GUE`VESA - Grozzi e Tozzi

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GUE`VESA - Grozzi e Tozzi
GUE’VESA
PROLOGO: RECUPERO
PROLOGO: PRIMA PARTE
ll Condannato mi ascolti. Mi stai ascoltando, Condannato?"
"Sto ascoltando". Ormai era inutile cercare di ritardare l'inevitabile. Era meglio
rispondere subito, che prendersi altre frustate e rispondere sputando sangue.
"Sei tu Antonio Reef, nato sul pianeta Moracre in data non precisata?"
Il condannato guardò in faccia l'inquisitore, seduto sul suo trono al centro della
navata.
"Sono io"
"Sei accusato dalla sacra inquisizione deli seguenti misfatti: ut ilizzo di tecnologia
xeno, insubordinazione, vigliaccheria, omicidio aggravato di diretto superiore,
tradimento, alto tradimento, cooperazione xeno, cooperazione con xeno in
battaglia e cooperazione con xeno in battaglia contro forze imperiali. Come ti
dichiari?"
Reef fece vagare il suo sguardo per la cattedrale: si trovava legato alla parete di
fronte all'entrata per le caviglie e per i polsi. Davanti a lui sedeva la gracile figura
del cardinale, seduta sul suo trono. Lungo le campate laterali c'era una piccola
folla di guardie armate, preti e accoliti incappucciati. Lungo la parete di fronte a
lui, ai lati della porta, stavano, immobili, dieci arcoflagellanti, al momento
disattivati. Per finire, attraverso un monitor montato sopra l'entrata, Malachia
Lebovzky, il sergente della Deathwatch che lo aveva catturato, lo fissava negli
occhi in videocoferenza da Telasa Prime, con uno sguardo durissimo, ansioso di
vederlo finalmente morto. Constatato che non esistevano speranze di salvezza,
Reef sospirò e confermò: "Colpevole."
"In questo caso oggi, io Teodoro Celeste, Cardinale giudiziario di terza categoria,
qui, in questa basilica semidistrutta, sul pianeta Brimlock, devastato dalla feccia
xeno che tu stesso hai appoggiato, ti condanno all'eviscerazione, che verrà
protratta fino alla fine della tua vita votata al male. Ora preghiamo il nostro divino
imperatore che l'anima di quest'essere immondo bruci per l'eternità tra i fuochi
del warp."
"Eviscerazione", pensò distrattamente reef Reef mentre osservava la folla (che
sembrava stranamente luminosa nella penombra della cattedrale), "dopotutto mi
è andata bene".
All'improvviso, le parole "Si proceda", lo portarono improvvisamente alla realtà.
Uno dei preti si staccò dalla folla, impugnando un'eviscerator, camminando in
maniera solenne verso il condannato, fino a trovarsi ad un metro da lui. Tirò
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l'interruttore a strappo che azionava l'arma, ma questa emise solo un leggero
borbottio. Ci riprovò, con risultati analoghi. Al terzo tentativo la grossa sega a
motore partì con un rombo.
Una voce si levò dalla folla: "Ammirate! Lo sguardo dell'imperatore è su di noi!".
Reef allora notò che la spettrale luminescenza che avvolgeva la folla si era fatta
più intensa, quasi palpabile.
Dopo un attimo, Reef capì. c'era una sola cosa da fare, e la fece: esplose in una
risata fragorosa, liberatoria, che espelleva dal suo corpo e dalla sua mente le
abominevoli sofferenze che avevano caratterizzato l'ultima settimana della sua
vita, passata nelle prigioni inquisitorie. Nessuno si stupì della sua reazione: non
era certo il primo condannato a impazzire di paura prima dell'esecuzione.
Tra una risata e l'altra, Antonio riuscì a dire: "Se volete un consiglio, ragazzi miei,
mettete subito giù le armi."
Non prestandogli ascolto, il prete sollevò l'eviscerator per compiere, ancora una
volta il suo dovere.
PROLOGO: SECONDA PARTE
Il lucernario a cupola che sovrastava la basilica esplose, scagliando un arcobaleno
di colori giù, verso il pavimento. In mezzo ai vetri una figura alta tre metri,
dipinta di blu e di rosso, atterrò con un clangore di metallo e un sibilio di
ammortizzatori. Una voce metallica, amplificata dagli altoparlanti posti sul casco,
disse, con uno strano accento: "Disturbo?". Un silenzio surreale avvolse la
basilica, interrotto solo dal tintinnare dei vetri che ancora rimbalzavano qua e la.
Dopo pochi secondi, Antonio ruppe il silenzio, con voce carica di rabbia:
"Abbatteteli."
Sarà una descrizione banale, ma si scatenò l'inferno. Proiettili d'adamantio, lunghi
una spanna e larghi un dito, perforarono con facilità le pareti di tufo della vecchia
cattedrale, lasciando dietro di sè sbuffi di roccia polverizzata, mentre i droni
cecchino sparavano ai bersagli indicati dai traccianti (le misteriose aure di luce
non erano altro che questi) passati attraveerso le grandi vertate delle finestre.
Uno di questi proiettili colpì il prete che impugnava l'eviscerator al torace,
penetrando dalla spalla destra e fuoriuscendo dall'ascella sinistra:
Il corpo esplose nel verso del proiettile con tanta forza che vennero trovate
scheggie d'osso infilzate nella parete.
La crisis che era atterrata al centro della stanza fece fuoco sulla folla da una parte
con il cannone a raffica, dall'altra con il fucile ciclico a ioni, abbattendo quattro
nemici, mentre arretrava verso il prigioniero.
Il portone cadde in avanti, colpito da un calcio di un'altra armatura da
combattimento, e due file di 6 guerrieri del fuoco in armatura bianca e azzurra,
aprirono il fuoco falciando la folla che, ormai, cominciava a reagire debolmente,
estraendo le pistole e imbracciando i fucili.
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Raggiunto il Antonio, il pilota dell'armatura da combattimento, continuando a
sparare con il fucile ciclico, gli intimò di rimanere immobile: voltando per un
attimo la testa verso la parete, con 4 colpi precisi di cannone a raffica fece saltare
le catene che immoblizzavano Reef. "Corri verso la porta! Ora!". Stava giusto per
obiettare che era semi-nudo e disarmato, quando un fischio acuto lo fece voltare
verso la porta. Uno dei guerrieri del fuoco, l'unico con l'elmo rosso, gli lanciò una
pistola a impulsi. Questa formò in aria una parabola perfetta... per poi atterrare
pesantemente sull'alluce di Reef, rompendogli un unghia e facendogli tirare una
bestemmia così sacrilega che avrebbe fatto impallidire Abaddon. Dopotutto
nessuno è perfetto. Dopo aver raccolto la pistola, partì con uno scatto verso la
porta. La via era libera, visto che le poche guardie rimaste erano costrette a
ripararsi dietro le colonne dal fuoco martellante dei fucili ad impulsi. Passò a
fianco del trono, dove l'inquisitore stava rannicchiato, biascicando strane parole.
Solo per caso distinse una parte di frase, che gli salvò la vita: "risvegliatevi, ed
espiate i vostri peccati...". Si bloccò. Gli arcoflagellanti erano ancora immobili
come statue ai lati della porta. Fece solo in tempo a lanciare un grido di
avvertimento ai guerrieri del fuoco, ma non fu sufficente.
Come un solo individuo, le orride figure ai lati del portone alzarono la testa.
Incrociando lo sguardo di uno di quegli esseri, Reef non riuscì a controllare la
propria vescica. Più tardi ripensandoci, decise di non doversi vergognare di quella
reazione.
Appena la creatura alzò il capo, nei suoi occhi non risplendeva nessuna luce,
nessun segno di vita. Un simile sguardo, pensò, lo aveva visto solo in persone
morenti, che ormai avevano perso coscienza. Ma non fu quello che lo fece star
male.
Né fu lo stadio finale dell'attivazione, quello che conteneva il dolore di un
immersione nell'olio bollente, la ferocia di... per quanto mi sforzi non ci sono
parole per escrivere l'odio di quegli occhi.
Lo sguardo che Antonio Reef ricordò ogni notte della sua vita fu quello del
passaggio dalla morte alla vita. Era uno sguardo carico di disperazione, lo sguardo
cosciente di quello che era diventato. Lo sguardo di un uomo che nella sua lunga
non-vita aveva visto compiere da se stesso cose orribili, tremende. Lo sguardo di
un uomo conscio del dolore che stava per provare, lui, e il suo "nemico". Uno
sguardo di un uomo che implora il colpo di grazia.
Due delle bestie si avventarono verso Reef e l'armatura da combattimento,
mentre le altre si scagliarono contro il Team di guerrieri del fuoco. Subito lo
scontro si ribaltò: i soldati imperiali rimasti, si fecero coraggio e cominciarono a
rispondere seriamente al fuoco. Antonio era ancora impietrito, quando il primo
arcoflagellante si avventò su di lui... crollandogli addosso, agonizzante. Le droghe
iniettate nel suo corpo avevano spinto il suo metabolismo troppo oltre il limite, e
il suo cuore era andato in fibirllazione. L'impatto fu comunque durissimo, e cadde
a terra, sbattendo fortemente la testa contro il pavimento di marmo.
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La situazione dei guerrieri del fuoco era anche peggiore. Probabilmente sarebbero
bastati due arcoflagellanti a fare a pezzi l'intera squadra. Con otto di quei mostri,
la battaglia era già persa. Il guerriero con i casco rosso li aveva notati troppo
tardi, quando Reef aveva urlato il suo avvertimento. Fece in tempo solo a buttarsi
in avanti, verso il centro della cattedrale, prima che i mostri raggiungessero la
squadra, iniziando la carneficina. Appiatito con la pancia a terra, fingendosi
incosciente per evitare il fuoco nemico, pensò al dafarsi. Aveva pochi secondi per
decidersi, prima che qualcuno si accorgesse di lui. Nello stesso istante in cui gli
venne l'idea, un dolore lancinante gli attenagliò la caviglia. Si voltò per guardare,
e vide uno psettacolo orribile. Una frusta metallica gli aveva avvolto il piede,
stringendo abbastanza per rompere l'armatura, ma non tanto da staccargli l'arto.
Comunque, il tentacolo era sprofondato nella sua carne per mezzo centimetro, e il
sangue aveva cominciato a uscire, ribollendo e fumando a causa dell'energia
dell'arma potenziata. La frusta proseguiva fino al braccio di un arcoflagellante, le
cui gambe presentavano l'evidente segno di un proiettile a impulsi. La bestia
cominciò ad attirare il guerriero a se, allungando l'altro braccio, terminante con
una chela, per ghermirlo. Il soldato si girò sulla schiena, afferrò il fucile, lo puntò
alla testa del mostro ma prima che potesse premere il grilletto un colpo vagante
di fucile laser colpì il fucile proprio nel condensatore, rendendolo inutilizzabile.
Dopo aver tentato più volte di far fuoco, il combattente portò la mano alla cintura,
afferrò una granata, la innescò e la scagliò direttamente in faccia all'assalitore.
Non sì udirono scoppi, non si videro lampi. Anzi, all'improvviso al guerriero del
fuoco si oscurò la vista. Al momento rimase disorientato, ma subito comprese
cos'era successo: non appena la granata EMP era esplosa, tutti i sistemi
elettronici nel raggio di 3 metri dalla detonazione erano andati in cortocircuito. E il
casco dei guerrieri del fuoco non conteneva visiere, ma solo un dispositivo che
proiettava direttamente le immagini provenienti dall'esterno direttamente sulla
retina del soldato. Si sfilò velocemente il casco, e con un incredibile sollievo
constatò che la sua idea era fondata: il mostro si contorceva al suolo, ormai
inerme. Infatti, gli arcoflagellanti sono per metà umani, ma per metà macchine:
portano con se decine di protesi, che fungono da armi. Tutti i sistemi meccanici
dell'arco flagellante erano fuori uso, comprese la frusta e la chela, che giacevano
al suolo, immobili, non più crepitanti di energia. Con le mani liberò il piede dal
tentacolo. Il piede, non lo zoccolo.
Reef si riscosse quasi subito. Scrollandosi di dosso il cadavere della bestia,
appena in tempo per cercare di fronteggiare la seconda, che si trovava ormai
vicinissima, già con il braccio terminante con una lama rotante sollevato, pronto a
colpire.
Qualcosa afferrò Antonio, che urlò di dolore, per i capelli, e lo tirò indietro,
sottraendolo dalla sciabolata, che colpì il pavimento, sollevando schegge in ogni
direzione. Un pugno grosso come una testa colpì il capo dell'arcoflagellante, che
crollò a terra. "Scusa, ma non sapevo da dove prenderti", disse il pilota della
crisis, rimettendolo in piedi, sempre tirandolo per i capelli. Il mostro si stava già
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riprendendo dal pugno, quando l'arma tura da combattimento calò il piede sulla
sua testa, che si sbirciolò, schizzando materia grigia e sangue misto a droghe sul
pavimento. Nel frattempo gli altri arcoflagellanti finita la mattanza, avevano
cominciato a dirigersi verso gli ultimi 3 nemici (La crisis, Reed, e l'ultimo guerriero
del fuoco rimasto), frapponendosi tra loro e il portone. Senza troppe cerimonie, il
pilota si mise reed sulle spalle, in un paio di falcate raggiunse l'altro soldato, che
si aggrappò al braccio dell'armatura. Questa, sganciando le sue armi per
compensare il peso degli altri due passeggeri, spiccò un balzo, accese i reattori e
sfrecciò fuori dal buco dal quale era entrato.
PROLOGO: PARTE TRE
Reef, non appena a bordo dell'Orca che attendeva sospesa in aria sulla cattedrale,
si buttò sdraiandosi sui sedili.
"Dobbiamo smetterla di incontrarci così", disse con un sospiro di solievo, rivolto al
pilota della Crisis che lo aveva tratto in salvo.
Questo posizionò l'armatura sotto le ganasce che la tenevano ferma durante il
viaggio, la aprì, e uscì all'esterno. Era lo Shas'O Vior'la Misha Ol Elan, detta
BrightMoon. Era lei che, durante la battaglia contro la waagh orkesca di Brimlock
aveva salvato il pianeta, reclutando centinaia di umani, tra i quali vi era anche
l'allora Sgt. Reef, diventato col tempo un suo grande amico. Questo nonostante
molti altri pezzi grossi della casta del fuoco considerassero sconvenienti legami di
amicizia tra umani e tau.
Poi, rivolgendosi all'unico guerriero rimasto, Antonio disse: "Non mi sare i
aspettato di vederti ancora, Hans. Ti devo un grosso favore."
Hans Loon era il migliore amico di Antonio. Si conoscevano da quando erano
bambini. Insieme erano cresciuti e si erano arruolati nella guardia imperiale. E
insieme avevano seguito la via del bene superiore.
Misha, ignorando le parole di Reef, additò subito Loon, urlandogli in faccia: "Che
comportamento nobile! Veramente ammirevole! Fingersi morto abbandonando la
propria squadra! Cavolo, ragazzi, devo chiedere di aggiungere questa splendida
tattica ai manuali di strategia! Ma io dico khaf' da'iu, l'al fo'au! Ja'l hal basad!"
"Signora." rispose Loon con un filo di voce, guardando per terra, "sta di nuovo
parlando tau."
"Ancora!", esclamò il capitano, passando per un attimo ad un tono di voce
pensoso: " Eppure mi ero ripromessa di starci attenta... Comunque non
cambiamo discorso! Il tuo comportamento è stato disonorevole e vigliacco!"
"Signora: era l'unica cosa che potessi fare. Se fossi rimasto insieme agli altri,
sarei semplicemente morto, senza altri risultati."
Brightmoon stava per rispondere quando una voce disse: "Signora, cosa si
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aspettava da dei Gue'la, se non atti di codardia? C'è un motivo se si chiamano
esseri inferiori, non crede? Hanno tradito una volta la loro causa, e probabilmente
lo rifaranno alla prima occasione." A parlare era Shas'vre Jhas, il pilota della
seconda armatura da combattimento (quella che aveva sfondato la porta).
"Ascoltami bene, faccia da trota!" Esplose Hans "Tu non c'entri un cacchio con
questa faccenda! Oltretutto faccio presente che tu in questa operazione hai solo
sfondato un portone di legno marcio, per poi tornartene qui di soppiatto! Un ruolo
decisamente fondamentale, azzarderei. Perciò chiudi quel cesso di bocca o ti
riduco a sushi a forza di calci nel culo!"
"Calma! Calma, per favore." intervenne Reef. " A lei, onorevole Jhas, chiederei
cortesemente di usare un linguaggio più adatto al suo rango. E a te, Hans, ricordo
che il cavalier Jhas è sempre un tuo superiore. Chiedigli scusa."
"Sicuro!" rispose questo, "Mi scusi, signore" disse con un sarcasmo così evidente
da essere notato anche dai non umani.
"Immagino che questo sia il massimo che posso ottenere..." notò Antonio.
"Comunque: vi ringrazio tutti per avermi tirato fuori di lì. Non avrei mai
immaginato di valere tanto per l'impero tau.".
"Infatti non vali niente, per noi." Disse lo shas'vre: "Davvero credi che ci
saremmo scomodati a sferrare un attacco su un pianeta imperiale per te? Che
presunzione..."
"Jhas! Sha'Kui!" Ordinò BrightMoon con un tono perentorio. "Meglio che ci diamo
tutti una calmata. Antonio, onestamente non eri tu l'obiettivo principale della
missione..."
PROLOGO: QUARTA PARTE
"Ah..." mormorò Reef, non nascondendo una certa delusione. "Ed allora qual'è il
vostro obiettivo primario?"."Questo.", disse Brightmoon, indicando un drone
appoggiato ad un sostegno.
"Quello? E che è?"
"Questo drone, come molti altri che abbiamo sbarcato, ha un solo compito:
Drone, attivati."
Il drone si sollevò a mezz'aria, e da 4 fessure poste sotto gli "occhi" cominciarono
ad uscire volantini di propaganda, mentre un ologramma veniva proiettato dalla
parte superiore del carapace: Una città formicaio, caotica, sporca, inquinata,
rumorosa, con cadaveri tra le strade, gente che veniva trascinata via urlante
dentro vicoli bui.
Poi, dopo, un tranquillo quartiere di villette dalla forma tondeggiante, pieno di
alberi dai colori sgargianti, allegre famigliole che giocano in giardino, tau, umani e
decine di altre razze che bevono in un locale ridendo e scherzando.
Ad un certo punto la scena si risposta nella città imperiale, dove un bambino,
barcollando, andava a finire sulla strada di un uomo vestito in modo tetro
(probabilmente la rappresentazione di un inquisitore). L'uomo gli sferrò un
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violento calcio, e, appena degnandolo di uno sguardo, continuò a camminare
mentre una madre affranta piangeva sul ciglio della strada.
Tornando al quartiere residenziale della città tau, si vede lo stesso bambino che,
sempre barcollando, va a sbattere contro un Tau ammantato, scorta to da 4
guerrieri del fuoco, evidentemente un etereo. Questo, con dolcezza, prende in
braccio l'infante, scompigliandogli i capelli con una mano, e lo riconsegna alla
madre sorridente.
"Allora? Che te ne pare?" chiese O'Misha orgogliosa.
Reef guardava l'ologramma con la bocca aperta e uno sgurdo sconcertato.
"Cosa dovrebbe essere quel... coso?" chiese a mezza voce Reef.
"Beh, propaganda!" rispose Misha "Se tu fossi un cittadino imperiale, e vedessi
una cosa del genere non vorresti passare dalla pare di noi tau?"
"Primo: se fossi un cittadino imperiale non mi avvicinerei mai a un drone o a un
suo volantino, a meno che non abbia voglia di fare un salto in tribunale a salutare
il mio inquisitore di fiducia. Secondo: le città imperiali non sono così! Non ci sono
cadaveri nelle strade! La gente non viene trascinata dentro vicoli bui! Quella NON
E' una città imperiale! Terzo: sempre se fossi un cittadino imperiale, vomiterei al
pensiero di brindare con uno xeno. Quarto: se anche un cittadino imperiale
cambiasse idea, cosa potrebbe fare? Indossare una maglietta con il simbolo Tau?
Prendere un cartello, scriverci <Viva i Tau, Abbasso l'Imperatore> e scendere in
piazza? Appendere un pesce finto che canta e balla sopra la porta?
Secondo me, un misero umano della casta del fuoco che non si intende di politica,
quest'operazione (tralasciando ovviamente il fatto che mi avete portato via da lì)
è stata il più inutile spreco di uomini e mezzi della storia dell'impero Tau. Vorrei
sapere chi può aver pensato una cosa tanto stupida..."
Scese un silenzio di tomba nell'Orca. Tutti erano impalliditi, umani e tau. Persino
il drone era rimasto in silenzio.
"Ho detto qualcosa di male? Ecco, ero sicuro che tempo 5 minuti dopo essere
tornato tra voi avrei fatto una figura del cacchio: scusa, Misha, immagino che
l'idea sia tua. Non prendertela, non volevo offenderti, però lascia alla casta
dell'acqua le idee di propaganda! Sei una gran combattente, eroica direi, ma le
tue conoscenze degli umani lasciano molto a desiderare."
"Non è stata la nobile O'Misha a progettare <il più inutile spreco di uomini e
mezzi della storia dell'impero Tau>. Sono stato io." disse una voce incorporea.
Anzi, più che incorporea, azzarderei eterea.
Un ologramma comparve in mezzo all'Orca. Raffigurava un tau ammantato in una
veste dai colori sgargianti. Non c'erano dubbi: era Aun'Vaal, un etereo incontrato
da Reef e da Misha diverse volte, durante i breefing. Tutti, nel trasporto, si
inginocchiarono davanti a lui, pronunciando il classico saluto tau da riservare a un
etereo, se mai si avesse l'onore di incontrarne uno: "Stiamo uniti come uno,
seguendo voi, il primo tra gli uguali.""Alzatevi, nobili guerrieri. Tutti i membri
dell'alleanza sono uguali, davanti al bene superiore."Prontamente tutti si alzarono
in piedi, mettendosi sull'attenti."Figliolo", disse l'etereo a Reef, "Per quale motivo
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sostieni che il mio piano sia stupido?".La sua voce aveva qualcosa di rassicurante,
di ipnotico, di rilassante."Sua altezza, non sapevo..."
"Non devi scusarti della tua idea: probabilmente sei l'unico ad aver detto quello
che pensa veramente di questa operazione. Ma dimmi, sei sicuro di quello che hai
detto?"
"No, sua maestà. Non più.
"L'etereo allungò la mano, e prendendo Reef per il mento, gli alzò leggermente la
testa, in modo da guardarlo negli occhi:"Eh eh eh... Molto bene.
Ora dimmi la verità, però".
Lo sguardo di Aun'Vaal era una visione impressionante: c'era una galassia in
quello sguardo. Gli occhi brillavano, ardevano, scintillavano di una luce
celestiale.Quasi senza rendersene conto, Antonio sussurrò: "Non basta così poco
a far cambiare idea ad un cittadino imperiale. Ci vorrebbe molto altro."
L'etereo rise sommessamente: "Scoprirai che ti sbagli, figliolo. Quei droni
contengono molto più di quello che sembra. Ora ho dei compiti da svolgere, per il
Bene Superiore. Arrivederci, e che la vostra strada sia fulgida."
Tutti si inchinarono, esclamando: "La nostra strada è la strada del Bene
Superiore, e per questo ci condurrà alla vittoria!"
PRIMO LIBRO: TRADIMENTO
CAPITOLO UNO: UN NUOVO, SGRADITO, ARRIVO
"Uomini: ATTENTI! Io sono il commissario Kurt. Da questo momento in poi IO
prendo il comando di questo plotone. Qualche domanda?
"Un coscritto di 16 anni alzò la mano, dicendo: "Signore, io avrei una domanda.".
Il commissario si mise di fronte a lui e lo guardò negli occhi. Fulmineamente
sfoderò la pistola e gli sparò in fronte. Ci fu un sussulto tra i coscritti, ma nessuno
osò dire niente.
