Rapporto finale - Fondazione Lombardia per l`Ambiente
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Rapporto finale - Fondazione Lombardia per l`Ambiente
DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELL'AMBIENTE E DEL TERRITORIO R APPORTO SCIENTIFICO FINALE “Impatto ambientale dei processi di termodistruzione di rifiuti: attività biologica e meccanismi di formazione/distruzione di PoliCloroDibenzo-p-Diossine e PoliCloroDibenzoFurani” Responsabile scientifico: prof. Demetrio Pitea Responsabile linea di ricerca n° 1: dott. Marina Lasagni Responsabile linea di ricerca n° 2: dott. Laura Bonati Dipartimento di Scienze dell'Ambiente e del Territorio Piazza della Scienza, 1 - 20126 Milano Tel. 02 64474317 / 02 26603252 Fax 02 70638129 e-mail [email protected], [email protected], [email protected] Impatto ambientale termodistruzione rifiuti SOMMARIO ARTICOLAZIONE Il progetto di ricerca “IMPATTO AMBIENTALE DEI PROCESSI DI TERMODISTRUZIONE DI RIFIUTI: ATTIVITÀ BIOLOGICA E MECCANISMI DI FORMAZIONE/DISTRUZIONE DI POLICLORODIBENZO-P-DIOSSINE E POLICLORODIBENZOFURANI”, del quale è responsabile scientifico il prof. Demetrio Pitea, è articolato in 2 linee di ricerca. Il gruppo di ricerca che ha operato nell’ambito della linea di ricerca n° 1, “Studio delle reazioni di composti presenti sulle fly ash e caratterizzazione delle fly ash come catalizzatori” ha come responsabile la dr.ssa Marina Lasagni e comprende la dr.ssa Elena Collina, il dr. Massimo Tettamanti e il tecnico, sign. Massimo Ferri. Parte della ricerca è stata svolta in collaborazione con il prof. Francesco Cariati dell’Università di Milano. Il gruppo di ricerca che ha operato nell’ambito della linea di ricerca n° 2, “Progettazione di complessi a trasferimento di carica tra policlorodibenzo-p-diossine e molecole recettoriali sintetiche e loro caratterizzazione mediante tecniche spettroscopiche e metodi computazionali” ha come responsabile la dr.ssa Laura Bonati e comprende la dr.ssa Mercedes Procopio e la dr.ssa Elena Fraschini. Parte della ricerca è stata svolta in collaborazione con l’Istituto di Ricerche di Biologia Molecolare P. Angeletti (IRBM) di Pomezia. In ambedue i casi, hanno collaborato alla ricerca laureandi e borsisti CNR. RISULTATI Linea di ricerca n° 1. Gli obiettivi prefissati per l’attività di questa ricerca sono (i) studio della cinetica di desorbimento/ossidazione dei composti organici presenti nelle fly ash da impianti di termodistruzione di rifiuti solidi urbani ai fini dell’individuazione dei meccanismi delle reazioni di formazione/distruzione dei microinquinanti organoclorurati; (ii) individuazione delle proprietà strutturali e morfologiche che determinano l’attività catalitica delle fly ash. Per quanto riguarda il primo obiettivo, lo studio cinetico della degradazione termica del carbonio organico presente sulle fly ash è stato condotto, in batch, in funzione della temperatura, su fly ash di diversa origine e di diverso contenuto iniziale di carbonio organico. Sono state ricavate le costanti cinetiche e calcolati i parametri di attivazione e termodinamici. È stato dimostrato che la reazione globale prevalente è l’ossidazione del carbonio organico a CO2 e che la reazione globale è somma di due reazioni che coinvolgono lo stesso reagente e lo stesso prodotto; di conseguenza, il meccanismo delle due reazioni deve essere differente. È stato proposto uno schema cinetico generale in base al quale la conversione ad anidride carbonica del carbone nativo presente nelle fly ash è il risultato di due processi che avvengono simultaneamente sulla superficie delle fly ash: (a) chemisorbimento dissociativo dell’ossigeno, seguito dalla gasificazione non catalizzata di complessi ossigenati intermedi; (b) trasferimento di ossigeno da un ossido metallico a un sito attivo libero del carbone che porta a una gasificazione catalizzata. Il meccanismo globale dipende quindi dalle interazioni tra il carbone nativo e la superficie delle fly ash. Lo studio dei fenomeni di desorbimento termico dei composti organici presenti nelle fly ash è stato effettuato, mediante cinetiche in flusso di gas, sulla miscela modello dibenzofurano-silice, DF-SiO2. Lo studio è stato condotto in funzione della metodologia di preparazione della miscela, della Rapporto scientifico finale i Impatto ambientale termodistruzione rifiuti granulometria della silice, della concentrazione iniziale del reagente, della temperatura di reazione, dell’atmosfera di reazione e della portata volumetrica del gas. I risultati indicano che, nell’intervallo di temperatura studiato, lo stadio determinante è il processo di desorbimento del DF dalla superficie del supporto, che avviene sotto controllo chimico. Lo studio in flusso è stato successivamente esteso al processo di gasificazione del carbone, condotto in diverse condizioni di temperatura e di portata di gas, su miscele modello costituite da carbone attivo supportato su gel di silice. Per quanto riguarda il secondo obiettivo, lo studio FT-IR/TGA e RAMAN delle fly ash ha fornito importanti informazioni sulle proprietà morfologiche e sul comportamento termico del carbone delle fly ash. È stato così possibile avere conferme indipendenti di alcune ipotesi avanzate sulla base del comportamento cinetico. Le fly ash sono state caratterizzate con diverse tecniche analitiche, fornendo informazioni utili allo sviluppo delle ipotesi di meccanismo. Linea di ricerca n°2. L’obiettivo iniziale di questa ricerca era la verifica dell’ipotesi, avanzata per via teorica, del ruolo delle interazioni che potrebbero rendere possibile il processo di trasferimento di carica nel processo di binding tra PoliCloroDibenzo-p-Diossine, PCDD, e siti attivi del recettore Ah. Successivamente, grazie alle conoscenze acquisite nella prima fase della ricerca e alle informazioni apparse nella letteratura scientifica internazionale, è stato perseguito anche l’obiettivo (inizialmente non previsto e successivamente concordato con i Responsabili della FLA) di sviluppo di un modello della struttura tridimensionale del dominio di binding al legante del recettore Ah. Nella prima fase di attività, sono state sviluppate procedure computazionali e tecniche sperimentali per la modellizzazione di complessi a trasferimento di carica. In particolare, a partire dai dati della sperimentazione condotta sul sistema modello Paraquat-1,4 Dimetossibenzene mediante spettroscopia UV-VIS e NMR, sono state sviluppate, e successivamente implementate in un codice di calcolo, due metodologie per il calcolo della costante di associazione di complessi a trasferimento di carica. La prima utilizza una procedura di minimi quadrati non lineari; la seconda, basata sugli algoritmi genetici, è risultata più adatta per questo tipo di problemi. Questa seconda procedura offre anche il vantaggio di essere immediatamente trasferibile ad altre applicazioni in quanto non dipende da parametri specifici relativi alla tecnica utilizzata. È stato inoltre messo a punto un metodo di calcolo in grado di fornire valori affidabili dell’affinità elettronica (EA), proprietà molecolare che, insieme al potenziale di ionizzazione, consente di prevedere la stabilità relativa dei complessi a trasferimento di carica. Le verifiche effettuate su una serie di molecole modello indicano che la metodologia sviluppata è in grado di fornire previsioni accurate dei valori di EA, non solo per le PCDD, ma anche per altri sistemi aromatici che presentano anioni metastabili. Per il perseguimento del secondo obiettivo, sulla base delle strutture cristallografiche di alcune proteine della famiglia PAS, che si sono rese disponibili nel corso del progetto, è stato sviluppato un modello della struttura tridimensionale del dominio di binding al legante del recettore Ah ed è stata avanzata una ipotesi sui possibili siti di interazione con le PCDD. Il modello è stato sviluppato mediante l’utilizzo di metodologie per la predizione della struttura terziaria delle proteine. In particolare, sono state utilizzate: tecniche di ricerca di similarità nelle sequenze; algoritmi di predizione delle strutture secondarie; metodi di modellistica di strutture proteiche. Il modello ottenuto apre la possibilità di indagare in modo diretto il meccanismo di interazione tra PCDD e recettore Ah a livello molecolare. Rapporto scientifico finale ii Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Lasciando a chi di competenza la valutazione sulla qualità dei risultati ottenuti, si può affermare che sono stati ottenuti tutti i risultati indicati nella proposta originaria o concordati nel corso dello svolgimento del progetto. In particolare: ∗ Sul piano metodologico: sono state sviluppate procedure e tecniche sperimentali, metodologie di trattamento dei dati sperimentali, procedure computazionali e tecniche sperimentali per la modellizzazione del binding. ∗ Sul piano meccanicistico: sono stati portati nuovi contributi alla comprensione dei meccanismi di interazione substrato-matrice e dei meccanismi di formazione/distruzione di microinquinanti; alla conoscenza della struttura e della morfologia delle fly ash e alla comprensione del meccanismo di binding delle PCDD. ∗ Sul piano modellistico: sono stati sviluppati modelli cinetici e un modello della struttura tridimensionale del dominio di binding del recettore Ah. Come riportato nell’elenco che segue, questi risultati sono stati oggetto di lavori a stampa già pubblicati o inviati per la pubblicazione o in corso di stesura e presentati a Convegni internazionali e nazionali, anche come invited lecture. 1. P. Fermo, F. Cariati, A. Pozzi, F. Demartin, M. Tettamanti, E. Collina, M. Lasagni, D. Pitea, O. Puglisi, U. Russo, “ The Analytical Characterization and Speciation of a Municipal Solid Waste Incinerator Fly Ash: Methods and Preliminary Results”, Fresenius’s Journal of Analytical Science, 365, 666-673 (1999) 2. E. Collina, M. Lasagni, D. Pitea, M. Tettamanti, "Kinetics of MSWI Fly Ash Thermal Degradation. Mechanism of Native Carbon Gasification” Organohalogen Compounds, 41, 7 (1999) 3. M. Lasagni, E. Collina, M. Tettamanti, D. Pitea, “Kinetics of MSWI Fly Ash Thermal Degradation. 1. Empirical Rate Equations for Native Carbon Gasification”, Environ. Sci. Technol, 34, 130-136 (2000) 4. E. Collina, M. Lasagni, M. Tettamanti, D. Pitea, “Kinetics of MSWI Fly Ash Thermal Degradation. 2. Mechanism of Native Carbon Gasification”, Environ. Sci. Technol., 34, 137-142 (2000) 5. P. Fermo, F. Cariati, A. Pozzi, M. Tettamanti, E. Collina, D. Pitea "The analytical characterization of municipal solid waste incinerator fly ash: Part II", in stampa su Fresenius’s Journal of Analytical Science. 6. P. Fermo, F. Cariati, S. Bruni, A. Pozzi, M. Lasagni, M. Tettamanti, E. Collina, D. Pitea, "The Characterization of Native Carbon in Fly Ash", inviato per la pubblicazione. 7. E. Collina, M. Lasagni, D. Pitea, L. Forni, "Kinetic in flow of model mixture dibenzofuran-silica gel", in corso di stesura. 8. M. Lasagni, E. Collina, M. Tettamanti, D. Pitea, “Kinetics of MSWI Fly Ash Thermal Degradation. Empirical Rate Equation for the Native Carbon Gasification”, XXIX Congresso Nazionale di Chimica Fisica, 5-9 ottobre 1998, Taormina (CT), invited lecture. 9. D. Pitea, E. Collina, M. Lasagni, M. Tettamanti, "Kinetics of MSWI Fly Ash Thermal Degradation. Mechanism of Native Carbon Gasification", The Sixth International Congress on Toxic Combustion Byproducts 37-30.6.1999, Karlsruhe, Germany, invited lecture. 10. E. Collina, M. Lasagni, D. Pitea, M. Tettamanti, "Kinetics of MSWI Fly Ash Thermal Degradation. Mechanism of Native Carbon Gasification” DIOXIN '99, 19th International Rapporto scientifico finale iii Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Symposium on Halogenated Environmental Organic Pollutants and POPs, Venice, Italy, 1217.9.1999, invited lecture. Rapporto scientifico finale iv Impatto ambientale termodistruzione rifiuti 11. Bonati L., Donghi S., Fraschini E., Pitea D., “Metodi per il calcolo dell’affinità elettronica di composti aromatici clorurati”, XXIX Congresso Nazionale di Chimica Fisica, Taormina, 59/10/1998. 12. Bonati L., Fraschini E., Procopio M., Pitea D., “Ligand Electronic Properties in Modelling the PCDD/Ah-Receptor Binding Process”, WATOC ‘99, 5th World Congress of Theoretically Oriented Chemists, London, U.K., 1-6.8.1999. 13. Procopio M., Lahm A., Tramontano A., Bonati L., Pitea D., “Homology modeling of the AhR ligand binding domain”, DIOXIN '99, 19th International Symposium on Halogenated Environmental Organic Pollutants and POPs, Venice, Italy, 12-17.9.1999, invited lecture. 14. Procopio M., Lahm A., Tramontano A., Bonati L., Pitea D., “Homology modeling of the AhR ligand binding domain”, Organohalogen Compounds, 42, 405 (1999). 15. Procopio M., Bonati L., Fraschini E., Pitea D., Virzi E., Ambrosetti R., Catalano D., Quici S., Manfredi A., “Determination of the Association Constant of a Charge-Transfer Complex between Paraquat and 1,4-Dimethoxybenzene Using UV-Vis and NMR Techniques”, Physical Chemistry Chemical Physics, inviato per la pubblicazione. 16. Procopio M., Lahm A., Tramontano A., Bonati L., Pitea D., “A Model for Recognition of PCDDs by the Aryl Hydrocarbon Receptor”, J. Mol. Biol., inviato per la pubblicazione. SVILUPPI FUTURI E TRASFERIBILITÀ Infine, una parte non trascurabile di questi risultati è potenzialmente trasferibile, nel breve-medio termine, ad applicazioni industriali e/o ad attività di ricerca su problematiche analoghe. In particolare, possono essere utilizzati, direttamente oppure dopo opportuno completamento della sperimentazione, eventualmente estesa alla scala di impianto pilota: ∗ I risultati sulla cinetica e sul meccanismo delle reazioni di desorbimento termico dei composti organici e di gasificazione del carbone nativo presenti nelle fly ash, ai fini dell’ottimizzazione dei processi di inertizzazione termica delle fly ash e delle scorie, anche dal punto di vista dell’impatto ambientale e della sostenibilità dei processi, e dell’individuazione delle temperature ottimali da mantenere nelle zone fredde degli impianti di termodistruzione dei rifiuti solidi urbani. ∗ La tecnica di misura del Carbonio Organico Totale residuo direttamente sulle scorie e sulle fly ash, come sistema di controllo, praticamente on-line, dell’efficienza della combustione e dell’impatto ambientale dei residui solidi del processo. ∗ L’individuazione dei metalli potenziali catalizzatori delle reazioni di gasificazione del carbone e, probabilmente, delle reazioni di formazione dei microinquinanti organoclorurati, per eventuali interventi nella separazione dei materiali che li contengono, a monte dell’alimentazione degli impianti. ∗ La metodologia per il calcolo della costante di associazione di complessi a trasferimento di carica basata sugli algoritmi genetici, trasferibile ad altre applicazioni in quanto non dipende da parametri specifici relativi alla tecnica utilizzata. ∗ Le metodologie sviluppate per definire un modello della struttura tridimensionale del dominio di binding di un potenziale recettore, per l’estensione ad altri sistemi dello studio, sperimentale e teorico, dei meccanismi di interazione legante-recettore, Rapporto scientifico finale v Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Indice Linea di ricerca n° 1: “Studio delle reazioni di composti presenti sulle fly ash e caratterizzazione delle fly ash come catalizzatori” 1 INTRODUZIONE E RISULTATI PRECEDENTI 2 OBIETTIVI DELLA RICERCA 3 ATTIVITÀ SVOLTA E PRINCIPALI RISULTATI 3.1 Tema 1-A: studio sistematico della cinetica delle principali reazioni attive nel processo su scala industriale 3.1.1 Fase 1-A1 3.1.1.1 Risultati sperimentali e loro elaborazione 3.1.1.2 Analisi della letteratura 3.1.1.3 Discussione e conclusioni 3.1.2 Fase 1-A2 3.1.2.1 Miscele dibenzofurano-silice 3.1.2.2 Miscele carbone attivo-silice 3.2 Tema 1-B: caratterizzazione delle fly ash come catalizzatori 3.2.1 Analisi FT-IR/TGA 3.2.2 Analisi RAMAN 3.2.3 Caratterizzazione analitica delle fly ash 3.2.3.1 Tecniche utilizzate 3.2.3.2 Trattamenti di preparazione del campione 3.2.3.3 Risultati dell’analisi delle fly ash tal quali 3.2.3.4 Risultati dell’analisi delle frazioni di fly ash 4 BIBLIOGRAFIA Linea di ricerca n° 2: “Progettazione di complessi a trasferimento di carica tra policlorodibenzo-p-diossine e molecole recettoriali sintetiche e loro caratterizzazione mediante tecniche spettroscopiche e metodi computazionali” 1. INTRODUZIONE E RISULTATI PRECEDENTI 2. OBIETTIVI DELLA RICERCA 3. ATTIVITÀ SVOLTA E PRINCIPALI RISULTATI 3.1 Tema 2-A: progettazione di complessi a trasferimento di carica tra PCDD o molecole affini e molecole recettoriali modello e loro caratterizzazione mediante spettroscopie UVVIS e NMR 3.2 Tema 2-B: calcolo, mediante i metodi della meccanica quantistica, di proprietà molecolari rilevanti ai fini della formazione dei complessi a trasferimento di carica: potenziali di ionizzazione e affinità elettroniche 3.3 Tema 2-C: sviluppo di un modello teorico della struttura tridimensionale del dominio di binding al legante del recettore Ah e individuazione dei possibili siti di interazione delle PCDD 3.3.1 Predizione della struttura del recettore Ah 3.3.2 Modello del riconoscimento molecolare delle PCDD da parte del recettore Ah 4. BIBLIOGRAFIA Rapporto scientifico finale Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Linea di ricerca n° 1: “Studio delle reazioni di composti presenti sulle fly ash e caratterizzazione delle fly ash come catalizzatori” 1 INTRODUZIONE E RISULTATI PRECEDENTI Gli studi effettuati negli ultimi anni indicano che, anche in presenza di una combustione ottimale, i fumi, i reflui liquidi e i rifiuti solidi campionati nelle cosiddette “zone fredde” degli impianti di termodistruzione di rifiuti solidi urbani contengono concentrazioni significative di microinquinanti organici, tra i quali le PoliCloroDibenzo-p-Diossine, PCDD, e i PoliCloroDibenzoFurani, PCDF (Cruciani, 1990, 1991; Pitea, 1989, 1990, 1991; Yamamoto, 1990). La situazione attuale è il risultato dell’impegno che i ricercatori, i progettisti e i costruttori di impianti di termodistruzione hanno profuso per la soluzione del problema, prioritario negli anni ‘80 e nei primi anni ‘90, del disegno ottimale delle camere di combustione e di post-combustione degli impianti di termodistruzione (Takeshita, 1989; Tejima, 1990). Questi studi hanno portato allo sviluppo di importanti innovazioni tecnologiche e, quindi, alla costruzione di impianti che, se ben gestiti, consentono oggi di ottenere fumi di combustione che non contengono microinquinanti organoclorurati ovvero possono contenerli in concentrazioni inferiori rispetto a quelle rilevabili con i più avanzati metodi di analisi oggi disponibili. Di conseguenza, nella seconda parte degli anni ‘90, il centro dell’attenzione è stato spostato sulla presenza dei microinquinanti organoclorurati negli effluenti dalle “zone fredde” degli impianti. Il problema è stato affrontato con due diverse “filosofie”. La “filosofia” prevalente, anche per ragioni di mercato e di tempi di attuazione, può essere definita come “tecnologica”: la produzione di reflui liquidi è stata drasticamente ridotta, grazie allo sviluppo di nuove tecnologie; il problema della depurazione dei fumi, la cui portata non può essere ridotta in modo significativo per la natura stessa del processo, è stato affrontato in parte con interventi a valle, introducendo un numero sempre maggiore di unità di depurazione nella linea trattamento fumi (secondo i vecchi criteri di gestione dei problemi di inquinamento), e in parte con innovazioni tecnologiche, che hanno interessato in particolare i sistemi di abbattimento del particolato e dell’acido cloridrico; il problema dei reflui solidi è stato sostanzialmente ignorato (Boos 1991; Carlson, 1989; Clements, 1989; Dickson, 1992; Fängmark, 1993, 1994). La seconda “filosofia”, che è quella oggi recepita anche nelle nuove linee guida della Comunità Europea per la gestione dei problemi ambientali, tende a privilegiare la valutazione complessiva dei processi, con particolare attenzione al bilancio di materia ed energia e alla riduzione della produzione di rifiuti e sottoprodotti del processo. Questi nuovi criteri di valutazione della tecnologia ottimale di trattamento stanno conducendo a un profondo riesame del concetto di Best Practicable Environmental Option (BPEO). Questa seconda filosofia ha ricevuto minor attenzione perché la sua attuazione pratica richiede tempi più lunghi: si tratta infatti di studiare le reazioni attive nel processo di raffreddamento dei fumi per capirne i meccanismi e proporre interventi utili per prevenire la formazione di composti potenzialmente tossici. È chiaro che questa politica “innovativa”, che nel breve periodo può portare soltanto alla formulazione di soluzioni parziali, è certamente vincente sul medio-lungo periodo perché conduce a una trattazione unitaria delle tre tipologie di reflui e riduce drasticamente sia l’impatto ambientale del processo che i costi di investimento e di gestione (Addink, 1995a-d, 1996; Altwicker, 1990a-b, 1993a-b, 1996a-b; Cains, 1997; Gullet, 1992). L’attività di ricerca condotta nel nostro Laboratorio si muove nell’ambito di questa seconda linea (Collina, 1993, 1994, 1995; Lasagni, 1990, 1991, 1993a-b, 1994, 1996). Rapporto scientifico finale Linea 1 - 1 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Lo studio delle reazioni attive nel processo di raffreddamento è un problema di grande complessità. Innanzitutto, non è possibile studiare le reazioni direttamente sugli impianti a scala reale per i seguenti motivi: (i) essendo molto difficile, se non impossibile, il controllo delle reazioni sul versante dei “reagenti”, è possibile operare solo sul versante dei “prodotti”, che sono molto diversificati per tipologia e concentrazione; (ii) l’accessibilità al campionamento nei punti di maggiore interesse è generalmente scarsa; (iii) l’operazione di campionamento delle significative quantità richieste dalle metodologie di analisi porta alla formazione di “artefatti” perché sono richiesti tempi di campionamento molto lunghi (6-8 ore): in questo arco temporale, non solo non è possibile “bloccare” le reazioni (quenching) ma, anzi, il letto di materiale solido che si forma sul filtro della sonda di campionamento agisce da catalizzatore, eventualmente anche di reazioni diverse da quelle che si verificano nell’impianto (Bagnati, 1990); (iv) i tempi e i costi sono molto elevati. Gli studi su scala pilota industriale, che sarebbero quelli ideali per la trasferibilità dei risultati, non sono attualmente fattibili perché comportano elevati costi di investimento e di gestione. Di conseguenza, data la scarsità di risorse per il finanziamento di attività di R&S, questi progetti di ricerca non vengono attualmente finanziati da agenzie pubbliche o private. L’unica possibilità per lo sviluppo di attività di R&S utili ai fini dell’acquisizione di conoscenze potenzialmente trasferibili alla scala reale è quindi l’utilizzo della scala di laboratorio. Gli studi reperibili nella letteratura internazionale (Hinton, 1991; Huang, 1996; Luijik, 1994; Milligan, 1993a-b, 1995; Stieglitz, 1989a-b, 1990a-b, 1991, 1993) e quelli precedentemente condotti presso il nostro Laboratorio (Collina, 1993, 1994, 1995; Lasagni, 1990, 1991, 1993a-b, 1994, 1996) hanno dimostrato che le reazioni nelle “zone fredde” dell’impianto sono causate e/o fortemente indirizzate dalle interazioni tra i composti presenti nel particolato contenuto nei fumi (e, in particolare, nella frazione più leggera comunemente indicata come fly ash) e la superficie dello stesso particolato (Tettamanti, 1997). Per questo motivo, la nostra attività di ricerca è oggi concentrata sullo studio delle reazioni che avvengono sulle fly ash e delle caratteristiche chimico-fisiche del “catalizzatore”, che è costituito dalle fly ash stesse. