Mi sento come fare sesso

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Mi sento come fare sesso
L’ultima notte.
Atto unico di Alessandro Iori
Personaggi:
Un uomo
Una prostituta
Scena:
Camera da letto.
Sinossi:
Un uomo molto ricco e che ha avuto tutto dalla vita, decide di chiamare una
prostituta la notte prima di essere operato di cancro al cervello. La paura di morire
l’indomani sotto i ferri, però, gli impedisce di avere un rapporto intimo con lei. Così i
due si trovano a parlare delle loro vite in un confronto tra umanità, culture ed
esperienze diverse.
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U.: (Al telefono): Lo so, domani ci sarò, alle 12,30, sì alle 12,30 in punto…. Sono
pronto. No, è tutto ok, Bussano alla porta, ora però, devo aprire la porta, è arrivata
la persona che aspettavo. Ok, a domani. Va ad aprire la porta.
U.: Buonasera.
P.: Buonasera, è qui vero che dovevo venire?
U.: Esattamente…prego si accomodi, vuole qualcosa da bere?
P.: No grazie, posso restare solo una mezz’oretta, l’hotel è pieno di gente che mi
aspetta, quindi preferirei non perdere tempo. Oltretutto se bevessi con tutti i
clienti cui tengo compagnia diverrei alcolista in poco tempo.
U.: Come vuole.
P.: Può darmi del tu, se vuole.
U.: Solo se ce lo diamo a vicenda.
P.: Ok, come credi.
La prostituta comincia a strofinarsi contro di lui ed a sedurlo fino a finire entrambi
a letto. Qui lei continua a tentare di portarlo all’eccitazione, ma invano, finché:
U.: Lascia stare, è inutile, ho altro per la testa, stasera.
P.: Calmati, capita a tutti, se vuoi ne parliamo.
U: Con chi, con te? Ma ti pare che vado a raccontare i miei pensieri ad una
prostituta? Cosa puoi capirne tu! A te basta prendere i soldi, sei qui per questo, no?
Dai, ti pago lo stesso e la chiudiamo qui…è andata così, chi se ne frega! Almeno tu
avrai guadagnato tempo e denaro…
P.: Aspetta, aspetta! Ma per chi mi hai preso, per una ladra? Io sono qui per fare il
mio lavoro e se tu non riesci a stare con me potrebbe essere colpa mia, quindi
calmati e ci riproviamo. Non mi va di prendere denaro senza aver fornito la
prestazione per cui ho diritto di essere pagata.
U.: Ti ringrazio per la gentilezza, ma la colpa non è tua, sono io che ho la testa
invasa da mille pensieri.
P.: Parlamene, magari ti sfoghi e poi, una volta rilassato, riesci a stare con me!
So ascoltare, sai? Sapessi quanti clienti vengono da me anche per sfogarsi! Mi
parlano di mogli da cui non si sentono capiti, di figli che li ignorano, di problemi sul
lavoro, insomma, di tutto di più! (Ridendo) A volte mi sento più una psicologa che una
prostituta!
U.: E chi ascolta te?
P.: (Dopo un attimo di silenzio) Non è importante, non ho granché da dire!
U.: Non hai bisogno dell’aiuto di nessuno, tu, eh? Proprio come me.
P.: Per la verità, avrei bisogno dell’aiuto del mondo intero, ma non mi ha mai aiutato
nessuno! Beato te che pensi di non averne!
U.: Sincerità per sincerità, solo Dio, se c’è, può aiutarmi veramente, a questo punto!
P.: Che intendi dire?
U.: Che questa potrebbe essere la mia ultima notte di vita.
P.: Lo dici per spaventarmi?
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U.: A che pro? Per impietosirti e non pagarti? No, non sono i soldi che mi mancano,
anzi, per la verità, non mi sono mai mancati. E’ la mia stessa vita che è in gioco.
P.: Che vuoi dire?
U.: Che domani mi opereranno di cancro al cervello e chi mi opererà non sa se
sopravviverò all’intervento, tutto qui.
P.: Ma è terribile!