"Molto male. Quello che pone le domande, qui, sono io. Che vi serva di lezione.
Altre domande?"
Reef stava seduto sul copricingolo del Chimera, osservando la situazione da una
certa distanza. Tirò un sorso di liquore dalla fiaschetta, e mormorò: "Cominciamo
male. Cominciamo veramente male.". Gli altri membri della sua squadra veterana
annurono.
Hans, gettò a terra il suo ilo-stick, dicendo: "Non si può sparare a un ragazzo in
questo modo! Per l'Imperatore, non avrà avuto più di diciott'anni! Probabilmente
non aveva mai visto un fucile in vita sua..."
"Vedo che non ci sono altre domande. Molto bene. Siete stati chiamati per
respingere l'ondata di pelleverde che minaccia il nostro pianeta nella fattispecie,
per eseguire ordini in generale. Non per fare domande. Chiaro?"
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"SIGNORSI' SIGNORE!""Bene, avete un minimo di cervello... Avete 5 minuti da
ora per prepararvi allo sbarco. E qualcuno si sbarazzi di questo sacco di carne"
disse dando un piccolo calcio al cadavere.
"SIGNORSI' SIGNORE!"
Si voltò verso la squadra di Antonio, e, mentre vi passava davanti, disse: "Da voi
mi aspetto il meglio. Non mi deludete, o ne pagherete le conseguenze."
"SISSIGNORE!"
Esclamò Reef, e con voce molto più bassa "Str0nz0..."
CAPITOLO DUE: LA MAREA VERDE
Due giorni dopo la situazione era disperata. Una marea di orki si stava scontrando
contro il perimetro difensivo imperiale. Le postazioni fortificate erano rimaste
isolate l'un l'altra. Nel bunker 04 erano rimasti Reef, il commissario Kurt, e un
centinaio di coscritti. I tentacoli del panico strisciavano e si insinuavano tra le file
dei soldati, e a dir la verità anche Antonio cominciava apreoccuparsi: nonostante i
bombardamenti degli obici squassaterra aprissero voragini nella marea verde, e le
postazioni da tiro teso mietessero continuamente la prima fila, nulla sembrava
poter arrestare l'orda.
"FUOCO! CONTINUATE A SPARARE, PER L'IMPERATORE!" Urlava il commissario a
squarciagola.
La marea verde si schiantò contro il bunker. Dopo pochi minuti di combattimento,
diventò chiaro che lo scontro era decisamente impari: gli orki potevano poco
contro le pareti di solido roccemento, e i morti si contavano a decine.
Il morale tra i coscritti era alle stelle: non avrebbero mai sperato niente di meglio.
Anche l'umore di Reef si era rischiarato. Chiamò Hans, che si trovava in un altro
bunker 3 chilometri più a sud, via radio. Anche li la situazione era identica.
"Sembrerebbe essere una bella giornata..." Pensò sorridendo, mentre sparava
alla cieca attraverso la feritoia.
Non fece in tempo finire di formulare il pensiero, che all'orizzonte comparì una
nube di polvere. "E ti pareva...", mormorò Antonio tra se e se: il terreno cominciò
a tremare, mentre decine di carri e veicoli di ogni tipo si lanciavano all'attacco
rombando, passando su i propri alleati senza porsi alcun problema.
Svariati missili partirono dalle file umani, sortendo effetti devastanti: per esempio
una buggy colpita ad una ruota esplose, volando in aria e atterrando su un
kamion pieno di pelleverde.
Molti degli obiettivi vennero comunque raggiunti da i veicoli. Il bunker di Reef, per
sua sfortuna, era uno di questi.
Alcuni coscritti riuscirono ad allontanarsi dal muro prima che un Land Raider lo
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sfondasse, molti altri vennero schiacciati dai detriti e dai cingoli del mostro
meccanico. Reef si ritrovò coperto di sangue e polvere. Il land raider aveva aperto
un buco nella parete, ed era penetrato per metà nel bunker. "Grazie
all'Imperatore, quel bestione si è incastrato. Finché è lì a tappare la breccia, gli
orki non possono passare!" gridò Reef ai coscritti atterriti. "Forza, continuate a..."
rimase con la bocca spalancata, vedendo con orrore, che il portellone frontale del
Land Raider cominciava ad aprirsi. Se si fosse spalancato completamente,
realizzò, l'intero veicolo avrebbe agito come un tunnel, permettendo agli orki di
entrare nel corazzato dalle porte laterali (all'esterno del bunker), e uscire da
quella frontale. Gli esiti di uno scontro corpo a corpo erano scontati.
C'era una sola osa da fare. Si lanciò sotto il portellone, per cercare di bloccarlo.
Altri coscritti avevano avuto la sua stessa intuizione, e lo seguirono a ruota. In
dieci si appoggiarono con tutto il loro peso, e il portellone, già ammaccato e
storto per l'impatto, si arrestò quasi subito, dopo essersi aperto di soli dieci
centimetri. "Cercate dei pali per puntellare la via d'ingresso!" urlò il Commissario.
"Quei luridi pelleverde non devono entrare!". Gli orki, ripresisi dalla sorpresa
iniziale, iniziarono a spingere contro l'uscita, e lo spiraglio cominciò lentamente ad
allargarsi. "SPINGETE, SPINGETE! SPINGETE CON TUTTE LE VOSTRE FORZE!"
Sbraitò il Commissario, ben attento a non unirsi allo sforzo dei sempre più
coscritti impegnati a salvarsi la vita. Una ragazza prese due granate a
frammentazione, si arrampicò sul mucchio di compagni appoggiati al leviatano
metallico, le innescò e le buttò dentro lo la fessura, all'interno del land raider. Si
udirono urla inumane di sorpresa, che, come per magia, divennero di dolore e di
rabbia, appena dopo l'esplosione. "Se non avessi le mani occupate ti farei un
applauso!", le disse Antonio, mentre il portellone si chiudeva completamente.
"Ora vieni qui a dare una mano!".
CAPITOLO TRE: IL PECCATO ORIGINALE
La radio gracchiò: "Commissario Kurt! Qui luogotenente Loon. Qui degli orki sono
riusciti ad arrampicarsi sul tetto, e stanno piazzando cariche da demolizione...
Almeno credo. Com'è la situazione lì da voi? Passo". La comunicazione fu seguita
da molte altre simili: gli orki stavano sfondando la linea di difesa imperiale.
Letteralmente.
"Qui Bunker 04. Tutto sotto controllo. Continuate a combattere, sento che la
vittoria è vicina!".
Tutti, nel bunker, si voltarono increduli verso l'ufficiale: o era cieco, o era pazzo,
o era il più grande contapalle della Via Lattea.
"Signore...", gemette la ragazza che aveva buttato le granate, appog giata al
portellone "non riusciremo a tenerli a lungo".
Il commissario, estrasse la pistola laser, e senza battere ciglio le sparò in un
piede. "Oh, certo che ci riuscirete," disse. "Non ti uccido solo perché ci serve ogni
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uomo (o donna) possibile."
Quando all'orizzonte apparve la sagome di un gargant, Reef seppe che la
battaglia era perse.
Solo un miracolo poteva salvarli. Ma i miracoli, a volte, capitano.
Come disse molto tempo dopo Hans: "Non si moltiplicarono i pani, ma apparvero i
pesci."
La radio gracchiò, e una voce femminile, con uno strano accento, proclamò:
"Gue'vesa, ascoltatemi. Qui è il comandante Misha, della flotta dell'ammiraglio
Nesar. Sarò breve. Abbiamo decine di navi in orbita attorno al vostro pianeta, in
attesa di attaccare. Questo mondo sarà nostro, questo è sicuro. L'unica domanda
che ho da porvi è: 'Chi dobbiamo combattere? Solo orki o anche umani? Vi
garantiamo che se collaborerete non solo avrete salva la vita, ma potrete anche
decidere se tornare sotto il vostro regime, o di collaborare con noi sotto la guida
degli eterei, combattendo per il bene superiore. In ogni caso, vi garantisco che i
civili avranno salva la vita, indipendente dalla vostra decisione. Decidete in fretta.
Noi cominciamo la discesa. Non spareremo per primi, ma state pur certi che
risponderemo al fuoco. Passo e chiudo."
Il Commissario si avvicinò alla radio, afferrò il trasmettitore e cominciò ad urlare:
"Meglio la morte, piuttosto che collaborare..."
Reef afferrò saldamente il polso di Kurt, spegnendo la ra dio con l'altra mano.
"Commissario: l'unico modo per salvare il pianeta è collaborare, anche se sono
Xeno. Pensi alla popolazione civile: è meglio lasciarla ai Tau o agli Orki?"
Il commissario era paralizzato dalla rabbia: "Toglimi subito le tue luride zampe di
dosso! NESSUNO IN QUESTO BUNKER COLLABORERÀ CON NESSUNO XENO!"
La sua mano corse subito alla fondina, ed estrasse la pistola laser, ma Reef
sfoderò la sua spada a catena, e con un unico movimento, la colpì, facendola
finire dall'altra parte del bunker.
"QUESTO E' TRADIMENTO!" Tuonò Kurt.
"In guardia, commissario." Disse Reef mentre l'alto ufficiale sfoderava la spada
potenziata "Io salverò questo pianeta. Con o senza il tuo permesso. Risolveremo
questa faccenda da uomini, alla vecchia maniera. Spada contro spada."
I due si studiarono per qualche secondo, fino a quando Reef, fulmineamente,
sfoderò la sua pistola laser ed aprì un buco in fronte al Commissario.
Nessuno fiatò nella fortificazione.
"Beh?" Disse Antonio, rivolto ai suoi commilitoni "Non dite niente?"
Un boato di urla festanti, insulti pesanti ai parenti di sesso femminile di Kurt, e
complimenti a Reef, esplose come un colpo di demolitore. Tutti odiavano il
commissario. Reef raggiunse la radio, ed ordinò ad Hans di non aprire il fuoco
contro i nuovi arrivati.
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CAPITOLO QUATTRO: PESCI VOLANTI
Tutti però si zittirono quando il terreno vibrò violentemente, e un tuono
squarciava l'aria, mentre una coppia di incrociatori classe Manta sorvolarono le
linee umane, sparando tra le file orkesche con tutte le sue armi. Partirono quattro
colpi di cannone a rotaia a canna lunga, che colpirono istantaneamente il gargant.
Questi si spezzò letteralmente a metà, crollando sopra gli orki in preda al panico.
Il kapoguerra orko, dal suo kamion di comando, gua rdò le astronavi tau che
stavano comparendo in cielo, una dopo l'altra. "Mmm" grugnì. Afferrò per il
colletto un Kapo e gli chiese: "Ki kazzo sono kuelli!?" "Kredo ziano Pellegrigia."
"Mmm..." ripetè il grosso orko. "Non o mai akkoppato pellegrigia. Orki! Zpargete
la voce! ZI VA A ZKIACCIARE I PELLEGRIGIA!"
Il bunker si animò con urla festanti, non appena, come per magia, tutti gli orki si
voltarono, e partirono alla carica contro le truppe Tau che stavano sbarcando in
quel momento alle loro spalle.
Antonio sentì l'adrenalina scorrergli nelle vene: ce la stavano facendo! Stavano
vincendo la battaglia! Stavano salvando il pianeta!
"Uomini! Gli orki ci voltano le spalle: quale migliore occasione per prenderli a calci
nel culo?! Tu, sul requiem pesante: aspetti un invito scritto per ricominciare a
sparare? E tu, ragazzo: sai cos'è quel tubo che tieni sulla spalla? Eh sì, è proprio
un lanciamissili. Serve a far saltare i veicoli, come quelli lì. Non si finisce mai
d'imparare, vero? E tu, ragazza: dimostra tutto il tuo talento femminile per
costruire uno stendardo che faccia capire ai nostri Ittio-amici che stiamo dalla loro
parte. Cosa usi per dipingerlo? E che cacchio ne so? Usa il sangue di quel porco
del commissario. Forza! Non vorrete mica che i pesciolini credano che siamo dei
rammolliti?"
Una voce alla radio: "Antonio! Antonio! Rispondi! Ci sei? Antonio?"
"Presente. Che c'è, Hans?"
"Gli orki si ritirano? Che facciamo?"
"Inseguiteli e schiacciateli contro i Tau."
"Ricevuto. Ah, un'altra cosa: Che fine ha fatto il commissario?"
"La fine che meritava."
"Lo hai ucciso? MA SEI PAZZO? TI GIUSTIZIERANNO PER QUESTO!"
"Se tutto va bene (e credimi: spero vivamente che lo faccia) sparirò dalla
circolazione per un bel po' E ora fatti uno stendardo in modo che i Tau sappiano
che collaborerete e mena un po' di pelleverde. Chiudo."
CAPITOLO CINQUE: KROKGARD
Lo stendardo era pronto: su un telo mimetico era stato tracciato il simbolo Tau,
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dipinto con il sangue del commissario Kurt. Venne appeso a una sbarra di ferro, e
Reef se lo legò allo zaino. "Siamo pronti a 'zkiacciare' qualche orko?"
Tutti gli uomini, come uno solo, gridarono il loro assenso.
"E ALLORA ANDIAMO!"
I portoni blindati si spalancarono, e decine di soldati urlanti si riversarono nel
campo di battaglia, ansiosi di vendicare i compagni caduti.
Colpirono le retrovie degli orki, menando fendenti con le spade a catena, i
pugnali, e, in mancanza di meglio, con le vanghe da trincea. Pochi degli orki,
impegnati com'erano ad assalire i nuovi arrivati, fecero caso ai nemici che
arrivavano da dietro, e ancora meno riuscirono a reagire.
Reef brandiva la spada potenziata presa all'ufficiale tradito. Un orko si voltò
all'improvviso, menando un fendente di zpakka ad altezza d'uomo. Antonio si
buttò in avanti, colpendo l'alieno con una spallata, cadendo a terra insieme a lui,
e colpendo più e più volte il possente torace, come se stesse cercando di piantarla
a terra. Mentre stava ancora infilzando l'orko con la spada, ne vide un altro
avvicinarsi con la coda dell'occhio: con un solo colpo gli tagliò entrambi i piedi, e
lo lasciò a terra agonizzante, mentre si alzava in piedi, e continuava l'avanzata.
La carica cominciava a perdere l'impeto iniziale: Antonio se ne accorse quando
vide un coscritto in piedi, immobile, con gli occhi sbarrati:
era evidentemente in preda allo shock. Se non s fosse ripreso entro BREVE
tempo, era morto. "Ehi, ragazzo Sveglia. Ragazzo!"
Lo aveva quasi raggiunto, quando un orko sbucò dalla mischia, brandendo una
grossa pistola, puntandola proprio su Reef.
C'era una sola cosa da fare. Un eroe non lo avrebbe mai fatto. Di solito gli eroi
salvano gli innocenti sacrificando la propria vita.
Ma il detto parla chiaro: "Meglio un uomo vivo che un eroe morto".
Antonio agguantò il coscritto per la manica, e lo frappose tra se e il nemico.
Si sentirono degli spari, e Reef venne ricoperto del sangue del soldato. Sempre
sorreggendo il corpo senza vita, estrasse la pistola dalla fondina del coscritto e
scaricò il caricatore contro l'alieno, che crollò a terra.
Solo ora Reef lasciò cadere il suo scudo umano, sicuramente morto, con due
voragini aperte nell'addome.
Continuò ad avanzare, mentre la battaglia infuriava. La mischia si aprì davanti a
lui, ed una figura slanciata gli si avventò contro. Qualcosa (il calcio di un fucile, gli
sembrò) lo colpì con violenza al mento, e lo atterrò. Quasi perse i sensi, ma la
visione di un fucile munito di grosse lame che calava su di lui lo dissuase. Rotolò
su un fianco, e la baionetta si infilò a terra. Il suo aggressore era alto due metri,
ma incredibilmente magro. Da un cappuccio di cuoio bianco e rosso sporgeva un
grosso becco, e, al posto dei capelli, lunghi spuntoni flessibili, che gli arrivavano
quasi alla vita. Visibilmente spazientito, il modellatore gli piant ò saldamente il
piede sul petto, pronto a colpire di nuovo. La spada potenziata gli era sfuggita di
mano, ed era troppo lontana per essere raggiunta.
Reef stava per morire per un malinteso.
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Si ricordò la propria infanzia, su Moracre, pianeta di frontiera confinante con
l'impero Tau. I suoi genitori erano commercianti, e, a causa dei fiorenti rapporti
commerciali con gli alieni, parlavano fluentemente la loro lingua. Fortunatamente
avevano insistito per fargliela imparare, e, pur non parlandola benissimo, poteva
dire di cavarsela.
"Fermofermofermofermo! Gue'vesa! Gue - vesa! Io Gue'vesa! Guarda! Stendardo!
Simbolo tau! Io Amico! A-MICO. Capisci. Io amico. Pace."
Il modellatore sembrò accorgersi solo ora dello stendardo.
"Gue'vesa?" chiese con voce gracchiante.
"Certo, gue'vesa!"
Tolse il piede da Antonio, e fece schioccare rumorosamente il becco, emettendo
poi un lungo fischio intenso. "Gue'vesa!"
Altri kroot, spuntati dalla battaglia nel frattempo, annuirono, e unirono le loro
forze a quelle degli umani.
"Scusa amico," gli disse in un gotico quasi perfetto, tendendogli la mano "Errore
mio."
CAPITOLO SEI: PESCI CADENTI
"Mannaggia all'inquisizione, c'era bisogno di colpire così forte?" Chiese reef
massaggiandosi la mandibola.
"A molti manca l'occasione di chiederlo. Sentiti fortunato." disse il kroot
ridacchiando, mentre lo sollevava di peso per il colletto, rimettendolo in piedi.
"Modellatore Krokgard. Piacere"
"Il piacere è tutto tuo..." borbottò in risposta Antonio "Avrei preferito conoscerti in
un altro modo."
"Voi umani avete un buon senso dell'... " (Pausa. Mira. Fuoco con il fucile. Un
orko morto.) "umorismo. Quando non cercate di " (Pausa. Coltellata ad un orko
morente steso a terra.) "Ucciderci,"(Pausa. Rimozione degli occhi dell'orko appena
ucciso.) "Ovviamente", concluse masticando rumorosamente il primo dei bulbi
oculari.
Reef distolse lo sguardo, raccolse la spada potenziata, e partì, alla carica di un
gruppetto di pelleverde in fuga. Krokgard si cacciò il secondo occhio in una sacca
di cuoio, e lo seguì con l'andatura saltellante tipica della sua razza.
Antonio raggiunse il primo orko, decapitandolo con una spadata, e appena dopo
ne trafisse un secondo. Venne letteralmente scavalcato con un balzo dal
modellatore, che atterrò con le zampe posteriori sulle spalle del penultimo alieno
(L'assalto avrebbe potuto ricordare quello di un velociraptor. Non che Reef avesse
la minima idea di cosa fosse un velociraptor), piantandogli un pugnale ricurvo
nella nuca. Un quarto e ultimo orko si voltò giusto in tempo per ricevere la lama
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posta sotto il calcio del fucile sotto il mento, con tanta forza da fratturare le
spesse ossa del cranio e da spuntare da sopra la testa.
"Combatti bene." Ammise il kroot, piantando un piede sul collo della vittima e
tirando fuori la lama con un rumore disgustoso.
"Bel salto il tuo. Immagino che ti sia allenato molto per raggiungere certi livelli."
"Ovvio. Ci sono volute sette generazioni di divoratori di eldar, per raggiungere
risultati simili."
"Senti un po'..." Gli chiese Reef guardando il cielo. "E' molto che combatti per i
Tau?"
"Una vita... In senso lato" Rispose, pulendo la lama del fucile su un panno lurido.
"E una manovra simile è normale per un'astronave così grande? Cioè, avvicinarsi
a terra così rapidamente" Disse indicando il titanico Manta che stava puntando
verso di loro. "Cioè, sta per sbarcare? Cioè, ce la farà a fermarsi in tempo? Cioè,
non è che sta precipitando?"
"La smetti di dire 'Cioè'? E' normale. Sta per fare un volo radente. Almeno
credo..."
"Scusa, ma..." Una fiammata divampò dalla carlinga dell'incrociatore quando
perse un terzo della sezione posteriore.
"MUOVITI! DI CORSA!" Urlò Krokgard, fiondandosi verso la nave, ormai quasi in
caduta libera.
"Ma dove ca22o vai?"
"Seguimi, se vuoi vivere!"
E Antonio lo seguì.
Comprese: quando quel bestione avrebbe toccato terra a una simile velocità si
sarebbe fatto come minimo due chilometri di strisciata. E all'impatto
probabilmente avrebbe sparso pezzi (Schegge affilate, sedili, bulloni, veicoli,
armature da combattimento... qualsiasi cosa a quella velocità avrebbe potuto
rivelarsi letale) in per centinaia di metri a ventaglio. Perciò, l'unica alternativa,
era precedere il Manta, in modo da trovarsi DIETRO di lui al momento
dell'impatto.
Krokgard si tuffò in avanti, mentre il leviatano morente gli passava cinque metri
sopra, per poi sfracellarsi al suolo con un boato che fece tremare il terreno.
L'incrociatore atterrò sulla pancia, rimbalzò ed esplose a mezz'aria con una
terrificante esplosione, scagliando detriti in ogni dove. Grazie alla sua velocità
iniziale, però, la maggior parte di loro proseguì la sua corsa in avanti.
"Che botto..." Sbuffò il modellatore, riprendendo fiato. "Povero umano..." Pensò.
Si era sollevata una grossa nube di fumo e polve re, ma non doveva essere
rimasto molto da vedere. Pochi secondi prima dell'impatto, il kroot, dandosi
un'occhiata alle spalle, aveva visto inciampare Antonio. "Pazienza," disse tra sé e
sé, mentre il coperchio di un drone arma lo sorpassava rotolando "Non sapevo
neanche il suo nome."
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CAPITOLO SETTE: PULIZIE
Quando Reef riprese conoscenza, quando qualcosa gli afferrò un braccio. Con uno
scossone si liberò dalla presa del drone che stava ripulendo il campo dai detriti.
Questo ronzando infastidito rivolse l a propria attenzione ad un cannone a raffica,
afferrandolo con un braccio meccanico e buttandolo in un contenitore semovente
che lo seguiva. Evidentemente i tau tenevano alla pulizia del pianeta, e non gli
piaceva tenersi pezzi di incrociatore tra i piedi.
Si rialzò in piedi, barcollando, tossendo e sputacchiando polvere e sabbia.
Non capita tutti i giorni di vedersi cadere addosso un incrociatore da 382
tonnellate. E capita ancora più raramente di sopravvivere all'impatto. Stava
ancora chiedendosi cosa avesse fatto per meritarsi tante premure dall'imperatore,
quando sentì un'ulteriore esplosione. Era una cannoniera da difesa missilistica
SkyRay, che deflagrò, attivando i missili a ricerca, i quali partirono, seguendo
rotte contorte e casuali. Uno di questi, avvitandosi su sé stesso, si diresse verso
Antonio, mancandolo di una manciata di metri, per poi impennarsi e scomparire
nel fumo. Era meglio andarsene. Si incamminò nella direzione opposta a quella
della SkyRay appena esplosa, e riuscì in qualche minuto ad uscire dal polverone.
Intorno a lui, la battaglia era evidentemente finita. Droni ripulitori, come quello
che lo aveva svegliato, stavano battendo tutta la zona, raccogliendo i pezzi più
piccoli, per poi riciclarli ed, eventualmente, riutilizzarli.
Mentre i droni cercavano gli equipaggiamenti, altri spazzini raccoglievano i corpi.
Un kroot fischiettante gli passò di fianco, e, notandolo, gli chiese sa aveva visto
qualche cadavere. Reef gli fece cenno di no con la testa, e l'alieno proseguì per la
sua strada. Antonio allora si diresse verso un gruppetto di kroot lì vicino.