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 2 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti 2 OBIETTIVI DELLA RICERCA La formazione di microinquinanti organoclorurati sembra abbia luogo dopo le zone di combustione, nelle cosiddette “zone fredde”. Sono stati ipotizzati due principali meccanismi di reazione sulla superficie delle fly ash: (i) formazione da precursori, per esempio da molecole come policlorobenzeni e policlorofenoli; (ii) sintesi de novo, partendo da molecole non clorurate più o meno complesse, incluso il carbonio particolato, e da una fonte di cloro, costituita dal cloro stesso, da cloruri inorganici o da acido cloridrico. In entrambi i casi, le fly ash agiscono da catalizzatori ed è necessaria la presenza dell’ossigeno. Non essendo possibile dimostrare per via diretta se vi sia una effettiva “produzione” di tracce di specie chimiche complesse dopo la combustione e, in caso positivo, a partire da quali precursori, solo l’individuazione dei meccanismi di formazione e distruzione dei microinquinanti organoclorurati può fornire gli strumenti per la comprensione del fenomeno. Uno studio completo volto alla comprensione dei meccanismi di formazione di PCDD/PCDF dovrebbe includere sia le reazioni pirolitiche e radicaliche in fase gassosa ad alta temperatura, che avvengono nella camera di combustione, sia le reazioni in fase eterogenea catalizzate da fly ash, che avvengono nello scambiatore di calore e nei sistemi di filtrazione a temperature relativamente basse. A seconda delle condizioni operative (tipo di carica, turbolenza, contenuto di ossigeno, temperatura) nelle camere di combustione e, di conseguenza, nelle rimanenti parti dell’impianto, le PCDD/PCDF possono essere degradate, in parte o completamente. Le concentrazioni di PCDD/PCDF osservate nelle varie parti dell’impianto rappresentano quindi il bilancio tra reazioni di formazione e reazioni di distruzione. Calcoli teorici (Shaub, 1983) hanno condotto all’ipotesi che, alle alte temperature della zona di fiamma, la reazione di distruzione predomini rispetto alla reazione di formazione. L’obiettivo della ricerca è duplice: (i) studio della cinetica e individuazione dei meccanismi delle reazioni di formazione/distruzione dei microinquinanti organoclorurati; (ii) individuazione delle proprietà strutturali e morfologiche che determinano l’attività catalitica delle fly ash. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 3 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti 3 ATTIVITÀ SVOLTA E PRINCIPALI RISULTATI 3.1 Tema 1-A: studio sistematico della cinetica delle principali reazioni attive nel processo su scala industriale. Gli studi precedenti in batch (Lasagni, 1996), effettuati su fly ash grezze prelevate dall’elettrofiltro di impianti di termodistruzione di rifiuti solidi urbani in Italia e in Danimarca e su sistemi modello (carbone attivo e silice, dibenzofurano e silice), hanno permesso di formulare una ipotesi di meccanismo di reazione. La validazione di questo modello ha richiesto l’effettuazione di prove supplementari e la verifica di alcuni parametri. Queste prove sono state effettuate sia su fly ash grezze sia sui sistemi modello. Lo studio è stato condotto in batch e in flusso (Fase 1-A1 e 1-A2). 3.1.1 Fase 1-A1 3.1.1.1 Risultati sperimentali e loro elaborazione. Scopo di questa parte del lavoro è lo studio della cinetica e del meccanismo della degradazione termica dei composti organici presenti su fly ash prelevate da elettrofiltri di inceneritori di RSU. I campioni analizzati sono fly ash provenienti da elettrofiltri di inceneritori diversi e sono denominati: FA1 TOC0 = 2030 ppm Reno Nord (Danimarca) FA2a TOC0 = 2165 ppm Reno Syd (Danimarca) FA2b TOC0 = 7820 ppm Reno Syd (Danimarca) FA3 TOC0 = 2030 ppm Milano (Italia) Il TOC0 è il contenuto iniziale di carbonio organico. Per valutare l’effetto dell’omogeneizzazione, una quota di FA3 è stata utilizzata tal quale (FA30); per valutare l’influenza dei composti organici presenti sulle fly ash, una quota di FA3 è stata estratta con solvente organico e successivamente essiccata (FA3E). I campioni, prima dello studio cinetico, sono stati omogeneizzati. Il trattamento termico è stato condotto in discontinuo ponendo un crogiolo di ceramica, contenente il campione, in una muffola chiusa di volume interno 9 L; la temperatura era determinata a ±5°C; l'ossigeno era presente in grande eccesso. Per ciascun campione in esame, sono state condotte prove preliminari per determinare l'intervallo di temperatura utile per lo studio cinetico. L’intervallo di temperatura investigato è compreso tra 200°C e 600°C; i tempi di reazione sono compresi tra 5 a 1440 min. A ogni tempo cinetico, è stato determinato il contenuto residuo di TOC (Lasagni, 1997). Inizialmente, è stata effettuata l'analisi dei prodotti di reazione delle fly ash in funzione della temperatura (Tab. 1A-1.1). Questa analisi ha messo in evidenza che, alle temperature più alte (500°C), l'unico prodotto di reazione è la CO2 mentre, alle temperature più basse (250°C-350°C), la CO2 rimane il prodotto principale anche se si osservano tracce di composti organici (clorobenzeni, con grado di clorurazione da 2 a 6, alcani e cloroalcani). È da rilevare una notevole variabilità dei composti organici tra le varie fly ash. Per verificare se i composti rilevati siano desorbiti o sintetizzati durante la reazione è stata effettuata l'analisi dei prodotti di desorbimento in flusso di azoto (Tab. 1A-1.1). È stato osservato che all'aumentare della temperatura aumenta il numero dei composti organici desorbiti; la loro tipologia dipende dalla temperatura e dalle caratteristiche dei diversi campioni di fly ash. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 4 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Per tutte le prove, il bilancio di massa indica che il contributo al valore di TOC dei composti organici che desorbono è comunque sempre minore o uguale al 5% del TOC. Il contributo dei composti organici che desorbono risulta, di conseguenza, poco importante nello studio cinetico di abbattimento del TOC su campioni di fly ash. D'altra parte, il desorbimento è un fenomeno sempre presente che può variare in funzione del campione in esame e della temperatura. Questo comportamento deve essere quindi tenuto presente nei processi industriali di inertizzazione termica delle fly ash. In Tab. 1A-1.2 sono riportati, a titolo di esempio, i dati cinetici per le FA3. I dati cinetici sono stati interpretati con una somma di due esponenziali: TOC = Ei exp (-ki t) + Ej exp (-kj t) ovvero, sono presenti due reazioni Ri ed Rj che hanno lo stesso reagente e lo stesso prodotto di reazione. Al tempo t = 0, Ei + Ej = TOC0; ki e kj sono le costanti di velocità per le due reazioni, Ri e Rj. Convenzionalmente, la costante di velocità più alta è indicata con kj. In Tab. 1A-1.3 sono riportati, a titolo di esempio, i valori delle costanti di velocità e i fattori pre-esponenziali per le FA3, FA30 e FA3E. È da notare la variazione di Ei ed Ej al variare della temperatura. I risultati cinetici per le altre fly ash sono analoghi. Per valutare i limiti della procedura di deconvoluzione e il significato fisico dei 4 parametri è stato effettuato uno studio cinetico su miscele modello: DF-BPh-SiO2 e DF-BPh-C-SiO2. Sono stati scelti il DF e BPh perché sono i capostipiti di PCDF e PCB e hanno costanti di velocità kDF e kBPh molto simili, caratteristica utile per individuare i limiti di sensibilità della procedura di calcolo. Il carbone attivo è stato scelto perché simula il carbonio nativo presente sulle fly ash; la miscela DF-BPh-C-SiO2 è un modello per il sistema a più composti delle fly ash. I risultati dei calcoli indicano che i fattori pre-esponenziali, Ei e Ej, per la miscela DF-BPh-SiO2 coincidono con le concentrazioni iniziali di DF e BPh; ki e kj sono le costanti di velocità per la reazione di desorbimento di DF e BPh, rispettivamente: TOC = TOC 0DF exp( − k DF t ) + TOC 0BPh exp( − k BPh t ) Per la miscela DF-BPh-C-SiO2, Ei = 906 ± 131 coincide con il TOC 0C (920 ppm) e Ej = 982 ± 121 ppm coincide con TOC 0DF + TOC 0BPh (950 ppm) ; ki e kj sono le costanti di velocità della reazione di ossidazione del carbonio a CO2 (kC) e della reazione di desorbimento di DF e BPh (kj = kDF + kBPh). A ciascun tempo t, il TOC è uguale a TOC 0C + (TOC 0DF + TOC 0BPh ) . È da notare che, per le miscele modello, i valori di Ei ed Ej non dipendono dalla temperatura. I limiti evidenziati nella procedura di deconvoluzione sono: impossibilità di distinguere costanti di velocità molto simili (DF-BPh-SiO2); difficoltà nella determinazione contemporanea di costanti di velocità molto piccole o molto grandi (valori delle costanti di velocità per DF-BPh-C-SiO2 a basse e alte temperature). Per tutti i campioni di fly ash, in Tab. 1A-1.4 sono riportati i valori dei parametri di attivazione, dei parametri termodinamici e il valore di ∆G≠ calcolato per T = 723 K. Per tutti i campioni, sono state valutate le differenze statistiche tra i valori calcolati di lnA e di Ea. Per quanto riguarda lnA, l'ipotesi nulla H0 (ipotesi che postula un'assenza di differenza con un livello di confidenza del 95%) è da rifiutare per tutti i campioni. Le reazioni Ri e Rj hanno lo stesso prodotto principale di reazione (CO2), con l'eccezione del campione FA2b; i valori di Ea non sono significativamente differenti ma le costanti di velocità sono differenti. Questo comportamento può essere spiegato ipotizzando che: a) i reagenti di Ri e Rj siano diversi e i valori di Ea siano casualmente simili; b) il reagente “organico” è lo stesso, ma è accessibile all’ossidante in maniera diversa. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 5 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Dall’analisi delle costanti di velocità, dai parametri di attivazione e termodinamici è possibile, inoltre, osservare che, per tutte le fly ash, il rate-determining step è un processo di tipo diffusionale caratterizzato da Ea < 50 kJ mol-1; i ∆S¹ molto negativi indicano uno stato di transizione più compatto e rigido dei reagenti; il termine entropico contribuisce per il 75% nel determinare ∆G¹: quindi, le variazioni strutturali sono molto importanti, più che le trasformazioni chimiche. In conclusione, l’evidenza sperimentale mostra l’esistenza di due reazioni concorrenti Ri e Rj; entrambe le reazioni sono riconducibili all’ossidazione di C a CO2. Il carbonio per la reazione non proviene dai composti adsorbiti ma la sorgente di carbonio è il carbone nativo presente sulle fly ash da inceneritori di RSU. Tab. 1A-1.1 - Prodotti di reazione a diverse temperature (il TOC(t=3h) e la CO2 sono espresse come % del TOC iniziale). Campione FA1 FA1 FA1 FA2a FA2a FA2b FA2b FA3 FA3 FA1 FA1(a) FA1 FA2b FA2b FA3 FA3 (a) (b) Aria/N2 Aria Aria Aria Aria Aria Aria Aria Aria Aria N2 N2 N2 N2 N2 N2 N2 T (°C) 250 325 500 250 500 250 500 350 500 150 200 200 200 500 200 500 TOC0 (ppm) 2230 2230 2230 2165 2165 7820 7820 3525 3525 2230 2230 2230 7820 7820 3525 3525 TOC(t=3h) 71 69 6 82 24 28 25 72 12 100 99 90 96 91 96 89 CO2 15 10 94 12 71 70 78 28 90 6 4 6 Resa (%) 86(b) 79(b) 100 94 95 98(b) 103 100(b) 102 100 99(b) 96(b) 96(b) 95(b) 96(b) 95 Trattamento termico per 30 min. Tracce di composti organici Rapporto scientifico finale Linea 1 - 6 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti 1A-1.2 - Trattamento termico di FA3: valori di TOC (ppm) a tempi differenti. T (°C) t (min) 0 5 10 15 30 60 90 120 180 240 360 480 600 1440 250 275 300 350 3525 3525 3525 3525 3475 2995 2075 1800 3500 2775 2610 1735 3280 3175 3095 3180 2725 2770 2540 2545 2205 2045 2080 1965 1815 1760 400 450 3525 2390 2040 1845 1495 1105 3525 3525 1535 810 1235 425 1055 345 795 205 690 150 620 155 545 130 510 135 510 110 445 2040 1440 1020 1270 960 1770 1215 865 1770 1160 855 1635 1070 720 1475 760 1465 960 700 550 395 395 Tab. 1A-1.3 - Valori dei parametri per le fly ash FA3, FA30 e FA3E (0.93 < R 2 <0.99) T (°C) FA3 275 300 350 400 450 550 FA30 300 400 500 FA3E 300 350 400 450 500 Ei ± σ ki ± σ Ej ± σ kj ± σ 2014 ± 109 1716 ± 100 1388 ± 152 1062 ± 100 704 ± 88 304 ± 50 (10 ± 6) 10-5 (1.2 ± 0.7) 10-4 (3 ± 2) 10-4 (4 ± 2) 10-4 (8 ± 4) 10-4 (6 ± 2) 10-3 1498 ± 123 1816 ± 127 2312 ± 236 2327 ± 158 2776 ± 161 3219 ± 70 (10 ± 2) 10-3 (1.2 ± 0.2) 10-2 (5 ± 1) 10-2 (8 ± 2) 10-2 (2.0 ± 0.3) 10-1 (3.6 ± 0.3) 10-1 1970 ± 266 1330 ± 124 844 ± 194 (2 ± 1) 10-4 (5 ± 2) 10-4 (3 ± 2) 10-3 1478 ± 325 2020 ± 188 2566 ± 248 (1.0 ± 0.5) 10-2 (9 ± 2) 10-2 (2.6 ± 0.9) 10-1 1672 ± 327 1534 ± 78 991 ± 60 1088 ± 103 518 ± 53 (1 ± 1) 10-4 (4 ± 1) 10-4 (4 ± 1) 10-4 (1.1 ± 0.4) 10-3 (2.4 ± 0.6) 10-3 1142 ± 282 1422 ± 129 1807 ± 103 1716 ± 151 2342 ± 79 (7 ± 4) 10-3 (6 ± 1) 10-2 (8 ± 1) 10-2 (1.2 ± 0.3) 10-1 (2.4 ± 0.2) 10-1 Rapporto scientifico finale Linea 1 - 7 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Tab. 1A-1.4 - Parametri di attivazione e parametri termodinamici. I valori di ∆G≠ sono calcolati per T = 723 K. Ri FA1 FA2a FA2b FA3 FA30 FA3E ln (A/min ) Ea (kJ mol-1) R2 -(1±1) 31±8 0.804 -(1±1) 33±7 0.732 4±2 73±12 0.927 2±1 53±7 0.936 2±2 52±10 0.965 2±1 52±8 0.932 ∆S≠ (kJ K-1 mol-1) ∆H≠ (kJ mol-1) R2 ∆G≠ (kJ mol-1) Rj -(0.30±0.01) 25±8 0.729 245±8 FA1 -(0.31±0.01) 27±7 0.663 248±7 FA2a -(0.26±0.02) 67±12 0.915 253±12 FA2b -(0.28±0.01) 48±7 0.924 247±7 FA3 -(0.28±0.01) 47±10 0.958 247±10 FA30 -(0.28±0.01) 47±8 0.918 248±8 FA3E ln (A/min -1) Ea (kJ mol-1) R2 -(2.1±0.2) 10±1 0.943 4.6±0.9 41±5 0.900 -1.1±0.7 17±4 0.852 6.8±0.8 52±4 0.976 8±1 60±6 0.991 8±2 59±12 0.884 ∆S≠ (kJ K-1 mol-1) ∆H≠ (kJ mol-1) R2 ∆G≠ (kJ mol-1) -(0.311±0.002) 5±1 0.754 229±1 -(0.26±0.01) 35±5 0.880 220±5 -(0.30±0.01) 11±4 0.717 231±4 -(0.237±0.007) 47±4 0.969 218±4 -(0.226±0.009) 55±6 0.989 218±6 -(0.23±0.02) 54±12 0.861 218±12 -1 Rapporto scientifico finale Linea 1 - 8 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti È probabile che la chiave per l’interpretazione del meccanismo risieda nella dipendenza dalla temperatura osservata per i fattori pre-esponenziali. L’obiettivo successivo del lavoro è stato quello di combinare le informazioni ricavate dalla letteratura con le nostre evidenze sperimentali per avanzare un'ipotesi di meccanismo di reazione da validare con i dati sperimentali. 3.1.1.2 Analisi della letteratura È noto dalla letteratura (Ismail, 1989) che per la reazione di gasificazione del carbone, nell'intervallo di temperatura compreso tra 450°-850°C, sono presenti tre regimi di reazione: tra 450-550°C (Zona I; energia di attivazione di circa 200 kJ mol-1), la velocità di reazione globale è controllata dalla reattività chimica intrinseca del carbonio; tra 550 e 650°C (Zona II; energia di attivazione di circa 90 kJ mol-1), la velocità di reazione è controllata sia dalla chimica superficiale sia dal trasporto di massa interno (diffusione tra i pori); tra 650 e 850°C (Zona III; energia di attivazione di circa 10 kJ mol-1), il fattore di controllo è normalmente il trasporto di massa esterno. Per quanto riguarda le fly ash, è stato proposto (Milligan, 1996) che i vincoli dovuti al trasferimento di massa esterno non siano importanti nelle condizioni sperimentali che simulano la postcombustione. Inoltre, i valori delle aree superficiali dei diversi campioni di fly ash sono generalmente molto bassi, dell'ordine di 1-10 m2 g-1. Questi valori indicano che non è presente una struttura porosa significativa e che quindi le limitazioni dovute al trasferimento di massa interno sono trascurabili. La gasificazione del carbone è dunque il risultato di due processi consecutivi o una loro combinazione. Uno dei due processi possibili è l'attacco diretto dell'ossigeno sui siti attivi liberi del carbone che ha come conseguenza la gasificazione immediata del carbone (Ismail, 1989). I siti attivi sul carbone possono essere gli atomi insaturi di carbonio con uno o due orbitali sp2 liberi localizzati sul bordo dei fogli grafitici o altri difetti strutturali, mentre gli atomi di carbonio all'interno del piano grafitico (atomi di carbonio saturi) sono per la maggior parte inattivi (Ismail, 1989). In questo caso, la reattività è determinata dalla disponibilità dei siti attivi del carbone e cioè dalle caratteristiche strutturali e topologiche del carbonio, ovvero dal tipo di carbonio, dalle dimensioni cristalline, dalla porosità, dalle imperfezioni cristalline e dalle proprietà superficiali (Essenhigh, 1981). Un secondo processo può prevedere una combinazione di reazioni elementari: (i) Adsorbimento dell'ossigeno gassoso e diffusione superficiale. L'ossigeno molecolare viene chemisorbito dissociativamente sui siti attivi del carbone (adsorbimento non catalitico) o su siti metallici (adsorbimento catalitico) (Huang, 1997). Le equazioni ipotizzate per il chemisorbimento dissociativo del O2 sono: C + ½ O2 → C(O) (1) Me + ½ O2 → MeO (2a) dove C è un sito libero nella struttura del carbone; C(O) un complesso superficiale; Me un sito metallico e MeO un ossido metallico. Successivo allo step 2a, l'ossigeno adsorbito può migrare dal sito metallico al sito del carbonio: MeO + C → Me + C(O) (2b) Durante il processo di gasificazione a bassa temperatura una grossa quantità di complessi ossigenati può essere sintetizzata sulla superficie del carbonio. In letteratura, viene riportato (Ismail, 1989) che a 200°C circa la metà di O2 consumato durante il processo di gasificazione si trasforma in CO e CO2 gassoso e l'altra metà chemisorbe sulla superficie del carbonio sottoforma di complessi Rapporto scientifico finale Linea 1 - 9 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti ossigenati stabili. Il ricoprimento superficiale di questi complessi aumenta all'aumentare della combustione e raggiunge il 100% al 75% di combustione (Su, 1985). (ii) Gasificazione del carbone. Le reazione di gasificazione dei complessi ossigenati intermedi può essere così schematizzata: C(O) → CO (3a) C(O) + ½ O2 → CO2 (3b) C(O) + MeO → CO2 + Me (4) Le equazioni (3a) e (3b) rappresentano il desorbimento ossidativo dei complessi superficiali come prodotti gassosi; nell'equazione (3b) le sorgenti di ossigeno possono essere differenti: ad esempio, C(O) + C(O) = CO2 + C. L'equazione (4) rappresenta l'ossidazione superficiale di carboniocomplessi ossigenati a CO2 dovuta all'ossigeno proveniente da un sito metallico. Probabilmente, in funzione della temperatura qualche composto aromatico di piccola dimensione può essere formato durante il processo globale; le successive reazioni possono portare alla formazione di PCDD/PCDF (Huang, 1997). 3.1.1.3 Discussione e conclusioni Tenendo presente che la diminuzione di TOC in funzione del tempo e della temperatura è il risultato di due processi simultanei, per rappresentare il processo globale è stato ipotizzato il seguente schema di reazione: k1 C + ½ O2 C(O) (5) k-1 k2 CO2 (6) C + O2 k3 C(O) + ½ O2 CO2 (7) Assumendo che la reazione (5) sia il chemisorbimento dissociativo dell'ossigeno, la reazione inversa, k-1, è nulla. Le reazioni 5-7 possono essere catalizzate o non catalizzate. L'equazione (6), come step non catalizzato, rappresenta l'attacco diretto dell'ossigeno sui siti attivi del carbone, mentre le equazioni (5) e (7) descrivono il chemisorbimento dell'ossigeno con la formazione di complessi ossigenati superficiali e il loro successivo desorbimento come CO2. La formazione di CO non viene considerata perché nelle nostre condizioni sperimentali CO è eventualmente presente in concentrazioni molto basse (CO/CO2 < 0.05; Lasagni, 2000). Se consideriamo uno step catalizzato, l'ossido di metallo, MeO, media il trasferimento dell'ossigeno al carbonio. MeO può essere presente o si può formare in accordo con l'equazione (2a). In questo caso l'equazione (5) diventa l'equazione (2b), l'equazione (7) diventa la (4) e l'equazione (6) potrebbe essere, per esempio, una combinazione di reazioni del tipo C + MeO CO + ½ O2 lenta veloce CO + Me (8a) CO2 (8b) In accordo con il meccanismo proposto, le equazioni cinetiche per C e C(O) sono espresse dalle equazioni (9) e (10). Rapporto scientifico finale Linea 1 - 10 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti d[C]/dt = - k10 [C][O2]n1 - k 20 [C][O2]n2 (9) d[C(O)]/dt = k10 [C][O2]n1 - k 30 [C(O)][O2]n3 (10) In accordo con i risultati sperimentali presentati in precedenza, viene fatta l'ipotesi che le reazioni di ossidazione siano del primo ordine rispetto al carbone nativo C o ai complessi ossigenati C(O); inoltre poiché il rapporto tra le concentrazioni di ossigeno e carbonio è come minimo uguale a 20, le concentrazioni di ossigeno nelle equazioni (9) e (10) si possono ritenere costanti. Le equazioni (9) e (10) diventano: d[C]/dt = - (k1 + k2) [C] (9a) d[C(O)]/dt = k1 [C] - k3 [C(O)] (10a) dove ki = k 0i [O2]ni. Il sistema di equazioni differenziali viene risolto analiticamente con le seguenti condizioni al contorno [C(O)] = 0 a t=0 [C]0, i.e. [C] a t=0, è uguale alla concentrazione iniziale di carbonio, TOC0. Quindi la scomparsa di TOC nel tempo viene espressa tramite: (k 2 − k 3 ) k1 TOC [C] + [C(O) ] exp[−(k1 + k 2 )t ] exp(−k 3t ) + = = 0 (k1 + k 2 − k 3 ) [C]0 (k1 + k 2 − k 3 ) TOC (11) Il modello contiene tre parametri k1, k2, e k3 e, analogamente all'equazione empirica, è la somma di due esponenziali. I fattori pre-esponenziali sono combinazioni di costanti cinetiche e dipendono dalla temperatura così come Ei e Ej. I dati sperimentali per le fly ash sono stati fittati con l'equazione (11) mediante una procedura di stima non lineare (tabelle da 1A-1.5 a 1A-1.8). I parametri di attivazione e termodinamici sono riportati nelle tabelle 1A-1.9 e 1A-1.10. Tab. 1A-1.5 - Costanti di velocità k1 , k2 , e k3 calcolate a diverse temperature per FA1. T (°C) 225 275 375 400 500 600 k1 ± σ (8 ± 6) 10-3 (1.3 ± 0.3) 10-2 (4.8 ± 0.5) 10-3 (3 ± 2) 10-3 (2.6 ± 0.8) 10-3 (3.7 ± 1.4) 10-3 Rapporto scientifico finale k2 ± σ (1.4 ± 0.5) 10-3 (2.9 ± 0.5) 10-3 (1.38 ± 0.05) 10-2 (2.0 ± 0.1) 10-2 (2.4 ± 0.1) 10-2 (2.8 ± 0.2) 10-2 k3 ± σ (1.0 ± 0.5) 10-4 4.5 ± 0.4) 10-4 (7 ± 1) 10-4 (3 ± 2) 10-3 (2 ± 1) 10-3 (3 ± 1) 10-3 R2 0.990 0.991 0.998 0.997 0.998 0.997 Linea 1 - 11 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Tab. 1A-1.6 - Costanti di velocità k1 , k2 , e k3 calcolate a diverse temperature per FA2a. T (°C) 200 250 275 325 350 400 450 475 550 600 k1 ± σ (1 ± 1) 10-2 (5 ± 5) 10-3 (7 ± 3) 10-3 (6 ± 2) 10-3 (1.1 ± 0.3) 10-2 (1.9 ± 