U.: Morire? No, non è questo che mi spaventa, sono preparato da mesi all’idea e non
me ne importa ormai più di tanto. Quando soffri come soffro io, quando ti prendono
gli attacchi, speri di andartene al più presto. A volte pensi di farla finita subito,
tanto che senso ha aspettare la morte? Ma poi un pensiero ti blocca e ti dà il
coraggio di non mollare, la speranza di farcela, di poter continuare a vivere, di
poter ricominciare a vivere, magari una vita diversa da quella che hai avuto. Una vita
migliore e degna di essere vissuta. Già, degna di essere vissuta, perché ciò che ti
distrugge dentro è la consapevolezza che la tua vita non sarà servita a niente. Sarai
transitato su questa terra come un’ombra, di te non resterà traccia né memoria…e
pensare che hai avuto dal destino tutto ciò che un uomo possa desiderare e non hai
mai fatto niente per ringraziare Dio, la fortuna, la sorte per ciò che ti aveva
regalato. Forse è per questo che merito di morire senza che nessuno se ne accorga.
P.: Se può consolarti, neanche io ritengo di passare alla storia ed affronto ogni
giorno della mia vita come se fosse l’ultimo. Ma, scusa, perché mi hai chiamato?
Perché hai chiamato una prostituta, in una notte come questa?
U.: Non lo so, forse per fare una cosa che non avevo mai fatto, dato che non ne ho
mai avuto bisogno. Ho avuto molte donne sai? Magari saranno venute con me solo
perché sono ricco, ma mai le ho pagate come si paga una prostituta, cioè per la mera
prestazione sessuale, anche se tra cene, regali, ecc. mi saranno costate di certo
molto di più. E poi, non ho amici né parenti, mai avuto mogli né figli. I miei genitori
sono morti che ero un bambino, mi hanno lasciato un’eredità immensa ed ho avuto un
tutore onesto. Non ho mai avuto bisogno nemmeno di lavorare per vivere! Insomma,
una vita stupenda quanto inutile!
P.: Che strana situazione, io, invece non ho mai avuto niente. Sono cresciuta in un
orfanotrofio e, una volta uscita, mi sono innamorata di un tale che mi ha messo
incinta e mi ha abbandonata. Non ce l’ho fatta ad abortire e così ora devo
mantenere mia figlia con le mie sole forze. Per questo faccio la prostituta.
U.: Ma potresti fare la cameriera, se volessi!
P.: Certo, ma non potrei offrire a mia figlia ciò che io voglio per lei, tutto ciò che io
non ho mai avuto. Non voglio le manchi niente, non riesco ad immaginare la sua vita
come la mia. Lei una madre ce l’ha ed avrà un futuro diverso dal mio. L’ho giurato a
me stessa quando ho preso la decisione di farla nascere.
U.: Beh, almeno tu verrai ricordata da qualcuno!
P.: Se non mi odierà quando scoprirà che sono una puttana!
U.: Ma per lei!
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P.: Ah! Non sempre i figli sono capaci di capire i sacrifici che i genitori affrontano
per loro! Sono molto più bravi a giudicarli!
U.: Allora perché ti sacrifichi per lei?
P.: Perché l’amo, non basta?
U.: Non lo so, non ho mai amato nessuno.
P.: Ma dai, neanche una delle tue mille donne?
U.: No, sono state meteore che hanno attraversato per brevi attimi il mio dorato
universo! Non sono mai durate abbastanza a lungo perché potessi affezionarmi a
loro o loro a me.
P.: Ma una cotta giovanile l’avrai avuta, no?
U.: Impossibile, la mia infanzia è trascorsa in un costosissimo collegio di soli maschi
che mi ha lasciato solo una gran voglia di fare sesso appena ne fossi uscito. E così è
stato.
P.: Beh, magari è stato meglio così. Se penso come mi ha ridotta il mio unico amore!
U.: Ma non è di questo che mi dispiace. Donne ce ne sono state, e tante, quindi, in
fondo, va bene così. Ciò che mi fa male, all’idea di morire, sono i sogni.
P.: In che senso, i sogni?
U.: Certo, non posso sognare più. Sono costretto da mesi a sopravvivere giorno per
giorno, sperando continuamente che non parta un attacco, che la mia testa non
scoppi di dolore, che non debba prendere la morfina per attenuarlo. La morfina mi
toglie coscienza, non mi permette di sentirmi vivo, mi uccide lentamente. Ho sempre
il terrore di non averla accanto a me, è diventata un incubo cui non posso fare a
meno. Con queste premesse, c’è ben poco da sognare per il futuro! Insomma sono
una persona senza un passato degno di essere ricordato e senza la speranza di un
futuro. Ho sprecato il tempo che mi è stato dato e non ho più tempo per rimediare.
