra i dipendenti pubblici rispetto a
quelli privati. I dipendenti pubblici avrebbero un più alto livello di motivazioni intrinseche, un più
diffuso interesse in attività altruistiche e in obiettivi socialmente opportuni.
Come sottolinea la teoria del Comportamento Economico (Behavioural Economics) la fonte delle
motivazioni individuali sono molto più ampie di quelle basate sulla teoria dell'agente razionale
dell'homo oeconomicus, poiché i comportamenti possono basarsi su motivazioni intrinseche. Le
motivazioni intrinseche solitamente vengono distinte tra quelle relative alla soddisfazione nella
partecipazione a un'attività, oppure quelle connesse a norme sociali il cui obiettivo è il
miglioramento della vita degli altri membri della comunità. Psicologi ed economisti hanno
sottolineato come nel caso del settore pubblico le motivazioni estrinseche – ad esempio gli
incentivi monetari individuali – possono ridurre le motivazioni intrinseche, secondo un processo
definito “l'effettivo corruttivo delle motivazioni estrinseche”. Gli incentivi infatti spingerebbero gli
individui a svolgere quelle attività necessarie per ottenerlo, mettendo da parte la loro attenzione
rispetto al benessere dei cittadini. Alcuni economisti hanno pure sottolineato come vi siano
particolari benefici nel non usare incentivi monetari per favorire le motivazioni nel settore pubblico
perché possono indebolire il senso di comunità ed enfatizzare i rapporti di mercato tra lavoratori e
cittadini a scapito di relazioni di fiducia nell'etica dei servizi pubblici. D'altra parte gli incentivi
monetari favoriscono quei dipendenti che credono maggiormente su questi strumenti allentando
ulteriormente i rapporti tra lavoratori e tra lavoratori e cittadini.
Nel settore pubblico i risultati che si intende raggiungere sono sovente ambigui e i compiti
altamente interdipendenti sicché il prodotto finale è difficile da attribuire al singolo individuo. I
dipendenti pubblici infatti forniscono servizi complessi, quali “buona salute”, “buona istruzione” o
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“conoscenza importante” per i quali è complicato identificare chiaramente e misurare i risultati del
singolo.
Fare affidamento ai criteri quantitativi per governare i comportamenti lavorativi occulta gli aspetti
qualitativi dei servizi pubblici che sono cruciali.
La valutazione del lavoro nel settore pubblico è un processo complesso e non può essere ridotto a
un consenso tecnico e apolitico. La ricerca scientifica si è spesso interrogata su come poter
conciliare in modo soddisfacente le necessità manageriali basate sui risultati con il benessere dei
cittadini. Da un lato i cittadini si attendono servizi qualitativamente e quantitativamente
soddisfacenti in settori cruciali della vita quotidiana, dall'altro a questo processo partecipano un
insieme di organizzazioni, stakeholder, persone e gruppi con obiettivi diversi . Dal punto di vista del
processo lavorativo, invece, possiamo vedere da un lato le amministrazioni pubbliche governate da
differenti attori politici con i loro obiettivi e dall'altro lavoratori e lavoratrici che devono adeguarsi ai
cambiamenti imposto dai primi.
La misurazione delle performance nel settore pubblico sono complicate dal fatto che si tratta di
servizi, sovente alla persona, la cui percezione può modificarsi rapidamente sulla base di variabili
non sempre connesse al servizio stesso. La valutazione dell'attività è infatti spesso connessa,
anche da parte dei cittadini, al giudizio politico su una specifica amministrazione. Inoltre, la
misurazione dei risultati deve superare altre questioni quali una visione limitata all'ottenimento
immediato di buone performance, il comportamento simbolico all'interno dell'organizzazione e
ovviamente l'incremento dei costi per la misurazione degli stessi risultati.