0.7) 10-2 (2.4 ± 0.8) 10-2 (3.9 ± 0.6) 10-2 (6.0 ± 0.8) 10-2 (2 ± 1) 10-1 k2 ± σ (3 ± 3) 10-4 (1.1 ± 0.5) 10-3 (2.6 ± 0.7) 10-3 (9 ± 1) 10-3 (1.6 ± 0.3) 10-2 (3.4 ± 0.7) 10-2 (7 ± 1) 10-2 (1.2 ± 0.1) 10-1 (2.5 ± 0.2) 10-1 (7 ± 4) 10-1 k3 ± σ (5 ± 3) 10-5 (1.1 ± 0.8) 10-4 (3.2 ± 0.6) 10-4 (4 ± 1) 10-4 (4 ± 1) 10-4 (7 ± 3) 10-4 (4 ± 2) 10-4 (3 ± 1) 10-4 (2 ± 1) 10-3 (1.1 ± 0.2) 10-2 R2 0.678 0.953 0.991 0.988 0.982 0.972 0.972 0.991 0.998 0.999 Tab. 1A-1.7 - Costanti di velocità k1 , k2 , e k3 calcolate a diverse temperature per FA2b. T (°C) 350 400 450 500 600 k1 ± σ (1.0 ± 0.2) 10-2 (6.4 ± 0.7) 10-3 (7 ± 1) 10-3 (6 ± 3) 10-3 (8 ± 5) 10-3 k2 ± σ (3.9 ± 0.4) 10-3 (4.6 ± 0.3) 10-3 (1.09 ± 0.08) 10-2 (1.4 ± 0.2) 10-2 (2.1 ± 0.3) 10-2 k3 ± σ (1.1 ± 0.2) 10-4 (1.0 ± 0.2) 10-4 (3.4 ± 0.8) 10-4 (1.3 ± 0.8) 10-3 (4 ± 2) 10-3 R2 0.994 0.997 0.995 0.978 0.988 Tab. 1A-1.8 - Costanti di velocità k1 , k2 , e k3 calcolate a diverse temperature per FA3, FA30 e FA3E T (°C) FA3 275 300 350 400 450 550 FA30 300 400 500 FA3E 300 350 400 450 500 k1 ± σ k2 ± σ k3 ± σ R2 (6 ± 2) 10-3 (6 ± 1) 10-3 (1.7 ± 0.6) 10-2 (2.7 ± 0.6) 10-2 (4 ± 1) 10-2 (3.0 ± 0.6) 10-2 (4.3 ± 0.7) 10-3 (6.4 ± 0.8) 10-3 (2.7 ± 0.6) 10-2 (6.1 ± 0.8) 10-2 (1.6 ± 0.2) 10-3 (3.3 ± 0.2) 10-1 (1.0 ± 0.7) 10-4 (1.2 ± 0.7) 10-4 (3 ± 2) 10-4 (5 ± 2) 10-4 (8 ± 5) 10-4 (6 ± 2) 10-3 0.986 0.991 0.950 0.975 0.978 0.998 (6 ± 3) 10-3 (4 ± 1) 10-2 (7 ± 3) 10-2 (4 ± 1 10-3 (6 ± 1) 10-2 (2.0 ± 0.5 10-1 (2 ± 2) 10-4 (5 ± 2) 10-4 (3 ± 2) 10-3 0.931 0.965 0.973 (5 ± 3) 10-3 (3.0 ± 0.7) 10-2 (3.0 ± 0.5) 10-2 (5 ± 1) 10-2 (4.3 ± 0.7) 10-2 (3.2 ± 0.9) 10-3 (2.7 ± 0.5) 10-2 (5.6 ± 0.6) 10-2 (8 ± 1) 10-2 (2.0 ± 0.1) 10-1 (1 ± 1) 10-4 (3 ± 1) 10-4 (4 ± 1) 10-4 (1.1 ± 0.4) 10-3 (2.5 ± 0.6) 10-3 0.966 0.967 0.982 0.970 0.994 Rapporto scientifico finale Linea 1 - 12 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Tab. 1A-1.9 - Parametri di attivazione (equazione di Arrhenius) per le reazioni elementari ln (A/min) k1 k2 k3 1.1 ± 0.9 0.92 -(1 ± 1) 0.80 8.3 ± 0.3 1.00 -(1 ± 1) 0.76 0.8 ± 0.8 0.94 4±2 0.92 2.6 ±0.7 0.95 9.1 ±0.5 0.99 0.4 ±0.5 0.98 4±2 0.96 10 ±1 0.99 3±2 0.74 9±2 0.94 k1 Ea (kJ mol -1) k2 k3 FA1 R 2 31 ± 5 31 ± 8 65 ± 1 34 ± 7 33 ± 5 73 ± 12 35 ± 4 66 ± 3 44 ± 3 2 ±2 0.97 45 ± 9 71 ± 7 52 ± 9 1±1 0.93 39 ±13 71 ± 10 50 ± 8 FA2a R 2 1±1 0.74 27 ± 6 FA2b R 2 FA3E R 2 FA30 R 2 FA3E R 2 Rapporto scientifico finale Linea 1 - 13 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Tab. 1A-1.10 - Parametri termodinamici (equazione di Eyring) per le reazioni elementari. k1 - ∆ S≠ (kJ K -1mol-1) k2 k3 0.285 ± 0.008 0.30 ±0.01 0.87 0.73 ∆ H≠ (kJ mol -1) k2 k3 26 ±5 26 ±8 60 ±1 29 ±7 27 ±5 67 ±12 30 ±4 61 ±3 39 ±3 227 ±4 86.7 219 ±3 72.1 249 ±3 84.4 40 ±10 65 ±8 47 ±9 225 ±10 82.3 220 ±8 70.3 247 ±9 81.0 33 ±13 65 ±10 44 ±8 226 ±13 221 ±10 85.4 70.3 248 ±8 82.2 k1 k1 ∆ G≠ a 723 K (kJ mol -1 k2 k3 232 ±5 88.9 246 ±8 89.5 222 ±1 73.2 248 ±7 88.2 FA1 %DS R2 FA2a 0.284 ±0.009 0.225 ±0.002 %DS R2 FA2b 0.66 %DS R2 0.30 ±0.01 0.99 0.70 0.288 ±0.007 0.26 ±0.08 0.92 0.91 22 ±5 227 ±6 90.5 236 ±5 253 ±12 88.4 73.7 FA3E 0.272 ±0.006 0.218 ±0.005 0.291 ±0.004 %DS R2 FA30 %DS R2 0.93 0.99 0.98 0.26 ±0.02 0.21 ±0.01 0.28 ±0.01 0.95 0.99 0.96 0.27 ±0.02 0.21 ±0.02 0.28 ±0.01 0.68 0.93 0.91 FA3E %DS R2 Rapporto scientifico finale Linea 1 - 14 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti A titolo di esempio, la figura 1A-1.1 mostra l'accordo tra dati sperimentali e curva calcolata e la variazione nel tempo delle concentrazioni di C e C(O) a due temperature. La dipendenza dal tempo e dalla temperatura della concentrazione dell'intermedio C(O) è riportata in figura 1A-1.2. È interessante notare che la formazione diretta di CO2 (figura 1A-1.1) richiede da 3 a 6 ore a seconda della temperatura. Inoltre la formazione di C(O) è praticamente completa dopo 8 ore a 250°C mentre sono necessarie circa 3 ore per raggiungere la concentrazione massima (figura 1A1.2). Il tempo di 3 ore è indipendente dalla temperatura, mentre la concentrazione massima raggiunta dipende dalla temperatura. Per tempi lunghi e temperature basse, il contenuto di TOC residuo è interamente dovuto alla concentrazione dei complessi; il ricoprimento superficiale raggiunge il 100% del carbonio residuo per una combustione al 2%. Alle temperature più elevate, il TOC residuo è il risultato di un bilancio tra formazione e ossidazione dei complessi C(O). Infine, l'ossidazione dei C(O) a 600°C è praticamente completa dopo 24 ore. La conclusione principale è che l'ossidazione dei complessi ossigenati è il rate-determining step di tutto il processo. Per inserire il meccanismo proposto in un contesto più generale che possa spiegare anche il comportamento delle miscele modello, consideriamo il sistema modello C-SiO2. In questo caso, la gasificazione del carbone non è catalizzata e segue una cinetica del primo ordine. Il grafico di Arrhenius mostra un andamento spezzato suggerendo che il meccanismo dell'interazione carbonioossigeno è diverso per temperature superiori o inferiori a 375°C. L'adsorbimento di O2 sul carbone (equazione (5)), è un processo molto lento a basse temperature (Essenhigh, 1981); quindi, per la gasificazione del carbone attivo nell'intervallo di temperature 325-375°C sembra ragionevole supporre k1 « k2. Con questa approssimazione, l'equazione (11) diventa: TOC = exp(− k 2t ) TOC 0 (11a) In questo intervallo di temperatura, la velocità di reazione è controllata dalla reattività intrinseca del carbone e il processo prevalente è l'attacco diretto di O2 sui siti attivi liberi, che porta a una gasificazione immediata (equazione (6)). Questo processo è caratterizzato da valori di ∆G≠ (circa 285 kJ mol-1 a 723 K) determinati essenzialmente da un ∆H≠ di 250 kJ mol-1, mentre, il contributo di ∆S≠ è quasi nullo. Inoltre, questo valore di entalpia di attivazione è paragonabile a quello ottenuto per la gasificazione del Saran char nell'intervallo di temperatura tra 450-550°C (Zona I): lo spostamento a temperature più basse è dovuto alla diversa origine del carbone (Huang, 1997). L'intervallo ottimale per il chemisorbimento dissociativo dell'ossigeno molecolare sulla superficie del carbone (equazione (5)) è tra 400 e 500°C (Huang, 1997): quindi, per il sistema modello C-SiO2 nell'intervallo 375-600°C, sembra ragionevole introdurre nell'equazione (11) l'approssimazione k1 » k2: TOC = exp(− k 3t ) TOC 0 (11b) ovvero il rate-determining step è la diffusione superficiale dell'ossigeno adsorbito che ossida i complessi ossigenati. Nell'intervallo di temperatura 375-600°C, il ∆G≠ di 240 kJ mol-1 (a 723 K) è determinato principalmente (89%) da valori di ∆S≠ molto negativi (- 0.295 kJ mol-1 K-1); il valore di -1 -1 ≠ ∆H (27 kJ mol ) è compreso nell'intervallo di energie di attivazione 20 - 50 kJ mol , tipico per il chemisorbimento di O2 sul carbone (Essenhigh, 1981). In entrambi i casi si ottiene un'equazione del primo ordine, in accordo con i risultati sperimentali (Lasagni, 1996); considerazioni sia termodinamiche che cinetiche indicano che, nell'intervallo 375600°C, il processo è sotto controllo diffusionale. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 15 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti La reattività del carbone nella miscela DF-BPh-C-SiO2 è in ottimo accordo con la reattività del carbone nella miscela C-SiO2 nell'intervallo 375-600°C. Il confronto dei parametri di attivazione e termodinamici calcolati per i sistemi reali (tabelle 1A-1.9 e 1A-1.10) e quelli determinati per le miscele modello permette di ricavare ulteriori informazioni sul meccanismo di reazione. In accordo con l'equazione (11a), i parametri per C-SiO2 nell'intervallo 325-375°C devono essere confrontati con quelli relativi a k2. Per FA2a e FA3 (comprese FA30 e FA3E), ∆H ≠2 † (60–65 kJ mol-1) sono significativamente superiori mentre ∆S ≠2 (- 0.2 kJ K-1 mol-1) e ∆G ≠2 (220 kJ mol-1) sono significativamente inferiori rispetto ai valori corrispondenti per FA1 e FA2b (rispettivamente, 25 kJ mol-1, - 0.3 kJ K-1 mol-1 e 235 kJ mol-1); inoltre, i contributi di ∆S ≠2 a ∆G ≠2 sono del 70% per FA2a e FA3 e del 90% per FA1 e FA2b. In ogni caso, il comportamento del carbone nativo è completamente differente rispetto a quello del carbone attivo nell'intervallo 325-375°C. Secondo la teoria dello stato di transizione, l'energia libera di attivazione di una reazione che diventa catalizzata decresce grazie a una stabilizzazione energetica: ∆G ≠2 = 220-235 kJ mol-1 e ∆H ≠2 = 25–65 kJ mol-1 devono essere confrontati con i corrispondenti valori per la reazione del sistema C-SiO2 (285 kJ mol-1 and 250 kJ mol-1). Inoltre, lo stato di transizione più ordinato richiesto da una reazione catalizzata porta a una entropia di attivazione più negativa (- 0.2 o - 0.3 kJ K-1mol-1) rispetto alla reazione non catalizzata (0 kJ K-1mol-1 circa). Quindi, la gasificazione diretta del carbone nativo (equazione 6) è una reazione catalizzata che, in accordo con il meccanismo proposto, può risultare, ad esempio, dalle (8a) e (8b). In accordo con l'equazione (11b), i parametri per C-SiO2 nell'intervallo 375-600°C devono essere confrontati con quelli relativi alle reazioni nelle equazioni (5) e (7). Per FA1 e FA2b, l'energia di attivazione per il chemisorbimento di ossigeno (equazione (5)) è vicina a zero o negativa e piccola; al contrario, per FA2a e FA3 è richiesta un'energia di attivazione. Per queste fly ash, ∆S 1≠ ( – 0.28 kJ K-1mol-1 circa), ∆H 1≠ (30 kJ mol-1 circa) e ∆G 1≠ (227 kJ mol-1) non sono significativamente differenti, con un contributo di ∆S 1≠ a ∆G 1≠ del 90% circa. Le differenze nel comportamento tra i diversi campioni di fly ash possono essere spiegate ricordando che le fly ash sono una matrice estremamente eterogenea. Inoltre, differenze tra le strutture di carbone nativo possono a loro volta portare a differenze tra le strutture dei complessi C(O) formati in seguito al chemisorbimento. In effetti, l'evidenza sperimentale indica che i calori di adsorbimento per diversi siti superficiali differiscono per due o più ordini di grandezza (Ismail, 1989). Considerando la superficie di enegia potenziale che descrive il chemisorbimento (Thomas, 1967), l'energia di attivazione dipende dall'altezza del punto di intersezione (figura 1A-1.3) tra la curva P (curva di energia potenziale dell'adsorbimento fisico di ossigeno molecolare) e la curva C (chemisorbimento di ossigeno atomico sulla superficie delle fly ash). L'altezza del punto di intersezione è determinata dalla forma delle curve di energia potenziale, ovvero dalle proprietà superficiali. Per esempio, siti differenti presentano valori differenti per i livelli di energia P, C e M così come diverse pendenze della curva C. È possibile che il punto di intersezione cada al di sotto del livello zero di energia; in questo caso, il chemisorbimento di ossigeno sui siti attivi non è un processo attivato. Quindi il basso valore di Ea1 per FA1 e FA2b può essere il risultato sia di uno step catalizzato sia di un meccanismo più complesso che coinvolge un certo numero di stadi elementari. Per quanto riguarda l'ossidazione dei complessi C(O) (equazione (7)), i parametri di attivazione e † I pedici 1, 2, e 3 indicano le proprietà relative alle costanti cinetiche k1, k2, and k3 ovvero alle reazioni nelle equazioni 5, 6, e 7. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 16 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti TOC (ppm) termodinamici calcolati dai valori di k3 non sono significativamente differenti per tutte le fly ash a eccezione di FA2b; il valore medio di ∆G ≠3 è 248 kJ mol-1, con un contributo di ∆S≠ dello 85% (∆S ≠3 = - 0.29 kJ K-1mol-1 e ∆H ≠3 = 37 kJ mol-1). Questi valori sono praticamente coincidenti con quelli determinati per il sistema C-SiO2 nell'intervallo 375-600°C e quelli relativi al carbone attivo nella miscela DF-BPh-C-SiO2 (240 e 242 kJ mol-1; - 0.285 e - 0.29 kJ K-1 mol-1; 27 e 35 kJ mol-1, rispettivamente). Inoltre il rapporto tra kc (la costante cinetica per C-SiO2 nell'intervallo 375-600°C) e ki (la costante cinetica per il carbone nella miscela DF-BPh-C-SiO2) o k3 sono simili. Quindi sembra ragionevole concludere che la reazione chimica descritta dall'equazione (7) è la stessa per i sistemi modello e per le fly ash e, quindi, avviene con lo stesso meccanismo non catalizzato. Concludendo, i risultati indicano che la conversione di carbone nativo nelle fly ash a CO2 è il risultato di due processi che avvengono simultaneamente sulla superficie delle fly ash: il chemisorbimento dissociativo di ossigeno seguito dalla gasificazione non catalizzata dei complessi intermedi (equazioni 5 e 7) e il trasferimento di ossigeno da un ossido metallico a un sito attivo libero del carbone che porta a una gasificazione catalizzata. Poiché il valore di ∆G ≠2 si abbassa, sulle fly ash le due reazioni diventano simultanee; il meccanismo globale dipende quindi dalle interazioni tra il carbone nativo e la superficie delle fly ash. 8000 6000 4000 T = 250°C TOC exp C C(O) TOC calc 2000 0 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 t (min) TOC (ppm) 8000 6000 4000 T = 600°C TOCexp C C(O) TOCcalc 2000 0 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 t (min) Figura 1A-1.1 - Valori sperimentali e calcolati di TOC in funzione del tempo di C e C(O) a 250 e 600°C per FA2b Rapporto scientifico finale Linea 1 - 17 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti C(O) (ppmC) 8000 7000 250°C 6000 300°C 350°C 5000 4000 400°C 3000 450°C 2000 1000 500°C 600°C 0 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 t (min) Figura 1A-1.2 - Dipendenza della concentrazione di C(O) in funzione del tempo e della temperatura. C ∆ Potential energy 2S + 2O E a adsorption 2 S + O2 P E a desorption Heat of desorption of O 2 on S Heat of adsorption of O on S M E2 S-O Distance from surface to adsorbed species (reaction coordinate) Figura 1A-1.3 - Profilo dell' energia potenziale per l'adsorbimento di ossigeno. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 18 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti 3.1.2 Fase 1-A2 Scopo di questa parte del lavoro è lo studio del comportamento cinetico di miscele modello dibenzofurano (DF)-silice (SiO2) e carbone attivo (C)-SiO2 in flusso di gas, al variare di alcuni parametri sperimentali. 3.1.2.1 Miscele dibenzofurano-silice Per quanto riguarda la miscela DF-SiO2, i parametri presi in considerazione sono: 1. Metodologia di preparazione della miscela: impregnazione e miscelamento meccanico. 2. Granulometria della silice: 230-400 e 36-60 mesh. 3. Concentrazione iniziale di reagente: 100-2000 ppm di carbonio organico totale. 4. Temperatura di reazione: 65-175°C. 5. Atmosfera di reazione: aria e azoto. 6. Portata volumetrica: 25, 100 e 175 ml/min. Metodologia sperimentale. I campioni di DF-SiO2 con elevata concentrazione di reagente (TOC > 800 ppm) sono stati preparati per miscelamento meccanico, pesando una quantità nota del composto puro e miscelandola, in una centrifuga a sfere, con 20 g di silice; la centrifuga a sfere è munita di una coppa di acciaio del volume di 50 ml, all’interno della quale erano poste cinque biglie di agata, tre di diametro pari a 10 mm e due di diametro pari a 20 mm; la velocità di rotazione era di 80 giri/min, con un tempo di operazione di 30 minuti. I campioni a bassa concentrazione di reagente (TOC ≅ 100 ppm) sono stati preparati sia con miscelamento meccanico sia per impregnazione. È stata preparata inizialmente una miscela a 2000 ppm di DF, miscelando 46.4 mg di DF con 20 g di silice; successivamente, 1 g di miscela a 2000 ppm è stato miscelato meccanicamente con 19 g di silice, per ottenere una miscela omogenea a 100 ppm. I campioni preparati per impregnazione sono stati ottenuti miscelando in un pallone 25 g di silice e 0.0025 g di DF con 20 mL di n-pentano. La miscela è stata sottoposta a mescolamento meccanico per un’ora; il solvente è stato quindi allontanato mediante evaporatore rotante, immergendo il pallone in un bagno ad acqua riscaldato alla temperatura di 45°C; successivamente, ripristinata la pressione atmosferica, il residuo è stato lasciato sotto rotazione per quattro ore. Per le prove cinetiche in flusso è stato utilizzato un impianto pilota composto da un forno orizzontale, un reattore tubolare di quarzo di diametro 5 mm, un’unità di controllo/lettura dei flussi e due gorgogliatori. I tempi di reazione erano compresi tra 15 minuti e 30 ore. Il reattore veniva caricato con 0.9 g di miscela, ottenendo un riempimento di 60 mm di altezza circa, in modo da operare in assenza di cammini preferenziali. L’unico prodotto era il DF desorbito dalla miscela, che veniva trasportato dal flusso di gas ed era assorbito nei gorgogliatori contenenti cicloesano. Per le miscele con bassa concentrazione di DF (100 ppm), sia il DF presente nei gorgogliatori, DFdes, che quello rimasto sulla miscela dopo estrazione con cicloesano per 90 minuti, DFest sono stati quantificati mediante GC-MSD Per le miscele con alta concentrazione di DF (800-2000 ppm), la quantificazione del reagente residuo, DFest, è stata effettuata come contenuto di TOC direttamente sulla miscela di reazione. Cinetiche. Per tutte le serie di prove, le variazioni di DFdes e di DFest in funzione del tempo mostrano un andamento cinetico del primo ordine. Mediante regressione univariata sono state calcolate le costanti kR, costante di velocità relativa alla scomparsa del reagente, e kP, costante di velocità relativa alla formazione del prodotto. I parametri cinetici ottenuti dallo studio della formazione del prodotto, kP, e della scomparsa del reagente, kR, sono praticamente coincidenti. Per alcune prove condotte alle Rapporto scientifico finale Linea 1 - 19 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti temperature più basse su miscele a bassa concentrazione di DF, non è stato però possibile determinare la costante kR, poiché l’eventuale variazione di DFest nell’intervallo di tempi studiato risultava dello stesso ordine di grandezza dell’errore sperimentale nell’estrazione e dei limiti di rilevabilità del metodo analitico e non era quindi quantificabile. Questo fatto è coerente con il valore estremamente basso di kp, dell’ordine di 10-5-10-6, determinato per le stesse prove. Sulla miscela preparata per miscelamento meccanico sono stati determinati solo i valori di kP. Per questi motivi, nella discussione verranno commentati solo i valori di kP. I valori calcolati delle costanti cinetiche, kP e kR, sono stati elaborati secondo le equazioni di Arrhenius ed Eyring per ottenere i parametri di attivazione e termodinamici. Per tutte le serie di prove, il grafico di Arrhenius ha un andamento lineare. Risultati e conclusioni. I risultati ottenuti nelle prove effettuate in condizioni sperimentali differenti sono stati confrontati mediante test statistici (al 95% di confidenza) effettuati sia sui valori delle costanti cinetiche determinate alla medesima temperatura che sui valori dei parametri energetici e termodinamici. I parametri energetici e termodinamici calcolati dai valori di kP non sono significativamente differenti tra loro (Tab. 1A-2.1), indicando che la modalità di preparazione della miscela non influenza il comportamento cinetico. Per quanto riguarda l’effetto dell’ambiente di reazione, si ottengono risultati equivalenti in atmosfera di azoto e di aria. Le costanti cinetiche ottenute in due prove condotte a 130°C non sono risultate significativamente differenti (kP = 1.13 ± 0.06 in azoto e kP = 1.2 ± 0.2 in aria). I risultati ottenuti nelle prove in funzione della portata di azoto, con SiO 2 a 230-400 mesh, condotte a 130 e 175°C (Tab. 1A-2.2), mostrano che, in ambedue i casi, le costanti cinetiche aumentano in modo lineare all’aumentare della portata. I parametri della retta: kP = a + bQ dove Q è la portata di azoto in mL/min, insieme ai coefficienti di determinazione, sono riportati in Tab. 1A-2.2. Anche con SiO 2 a 35-65 mesh (particelle più grandi) si osserva un comportamento analogo (Tab. 1A-2.4). Anche se si dispone di due soli punti sperimentali, i valori dei parametri della retta sono molto simili a quelli per la SiO 2 a 250-400 mesh sia a 130°C (a = -0.39 10-3; b =3.4 10-5) sia a 175°C (a = 8.3 10-3; b = 11 10-5). È stata condotta una serie di prove su una miscela a 2000 ppm, aumentando la quantità di miscela introdotta nel reattore in modo proporzionale alla portata, in modo da mantenere costante il tempo di contatto. I risultati ottenuti a partire da 1.575 g di miscela a 2000 ppm, e operando con una portata di 175 mL/min, sono stati confrontati con quelli ottenuti da 0.9 g della stessa miscela, con una portata di 100 mL/min: le costanti cinetiche e i parametri energetici e di attivazione non risultano significativamente diversi (Tab. 1A-2.3). Poiché il meccanismo della reazione non dipende dalla portata, sembra possibile escludere che la reazione sia sotto controllo diffusionale esterno. Per valutare l’influenza delle caratteristiche del supporto, sono state condotte delle prove con due tipi di silice differenti per granulometria, volume specifico dei pori, grade e lotto di appartenenza, e aventi uguale area superficiale e diametro dei pori. A parità di portata, le costanti cinetiche per la SiO2 a 230-400 mesh (particelle più piccole) risultano mediamente doppie rispetto a quelle per la SiO 2 a 35-65 mesh (con un’eccezione) (Tab. 1A-2.4). I parametri di attivazione e termodinamici (Tab. 1A-2.4) indicano che, all’aumentare della portata, l’entalpia di attivazione diminuisce e l’entropia di attivazione diventa più negativa. In generale, i valori delle energie di attivazione calcolati nelle diverse condizioni sperimentali (Tab. 1A-2.1, 1A-2.3 e 1A-2.4) sembrano abbastanza elevati da permettere di escludere che lo stadio Rapporto scientifico finale Linea 1 - 20 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti determinante sia il regime diffusionale esterno, caratterizzato da valori di Ea significativamente minori. I parametri di attivazione e termodinamici sono stati confrontati con quelli ottenuti nella sperimentazione in batch (Ea =100 kJ/mol nell’intervallo 50-75°C; Ea =25 kJ/mol nell’intervallo 75200°C). Come evidenziato in Fig. 1A-2.1, le energie di attivazione calcolate per le prove in flusso risultano confrontabili con quella ottenuta nello studio condotto in batch nell’intervallo di temperatura più basso (50-75°C). Per questo intervallo di temperatura era stato ipotizzato uno stadio determinante dovuto al processo di desorbimento del DF dalla superficie del supporto. L’insieme dei risultati ottenuti ha quindi permesso di identificare lo stadio determinante della reazione in flusso: la dipendenza delle costanti di velocità dalla portata e dalle caratteristiche del supporto e i valori dei parametri di attivazione e termodinamici ottenuti in tutte le prove sembrano indicare che, nell’intervallo di temperatura considerato (65-175°C), lo stadio determinante sia il processo di desorbimento del DF dalla superficie del supporto. Nelle prove in flusso, il desorbimento avviene sempre sotto controllo chimico. Nelle prove in batch, il processo ha un doppio controllo: chimico alle temperature più basse, diffusionale alle temperature più alte. Nelle prove in flusso scompare quindi la dipendenza della costante di velocità dalla controdiffusione del DF desorbito attraverso gli spazi interstiziali del supporto. Tab. 1A-2.1 - Prove effettuate con due modalità di preparazione della miscela (TOC0 100 ppm, 230400 mesh, 100 mL/min N2. 