P.: Anche io, in fondo, sono come te. Un passato ed un presente di umiliazioni e
dolore ed un futuro privo di speranze, se non per mia figlia. Con la consapevolezza
che, quando sarà cresciuta, a me non resterà il tempo per cominciare un’altra vita.
Una vita degna d’essere vissuta, come dici tu. Sarò distrutta dal mio passato, a quel
punto, e, magari, respinta da lei. A nessuna donna piace l’idea di essere una figlia
di…
U.: Piantala, per me sei eroica per ciò che fai.
P.: Grazie, ma tu, alla fine, sei solo uno dei miei tanti clienti che, forse, non vedrò
mai più.
U.: Vero, ma ora sono qui, accanto a te, nudo fuori a denudarmi dentro, come te.
P.: Ma entrambi privati dal destino della possibilità di sognare.
Si abbracciano.
P.: Mi piacerebbe far l’amore con te.
U.: Solo per correttezza professionale?
P.: No, per provare calore, tenerezza, abbandono. A me non capita mai, sai?
U.: Neanche a me.
Fanno l’amore?
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P.: E’ strano che io stia in quest’intimità con un cliente, non dovrei.
U.: Perché?
P.: Perché il mio mestiere non lo prevede, semplice! Hai dimenticato che, per i
clienti di quest’albergo io sono solo una “coperta”? Così mi chiamano quando
chiamano il centralino e chiedono di me. Non è stato così anche per te? Non hai
chiesto anche tu che ti venisse mandata una “coperta”, magari accentuando il suono
della parola per far capire che non avevi freddo ma voglia di far sesso?
U.: Lo ammetto, ma non sapevo che saresti arrivata tu.
P.: E cosa cambia? Il fatto che ti sia capitata io è dovuta solo al caso, no?
U.: Questo vale anche per me, anche io ti sono capitato per caso.
P.: Giusto. Ma ora qui ci siamo noi due.
U.: Appunto, e visto che sei solo una “coperta”, l’eccezionale intimità che mi hai
concessa, nasce solo dal fatto che potrei morire domani?
P.: No, dal fatto che ho sempre pensato che le anime s’incontrano per le vie più
disparate, ma, se succede, si riconoscono.
U.: E cos’avrebbero in comune le nostre?
P.: La proibizione dei sogni, tanto per cominciare!
U.: E poi?
P.: Il senso della morte.
U.: Che vuoi dire?
P.: La morte esiste in tante forme. Tu sei oppresso da quella fisica, io da quella
dell’anima. Non puoi immaginare come ci si possa sentire a vivere una vita come la
mia. Non c’è alternativa, possibilità, speranza. L’intelligenza è resa sterile da
un’attività fatta di prestazioni meramente sessuali. A volte, uscendo da qui, mi
sento sporca, dentro e fuori. Mentre conto i soldi, sento addosso il mescolarsi degli
odori dei maschi che mi hanno posseduta cancellare il mio, guardo le mani che
toccano il denaro, e penso a tutto ciò che in suo nome hanno toccato, alla mia bocca
insozzata dai tanti contatti, alla mia intimità violata che, a volte, fa anche un po’
male e mi viene da vomitare. Poi corro a casa a lavarmi e mi strofino la pelle sotto la
doccia con tutta la forza che ho per levarmi via la zozzura del corpo nell’illusione di
ripulire, così, anche l’anima. Ma, poi, quando nel fine settimana vedo mia figlia, tutto
passa. E’ come se l’orrore della mia vita, i miei sensi di colpa, le mie rabbie, il mio
dolore, sparissero di colpo e sorrido. La vedo correre e sorrido, la sento ridere e
sorrido, annuso la sua pelle fresca, pulita, e sorrido, la riempio di baci, e sorrido. A
volte ho timore di toccarla, per paura di sporcarla, ma, poi, mi chiama “mamma” e
piango di gioia. La sua felicità è l’unica felicità che mi è data di provare.
U.: Beh, un giorno potresti scrivere un libro sulla tua vicenda esistenziale, magari
sarebbe un best seller! Guadagneresti un sacco di soldi e ti cambierebbe la vita! Mi
viene già un titolo: “L’eroica prostituta intelligente”.
P.: Ma che fai…sfotti?