Dopo tre decenni di riforme gli effetti della nuova visione manageriale nel settore pubblico sono
assai controversi e la letteratura scientifica è scettica su tali risultati perché anche quelli che, nel
breve periodo, sono state presentate come best practice, hanno avuto conseguenze indesiderabili
nel lungo periodo. Le nuove pratiche manageriali si basano su teorie normative che non mirano ad
analizzare il funzionamento della governance, ma solo a modificarla sulla base di precetti sovente
ideologici basati sui principi di funzionamento del mercato. Il modello si basa su tre pilastri: 1) il
miglioramento dei risultati richiede un cambiamento culturale; 2) i dipendenti pubblici devono
essere responsabilizzati incoraggiandoli a pensare in base ai risultati; 3) le organizzazioni del
settore pubblico dovrebbero compiere una deregolazione interna per permettere ai manager di
mettere in campo le azioni più appropriate per perseguire i risultati.
Questi tre elementi si basano essenzialmente su una diversa organizzazione del lavoro che
proviene sovente dalle esperienze del settore industriale. L'elemento centrale di questa nuova
forma di organizzazione manageriale nel settore pubblico si basa sugli incentivi che possono
prendere diverse forme includendo incrementi salari oppure promozioni di carriera in base ai
risultati. Tuttavia, anche l'OECD, che è tra i principali promotori di queste nuove pratiche
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manageriali, mette in guardia dal rischio che un sistema basato sugli incentivi individuali rischia di
produrre la manipolazione dei dati e conflitti tra lavoratori che finiscono per ridurre gli stessi risultati.
In effetti la credenza incondizionata dei benefici garantiti dagli incentivi retributivi nel settore
pubblico è ingiustificata poiché non trova sostegno né a livello teorico né a livello empirico. Recenti
studi scientifici evidenziano infatti che la forte enfasi su obiettivi e incentivi provoca comportamenti
disfunzionali quando gli obiettivi sono ambigui e difficili da misurare. L'ambiguità degli obiettivi sono
diffusi nel settore pubblico sia perché non sono riferibili a risultati inconfutabili ed eterni sia perché
non sono misurabili in termini di profitto o di valore delle azioni come nelle imprese private. Forti
stimoli sui dipendenti pubblici verso il lavoro per risultati possono quindi produrre cambiamenti
profondi nei comportamenti lavorativi spostando l'attenzione dei lavoratori verso le modalità che
permettono di incrementare la loro retribuzione, ma non per forza il benessere dei cittadini e la
qualità dei servizi erogati. E' infatti evidente che in alcuni settori gli incentivi provochino uno
scadimento dei servizi poiché l'attenzione è ai processi che permettono di raggiungere gli incentivi
economici. Piuttosto alcuni studi hanno messo in luce come regole e regolamenti rigidi sono
necessari per limitare i comportamenti eccessivamente opportunistici basati sul perseguimento dei
risultati. Il buon funzionamento del settore pubblico, e quindi il miglioramento dei servizi, pare
legato al controllo sui ruoli e sulle procedure, alla dettagliata definizione degli obiettivi e alla
codificazione dell'esperienza. La regolamentazione gioca un ruolo essenziale nell'assicurare un
equo e imparziale trattamento dei cittadini. Uno degli studi più recenti sull'argomento ha
sottolineato come i miglioramenti complessivi dei servizi pubblici avvengono quando la logica viene
capovolta: gli incentivi vengono garantiti a tutti i dipendenti, negandola a quanti hanno pessimi
risultati, indebolendo quindi il legame tra salario e risultati.
Trovare un equilibrio soddisfacente tra la nozione di risultato manageriale da un lato e valori
democratici che richiedono processi necessari dall'altro è una delle principali sfide per
l'amministrazione pubblica.
Le nuove pratiche manageriali e in particolare gli incentivi basati sui risultati sono sovente
considerate uno strumento per incrementare la motivazione dei dipendenti pubblici e quindi la
qualità dei servizi. In realtà le riforme nel settore pubblico hanno avuto uno scarso impatto sulla
qualità dei servizi. Alcuni studi comparativi che hanno analizzato l'influenza delle politiche di
retribuzione basate sugli incentivi individuali hanno evidenziato che gli effetti pratici dal punto di
vista della qualità del servizio sono incerti se non nulli. L'accettazione generale di questi nuovi
modelli si basano sull'indiscussa retorica che una “maggiore responsabilità significherà un
miglioramento dei risultati.”
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