10-3 kP (min-1) T (°C) Impregnazione Meccanica 65 0.0059 ± 0.0005 80 0.016 ± 0.004 100 0.06 ± 0.01 115 0.57 ± 0.03 130 1.13 ± 0.06 0.60 ± 0.05 150 5.8 ± 0.6 170 3.4 ± 0.3 175 12 ± 1 Ea (kJ/mol) ∆H≠ (kJ/mol) ∆S≠ (kJ/mol K) ∆G≠ (kJ/mol) a 75°C 90 ± 4 86 ± 5 -(0.12 ± 0.01) 129 ± 7 79 ± 4 76 ± 4 -(0.16 ± 0.01) 130 ± 6 Tab. 1A-2.2 - Prove effettuate al variare della portata (TOC0 100 ppm, 230-400 mesh). Q (mL/min N2) 130°C 175°C -3 -1 10 kP (min ) 25 0.98 ± 0.07 5.6 ± 0.4 100 1.13 ± 0.06 12 ± 1 175 5.4 ± 0.7 19.9 ± 0.3 a b R2 Rapporto scientifico finale -(0.4 ± 2) 10-3 (3 ± 2) 10-5 0.777 (3.0 ± 0.6) 10-3 (9.5 ± 0.6) 10-5 0.997 Linea 1 - 21 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Tab. 1A-2.3 - Prove in flusso di N2 con tempo di residenza costante (TOC0=2000 ppm, 230-400 mesh). T (°C) 80 115 130 175 0.9 g, 100 mL/min 10-3 kR (min-1) 0.16 ± 0.01 2.1 ± 0.3 4.7 ± 0.5 56 ± 6 1.575 g, 175 mL/min 0.14 ± 0.02 2.5 ± 0.3 6.1 ± 0.3 66 ± 9 Ea (kJ/mol) ∆H≠ (kJ/mol) ∆S≠ (kJ/mol K) ∆G≠ (kJ/mol) a 75°C 80 ± 3 80 ± 1 -(0.132 ± 0.003) 124 ± 2 78.7 ± 0.6 82 ± 4 -(0.121 ± 0.009) 123 ± 5 Tab. 1A-2.4 - Prove effettuate in flusso di N2 con due tipi di silice a granulometria differente (TOC0=100 ppm). T (°C) 65 115 130 150 175 230-400 mesh 25 mL/min 10-3 kP (min-1) 100 mL/min 0.98 ± 0.07 0.0059 ± 0.0005 0.57 ± 0.03 1.13 ± 0.06 5.8 ± 0.6 12 ± 1 5.6 ± 0.4 Ea (kJ/mol) ∆H≠ (kJ/mol) ∆S≠ (kJ/mol K) ∆G≠ (kJ/mol)* * Valori calcolati a 75°C Rapporto scientifico finale 35-60 mesh 25 mL/min 100 mL/min 0.22 ± 0.03 0.46 ± 0.03 0.94 ± 0.07 3.0 ± 0.1 11 ± 1 19 ± 2 90 ± 4 86 ± 5 -(0.12 ± 0.01) 96 ± 9 93 ± 9 -(0.11 ± 0.02) 70 ± 8 67 ± 8 -(0.17 ± 0.02) 129 ± 7 132 ± 12 124 ± 11 Linea 1 - 22 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Fig. 1A-2.1 - Confronto con i risultati ottenuti in batch. TOC0 (ppm) 100 100 2000 2000 100 100 preparazione impregnazione meccanica meccanica meccanica impregnazione impregnazione mesh 230-400 230-400 230-400 230-400 35-60 35-60 mL/min N2 100 100 100 175 25 100 2000 meccanica 230-400 batch 230 130 60 °C 0 -1 ln (k/min ) -2 -4 -6 -8 -10 -12 -14 0.002 0.0025 0.003 -1 1/T (K ) 3.1.2.2 Miscele carbone attivo-silice A partire dallo studio in flusso, descritto nei paragrafi precedenti, è stato messo a punto un impianto pilota su scala di laboratorio per lo studio dei processi di combustione in flusso. Questo studio comporta la determinazione quantitativa della CO2 e dei prodotti di combustione incompleta. La prima fase del lavoro ha comportato l’assemblaggio dei componenti, il collaudo dell’impianto, la scelta delle migliori condizioni sperimentali e la messa a punto dell'analisi su una miscela modello carbone attivo-gel di silice. Apparato sperimentale. Il dispositivo sperimentale con il quale sono state condotte le prove è schematizzato in figura 1A-2.2. L’impianto è costituito da: Flussimetri. Il flusso di gas viene misurato mediante tre misuratori/regolatori di flusso (MKS Flow Meter/Controller mod. 2259C), uno per ciascun tipo di gas (azoto, ossigeno, aria). Questi Rapporto scientifico finale Linea 1 - 23 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti flussimetri sono connessi a un modulo elettronico di controllo (MKS Multi Gas Controller mod. 647b). Fornetto. Il forno (Heraeus, serie RO), è una camera termostatica nella quale è inserito un tubo di refrattario che agisce da supporto per il reattore e costituisce un’ulteriore protezione contro le perdite di calore. Il forno è equipaggiato con due termocoppie (NiCr-Ni) inserite in un tubo di protezione posto in prossimità dell’elemento riscaldante. Il tempo richiesto per equilibrare il forno alla temperatura massima di 1100°C è di circa 40 minuti. Unità di controllo della temperatura. L’unità di controllo della temperatura (Heraeus, Thermicon P) è connessa al forno e permette il controllo elettronico della temperatura e di impostare programmate di temperatura con più rampe. La differenza di temperatura tra l’interno del forno e la temperatura impostata è di circa 6-7°C. Reattore di quarzo. Il reattore, dal diametro interno di 5 mm, è inserito nel forno in guide refrattarie. Gascromatografo. Il gascromatografo utilizzato è il modello 5890 serie II della Hewlett Packard. Per la registrazione e l’integrazione dei cromatogrammi, è stato utilizzato un integratore (Hewlett Pakard 3396 serie III) opportunamente programmato. La temperatura del detector è stata impostata a 200°C. Come gas di trasporto viene utilizzato elio extrapuro (SIAD). Colonne. Sono stati utilizzati due tipi di colonne, una Porapak Q (183 cm x 1/8”; 80-100 Mesh) e una Molecular Sieve (122 cm x 1/8”; 45-60 Mesh). Regolazione delle valvole. È stato utilizzato un sistema a tre valvole e due colonne montate in serie, il cui schema è riportato in Fig. 1A-2.3. La prima valvola (valvola 1) è una valvola campionatrice rotativa che permette di riempire con il campione un tubo calibrato chiamato “loop”. La seconda (valvola 2), se posta nella posizione OFF, porta il flusso all’esterno del gascromatografo, senza che questo passi attraverso le colonne. La valvola posta nella posizione ON, ruota facendo passare il flusso da analizzare all’interno della prima colonna (Porapak Q). La terza (valvola 3) può invece inviare alternativamente il campione gassoso nella seconda colonna (Molecular Sieve), se posta in posizione OFF, o direttamente al rivelatore se posta nella posizione ON. L’uso delle tre valvole pneumatiche ha permesso di eseguire l’analisi nel seguente modo. La valvola 1 viene sempre tenuta in posizione OFF. La valvola 2, inizialmente in OFF, consente di campionare il flusso gassoso all’interno del loop (che ha un volume di 1 cm3); successivamente, passa dalla posizione OFF alla posizione ON, permettendo così al gas di trasporto di inviare il campione nella prima colonna. Nella colonna Porapak Q viene trattenuta la CO2, mentre i gas con peso molecolare minore (CO, N2 e O2) vengono intrappolate nella seconda colonna convertendo la valvola 3 dalla posizione OFF alla posizione ON. Contemporaneamente, la CO2 viene eluita e trasportata al rivelatore. Si noti che, se la valvola 3 viene convertita nella posizione ON troppo tardi, la CO non viene intrappolata e viene eluita insieme alla CO2. Se invece questa valvola viene tenuta nella posizione OFF troppo a lungo, anche la CO2 passa attraverso la seconda colonna, saturandola. Dopo aver atteso il tempo necessario affinché questa eluizione possa considerarsi completa, si riporta la valvola 3 nella posizione OFF, permettendo così l’eluizione della CO, dell’N2 e dell’O2. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 24 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Di seguito sono riassunti i tempi di apertura e chiusura delle valvole (espressi in minuti e centesimi di minuto). Valvola Valvola 1 Valvola 2 Valvola 2 Valvola 3 Valvola 3 Posizione della valvola OFF OFF ON ON OFF Tempo (min) 0.00 0.00 0.10 1.30 3.00 Detectors . Per rilevare la quantità di CO e CO2 formatasi durante il processo di combustione viene utilizzato un detector a conducibilità termica o TCD. La minima quantità rilevabile è di circa 10-9 ng. L’analisi qualitativa delle soluzioni contenenti gli eventuali composti organici, assorbiti in solvente organico, viene effettuata utilizzando un gascromatografo (5890 della Hewlett Packard) interfacciato con un quadrupolo (5970 MSD della Hewlett Packard). Figura 1A-2.2 - Schema dell’impianto Rapporto scientifico finale Linea 1 - 25 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Figura 1A-2.3 - a) Schema generale del sistema a tre valvole. Figura 1A-2.3 - b) Schema relativo all’apertura e chiusura delle valvole. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 26 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Prove preliminari. Lo studio del processo di gasificazione è stato condotto in diverse condizioni di temperatura e di flusso su miscele modello costituite da carbonio attivo supportato su gel di silice. Sono state utilizzati i seguenti materiali: Gel di silice, grade 9385, diametro dei pori 60Å, area superficiale 465 m2/g, volume dei pori 1.65 cm3, 230-400 Mesh ASTM, Merck (ALDRICH). Carbone attivo, puro, Darco G60, 100 Mesh (ALDRICH). Le miscele (4000 ppm di carbonio) sono state preparate per miscelamento meccanico. Per effetto della macinazione, il gel di silice subisce delle modifiche fisiche: rimangono costanti il diametro dei pori (60 Å) e l’area superficiale (464 m2/g), aumenta il volume dei pori (2.41 cm 3/g, probabilmente, anche le Mesh). METODOLOGIA SPERIMENTALE. Sono state preparate due miscele modello carbone attivo - gel di silice, seguendo la procedura descritta precedentemente. In ciascuna prova, il reattore, (∅=5 mm), era caricato con 0.9 g di miscela, ottenendo un riempimento cilindrico di circa 60 mm di altezza. Queste dimensioni dovrebbero permettere di operare in assenza di cammini preferenziali. Per bloccare le particelle all’interno del tubo di reazione, era posta della lana di quarzo alle due estremità del riempimento. È da notare che sia il flussimetro sia il gascromatografo richiedono un tempo di circa quaranta minuti per la stabilizzazione. Per eseguire le prove sperimentali, si è operato nel modo seguente: 1) Il reattore, caricato con la miscela, viene posto all’interno del fornetto che si trova alla temperatura prestabilita. La temperatura all’interno del reattore, misurata con una termocoppia, era di circa 15-16°C più bassa rispetto alla temperatura impostata. 2) Si fa passare il flusso all’interno del reattore: questo istante viene considerato come tempo di inizio cinetica (tempo zero). 3) Si attende un tempo variabile da 3 a 5 minuti in modo da consentire al reattore di quarzo di raggiungere la temperatura impostata; si preme quindi lo START del gascromatografo, dando il via all’analisi. 4) Ciascun campione del gas di combustione, prelevato dal loop, richiede un tempo d’analisi di 7 min: questo è il tempo necessario per l’eluizione di CO2, CO, N2 e O2 secondo l’impostazione delle valvole descritta precedentemente. Tra un campionamento (con relativo tempo di analisi) e quello successivo si attendono trenta secondi; ciascun campionamento corrisponde a un punto sperimentale. 5) Si assume che una cinetica sia conclusa quando non si osserva più un valore significativo dell’area dei picchi di CO2 e CO. PROVE DI RIPRODUCIBILITÀ. Uno dei problemi che si è presentato durante lo svolgimento delle prime prove sperimentali era la bassa riproducibilità dei risultati: pur conducendo le prove nelle stesse condizioni sperimentali, si ottenevano valori non riproducibili. L’attenzione è stata quindi focalizzata sui possibili fattori che possono influenzare la riproducibilità delle prove. La conclusione è che la non riproducibilità dei valori sperimentali è probabilmente legata ai seguenti fattori: - contaminazione dovuta al CO e alla CO2 presenti nell’aria - grado di compattazione della miscela contenuta nel reattore. La prima fonte di errore è stata eliminata introducendo una fase di spurgo del tubo di reazione con un flusso costante di azoto pari a 50 mL/min. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 27 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Prima dell’inizio di ciascuna cinetica, il reattore di quarzo viene collegato al flussimetro e si lascia fluire l’azoto per 15 minuti. Questa operazione viene condotta a temperatura ambiente. Passati 15 minuti, si apre la valvola a destra del reattore e lo si pone nel fornetto già termostatato: durante questa operazione, l’azoto continua a fluire all’interno del tubo in modo da evitare che l’aria venga a contatto con la miscela. A questo punto si sostituisce il flusso di azoto con il flusso del gas di reazione, operando la conversione del canale dal pannello di controllo del flussimetro. Riassumendo, le fasi essenziali per lo spurgo del tubo, sono: 1) Si fa passare il flusso di azoto a 50 mL/min per circa 15 minuti all’interno del reattore che si trova a temperatura ambiente. 2) Si introduce il reattore nel fornetto senza interrompere il flusso. 3) Si inserisce il flusso d’azoto con il flusso del gas di reazione operando la conversione del canale dal pannello di controllo del flussimetro. Per valutare un possibile procedimento alternativo a quello sopra descritto, il flusso di azoto viene alimentato all’interno del reattore termostatato. Tuttavia, in alcune prove preliminari, è stata osservata la formazione di picchi della CO2; si è concluso che l’ossigeno dell’aria intrappolato all’interno del reattore reagisce con il carbone della miscela che non si trova a temperatura ambiente con conseguente diminuzione del TOC del campione solido ancor prima che abbia inizio l’analisi. Di conseguenza si è preferito utilizzare il primo metodo. Per quanto riguarda la seconda possibile fonte di errore, tanto più è compatta la miscela contenuta all’interno del reattore, tanto maggiore è la resistenza offerta al passaggio del flusso. Di conseguenza, una minor quantità di gas giunge al rivelatore del detector e i valori di area di CO2 e di CO risultano più bassi. Per ridurre questo errore, è necessario non compattare la miscela e non comprimere eccessivamente la lana di quarzo. PROVE PER LA DETERMINAZIONE DI COMPOSTI ORGANICI. È stata valutata l'eventuale presenza di composti organici nel gas di reazione. In nessun caso è stata osservata la presenza di alcun picco significativo. Si può concludere che la combustione della miscela non provoca la formazione quantità significative di composti organici; le condizioni adottate non consentono l’analisi di composti in tracce. PROVE CINETICHE PRELIMINARI. Per ottimizzare i parametri operativi, è stata condotta una serie di prove preliminari nella quale è stata mantenuta costante la concentrazione della miscela e sono stati variati i seguenti parametri: 1. Atmosfera di reazione (azoto, aria, ossigeno, miscela N2-O2 in difetto di ossigeno rispetto all’aria). 2. Flusso (50 mL/min e 100 mL/min). 3. Temperatura (da 350°C a 650°C). 1a. Prove in flusso d’azoto Una prima serie di prove è stata condotta in flusso d’azoto. L’azoto è il più comune diluente presente in un sistema di combustione; se non si raggiungono temperature eccessivamente elevate, l’azoto non partecipa alla reazione. In effetti, in una serie di prove nelle quali è stato variato il flusso (50 e 100 mL/min) e la temperatura (350°C, 450°C e 600°C), non è stata osservata la formazione di alcun picco significativo. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 28 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti 1b. Prove in flusso di aria Inizialmente, in prove condotte a temperatura ambiente, si è verificato, mediante analisi gascromatografica, che l’aria sintetica utilizzata non contenesse quantità rilevabili di CO2 e di CO. Sono state successivamente condotte alcune prove alla temperatura di 350°C: durante i primi minuti di analisi sono stati osservati picchi significativi di CO2 mentre non è stato rilevato alcun picco relativo al CO. Ponendo in ordinate il valore dell’area della CO2 calcolata dall’integratore e in ascisse il tempo, è stato osservato un andamento decrescente nel tempo. Per verificare che la formazione di CO2 fosse effettivamente dovuta alla combustione della miscela, è stata effettuata una cinetica di 8 ore utilizzando un flusso di 50 mL/min. Al termine della prova, è stato misurato il TOC della miscela rilevando una diminuzione di circa 1000 ppm rispetto al TOC iniziale (resa del 35% circa). Si è giunti alla conclusione che, a questa temperatura, il processo di combustione è molto lento; probabilmente, le quantità istantanee che giungono al detector durante lo svolgimento della cinetica sono così piccole da non essere rilevate dallo strumento. Sono state quindi effettuate prove cinetiche alla temperatura di 450°: è stato osservato sia il picco relativo alla CO2, sia il picco relativo al CO. La cinetica è stata condotta per 8 ore. Anche in questo caso, alla fine della reazione è stato misurato il TOC della miscela residua, rilevando una diminuzione di circa 2000 ppm (resa del 70% circa). 1c. Prove in flusso di ossigeno puro Queste prove sono state condotte per acquisire dati preliminari sull’andamento di reattività in presenza di ossigeno puro. La serie di prove cinetiche in flusso di ossigeno è stata effettuata alla temperatura di 550°C con un flusso di 50 mL/min e di 100 mL/min. In queste condizioni, i valori delle aree di CO2 e CO aumentano sensibilmente in confronto a quelli delle prove condotte nelle stesse condizioni sperimentali ma in flusso d’aria. Inoltre, è stato osservata anche una diminuzione del tempo necessario per il completamento della reazione. 1d. Prove in flusso di una miscela N 2-O2 con difetto d’ossigeno rispetto all’aria Per consolidare i risultati ottenuti dalle prove in flusso di aria e di ossigeno, sono state condotte prove in atmosfera di N2-O2, in difetto di ossigeno rispetto all’aria. Anche in questo caso, sono state utilizzati i due flussi di 50 e 100 mL/min. Con il primo flusso, la minima quantità d’ossigeno misurabile con il flussimetro era di 2 mL/min; nel secondo caso, era di 4 mL/min. Le cinetiche sono state condotte a 550°C. Rispetto alle prove eseguite in aria è stato osservato un raddoppio del tempo necessario per il completamento della reazione e una sensibile diminuzione del valore dell’area della CO2. 2. Variazione della portata I valori dell’area della CO2 ottenuti nelle prove con flusso totale di 50 mL/min sono risultati pari a circa il doppio dei valori calcolati con un flusso totale di 100 mL/min. Prove cinetiche preliminari sulla miscela C-SIO2. RETTA DI TARATURA. Per convertire l’area del segnale gascromatografico in concentrazione (espressa in ppmV), è stato necessario costruire due rette di taratura, una per la CO2 e una per il CO. Nelle prove preliminari è stato osservato che i valori di area della CO2 variano da zero a circa 150000, mentre quelli del CO da zero a circa 10000. Per coprire questi intervalli, sono stati utilizzati due miscele standard composte da CO e CO2 diluiti in azoto: Rapporto scientifico finale Linea 1 - 29 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti miscela 1 (ppm) miscela 2 (ppm) CO2 1970 8006 CO 520 4050 Le miscele gassose utilizzate sono state ottenute da ciascuna delle due miscele standard per ulteriore diluizione con azoto. In tutti casi è stato utilizzato un flusso di 100 mL/min. Le equazioni ottenute per la miscela 1 sono: A(CO2) = (16.12 ± 0.79) [CO2] + (1152 ± 851) R2=0.986 A(CO) = (14.15 ± 0.35) [CO] - (11.94 ± 100.65) R2=0.996 Per la miscela 2, sono: A(CO2) = (20.17 ± 1.27) [CO2] - (4526 ± 6151) R2=0.984 A(CO) = (17.16 ± 1.05) [CO] - (1989 ± 2573) R2=0.985 Sulla base di questi risultati, è stato possibile costruire un’unica retta per la CO2, utilizzando i valori ottenuti per le due miscele; la retta ottenuta è: 160000 140000 Area CO 2 120000 100000 80000 60000 40000 20000 0 0 2000 4000 6000 8000 ppmV CO2 A(CO2) = (18.80 ± 0.19) [CO2] - (688 ± 609) R2=0.999 Si osservi che per tutte le rette l’intercetta non è significativamente diversa da zero. Di conseguenza, per i calcoli successivi sono state utilizzate le equazioni: A(CO2) = (18.80 ± 0.19) [CO2], per CO2 e A(CO) = (14.15 ± 0.35) [CO] per CO date le concentrazioni. È stata studiata l’influenza del flusso e della temperatura sul processo di ossidazione del carbone presente nella miscela modello carbone attivo-gel di silice. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 30 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Le prove sono state condotte con tre diversi flussi d’aria (50, 75 e 100 mL/min) e a tre diverse temperature (500, 525 e 550°C): per ciascuna prova cinetica sono state costruite le curve di formazione di CO e CO2, ponendo in ascisse il tempo (espresso in minuti) e in ordinate le aree dei picchi gascromatografici calcolate dall’integratore. Di seguito, sono riportate, a titolo di esempio, le “curve di formazione” della CO2 e del CO per le prove 550°C e con un flusso di 100 mL/min. 120000 100000 Prova 1 Prova 2 Area CO2 80000 Prova 3 60000 40000 20000 0 0 10 20 30 40 50 60 70 t (min) 7000 6000 Prova 1 Prova 2 5000 Area CO Prova 3 4000 3000 2000 1000 0 0 10 20 30 40 50 60 70 t (min) FORMAZIONE DELLA CO2. Nelle prove condotte a 550°C e a 525°C si osserva una buona riproducibilità dei punti sperimentali; la riproducibilità peggiora a 500°C, soprattutto con il flusso di 100 mL/min. È probabile che la reazione di combustione a questa temperatura sia lenta e che, quindi, le quantità istantanee di CO2 e CO siano molto piccole: questo comporta una maggiore variabilità dei dati sperimentali. Un aumento di flusso determina una diminuzione delle aree della CO2 e quindi un “abbassamento” del massimo delle “curve di formazione”. Il tempo necessario per il completamento della reazione invece non cambia, e sembra quindi essere indipendente dal flusso. L’abbassamento delle curve all’aumentare del flusso è legato alla variazione del “tempo di contatto”. Infatti, il monossido di carbonio dovrebbe formarsi sulla superficie del carbone quando Rapporto scientifico finale Linea 1 - 31 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti questo entra in contatto con l’ossigeno. Successivamente, il monossido di carbonio potrebbe collidere con altre molecole di O2, dando luogo alla CO2; la formazione del CO potrebbe essere quindi legata al tempo di contatto tra il carbone e l’ossigeno. Aumentando il flusso, il tempo di contatto diminuisce e si ottiene una minor quantità di CO2. Alle temperature di 525°C e 550°C, i valori massimi di area nelle curve ottenute con i tre diversi flussi cadono approssimativamente in corrispondenza dello stesso tempo. Questo indica che l’aumento di flusso “abbassa” la curva di formazione di CO2 e CO ma lascia inalterato il tempo relativo al valore massimo. Questa osservazione non può essere fatta per le prove a 500°C, data la loro bassa riproducibilità. A 550°C, il valore massimo si osserva dopo circa 10 minuti, mentre a 525°C, dopo circa 20 minuti: un aumento di temperatura sposta il valore massimo dell’area verso tempi più brevi. Si può concludere che il tempo necessario per il completamento della reazione è influenzato dalla temperatura e non dal flusso; all’aumentare della temperatura, il tempo necessario per il completamento della reazione diventa minore. FORMAZIONE DI CO. Il valore dell’area di CO è sempre molto più piccolo rispetto a quello della CO2 calcolato al tempo corrispondente. Inoltre, in tutte le condizioni sperimentali utilizzate, il tempo necessario perché termini la reazione di formazione di CO è generalmente più breve rispetto al tempo per la CO2. La riproducibilità della misura, e quindi l’andamento generale delle curve sperimentali, sono peggiori rispetto alle curve della CO2: la causa è da ricercarsi nel fatto che i valori istantanei di CO sono molto piccoli e, quindi, la loro misura è soggetta ad un errore maggiore. Anche in questo caso, un aumento di temperatura a parità di flusso si traduce in un aumento dei valori assoluti di CO e in una diminuzione del tempo necessario per il completamento della reazione. L’effetto della variazione del flusso non è invece molto chiaro perché le curve non sono molto riproducibili; tuttavia, sembra confermata la tendenza osservata per la CO2. BILANCIO DI MASSA: CALCOLO DELLE AREE SOTTESE DALLE CURVE DI FORMAZIONE DEI PRODOTTI. Per calcolare la quantità di CO2 e CO che si forma durante ciascuna cinetica, è stato necessario eseguire una serie di passaggi. Sulla base dell’ipotesi che l’area sottesa dalle curve di formazione sia rappresentativa della quantità totale di CO2 e di CO che si forma durante la cinetica, è stata ricercata l’equazione di una curva che interpolasse bene i dati sperimentali, in modo da poterne poi calcolare l’integrale. Dopo una serie di tentativi è stata scelta la seguente equazione: A = (at2 + bt) exp (-ct) con (1A-2.1) a, b, c = costanti A = area della CO2 o del CO t = tempo (min) I valori delle aree di CO2 e CO sono state trasformati in valori di concentrazione (in ppmV) utilizzando le relative rette di taratura. Dal valore del flusso, è possibile calcolare sia il volume di aria cumulato ai vari tempi, durante l’intero processo cinetico, sia il volume di aria fluito tra una analisi e quella successiva. I valori sperimentali di CO2 e CO convertiti in termini di concentrazione, sono interpolati con la funzione di equazione 1A-2.1: Rapporto scientifico finale Linea 1 - 32 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti [CO2] = (at2 + bt) exp(-ct) [CO] = (at2 + bt) exp(-ct) Combinando queste equazioni con la legge dei gas perfetti, si calcolano le µmol di CO2 e CO formatesi a ciascun tempo t: [(at 2 + bt) ⋅ exp( − ct)] ⋅ P ⋅ V mmol(CO2 ) t = R⋅T 2 [(at + bt) ⋅ exp( −ct )] ⋅ P ⋅ V mmol(CO) t = R⋅T dove V è il volume di CO2, calcolato come prodotto tra il flusso reale (rispettivamente 0.050, 0.075 e 0.100 L/min) e l’intervallo di tempo fissato, per comodità, in 1 min (V = 0.050, 0.075 e 0.100 L); P è la pressione atmosferica (P = 1atm); T è la temperatura del gas misurata in uscita dal gascromatografo (T = 300 K); R è la costante universale dei gas (R = 0.082 atm L mol-1 K-1). L'integrale delle µmoli che si sono formate, esteso a tutto il tempo necessario per il completamento della reazione, fornisce il valore totale di µmoli di CO2. Dal valore del TOC0 della miscela si ricava che le µmol di carbonio inizialmente presenti in 0.9 g di miscela sono 223 ± 1.5 µmoli. Nelle tabelle dalla 1A-2.5 alla 1A-2.8 sono riportate le quantità in µmoli di CO2 e CO per tutte le prove e il bilancio di massa finale. Tab. 1A-2.5 - Valori della quantità di CO2 (µmoli) formata nelle diverse prove. T (°C) Flusso (mL/min) 50 75 100 Rapporto scientifico finale 500 525 550 182.2 189.6 192.4 183.0 150.6 166.9 135.3 92.8 158.5 142.6 195.6 193.7 200.1 179.1 185.2 177.1 154.5 150.7 148.6 191.2 227.6 199.3 219.0 204.0 208.1 205.9 224.2 222.1 Linea 1 - 33 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Tab. 1A-2.6 - Valori della quantità di CO (µmoli) formata nelle diverse prove. T (°C) Flusso (mL/min) 50 75 100 500 525 550 17.1 20.0 18.2 15.5 24.0 24.8 19.7 21.0 22.9 23.4 16 16.3 16.7 18.5 20.5 19 19.3 19.0 19.7 9.2 10.4 9.7 17.0 19.5 17.4 16.2 14.8 13.6 Tab. 1A-2.7 - Somma delle quantità di CO2 e CO (µmol) per le diverse prove cinetiche. La concentrazione iniziale C iniz. =223 ± 1.5 µmol. T (°C) Flusso (ml/min) 50 75 100 500 525 550 199.3 209.6 210.6 198.5 174.6 191.7 155.0 113.8 181.4 166.0 211.6 210.0 216.8 197.6 205.7 196.1 173.8 169.7 168.3 200.4 238.0 209.0 236.0 223.5 225.5 222.1 239.0 235.7 Tab. 1A-2.8 - Bilancio di massa per le diverse prove cinetiche, espresso come resa percentuale media della reazione; per ciascun valore, è riportata la relativa deviazione standard. T (°C) Flusso (mL/min) 50 75 100 Rapporto scientifico finale 500 525 550 96.60 ± 3.75 84.42 ± 5.52 69.00 ± 12.95 95.43 ± 0.06 89.60 ± 0.13 76.50 ± 1.25 96.77 ± 1.80 102.39 ± 0.20 104.02 ± 0.34 Linea 1 - 34 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Metodo per la conversione delle aree della CO 2 in valori di TOC. Infine, per confrontare i dati ottenuti in flusso con quelli in batch, i valori sperimentali della concentrazione dei prodotti sono stati convertiti in valori di scomparsa di reagente, in termini di TOC. L’area sottesa dalla curva A(t) (per 0 < t < ∞), (ATOT), è proporzionale alla quantità totale di CO2 formata nella reazione che, a sua volta, è proporzionale al TOC0 della miscela. Sussiste la relazione TOC0 ÷ ATOT = ∞ ∫ Adt 0 dove t = ∞ è, in pratica, il tempo al quale non si osserva più formazione di CO2 e CO. In modo analogo, per un qualsiasi tempo t, posto At = ∞ ∫ Adt 0 dove At è l’area cumulata (proporzionale alla CO2 formata) al tempo t, sussiste la relazione TOCt ÷ ATOT - At dove TOCt è il TOC della miscela al tempo t. Si ricava quindi la relazione: ATOT : (ATOT - At) = TOC0 : TOCt si può quindi scrivere: TOCt = A TOT − A t ⋅ TOC 0 A TOT I dati così ottenuti sono stati fittati con la funzione utilizzata per i sistemi in batch. Per poter validare il meccanismo proposto in batch e per poter ottenere informazioni utili alla trasferibilità su un impianto reale, verrà effettuata una sperimentazione in flusso utilizzando campioni di fly ash. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 35 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti 3.2 Tema 1-B: caratterizzazione delle fly ash come catalizzatori Obiettivo di questa parte del lavoro di ricerca è la caratterizzazione delle fly ash come potenziali catalizzatori delle reazioni di formazione e distruzione dei composti organici, anche attraverso la determinazione della speciazione degli elementi presenti. Gli studi condotti si possono suddividere in 3 serie di prove: 1. Studio delle principali reazioni di degradazione termica del carbonio presente su fly ash mediante accoppiamento FTIR-TGA (Spettroscopia Infrarossa in Trasformata di Fourier - Analisi Termogravimetrica). 2. Caratterizzazione Raman della morfologia del carbone presente su fly ash e delle differenti tipologie di carbone utilizzate negli studi cinetici. 3. Caratterizzazione analitica delle fly ash. Lo studio è stato condotto in collaborazione con il prof. F. Cariati, Dipartimento di Chimica Generale, Inorganica e Metallorganica dell’Università degli Studi di Milano. 3.2.1 Analisi FT-IR/TGA Per effettuare questa serie di prove e per poter usufruire in futuro di un utile strumento di investigazione di processi termici, è stato messo a punto un sistema accoppiato FTIR/TGA. Gli spettri infrarossi sono acquisiti in maniera automatica, utilizzando il programma Internal Analysis: programmando un tempo totale di misura e un intervallo di tempo tra le successive serie di accumuli, è possibile acquisire in maniera continua un numero elevato di spettri. Le prove possono essere condotte nel dominio del tempo o delle frequenze: i) scegliendo una determinata frequenza è possibile ottenere la curva di evoluzione nel tempo della specie gassosa che ha il massimo di assorbimento a quella frequenza; ii) scegliendo un determinato tempo o una determinata temperatura è possibile monitorare le specie gassose che si formano. Le analisi FTIR-TGA sono state condotte in aria, nell’intervallo di temperatura 20°-700°C, su uno dei campioni di fly ash (FA3 in Fase 1-A1), su 3 frazioni di diversa granulometria del campione FA3 e su diverse miscele modello. Le frazioni del campione FA3 sono state ottenute in seguito a separazione dimensionale mediante un filtro a impatto. In Fig. 1B-1.1 sono riportati i range dimensionali caratteristici di ciascuna frazione. Il frazionamento è stato effettuato perché, come è noto, le particelle submicrometriche caratterizzate da un’elevata mobilità atmosferica tendono a depositarsi principalmente negli alveoli polmonari, dove possono esplicare un'azione altamente tossica a seconda dei composti depositati sulla loro superficie. Le miscele modello sono state preparate utilizzando come supporti silice e fly ash trattate termicamente (a 650°C per 3 ore) e, come reagenti, carbone attivo e carbone nativo (le scaglie di carbone più volatili presenti sulla superficie delle fly ash). Nelle Fig. 1B-1.2a-g sono riportate le curve di evoluzione della CO2 nel tempo sviluppata dai campioni analizzati (con la corrispondenti curve di deconvoluzione); le curve sono state ottenute monitorando la frequenza di 2361 cm -1 a cui la CO2 ha un picco di assorbimento. A conferma dei risultati ottenuti nello studio cinetico (Fase 1-A1) e nelle prove DSC (Tettamanti, 1997), nella curva di evoluzione della CO2 da fly ash grezze e nella corrispondente curva ottenuta tramite deconvoluzione (Fig. 1B-1.2a) si osservano due massimi corrispondenti a due processi distinti che hanno luogo durante la decomposizione ossidativa del carbone presente sulle fly ash. Le curve di evoluzione della CO2 per le frazioni a diversa granulometria mostrano un andamento leggermente differente e sono caratterizzate da un picco con una spalla piuttosto evidente. Le curve di Rapporto scientifico finale Linea 1 - 36 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti deconvoluzione (Fig. 1B-1.2b) mostrano un ritardo temporale del massimo di evoluzione della CO2 al diminuire delle dimensioni delle fly ash (la numerazione delle frazioni corrisponde a quelle della Fig. 1B-1.1), a parità di condizioni sperimentali le reazioni di ossidazione del carbone diventano più lente al diminuire delle dimensioni delle particelle. Il processo di ossidazione del carbone attivo e del carbone nativo su silice avviene in un unico step (Fig. 1B-1.2c-d), confermando i risultati ottenuti in un precedente studio cinetico (Collina, 1995). Le curve di evoluzione degli stessi reagenti su fly ash trattate termicamente mostrano invece un picco allargato che, sottoposto a deconvoluzione, da luogo a due massimi (Fig. 1B-1.2e-f). Entrambi i processi ossidativi sono quindi fortemente influenzati dalla matrice. Per valutare se esiste una relazione tra la reattività e la concentrazione dei metalli, sono stati effettuati studi termici su campioni costituiti da silice (supporto) e carbone attivo (reagente) e uno dei seguenti composti: CuSO4 (con Cu al 10%), CuO (con Cu al 10%) e CuCl2 (con Cu al 5 e al 10%, rispettivamente). Mentre l’aggiunta del solfato o dell’ossido di rame non influenza in alcun modo il processo ossidativo (un solo picco, curve non riportate), l’andamento della curva di evoluzione della CO2 in presenza di CuCl2 è invece nettamente diverso: si osserva la presenza di due reazioni distinte (Fig. 1B-1.2g). 3.2.2 Analisi RAMAN Dall’insieme delle informazioni ricavate dalla letteratura, emerge che la reattività del carbone nella reazione di ossidazione è fortemente dipendente dalle caratteristiche strutturali. Dalla letteratura (Dillon, 1984; Tuinstra, 1970) sono noti gli spettri RAMAN delle differenti forme cristalline del carbone. Mentre lo spettro RAMAN del diamante mostra un’unica banda a 1332 cm -1, lo spettro di un cristallo singolo di grafite presenta anche una banda a 1580 o 1575 cm -1 (detta linea G). La grafite policristallina mostra un’ulteriore banda a 1355 cm -1 (detta linea D). In pratica, le linee G e D sono le più usate per caratterizzare le differenti morfologie del carbone. Il rapporto tra le intensità I(G)/I(D) diminuisce passando dalla grafite al carbon black (Tuinstra, 1970). La banda D nel carbone vetroso diviene più affilata e intensa all’aumentare della temperatura del trattamento termico (Tuinstra, 1970). Le analisi mediante spettroscopia RAMAN sono state eseguite: su particelle di carbone, individuate all’interno delle fly ash grazie al microscopio, su una scaglia di carbone nativo, sul carbone attivo. Gli spettri sono stati confrontati con gli spettri RAMAN ottenuti analizzando alcuni standard di riferimento (diamante, grafite, grafite pirolitica, antracite e carbone amorfo). Tutti gli spettri sono riportati in Fig. 1B-1.3. È possibile osservare che lo spettro relativo al carbone della fly ash, quello del carbone nativo e quello del carbone attivo mostrano lo stesso andamento. In particolare, lo spettro delle fly ash è caratterizzato da una banda D (1355 cm -1) relativamente più intensa. Questo risultato può essere giustificato sulla base del fatto che l’intensità di questa banda aumenta all’aumentare della temperatura alla quale è stato trattato il materiale e le fly ash, all’interno della camera di combustione, sono state portate a una temperatura di 900-1000°C. La scaglia di carbone nativo, essendo più leggera e volatile, ha probabilmente raggiunto una temperatura inferiore. La morfologia del carbone attivo, molto simile a quella del carbone nativo, conferma la possibilità di utilizzare tale composto come reagente nelle miscele modello. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 37 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Sistema respiratorio Preimpactor < 9.0 Frazione 1 6.0 - 9.0 Faringe Trachea e Bronchi primari Bronchi secondari Bronchi terminali Alveoli Alveoli Alveoli Frazione 2 4.6 - 6.0 Frazione 3 3.3 - 4.6 Frazione 4 2.15 - 3.3 Frazione 5 1.08 - 2.15 Frazione 6 0.70 - 1.08 Frazione 7 0.41 - 0.70 Frazione 8 0 - 0.41 Fig. 1B-1.1 - Range dimensionali caratteristici di ciascuna frazione di fly ash. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 38 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti a) fly ash grezze b) frazioni (solo curva di deconvoluzione) e) fly ash trattate termicamente e carbone attivo c) silice e carbone attivo f) fly ash trattate termicamente e scaglie di carbone nativo g) silice e carbone attivo (A); silice, carbone attivo e CuCl2 al 10% (B); e al 5% (C) (solo deconvoluzione). Fig. 1B-1.2 - Analisi TGA/FT-IR: curve di evoluzione della CO2 (A) e curve di deconvoluzione (B). Rapporto scientifico finale d) silice e scaglie di carbone nativo Linea 1 - 39 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Fly ash Scaglia carbone nativo Carbone attivo Carbone amorfo Antracite Grafite pirolitica Grafite Diamanate Fig. 1B-1.3 - Spettri Raman dei campioni analizzati e degli standard. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 40 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti 3.2.3 Caratterizzazione analitica delle fly ash 3.2.3.1 Tecniche utilizzate. Fluorescenza di raggi X in riflessione totale (TXRF) Le analisi sono state effettuate con uno strumento ATOMIKA modello Extra II A. L'analizzatore consiste in una camera a doppia riflessione con un tubo a raggi X di W e Mo. Il supporto per il campione è costituito da una lastra di quarzo. Il detector è un rivelatore multicanale a Si (Li), 168 eV di risoluzione a 5.9 KeV racchiuso in un Dewar contenente 15 l di N2. Tutto il sistema è interfacciato con un PC con 4 MB di RAM e coprocessore matematico. Le caratteristiche strumentali non consentono di analizzare elementi più leggeri del P. Plasma ad accoppiamento induttivo per spettroscopia atomica di emissione (ICP-AES) È stato utilizzato uno strumento ICP JOBIN YVON serie JY24 della ISA Instruments, con nebulizzatore concentrico. Spettroscopia di assorbimento atomico elettrotermica (ETAAS) È stato utilizzato uno strumento PERKIN ELMER modello 4000 AAS equipaggiato con una fornace PERKIN ELMER modello HGA 500. Spettroscopia di assorbimento atomico con fiamma (FAAS). È stato utilizzato uno strumento PERKIN ELMER Atomic Absorption Spectrometer modello 3100 che opera sia in assorbimento che in emissione e utilizza un fotomoltiplicatore come detector. Lo strumento è stato utilizzato per determinare la concentrazione di Na, K e Ca nelle soluzioni. Il Na é stato analizzato in emissione a λ = 589 nm. Il K e il Ca sono stati analizzati in assorbimento, usando rispettivamente una lampada Perkin Elmer a catodo cavo di Ca (λ = 852.1 nm) e una lampada Cathodeon LTD a catodo cavo di K (λ = 766.5). Per la costruzione della retta di taratura sono state utilizzate soluzioni standard a concentrazione nota. Cromatografia ionica (IC). I cromatogrammi sono stati ottenuti mediante uno strumento PERKIN ELMER Binary LC Pump 250 dotato di colonna a scambio anionico (l = 150 mm, ∅ = 4.6 mm) della ALLTECH HC. La colonna è impaccata con polistirene-divinilbenzene e i gruppi funzionali con i quali avviene lo scambio anionico sono ammine quaternarie. È stato utilizzato un rivelatore a conducibilità (ALLTECH, modello 350). Come eluente è stata utilizzata una soluzione di bicarbonato (2.8 mM) e carbonato (2.2 mM). Il detector è dotato di un sistema di soppressione del segnale dei carbonati (ALLTECH modello 335 Suppressor Module) che consente di rilevare la concentrazione degli altri anioni. L’identificazione degli anioni presenti è stata ottenuta tramite il confronto con i tempi di ritenzione degli anioni presenti in uno standard a concentrazione nota (ALLTECH Anion Mixture A). L’analisi quantitativa è stata effettuata attraverso il confronto tra le aree dei picchi presenti nel cromatogramma del campione e le aree dei picchi fornite dallo standard. Analisi termogravimetrica (TGA) È stato utilizzato uno strumento PERKIN ELMER THERMOGRAVIMETRIC ANALYSER modello TGA7 interfacciato con un PERKIN ELMER Thermal Analysis Controller TAC7/DX collegato a un computer. Le prove sono state condotte su 10 mg di campione, nell’intervallo di temperatura tra 50 e 1350 °C, in corrente di N2 e di O2, alla velocità di 10°C/min. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 41 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Diffrazione di raggi X di polveri (XRPD) Le analisi sono state effettuate con un difrattometro a polveri modello RIGAKU DI-MAX. Spettroscopia fotoelettronica (ESCA) È stato utilizzato uno strumento KRATOS ES300 che lavora a 15 KV × 20 mA di eccitazione con MgKα a 1253.6 eV. La pressione in camera di analisi è dell’ordine di 10-9 torr. La calibrazione in energia è stata effettuata rispetto alla riga C 1s idrocarburica presa a 285.0 eV. Microscopia elettronica a scansione (SEM) e Fluorescenza di raggi X a dispersione di energia (EDX) È stato utilizzato uno strumento HITACHI S 2400 con microsonda EDX della KEVEX modello Quantun con rivelatore tipo window less, costituito da un cristallo di Si drogato con Li. I campioni sono stati dorati con un metallizzatore Polaron SC 502 Sputter Coater della FISONS. Le analisi sono state effettuate utilizzando un voltaggio di accelerazione di 25 KV. Spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier (FT-IR) e Micro spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier (MICRO FT-IR). Spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier (FT-IR). È stato utilizzato uno strumento BIO RAD modello ESC integrato con un SPC 3200 della BIO RAD. Gli spettri sono stati raccolti nella regione spettrale tra 4000 e 400 cm -1 disperdendo il campione in una matrice di KBr. L’analisi qualitativa dei silicati è stata effettuata per confronto con i valori delle frequenze riportate in letteratura (Gadsden, 1975). Micro spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier (MICRO FT-IR). È stato utilizzato uno strumento JASCO modello micro FT-IR 100 Microsampling FTIR Spectrometer integrato con un elaboratore della Jasco modello WS-IR 100 con detector tipo MCT. Gli spettri sono stati registrati nella regione spettrale compresa tra 4000 e 700 cm -1 utilizzando una cella di diamante della CIC Photonic inc. MICRO Raman Gli spettri sono stati registrati mediante uno spettrofotometro JASCO TRS-300 interfacciato con un microscopio ottico. Come sorgente è stata utilizzata la riga a 747 nm di colore rosso di un laser a Kripton (Laser Coherent). Lo spettrometro è dotato di un rivelatore multicanale (OSMA = Optical Spectrometric Multichannel Analyser) costituito da una rete di 512 fotodiodi. 3.2.3.2 Trattamenti di preparazione del campione. ü ü ü Trattamento termico Il trattamento termico delle fly ash native è stato condotto in una muffola chiusa (Heraeus, M110), volume interno 9 L, con ossigeno presente in grande eccesso, per 3 h a 650°C ± 5°C. Lisciviazione con H2O Differenti quantità di fly ash (5 e 10 g) sono state sospese in 200 mL di H2O e trattate su piastra riscaldante per 1 ora a 80°C sotto agitazione. Entrambe le prove sono state ripetute con gli stessi rapporti ma a 25°C. Lisciviazione con HCl a pH 3 Rapporto scientifico finale Linea 1 - 42 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti 1 g di residuo ottenuto dopo lisciviazione della fly ash con H2O è stato trattato, sotto agitazione per 1 ora, con 20 mL di una soluzione di HCl a pH 3. ü ü ü ü Trattamento con HCl e H2O2. A 2 g di fly ash posti in pallone di Kjeldahl sono stati aggiunti a più riprese 30 mL di HCl concentrato e 20 mL di H2O2. L’attacco è stato condotto scaldando con cautela. Sono state ottenute una soluzione di colore giallo verde e un residuo insolubile. Dopo filtrazione, la soluzione è stata portata a volume in un matraccio da 100 mL; il residuo è stato sottoposto a fusione alcalina. Fusione alcalina È stata effettuata per determinare la percentuale di Si nelle fly ash. Al residuo ottenuto dopo attacco con HCl e H2O2 è stata aggiunta una quantità di Na2CO3 anidro pari a 6 volte il suo peso. I due solidi sono stati mescolati intimamente e posti in un crogiuolo di Pt. Il crogiuolo è stato quindi scaldato su lampada Tecu sino a totale fusione della miscela. Il liquido di fusione, che contiene il silicato in forma decomponibile dagli acidi, è stato trattato con HCl fino a cessazione dello sviluppo di CO2. La soluzione è stata quindi filtrata; il residuo, portato a secco, è stato calcinato in un crogiuolo di Pt per ottenere SiO 2. La quantità di Si è stata determinata pesando il residuo. Per verificare l’affidabilità del metodo, l’analisi è stata condotta anche su uno standard EURONORM-ZRM n° 777-1 contenente Si in concentrazione nota. Trattamento con HF e HNO3 Per dissolvere completamente la fly ash, 100 mg sono stati sottoposti ad attacco in forno a microonde con 3 mL di HF e 3 mL di HNO3. Per l’attacco è stato utilizzato un apposito contenitore in TFM e HTC che consente di raggiungere temperature dell’ordine di 300 °C e di ottenere una completa mineralizzazione in assenza di residui carboniosi. Programma di riscaldamento utilizzato: 300 W per 5 min, 0 W per 2 min, 400 W per 5 min, 0W per 3 min, 600 W per 5 min, 0 W per 3 min, 800 W per 3 min, 0 W per 3 min, 800 W per 3 min, 0 W per 5 min. Lisciviazione sequenziale Circa 100 mg di fly ash sono stati sottoposti a un attacco sequenziale in forno a microonde (con lo stesso programma precedentemente descritto). Il campione è stato inizialmente trattato con 5 ml di H2O MQ e sottoposto a riscaldamento. Il campione è stato filtrato su filtri di policarbonato (dimensione dei pori 0,4 µm); la soluzione è stata raccolta per le analisi. Il residuo e il filtro sono stati trattati con 5 ml di HNO3. Dopo filtrazione, la nuova soluzione è stata raccolta per le analisi, mentre il residuo e il filtro sono stati trattati con 3 mL di HF e 2 mL di HNO3. La soluzione, nella quale non erano più presenti residui, è stata trattata con alcuni mL di HClO 4 in crogiuolo di Pt su fiamma Bunsen, per volatilizzare l’eccesso di HF. 3.2.3.3 Risultati dell’analisi delle fly ash tal quali. In Tab. 1B-1.1 vengono riportate le concentrazioni degli elementi presenti nelle fly ash provenienti dall’elettrofiltro di un impianto di termodistruzione di rifiuti solidi urbani. È importante notare che i dati della prima e seconda colonna, ottenuti rispettivamente tramite analisi TXRF e analisi ICP-OES della soluzione ottenuta dal trattamento di digestione acida, risultano in buon accordo. Le concentrazioni degli anioni, calcolate tramite cromatografia ionica, sono riportate in Tab. 1B-1.2. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 43 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti I componenti principali (>10000 µg/g) sono: Cl, Si, S, Ca, Na, Al, K, Zn, P, Pb e Mg. Componenti minori (1000-10000 µg/g) sono: Fe, Ti, Sn, Cu, Ba e Sb. Cr, Cd, Mn, Sr, Rb, Ag, Zr, Ni, Se, Mo, Tl, Th e U sono presenti in concentrazione minore di 1000 µg/g. La concentrazione di Si, determinata per fusione alcalina, è di 167000 µg/g. Tab. 1B-1.1 - Composizione totale delle fly ash (µg/g): (a) soluzione ottenuta dopo lisciviazione con H2O; (b) soluzione ottenuta dalla lisciviazione del residuo ottunuto dopo il primo trattamento con HCl a pH=3; (c) determinata tramite AES; (d) determinata tramite ETAAS; (e) non analizzata con ICP/OES ; (f) non analizzata con TXRF Elemento TXRF ICP/OES o AES o ETAAS Total Digestion Ca 132 000 ± 6 000A (c),f Na Al f K (c) 67 000 ± 2 200 Zn 28 500 ± 1 200 Pe 19 000 ± 3 000 (d) Pb 10 500 ± 500 Mg f Fe 9 900 ± 300 Ti 7 900 ± 400 Sn 2 300 ± 80 Cu 1 200 ± 50 Ba 1 100 ± 110 Sb 1 100 ± 30 Cr 820 ± 50 Cd 350 ± 12 Mn 345 ± 25 Sr 260 ± 10 Rb 255 ± 10 Ag 189 ± 7 Zr 78 ± 5 Ni 53 ± 10 Se 30 ± 7 Mo 19 ± 3 Tl <40 Th <25 U <20 A Media ± deviazione standard Rapporto scientifico finale 143 000 ± 1 800A 119 000 ± 550 81 000 ± 800 72 000± 680 23 000 ± 300 8 600 ± 40 10 000 ± 70 8 800 ± 59 6 100 ± 23 3 400 ± 100 1 400 ± 18 1 000 ± 50 920 ± 12 800 ± 6 381 ± 4 308.0 ± 2.8 200 ± 2 190.0 ± 0.6 161.0 ± 0.3 70.0 ± 0.1 80.0 ± 0.4 - First step leaching (a) Second step leaching(b) 28 000 ± 380 71 000 ± 330 58 000 ± 500 4.00 ± 0.06 3.00 ± 0.02 9.00 ± 0.41 8.00 ± 0.04 37.00 ± 0.40 - 29970 ± 370 11900 ± 40 13570 ± 100 13.00 ± 0.15 17.0± 0.1 127.00 ± 0.89 1.00± 0.01 2.00± 0.03 21.00 ± 0.98 26.00 ± 0.14 43.00 ± 0.45 - Linea 1 - 44 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Tab. 1B-1.2 - Concentrazione di anioni nelle fly ash (µg/g): (a) soluzione ottenuta dopo lisciviazione con H2O; (b) soluzione ottenuta dopo trattamento con HCl concentrato e H2O2; (c) non analizzato. Anione ClSO42NO3ClO3A H2O (a) 168 500 ± 650A 68 100 ± 200 1 200 ± 30 HCl + H2O2 (b) -(c) 165 200 ± 600 1 700 ± 20 2 600 ± 80 Media ± deviazione standard È stato osservato che Na e K sono presenti principalmente come cloruri. La concentrazione di cloro è infatti sufficiente per garantire la formazione dei corrispondenti cloruri. I test di solubilità condotti con un rapporto acqua/fly ash di 40/1 mostrano una perdita in peso costante del 36% circa. Questo valore non cambia se la temperatura viene aumentata a 80°C. La perdita in peso è dovuta alla solubilizzazione di NaCl, KCl e CaSO4. Una ulteriore perdita in peso del 15% si osserva dopo un successivo trattamento con HCl a pH = 3. L'analisi quantitativa di entrambe le soluzioni è riportata in Tab. 1B-1.1. Queste analisi permettono di determinare le caratteristiche della soluzione acquosa ottenuta in seguito al trattamento acquoso di spegnimento delle ceneri all’uscita dell'impianto di termodistruzione. I risultati sono stati confrontati con le concentrazioni limite imposte dalla legge n°152 del 11 maggio 1999 che dispone sulla tutela delle acque dall'inquinamento. Il confronto indica che, nel refluo acquoso che proviene dal processo di spegnimento, le concentrazioni di cloruri e solfati superano significativamente i limiti di legge. Le analisi XRPD delle fly ash permettono l’identificazione di solo poche fasi cristalline a causa della complessità della matrice e dalle numerose sovrapposizioni dei picchi. Per identificare un maggior numero di fasi cristalline, soprattutto riguardo ai silicati che rappresentano i componenti principali delle fly ash, anche i residui dei trattamenti di lisciviazione con acqua e con HCl sono stati analizzati tramite XRPD. I risultati sono riportati in Tab. 1B-1.3. Tab. 1B-1.3 - Analisi XRPD delle fly ash Minerale Alite Silvite Anidrite Gesso Calcite Ghelenite Gismondine Ettringite Singenite Ematite Rutile Rapporto scientifico finale Formula NaCl KCl CaSO4 CaSO4· 0.15H2O CaSO4· 2H2O CaCO3 2CaO· Al2O3· SiO2 CaO· Al2O3· 2SiO2· 4H2O 6CaO· Al2O3· 3SO3 · 32H2O K2Ca(SO4)2· H2O Fe2O3 TiO2 Linea 1 - 45 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Tab. 1B-1.4 - Analisi XPS delle fly ash Elemento Na Zn Ca K C O Cl S Si Al Pb Tipo di Fotoelettrone 2s 3p 3p 3p 1s 1s 2p 2 p3/2, 2p1/2 2p3/2, 2p1/2 2s 4f7/2 KE(eV) 1173 1148 1213 1220 952 705 1038 1068 1135 1118 1098 BE(eV) 64 89 24 17 285 532 199 169 102 119 139 Nella Fig. 1B-1.4(a) è riportato il diffrattometro del campione tal quale. È possibile identificare la presenza di bassanite, anidrite e gesso. In Fig. 1B-1.4(b) è riportato il diffrattogramma del campione lisciviato con acqua. In questo caso si osserva la presenza di ghelenite, gesso, anidrite, calcite e singenite. Nel diffrattometro del residuo del trattamento con HCl e H2O2, è possibile osservare (Fig.1-B.4(c)) la presenza di ghelenite, gismondine e ettringite. Data la quantità delle sovrapposizione dei picchi e alla complessità dei diffrattometri, alcune altre fasi cristalline come muscovite [KAl3Si3O10(OH)2], leucite [KAlSi2O6], nefelite [KNa3Al4Si4O16], illite [(H3O2K)4Al8(Si2Al)16O40(OH)8],anortite [CaAl2Si2O8], quarzo [SiO 2], adularia [KAlSi3O8], caliofilite [KAlSiO4], alite [Ca3SiO5], belite [Ca2SiO4] e maiorite [MgFe2(SiO4)3] sono stati identificati con minore confidenza. E' importante notare che, come riportato più avanti, molte delle fasi cristalline osservate nei diffrattogrammi sono state confermate dagli spettri FT-IR. In Fig. 1B-1.5 e 1-B.6 sono riportati gli spettri XPS delle fly ash tal quali e del residuo dopo lisciviazione con acqua, rispettivamente. I corrispondenti valori (eV) delle energie di legame (BE) sono riportati in Tab. 1B-1.4. L'assegnazione è stata effettuata, in accordo con i dati riportati in letteratura, confrontando gli spettri risulta evidente che il trattamento con acqua elimina i cloruri di sodio e potassio e alcuni solfati. Il trattamento con HCl e H2O2 solubilizza tutti i composti inorganici con l’eccezione dei silicati e allumino silicati. Lo spettro Mössbauer, registrato a temperatura ambiente, delle fly ash relativamente al nucleo 57Fe non presenta alcun segnale. Al contrario, quello del residuo dopo trattamento con acqua, mostra deboli segnali (Fig. 1B-1.7). Le linee dovute all'interazione magnetica iperfine non sono state identificate nemmeno alle basse temperature. Tuttavia l’allargamento della riga potrebbe indicare che le transizioni magnetiche avvengono a temperature ancora più basse. Inoltre, i parametri sono tipici dell’ematite (Murad, 1987): RT, δ = 0.29, ∆EQ = 0.73, Γ = 0.70; 80 K , δ = 0.39, ∆EQ = 0.80, Γ = 0.98. Le analisi SEM/EDX forniscono informazioni utili riguardo alla morfologia e alla composizione chimica delle fly ash. È stata trovata una gran quantità di particelle grezze sferiche (Fig. 1B-1.8) nell’intervallo da 2 a 100 µm. Gli spettri di emissione di raggi X di queste particelle evidenziano la presenza di Al, Si, Ca e di quantità minori di K. Le superfici delle particelle risultano ricoperte da aggregati policristallinici di dimensioni variabili da 500 a 1000 nm (Fig. 1B-1.9). Dato che negli spettri EDX di alcune particelle sono stati osservati solo i segnali del Na e del Cl oppure del K e del Cl o ancora del Ca e del S, è stato ipotizzato che queste particelle siano Rapporto scientifico finale Linea 1 - 46 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti composte da NaCl, KCl e CaSO4, rispettivamente. Altre particelle presentano solamente i segnali di Fe o Ti suggerendo la presenza di Fe2O3 e TiO2, rispettivamente. Lo spettro ESR delle fly ash tal quali mostra un debole segnale a g = 4.3 e un segnale molto allargato a g = 2. Dai dati in letteratura, la risonanza a g = 4.3 è quasi certamente attribuibile alla struttura high-spin del fe3+ in struttura ottaedrica distorta e/o tetraedrica con simmetria C av (Castner, 1960). La risonanza allargata (≅ 2500 G) può essere dovuta alla transizione connessa con lo scambio del multipletto risultante dall'accoppiamento degli ioni adiacenti con S = 5/2 caratteristici del ferro (III) contenente ossidi. Gli spettri IR nel range 4000-400 cm-1 sono stati registrati con pastiglie KBr del campione. In Fig. 1B-1.10 sono riportati gli spettri IR delle fly ash tal quali e delle fly ash trattate termicamente a differenti temperature. La zona di maggior interesse è quella che va da 1600 a 400 cm-1. In questo intervallo si osservano le vibrazioni di stretching e di bending degli anioni carbonato (≅1440 cm-1 e 870 cm-1, rispettivamente), degli anioni solfato (1150-1100 e 650-600 cm-1) e dei silicati (1020-920 e 400 cm-1). In Fig. 1B-1.10 si osserva che, mentre lo spettro delle fly ash tal quali non permette di identificare nessuna specie, le fly ash trattate a 500°C presentano chiaramente le bande dell’anidrite (1156, 1117, 675, 616 e 597 cm-1). La presenza dell’anidrite può essere dovuta alla deidratazione della bassanite e/o del gesso. Lo spettro delle ceneri trattate a 650°C mostra chiaramente le bande della ghelenite (980, 922, 880, 860, 815 e 485 cm-1) e della singenite (1193, 1135, 1125, 1098, 665 e 485 cm-1). Confrontando gli spettri è possibile notare che i segnali della ghelenite e della singenite erano presenti anche in quello delle fly ash tal quali. Questo risultato conferma le ipotesi derivanti dall’analisi XRPD. Le identificazioni delle 3 specie, anidrite, ghelenite e singenite, sono state realizzate confrontando gli spettri ottenuti con quelli di standard di riferimento (Gadsen, 1975). Per meglio identificare i differenti composti presenti nelle fly ash, sono state effettuate delle analisi tramite FT-IR. Gli spettri ottenuti hanno permesso di identificare la presenza di singenite, bassanite e cabasite. In Fig. 1B-1.11 viene riportato uno spettro che mostra la presenza di singenite e cabasute (1029 cm-1). In un altro caso è stato identificata la presenza di bassanite (1153 cm-1) e calcite (≅1440 cm-1 e 872 cm-1). In Fig. 1B-1.12 è riportato uno spettro nel quale la cabasite è presente insieme a composti organici (2926 e 2851 cm -1). È interessante notare che, usando un magnete permanente, alcune piccole particelle rossastre possono essere separate dal campione. Lo spettro micro Raman rivela che queste particelle sono composte da Fe2O3 (Fig. 1B-1.13). 3.2.3.4 Risultati dell’analisi delle frazioni di fly ash. In Tab. 1B-1.5 vengono riportate le concentrazioni degli anioni, determinate tramite cromatografia, presenti nelle 7 frazioni. Mentre i cloruri e i nitrati sono stati determinati nelle soluzioni ottenute dopo trattamento acquoso, i solfati sono stati determinati analizzando la soluzione proveniente dal trattamento acido. Si può osservare che il contenuto di cloruri risulta elevato nelle prime 5 frazioni mentre è estremamente basso nelle frazioni 6 e 7. Il contenuto di nitrati è basso nelle ultime tre frazioni crescendo dalla 5 alla 7. Quantità comparabili di solfati sono presenti nelle prime 6 frazioni mentre una concentrazione minore è stata trovata nella settima. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 47 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti I risultati delle analisi compiute nelle prime 5 frazioni tramite ICP-OES, AES (per determinare le concentrazioni di Na e K) e ETAAS (per determinare le piccole concentrazioni di Pb e Cd non misurabili tramite ICP-OES) sono riportati in Tab. 1B-1.6. Le frazioni 6 e 7 non sono state analizzate a causa dell’accumulo troppo basso di campione nell’impactor (< 30 mg). Queste ultime frazioni risultano costituite principalmente da composti organici. La concentrazione di alcuni elementi varia considerevolmente andando dalla prima alla quinta frazione. Le prime 2 frazioni presentano un’alta concentrazione di Ti, Fe, Mg, Mn e una più bassa di Pb; la quarta e la quinta sono caratterizzate da un’alta concentrazione di Cu, Sn e Sb. In generale, si osserva che, andando dalla prima alla quinta frazione, mentre le concentrazioni di Ca, Zn, Fe, Ba, Cr, Sr e Zr rimangono costanti, quelle di Na, K, Pb, Cu, Sn e Cd aumentano e quelle di Mg, Ti e Mn diminuiscono. Tab. 1B-1.5 - Concentrazioni degli anioni nelle 7 frazioni (µg/g) Anione Cl − NO3− SO4= Concentrazione (µg/g) a / frazioni 1° 2° 3° 4° 5° 6° 7° 110 000 94 000 100 000 140 000 82 000 47 000 33 000 ± 200 - ± 180 - ± 180 - ± 230 - ± 160 2 900 ± 150 7 700 ± 130 8 000 43 000 55 000 ± 20 58 000 ± 50 41 000 ± 45 12 000 ± 100 ± 130 ± 150 ± 100 ± 50 50 000 44 000 ± ± 120 110 A Media ± deviazione standard Rapporto scientifico finale Linea 1 - 48 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Tab. 1B-1.6 – Composizione delle prime 5 frazioni (µg/g) determinate tramite ICP-OES, AAS e ETAAS Concentrazione (µ µ g/g) a / frazioni Elemento 1° 2° Ca 124 000 ± 5 700 138 000 ± 6 400 Na 50 000 ± 240 101 000 ± 450 K 84 000 ± 2 800 122 000 ± 4 000 Zn 23 000 ± 900 31 000 ± 1 200 Pb 20 700 ± 1 100 30 000 ± 1 700 Mg 6 700 ± 50 4 900 ± 35 Fe 6 700 ± 200 6 300 ± 180 Ti 5 500 ± 18 4 100 ± 12 Sn 2 200 ± 65 2 900 ± 75 Cu 1 600 ± 22 2 600 ± 38 Sb 1410 ± 16 1750 ± 18 Ba 810 ± 35 800 ± 29 Cr 400 ± 3 540 ± 5 Cd 270 ± 2 520 ± 5 Mn 217 ± 1 206.0 ± 0.8 Sr 166.0 ± 0.3 158.0 ± 0.3 Zr 203.0 ± 1.2 149.0 ± 0.9 A Media ± deviazione standard 3° 4° 5° e 105 000 ± 4 900 144 000 ± 760 179 000 ± 5 800 29 000 ± 1 100 39 500 ± 1 900 3 200 ± 28 5 600 ± 140 3 200 ± 9 4 000 ± 140 2 900 ± 42 2080 ± 15 750 ± 27 440 ± 3 450 ± 3 199.0 ± 0.7 140.0 ± 0.2 132.0 ± 0.9 66 000 ± 3 000 128 000 ± 500 116 000 ± 3 900 23 000 ± 850 35 000 ± 1 800 2 400 ± 16 5 500 ± 145 1 800 ± 5 5 100 ± 160 3 800 ± 60 1980 ± 17 680 ± 25 440 ± 4 340 ± 3 183.0 ± 0.7 118.0 ± 0.2 98.0 ± 0.7 129 000 ± 5 800 281 000 ± 1 200 248 000 ± 8200 18 000 ± 700 57 200 ± 2 300 1 700 ± 12 5 400 ± 130 1 900 ± 4 5 300 ± 180 3 100 ± 45 2250 ± 20 910 ± 40 420 ± 3 960.0 ± 1.1 170.0 ± 0.8 165.0 ± 0.4 221 ± 1 Gli spettri FT-IR sono riportati in Fig. 1B-1.14. Sulla base dei dati riportati in letteratura (Gadsen, 1975) la banda A è stata assegnata al bending IR attivo di NH4+, la banda N allo stretching IR attivo di NO3-, le bande C1 e C2 alle vibrazioni IR attive di stretching e bending di CO32- rispettivamente. Analogamente la banda S1 è stata assegnata alle vibrazioni IR attive di stretching del solfato di calcio o zinco e la banda S2 a quelle dei solfati di ammonio, piombo, rame o ferro. Le bande Si (i = 3, 4, 5, 6, 7) sono state assegnate alle vibrazioni IR attive di bending dell’anione solfato. La banda SI è stata assegnata a una delle vibrazioni IR attive di stretching silicio-ossigeno dei silicati e allumino-silicati. Questi spettri mostrano chiaramente che, passando dalla prima alla settima frazione: (1) diminuisce la concentrazione dei silicati (banda SI); (2) cambia la natura dei solfati (bande S) in accordo con le variazioni degli elementi osservate precedentemente; (3) varia la concentrazione dei carbonati (bande C1 e C2); (4) è possibile osservare la presenza di ammonio dalla quarta alla settima frazione, inizialmente come nitrati (bande A e N) e successivamente come solfati (bande A, S2 e S5). Importanti informazioni sulla natura dei solfati possono essere ottenute osservando il comportamento delle intensità delle bande S in Fig. 1B-1.14. Andando dalla prima alla settima frazione l’intensità della banda S1 diminuisce. In accordo con la letteratura (Gadsen, 1975), la banda S1 può essere assegnata ai solfati di calcio o zinco. Dato che un simile comportamento si osserva anche per le intensità delle bande S1, S4 e S7, queste tre bande sono state assegnate alla bassanite, CaSO4*0.5H2O. Le intensità delle bande S3 e S6 Rapporto scientifico finale Linea 1 - 49 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti hanno un comportamento simile a quello della banda S1 e i valori delle frequenze di queste due bande corrispondono a quelli dell’anidrite, CaSO4. Per queste ragioni le bande S1, S3 e S6 sono state assegnate all’anidrite. Negli spettri IR della sesta e settima frazione si osserva la presenza della banda S5 che presenta un comportamento simile a quello della banda A. Di conseguenza, il solfato di ammonio è sicuramente presente in queste frazioni. Il nitrato di ammonio (bande A e N) è presente nella quinta e sesta frazione e probabilmente anche nella settima. Nel caso più favorevole, presentato in Fig. 1B-1.15, l’utilizzo della tecnica SEM ha permesso di localizzare in un campione un’area chimicamente omogenea larga abbastanza (circa 250 µm x 250 µm) per registrare lo spettro FT-IR e per caratterizzare in maniera definitiva la presenza del solfato di ammonio. Nella maggior parte dei casi non è stato possibile trovare un’area chimicamente omogenea abbastanza grande da caratterizzare un unico composto. In questi casi sono stati ottenuti spettri IR di miscele di composti (Fig. 1B-1.16-19) che sono stati confrontati con quelli di composti standard. In alcuni casi estremi (aree omogenee molto piccole), in funzione del campione e del raggio degli elettroni, sono stati rilevati miscele di composti o composti singoli (Fig. 1B-1.18-19). In questi casi alcune delle aree omogenee risultavano talmente piccole che non è stato possibile ottenere uno spettro EDX di un singolo composto anche focalizzando il raggio di elettroni. Grazie all’acquisizione di una serie di spettri EDX di singole particelle, è stato possibile identificare la presenza di alcuni ossidi che non erano identificabili tramite micro FT-IR dato che le frequenze di vibrazione di questi composti si trovano in una regione non accessibile dalla nostra strumentazione. Sulla base degli spettri IR e SEM/EDX è stato possibile ottenere i dati riportati in Tab. 1B-1.7. Oltre a ossidi e solfati inorganici, è stata osservata la presenza di carbonato di calcio, alcuni solfati (CaSO4, CaSO4*0.5H2O, CaSO4*2H2O, ZnSO4*7H2O, CuSO4*5H2O, PbSO4, K2SO4, (NH4)2SO4), nitrato di ammonio, fosfato acido di calcio, alcuni cloruri (NaCl, KCl, CaCl2) e SiO2, TiO2, Fe2O3, ZnO, CuO. Oltre ai silicati e allumino-silicati sono stati identificati: andalusite [Al2SiO5], sodalite [Na4Al3Si3O12(Cl)], ghelenite [Ca2Al2SiO7], cabasite, gismondite [Ca2Al2Si2O8*4H2O], muscovite [KAl3Si3O10(OH)2], anortite [Ca2Al2Si2O8], clorite [(Mg, Fe, Al)6(OH)8(SiAl)4O10] e talco [Mg3(Si4O10)(OH)2]. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 50 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Tab. 1B-1.7 – Composti identificati tramite FT-IR , micro FT-IR e SEM/EDX. (andalusite = Al2SiO5, sodalite = Na4Al3Si12Cl, ghelenite = 2CaO.Al2O3.SiO2, gismondine = CaAl2Si2O8.4H2O, muscovite = KAl3Si3O10(OH)12, anortite = CaO.Al2O3.2SiO2, illite = (H3O,K)4Al8(Si,Al)16O40(OH)8, clorite = (Mg,Al)6(Si,Al)4O10(OH)8, talco = Mg3Si4O10(OH)2). Frazioni 1° CaSO4⋅ 0.5H2O CaSO4 CaSO4⋅2H2O ZnSO4⋅7H2O CaCO3 NaCl KCl CaCl2 SiO 2 andalusite sodalite ghelenite gismondine muscovite anortite illite clorite talco TiO2 Fe2O3 ZnO CuO 2° 3° CaSO4⋅ 0.5H2O CaSO4⋅ 0.5H2O CaSO4 CaSO4 CaSO4⋅2H2O ZnSO4⋅7H2O ZnSO4⋅7H2O CaCO3 CaCO3 CaHPO4 NaCl NaCl KCl KCl SiO 2 SiO 2 andalusite sodalite sodalite ghelenite ghelenite gismondine gismondine muscovite muscovite anortite illite illite clorite talco talco TiO2 Fe2O3 ZnO CuO 4° 5° CaSO4⋅ 0.5H2O CaSO4 CuSO4⋅5H2O PbSO4 K2SO4 (NH4)2SO4 NH4NO3 CaCO3 NaCl KCl SiO 2 ghelenite gismondine muscovite illite clorite talco TiO2 Fe2O3 ZnO CuO CuSO4⋅5H2O PbSO4 K2SO4 (NH4)2SO4 NH4NO3 CaCO3 NaCl KCl SiO2 muscovite illite clorite talco Fe2O3 ZnO - 6° 7° (NH4)2SO4 (NH4)2SO4 Na2SO4 NH4NO3 NH4NO3 CaCO3 CaCO3 SiO 2 muscovite clorite talco ZnO - Concludendo questa parte di caratterizzazione è possibile sottolineare che tecniche analitiche come ICP, AAS, TXRF e XPS forniscono utili informazioni per determinare la composizione del campione e di interpretare le trasformazioni indotte dai trattamenti acquosi e acidi. La tecnica SEMEDX, oltre a fornire informazioni riguardo alla morfologia del campione, permettono di identificare alcuni ossidi di metalli che difficilmente sarebbero identificabili con altre tecniche. L’effetto Mössbauer e la spettroscopia Raman permettono di riconoscere la presenza dell’ematite. Inoltre si può notare che l’XRPD e la spettroscopia FT-IR sono risultate le tecniche più utili e hanno permesso l’identificazione di un’ampia serie di composti inorganici (alite, silvite, anidrite, bassanite, gesso, singenite, ettringite e calcite) e silicati (ghelenite, gismondite e cabasite). Rapporto scientifico finale Linea 1 - 51 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti La spettroscopia FT-IR si è dimostrata particolarmente utile nella versione Micro FT-IR utilizzando una cella di diamante come supporto del campione. Un campione di fly ash, suddiviso in 7 frazioni sulla base delle dimensioni delle particelle, è stato analizzato tramite spettroscopia micro FT-IR e le tecniche SEM-EDX, ICP-OES, EAS, ETAAS e IC. Lavorando sulla stessa micro area del campione, la tecnica SEM-EDX ha permesso di caratterizzare la composizione mentre lo spettro FT-IR ha permesso di caratterizzare il campione dal punto di vista molecolare. Le analisi hanno permesso di caratterizzare silicati, allumino-silicati, sali e ossidi di metalli. In particolare è stato osservato che, passando dalla prima ala settima frazione diminuisce la concentrazione dei silicati e varia la composizione dei solfati. Le ultime due frazioni mostrano una elevata concentrazione di composti organici insieme a solfato e nitrato di ammonio. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 52 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Fig. 1B-1.4 – Rifrattometri XRPD delle fly ash: (a) tal quali; (b) trattate con acqua; (c) trattate con HCl e H2O2. Fasi cristalline identificate: S = CaSO4 0.15 H2O, G = gesso, A = anidride, K = KCl, N=NaCl, Sy=singenite, Ge=ghelenite e E=ettringite Fig. 1B-1.6 – Spettro XPS (250-500 eV) delle fly ash: (a) tal quali; (b) trattate con acqua; (c) trattate con HCl e H2O2 Rapporto scientifico finale Fig. 1B-1.5 – Spettro XPS (0-250 eV) delle fly ash: (a) tal quali; (b) trattate con acqua; (c) trattate con HCl e H2O2. Fig. 1B-1.7 – Spettri Mössbauer (a) temperatura ambiente; (b) 80 K. Linea 1 - 53 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Fig. 1B-1.8 - Micrografia SEM di una delle grosse particelle sferiche delle fly ash. Fig. 1B-1.9 - Micrografia SEM degli aggregati policristallini (500-1000 nm) delle fly ash Fig. 1B-1.10 – Spettri FT-IR delle fly ash: (a) tal quali; (b) trattate a 500°C; (c) trattate a 600°C Fig. 1B-1.11 – Spettro FT-IR registrato su una piccola area (circa 100 µm2): (a) spettro IR di un campione di cabasite di riferimento; (b) spettro IR di un campione di singenite di riferimento; (c) spettro IR delle fly ash Rapporto scientifico finale Linea 1 - 54 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Fig. 1B-1.12 –Spettro micro FT-IR registrato su una piccola area (circa 100 µm2): (a) spettro IR di un campione di cabasite di riferimento; (b) spettro IR delle fly ash Fig. 1B-1.13 – Spettro micro Raman di una particella rossastra delle fly ash: (a) tal quali; (b) campione di Fe2O3 di riferimento Fig. 1B-1.14 – Spettro FT-IR delle 7 frazioni. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 55 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Fig. 1B-1.15 – A sinistra: spettri micro FT-IR e EDX registrati su una piccola area (circa 100 µm x 100 µm) della settima frazione (a) e spettro micro FT-IR di (NH4)2SO4 (b). A destra: spettro EDX che mostra la presenza di (NH4)2SO4. Fig. 1B-1.16 – A sinistra: spettri micro FT-IR e EDX registrati su una piccola area (circa 100 µm x 100 µm) della prima frazione (a); spettro micro FT-IR di gismondite (b); andalusite (c); ZnSO4 7H2O (d); CaSO4 2H2O (e); CaCO3 (f). A destra: spettro EDX che mostra la presenza di una miscela di andalusite e gismondite. Rapporto scientifico finale Linea 1 - 56 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Fig. 1B-1.17 –A sinistra, spettro micro FT-IR e EDX registrato su una piccola area (circa 100 µm x 100 µm) della prima frazione lavata con acqua MQ (a); spettro micro FT-IR di K2 SO4 (b); anortite (c); muscovite (d); il lite (e); CaCO3 (f). A destra: spettro EDX che mostra la presenza di anortite (a); muscovite (b); illite (c). Fig. 1B-1.18 –A sinistra, spettro micro FT-IR e EDX registrato su una piccola area (circa 100 µm x 100 µm) della terza frazione trattata con HCl a pH = 3 (a); spettro micro FT-IR di sodalite (b); talco (c); CaCO3 (d). A destra: spettro EDX che mostra la presenza di sodalite e CaCO3 (a) e una miscela di talco, CaCO3 e TiO2 (b). Rapporto scientifico finale Linea 1 - 57 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Fig. 1B-1.19 –A sinistra, spettro micro FT-IR e EDX registrato su una piccola area (circa 100 µm x 100 µm) della quarta frazione (a); spettro micro FT-IR di anidrite (b); CuSO4 5H2O (c); ghelenite (d) e gismondite (e). A destra: spettro EDX che mostra la presenza di una miscela di CuSO4 5H2O, ghelenite e gismondite (a) e di ghelenite (b). Rapporto scientifico finale Linea 1 - 58 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti 4 BIBLIOGRAFIA Addink R., Cnubben P.A.J.P., Olie K., “Formation of polychlorinated dibenzo-pdioxins/dibenzofurans on fly ash from precursors and carbon model compounds”, Carbon, 33, 1463 (1995a) Addink R., Govers H.A.J., Olie K., “Desorption Behaviour of Polychlorinated Dibenzo-p-dioxins/ Dibenzofuran on Packed Fly ash Bed”, Chemosphere, 31, 3945 (1995b) Addink R., Olie K., “Mechanisms of formation and destruction of polychlorinated dibenzo-pdioxins and dibenzofurans in heterogeneous system”, Environmental Science & Technology, 29, 1425 (1995c) Addink R., Olie K., “Role of oxygen in formation of polychlorinated dibenzo-pdioxins/dibenzofurans from carbon on fly ash”, Environmental Science & Technology, 29, 1586 (1995d) Altwicker E.R., Schonberg J.S., Konduri R.K.N., Milligan M.S., “Polychlorinated dioxin/furan formation in incinerators”, Hazardous Waste & Hazardous Materials, 7, 73 (1990a) Altwicker E.R., Kumar R., Konduri N.V., Milligan M.S., “The role of precursors in formation of polychloro-dibenzo-p-dioxins and polychloro-dibenzofurans during heterogeneous combustion”, Chemosphere, 20, 1935 (1990b) Altwicker E.R., Konduri R.K.N.V., Lin C., Milligan M.S., “Formation of Precursor to Chlorinated Dioxin/Furans under Heterogeneous Conditions”, Combustion Science and Technology, 88, 349 (1993a) Altwicker E.R., Milligan M.S., “Formation of dioxins: competing rates between chemically similar precursors and De Novo reaction”, Chemosphere, 27, 301 (1993b) Altwicker E.R., “Formation of PCDD/F in Municipal Solid Waste Incinerators: Laboratory and Modelingb Studies”, Journal of Hazardous Materials, 47, 137 (1996a) Altwicker E.R., “Relative Rates of formation of Polycholinated Dioxins and furans from Precursor and De Novo Reactions”, Chemosphere, 33, 1897 (1996b) Bagnati R., Benfenati E., Mariani G., Fanelli R., Chiesa G., Moro G., Pitea D. “The combustion of municipal solid waste and PCDD and PCDF emissions. 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Gli studi sul meccanismo di attività biologica (Goldstein, 1989) hanno individuato, come evento determinante per l’attività delle PCDD, il binding al recettore Ah, un recettore presente nel citoplasma in grado di associarsi anche agli Idrocarburi Policiclici Aromatici (PAH). Questo recettore è inizialmente presente nel cytosol come complesso multimerico formato da diverse proteine, tra le quali la proteina hsp90, necessaria per mantenere il recettore in forma attiva (Enan, 1996). A seguito del binding con il legante, queste proteine vengono rilasciate e si forma un complesso eterodimerico tra il recettore e la proteina ARNT (Aryl-hydrocarbon nuclear translocator), responsabile del trasporto del complesso recettore-legante nel nucleo (Safe, 1994). Il riconoscimento specifico delle sequenze XRE (Xenobiotic Responsive Elements) del DNA da parte del dimero Ah/ARNT induce infine la trascrizione di geni responsabili dell’induzione di attività enzimatiche, che in genere coinvolgono il metabolismo di sostanze esogene. L’effetto biologico più studiato è l’induzione di monossigenasi, enzimi che catalizzano l’idrossilazione di sostanze lipofile; ad esempio, l’induzione di una particolare forma, spettroscopicamente distinta, di citocromo P-450 media l’idrossilazione di idrocarburi policiclici aromatici. L’affinità di binding per il recettore Ah, misurata dalla costante di dissociazione del complesso tra legante e recettore, è una misura indiretta dell’attività biologica delle PCDD. L’insieme più completo, attualmente disponibile in letteratura, di valori di affinità di binding provenienti da misure omogenee e comprendente PCDD con tutti i possibili gradi di clorurazione è costituito da un gruppo di quattordici molecole (Mason, 1986). Tenuto conto dei costi e delle difficoltà di allestimento di laboratori con sistemi di sicurezza adeguati alla sintesi, alla manipolazione e allo smaltimento di queste sostanze, assume particolare importanza la formulazione di modelli teorici che razionalizzino i dati esistenti e consentano la programmazione di esperimenti mirati alla loro validazione. Finchè non sono state disponibili informazioni sulla struttura tridimensionale della cavità di binding del recettore, la conoscenza dettagliata della struttura e delle proprietà delle PCDD ha costituito l’unico strumento per la comprensione del processo di binding. Le informazioni molecolari, infatti, sono state utilizzate per affrontare il problema mediante lo studio delle relazioni tra attività biologica e struttura molecolare (Structure-Activity Relationships, SAR) (Kubinyi, 1993). Nel caso delle PCDD, le proprietà più significative sono quelle derivate dalla distribuzione elettronica, perché particolarmente sensibili al numero e alla posizione dei sostituenti. Queste proprietà sono calcolabili, nell’ambito dei metodi della meccanica quantistica, a partire dalla funzione densità elettronica. Il potenziale elettrostatico molecolare (MEP) è tra le proprietà più utilizzate nell’ambito di questo tipo di modellistica molecolare (Politzer, 1981; Naray-Szabo, 1995; Murray, 1996). Il calcolo del MEP consente di individuare le zone dello spazio intorno alla molecola nelle quali è favorito l’avvicinamento di specie elettrofile. L’attività di ricerca condotta precedentemente (Bonati, 1993, 1994, 1995) ha messo in evidenza che le caratteristiche elettrostatiche tipiche che distinguono le PCDD attive da quelle poco attive sono essenzialmente di due tipi: (i) presenza di una zona estesa di valori positivi su tutta la molecola, indicativa della possibilità di interazioni favorevoli con reagenti elettron-ricchi; (ii) presenza di almeno una estesa zona di valori negativi ai lati della molecola, che è Rapporto scientifico finale Linea 2 - 1 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti indicativa della possibilità di interazioni favorevoli con reagenti elettron-poveri. Questi studi hanno consentito la formulazione di relazioni quantitative tra descrittori derivati dal potenziale elettrostatico molecolare delle PCDD e l’affinità di binding con il recettore Ah e hanno dimostrato l’importanza delle interazioni di tipo elettrostatico, efficaci per grandi distanze intermolecolari, nel processo di binding. A distanze legante-recettore più vicine a quelle di equilibrio risultano invece prevalenti le interazioni di polarizzazione e dispersione. Come indice dell’importanza di questo tipo di interazioni nel processo di binding delle PCDD, è stata utilizzata (Fraschini, 1996) la polarizzabilità molecolare, una proprietà che descrive la deformazione della distribuzione elettronica per effetto di un campo elettrico (Hinchliffe, 1985). Complessivamente, le caratteristiche elettroniche finora esaminate indicano una elevata polarizzazione della densità elettronica lungo l’asse molecolare principale, che potrebbe conferire alle PCDD attive proprietà di accettori in complessi a trasferimento di carica con siti del recettore elettron-donatori. 2. OBIETTIVI DELLA RICERCA Nell’ambito di questa linea di ricerca, ci si è inizialmente proposti di verificare l’ipotesi, avanzata per via teorica, del ruolo delle interazioni che comportano il trasferimento di carica nel processo di binding tra PCDD e siti attivi del recettore Ah. Poiché i recettori naturali sono molecole molto complesse, i processi di riconoscimento, trasformazione e trasporto del legante possono, in genere, essere modellizzati mediante molecole più piccole, sinteticamente accessibili. È noto che lo studio delle interazioni “host-guest” in sistemi nei quali le molecole “host” siano state preparate per la complessazione selettiva di molecole “guest” è particolarmente utile per la comprensione dei fattori che controllano le interazioni recettore-substrato nei sistemi biologici (Balzani, 1991). Pertanto la modellizzazione dell’interazione tra PCDD e recettore Ah è stata condotta mediante la progettazione di complessi a trasferimento di carica tra PCDD, o molecole affini, e molecole recettoriali modello. Questi sistemi sono stati caratterizzati, dal punto di vista sperimentale, mediante tecniche spettroscopiche e, da quello teorico, mediante il calcolo di proprietà molecolari rilevanti ai fini dell’interazione. Sulla base delle nuove conoscenze che si sono rese disponibili in letteratura sulla struttura cristallografica di alcune proteine che, come il recettore Ah, appartengono alla famiglia PAS (PerARNT-Sim), è stato inoltre possibile estendere gli obiettivi della ricerca alla modellizzazione della struttura terziaria del dominio legante del recettore Ah mediante l’utilizzo di metodologie basate sulla ricerca di omologia con proteine a struttura nota. L’individuazione dei residui aminoacidici appartenenti a tale dominio e direttamente interagenti con le PCDD consentiranno di indagare in modo diretto il meccanismo di interazione tra PCDD e recettore Ah a livello molecolare. 3. ATTIVITÀ SVOLTA E PRINCIPALI RISULTATI 3.1 Tema 2-A: progettazione di complessi a trasferimento di carica tra PCDD o molecole affini e molecole recettoriali modello e loro caratterizzazione mediante spettroscopie UV-VIS e NMR. Sulla base dell’ipotesi avanzata per via teorica, che le PCDD attive abbiano proprietà di elettronaccettori in complessi a trasferimento di carica con siti del recettore elettron-donatori, la sperimentazione è stata condotta utilizzando molecole recettoriali modello con caratteristiche di Rapporto scientifico finale Linea 2 - 2 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti elettron-donatori. La scelta di queste molecole è stata effettuata sulla base delle conoscenze allora disponibili sulle caratteristiche strutturali del recettore Ah (Burbach, 1992; Whitelaw,1993) che indicavano la presenza, nel dominio legante per le PCDD, di aminoacidi aromatici elettron-ricchi, quali il triptofano (Trp) e la tirosina (Tyr). Per evitare problemi sperimentali dovuti alle interazioni tra specie cariche in soluzione, sono state scelte molecole neutre, che sono subunità di questi aminoacidi: il 3-metil-indolo per il Trp e il p-cresolo per la Tyr. Per quanto riguarda gli accettori, sono stati utilizzati alcuni idrocarburi policiclici aromatici: dibenz[a,h]antracene, dibenz[a,c]antracene, benz[a]antracene e benz[a]pirene. Queste molecole competono con le PCDD nel binding al recettore Ah (Poland, 1976) e sono in grado di formare complessi a trasferimento di carica; per esempio, sono stati caratterizzati come accettori in complessi CT con le basi del DNA (Sharifian, 1985). Tra questi donatori ed accettori sono state selezionate alcune molecole per la sperimentazione. Ai fini della caratterizzazione dei complessi a trasferimento di carica (Charge Transfer, CT), risulta molto proficuo l’utilizzo di tecniche spettroscopiche, quali la spettroscopia UV-VIS e la Risonanza Magnetica Nucleare. In generale, lo spettro UV-VIS di un complesso CT (Balzani, 1991; Foster, 1969) presenta ancora le bande dei singoli componenti (più o meno modificate) insieme a una nuova banda di assorbimento risultante dalla transizione a trasferimento di carica, che corrisponde a un trasferimento elettronico dal donore all’accettore. Nel caso dell’interazione tra un forte elettron-donatore e un forte elettronaccettore, la banda appare a una lunghezza d’onda considerevolmente maggiore rispetto all’assorbimento dei singoli componenti. In caso di deboli interazioni CT, la banda può essere coperta da assorbimenti più forti dovuti a stati localmente eccitati del donore e/o dell’accettore. Dall’analisi dello spettro è possibile calcolare il coefficiente di estinzione molare e la costante di associazione del complesso. La Risonanza Magnetica Nucleare, NMR, fornisce evidenze qualitative e quantitative della formazione dei complessi (Foster, 1969). Ha però il limite di non distinguere i complessi a trasferimento di carica dai complessi dovuti, per esempio, a forze dipolo-dipolo indotto o a legami d’idrogeno; pertanto questa tecnica può essere utilizzata, dopo accurate verifiche sperimentali, solo come strumento complementare nella caratterizzazione dei complessi CT. Anche da queste misure è possibile calcolare il valore della costante di associazione del complesso, utilizzando metodi analoghi a quelli della spettroscopia ultravioletta. Poiché le interazioni intermolecolari coinvolte nell’associazione tra molecole esogene e il loro target biologico sono generalmente molto deboli, l’ottenimento del valore della costante di associazione del complesso dalle misure spettroscopiche presenta notevoli difficoltà. È quindi importante sviluppare metodologie per il trattamento dei dati sperimentali che consentano di ottenere valori affidabili di questa proprietà. A tale scopo, era stata precedentemente sviluppata e implementata in un codice di calcolo, in collaborazione con l’”Istituto di Chimica Quantistica ed Energetica Molecolare” del CNR, una metodologia per il trattamento dei dati spettroscopici che utilizza una procedura di minimi quadrati non lineari (Procopio, inviato (a)). Il programma minimizza lo scarto tra valori sperimentali e calcolati, variando la costante di associazione del complesso e i parametri caratteristici di ciascuna tecnica (il coefficiente di estinzione molare, per l’UV-Vis, e il chemical shift, per l’NMR) relativi allo spettro del complesso. Tuttavia, le soluzioni ottenute con questo metodo per la coppia modello Paraquat - 1,4-Dimetossibenzene erano risultate instabili. Per problemi complessi, nei quali la funzione da minimizzare è non lineare e a molte variabili, i metodi stocastici sono spesso l’unica strategia utilizzabile; tra questi, stanno assumendo particolare rilievo le strategie evolutive (Evolution Strategies, ES) che, rispetto ai tradizionali algoritmi genetici, sono significativamente più veloci e più adatte a trovare il minimo globale di una funzione a molti minimi (Price, 1997). Rapporto scientifico finale Linea 2 - 3 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Nella prima fase della ricerca, è stato elaborato e implementato un codice di calcolo che effettua la ricerca del minimo globale attraverso l’utilizzo di una particolare ES, chiamata Differential Evolution (DE). La funzione obiettivo viene espressa in termini di “funzione costo”; l’algoritmo, guidato dal “costo”, trasforma una popolazione iniziale di vettori generati casualmente in un vettore soluzione, attraverso cicli ripetuti di mutazione, ricombinazione e selezione. Questo tipo di algoritmo, oltre a essere il più adatto per questo tipo di problemi, è immediatamente trasferibile a qualunque tipo di applicazione, in quanto è indipendente da parametri specifici relativi alla tecnica utilizzata. Le soluzioni ottenute per la coppia modello Paraquat - 1,4-Dimetossibenzene sono risultate molto soddisfacenti (Procopio, inviato (a)). L’accordo tra lo spettro UV-Vis del complesso determinato sperimentalmente e quello ricostruito dai parametri calcolati con l’algoritmo DE è mostrato nella seguente Figura: 0.8 0.7 0.6 A 0.5 Abs_calc 0.4 Abs_exp 0.3 0.2 0.1 0 390 420 450 480 λ 510 540 570 600 Fig. 2-A.1 Spettro UV-Vis del complesso CT Paraquat-1,4-Dimetossibenzene sperimentale e ricostruito dai parametri calcolati con l’algoritmo DE È stata inoltre avviata la caratterizzazione dei complessi a trasferimento di carica tra PCDD o molecole affini e molecole recettoriali modello. La sperimentazione effettuata ha comportato prove UV-Vis con la coppia Dibenz[a,c]antracene – 3-Metilindolo: Dibenz[a,c]antracene Rapporto scientifico finale Linea 2 - 4 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti CH3 N H 3-Metilindolo Sono state eseguite misure UV-Vis utilizzando eptano come solvente; le concentrazioni utilizzate sono riportate nella Tab. 2-A.1: Tab. 2-A.1 - Concentrazione iniziale dell’accettore Dibenz[a,c]antracene e del donore 3-Metilindolo in eptano. n° prova 1 2 3 4 5 Concentrazioni (M) 3-Metilindolo Dibenz[a,c]antracene 2.4E-05 6.3E-06 3.7E-05 1.5E-05 7.5E-05 5.9E-06 2.4E-04 6.3E-05 5.4E-02 8.7E-04 In queste condizioni non è stata evidenziata la formazione di una nuova banda attribuibile al trasferimento di carica. Per stabilizzare lo stato eccitato del complesso e, quindi, abbassare l’energia richiesta per il charge transfer, sono stati utilizzati solventi più polari quali etanolo e dimetilsolfossido. Anche con questi solventi non è stata osservata una nuova banda; è stato anche registrato l’andamento degli spettri nel tempo, senza però rilevare differenze significative. Nella prima fase delle prove in etanolo, sottraendo la somma degli spettri dei reagenti puri dallo spettro della soluzione del complesso è stato osservato un picco. Per verificare se questo picco corrispondesse realmente alla formazione di un complesso CT, sono stati registrati spettri UV-Vis di soluzioni nelle quali uno dei due reagenti era mantenuto a concentrazione costante. I risultati sono riportati nella parte inferiore della Tab. 2-A.2; ciascuna concentrazione di 3-Metilindolo è stata “incrociata” con tutte le concentrazioni di Dibenz[a,c]antracene. I risultati indicano che l’assorbanza di questo picco non varia in maniera significativa al variare della concentrazione dei reagenti e, pertanto, non è interpretabile come banda CT. Rapporto scientifico finale Linea 2 - 5 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Tab. 2-A.2 - Concentrazione iniziale dell’accettore Dibenz[a,c]antracene e del donore 3-Metilindolo in etanolo. n° prova 6 7 8 9 10 11 12-15 16-19 20-23 24-27 28-31 Concentrazioni (M) 3-Metilindolo Dibenz[a,c]antracene 3.4E-06 3.2E-06 5.0E-04 3.2E-06 5.0E-04 5.0E-04 1.9E-01 5.0E-04 7.5E-01 5.0E-04 8.6E-01 5.0E-04 6.6E-01 2.8E-04 1.3E-01 0.7E-04 6.6E-02 2.8E-05 2.6E-02 1.4E-05 2.1E-03 Le concentrazioni utilizzate per il 3-Metilindolo e per il Dibenz[a,c]antracene in dimetilsolfossido sono riportate in Tab. 2-A.3. Tab. 2-A.3 - Concentrazione iniziale dell’accettore Dibenz[a,c]antracene e del donore 3-Metilindolo in dimetilsolfossido. N° prova 32 33 34 35 Concentrazioni (M) 3-Metilindolo Dibenz[a,c]antracene 1.8E-02 3.0E-03 6.6E-01 4.6E-04 9.3E-01 3.0E-03 9.6E-01 6.7E-03 Sono state eseguite quindi prove a diverse temperature utilizzando come solvente l’etanolo: gli spettri di una soluzione ottenuta mescolando una soluzione satura di Dibenz[a,c]antracene e una soluzione contenente una concentrazione di 0.096 M di 3-Metilindolo sono stati registrati a + 20° C, +10° C, 0° C, -5° C, -10° C; ancora, in nessun caso si evidenzia la comparsa di una nuova banda CT. Questi risultati hanno due possibili interpretazioni: (i) la banda CT potrebbe essere nascosta dalle bande dei reagenti, e questo significa che non siamo nelle condizioni “ideali” per la rivelazione, ovvero con questa coppia e con questa tecnica non si può evidenziare la formazione del chargetransfer; (ii) il complesso CT tra queste due molecole non si forma affatto, e questo potrebbe essere dovuto al fatto che il triptofano non è direttamente coinvolto nel binding, oppure che il modello 1:1 Rapporto scientifico finale Linea 2 - 6 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti tra un legante e un aminoacido è troppo semplificato per modellare un’interazione recettore-legante che potrebbe essere molto più complessa. Sulla base dei risultati ottenuti in questa fase della sperimentazione è emersa la necessità di una progettazione più mirata del modello sperimentale, che richiede un ampliamento delle conoscenze sulla cavità di binding del recettore Ah al fine di individuare gli aminoacidi direttamente interagenti con le PCDD. 3.2 Tema 2-B: calcolo, mediante i metodi della meccanica quantistica, di proprietà molecolari rilevanti ai fini della formazione dei complessi a trasferimento di carica: potenziali di ionizzazione e affinità elettroniche. La relazione teorica esistente tra l’energia della banda di trasferimento di carica, ottenuta mediante spettroscopia UV, il potenziale di ionizzazione (IP) del donore e l’affinità elettronica (EA) dell’accettore (Balzani, 1991) consente di prevedere, utilizzando i valori di IP ed EA calcolati con i metodi della meccanica quantistica, l’ordine relativo dell’energia della banda CT all’interno di una serie di complessi tra una PCDD e diversi donatori ovvero tra diverse PCDD e un donatore. Un’analisi preliminare ha indicato che i valori delle EA e dei IP delle PCDD sono fortemente dipendenti dal metodo computazionale adottato; i problemi maggiori si sono presentati nel calcolo delle EA. Nella prima fase della ricerca è stato