Krokgard stava dirigendo le operazioni di ripulitura ("Guarda sotto quel mucchio
di pezzi. Magari c'è qualcosa di interessante. No, dicevo più a destra! Cos'è
questa schifezza? Non vo rrei il suo DNA neppure se mi pagassero!") quando vide
un umano avvicinarsi.
"Toh, un sopravvissuto. Da dove vieni, figliolo?"
Reef indicò un punto generico verso il Manta precipitato.
"E che ci sei andato a fare lì? Cercavi qualcosa da raccogliere?"
Antonio scosse la testa.
"Non parli? Raktan ti ha mangiato la lingua?" E, rivolgendosi un kroot poco
distante "Raktan?! Gli hai mangiato la lingua?!"
"No, no...", riuscì finalmente a dire Reef.
"Ah, ok.... Aspetta! Tu sei quello che ho incontrato prima dello schianto? Voi
umani siete tutti uguali, ma devi essere tu. Come cacchio hai fatto a
sopravvivere?"
"Quando sono inciampato la nave mi è atterrata davanti. Credo che l'essere a
terra mi abbia salvato la vita dalla pioggia di sassi ed altri detriti che ha generato.
Poi ho visto l'incrociatore che rimbalzava, mi passava sopra, esplodendo appena
dopo avermi sorpassato. Poi qualcosa mi è arrivato in testa, e non mi ricordo più
niente..."
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Krokgard guardò Reef, cercando di decidere se lo stesse prendendo per il culo.
Sembrava serio. "In questo caso, " decise "devi stare veramente molto a cuore al
tuo 'dio imperatore'. Segui Raktan: ti porterà dai tuoi commilitoni. Ah: un'ultima
cosa: com'è che ti chiami?"
Reef fu portato in un accampamento. Il kroot chiamato Raktan lo condusse dentro
una grossa tenda, dove trovò, tra gli altri, Hans, e un paio di altri membri della
squadra veterana ad aspettarlo. Si salutarono, scambiandosi pacche sulle spalle e
strette di mano. Un drone si avvicinò levitando: "Serve acqua? Cibo?"
"Sì, ho fame."
Da un'apertura del drone uscì uno strano frutto a forma di stella, dal sapore
dolce, e dalla consistenza pastosa.
"Senti un po', Antonio: cos'hai in mente di fare?" Gli chiese Hans dopo un po'.
"Finiremo sotto 'processo' per questo. E sai quanto siano equi i 'processi' per
insubordinazione."
"Non ci sarà nessun processo. Passeremo dalla parte dei Tau."
"Passare dalla parte dei Tau? Ma... sono Xeno! Non ci si può fidare di loro!"
"Ah, perchè invece è scientificamente provato che noi umani siamo affidabilissimi!
Pensaci, Hans, e capirai che è la sola cosa da fare."
CAPITOLO OTTO: MISHA
In quel mentre tre alieni entrarono nella tenda. Due erano guerrieri del fuoco in
uniforme completa, il terzo era un tau (per la precisione, una tau), vesti ta in abiti
civili. Una delle guardie del corpo annunciò: "Silenzio prego. Parla lo Shas'O
Vior'la Mi..."
Venne interrotto dalla tau al centro. "Grazie." e parlando in lingua tau "Non credo
che gli interessi molto il mio nome completo."
In gotico disse: "Chi ha il comando qui?"
Tutti guardarono verso Reef: in assenza di kurt, il più alto di grado in quella tenda
era lui.
"Beh," disse questi allora, con un sorriso. "Presumo che ora ce lo abbiate voi."
“Hai capito al volo, gue’la.” Sorrise di rimando la nuova arrivata.
“Sissignora…” Antonio scattò sull’attenti sperando solo di aver azzeccato il sesso
dell’ufficiale.
“She’huio, shas’la” gli rispose lei.
“Prego?”
“Oh, certo. Volevo dire ‘Riposo, soldato’. Da noi non si usa scattare sull’attenti.”
E, rivolta a tutti gli altri:
“Ascoltatemi, gue’la: chi di voi desidera unirsi a noi alzi una mano. Gli altri non
temano ritorsioni, perché non ce ne saranno.”
Reef fu il primo, seguito da una buona metà degli uomini presenti nella tenda.
“Ottimo. Chi desidera tornare nell’oscurità del vostro impero, si diriga verso
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quell’uscita. Verrà scortato momentaneamente in un campo di rieducazione, dove
risiederà fino al momento in cui sarà possibile rimpatriarlo. Nel frattempo forse
cambierete idea.”
Uno degli uomini rima sti fedeli all’Imperatore, passando vicino a Reef, lo guardò
con disgusto. Poi, improvvisamente, sputò dritto in un occhio di O’Misha. Prima
che i guerrieri del fuoco potessero reagire, Antonio sferrò una ginocchiata nello
stomaco del soldato seguita a ruota da un upperut che lo colse l’uomo, piegato a
metà per il colpo, in pieno viso.
“Mi scusi per l’incidente, signora.” Proferì Reef. “Spero comprenda che non tutti
gli umani sono irriconoscenti come quest’individuo.”
“Certo che no, gue’vesa,” Rispose O’Misha, avvicinandosi all’uomo steso a terra.
“E comunque a tutti viene concessa una seconda opportunità.”
Al soldato atterrato, venne offerta una mano, che venne rifiutata con sdegno.
Rialzatosi in piedi, il
militare fece per andarsene ma, non appena il comandante Tau gli voltò le spalle,
estrasse un pugnale dallo stivale, avventandosi contro di lei. Si udì un forte
crepitio quando O’misha, voltandosi di scatto, puntò la pistola ad impulsi estratta
da sotto la veste, e fece fuoco a bruciapelo contro il volto dell’aggressore. Ci
furono urla, seguite da un silenzio di tomba, quando il cadavere crollò a terra,
privo di tutta la parte di cranio soprastante la mandibola.
“Ma non provate ad approfittarne.” Poi, rivolto a Reef: “Tu! Seguimi. Dobbiamo
parlare.”
CAPITOLO NOVE: FINALMENTE, GUE’VESA
O'Misha condusse Reef ad un prefabbricato dalla forma semisferica poco distante.
Era costituito da un unica stanza, abbastanza affollata, tappezzata di schermi
olografici che raffiguravano la situazione della flotta tau e delle forze di terra. Al
centro c'era uno strano tavolo rotondo, attorno al quale sedevano alcuni alieni.
O'Misha glieli presentò sommariamente: il primo era Krokgard, modellatore a
capo delle forze kroot dello shan'al, che lo salutò con un cenno. Il secondo, era
l'ologramma dell'ammiraglio Nesar, a capo della flotta tau che aveva attaccato il
pianeta. Il terzo era Por'el Al'drun, ambasciatore della casta dell'acqua. Reef
prese posto sedendosi accanto a Krokgard.
"E questo è..." disse O'Misha, guardando interrogativamente Antonio.
"Sergente Veterano Antonio Reef, signora"
"E' il sergente Reef. Sembra essere l'umano di grado maggiore tra quelli che sono
passati dalla nostra parte.
"L'ammiraglio Nasar chiese qualcosa in lingua tau.
"Cos'ha detto?" sussurrò Antonio a Krokgard.
"Vuole sapere a cosa corrisponde il grado di sergente. A proposito: a cosa
corrisponde il grado di sergente?"
"Comando una squadra di una decina di veterani."
"Ah, ottimo!" E, rivolto a tutti gli altri, in lingua tau "Il militare umano pi ù alto in
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grado che è passato a noi è uno shas'ui. Non è un gran che..."
"Ci dovremo accontentare." Concluse O'Misha. "Vi ho convocato qui, oltre che per
presentarvi il più alto esponente delle forze Gue'vesa a nostra disposizione, per
pianificare la prossima azione. Perciò, se volete," Rivolta agli ufficiali della casta
dell'acqua e dell'aria
"Potete andare. Che il bene superiore illumini la vostra via."
L'ologramma dell'ammiraglio si dissolse, e Por'el Al'dun accennò un breve inchino
e uscì dalla porta.
"Ottimo:" Sbuffò O'Misha: "Ora che siamo pochi intimi voglio mettere bene le
cose in chiaro."
"Punto uno: Non mi piacciono i leccacielo. Si dice leccacielo?"
"Si dice leccaculo, signora. E comunque io non lo sono."
"Ottimo. Grazie per la correzione. Punt o due: Voi avete appena tradito il vostro
credo. Chi mi assicura che non lo fare di nuovo?"
"Per quanto riguarda me ed i membri della mia squadra, garantisco io. Sempre
che ci trattiate con rispetto, signora."
"Il rispetto va guadagnato."
"Vero, ma va guadagnata anche la fedeltà, signora"
Dopo un attimo di silenzio, Misha proseguì: "Punto tre: smettila di chiamarmi
'signora'. Mi fa sentire vecchia. Chiamami, se vuoi, comandante, ma non faccio
segreto che per me i soldati possano parlare liberamente, sempre però nei limiti
della decenza."
"Sissigno... Ricevuto."
"Punto Cinque..."
"E il punto quattro, Comandante?"
"Viene dopo, no?" contò sulle dita: "Uno, due, tre, cinque..."
"Quello è il quattro, comandante."
"Ah. Ma che cacchio di nomi date ai numeri... Non si capisce nulla... Comunque:
punto quattro. Dovrai sceglierti altri... quattro uomini per la prossima missione,
che si svolgerà in collaborazione con il modellatore Krokgard e la sua squadra di
kroot. Dovrete infiltrarvi nell'accampamento degli orki che vi hanno attaccato, e
cercare di eliminare alcuni di loro (ho stilato una lista), raccogliere informazioni,
ed eventualmente sabotare i loro veicoli. Hanno preso una batosta, ma
recupereranno in fretta. Qualche domanda?"
"Se rispondessi di sì mi sparerebbe in testa?"
"Se avessi dovuto spararti in testa alla prima domanda, alla domanda 'se
rispondessi di si mi sparerebbe in testa' ti avrei dovuto sparare in testa."
Silenzio imbarazzato.
"E' normale che non ci stia capendo niente?", chiese Korkgard.
"Sì, è normale."lo rassicurò Misha "Comunque non vedo perchè dovrei."
"Ottimo. Domanda uno: ho un grado? Chi sono gli ufficiali ai quali devo
obbedire?"
"Mmm... Domanda interessante. Vedi quel drone che sta pulendo per terra? Sì,
quel disco. Ecco. Se lui dovesse chiederti di lustrare il pavimento con la lingua tu
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dovresti obbedirgli. In realtà, però, nessuno ti chiederà di fare una cosa simile.
Prima che tu compia questa missione, però, non possiamo valutarti: per quanto
ne so potresti essere più adatto alla casta della terra, o alla casta dell'acqua. Ora
come ora, però, non sappiamo ancora come prenderti: perciò, se qualche tau, o
kroot, ti chiede qualcosa, falla. Nota: questo non dipende dalla tua razza, ma dal
fatto che tu sia il nuovissimo arrivo. Stai certo che, se mostrerai di essere un
elemento valido, ti ritroverai a dare ordini anche a tau."
"Capito. Domanda due: Nella prossima missione avremo armi umane o tau?"
"Come preferite. Cercate però di non ritrovarvi nel mezzo di uno scontro a fuoco
con un arma che non sapete usare."
"Domanda 3: Quando si svolgerà questa missione?"
"Domani notte. Il Modellatore Korkgard ti spiegherà tutto quanto hai da sapere.
Finito?"
"Finto. Con il vostro permesso, andrei a prepararmi per la missione."
"Vai pure. Chiedi alla guardia fuori dalla porta la strada per gli alloggi dei
gue'vesa."
Quando Reef se ne fu andato, O'Misha chiese a Krokgard: "Che ne pensi?"
"L'ho visto combattere. E' un elemento valido, e sembra pure furbo. E in più, ha il
marchio su di sé."
"Lo sai che non facciamo affidamento a queste superstizioni. Senza offesa per il
tuo credo."
"Il marchio potrà pur essere una superstizione, ma il fatto che un manta gli sia
precipitato addosso, e che ne sia uscito illeso è un fatto. L'ho visto cadere con i
miei occhi. E a vista sono messo bene."
"E' solo molto fortunato. Tutto qui."
"Misha, non stiamo a discutere di semantica. Tu la chiami fortuna, io lo chiamo Il
Marchio."
"Sarà... comunque tienilo d'occhio."
"Certo... Signora!"
"Fila, scemo. Non hai meno anni di me." Gli disse ridendo. "E domani notte cerca
di non rimetterci... le penne"
CAPITOLO DIECI: BRIEFING
L'indomani, Reef contattò Krokgard, per i dettagli sulla missione. Lo trovò nella
zona dell'accampamento abitata da kroot. Stava pranzando con pezzi di carne di
dubbia provenienza.
"Oh, Sergente." Gracchiò "Si accomodi."
"Hai sentito il capitano: non sono più un sergente." Si guardò intorno, per vedere
dove sedersi, e, vedendo che erano tutti a terra, seduti sui talloni, fece lo stesso.
"Oh, non prendertela. Fa così con tutti, all'inizio. Dalle tempo, e vedrai che potrà
diventare una buona amica, oltre che" ( con uno schiocco spezzò un femore) "un
saggio superiore. Sei venuto qui per la missione di stasera?"
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Antonio annuì, tenendo d'occhio un mastino grande più di un pony che gli
gironzolava attorno. "Volevo conoscere i dettagli."
"Certo, immagino. Vuoi parlarne davanti a un buon piatto di carne?" Krokgard
colse lo sguardo disgustato dell'umano. "Ovviamente cibo che mangeresti anche
tu. Ho della carne di cavallo da parte (per dirla tutta ho da parte anche la carne
del cavaliere, ma immagino che non apprezzeresti)."
Antonio rifiutò con un gesto. "No, grazie, stasera mangio con i miei uomini. Sarà
per un altra volta. Volevo chiederti: perchè non incenerire la base de gli orki
dall'orbita, o al limite con dei bombardieri? Perchè mandare noi?"
"Sai, ti dirò: conosco Misha da molto, molto tempo (era poco più di un pulcino
quando ci siamo incontrati), ma proprio non può dirmelo. Deve esserci sotto
qualcosa di grosso."
"Già... Morde?" riferendosi al mastino, che sembrava essersi particolarmente
interessato a lui.
"Sì." confermò Krokgard senza dubbi, indicando senza farsi troppo notare un
kroot con una gamba meccanica.
"Ah..." fece Reef spostandosi un po' più in la "In ogni caso, qual è il piano?"
Il piano, dopotutto, era semplice: essendo la base degli orki situata in una zona
piena di canyon, questi avrebbero potuto resistere molto bene ad un attacco in
forze, trincerandosi e annidandosi tra le rocce. Perciò sarebbero state mandate
due squadre: (una di kroot, una di umani) ad assassinare i leader del nemico, e a
sabotare le sue macchine da guerra. La squadra di kroot si sarebbe avvicinata via
terra, passando per la foresta. La squadra di umani, avrebbe nuotato sott'acqua
lungo il fiume che aveva scavato il canyon principale, emergendo ai limiti del
campo. Gli obiettivi principali erano 3: il Big Mek (L'orko addetto a costruire e
riparare i macchinari), Il Kapo Dok (L'orko addetto a 'riparare' gli altri orki), e i
tipi ztrani (gli psionici orki). Eventualmente, se ciò non avesse compromesso la
missione, sarebbe stato utile assassinare anche il kapoguerra.
Per la sua squadra, Reef scelse, oltre ad Hans, Fabius (un cecchino), Mary
(un'esploratrice) e Lars (un esperto di esplos ivi).
Al calare della notte, si imbarcarono su un trasporto truppe devilfish, che li
avrebbe condotti al fiume.
CAPITOLO UNDICI: DI NUOVO ALL’OPERA
Quelle dannate mute erano scomodissime.
La temperatura dell'acqua doveva aggirarsi sui due gradi, ma con le tute fornitegli
dai tau, non faceva per niente freddo.
Invece che ingombranti bombole, erano dotate apparati simili a branchie situati
sul collo, che assorbivano l'ossigeno dal fluido circostante.
Il problema erano i dannatissimi guanti a 4 dita (che lo costringevano ad infilare
indice e anulare nello stesso buco) e delle calzature a forma di zoccolo.
21
Nuotavano in fila indiana, nel buio più assoluto, quattro metri sott'acqua, guidati
dai visori ad infrarossi e dal sonar. Dopo mezz'ora di viaggio, finalmente
arrivarono ad un'ansa del fiume.
Si avvicinarono cautamente a riva, e Hans estrasse uno strumento dalla cintura.
Sostanzialmente si trattava di un cavo galleggiante srotolabile. Un'estremità del
filo, sbucò dall'acqua, e sui visori della squadra comparve una mappa della zona.
Spiccavano due puntini rossi, due fonti di calore, una situata sopra una rozza
torre di legno, una sotto di essa. "Hans, accoppa l'orco più in basso: Mary, pensa
a quello più in alto, e facci sapere se la visuale da quella torre può servire a
Fabius.
Hans Loon nuotò fino a riva, e fece capolino dall'acqua con la testa. Una tozza
figura stava a pochi metri da lui, fumando un grosso sigaro. Il soldato si ri
immerse di colpo, causando uno sciabordio, che destò l'attenzione dell'o rko.
Incuriosito, questi, si avvicinò all'acqua, e, guardando in basso, vide una tenue
luce lampeggiante. Non appena si inginocchiò per controllare, Hans colpì. Una
lama sbucò dall'acqua, piantandosi in profondità nel cervello dell'alieno, passando
per l'occhio destro. Subito dopo, l'orko venne trascinato in acqua. "Mary,"
mormorò Loon, "via libera."
Agilmente l'esploratrice uscì dall'acqua e si arrampicò sulla torre. Arrivata in cima,
si fermò, estraendo il coltello, ed issandosi alle spalle della sentinella.
"Questo è grosso." Riferì al resto della squadra. "Spero che il pugnale che ci
hanno fornito i nostri nuovi amici funzioni." Dalla cintura estrasse un piccolo
coltello, con la lama lunga appena due dita. Con forza la infilò nella colonna
vertebrale del bestione, che crollò immediatamente a terra, folgorato da una
scossa di ventimila volt dritta nel sistema nervoso centrale.
"E' crollato giù come un sasso. I miei compimenti alla casta della terra." Disse
Mary, soddisfatta. "Qui la vista è buona. Fabius, sali pure."
Dalla torre d'osservazione si vedeva una buona parte del campo. Anche se campo
era una parola grossa. Era un'accozzaglia di baracche, tende, e mucchi di rifiuti.
Luci piazzate casualmente lasciavano molte zone d'ombra delle quali approfittare.
sulla destra si vedeva chiaramente un parcheggio, pieno di ogni genere di veicoli,
spesso difficilmente identificabili come tali. Da li si distinguevano chiaramente dei
lampi causati chiaramente da una saldatrice. Avevano trovato il Big Mek
Krokgard saltava silenziosamente da un ramo all'altro, seguito a breve distanza
da altri kroot. Arrivato al limite di una radura, fece cenno agli altri di fermarsi, e
scrutò davanti a lui. Davanti a lui si apriva l'entrata di uno stretto canyon, chiusa
da una muraglia di metallo e presidiata da una decina di orki ben armati. Potenti
riflettori illuminavano la zona antistante, debitamente ripulita dalla vegetazione.
"Se dovessimo passare di li, saremmo messi male." mormorò il modellatore.
Fortuna che "Mamma Misha" ave va precedentemente fornito loro foto dall'orbita.
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Con un fischio ordinò ai suoi di seguirlo, mentre aggirava la radura, mantenendosi
tra la vegetazione, fino ad arrivare alla parte rocciosa, a fianco del canyon.
Il gruppo cominciò l'arrampicata, e arrivò in cima al crinale senza grossi problemi.
Proseguirono per un centinaio di metri,per poi discendere a terra. Il campo degli
orki distava poche decine di metri.
Ora restava solo da trovare gli obiettivi. "Qui Krokgard" sussurrò il kroot alla
trasmittente. "Voi umani a che punto siete?"
"Siamo quasi arrivati al Mek. Voi?"
"Siamo al campo. Dobbiamo ancora trovare il Dok, ma probabilmente basterà
seguire le urla."
"Ricevuto," Rispose Reef. "Teneteci informati."
"Krokgard, chiudo."
CAPITOLO DODICI: KA-BOOM
La squadra di Reef (Fabius, il cecchino, era rimasto sulla torre, a tenere d'occhio
la situazione) arrivò in una macchia boscosa alle spalle del parcheggio.
"Non vedo l'obiettivo... Ma dovrebbe essere dietro quel mucchio di ferraglia."
mormorò Antonio.
"Guarda meglio, sergente" lo corresse Hans. "L'obiettivo E' quel mucchio di
ferraglia."
Ed Hans aveva ragione: l'orko si portava addosso ogni genere di macchinario,
strumento, o arma. La sagoma dell'alieno era quasi irriconoscibile, ma doveva
essere alto ben più di due metri, e altrettanto largo. Probabilmente, anche
ammesso di riuscire a trovare la colonna vertebrale, non sarebbero bastati
ventimila volt per metterlo al tappeto.
"Come lo accoppiamo senza che nessuno se ne accorga?" Chiese Mary, perplessa.
Reef scrutò con l'ingrandimento massimo permessogli dalla maschera della muta.
Gli sembrava di avere scorto qualcosa di interessante in mezzo alle cianfrusaglie
che il mostro si portava sulla schiena. Non riusciva ancora, però, a capire cosa...
Eccola! Certo!
"Krokgard: sentirai un po' di casino. Non preoccuparti, e vedi se riesci ad
utilizzare il diversivo che sto per creare a tuo vantaggio."
"Ricevuto, umano, ma non fare idiozie."
"Voi due state qui." Ordinò il sergente. "Torno subito."
E partì, avvicinandosi di soppiatto al grosso orko. Nessuno lo sentì arrivare, non
perchè fosse particolarmente agile, ma perchè il mek faceva un tale casino da
coprire ogni altro rumore.
Hans vide Reef arrivare all'orko, allungare una mano, prendere qualcosa, e
tornare indietro di corsa, rinfilandosi nella macchia.
"Apri la mano. Ho un regalo per te."
"Cos'è? Sembra una..."
Spoletta. Una spoletta della gigabomba che il mek teneva con se.
Ci fu un boato, e, all'improvviso il grosso orko non esisteva più.
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Si udirono delle urla ("Ke kazzo è zuccezzo?"; "Koz'era Kuel botto?"; "Ztiamo
cerkando di dormire! Kui c'e gente ke lavora!"; "E' Zkoppiato il mek!"; "Ke
kretino! Lo zapevo ke sarebbe zuccezzo, prima o poi!"; "Zempre a pazticciare kon
le bombe, kuello"), ci fu un po' di trambusto, ma nulla di più: non è così
improbabile che un meccanico orko esploda mentre sta lavorando.
"Krokgard, qui Sergente Reef. Un'altra morte bianca tra le fila dei pelleverde."
"Ho sentito, ho sentito. Alla faccia della discrezione. Comunque buon lavoro. Ho
localizzato il Dok. Ora tocca a noi."
CAPITOLO TREDICI: UNA GROSSA RIVINCITA
Krokgard, nel frattempo, era arrivato al capannone del dok. Effettivamente, per
trovarla, era bastato seguire le urla dei malcapitati pazienti.
A quell'ora di notte, il lo "Ztudio Mediko" (come citava il cartellone appeso
sbilenco sopra l'entrata) non era molto frequentato: Solo 3 orki aspettavano fuori
dalla porta, incatenati per impedir loro di fuggire (i dok sono una delle poche cose
che veramente spaventano un pelleverde), ma l'entrata era presidiata da due
guardie. I kroot, in silenzio, aggirarono la costruzione, e sul retro scoprirono un
mucchio di arti amputati ed una coppia di zgorbi, gli assistenti del Dok, addetti al
trasporto dei "rifiuti" fuori dalla baracca.
Due dei kroot piombarono addosso ai piccoli esseri verdi, tirando loro il collo
senza problemi, e nascondendo i corpi in mezzo al gruppo di pezzi.