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U.: No, penso che il tempo a mia disposizione sta per scadere ed è un tempo troppo
breve ed inutile per poterne scrivere una biografia. A me è stata negata la
memoria.
P.: Vorresti dirmi che non hai mai fatto qualcosa da ricordare? Che so una buona o
una cattiva azione qualunque? Non hai mai reso felice nessuno, nemmeno per un
attimo, non hai mai ferito un amico, una donna. Nessuno ha mai reso felice te,
nessuno ti ha mai ferito. Non hai mai gioito o sofferto?
U.: Certo, ma non con l’intensità che merita un romanzo che si rispetti. La mia vita è
stata lusso, ricchezza, vizio, capriccio, insomma egoismo allo stato puro.
P.: Ecco il titolo: “La breve vita di un perfetto egoista”!
U.: Adesso sfotti tu, eh?
P.: No, cerco di farti sorridere.
U.: Ci stai riuscendo.
P.: Anche tu stai riuscendo a farmi sorridere. Sai, le rare volte che mi accade,
penso che, in fondo, sorridere è così facile! Ma poi lo dimentico.
U.: Anch’io, ma almeno tu, in futuro, promettimi di non dimenticarlo più!
P.: Lo prometto. Ma tu, se tutto dovesse andare per il meglio, prometti che me lo
farai sapere?
U.: Se vuoi, certo, ma come ti rintraccio? Ricordati che sei venuta qui tramite
l’albergo, non so come ti chiami né dove abiti, né posseggo il tuo numero di telefono.
P.: Certo, non permetto che venga fornito ai clienti per ovvie ragioni di tranquillità,
ma puoi sempre comunicarlo all’hotel, loro sanno come rintracciarmi. Comunque mi
chiamo:accostandosi all’orecchio sussurra un nome: Alice.
U.: Suppongo di dovermi sentire onorato da tanta fiducia e disponibilità!
P.: Sicuramente! Ma ora devo andare.
U.: Giusto, quanto ti devo?
P.: Nulla, oggi non sento di aver lavorato!
U.: Che c’entra, mi hai dedicato il tuo tempo e meriti il giusto compenso (prende il
portafogli dal cassetto del comodino e ne trae una manciata di soldi). Tieni, te li sei
guadagnati tutti.
P.: li conta e: Ma sono troppi, il doppio del pattuito!
U.: A me va bene così.
P.: Grazie, ma non posso accettare (tentando di ridarglieli).
U.: (respingendo la mano) Sono tuoi, te li sei meritati, non parliamone più.
P.: Come vuoi! (li mette nella borsetta sul comodino e si riveste mentre lui fa
altrettanto) Mi raccomando fammi sapere l’esito dell’intervento.
U.: Se sopravvivo!
P.: Comunque.
U.: Darò disposizione che ciò accada al mio tutore.
P.: Bravo, allora: In bocca al lupo!
U.: Crepi! (Apre la porta e lei va via).
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Si avvicina al comodino, prende un foglio e scrive qualcosa poi esce trafelato e
chiama: Alice!
P.: (tornando indietro) Che c’è?
U.: Tieni (le dà il foglio e chiude la porta).
Dopo poco bussano alla porta e lui va ad aprire:
P.: Tu sei pazzo… su questo foglio c’è scritto che, se non sopravviverai
all’intervento, tutti i tuoi averi diventeranno miei.
U.: Esatto. Ti secca?
P.: No, m’imbarazza. E’ una follia. Ma…perché?
U.: Semplice. Perché la mia vita non ha significato, mentre la tua sì. I miei averi
permetteranno a te di aiutare tua figlia, di ricominciare, di rifarti una vita, ti pare
poco?
P.: Affatto. Ma a te cosa ne viene?
U.: L’illusione di non morire del tutto. Ora và e sii felice con tua figlia. Se
sopravviverò te lo farò sapere. Addio. E chiude la porta.
La prostituta, dall’altra parte del palcoscenico compone un numero: Anche stavolta
la storia della bambina ha funzionato. Non solo mi ha dato il doppio della tariffa, ma
mi ha anche nominato sua erede se domani muore. A stasera.
L’uomo poco dopo compone un numero telefonico: Ehi, c’è cascata anche questa, ho il
filmato, siamo a 4. Mi devi i 3.000 €. della scommessa, oltre al pranzo. A domani,
alle 12,30 precise.
SIPARIO.
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