quindi messo a punto un metodo di calcolo in grado di fornire valori affidabili delle EA delle PCDD. In generale, il calcolo ab initio della EA richiede un trattamento adeguato della correlazione elettronica e l’utilizzo di basis set estesi, che includano funzioni diffuse. Inoltre, i radicali anioni di alcune PCDD sono risultati anioni “temporanei” o “metastabili”, ossia sistemi instabili rispetto a fenomeni di electron detachment. Il calcolo di energie accurate per anioni di questo tipo rappresenta una notevole sfida per i tradizionali metodi ab initio (Simons, 1987); particolare attenzione deve essere rivolta allo sviluppo e alla ottimizzazione di basis set adeguati per questo tipo di sistemi. I risultati ottenuti su sistemi modello indicano che l’utilizzo di funzionali DFT che includono gli effetti di correlazione elettronica, in particolare del funzionale B3LYP, e di un basis set sviluppato ad hoc, ottenuto ottimizzando gli esponenti delle funzioni diffuse rispetto a valori sperimentali di EA, porta a valori affidabili di EA per molecole con anioni metastabili. Nel basis set sviluppato, le regioni di core e di valenza sono descritte a livello 6-311G(d,p); a queste funzioni sono state aggiunte le funzioni diffuse del basis set 6-311++G(d,p) su tutti gli atomi eccetto quelli di carbonio, e una shell di funzioni diffuse di tipo sp, centrata sugli anelli aromatici. L’ottimizzazione degli esponenti delle funzioni diffuse per gli anelli aromatici è stata inizialmente condotta (Bonati, 1997) utilizzando il clorobenzene (sistema con un anione altamente metastabile) e il 2-cloroantracene (sistema con un anione stabile), per i quali sono disponibili i valori sperimentali delle EA in fase gassosa. A ulteriore conferma della affidabilità del metodo di calcolo proposto per le EA, è stato inoltre effettuato (Bonati, 1998, 1999) uno studio sistematico di questa proprietà su un insieme di composti aromatici le cui strutture sono subunità dello scheletro molecolare delle PCDD: benzene, clorobenzene, anisolo, difeniletere, Dibenzo-p-Diossina. Come valori di riferimento sono stati utilizzati i valori sperimentali di EA in fase gassosa ottenuti tramite spettroscopia di trasmissione elettronica (Electron Transmission Spectroscopy, ETS), misurati, nei casi in cui non erano reperibili in letteratura, presso l’Istituto Chimico “G. Ciamician” dell’Università di Bologna. I valori di EA ottenuti, riportati in Tab. 2-B.1, mostrano un ottimo accordo con i dati sperimentali. Rapporto scientifico finale Linea 2 - 7 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Tab. 2-B.1 - Valori calcolati e valori sperimentali di EA. Valori di EA (eV) Calcolati sperimentali Benzene -0.94 -1.12 Clorobenzene -0.76 -0.75 Anisolo -0.89 -1.13 Difeniletere -0.75 -0.72 Dibenzo-p-diossina -0.73 -0.68 Sulla base della ricerca condotta è quindi possibile concludere che la metodologia sviluppata è in grado di fornire previsioni accurate dei valori assoluti di EA per i sistemi che presentano anioni metastabili. Le fasi successive della ricerca avrebbero comportato il calcolo dei valori di IP ed EA per le molecole elettron-donatrici e accettrici coinvolte nei complessi CT modello e la ricerca di correlazioni con le energie delle bande CT ottenute sperimentalmente. A seguito dei risultati insoddisfacenti ottenuti nella sperimentazione sui primi complessi modello analizzati (vedi Tema 2A), questi calcoli sono stati rinviati, privilegiando l’attività relativa alla individuazione dei residui aminoacidici presenti nella cavità di binding del recettore Ah e coinvolti nel binding alle PCDD (Tema 2-C). 3.3 Tema 2-C: sviluppo di un modello teorico della struttura tridimensionale del dominio di binding al legante del recettore Ah e individuazione dei possibili siti di interazione delle PCDD. Fino ad ora erano disponibili nella letteratura internazionale poche informazioni sulle caratteristiche strutturali del recettore Ah. Era noto che sia il recettore Ah che la proteina ARNT appartengono alla famiglia di proteine PAS (Per-ARNT-Sim) (Hahn, 1998) e che nel recettore Ah sono presenti due domini PAS (PAS-A e PAS-B), ciascuno di circa 110 aminoacidi, separati da una sequenza di circa 50 aminoacidi. Per una specie di topo, il dominio coinvolto nel binding al legante è stato individuato tra gli aminoacidi 230 e 397, una regione che comprende il dominio PAS-B (Fukunaga, 1995). Successivamente, la struttura della proteina PYP (photoactive yellow protein) determinata per diffrazione di raggi X (Pellequer, 1998) è stata proposta come prototipo strutturale della famiglia PAS. Solo recentemente è stata determinata la struttura cristallografica di altri due domini PAS: il potassium channel umano HERG (Cabral, 1998) e il dominio di binding per l’eme del sensore dell’ossigeno FixL (Gong, 1998). Sulla base di queste conoscenze è stato possibile generare un modello per il dominio di binding al legante (ligand binding domain, LBD) del recettore Ah del topo (mouse Ah receptor, mAhR). Il modello è stato sviluppato (Procopio 1999a, 1999b, inviato (b)) in collaborazione con l’Istituto di Ricerca di Biologia Molecolare P. Angeletti (IRBM) di Pomezia, utilizzando metodologie per la predizione di struttura delle proteine. Rapporto scientifico finale Linea 2 - 8 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti 3.3.1 Predizione della struttura del recettore Ah L’applicazione di una tecnica per la ricerca di omologia tra sequenze proteiche (PSIBLAST: Altschul, 1997) ha rivelato numerose omologie tra il dominio di binding al legante del mAhR e molte altre proteine PAS. Tra queste sono presenti le tre proteine per le quali sono note le strutture dei domini PAS: PYP, HERG e FixL. In Fig. 1 è riportata una rappresentazione schematica di queste strutture. Nonostante il basso livello di identità di sequenza, la sovrapposizione delle tre strutture (Fig. 1d) rivela una elevata conservazione degli elementi strutturali caratteristici: un β-sheet costituito da cinque strands antiparalleli, con ai due lati α-eliche. Nonostante tutti e tre i domini appartengano a proteine coinvolte in processi di trasmissione del segnale, che si ritiene avvengano mediante interazioni proteina-proteina, esse hanno sviluppato meccanismi abbastanza diversi per svolgere questa funzione. Mentre in HERG il dominio PAS non lega alcun legante (Cabral, 1998), sia il dominio PAS di FixL che la proteina PYP sono attivate da leganti: in FixL il binding dell’ossigeno all’eme controlla l’attività di un dominio istidina-chinasi (Gong, 1998); in PYP, a seguito del legame con il cromoforo p-idrossicinnamolo, avviene un cambiamento conformazionale locale (Pellequer, 1998). La maggiore differenza conformazionale di FixL risiede nel cosiddetto helical connector, ossia nella lunga elica centrale, che risulta spostata di circa 7 Å rispetto alla posizione che assume negli altri due domini (Fig 1d), consentendo così l’alloggiamento del gruppo eme (Gong, 1998). Mentre il core idrofobico dei tre domini è ben consevato, due residui nascosti di FixL differiscono significativamente in dimensioni rispetto agli equivalenti residui in PYP e HERG, ancora favorendo il binding all’eme. Sia la struttura di FixL che quella di PYP sono note sia nello stato inattivo che in quello attivo per la trasmissione del segnale. Nel caso di PYP, i cambiamenti conformazionali avvengono vicino al cromoforo p-idrossicinnamolo e sono trasmessi alla superficie della proteina soprattutto attraverso il cromoforo e il residuo Arg52 (Pellequer, 1998). In FixL, si ritiene che i gruppi propionato dell’eme trasmettano il segnale della transizione di spin traducendo l’aumento di planarità dell’anello porfirinico in un cambiamento conformazionale nella regione della proteina che segue l’helical connector (Gong, 1998). Le regioni coinvolte nella trasmissione del segnale sono quindi collocate, sia in PYP che in FixL, alle due estremità dell’elica centrale; questo sottolinea l’importanza di questa regione e dei loops ad essa adiacenti come elementi strutturali critici per l’azione regolatrice del dominio PAS (Pellequer, 1999). In assenza di una buona omologia di sequenza con i template, la predizione della struttura secondaria può avere un ruolo determinante non solo nel riconoscere e distinguere i possibili template strutturali, ma anche nel refinire l’allineamento. Per questo passaggio è stato utilizzato l’algoritmo di predizione disponibile on-line attraverso il JPRED Web-server (Cuff, 1998). In Fig. 2 è riportato il consensus ottenuto per i residui 230-397 del LBD del mAhR e le strutture secondarie identificate ai raggi X per i tre template. L’accordo tra le strutture secondarie predette e osservate è soddisfacente. Per ottenere l’allineamento finale, riportato nella Fig. 2, tra la sequenza da modellare e i possibili template strutturali sono state utilizzate tutte le informazioni disponibili nel modo più consistente possibile: (i) l’allineamento basato sulla similarità di sequenza; (ii) la struttura secondaria predetta per il LBD di mAhR; (iii) la struttura secondaria osservata di FixL, HERG e PYP; (iv) l’allineamento strutturale delle proteine cristallizzate e le corrispondenti strutture secondarie predette. Data la differenza nella risposta alle PCDD del recettore Ah nelle diverse specie, la conservazione di alcuni residui nel LBD del recettore Ah del topo in recettori di altre specie potrebbe indicare Rapporto scientifico finale Linea 2 - 9 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti residui chiave essenziali per il binding. In aggiunta al LBD di Ah del topo e ai template strutturali FixL, PYP ed HERG, nel processo di allineamento sono state quindi incluse anche le seguenti sequenze di AhR: il recettore Ah umano, con affinità per la 2,3,7,8-TCDD sei volte inferiore ad Ah del topo (Ema, 1994); l’ortologo AhR-1 di Caenorahabditis Elegans (AhR-1 C.E.), che non lega le PCDD (Powell-Coffman, 1998); AhR α e β della trota arcobaleno che legano la TCDD (Abnet, 1999); AhR del Microgadus Tomcod, che è attivato dalla TCDD (Roy, 1997). Per confronto, nella Fig. 2 sono mostrate anche alcune sequenze della proteina ARNT. A causa del basso livello di conservazione della sequenza aminoacidica, la relazione tra la sequenza target e i possibili template è stata stabilita manualmente. Gli allineamenti di sequenza multipli e la struttura secondaria predetta dei recettori Ah sono stati allineati con gli allineamenti multipli (e le associate strutture secondarie predette) generate per i template. Durante questo processo è stata ottimizzata la conservazione sia degli elementi di struttura secondari, sia del carattere aminoacidico (idrofilicità/idrofobicità). Tutti gli allineamenti sono stati effettuati utilizzando il programma di visualizzazione interattiva SEAVIEW (Galtier, 1996). A causa della più stretta omologia funzionale (interazione non covalente con un legante) è stato scelto FixL come template di partenza per il modelling. Questa decisione è stata supportata anche dall’osservazione che, rispetto a HERG e PYP, in FixL l’helical connector è più lontano dal β-sheet (Fig 1) per permettere l’accomodamento dell’eme, una situazione che si suppone sia presente in modo simile anche in AhR. La sequenza del mAhR corrispondente ai residui 275-380 è stata quindi inscritta sul template strutturale FixL in accordo all’allineamento in Fig 2, e successivamente sono state effettuate le necessarie delezioni e modellate le inserzioni, a partire dal database di frammenti implementato nel software INSIGHTII (Molecular Simulation Inc., 1998). Le catene laterali dei residui sostituiti sono state ottimizzate con il software SCWRL (Dunbrack, 1993, Bower, 1997), la geometria del modello risultante è stata regolarizzata con WHAT IF (Vriend, 1990) e poi analizzata senza ulteriori modificazioni. Il modello ottenuto (Procopio 1999a, 1999b, inviato (b)) è riportato nella Fig. 3a. 3.3.2 Modello del riconoscimento molecolare delle PCDD da parte del recettore Ah Come risulta evidente dalla Fig 3, la più notevole differenza conformazionale tra il modello del mAhR e il template FixL è la posizione relativa dell’helical connector che è spostato più vicino al β-sheet, riducendo la grandezza dell’entrata della cavità di binding. Questa posizione, intermedia tra quella osservata in HERG e in FixL è ben correlata con il ruolo funzionale del core idrofobico delle tre proteine: mentre HERG non presenta attività di binding, AhR modellato lega le PCDD e FixL deve accomodare il cofattore eme, notevolmente più largo. Una valutazione dei residui di mAhR in posizioni corrispondenti a quelle importanti per il binding dell’eme in FixL supporta la validità del modello ottenuto. Per facilitare il confronto, nelle Fig. 3c e 3d sono riportate le cavità di binding di mAhR e FixL; la prima è ottenuta dal modello di mAhR, inserendo la 2,3,7,8-TCDD con il piano molecolare in una posizione simile a quella del piano dell’eme in FixL. Le Glicine 224 e 251 nel core idrofobico di FixL corrispondono alla Leu 347 e alla Ala 375 in AhR; in AhR si riduce quindi l’ampiezza della cavità, in accordo con i dati di mutagenesi sito-specifica che identificano il residuo Ala 375 come critico per l’attività di binding del legante (Abnet, 1999). È interessante notare che esiste una buona correlazione tra le dimensioni della catena laterale in questa posizione e le dimensioni del legante: mentre quest’ultimo decresce passando da FixL ad AhR e poi a HERG, la corrispondente catena laterale cresce in dimensioni (dalla Gly 251 alla Ala 375 fino alla Leu 127). Inoltre, anche AhR umano e AhR-1 di C.E., entrambi con una ridotta affinità per le PCDD, hanno una catena laterale di dimensioni maggiori in questa posizione (Val e Ala, rispettivamente), che ingombra maggiormente la cavità. Rapporto scientifico finale Linea 2 - 10 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Il residuo che coordina lo ione Fe nell’eme di FixL, His 200, è sostituito dalla Cys 327 in tutti i recettori Ah escluso AhR-1 C.E., dove è presente una Ala. Il gruppo SH nella cisteina potrebbe comunque mantenere il ruolo dell’istidina permettendo interazioni elettrostatiche favorevoli con una regione elettron-povera sul legante. All’entrata della cavità di FixL, la Arg 220 che lega un gruppo propionato dell’eme è sostituita da una Thr in tutte gli AhR, eccetto AhR umano e AhR-1 C.E. che hanno una isoleucina e una leucina, rispettivamente. Mentre il gruppo metilico CG2 della Thr può mediare le interazioni idrofobiche con il legante, sia la isoleucina che la leucina bloccherebbero parzialmente l’entrata e ridurrebbero l’affinità. Nessuno di questi residui presenti nelle diverse proteine Ah è conservato nella proteina omologa ARNT (Fig 2) che non presenta attività di binding. Informazioni addizionali sul meccanismo di binding PCDD-AhR possono essere dedotte analizzando il meccanismo proposto per la traduzione del segnale in FixL. In questo caso, la His (o Arg) in posizione 214 è stata proposta come il residuo chiave (Pellequer, 1999). Il gruppo eme, diventando più planare, spingerebbe via questo residuo inducendo un cambiamento conformazionale. Il secondo residuo importante in questo meccanismo è la Arg 206; la conformazione della catena laterale di questo residuo influenzerebbe quella della Asp 212, che determina il grande cambiamento conformazionale di FixL nel passaggio da forma non legata a forma legata (Pellequer, 1999). È interessante notare che la Arg 206 e la Thr 210 di FixL sono conservate nel mAhR (Arg 333 e Thr 337) e che l’Asp 212 è sostituito da un aminoacido simile, il Glu 339. Questi tre residui sono conservati in tutti i recettori Ah e non sono presenti in altre proteine PAS analizzate. Quindi, per analogia con il meccanismo di FixL, è concepibile che, una volta legata la PCDD, l’Arg 333 in mAhR venga coinvolta nell’interazione con gli atomi di cloro del legante e rompa il legame di idrogeno con il Glu 339, inducendone un cambiamento conformazionale. Complessivamente, i residui che potrebbero mediare interazioni chiave nel complesso PCDD-AhR sono: la Ala 375, le cui dimensioni influenzano l’accomodamento del legante; la Cys 327 che può interagire con la regione elettrofila centrale delle TCDD (Bonati, 1994, 1995); la Thr 343 che potrebbe stabilizzare il complesso attraverso interazioni idrofobiche; la Arg 333, all’entrata della cavità, che potrebbe guidare la TCDD verso il proprio sito di binding attraverso una interazione elettrostatica a lungo raggio e, interagendo con gli atomi di cloro della TCDD, potrebbe promuovere un meccanismo di traduzione del segnale simile a FixL, attraverso la Glu 339. Nella Fig. 3c sono evidenziati altri tre residui: la Arg 282, la Phe 345 e la Gln 377. Mentre la Arg 282, sostituita dalla Gln in alcuni recettori Ah e orientata verso il sito clorurato della TCDD, potrebbe contribuire al binding attraverso interazioni elettrostatiche o legami idrogeno, la Phe 345 potrebbe essere coinvolta in una interazione aromatico-aromatico con la TCDD. La Gln 377, caratteristica di tutti i recettori e non presente in altre proteine PAS, potrebbe formare legami ad idrogeno con atomi di cloro nella posizione ipotizzata per la TCDD nella cavità. Il modello ottenuto (Procopio 1999a, 1999b, inviato (b)) riesce a combinare diverse informazioni sperimentali e teoriche in modo consistente e conferma una forte conservazione nel meccanismo di trasmissione del segnale all’interno della famiglia PAS. Pertanto riteniamo che tale modello sia sufficientemente accurato per fornire una plausibile ipotesi per il riconoscimento delle PCDD da parte del recettore Ah. L’ipotesi avanzata potrà essere verificata successivamente, dal punto di vista sperimentale, mediante prove di mutagenesi sito-specifica dei residui proposti per l’interazione AhR-PCDD e, dal punto di vista teorico, mediante calcoli dell’energia di interazione legante-recettore che permettano di definire più accuratamente la posizione del legante nella cavità. Rapporto scientifico finale Linea 2 - 11 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Fig. 2C-1 Rappresentazione schematica della proteina PYP (b) e dei domini PAS di HERG (a) e FixL (c) ottenuta con il software RIBBONS. Sovrapposizione delle tre strutture (d) ottenuta con il software INSIGHII Rapporto scientifico finale Linea 2 - 12 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti 280 AhR LBD mouse AhR trout α AhR human AhR-1 C.E. AhR tomcod AhR trout β ARNT human ARNT rat ARNT mouse 290 R T K T I G C D A K G Q L I 310 L G Y T E V E L C T R G A S E D M I L K T K H Q L D G A L V S M D Q K V Y E M L E I R T K T I D E T D L P M P L S G Y Q F I E G I F T F V D H R C V A T V G Y Q P Q E L L G K N I V E F C D M S N I E G I F T F V D H R C V A T V G Y Q P Q E L L G K N I V E F C I D I L E F C E F I S R H N I D M S G M E F L S R H N S D G I E EE E E L A F G A I Q L D G D G I I EE T G R D P K Q V I G K N F F K D V A P C T Y C N D G F C E L C G Y S R A E V M Q R P C 340 L H C A E S H I R M I T C D F L E E 330 H A A D I E V N I L M E E A N A R V E N C A V I 320 G Y Q P Q D L L G K E E L Q Y N A A E G D I EE E EE EE E S V I E EEE Q L F S T A A E R L F G WS E L E A I G Q N EE G N I E E EE EE S R K F I I T F V D P R C I E E E E E E EE EE HERG HERG X-ray K T G E 350 360 S G M T V F R L L A K H S R WR W V Q S N A R L I H A A D M M F C A D N H V R M I K T G E S G L T T F R L L Q K T G C WV W V Q A N A R L V H A A D M L Y C A E S H I R M I K T G E S GM I H V E D A V C M A E A H K E A I K N G S S GL L V Y R L V T K T R R T Y F V Q S S C R M F V F R L L T K N N R WT W V Q S N A R L L H A A D M M Y C A D N H L R M I K T G E S G L T V F R L L S K S S G WV W V Q A N A K L V H A A D M M Y C A D N H V R M I K T G E S G L T T F R L L Q K T G C WV W V Q A N A R L V H P E D Q Q L L R D S F Q Q V V K L K G Q V L S V M F R F R S K N Q E WL W M R T S S F T F H P E D Q Q L L R D S F Q Q V V K K G Q V L S V M F R F R A K N R E WL W M R T S S F T F H P E D Q S H L R E S F Q Q V V K K G Q V L S V M Y R F R T K N R E WL L I AhR LBD JPRED E S R Y R T T S D P H I FixL X-ray I N L N T M F E Y T F D Y E EEE EEE E H G P C T Q R R A A A Q I A Q A L L G A HERG X-ray E E R K V E I 370 380 I G R P D F I I A R Q R A L L N S E G E E H L R Q R K M E L P G R P D Y I I V T Q R P L T D E E G T E H L R K R N T K L P Y K N S K P E S I G L T H R L L N E V E G T M L L E K R Y K G G R P D F I I Y K G G R P D F I I A R Q R A L L N S E G E E H L R Q R K M E L P Q N P Y S D E I E Y I I C T N T F I C T N T N V K N S C T N T N V K Q L FixL X-ray EE PYP L S G D V D V V P V EE E E E EE E EE E S T L K A R Q R A L V N A E G E E H L R Q R R L Q L P Q N P Y S D E I E Y V I Q S G EE E E EE E EE 390 Y K G AhR LBD JPRED E EE E E E EE E EE E A T Q R P L T D E E G R E H L Q K R S T S L P Y K N Q N P Y S D E M S I G E M Q M T P T K V K V H M K K A A F Y R K D G S C F L C L EEE EEE E E G R P D Y I EE E G I G R I V T G K R R D G T T F P M H L S I E EEE E E D S P E F Y G K F K E G V A S G Y R N R T S S F T F EE E E E P E P D R S R H D S Y I PYP PYP X-ray FixL Y N L V S G Y Q F I F F Q T K H K L D F T P M G V D A R G K V V L G Y S E M E L C M R G PYP PYP X-ray AhR LBD mouse AhR trout α AhR human AhR-1 C.E. AhR tomcod AhR trout β ARNT human ARNT rat ARNT mouse S G Y Q F I V C Q P T E F I S R H N I I P D A M I V I D G H HERG S G Y Q F I G C D A K G R I V L G Y T E A E L C T R G R A K T L I F Q T K H Q L D F T P M G I D N R G K V V L G Y S E L E L C M R G FixL FixL X-ray FixL S G Y Q F I F F Q T K H K L D F T P M G V D A R G K V V L G Y S E M E L C M R G R T K N F I F R T K H K L D F T P I AhR LBD JPRED AhR LBD mouse AhR trout α AhR human AhR-1 C.E. AhR tomcod AhR trout β ARNT human ARNT rat ARNT mouse 300 R T K N F I F R T K H K L D F T P I E E E E E EE G E P Y F T G F V R D L T E H Q Q T Q A R L Q E L Q EE E E E E EE EE . S Y W V F V K R V Fig. 2C-2 Allineamento delle sequenze e delle strutture secondarie predette per alcuni recettori Ah con i tre template, corredati dall’informazione strutturale derivata dalla Protein Data Bank (FixL: 1bv6.pdb; PYP: 2phy.pdb; HERG: 1byw.pdb). Eliche e β-strands sono rappresentati in bianco e nero. La convenzione adottata per la colorazione degli amino-acidi è la seguente: rosso: acidi; blu: basici; violetto: polari; giallo: Cys; marrone: aromatici; verde: idrofobici; arancione: con gruppi ossidrilici; verdastro: Met; grigio: Pro; bianco:Gly. Rapporto scientifico finale Linea 2 - 13 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti Fig. 2C-3 Modello del dominio legante di mAhR (a); dominio PAS di FixL (b); modello proposto per il binding di AhR alle PCDD (c) e, per confronto, posizione del legante nella cavità di binding di FixL (d). Rapporto scientifico finale Linea 2 - 14 Impatto ambientale termodistruzione rifiuti 4. BIBLIOGRAFIA Abnet C.C., Tanguay R.L., Hahn M.E., Heideman W., Peterson R.E., J. Biol. Chem., 274, 15159 (1999). Altschul S.F., Madden T.L.,. Schäffer A.A, Zhang J., Zhang Z., Miller W., Lipman D.J. Nucleic Acids Res., 25, 3389 (1997). Balzani V., Scandola F., “Supramolecular Photochemistry”, Ellis Horwood Limited, 1991. 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