Con un fischio il modellatore fece cenno a due dei suoi di seguirlo dentro il
capannone.
La scena che videro all'interno gli fece venire l'acquolina in bocca: non c'era un
solo punto delle pareti che non fosse ricoperto di sangue, altri pezzi giacevano
sparsi ovunque, per terra ed appesi al soffitto. Una serie completa di arti
meccanici era accatastata in un angolo. Al centro della stanza, il medico stava
operando con una piccola sega circolare un orko legato saldamente ad un lettino
lurido. Il malcapitato urlava a squarciagola.
"Immobilizzate il bersaglio." ordinò Krokgard, due kroot si lanciarono nella stanza.
Uno di loro, arrivato alle spalle dell'obiettivo, afferrò l'orko per il collo con una
presa di soffocamento, e l'altro afferrò le braccia del pelleverde, costringendolo a
mollare la presa sul suo strumento. Il modellatore si avvicinò, afferrò la sega
circolare e la affondò nel petto del dok, lacerando ossa e tessuti, ed arrivando a
ledere gli organi vitali. Poi, sempre con lo strumento chirurgico, uccise il paziente,
infilando la lama rotante nell'incisione praticata dal medico. Infine, liberò il corpo
dell'orko appena morto dalle cinghie, e gli mise lo strumento chirurgico in mano.
Leccandosi le dita uscì dalla stanza, seguito dal resto della sua squadra.
La messa in scena era molto convincente, almeno per un orko: il paziente si era
liberato, aveva massacrato il suo carnefice, ed era morto per le ferite subite.
"Il dok è morto." Riferì alla radio. "Mancano solo gli psionici."
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"Bene Bene Bene... ki abbiamo kui..."
Una ventina di kapi orki. Un colosso in megarmatura. I suoi compagni legati. Non
fu un bello spettacolo quello che si ritrovò davanti Krokgard quando uscì dal
capannone.
"Zembra proprio" disse il Kapoguerra afferrando a due mani uno dei prigionieri
"Che dei pollaztri ziano venuti a farci vizita."
Sollevò l'ostaggio sopra la testa e lo divise in due senza sforzi.
Il pugno del modellatore colpì il bestione in pieno viso. Questo, lasciando cadere
le due metà del kroot morto, scoppiò a ridere.
"Koza penzi di fare, pollo? Io zono il più forte, kui. VERO?!" Tutti gli altri orki
ulularono il loro assenso. Altri pelleverde cominciavano ad arrivare.
"Noi orki ziamo ztupidi, kredi? Non kozi ztupidi, evidentemente. Vi abbiamo visto
arrivare. Il noztro mek zarà pure ezploso (ke idiota), ma zapeva coztruire zenzori
di kalore."
I due kroot ancora liberi (quelli che avevano accompagnato Krokgard all'interno)
fecero un lungo, basso fischio. Consigliava al modellatore di ritirarsi, mentre loro
rallentavano le forze nemiche. Krokgard schioccò il becco, rifiutando l'offerta.
"ZILENZIO" Sbraitò il kapoguerra, decapitando con un colpo di Zpara zmisura uno
dei kroot che aveva fischiato.
"Krokgard!" gracchiò Reef alla radio "che succede?"
"Ki è ke parla? Ci zono altri nemici kui?" chiese il Kapoguerra
"No, è la base. Siamo soli."
"Dici davvero, pollaztro?" domandò la belva afferrando il modellatore per la gola.
Partì un destro contro il kapoguerra, seguito da un uppercut sinistro e un calcio
nello stomaco. Tutto ciò fece scoppiare a ridere il colosso, che strinse
ulteriormente la presa sul collo del kroot. "Hai finito, pollaztro?"
"Ancora uno?" Chiese Krokgard con voce strozzata. Allungò lentamente la mano
verso una sacca, afferrando un oggetto.
"Prego! Se ti fa zentire tozto..." Disse l'orko, tra le risate.
Il modellatore allungò la mano destra verso il volto della bestia ma, invece di
sferrare un colpo, si limitò a far cadere l'oggetto precedentemente raccolto nel
colletto del kapoguerra, dentro la megarmatura.
"Ke kazzo era? Koz'ai fatto?!"
"Stasera ci sarà un arrosto, ma non sarà di pollo." Rise Krokgard.
La bomba termica esplose, incenerendo buona parte del pelleverde, e strinando
Krokgard, che si liberò dalla stretta del cadavere.
Fu il caos. I prigionieri vennero fatti a pezzi, e gli orki si lanciarono
all'inseguimento del modellatore e dell'ultimo kroot rimasto.
CAPITOLO QUATTORDICI: FUGA
"Qui krokgard. Missione finita. Reef! Ritirati!"
"Ricevuto. Tu dove vai?"
"Scappo verso il fiume, verso di voi."
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Una serie di esplosioni distrusse il parcheggio dei veicoli: le cariche da
demolizione che aveva piazzato la squadra di Reef erano brillate.
Krokgard si buttò tra i vicoli dell'accampamento, seguito a ruota del suo
compagno, con decine di orki alle calcagna. Svoltò a destra, a sinistra, ancora a
sinistra. Due orki davanti a lui, pronti a far fuoco. Con un balzo raggiunse il tetto
di una capanna, mentre gli orki crivellavano l'altro kroot. Il modellatore saltò da
tetto a tetto. Si buttò su una tenda, sfondando il soffitto e piombando addosso ad
un orko. Uscì dalla porta, sempre correndo, schiacciando uno sgorbio che passava
da quelle parti. Un kapo gli sbarrò la strada, ma venne centrato in fronte dalla
spada lanciata dal Kroot, che gli passò poi sopra. Davanti a lui un fosso. Salto.
Orko da destra. Gomitata sui denti. Presa la Piztola. Fuoco alla cieca contro gli
inseguitori. Fiume poco distante. Kapi davanti a lui. Tanti kapi. Tanti Kapi pronti a
sparare. Pistola scarica. Bestemmia.
La testa di uno dei kapi esplose, e gli altri si guardarono intorno, confusi. Un altro
orko cadde, colpito da Fabius, il cecchino, appostato sopra la torre
d'avvistamento. Gli orki si buttarono a terra, e il modellatore li saltò, e, facendo
un ultimo sprint lungo il molo si lanciò su una barca. Avviò il motore e partì a luci
spente lungo il fiume. Gli orki trovarono la barca poco distant e, a riva. Il pollaztro
era sfuggito.
"Tutto a posto?" Chiese Reef a Krokgard a bordo del devilfish che li stava
riportando alla base. Il kroot presentava evidenti ustioni sul petto e, in quantità
minore (il cappuccio lo aveva in parte protetto dal calore della bomba termica),
sul volto.
"No. Niente è a posto! Tutta la mia squadra è stata spazzata via. Ho perso
quattro dei miei migliori amici, in quell'accampamento. Ed in più non siamo
riusciti ad eliminare lo psionico. Non c'è niente che si possa definire 'a posto'!"
"Beh, tanto per cominciare sei vivo."
"Già... Di questo non mi lamento. La tribù ha bisogno di me. E, ora come ora, non
ho discendenti che la possano guidare."
"Senti, so che forse non è il momento, ma... Credi che il comandante sarà
soddisfat to del ehm... nostro operato? Quello della mia squadra, intendo."
"Avete agito meglio di me. Il Kapoguerra non sapeva neanche di voi. Avete ucciso
il mek e fatto saltare i veicoli, oltre ad avermi salvato la vita. Misha sarà
soddisfatta di voi, e comunque ci metterò una buona parola."
"Grazie, allora."
"Figurati... Ora, se permetti, vorrei restare un po' solo, a riflettere."
Il kroot si sedette in un angolo, con un unica domanda per la mente: Perchè
quell'incursione? Perchè non radere tutto al suolo dall'orbita?
CAPITOLO QUINDICI: MISSIONE COMPIUTA
Nell'ufficio del comandante O'Misha, il modellatore si stava scatenando.
26
"PERCHE' DIAVOLO CI HAI MANDATO LA? PERCHE' NON HAI FATTO FARE A
NASER IL SUO LAVORO?"
"Krokgard, credimi. Vorrei potertelo dire, ma..."
"Ascolta Misha. Per favore. Voglio sapere perchè sono morti. Non ho potuto
neanche recuperare i loro corpi. Il loro codice genetico è perduto. Non vivranno
mai più. Misha: ci conosciamo da tanti anni..."
"Lo so, Krokko, ma ho ricevuto ordini precisi da Aun'Vaal in persona."
"POTREBBE AVERTELO ORDINATO ANCHE IL BENE SUPERIORE
IMPERSONIFICATO! NON ME NE FREGA UNA MAZZA! VOGLIO SAPERE PERCHE'
QUATTRO BUONI AMICI E GUERRIERI SONO MORTI!"
"PERCHE' TI SEI FATTO BECCARE! CONTENTO?!" gli strillò il comandante,
sbattendo i pugni sulla scrivania.
Antonio aspettava il suo turno fuori dall'ufficio. Si aprì, e ne uscì un kroot fasciato
e furibondo.
Reef non fece in tempo a scostarsi che krokgard lo spinse da parte, facendolo
cadere. Si rialzò, avendo il buon senso di non dire niente.
"Entri, sergente." gli disse il capitano. Antonio avrebbe giurato che Misha si stesse
asciugando una lacrima.
"Accomodati," lo invitò O'Misha, detta anche BrightMoon, indicandogli una
poltrona.
Reef seguì il consiglio, sedendosi.
"Ho visto i dati della missione, e devo dire che mi aspettavo molto meno. Devo
complimentarvi con la tua squadra: probabilmente se fosse stato per voi la
missione sarebbe stata un successo. Ma tutti, anche Krokgard, commettono
errori."
"Grazie, Comandante."
"Prego. Direi che con questa missione avete dimostrato di essere abbastanza
addestrati da poter indossare l'equipaggiamento standard di un guerriero del
fuoco. D'ora in poi sarete Shas'la, a tutti gli effetti. Congratulazioni. Verrete
trasferiti sulla "Verità e Conciliazione", una delle nostre navi in orbita, dove sarete
addestrati all'uso del vostro nuovo equipaggiamento. Noi qui, intanto, cercheremo
di spazzare via i pelleverde."
"Va bene, signora."
"Prima che tu vada: un'ultima cosa."
"Dica."
"Avresti dei problemi ad... affrontare... altri esseri umani? In battaglia, intendo."
"Non sarebbe la prima volta, capitano. Ma..."
"Sì?"
"Non voglio essere catturato. So come trattano i traditori."
"Capisco. Vedrò cosa posso fare. Puoi andare, Shas'La"
CAPITOLO QUINDICI: LAVORI IN CORSO
Il corso di addestramento fu semplicissimo.
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L'armatura era costituita da più strati di una sostanza morbida e spugnosa, molto
elastica, ricoperti di placche di un materiale plastico molto duro.
Ogni membro della squadra fu fatto entrare in una cabina, dove telemetricamente
vennero prese le misure dei loro corpi.
"Vi interessa vedere come le costruiamo?", chiese uno dei membri della casta ella
terra addetti alla produzione.
Li condusse vicino ad una vasca piena di qualcosa simile a sabbia.
"Due raggi laser vengono emessi, perpendicolarmente, dai lati."Spiegò il tau.
"L'intensità di ciascuno di essi è troppo bassa per fondere quel materiale, ma la
loro potenza combinata riesce ad unire i granuli. Così,questi laser, muovendosi in
sincronia, riescono a formare la tuta." concluse, immergendo le mani nella sabbia,
ed estraendo la prima parte dell'armatura. Passarono ad una stanza adiacente.
"Ognuno di noi è diverso dall'altro" disse il tau. "Per non parlare di voi. Perciò non
costruiamo le piastre corazze con degli stampi. Facciamo il contrario. Vedete quel
blocco?" Chiese, indicando un cubo di mezzo metro di lato."Guardate ora che
succede."
Il cubo si mosse su un nastro trasportatore fino a ritrovarsi su un disco di metallo.
Arrivatoci sopra, si librò in aria, levitando ad un metro da terra, senza neanche un
oscillazione. Dal pavimento e dal soffitto si allungarono dei bracci meccanici, che,
emettendo dei sottili raggi, modellarono un perfetto spallaccio in pochi secondi.
"Quelli sono laser, ve ro?" chiese Reef.
"Sì, umano."
"E allora, se usate i laser per scolpire le nostre corazze, cosa succederà quando ci
spareranno addosso con dei fucili, per l'appunto, laser?"
"Acuta osservazione. Ora come ora, la corazza può essere tagliata da una
lama, ma poi verrà immersa in un liquido, che la impregnerà, ed asciugandosi, la
renderà dura come la roccia."
Il generale Cisc, della guardia imperiale, studiava incuriosito il rapporto sulle
attività dei nuovi invasori: si stavano comportando in modo decisamente bizzarro.
Prima, avevano sferrato un massiccio attacco di terra contro gli orki,
probabilmente già indeboliti da qualche incursione. Poi il nulla per giorni, fino a
quando non ricevette una comunicazione dalla flotta imperiale in orbita. "Signore.
Una nave Tau non ancora classificata è uscita dal warp in prossimità del pianeta.
Pronti ad attaccarla ad un suo ordine. Vi invio delle immagini."
Era una delle navi più bizzarre che avesse mai visto: il muso era affilato, ma
ricoperto di cavità, come le celle di un alveare. Due grottesche ali,
apparentemente inutili tanto nel volo spaziale quanto in quello atmosferico
sporgevano dai lati, ma la caratteristica più impressionante era un cristallo di
dimensioni titaniche (alto almeno cento metri, e largo la metà) che sporgeva da
poppa, inclinato verso il basso, come un pungiglione. Non aveva mai visto una
nave simile, prima di allora. "Attendo ordini, generale. Attacchiamo?".
"No," rispose questo. "Aspettiamo di vedere cosa fa. Se avessero voluto attaccarci
lo avrebbero già fatto da tempo. Meglio aspettare rinforzi."
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Quella notte il generale era fuori dalla base, a fumare una pipa, osservando la
strana nave, ormai entrata in orbita. Si era posizionata sopra la zona strappata
agli orki, e c'era un gran viavai di ae romobili leggeri tau. Sembrava stessero
lasciando le postazioni a terra per stabilirsi nelle navi. "Possibile che..." Un lampo
squarciò l'oscurità, accecando momentaneamente l'ufficiale. Quando si riprese,
una scena impressionante:
Il cristallo posto a poppa della nave brillava quasi come un secondo sole,
proiettando un raggio bianco del diametro di cinquanta metri sotto di esso. A
terra si alzò una foschia, causata dall'evaporazione dell'acqua. Lo spettacolo durò
dieci secondi. Poi il raggio si assottigliò, fino a scomparire. Ci fu qualche secondo
di pausa e il cristallo tornò a brillare, facendo ancora fuoco per terra. I pensieri si
affollavano nella mente del generale: "Ma che diavolo stanno facendo? Che stiano
eliminando gli orki rimasti? Che bisogno ci sarebbe di far venire qui quell'affare?
Che sia un test per quella nuova arma? Cercano di intimidirci? Devono sapere che
abbiamo armi più potenti di quella! Non potevano usarla prima su gli orki?"
Impartì l'ordine di attendere sviluppi, e restò sveglio tutta notte a contemplare
quello spettacolo impressionante.
Quando il sole sorse dietro le montagne, i tau avevano smesso di lavorare. Al
posto della rigogliosa zona piena di canyon, ora, c'era un cratere del diametro di
una piccola città, profondo un centinaio di metri. Al centro della voragine svettava
una mastodontica piramide esagonale, con una strana croce intagliata su ciascuno
dei sei lati. Un simbolo che instillava terrore in ogni uomo che conoscesse il suo
significato.
I tau avevano finito di scavare.
CAPITOLO DICIASSETTE: UN PO’ DI ARCHEOLOGIA NON FA MAI MALE
Una voce proveniente dall'interfono svegliò Misha.
"Comandante Brightmoon! Qui Nesar. I gue'la si comportano in modo strano.
Venga a vedere."
"Arrivo..."
Brontolando il capitano si alzò e si vestì. Possibile che per ogni cacchio di cosa
servisse lei? Era appena riuscita a prendere sonno, e probabilmente quel giorno
(ricordo che i tau sono prevalentemente notturni) non sarebbe più riuscita a
dormire.
Ordinò un doppio ka'fe al drone servitore, che la seguiva ronzando, e si avviò
sbadigliando attraverso l'accampamento, verso la sala di controllo. cominciava già
a fare caldo. E lei odiava il caldo.
"Qui O'Misha." chiese, una volta arrivata. "Cosa c'è?"
Sullo schermo olografico principale comparvero decine di navi umane.
"Ci stanno attaccando?" Domandò preoccupata all'ammiraglio.
"Stanno evacuando."
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Misha restò in silenzio per qualche secondo.
"E mi hai tirata giù dal letto per questo? E' un rotaa e mezzo che non dormo!
Stanno semplicemente evacuando. Glielo avevamo intimato. Gli avevamo detto
che il pianeta era nostro. Hanno capito di aver perso e se ne sono andati.
Semplice, no?"
"Fuggono da quando hanno visto la piramide."
"Sarà una delle loro stupide superstizioni. Andiamo, ammiraglio! Lo sa che gli
umani temono qualsiasi cosa non conoscano! In questo caso senza ragione, tra
l'altro, visto che chi ha costruito quella cosa è morto da eoni."
"Forse ha ragione, ma io indagherei."
"Allora indaghi. C'è altro?"
"No, signora. Domani, come previsto, entreremo."
"Ottimo. Vado a farmi una doccia. Mi chiami solo se avvista una bioflotta tiranide
dentro la cambusa."
Era la grande notte. La nave "Sciame della gloria" la prima nave costruita dai
vespid, in collaborazione con la casta dell'aria e della terra, galleggiava a
mezz'aria sopra la piramide, dopo averla portata alla luce. Un ascensore
gravitazionale collegava la nave a terra. Il gigantesco cannone a neutroni, non più
alimentato dai generatori della nave, e controllato dagli ultrasuoni emessi dalla
Regina, splendeva alla luna come una gigantesca pietra preziosa.
Presto la spedizione sarebbe partita.
Dieci membri della casta della terra, scortati da altrettanti guerrieri del fuoco,
avevano il compito di entrare nella piramide, raggiungere la sala principale, e di
recuperare un artefatto di inestimabile valore, di un'importanza incalcolabile per il
bene superiore. Una simile scoperta avrebbe rivoluzionato l'intera tecnologia
astronautica Tau.
Misha si stava preparando alla missione. La sua armatura da combattimento XV8
non era adatta a quella missione (era troppo ingombrante per i corridoi della
piramide), oltre che a risultare eccessiva: infatti, la presenza della casta del fuoco
all'interno della costruzione era poco più che cerimoniale. Quel luogo era
disabitato da miliardi e miliardi di anni. Al massimo poteva esserci qualche crollo,
o altri problemi tecnici, ma la casta della terra era senza dubbio più adeguata a
fronteggiare simili inconvenienti.
Quella notte, BrightMoon, avrebbe indossato la sua corazza XV11: poco più che
l'armatura di un normale guerriero del fuoco, priva di zaino a reazione,
generatore di scudo, o armi speciali. Includeva una carabina ad impulsi all'altezza
del polso sinistro, sensore ad infrarossi nell'elmetto, piastre d'iridio a protezione
dei punti vitali, fondina per pistola sulla coscia destra, e poco altro. Come modello
era abbastanza superato, ma per la missione, se così si poteva definire quella
parata, era l'ideale.
"Comandante. Qui Fio'El Laar. Noi siamo pronti.", gracchiò l'interfono.
"Arrivo subito." Confermò Misha, infilandosi il casco.
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Vista dal basso, la piramide sembrava anche più imponente. C'era voluta
un'intera giornata per aprire uno spiraglio nelle gigantesche porte che si aprivano
su quella faccia del monumento. Ora la luce dei potenti riflettori si perdeva nel
buio, all'interno.
"L'aria è respirabile, lì dentro?" Si informò la comandante.
"Immagino voglia scherzare. Niente è respirabile dopo tanto tempo. Ci saranno
forniti dei respiratori" Rispose con voce saccente l'ingegner Laar, il responsabile
civile della spedizione. "Forniti dalla casta della terra, ovviamente."
Misha annuì, appuntandosi mentalmente di ricordarsi che quell'individuo le stava
sulle palle, e, seguita dal resto della comitiva, entrò nell a piramide.
CAPITOLO DICIOTTO: AL BUIO
Subito si sentì a disagio. Nonostante l'imponenza dell'edificio, i corridoi dal profilo
trapezoidale davano a Misha un senso di claustrofobia che in poche situazioni
aveva provato. In poche brutte situazioni, per essere precisi. Il corridoio sfociò in
una stanza esagonale (la prima di una lunga serie), che generava altri cinque
corridoi.
Sull'HUD dell'armatura, comunque, la strada giusta era evidenziata chiaramente.
I guerrieri del fuoco sembravano condividere la preoccupazione del comandante,
mentre gli scienziati della casta della terra erano entusiasti, e continuavano a
parlare rumorosamente, indicando i geroglifici, commentando l'architettura ed
elogiando i costruttori. Anche Misha, nonostante la brutta sensazione, dovette
riconoscere che quel monumento era un opera veramende eccezzionale. Milioni di
metri cubi di un metallo che a malapena erano riusciti a scalfire per prelevare
campioni di materiale. Recepì lo spezzone di frase: "...non una saldatura! Non
una giunzione!", proveniente da El'Laar. E realizzò, sbalordita, che tutto quel
monumento era costruito in un unico pezzo. Quale tecnologia poteva fare una
cosa simile?
Tutto ad un tratto, Misha si rese conto, senza sapere come, che non avrebbero
dovuto trovarsi lì.
Dopo parecchi minuti di cammino, giunsero al Pozzo. Certo, visto dal vivo faceva
molta più impressione che sulle mappe: una voragine profonda esattamente
2.71828 milioni di miliardi di volte i raggio atomico dell'idrogeno (in unità di
misura più comuni, qualche chilometro). Lungo le pareti si intrecciavano due
percorsi a spirale, sparendo nel buio. Venne montato un verricello, al quale venne
agganciata un cestello abbastanza grande da poter portare due persone alla
volta. Mandò giù due guerrieri del fuoco. Seguirono lei e Laar. In fondo al pozzo vi
era una stanza enorme, dalla quale partivano una moltitudine di tunnel. Al centro
di essa vi era un grosso oggetto dalla forma indescrivibile, che sembrava sfidare
ogni logica.
Era l'obiettivo della missione: un vascello necrontyr.
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Una simile nave, costruita miliardi di anni prima da una razza ormai sconosciuta,
era in grado di viaggiare oltre la velocità della luce, ignorando bellamente ogni
legge della fisica. Se la casta della terra fosse riuscita a mettere le mani sul suo
sistema di propulsione, le comunicazioni all'interno dell'Impero sarebbero state
pressoché istantanee. Le risposte alle minacce fulminee. L'espansione delimpero
avrebbe compiuto un incredibile balzo avanti. E tutto grazie, dopotutto, al
comandante Farsight. Infatti il messaggio contenente l'ubicazione dell'artefatto,
con tanto di mappa dettagliata della piramide, era stata intercettata da una sonda
spia inviata nella sua enclave.
CAPITOLO DICIANNOVE: PANICO
Gli scienziati erano in visibilio. Uno di essi si avvicinò alla nave, imbracciando un
rilevatore di gli-eterei-solo-sanno-cosa. Arrivato a un paio di metri, barcollò,
guardò gli indicatori dello strumento, si portò le mani alla gola e crollò al suolo,
dibattendosi come un pesce fuori dall'acqua. Un guerriero del fuoco corse ad
aiutarlo, prendendolo per le spalle e trascinandolo lontano dalla nave.
"Incredibile!" Fu la prima parola dello scienziato, ripresosi. "La nave interrompe
qualsiasi contatto elettrico! Il rivelatore si è fermato, come anche il respiratore!"
"EMP?" si informò un secondo. "Non capisci! L'elettricità, nei metalli, smette di
scorrere. Gli elettroni smettono di muoversi attraverso i conduttori metallici! E'
una cosa incredibile!"
E, mentre gli scienziati continuavano a discutere entusiasti, Misha si sentiva
sempre meno al sicuro. Nell'attesa che i membri della casta della terra
decidessero come portar fuori l'artefatto, mandò dei guerrieri del fuoco a
controllare uno dei tunnel.
La Shas'O cominciò a sentirsi nervosa, molto nervosa. Il buio, nonostante il visore
notturno, sembrava essersi infittito. Sembrava essersi fatto solido. Si sentiva
avvolta, schiacciata. Le mancava l'aria. Controllò la strumentazione: tutto a
posto. E allora perchè le mancava l'aria? Cos'era tutto quel caldo? Lei odiava il
caldo. Il termostato indicava una temperatura normale, e allora perchè faceva
così dannatamente caldo? Aria! Le serviva aria! Buio! Caldo! Siamo sepolti vivi!
No... Sta calma... ti stai facendo prendere dal panico... NO! Non è panico! Lo
sento! Il buio! Lo sento che mi entra nell'armatura! Cosa stai dicendo? Il buio che
entra nell'armatura? Ma ti senti? Devi essere l'unica tau ad avere paura del buio!
Sei ridicola! Tu, Shas'O Misha, comandante Brightmoon... Potrei essere anche
Aun'Va ma la faccenda non cambia! Perchè fa così caldo?! Perchè mi gira la
testa?! E' tutta una tua impressione... Stai calma... Fai dei bei respir... MI PRENDI
PER IL CULO!? TI DICO CHE MI MANCA L'ARIA E MI DICI DI FARE DEI BEI
REPIRI!? Devo conservare l'aria, sì. Respirare il meno possibile. Quant'è che
siamo qui? Forse la riserva sta finendo! Forse è finita l'aria! Ma cosa cavolo stai
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dicendo! Siamo qui da neanche un ora... Qui dove? Dove siamo? Sotto terra!
Questo lo so! Perchè fa così caldo! Vedo il buio!
SIAMO SEPOLTI VIVI MI SERVE ARIA FA CALDO IL BUIO STO' MORENDO
SOFFOCATA SEPOLTA VIVA VOGLIO MORIRE ALL'APERTO NON IN QUESTA
TOMBA NON QUI!!!
Misha portò le mani al collo, ed afferrò i blocchi che chiudevano il casco.
CAPITOLO VENTI: RESURREZIONE
Una mano si posò sulla spalla di Misha, che si voltò di scatto, spianando la
carabina
"Capitano! Si sente bene?"
MANCA L'ARIA SOFFOCO! BASTA! TUA SORELLA SI COMPORTEREBBE COSI?! Il
buio...Rispondi! Si comporterebbe così? No, ma...
E tu sei forse inferiore a tua sorella? Più debole? Hai qualcosa di invidiare? No.
Non ho niente di meno! E allora perchè ti stai sfilando il casco?
Perchè manca l'aria... Fuori di aria respirabile ce n'è di meno. Concordi? Sì ma...
Vuoi passare alla storia come 'la sorella isterica del comandante...'? NO! E allora
calmati!
Improvvisamente Misha si sentì molto meglio. C'era ancora un vago senso di
inquietudine, ma niente di paragonabile a quello che aveva appena passato.
"Comandante?" Ripeté il guerriero del fuoco, ritrovatosi a fissare la canna della
carabina.
BrightMoon abbassò l'arma. "Sto bene", rispose.
"Deve vedere assolutamente questo, signora." indicando uno dei corridoi.
Lo spettacolo che la attendeva oltre il breve tunnel era impressionante: una
stanza rettangolare, larga una ventina di metri, ma tanto lunga che il telemetro
dell'armatura non riusciva a percepirne il fondo. Il soffitto era distante quasi
cinquanta metri, ma, la cosa più inquietante erano loro.
Lungo tutte le pareti, a perdita d'occhio, stavano, immobili, milioni e milioni di
scheletriche figure metalliche, spalle al muro, disposte su più piani, la testa
abbassata sul petto.
Restò per almeno un minuto a contemplare quello spettacolo. E quella, realizzò,
era solo una delle stanze che si diramavano dal salone contenente la nave.
Neanche durante le sue campagne contro i tiranidi aveva mai visto una cosa
simile.
Le sue riflessioni furono interrotte dall'urlo di esultanza di Laar "Ho capito!
Invertendo il flusso delle particelle..."
"No! Non toccare..." non fece in tempo a finire la frase che un lampo verde la
accecò. I geroglifici che tappezzavano pavimento, soffitto e pareti cominciarono a
brillare come smeraldi. Quella missione era stata un grosso errore.
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Le pareti della grossa stanza risplendettero alla luce di milioni di occhi verdi. Le
figure alzarono la testa. Il loro primo passo, fatto da tutti i robot nello stesso
istante, rimbombò come un tuono in quella tomba, facendo vibrare il pavimento.
I necron si erano svegliati.
BirghtMoon si girò di corsa, tornando nella sala principale. Non c'era più bisogno
del visore, visto che ormai era illuminata dalla luce dei glifi.
Gli scienziati si guardavano intorno, confusi. Laar stava passando uno strumento
lungo tutta la nave, cercando di carpirne i segreti.
"Tutti fuori di qui! Subito!" Si sgolò il comandante. "All'ascensore, presto! Prima i
membri della casta della terra. Tre alla volta!, e poi rimandatelo giù."
"Io non mi muovo di qui fino a quando non ho finito." Si impuntò Laar. "Questa
missione è troppo importante, qualsiasi cosa stia succedendo!".
"Accomodati, pure, ma voi altri andate!"
Il resto dei membri della casta del fuoco non se lo fece ripetere due volte, e si
accalcarono verso il cestello.
Tlak. Tlak. Tlak. Un clangore metallico proveniva dalla st anza. Misha, guardandosi
alle spalle, vide numerosi puntini verdi.
Misha puntò la carabina e fece fuoco. Due delle lucine si spensero quando uno dei
robot fu buttato a terra dalla forza del colpo.
Gli altri, non curandosene minimamente, continuarono ad avvicinarsi. I sei
guerrieri del fuco, in posizione difensiva attorno al punto in cui sarebbe calato il
cestello, cominciarono a sparare. Tracce blu si diramarono verso i nemici,
fondendo corazze e strappando arti.
"Sono resistenti come astartes, ma più lenti!" Urlò misha che, estratta anche la
pistola, faceva fuoco a due mani "Forza, guerrieri, possiamo farcela!"
I necron, pur essendo in una superiorità numerica letteralmente schiacciante,
potevano uscire solo pochi per volta dal corridoio e l'ascensore, guidato dal
verricello robotizzato poteva percorrere l'intera altezza del pozzo in pochi minuti.
Potevano davvero farcela.
"Signora!" Disse con voce disperata un soldato "Si rialzano!"
Misha comprese subito quello che lo shal'la intendeva: vide la parte superiore di
un robot spezzato a metà, trascinarsi verso le gambe ed attaccarsi ad esse, per
poi sollevarsi di nuovo in piedi.
E, peggio ancora, vide che canne dei primi fucili cominciavano ad accendersi con
una brillante scintilla verde.
CAPITOLO VENTUNO: (IO?)
Un arco di luce verde partì da una delle armi appena attivate, attraversò l'aria e
colpì uno dei guerrieri. Misha vide con orrore la corazza consumarsi in pochissimo
tempo, come corrosa da un potentissimo acido, fino a quando non scomparì del
tutto, lasciando il posto alla pelle e alle ossa del soldato urlante.
"Colpite quelli con i fucili accesi, per primi!"
Il cestello nel frattempo era ripartito con il secondo carico.
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La velocità con la quale i necron si rialzavano era inferiore a quella con cui
cadevano, ma il loro numero era enorme. Lampi verdi cominciavano a saettare,
sempre più frequentemente, attorno al gruppo di tau. Altri due soldati caddero,
scorticati, insieme a tre dei membri della casta della terra.
L'ascensore, nel frattempo, era tornato a terra.
Perchè (io?) sto' esistendo? (Io?) Dovrei essere nel Buio, in quel simulacro di
morte che è il (mio?) riposo. Perchè l'energia scorre nel (mio?) freddo corpo?
(Io?) Sento la polvere dei millenni, posata sulle (mie?) membra. Può essere che
sia già l'ora? Eppure (io?) non percepisco la presenza del (mio?) Padrone.
Non è il padrone. (Io?) sento i (miei?) fratelli che si stanno risvegliando, e loro
hanno visto. Viventi. Nella tomba. Il Padrone non tollera questo. Bisogna
rimediare. E ritornare nel buio, in attesa del padrone. I viventi sono nel salone.
(Io?) andrò a loro.
L'ingegnere Laar, finì di analizzare la nave. Afferrò lo scanner, e si lanciò verso il
gruppo, reclamando il suo posto sul cestello. Non sarebbe morto. Era troppo
importante per morire così: doveva riportare i dati in superficie. Corse a perdita di
fiato, percorrendo i numerosi metri che lo dividevano dalla salvezza. Arrivato a
una decina di metri si schiantò contro una figura ammantata che, fino ad un
attimo prima, non c'era.
(I o?) Sono nel salone. Viventi, davanti a me. Grave impatta con la (mia?)
schiena. Rapporto danni: nulli. (Io?) mi volto. Vivente. (Io?) lo afferro,
sollevandolo. Come tutti gli altri teme la morte, invece di agognarla. Stupidi. Non
sono cambiati dopo tutti questo tempo. (Io?) pongo fine al suo stato di vita.
Misha vide comparire il gran sacerdote davanti allo scienziato in fuga, che andò a
sbatté contro la schiena del robot. Il necron, lentamente, si voltò, afferrò il tau
per la gola, e lo sollevò in aria. "Prendete i dati! Portate i dati in superficie!", urlò
questi, appena prima che il sacerdote lo tagliasse a metà con un fendente. La
lama della falce da guerra attraversò il suo corpo con la stessa facilità con la
quale fendeva l'aria.
L'ingegnere aveva ra gione. "Shas'la! Priorità su quello con il mantello!"
I guerrieri puntarono i loro fucili contro il necron, mentre Brightmoon si lanciava
verso lo strumento, abbandonato a terra vicino al sacerdote.
Neanche vide la scarica verde che la colpì al fianco. Il raggio consumò la corazza
fino ad arrestarsi a una delle piastre d'iridio.
Misha incespicò e cadde ai piedi del gran sacerdote. Si rotolò su un fianco,
evitando un colpo di falce che l'avrebbe trapassata. Sdraiata sulla schiena, vide il
necron sollevare ancora la falce, quando una salva di colpi, provenienti dai
guerrieri del fuoco, si abbatté su di lui, aprendo numerose voragini sul corpo del
gigante di metallo, che barcollò all'indietro.
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Un altro vivente. Teme anch'egli la morte. (Io?) colpisco. Bersaglio distrutto...
negativo. Impatti multipli. Rapporto danni: lievi. Avviare processo di riparazione.
Archiviazione traccia energetica delle armi nemiche completata. Ripristino
obiettivo primario: eliminare il vivente. (Io?) Colpisco. Bersaglio danneggiato.
Misha, fulminea, allungò il braccio, afferrò lo scanner, e si rimise in piedi...
chiedendosi come mai la sua mano fosse ancora per terra, attaccata allo
strumento. La falce gliela aveva staccata così nettamente che non se n'era
neanche accorta al momento. Il dolore venne quando l'armatura,
automaticamente, chiuse la valvola a forma di iride posta a metà
dell'avambraccio, troncandoglielo, ma impedendo all'ossigeno di fuoriuscire
dall'armatura. Urlando, il comandante, sparò un colpo di carabina in faccia a l
sacerdote, mandandolo al tappeto, afferrò lo scanner, e raggiunse il resto del
gruppo, ormai raggiunto dai necron.
Rapporto danni: significativi. Dettagli: Danni all'unità di controllo primaria. Danni
ai sensori. Attivazione canopo.
Misha percepì un lampo verde, quando il visore dell'armatura venne bruciato da
una scarica di energia Gauss. Il proiettore retineo sfavillò, e poi si spense,
lasciando il comandante nel buio.
Sentì una voce urlare: "Hanno colpito il capitano! Portatelo sull'ascensore!"
Quattro mani la afferrarono saldamente, e la trascinarono nel cestello.
Questa volta l'aria le mancava davvero, a causa della falla apertasi quando era
stata colpita dalla scarica di scorticatore al fianco. L'ultima cosa che pensò prima
di perdere i sensi fu che aveva ancora con sé lo scanner.
Ultimo vivente eliminato. Viventi in ritirata. Eliminazione forzata viventi in ritirata?
Attivazione unità logica binaria: Negativo. Richiesta spiegazioni inviata: i viventi
lasciano la tomba. (Io?) invio gli scarabei a ripulire i resti organici. (Io) invio i
ragni delle tombe a riparare i (miei?) fratelli danneggiati.
(Io?) mi teletrasporto nel Sarcofago. (Io?) Posso riprendere l'attesa. (Io?) ritorno
nel buio.
SECONDO LIBRO: ANGELI DELLA MORTE
CAPITOLO UNO: MELTING POT
Reef non seppe mai per quale motivo i tau lasciarono il pianeta in fretta e furia.
Era a cena, quando notò l'acqua del suo bicchiere vibrare, all'accensione dei
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motori. Solo pochi minuti dopo erano nel Warp, come sempre accompagnati dalla
piacevole sensazione di essere circondati da demoni di ogni tipo pronti a divorare
loro corpo e anima.
Dopo qualche giorno, uscirono dal Warp in prossimità di un pianeta di medie
dimensioni, e Reef, assieme alla sua squadra, venne condotto a terra mediante
degli shuttle che facevano da spola tra le navi orbitali e la superficie.
Appena le porte della navicella si aprirono sulla piattaforma di atterraggio,
sospesa a cinquecento metri dal suolo, si ritrovarono di fronte ad uno spettacolo
maestoso.
Alla loro destra, il sole stava tramontando, ed il cielo, colorato di rosso, sembrava
in fiamme. Nuvole brillavano della luce del sole morente, in lontananza,
scaricando torrenti di pioggia, che formava uno spettacolare arcobaleno. Dritto
davanti a loro, stava sorgendo la luna, enorme e bellissima, ricoperta da foreste
ed oceani, all'orizzonte, che brillava di una azzurrognola. A sinistra era già buio,
ed un cielo scuro era puntellato da migliaia di stelle, gioielli incastonati nel velluto
nero della notte. E, sotto di loro, si stendeva una città di acciaio e cristallo,
pullulante di vita, luci in movimento. Il sole si rifletteva sui maestosi grattacieli,
illuminandoli di un rosso sanguigno. Lussureggianti giardini si aprivano tra le
strade, e sui tetti di palazzi.
Benvenuti su Sky'rrel Minoris.
Furono accompagnati a un velivolo dalla forma allungata, che li accompagnò ai
loro alloggi. Grattacieli di cristallo alti chilometri svettavano ai loro fianchi, enormi
tunnel entravano sotto terra, dove le fabbriche lavoravano a pieno regime, ma
senza emettere lo smog caratteristico delle città imperiali. Non c'erano lampioni:
la luce sembrava provenire dai palazzi stessi. Ogni genere di alieno passeggiava,
saltellava, strisciava o levitava sotto di loro: presto la ripugnanza derivata
dall'indottrinamento imperiale lasciò il posto ad un certo fascino. Umani
stringevano la mano a Kroot, tau mercanteggiavano con soldati-cane... Gli era
stato insegnato ad odiare lo Xeno, e, anche se sul suo pianeta natale, Moracre, si
era piuttosto tolleranti riguardo a questo argomento, non gli sembrava normale
accettare una cosa simile. Ma... tutto sembrava funzionare così bene! Tutti
sembravano, se non raggianti, almeno contenti della loro vita. Sembravano quasi
i mille ingranaggi di una macchina ben oliata: ognuno, girando, aiutava gli altri, e
tutti, girando, aiutavano il singolo.
Nonostante ciò, tolleranza e tutto, represse a stento un conato di vomito alla vista
di una bella ragazza che baciava un tau.
"Questo mai!" promise a sé stesso, ad alta voce. "Non arriverò mai a baciare..."
Un velivolo privato, trasportante una splendida veggente eldar (evidentemente a
capo di una delegazione di diplomatici), passò lentamente accanto a loro. "... A
baciare un..." ripeté, MOLTO distratto dai suoi propositi "Un... A baciare..."
L'aliena lo fissò con disgusto, ed una voce sprezzante risuonò nella sua mente:
"Sicuramente non me, scim'maigh. E tieni i tuoi luridi pensieri lontani da me!"
Una fitta di mal di testa lo fece quasi svenire, ma passò subito, tra le risate dei
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suoi compagni, che avevano sentito tutto.
"Quella è cotta di te!" Gli disse Hans tra le risate.
"Questo è il due di picche più bello che abbia mai visto!" Confermò Mary,
sbellicandosi.
"Dai, basta! Quella lì ha frainteso! Figurarsi se mi sento attratto da uno Xeno!
Io?" Rispose Antonio,
In pochi minuti arrivarono ad un palazzo dalle forme tondeggianti, più esteso che
alto, ma comunque elegante: erano arrivati al centro di smistamento. Si
accodarono alla lunga fila di umani, ma non solo, che si era formata, ed, uno
dopo l'altro, entrarono nel palazzo.
Quando toccò a Reef, lo fecero accomodare in una stanza, dove un'annoiata
donna di mezz'età cominciò a fargli domande.
"Nome?"
"Reef Antonio"
"Provenienza?"
"Moracre"
"Mestiere?"
"Soldato scelto"
"Ti senti adatto al tuo mestiere?"
"Scusi?"
"Credi che il soldato sia il mestiere che fa per te? Magari saresti più adatto,
secondo te, a fare il mercante?"
"Non saprei..."
"Hai 10 secondi per saperlo."
Avrebbe voluto una vita di pace? Di tranquillità? Non sapeva fare molto altro che
combattere, però... Ritirarsi a una vita tranquilla. Mettere su famiglia. Fare i soldi.
Stava per rispondere che no, non si sentiva adatto a fare il soldato, quando vide il
tatuaggio che aveva sull'avambraccio. L'aquila imperiale a due teste. Nulla
avrebbe fermato l'Imperum. Sarebbero arrivati fin lì, ed avrebbero distrutto tutto,
guidati da un odio viscerale e profondo nei confronti di quello che non conoscono.
Sarebbero tornati a prenderlo. Ne era certo. Non avrebbero permesso che lui
rimanesse impunito. E quando si sarebbero presentati, non si sarebbe fatto
trovare impreparato. Avrebbe combattuto, e, se lo avesse voluto l'Impe... Il Bene
Superiore (doveva ancora fare l'abitudine al cambiamento), il bene avrebbe vinto.
"Mi sento adatto al mio mestiere."
"Sai scrivere?"
"Sì"
"Compila questo questionario ed imbucalo lì. Il prossimo!"
"Benvenuto nella Casta Del Fuoco" si disse Reef.
CAPITOLO DUE: SONO SEMPRE I MIGLIORI AD ANDARSENE
Quattro lunghi anni, passarono da quel giorno.
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Nella sua carriera di guerriero del fuoco, Reef affrontò migliaia di sfide. Centinaia
e centinaia di ore di sangue, morte e violenza. Uccise orki, umani, necron ed
Eldar oscuri, più eventuali schermaglie con razze minori.
Molti caddero.
Fabius morì per mano di Reef: gli sparò in testa, mentre veniva trascinato via
urlante, verso un portale degli Eldar Oscuri. Meglio la morte che quello che lo
attendeva.
Mary, invece, si spense tra le sue braccia, tagliata a metà da un Dreadnaunght
degli orki.
Lars, l'esperto di esplosivi, al test attitudinale scelse di passare alla casta della
terra, come ingegnere minerario. Scomparve dopo aver portato alla luce una
tomba necron.
Hans, era l'unico sopravvissuto della squadra veterana, ma a caro prezzo.
Durante una missione contro forze imperiali, strappò un fucile al plasma dalle
mani di un cadavere, e fece fuoco contro un basilisk. Appena premuto i grilletto, il
fucile esplose tra le sue mani. Krokgard raccolse il suo corpo devastato, e lo
riportò nel più vicino ospedale da campo. Hans non aveva più un viso, e fu
necessario amputargli entrambe le braccia. Gli occhi e le mani furono comunque
sostituiti con delle protesi bioniche, ma, di fatto, Loon non aveva più un volto.
Misha, col tempo, imparò a rispettare Antonio e la sua squadra, diventando
sempre più affabile. Alla fine nacque una grande amicizia.
Reef, un giorno si svegliò, ed, improvvisamente, si rese conto di credere nel bene
superiore. Era stato un passaggio graduale. Non aveva mai creduto in qualcosa
più grande della vita sua e dei suoi amici. Forse (e dico forse: nessuno, Antonio
per primo, lo sa) non aveva mai creduto neanche nell'Imperatore. Ma quel giorno,
capì per cosa stava combattendo: un futuro di fratellanza, collaborazione e, forse,
anche pace.
Allo scadere dei quattro anni Antonio venne convocato dal comandante
Brightmoon.
"Salve comandante", la salutò. "Novità?"
"Ciao, Antonio. Sì, ho grandi, grandissime novità. Sa che cos'è un prova del
fuoco?"
"Veramente no, signora."
"Dopo quattro anni di servizio, uno shas'la può sostenere la Prova del fuoco.
Consiste in una missione particolarmente difficile..."
"Tanto per cambiare!" Sbottò Reef
"Taci! Come stavo dicendo, se completa questa missione, un guerriero del fuoco
ha diritto ad indossare un'armatura da combattimento."
"E?"
"E, tu, combatti per il bene superiore da quattro anni esatti."
"Vuole dire che affidereste a me, un umano, un'armatura da combattimento?"
"Sì. Gli altri umani hanno bisogno di certezze. Vogliono essere considerati nostri
pari. Tu, il migliore dei nostri collaboratori della tua razza, diventerai il simbolo
dell'integrazione tra razze Darai loro speranza. Sarai il primo umano a guidare
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un'armatura da combattimento. "
CAPITOLO TRE: ANCORA IN BALLO
"Eccoci." pensò tra se e se Reef. "Ci siamo".
L'incrociatore classe merchant uscì dal warp, seguito da una piccola flotta di navi.
Davanti a loro si intravedeva, ancora distante, il pianeta Vengance, che, secondo i
piani, ospitava il loro obiettivo: una nave degli Ultramarine, rimasta a vigilare sul
pianeta, per sincerarsi che l'infestazione tiranide fosse definitivamente debellata.
Antonio stava preparando il suo equipaggiamento, insieme agli altri combattenti
umani e a i kroot, Krokgard compreso.
"Non hai paura?", gli chiese questi, mettendosi il suo inseparabile cappuccio.
"Non più del solito: cioè me la sto facendo sotto." Rispose Reef, con una risatina
nervosa.
"Non sei preoccupato? Cioè, affronterai degli Astartes. 'I migliori guerrieri
dell'Imperium' come dite voi."
"Gli Space Marine? Sai una cosa? Secondo me, se esistono (e non ne sono
neanche convinto, aggiungo) non possono poi essere così terribili. Giganti alti due
metri? E allora? Non so se hai mai visto un ogrym. Altro che due metri... Secondo
me sono solo un'invenzione dei commissari, per incoraggiare gli uomini nei casi
disperati.
"Il modellatore, allacciandosi i gambali, gli domandò: "Tu dici? Io ci ho
combattuto, e fidati: non sono da sottovalutare. Ovviamente, non so se c'è
bisogno di dirlo, io gli Astartes me li mangio a colazione... In tutti i sensi."
Ci fu un'altra risata nervosa, tra umani e Kroot, ma poco convinta. Il momento
del confronto si avvicinava.
Nella sala di controllo, O'Misha sedeva al fianco dell'ammiraglio Nesar.
Brightmoon era di pessimo umore: l'ultima missione con scopo di ricerca era finita
male. Ci aveva rimesso una mano, ora sostituita da una meccanica, e, oltretutto,
lo scanner era riuscito ad analizzare solo la forma esterna della nave necron. Solo
la maledettissima forma esterna. Tanto valeva fargli una foto. E quella missione
all'inizio era sembrata uno scherzo. Questa già si preannunciava un casino (al
diavolo il linguaggio tecnico: almeno nel pensiero poteva lasciarsi andare!).
La missione "superuomo" consisteva nel catturare degli Astartes in grado di
svelare il loro segreto: come trasformare un uomo in uno Space Marine.
Più facile a dirsi che a farsi: prima di tutto bisognava ABBORDARE una nave di
Astartes, senza essere abbordati.
Bisognava penetrare all'interno con la forza, catturare un 'Apotecario' VIVO,
portarlo fuori, e tornarsene in una zona sicura. E, tra parentesi, avrebbe voluto
vedere come i membri della casta dell'acqua intendevano far parlare l'astartes.
Ma questi erano cavoli loro. Lei aveva già abbastanza problemi.
"Navi imperiali in avvicinamento. L'obiettivo rimane indietro. Sembrano non
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essere interessati allo scontro." Riferì l'addetto ai sensori.
"Probabilmente penseranno che non siamo una minaccia abbastanza consistente
per essere scomodati." Intuì Nesar.
"Ah sì? Gliela do io la minaccia!" Si inalberò Misha. "Registrate le mie parole e
trasmettetele in modo che quegli scimmioni possano riceverle."
"Qui comandante Brightmoon, della setta Vior'la, generale della casta del fuoco.
Sono venuta qui per affrontare degli Astartes, i migliori combattenti
dell'imperium. E cosa vedono i miei occhi? I possenti Ultramarine, che restano
indietro, mandando dei comuni soldati avanti. 'Ed essi non conosceranno la
paura'? Ma per favore! Combattete in casa, ma comunque temete dei piccoli
Xeno? Qual'è il problema? Non vorrete mica deludere il vostro 'Imperatore', vero?
No, perchè sennò, se vedesse che ve la fate sotto davanti a dei piccoli tau, si
metterebbe a piangere. Cosa dite? Nella condizione in cui si trova non può
neanche piangere? Ah già, dimenticavo che lo tenevate in frigo. Mi son sempre
chiesta: pensate di tirarlo fuori e stapparlo per le grandi occasioni, o lo lasciate li
a tempo indefinito. No, perchè sento che comincia a puzzare..."
Il messaggio fu inviato, e per qualche minuto non successe niente. Poi, come a
malavoglia, le navi della marina imperiale invertirono la rotta, e la nave degli
space marine cominciò ad avvicinarsi a piena velocità.
"Centro..." mormorò Misha.
CAPITOLO QUATTRO: ABBORDAGGIO
"Non esulti troppo in fretta, comandante BrightMoon." L'ammonì l'ammiraglio
"Guardi quelle navi imperiali."
Le astronavi si stavano avvicinando al pianeta, allontanandosi da loro.
"Si stanno facendo da parte, no?" Chiese lei, perplessa.
"E' Quello che vogliono farci credere. Ho visto troppe manovre di questo tipo nella
mia carriera per farmi fregare in questo modo. Fanno finta di allontanarsi, si
avvicinano al pianeta, ed utilizzano l'effetto fionda per circumnavigarlo e
piombarci alle spalle. Ma se tutto va secondo i piani..."
"Signore!" Lo interruppe un addetto agli scanner. "Delle navi sono appena
comparse sugli schermi. Dalla loro impronta energetica sembrano... tiranidi!"
"Perfetto!" Esclamò Neasar. "Tutte le squadre da sbarco: partenza!"
Decine di bombardieri Manta, caccia TigherShark e navi da sbarco Orca lasciarono
le stive delle titaniche navi da guerra Tau, dirigendosi a tutta velocità verso la
nave degli Astartes. Una in particolare si tenne un po' in disparte.
La sua forma spigolosa, i suoi motori ad emissione interna, e il gene ratore di
campo Stealth, la rendevano invisibile a radar e sensori, oltre a farla passare
inosservata a qualche osservatore poco attento.
Era la nave S-15 Lampreda, l'ultimo ritrovato della tecnologia stealth della casta
della terra. Poteva trasportare 50 uomini, e, grazie agli uncini magneto-termici
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posti a prua (che davano il nome alla nave), poteva agganciarsi allo scafo di una
nave, aprirci un buco e riversare la fanteria all'interno inibendo anche eventuali
sistemi di sicurezza, grazie al potente Jammer montato sui rostri da ancoraggio.
All'interno Reef stava finendo di preparare le attrezzature. La casta della terra,
questa volta, si era davvero superata. Ciascuno dei 5 umani, 5 tau e 5 kroot
aveva con sé i più avanzati equipaggiamenti che l'impero tau avesse da offrire.
Ciascuno di loro, gli era stato detto durante il briefing, gli era costato come un
caccia Barracuda.
A partire dai generatori di campo stealth perfezionati (che non solo rendevano il
possessore pressoché invisibile, ma, racchiudendo completamente l'utente, non
lasciavano passare odori, e schermavano molto bene i rumori) alle carabine
silenziate, in grado di sparare un colpo con lo stesso rumore di uno schiocco di
dita, passando per i visori tattici, in grado di rilevare i nemici e gli obiettivi anche
attraverso una parete. I kroot avevano fatto storie: non amavano portarsi
equipaggiamenti tanto sofisticati, ma krokgard li aveva messi a tacere.
L'attracco fu così morbido, che nessuno se ne accorse. Gli uncini penetrarono
nello scafo, a ggrappandosi saldamente. Con un sibilo, due torce termiche
cominciarono a formare una circonferenza incandescente, che presto divenne un
buco perfettamente circolare. La squadra attivò gli strumenti, e, in un silenzio
innaturale, entrò nel ventre della bes tia.
CAPITOLO CINQUE: SERVOTESCHIO
"Navi tiranidi ai limiti del sistema, signore! Sembrerebbero droni d'avanguardia!"
"Dannazione!", esclamò l'ammiraglio Ribben, al comando della flotta imperiale di
presidio su Vengance. "Proprio ora! Squadra! Annullare la manovra d'attacco
contro le navi tau! Puntare contro i tiranidi! Sono loro il pericolo maggiore!."E,
rivolto all'addetto ai monitor "Mandamele sullo schermo."
Erano senza alcun dubbio navi tiranidi. Però c'era qualcosa di strano. I tentacoli si
muovevano lentamente, quasi a scatti, ed i colori erano meno vividi del solito.
Forse erano malate, o stordite dal salto nel warp. Non tentò neanche di dire allo
psionico di bordo di mandare un messaggio. L'ombra del warp, a questo punto, li
aveva già isolati. L'unica speranza era quella di mandare una nave a cercare
rinforzi, mentre il resto della flotta cercava di annientare il nemico prima che si
richiamasse il resto della bioflotta.
Reef sbucò in uno stretto pertugio, che doveva essere l'intercapedine del doppio
scafo della nave imperiale.
Non c'era anima viva: le altre navi da sbarco avevano riversato decine di droni
nel vascello, lontani da loro, in modo da creare un diversivo.
"Secondo il computer il luogo dove più probabilmente troveremo il nostro
bersaglio dista cinquecento metri in linea d'aria." Affermò Krokgard guardando lo
scanner. "Tre piani più in su, e due sezioni più all'interno. Muoviamoci. Meglio
restare qua dentro: la sorveglianza dovrebbe essere pressoché nulla."
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Silenziosa, la squadra avanzò nel buio. Pochi metri più avanti c'era una scala a
pioli, che portava ad una botola sul soffitto. Assicuratisi che non ci fossero sistemi
di allarme, venne aperta, e l'ascesa continuò.
Reef spalancò la seconda botola: un teschio lo stava fissando a non più di mezzo
metro.
"Servoteschio!" mormorò un altro umano. "Non ti muovere! Potrebbe non
vederci!"
Il piccolo congegno si avvicinò, incuriosito dall'anomalia e si fermò ad una spanna
dal volto di Reef. Un sottile raggio partì da un'orbita, e sondò attentame nte lo
spazio davanti a sè. Antonio lo vide scorrere sul pavimento, avvicinandosi sempre
più alla sua mano, per poi passarci attraverso, solo leggermente distorto dal
campo stealth. Il servoteschi cominciò a scrivere qualcosa, su un rotolo di carta.
+++Oggetto: Botola trovata aperta.+++
+++Causa: Possibile infestazione di Hrud+++
+++Soluzione: Indagare e mandare, se necessario, squadra di epurazione+++
+++Pensiero del giorno: Non tollerare che lo Xeno viva+++
Fatto questo si girò e scomparì nel buio. Tirato un sospiro di sollievo, la squadra
arrivò finalmente al terzo piano. Una porta a tenuta stagna comunicava con un
corridoio male illuminato: sembrava di essere in una cattedrale più che in un
astronave.
Avevano percorso pochi metri, quando sentirono un forte rumore di passi.
Qualcuno si stava avvicinando di corsa.
"Tornate nell'intercapedine, ORA!" Sussurrò concitatamente Krokgard. Tutta la
squadra si ritirò in fretta: gli scanner cominciavano già a distinguere cinque
sagome avvicinarsi di corsa alla loro posizione, in un corridoio perpendicolare al
loro. Reef entrò per ultimo, tirando la porta dietro di sé, accostandola appena, per
evitare di far troppo rumore chiudendola.
Fece appena in tempo, prima che il primo Space Marine svoltasse, immettendosi
nel corridoio. Superò la porta, così come il secondo.
Il terzo, le gettò un occhiata, e si fermò.
Una voce tonante riempì l'aria: "Fratelli, guardate. Quella porta non dovrebbe
essere aperta."
Una mano guantata afferrò la maniglia.
CAPITOLO SEI: ASTARTE S
La porta si spalancò, ed un Astartes entrò, requiem spianato e dito sul grilletto.
Krokgard con un unico movimento, estrasse la sua spada potenziata, e troncò
entrambe le braccia del colosso all'altezza dei polsi, pronto a lanciarsi sul
secondo.
Considerare il primo space marine fuori gioco fu un errore. Pur orrendamente
mutilato, il gigante si scagliò contro il kroot, afferrandolo con un abbracci
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stritolante. Colto di sorpresa, il modellatore lasciò cadere a terra la spada. Reef
non stette a guardare, e, imitato da i tau e dagli umani, aprì il fuoco sulla schiena
del marine, che, ormai ferito a morte, crollò a terra sopra Krokgard. Altri kroot
estrassero le loro armi potenziate e si lanciarono fuori dalla porta, seguiti dal
resto della squadra, meno avvezza al corpo a corpo. Il primo dei kroot spiccò un
salto, impugnando la spada come un pugnale, mirando alla testa del nemico.
Questi, fulmineamente, lo prese al volo, afferrandolo per la gola e per il polso, e,
con una rapida mossa, strappò letteralmente il braccio dell'assalitore, per poi
sbriciolargli l'osso del collo con la sola stretta della mano. Altri due kroot
riuscirono a tagliare un marine a metà, colpendolo insieme ai fianchi. Reef,
avendo una buona linea di tiro, sparò in faccia ad uno dei coloss i. Stava già per
puntare ad un altro quando vide che, in sostanza, pur avendo bruciato l'armatura,
il suo bersaglio era indenne. Chi diavolo poteva resistere ad un colpo di una
carabina alla testa da quella distanza?? Non fece in tempo a sparare un secondo
colpo che venne scagliato a terra da un pugno nello stomaco. Pur essendo
protetto da una buona armatura, si sentì come se un chimera gli fosse passato
sopra. Resistette all'impulso di vomitare: indossando un casco integrale un
rigurgito avrebbe potuto soffocarlo. Si rialzò barcollando: "Ah sì? Vuoi metterla
sul personale?"
Se la cavava bene nel corpo a corpo. Un paio di volte era riuscito a sopraffare un
orko, e altre volte c'erano state risse dove aveva mandato kroot al tappeto con
un solo colpo. Tirò un uppercat al mento del marine, con tutte le sue forze. Fu
come prendere a pugni la pala di un Leman Russ. Urlò, sentendo le sue nocche
scricchiolare, ma il dolore si calmò subito, non appena gli stimolanti furono
iniettati dall'armatura. Il marine gli tirò un manrovescio che quasi gli spezzò il
collo.
Antonio si lasciò sfuggire un "Per l'imperatore messo a novanta sul trono d'oro!".
Grosso, grossissimo errore. Tutti gli Astartes si voltarono verso di lui, gli occhi
brillanti di rosso.
Vide il sergente dei marine lanciarsi verso di lui, la spada potenziata levata. Una
mano artigliata lo artigliò da dietro per la testa scoperta. Notò con disgusto una
delle dita di Krokgard, rialzatosi, affondare nell'orbita del colosso. Questi, come se
nulla fosse, afferrò il kroot per il polso e lo scagliò davanti a sé. Il modellatore
atterrò in piedi, pronto ad affrontare il nemico. Si lanciò in avanti, tentando una
finta alla testa, per poi deviare verso l'addome. Il sergente parò senza problemi,
e, con un unico movimento, cercò di tagliare le gambe al modellatore, che con un
salto schivò il colpo. Un pugno partì verso il kroot, che venne colpito sul becco,
per poi barcollare indietro. Si riprese giusto in tempo per vedere il sergente
compiere un affondo che lo avrebbe trapassato senza problemi. Krokgard scattò
di lato, bloccando il braccio armato del nemico sotto l'ascella, e affondandogli la
spada nel ventre, tirandola poi verso l'alto e rigirandola nella ferita. Con
soddisfazione avvicinò il volto a quello del nemico morente. "Io vinco, tu perdi."
Gli mormorò. "Hai combattuto bene. Riposa in pace, e che il tuo imperatore vegli
su di te."
Il sergente, per tutta risposta, gli sputò in faccia. Krokgard lo allontanò con un
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calcio, stridendo per il dolore: la saliva acida del marine aveva già cominciato a
corrodergli il becco, quando Reef realizzò cosa stava succedendo, e,
fulmineamente, gli spruzzò lo spray staticizzante sulla ferita. Questo spray veniva
spesso usato dai medici da campo, e, grazie alle sue proprietà quasi miracolose,
aveva salvato molte vite. Una volta spruzzato reagiva con i tessuti, indurendoli e
ricoprendo la ferita di una resistente patina elastica, che fermava le emorragie,
impediva ai batteri di cominciare infezioni, e, in questo caso, lasciava l'acido
senza ossigeno, impedendogli di ossidarsi e di continuare la sua opera di
distruzione.
Nel frattempo i due marine restanti erano stati abbattuti dal fuoco delle dieci
carabine ad impulsi, ma non prima di aver sventrato tre umani e due tau.
CAPITOLO SETTE: APOTECARIO
"Via! Di corsa! Verso l'obiettivo!" Urlò Krokgard, lanciandosi nel corridoio, seguito
dal resto del gruppo. "Usate le siringhe di gel saldante sulle porte che non ci
servono!". Sul corridoio, infatti, si affacciavano diverse porte laterali, che
conducevano a stanze e ad altri corridoi, ed erano potenziali vie d'accesso per le
forze nemiche. Ad ognuna di esse, la squadra applicò il gel: in sostanza, era un
collante molecolare incredibilmente potente, che, se usato nel modo giusto,
fondeva in pochi secondi la porta con lo stipite, come fosse una saldatura, ma più
veloce e resistente.
"Eccoci! Ci siamo!" Esclamò Reef.
Non appena entrarono nella stanza, i requiem aprirono il fuoco. Altri cinque Space
Marine, uno dei quali aveva un'armatura bianca, erano asserragliati all'interno.
"Sparate alle luci!" Ordinò Reef.
"Inutile:" Ribatté krokgard. "Ci vedono perfettamente anche al buio."
"Fidati. Spariamo alle luci, al mio segnale."
Una selva di colpi infranse i lampadari, facendo piombare la stanza nell'oscurità,
ma non prima che un colpo di requiem colpisse un tau in gola, nel punto debole
tra l'elmetto e la corazza pettorale, esplodendo e facendo partire la testa dritta in
aria, in un modo, se non fosse per la situazione, che qualcuno avrebbe anche
definito comico.
Non appena fu buio, seguendo l'ordine d'Antonio, il gruppo lanciò diverse granate
fotoniche all'interno. Esplosero, accecando momentaneamente gli space marine,
le quali pupille si erano appena dilatate per compensare la penuria di luce.
Scattarono all'interno, primo tra tutti Krokgard che, impugnando due spade
potenziate (una delle quali rubata al sergente da poco ucciso) trapassò il casco di
un marine, tagliando la testa di un secondo. Reef sparò ad un marine, buttandolo
a terra, dove un kroot poté finirlo con un colpo di arma potenziata, e inserì
l'equipaggiamento speciale nella canna della carabina. Puntò all'apotecario,
trattenne il fiato, e fece fuoco. Una rete d'adamantio a memoria di forma partì dal
fucile, e si avvinghiò attorno al colosso, contraendosi appena dopo per
raggiungere le minor dimensioni consentite dalla preda, per poi irrigidirsi come se
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fosse una vera e propria gabbia. Il bersaglio crollò a terra, incapace di muoversi.
due kroot si avvicinarono senza timore, e afferrarono l'apotecario, per poi
trascinarlo via più in fretta possibile, verso la loro via di fuga. Simili reti venivano
usate dai kroot per catturare i grandi Gnarlok, molto più forti e feroci di un
Astartes: non c'era pericolo che si liberasse.
L'ammiraglio Ribben, dalla plancia della nave della marina imperiale, continuava a
scrutare le navi tiranidi: sicuramente avevano qualcosa di strano...
"Signore, siamo a distanza di tiro."
"Allora sparate, dannazione!" Sbraitò l'ufficiale.
Due siluri di settantacinque metri partirono da prua, e si diressero a tutta velocità
verso le bionavi nemiche.
Una voce dall'interfono: "Signore, qui il navigatore Shon. Volevo avvisarla che ho
inviato il messaggio di aiuto con successo."
"Cosa? Hai mandato il messaggio di aiuto? Come diavolo è possibile?! Le navi
tiranidi non ti hanno fermato?"
"Navi tiranidi? Quali tiranidi? Io mi riferivo ai viscidi Tau!"
"E se non ci sono navi tiranidi, cosa diavolo sto guardando?"
"Non ne ho idea, signore. Posso solo assicurarle che la mia mente percepisce la
Sua luce come una nave vede un faro nel mare in tempesta."
"Signore, impatto tra cinque secondi: tre, due, uno. Impatto avveunto!"
L'esplosione disintegrò il primo vascello, che esplose spargendo tutt'intorno
carne, sangue, muscoli, ma anche...
"Voglio un ingrandimento sul relitto."
Dalla nave tiranide spuntavano pezzi di metallo, e chiaramente uno dei tentacoli
era mosso da un braccio meccanico interno.
CAPITOLO OTTO: RITIRATA STRATEGICA
Sul vascello principale tau, l'addetto ai sensori avvertì Nesar: "Signore, le navi
imperiali tornano indietro!"
L'ammiraglio sorrise soddisfatto: il diversivo aveva funzionato a meraviglia.
Usare le bionavi tiranidi uccise nella campagna precedente come esche, inserendo
al loro interno dei motori modificati per simulare la traccia energetica, e dei
macchinari per far muovere i tentacoli era stata, dopotutto, una grande idea. Una
nave tau le aveva sganciate qualche ora prima, e queste avevano proseguito,
guidate da delle semplici intelligenze artificiali, fino ad arrivare nel sistema.
Ora bisognava solo sperare che, mentre le altre navi tau tenevano occupati gli
Astartes, la squadra tornasse in fretta con l'obiettivo.
"Rinforzi nemici in avvicinamento! Sigillate la porta!" Ordinò krokgard. "Ui'Reef:
bucami quel pavimento."
Antonio sfoderò un dispositivo simile ad una sparachiodi da arrampicata con
sistema di ricarica a revolver, appoggiò la canna a terra, e fece fuoco, piantando
per qualche centimetro un paletto nel pavimento. Ripeté l'operazione fino a
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formare un cerchio molto approssimativo, e premette l'interruttore sul manico.
Con uno sfrigolio, le cariche termiche portarono il metallo al calor-bianco, per poi
fonderlo.
"Il pavimento regge..." Cominciò a dire Reef, proprio quando un tonfo li avvertì
che i marine erano arrivati appena fuori dalla stanza. "La porta invece non durerà
a lungo. Piazza un secondo cerchio di cariche!" Suggerì energicamente un
soldato.
"Lampreda, com'è la situazione?" Chiese Krogard nel frattempo.
"Qui è tutto a posto. Non siamo stati rilevati."
"Potete sganciarvi e attraccare due livelli più in su?"
"La casta dell'aria può tutto, ricorda." fu la risposta scherzosa del pilota.
"Arriviamo"
Con uno schianto la sezione di pavimento cedette al calore del secondo cerchio di
cariche, e cro llò fragorosamente sul ponte inferiore.
"Tutti giù, svelti!" urlò Reef, mentre i kroot buttavano senza troppi complimenti
l'apotecario nel buco.
Una volta atterrati nella stanza più in basso, cominciarono una corsa disperata,
trascinandosi dietro il prigioniero che imprecava contro di loro ad alta voce.
Appena prima di girare l'angolo che lo avrebbe portato al corridoio comunicante
con l'intercapedine, Reef sentì il boato prodotto da un fucile requiem, e il sibilo del
proiettile.Il razzo autopropellente gli colpì lo zaino, esplodendo, scagliandolo
avanti come un colpo di ariete. Antonio si ritrovò sdraiato per terra. Subito si alzò
a sedere, facendo fuoco con la carabina contro i marine in rapido avvicinamento.
Due dei suoi compagni lo rimisero in piedi, e la corsa proseguì. Ecco la porta
dell'intercapedine. Si lanciò dentro, e subito venne chiusa e sigillata.
Ci vollero venti colpi di maglio per buttare a terra il pesante portellone. La
squadra tattica fece irruzione, appena in tempo per vedere l'ultimo dei loro nemici
entrare nella nave da sbarco. Il primo dei marine si fiondò verso l'apertura,
brandendo una bomba termica. Meglio uccidere il fratello Apotecario, che lasciarlo
in mano a degli Xeno. Tre metri. Due metri.
L'ultimo metro lo percorse molto più velocemente, risucchiato dal vuoto siderale,
quando il Lampreda si sganciò dal vascello, lasciando una falla aperta nello scafo.
A Reef sembrò di vedere qualcosa di azzurro sfrecciare vicino all'oblò, ma non ne
fu sicuro. Ce l'avevano fatta.
CAPITOLO NOVE: LA VIA PIU’ BREVE TRA DUE PUNTI E’ LA LINEA RETTA
"Squadra d'abbordaggio a bordo. Hanno con sé l'apotecario. Ce l'hanno fatta!
Richiamate in plancia la squadra! Voglio complimentarmi con loro!" riferì
l'ammiraglio. "Flotta, disingaggio. Si torna a casa!"
La plancia della nave Tau esplose tra urla esultanti.
"Ammiraglio, qui nave Strada Luminosa. Gli astartes..."
La nave dei marine si lanciò in avanti a tutta potenza, facendo fuoco con tutte e
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dodici le batterie d'artiglieria sul vascello tau, riducendolo ad un relitto prima che
l'addetto alle comunicazioni potesse finire la frase. Non era ancora finita.
"Iniziare le procedure per il lancio iperluce!" Ordinò Nesar.
"Signore, sono più veloci di noi! Ci hanno agganciati con le batterie d'artiglieria. E
le altre navi imperiali stanno arrivando!"
Il vascello degli Astartes si avvicinava velocemente, pronto a frapporsi tra la nave
tau e lo spazio profondo. Le batterie di artiglieria erano in ricarica, e sarebbero
state pronte a fare fuoco a piena potenza.
"Puntate su di loro. Voglio che li colpiate nel punto in cui il castello di poppa si
collega con la prua: è lì che la nave è più sottile. Deflettete l'energia dei cannoni a
rotaia e dagli scudi verso i motori! E caricate il lanciasiluri di prua con testate
termiche. Se non li speroniamo prima che facciano fuoco è finita. Siluri pronti al
mio ordine!"
Il piota si voltò e guardò l'ammiraglio con sgomento: "Signore! Le faccio notare
che quella è una BattleBarge! E' grande due volte noi!"
"Pilota! Ti faccio notare che sono un tuo superiore! Fai quello che ti dico o ti faccio
fare un giro di chiglia senza tuta!"
Misha, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, mormorò tra sé e sé:
"Spero che tu sappia quello che fai, ammiraglio."
La nave tau corresse la rotta di qualche grado, prima di spingere i motori al
massimo. I motori brillarono come dei soli, rilasciando nello spazio fiammate
lunghe centinaia di metri. I due colossi di metallo si avvicinavano sempre di più.
Un chilometro: I primi due cannoni imperiali fanno fuoco, colpendo i deflettore.
Seicento metri: Altre tre postazioni d'artiglieria brillano. Parte la bordata di siluri
dalla nave tau.
Trecento metri: Al quinto cannone che fa fuoco, il deflettore collassa.
Cento metri: I siluri colpiscono duramente il fianco della nave, rendendolo
incandescente e leggermente più malleabile. Subito però il gelo siderale comincia
a rindurirli.
Contatto: La prua della nave tau penetra nello scafo semifuso del vascello
imperiale. Le due navi sembrano restare attaccate l'una all'altra, come due cani
che si azzannano alla gola.
"Siamo incastrati. E' finita." Pensa l'ammiraglio Nesar.
All'improvviso, con uno stridio, il Battlebarge imperiale cede. Il castello di poppa
si stacca dal resto della nave, che, roteando, si allontana nel vuoto, riversando
gas e macerie nello spazio, e liberando dalla morsa la nave tau, che prosegue la
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sua corsa verso lo spazio esterno.
"Rapporto danni!" Ordinò Nesar, preoccupato.
"Il generatore del deflettore è fuori uso. Incendi sui ponti Alfa e November. I
droni sono già in posizionione per spegnerli. Lanciamissili gravitici distrutti. Ce la
faremo!"
Urla di gioia saturarono l'aria, seguite a ruota a grida di scherno rivolte agli
attaccanti. Misha strinse vigorosamente la mano all'ammiraglio,
complimentandosi vivamente con lui e con i membri della squadra che avevano
catturato l'apotecario, appena giunti sul ponte.
Per un attimo la plancia sprofondò nel buio, ma subito le luci si riaccesero.
"Complimenti Ui'Reef." si congratulò Misha con Antonio. "Ti sei appena meritato
un'armatura da combattimento. Fece per stringergli la mano, ma, con un leggero
schiocco partì una dolorosa scintilla tra i due.
"Ahia!" Esclamò Reef. "Ma che è questa puzza?!"
Nella plancia aleggiava un forte odore, simile a quando sta per cadere un fulmine.
"Ozono..." Affermò Krokgard, annusando l'aria.
La luce andò via ancora, questa volta più a lungo.
Reef si rese conto di avere i capelli ritti in piedi.
Una grossa scintilla partì da un pannello, verso il soffitto.
Buio per tre secondi.
Luci accese.
Altre scintille, sempre più forti, ora accompagnate da rumorosi schiocchi.
Odore di ozono ormai quasi soffocante.
Buio. Un rumore assordante, come se fosse caduto un fulmine nella plancia. Luce.
Una grossa mitragliatrice.
Un lanciafiamme pesante.
Quattro enormi magli potenziati.
Dieci occhi carichi d'odio.
Cinque gigantesche armature terminator svettavano in mezzo alla plancia, in
tutta la loro mostruosa imponenza.
Una voce cavernosa: "Tutti vedono e temono l'ira dell'Imperatore!"
CAPITOLO DIECI: TERMINATOR
Si scatenò l'inferno. Con una fiammata di lanciafiamme un'intera fila di piloti
venne incenerita, tra urla di dolore e panico. Reef imbracciò il fucile, e sparò un
intero caricatore nella schiena di terminator, facendolo barcollare, senza però
infliggergli danni. I requiem d'assalto tuonavano, e proiettili al deuterio
sfrecciavano ovunque, aprendo buchi grandi come pugni nelle pareti. Tra gli altri
rumori, Reef percepì un sibilo simile a quello di un trapano. Ca22o. Si lanciò
contro Misha, che stava sparando con la pistola di ordinanza, buttandola dietro
una consolle appena prima che il cannone d'assalto cominciasse a fare fuoco.
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Proiettili altamente esplosivi spazzarono un'intera parete, distruggendo qualsiasi
incontrassero.
Dal suo precario riparo, Antonio cercò di schiarirsi le idee: le armi ad impulsi
sembravano pressoché inutili, e sulla plancia non ce n'erano di altro tipo...
Eccetto... Il cannone d'assalto!
"Misha! Dov'è il sistema d'allarme?" Urlò, per farsi sentire nel frastuono.
"L'impatto con l'altra nave deve aver danneggiato delle periferiche. Bisogna
attivarlo manualmente, e l'interruttore è dall'altra parte della plancia!"
"Ascolta! Ora io cerco di attirare su di me il fuoco di quella belva. Aspetta che
cominci a sparare a me, poi corri a far scattare l'allarme, ok?!"
Senza attendere una risposta si alzò in piedi, prese di mira il Marine con il
cannone d'assalto, e gli sparò qualche colpo.
Questi si girò, seccato. Le canne della mitragliatrice cominciarono a girare sempre
più velocemente. Reef partì di corsa, mentre sulla parete dietro di lui si aprivano
una serie di crateri incandescenti. "Forza, figlio di ****, spara!" Pensò, mentre si
dirigeva verso un altro terminator. Se i fucili ad impulsi non servono, forse i
cannoni d'assalto possono tornare utili!
La scia di colpi lo seguì, sempre più vicina all'altro Astartes...
Fermandosi prima di colpirlo. Doppio ca22o. Reef, scoraggiato, si voltò: il secondo
terminator lo sovrastava, il maglio sollevato, pronto a calare. Antonio si buttò
indietro, evitando il colpo di un soffio. Il maglio si sollevò una seconda volta.
Questa volta non avrebbe mancato. All'improvviso una figura incappucciata
atterrò in piedi sulle spalle dell'astartes aggrappandosi saldamente al casco del
nemico, pugnalandolo ripetutamente al petto con la spada potenziata. La belva
barcollò, colpita a morte, e cadde all'indietro con uno schianto sulla gamba destra
di Krokgard.
Misha aveva raggiunto l'interruttore, e lo stava premendo furiosamente. Nulla. Il
sistema di allarme non funzionava. Si voltò, disperata, trovandosi davanti un
terminator. Era senza casco, e la sua faccia era una maschera d'odio. Anche il
comandante tau, però, era piuttosto contrariata. Il marine non fece in tempo a
sollevare il maglio che Misha gli sparò un colpo di pistola dritto in fronte. La testa
del marine esplose, schizzando ossa e materia cerebrale tutto intorno.
"Idiota..." pensò la tau distrattamente, mentre si guardava intorno, alla ricerca di
una soluzione "se non indossi l'elmetto, vuol dire che non hai niente da
proteggere..." il suo pensiero si interruppe quando il suo sguardo cadde sulla
freccia con sopra scritta 'HANGAR', dipinta sulla parete.
Uno dei terminator si voltò verso Krokgard, che stava inutilmente cercando di
sollevare il corpo che gli imprigionava la gamba. Gli occhi del marine brillarono di
rosso, mentre alzava il lanciafiamme pesante, puntando al kroot.
Nesar si scagliò contro il marine, brandendo a due mani la lama potenziata
lasciata in precedenza cadere dal modellatore, sollevandola sopra la testa.
Nessuno poteva entrare così sulla sua nave.
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Con un urlo rabbioso calò la spada con tutte le sue forze sul nemico... che con
una sola mano afferrò entrambi i polsi del tau. L'ammiraglio cercò inutilmente di
divincolarsi, ed il marine, senza alcuno sforzo strinse il pugno sbriciolando le
fragili ossa del membro della casta dell'aria, sollevandolo di mezzo metro, per poi
sbatterlo con forza a terra. L'ultima cosa che il Kor'O Vior'la Las Tyr Mont'ka
Nesar vide fu il pesante scarpone calare sulla sua testa.
Reef aveva assistito impotente alla scena. Il panico cominciava a pervaderlo.
Dov'era Misha? Cosa doveva fare? Forse avrebbe dovuto fuggire: quei mostri
sembravano inarrestabili, ma non poteva abbandonare Krokgard, che era finito
nei casini per aiutarlo. La sua mano scivolò inavvertitamente su uno degli
equipaggiamenti della precedente missione. Antonio lo guardò, e capì che poteva
essergli molto utile. Si lanciò di corsa contro il terminator armato di lanciafiamme,
che si stava avvicinando al modellatore inerme. Il marine lo notò, voltandosi
verso Reef e facendo fuoco con l'inceneritore. L'umano si lanciò a terra, evitando
il getto di prometheum infiammato di un soffio, ma tanto bastò per scioglierli uno
spallaccio dell'armatura. Scivolando sul pavimento ormai ricoperto di sangue,
Antonio raggiunse il nemico fermandosi violentemente contro il piede
dell'ultramarine. Impugnò lo strumento che aveva usato per aprire un buco nel
pavimento della nave imperiale, e lo appoggiò in mezzo alle gambe dell'astartes,
premendo il grilletto.
Il terminator sentì un dolore nel basso ventre: qualcosa aveva bucato l'armatura,
penetrando in profondità nelle sue carni. "Grazie all'imperatore," pensò "non ho
organi vitali in quella zona del corpo. Non più, almeno." Aggiunse con un mezzo
sorriso, preparandosi a schiacciare il traditore. Questi rotolò via e subito un dolore
molto più intenso del precedente lo attenagliò. Stava bruciando. Bruciando da
dentro.
Con un urlo di rabbia e dolore il terminator calò il maglio al suolo, cercando di
colpire Antonio, che si allontanò di corsa, puntando verso il marine armato di
cannone d'assalto. Lo colse alle spalle, appoggiò la canna in mezzo alla sua
schiena e premette il grilletto della sparachiodi, scoprendo nel peggiore dei modi
che l'arma improvvisata era scarica. Il colosso si voltò lentamente, e Reef si
ritrovò a fissare le canne della mitragliatrice, che cominciavano a girare sempre
più velocemente. Nessun posto dove ripararsi. In un istante, Reef si chiese cosa
ne sarebbe stato di lui. Esisteva un'anima? Se sì, la sua avrebbe bruciato tra le
fiamme del Warp? Esisteva davvero un Imperator...?
Alle sue spalle una parete cominciò a deformarsi e a piegarsi, colpita da un fucile
termico, prima di esplodere colplita da un razzo. Sia lui che il terminator fissarono
sbalorditi l'armatura crisis emergere dalla breccia, lasciandosi alle spalle un tunnel
scavato con il fucile a fusione sfondando pareti e soffitti a colpi di fucile a fusione
e di lanciarazzi. Per fortuna tra l'Hangar delle armature da combattimento e la
plancia non vi erano paratie corazzate. Misha era arrivata.
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CAPITOLO UNDICI: QUALE ARMATURA E’ LA MIGLIORE?
Il cannone d'assalto si girò verso la nuova arrivata, cominciando a tuonare.
Misha, cominciò ad avanzare, piegando il braccio con il generatore di scudo
davanti a lei, ed i colpi rimbalzarono rumorosamente sul campo di forza. Reef non
stette a guardare: si sfilò di tasca il contenitore del gel sigillante e, approfittando
della distrazione dell'astartes, la cacciò tra le canne.
L'effetto fu quasi immediato: con un gemito di metallo torturato i movimento si
bloccò. Un proiettile esplosivo venne sparato mentre le canne non erano allineate,
e, con un botto, il cannone esplose, spezzandosi a metà. Il terminator, infuriato,
diede un manrovescio ad Antonio, e si diresse verso l'armatura crisis in
avvicinamento. Il colpo sollevò Reef da terra, gli fece percorrere in volo mezza
plancia, e lo fece atterrare su un pannello di controllo che si fracassò all'impatto.
Ancora una volta l'armatura gli salvò la vita: senza di essa, sarebbe rimasto
fulminato dall'alto voltaggio dei comandi. Rimase senza fiato: si sentiva il torace a
pezzi, e faceva molta fatica a respirare: una costola doveva avergli perforato un
polmone. La vista gli si annebbiò. "Chissà se mi risveglierò?" si chiese prima di
perdere i sensi.
Misha apprezzò molto l'aiuto di di Ui'Reef. Quella mitragliatrice era davvero
pericolosa. Il marine era a meno di due metri quando il fucile termico della crisis
si illuminò, iniziando la reazione interna e proiettando un brillante raggio bianco,
che colpì il terminator in pieno volto. Tutta la metà superiore dell'astartes si fuse
come burro, e le braccia, non essendo più attaccate alle spalle (non esistevano
più delle spalle, effettivamente) caddero a terra, ai lati. Ciò che restava
dell'imperiale, cioè le gambe e metà della vita, rimasero in piedi, sostenute dal
loro stesso peso.
"Che c'è, $tronzo," urlò al cadave re "hai cal.." Mai soffermarsi a fare battutine
idiote dopo aver ucciso un nemico: quest'imprudenza quasi le costò la vita. Due
tonnellate di furia la travolsero: il caposquadra nemico la caricò colpendola
duramente con lo scudo tempesta. Gli allarmi dell'armatura suonarono, mentre il
sistema di stabilizzazione cercava di ritrovare vanamente l'equailibrio. La crisis
crollò al suolo, sotto al terminator. Questi afferrò il braccio armato di termico
dell'armatura nemica, immobilizzandolo al suolo, mentre sollevava il martello del
tuono, calandolo repentinamente verso il petto di Misha. Il comandante tau riuscì
a frapporre il generatore di scudo tra sé e l'arma potenziata, che con uno schianto
si fermò a pochi centimetri dal suo braccio. Infuriato il terminator colpì ancora, e
ancora lo scudo resse, ma a malapena.
La scritta "LIVELLO SCUDO CRITICO" lampeggiò sull'Hud della crisis.
Per la terza volta il mertello si levò, per poi abbassarsi con violenza. Misha
allungò il braccio, afferrando il nemico per il polso, bloccandoglielo prima che
potesse colpire. Il nemico era forte, ma le crisis venivano anche usate
nell'industria, per sollevare grossi pesi, o per caricare navi. Un'armatura da
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combattimento XV8, se adeguatamente manovrata, poteva sollevare trenta
quintali: il problema, semmai, era riuscire a farla restare in piedi. Un abile pilota
come O'Misha avrebbe potuto rimette in piedi l'armatura con l'aiuto dello zaino a
reazione, ma non certo con sopra un terminator. Doveva ovviare a questo.
Il terminator era così impegnato a lottare con la crisis, che non notò il movimento
del lanciarazzi montato sulla spalla: notò invece la carica altamente esplosiva che
conseguentemente gli esplose in faccia.
Ora, un'armatura terminator è un'armatura terminator, un'astartes è un'astartes,
ma un razzo esploso in pieno viso fa sempre il suo effetto. Il marine si sollevò da
terra, ricadendo sulla schiena, stordito dalla deflagrazione. Misha, con un rombo
di motori, si rimise in piedi, e fu subito sul nemico, calando violentemente un
piede sulla sua testa. Ci fu un clangore, ma nulla di più. La Shas'O mirò con il
fucile a fusione, e premette il grilletto. Il terminator, però fu più veloce di lei, e,
dopo essersi parato con lo scudo, cercò a tentoni il martello che gli era sfuggito di
mano. Misha lo batté sul tempo, ed afferrata l'arma, colpì per prima. Quel
terminator avrebbe potuto tornare utile come prigioniero, si limitò a colpirlo alle
braccia e alle gambe, staccandogliele facilmente: la sua umanità, per quel giorno,
era finita.
CAPITOLO DODICI: SOLE E LUNA
"Siamo qui riuniti per commemorare il Kor'O Vior'la Las Tyr Mont'ka Nesar, abile
ammiraglio, padre premuroso e compagno fedele..." le parole dell'etereo
risuonavano nell'hangar della stazione spaziale, dove si stava svolgendo la
cerimonia. Dopo l'assalto dei terminator, la nave aveva necessitato di numerose
riparazioni, e della sostituzione della gran parte degli ufficiali, quasi tutti deceduti
nel furioso combattimento avvenuto in plancia. I vascelli imperiali non li avevano
potuti inseguire: dovevano restare a presidiare il pianeta, gli ordini erano
perentori.
Misha stava assistendo alla cerimonia, in compagnia dell'equipaggio della nave e
di alcuni membri di spicco della setta Vior'la ed: tra gli altri, figurava sua sorella.
Il comandante cercò di ignorarla, cercando di concentrarsi sul discorso del
sacerdote: Nesar era stato, oltre che un eccellente ammiraglio, un buon amico.
Non era mai facile abituarsi a queste cose. Mai.
Terminato il discorso, la salma dell'ammiraglio venne espulsa dalla nave nella
direzione della stella più vicina: il suo grande viaggio verso la luce sarebbe
continuato, metaforicamente e non.
Misha si disperse insieme al resto della folla, affrettandosi ad arrivare allo shuttle
che l'avrebbe riportata a Terra: l'ultima cosa che avrebbe voluto era...
"Salve, sorella.", la salutò una voce femminile.
"Appunto", mormorò BrightMoon tra sé e sé. "Cosa vuoi?" sibilò di rimando.
"Volevo dirti che mi dispiace per Nesar..."
"Anche a me." la interruppe bruscamente. "Senti, non hai una sfera di espansione
da mandare avanti? Io ho da fare, perciò, se non ti dispiace..."
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La comandante Shadowsun sembrò sinceramente sorpresa: "Misha, ascoltami:
tutti..."
"...collaborano per il Bene Superiore, lo so. Appunto per questo, dovrei andare a
'collaborare' in qualche inutile missione voluta da qualche inutile... burocrate
consistente nel recuperare qualche inutile manufatto barra tizio da studiare ed
analizzare."
"Il tuo sentimento non è genuino. Non dovresti provarlo!"
"Non sono 'invidiosa'!" L'ultima parola venne detta in gotico: effettivamente non
esistevano parole tau per esprimere quell'emozione. E, comunque, stava
mentendo. Perchè sua sorella era stata messa al comando della terza sfera di
espansione, e lei doveva accontentarsi di raccogliere le briciole, leccando il culo
alla casta della terra, e facendo il loro sporco lavoro?
"E non dovresti esserlo! Le scoperte da te fatte aiutano enormemente il Bene
Superiore!"
Misha si avvicinò, fino a trovarsi faccia a faccia con la sorella O'Shaserra: "Dimmi
UNA SOLA scoperta fatta dalla casta della terra grazie al mio aiuto che sia stata
REALMENTE utile!"
"Beh, così su due piedi non saprei..."
"Appunto. Ora devo proprio andare. Ciao, e che gli eterei veglino su di te."
Borbottò, avviandosi verso lo scalo delle navette.
LIBRO DI INTERMEZZO: CRISIS
CAPITOLO UNO: SHAS’VRE JHAS
Reef si avvicinò al tau che lo stava spettando nell'hangar delle crisis:
"Piacere:" si presentò, tendendo la mano. "Ui'Reef."
"Il piacere è tutto tuo, gue'la. Io sono Shas'Vre Jhas, ma tu puoi chiamarmi
'signore'".
Antonio rimase per un attimo interdetto: "Va bene, signore. Sono qui per..."
"Pensi che non lo sappia? Un'armatura da combattimento ad un umano! Roba da
non credere. Vieni."
Si avvicinò ad una della armature:
"Questa è un'armatura da combattimento XV8 'Crisis'. Altezza: tre metri e mezzo.
Peso: due tonnellate. Armamento: variabile. Così si apre." disse, posando una
mano sul petto dell'armatura. L'intera parte anteriore della crisis ruotò verso il
basso, come un ponte levatoio. "L'armatura riconosce lo schema dei vasi
sanguigni della mano, che sono unici da individuo ad individuo (figurarsi tra tau e
gue'la): se sbagli armatura, un segnale acustico ti avviserà che hai fatto un
errore. La seconda volta ti darà una scossa di avvertimento a basso voltaggio. La
terza volta ottantamila volt metteranno fine alla tua inutile esistenza.
Poi entri, infili le gambe sotto il sedile (come se fossi inginocchiato a pregare il
tuo 'imperatore'), ti infili il casco, e metti le mani sui comandi.
Noi piloti diciamo spesso che le armature si guidano con gli occhi: infatti la
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maggior parte dei comandi li puoi impartire semplicemente guardando certe zone
dell'HUD..."
Reef alzò la mano, e Jhas lo fulminò con lo sguardo: "Che vuoi?"
"Che succede se durante l'azione mi cade inavvertitamente l'occhio su un
comando?"
"Se mi avessi lasciato finire, ti avrei detto che questi comandi sono APDI: A Prova
Di Idiota (anche se non so quanto tu possa essere idiota, sembri essere
comunque ad un buon livello di idiozia). Questi comandi sono disposti in zone
dove raramente capita di guardare accidentalmente, e comunque sono disposti
dentro finestre a comparsa. Non è facile azionare un comando casualmente, ma
credo in te: puoi farcela!"
Dopo un'altra ora di spiegazioni, Jhas lo congedò, dandogli da studiare cinque
data disk per il giorno dopo. A Reef sembrò, tristemente, di essere tornato a
scuola...
CAPITOLO DUE: PROVA DI FORZA
Reef si stava preparando il discorso: dopo sei mesi (e quindici armature: Jhas
amava rinfacciargli che aveva distrutto più armature lui che il nemico nell'ultima
campagna) di duro addestramento Antonio aveva imparato a guidare la sua
armatura crisis quasi alla perfezione. Conosceva le manovre più basilari, le
tattiche da combattimento, alcune manovre avanzate, e, un paio di volte, aveva
tentato anche un attacco in profondità.
Sul pianeta Sky'rrel minoris, dove si trovava, era arrivato un nuovo 'carico' di
prigionieri imperiali: sarebbe stato compito suo dimostrare come venivano trattati
gli umani tra i tau. Avrebbe dovuto fare un discorso riassumibile come "noi siamo
i buoni, noi vi proteggiamo, noi vi forniamo le armi migliori." mentre si esibiva
nella sua armatura da combattimento. La casta dell'acqua credeva che avrebbe
funzionato, e che molti umani sarebbero rimasti impressionati. E Reef ci credeva.
Entrò nell'XV8, chiuse il portellone, e si avviò verso le porte dell'hangar, che si
aprirono automaticamente.
Una ragazza di trent'anni stava parlando concitatamente a quelli che dovevano
essere duemila prigionieri umani, tutti in fila, ammanettati e sorvegliati da un
centinaio di droni arma "... capisco la vostra situazione!" Stava dicendo la
giovane. "Siete confusi! Tutte le vostre certezze stanno vacillando. Come mai
l'Imperatore vorrebbe la guerra? Perchè tutti questi morti?! E la risposta è:
l'imperatore vuole la pace! I vostri leader, fino a questo momento, vi hanno
mentito, parlando nel Suo nome per perseguire i loro scopi malvagi! Non
preferireste una galassia dove uomini, tau, tutti, possono vivere fianco a fianco?
Dove tutte le razze UNITE affrontano i problemi del singolo, superandole? Credete
che l'Imperatore abbia voluto la morte dei vostri fratelli? NO! L'imperatore, ve lo
dico io, vuole il Bene Superiore, ed il Bene Superiore E' l'imperatore. Cosa vi
hanno dato i vostri capi? Un fucile ridicolo, un armatura scadente, e una
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prospettiva di vita quasi nulla. Guardate cosa possiamo darvi noi! Ammirate il
Sergente Maggiore Antonio Reef, nella sua magnifica Armatura da combattimento
Crisis!"
Reef si avvicinò alle file di soldati. Poteva vedere il timore negli occhi di alcuni, la
meraviglia in quelli di altri, ma in molti vedeva odio.
"Io," cominciò "ero come voi. Un soldato, una pedina sacrificabile. I miei cap i
avrebbero sacrificato un pianeta, piuttosto che collaborare con i Tau. Avrebbero
lasciato morire miliardi di persone. Mariti. Mogli. Figli. Credete che l'imperatore
avrebbe voluto questo?" Pausa ad effetto.
"No, mi sono detto. L'Imperatore è benevolo! Non può lasciare che questo
accada. IO non posso lasciare che questo accada. Così, sono passato all'Impero
Tau. Prima, non contavo nulla, con il mio fucile laser, il mio giubbotto
antischegge. Ora GUARDATEMI!" Urlò, sollevandosi da terra con un sibilo di
motori.
"Ho la potenza di fuoco di un sentinel!" disse facendo partire dei razzi che fecero
esplodere un finto carro armato.
"Sono più forte di un'astartes!" urlò, sollevando un blocco di metallo di trecento
chili, lanciandolo lontano.
"Sono più leggiadro di un falco!" affermò girando su sé stesso e sollevandosi
ancor di più in alto, sempre di più... fino ad urtare violentemente il soffitto.
Misha stava osservando Reef da una balconata, quando lo vide schiantarsi contro
la volta, per poi piombare a terra eseguendo uno splendido e rumoroso
atterraggio di faccia. Nello schianto la fila di motori destra perse potenza, mentre
quella sinistra rimase accesa. Reef cominciò quindi a percorrere un orbita
circolare sul pavimento, sempre strusciando di faccia emettendo vistose scintille,
imprecando e cercando di spegnere i motori con comandi vocali improvvisati del
tipo: "spegnimento motori! Arresto di emergenza, CAZZO! Armatura: Stop,
corazza di merd?!"
Se l'obiettivo era fare colpo sui prigionieri, allora il discors o era stato un successo:
il novanta percento di loro era letteralmente piegato in due dalle risate (il
restante dieci percento era arrivato solo alle lacrime.). Dopo gli orrori della
guerra, questa era la cosa più divertente che vedevano da mesi.
"Fate venire un carro attrezzi, prima finisca per far male a qualcuno..." ordinò
Misha, coprendosi gli occhi con una mano.
CAPITOLO TRE: COLPO DI TESTA, COLPO DI FULMINE
Reef tornò sconsolato alla sua stanza: aveva fatto una figura da idiota davanti al
suo comandante, il suo istruttore che si era subito congratulato per essere
arrivato a quota sedici, duemila prigionieri e l'istruttrice che aveva subito
adocchiato. Ora aveva solo voglia di farsi una dormita, e, magari, di non
svegliarsi. Girando l'angolo che lo po rtava nel corridoio del suo alloggio, impattò
duramente contro qualcosa, finendo a terra. Appena vide contro chi aveva urtato,
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desiderò avere a portata di mano badile e piccone, per scavarsi una fossa e
seppellircisi per sempre: davanti a lui, a terra, c'era l'istruttrice di poco prima,
che si teneva il naso sanguinante.
Antonio si rimise subito in piedi, offrendole la mano e balbettando monosillabi di
scusa. La ragazza accettò l'aiuto e si alzò.
"Scusami... Oggi proprio non è giornata! Dove ho la testa?!"
Lei, cercando di tamponare l'emorragia scherzò: "Ora non so, ma pochi secondi fa
era contro il mio naso... Signore."
"Guarda, sono mortificato. Vieni, ti porto in infermeria."
"Non credo sia necessario, signore. Non è niente."
"Non c'è bisogno che mi chiami signore. Chiamami Antonio. E almeno permettimi
di offrirti da bere..."
"Va bene. Io mi chiamo Laura." Disse, offrendo la mano insanguinata, che Reef
strinse prontamente.
Laura Primis (questo era il suo cognome), gli raccontò al bar degli alloggi, era una
gue'vesa di seconda generazione: i suoi genitori erano stati imperiali, che
successivamente erano passati tra le fila del bene superiore. Era perciò nata già
nell'impero tau, ed era cresciuta secondo i suoi dettami. Ricordava veramente
poco dei suoi genitori (che, da come le avevano raccontato, erano morti sotto un
bombardamento imperiale) ed, in generale, aveva ricordi molto confusi dei suoi
primi vent'anni di vita. Un giorno si svegliò in una camera di ospedale: i medici le
dissero che, in seguito ad un grave incidente stradale aveva riportato un grave
trama cranico ed una forte amnesia. Aveva combattuto diverse battaglie,
dimostrando grande abilità, ma, il suo maggior talento, era il suo carisma: infatti
l'avevano scelta per il discorso che Reef, puntualmente, aveva rovinato.
I due passarono insieme la serata, parlando del loro passato e delle loro
avventure precedenti e delle speranze per il futuro. Al momento di lasciarsi, Reef
scopri che Laura aveva la stanza affianco alla sua. Lieto della coincidenza, andò a
letto, pensando a cosa gli avrebbe riservato la vita. "Probabilmente", pensò con
amarezza "una morte cruenta." Sarebbe stato il caso di godersi la vita finché
possibile, pensò prima di addormentarsi.
CAPITOLO QUATTRO: CIBO FRESCO
Krokgard avanzava agilmente nella giungla, seguito dalla sua squadra, saltando di
ramo in ramo. Quei dannati umani erano testardi. Non volevano accettare la resa,
nonostante fosse palese che avessero perso: erano in una disperata inferiorità
numerica, ma gli restava ancora una gran voglia di combattere. Avevano a
disposizione solo tre basilisk, qualche squadrone di sentinel, un migliaio di
uomini, e un leman russ. E avevano contro un'intera flotta tau. L'unico motivo per
il quale non erano stati spazzati via dall'orbita era che si erano asserragliati in
una zona mineraria, che avrebbe fatto comodo all'impero.
Il compito dei kroot era quello di aggirare le difese principali, penetrare nel campo
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nemico, ed assassinare gli ufficiali. Forse a quel punto gli uomini si sarebbero
arresi. Forse. Rumori, vicini. Il modellatore emise un breve fischio, e tutti si
immobilizzarono. Qualcosa si stava avvicinando.
Lo squadrone di sentinel si avvicinava rumorosamente, incenerendo tutto ciò che
gli si parava davanti con i loro lanciafiamme pesanti, e lasciandosi dietro terra
bruciata. Al segnale di Krokgard i kroot si divisero in due squadre, che
cominciarono rapidamente una manovra a tenaglia: dovevano prenderli sui lati.
Una volta in posizione, il modellatore comprese: dietro i sentinel, scortati da
qualche uomo armato, marciavano a fatica decine di donne e bambini, in fuga dal
campo di battaglia, volti spaventati ed occhi pieni di lacrime. Odore di paura. Un
brivido corse lungo la schiena del kroot. Carne giovane. Cibo. "Comandante: qui
Krokgard. Abbiamo intercettato una colonna di profughi. Chiedo il permesso di...
prendere la mia parte."
"Krokgard... Conosci la mia risposta. Uccidi solo gli uomini armati. Lascia andare i
civili: ci penseremo noi dopo."
Il modellatore sbuffò, facendo cenno di no con la testa ai compagni frementi.
Anche oggi avrebbero mangiato carne dura di soldato.
Il pilota del sentinel era nervoso. Sua moglie e suo figlio erano nella colonna
dietro di lui, e non avrebbe permesso a nessuno di far loro del male. Certo,
avrebbe voluto restare a combattere per il suo pianeta, ma loro erano più
importanti. Che diritto avevano quegli Xeno di prendersi il loro mondo? Che... un
tonfo sopra di lui. Alzò la testa, e vide una grossa bestia grigiastra, con un grosso
becco e degli aculei che gli spuntavano dalla nuca, come rozzi capelli. Impugnava
un lungo coltello, ed era pronto a colpire. Il pilota sfoderò la sua pistola laser di
ordinanza. Ci fu un sibilo, e l'alieno cadde, con un buco aperto in fronte. Qualcosa
lo afferrò per le spalle. L'umano si voltò giusto in tempo per vedere una bocca
spalancata avvicinarsi, imprigionandogli la testa in una morsa d'acciaio. Il suo
ultimo pensiero prima che il suo cranio cedesse alla pressione delle fauci del kroot
fu rivolto alla sua famiglia: "Che l'Imperatore li protegga."
I kroot avevano cominciato l'imboscata. Figure stridenti saltavano dagli alberi ai
lati della colonna direttamente sopra i sentinel, uccidendo i piloti costretti nei
movimenti dallo stretto abitacolo con relativa facilità. Krokgard sbucò dalla
boscaglia, ed, impugnando un evisceratore, segò la gamba di un camminatore
con un solo fendente, facendolo crollare al suolo. Il pilota si ritrovò a guardare in
faccia due mastini, e le sue urla si unirono a quelle dei civili disperati.
Il modellatore, abbandonò la grossa spada a catena, per impugnare i suoi due
pugnali uncinati rituali, e si lanciò contro i soldati appiedati che stavano
cominciando a sparare. In due falcate raggiunse il primo affondandogli le spade
nel ventre, e richiudendole poi come le lame di una forbice, tagliando l'umano a
metà. Fu subito addosso al secondo: questi contro caricò, cercando di infilzarlo
con la baionetta del fucile laser. I suoi movimenti etano goffi. Con un colpo di
pugnale il kroot disarmò il soldato, che arretrò terrorizzato. Era una femmina,
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molto giovane, per giunta. I suoi grandi occhi azzurri erano spalancati dalla
paura. Il kroot si avvicinò lentamente, rinfoderando i pugnali "Su... Stai calma."
sussurrò. Le afferrò delicatamente il sottile collo, mormorando parole
rassicuranti...
...e lo spezzò con una torsione della mano. Meglio non versare sangue giovane: la
carne si manteneva meglio.
I soldati erano poco organizzati: evidentemente erano stati mandati i meno
esperti, per lasciare combattere gli altri. Ci vollero pochi minuti per sopraffare gli
umani. Ci furono, comunque, sei morti tra le fila dei kroot. Dei devilfish vennero
condotti sul luogo, per caricare i superstiti, e, durante le operazioni di carico,
Krokgard approfittò per contattare Reef: "Beh, uomo in scatola, come va la prima
missione in armatura da combattimento?"
CAPITOLO SEI: ROCKET MAN
"Qui tutto a posto... più o meno." Rispose Reef.
La resistenza nemica era allo stremo, e le forze tau erano in una superiorità
schiacciante. La battaglia era già vinta, ma non per questo il pericolo era finito:
gli umani resistevano come dannati, non dandosi per vinti. L'armatura da
combattimento avanzava pesantemente in quello che restava dello scalo
ferroviario, adibito un tempo al trasporto di quello che veniva estratto dalla
miniera. Il compito di Antonio era quello di eliminare gli umani sopravvissuti
all'avanzata del resto dell'esercito: un lavoro semplice, come prima missione in
un'armatura crisis. Il visore ad infrarossi identificò cinque fonti di calore,
appiattite dentro un vagone abbandonato. La loro occasione per arrendersi
l'avevano avuta: l'ordine, per il momento, era di non prendere prigionieri. Sollevò
il cannone a raffica e lo puntò contro le sagome ignare. Esitò un attimo... E se
fossero stati civili?
Misha, che poteva vedere tutto quello che veniva proiettato nell'HUD di Reef,
come leggendogli nel pensiero, gli disse: "Spara. Le donne ed i bambini sono già
stati sgomberati. Rimangono solo i soldati."
Reef premette il grilletto, lasciando partire una lunga raffica di mitragliatrice.
Numerosi impulsi al plasma partirono verso la sottile lamiera, aprendovi buchi di
una spanna, e colpendo duramente chi ci stava dietro. Non ci furono urla: i
bersagli non ne ebbero il tempo. Reef si avvicinò ai corpi: uno di loro si muoveva
ancora, nonostante non avesse tutta la parte destra del torso. Senza guardarlo
negli occhi, Antonio sparò un singolo colpo. Non ci si faceva mai l'abitudine. Sentì
un rumore metallico dietro di lui, e vide un oggetto simile ad una borsa venire
lanciato verso di lui da un tombino appena aperto. La cosa atterrò a due metri da
lui. Da un lato spuntava una miccia, quasi del tutto bruciata. Reef spiccò un salto
ed, accendendo lo zaino a reazione, si allontanò immediatamente. Era a sette
metri quando la carica da demolizione esplose con fragore. Lo spostamento d'aria
lo mandò a sbattere contro un vagone, e, per un momento, la crisis perse
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l'assetto di volo. Reef riuscì comunque ad atterrare in piedi, e, incespicando,
riuscì a ritrovare l'equilibrio. Si avvicinò a passi pesanti al tombino, e,
sporgendosi, vi fece fuoco per qualche secondo con il lanciafiamme. Questa volta
le urla ci furono. Per non sentirle, rimise il chiusino sull'apertura con il piede, e si
allontanò, in cerca di altri bersagli.
CAPITOLO SETTE: NESSUNA RESA
Misha aveva raggiunto l'imbocco della rete di tunnel: l'ultimo baluardo degli
umani. Avevano eretto una barricata, e stavano sparando fuori con le poche armi
rimaste. I tau avevano circondato la struttura, ed erano pronti a colpire. Colpire
duro.
"Qui è il comandante Brightmoon. Avete combattuto con onore e coraggio, ma la
vostra sconfitta è inevitabile. Abbiamo trovato i vostri familiari: non preoccupatevi
per loro. Stanno bene. Volete ricongiungervi a loro? Allora arrendetevi, e non vi
sarà fatto del male. Ma se persistete, non avremo pietà alcuna. Avete un minuto
di tempo per decidere. Poi verremo a stanarvi e ci prenderemo ciò che è del Bene
Superiore."
"Questo pianeta è nostro!" Urlò una voce dall'interno.
"Il pianeta è dell'Impero Tau. Voi sarete liberi di abitarci, sotto la nostra
protezione. Non sprecate le vostre vite. Vi restano solo trenta secondi per
decidere."
Un colpo di cannone laser mancò Misha di pochi centimetri.
"Lo prenderò come un rifiuto." disse questa, mettendosi al riparo. "Stanateli."
Tre broadside fecero fuoco contro la barricata, mandandola in pezzi. Delle crisis
atterrarono davanti all'imbocco della galleria, inondandola con il getto dei
lanciafiamme, incenerendo qualunque possibile minaccia. Numerose bombole di
VR-90, un potente agente nervino, vennero fatte rotolare nell'apertura, ed i
guerrieri del fuoco falciarono i fuggitivi.
Un altro pianeta annesso al bene superiore.
CAPITOLO OTTO: SALOON
"E allora gli f accio: 'Non conosci la paura, eh? Bene: avrò il piacere di
presentartela!' BAM! Giù dalla scogliera!"
Il gruppo esplose in risate. Krokgard amava raccontare le sue imprese,
soprattutto se davanti ad un (o due, o cinque) buon bicchiere di qualcosa di
alcolico. "Raccontale quella del lanciafiamme!" lo esortò Hans.
"No dai, è una signora!" Disse Reef, imbarazzato. Laura lo zittì, e fece cenno al
modellatore di proseguire.
"Va bene, se insistete... Barista! Un altro giro! Durante la crociata del golfo di
Damo cle, sono lì nella foresta con il resto della squadra quando mi ritrovo davanti
questa sorella di battaglia alta due metri... Questa mi fa: 'Brucia l'eretico! Uccidi il
mutante! Purifica l'impuro!', puntandomi contro il lanciafiamme..."
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"Sbaglio o l'altra volta era alta un metro e novanta?" Gli chiese Antonio.
"... Un metro e novanta, due metri! Che differenza fa? Sta di fatto che io le dico:
'sorella...'"
Una voce lo interruppe: "Antonio Reef?"
Un gruppetto di uomini stavano in piedi davanti al tavolo del bar della caserma.
Non sembravano amichevoli. "Dipende da chi lo cerca." Rispose l'interpellato,
diffidente. "Shas'O Brightsun vuole vederlo." Disse uno di loro. "Con urgenza.
Vieni con noi."
I quattro (Krokgard, Reef, Laura e Hans) si scambiarono un'occhiata. "Brightsun,
eh? Arrivo subito. Prima però, mi faresti vedere il tuo tatuaggio che hai sulla
spalla? Quello cha abbiamo tutti noi gue'vesa... Sai, per essere sicuro che siate
dalla mia parte, e non dei mercenari assoldati per farmi fuori!"
Ci fu un momento di silenzio. Per motivi di sicurezza non era possibile portare
armi all'interno del locale, ma ciò non voleva dire che a volte qualcuno ci
rimettesse la pelle.
La coltellata partì fulminea verso di Reef, da quello che sembrava essere il leader
del gruppo. Laura fu più veloce: con uno scatto deviò il colpo, e, rapida come un
serpente, colpì con un pugno la gola dell'uomo, che cadde all'indietro, con la
trachea schiacciata. Krokgard afferrò il tavolino e lo scagliò contro il gruppo,
prima di buttarsi nella mischia, seguito da tutti gli altri.
Hans si lanciò contro un grosso cataciano, che, estratto un coltello di due spanne
dallo stivale, tentò un affondo. La faccia del mercenario fu impagabile, quando
vide il suo avversario afferrare a mani nude la lama del coltello: non sapeva che
le sue braccia erano delle protesi meccaniche, visto che quelle imperiali
normalmente erano riconoscibili. Un pugno di titanio colpì il cataciano in pieno
volto, schiacciandogli il naso, e mandandolo al tappeto. Hans, impossessatosi del
coltello, lo affondò nella schiena di un cadiano, per poi continuare a combattere a
mani nude: i muscoli in nanotubi di carbonio, uniti alle ossa di titanio, rendevano
le sue mani armi più che adatte allo scopo.
Reef vide un bestione alto due metri e largo altrettanto avvicinarsi minaccioso a
Laura. Cercò di avvertirla, ma questa, in un lampo, aveva già strappato il coltello
dalle mani di un altro avversario e, tempo un secondo, due carotidi erano state
recise. Antonio rimase perplesso: i tau non insegnavano a combattere così, e
sicuramente un'abilità simile non poteva essere del tutto innata. Le sue riflessioni
furono interrotte bruscamente da un calcio ricevuto nelle parti basse, che lo fece
cadere a terra, piegato a metà. Un nemico incombeva su di lui, e Reef, da terra,
raccolse un bicchiere rotto e lo infilzò appena sopra la caviglia dell'aggressore.
Due spari risuonarono nel locale. Una squadra di guerrieri del fuoco del servizio di
sicurezza erano entrati nel bar, ed uno di loro aveva fatto fuoco in aria con i
proiettili stordenti in dotazione. Presto la rissa fu sedata, ed i criminali vennero
arrestati per tentato omicidio. Fu solo grazie all'influenza di Misha che i quattro
non vennero trattenuti, in attesa di accertare la dinamica dei fatti. Krokgard si era
procurato un brutto taglio su un braccio, e venne portato in infermeria, mentre gli
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altri se ne tornarono nei rispettivi alloggi.
"Qualcuno ha cercato di uccidermi..." pensò Reef, sdraiato sul letto a fissare il
soffitto. Quelli non dovevano essere mercenari esperti: chi poteva averli
assoldati? Le possibilità erano sostanzialmente due: la prima, molto inquietante,
era che la voce di un umano alla guida di un'armatura da combattimento fosse
arrivata alle orecchie dell'imperium. La seconda, ancora più inquietante, era che
la storia di un umano alla guida di una crisis avesse dato fastidio a qualcuno
all'interno dell'impero tau: magari qualcuno, razzista come Jhas, aveva voluto
sbarazzarsi del problema, facendo eliminare l'umano da altri umani. Passò ore a
pensare a chi voleva la sua testa.
Proprio quando cominciava ad appisolarsi, un urlo lacerante provenne dalla
camera di fianco: "BRUCIA L'ERETICO!"
Era la camera di Laura. Scattò in piedi, afferrò la pistola ad impulsi che, dopo
l'evento di quella sera, aveva appoggiato sul comodino, uscì in corridoio e, con
una spallata, sfondò la porta della camera accanto, con la pistola spianata.
Laura, sola nella stanza ma visibilmente scossa era madida di sudore. "Tutto a
posto?" chiese Reef, appena prima di accorgersi di essere in mutande. "Ho fatto
un incubo, credo..." Rispose lei "Ma ora non ricordo niente di... che cavolo ci fai
nella mia stanza??"
Reef diventò rosso come l'armatura di Frasight. "Ho sentito urlare, e ho creduto
che... Dopo quello che è successo questa sera... Ma se non è successo niente...
Cioè credevo... scusa per la porta, domani la farò cambiare... Ora, se non ti
spiace... Cioè... Ora me ne torno nella mia stanza... Se dovessi avere bisogno...
Cioè... Non che tu possa aver bisogno ma..."
"Faresti meglio a tornare nella tua stanza." Osservò lei, ancora scossa.
"Appunto... Vado. Buona notte."
"Grazie per il pensiero."
Ora il colore di Reef ricordava l'armatura di Farsight in fiamme.
TERZO LIBRO: LA BATTAGLIA DI MORACRE
PROLOGO:
Il comunicatore suonò nella stanza di Misha, che, ovviamente, si era appena
addormentata.
Scocciata, la comandante rispose alla chiamata: "Avete idea di che ore sono? E'
mezzogiorno inoltrato! Che diavolo c'è?"
"Comandante, mi scusi, ma è arrivato un messaggero dai confini meridionali. E'
molto grave. Venga in infermeria."
"Se non lo è, ti garantisco che lo sarà. Arrivo."
Sulla porta dell'infermeria la attendeva un dottore: "Comandante, grazie agli
eterei è qui. Il paziente non durerà a lungo."
"Di che si tratta?"
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"Non ne ho la più pallida idea. Mai visto niente di simile. La nave classe
Messenger è arrivata pochi dec fa nel settore, e, quando l'abbiamo aperta, lo
abbiamo trovato così. Le condizioni sono in continuo peggioramento. L'intera nave
è stata messa in quarantena."
Misha scostò le tende che coprivano una finestra comunicante con una stanza
adiacente, e vide il messaggero.
Distolse subito lo sguardo "Santissimi eterei!!!", esclamò, trattenendo a fatica un
rigurgito.
Il messaggero non sembrava un tau: ogni centimetro della sua pelle grondava di
pus. Il suo braccio destro aveva assunto un colore violaceo, quasi brillante, e
continuava incessantemente a mutare forma: al momento era un tentacolo, ma
stava già cominciando a irrigidirsi, e delle punte cominciavano a spuntare
dall'arto. Uno dei suoi occhi era scoppiato, riempiendogli metà del viso di un icore
verdastro , l'altro aveva assunto un colore fucsia intenso.
"Ma che diavolo può averlo ridotto così!?" Chiese Brightmoon al medico.
"Ripeto, non ne ho la minima idea. Ha un unica ferita alla spalla destra, causata
con ogni probabilità da una lama, o da un artiglio, ma non conosco nessun agente
tossico, radioattivo o batteriologico in grado di fare... Questo."
"Ha detto qualcosa?"
"Non fa che ripetere la parola -Mont'tau-. Deve essere..."
Davanti ai loro occhi, dalla bocca del messaggero spuntarono dei fanoni, che
divennero subito lunghe zanne: la sua bocca si spalancò in modo innaturale, ed
una lingua smisurata cominciò a frustare l'aria. Le fauci della creatura
continuarono ad aprirsi grottescamente, fino a rivoltarsi come un
calzino. Con uno schiocco si richiusero sul proprio collo, e ciò che rimaneva della
testa, rotolò giù dal lettino, spiaccicandosi sul pavimento con un rumore
ripugnante.
"Da dove veniva precisamente quella nave?"
"Proveniva dalla nostra ambasciata su moracre, un pianeta dei gue'la, appena
fuori dal nostro impero."
Misha girò sui tacchi, e si diresse fuori dallo studio: doveva assolutamente parlare
con un etereo.
CAPITOLO PRIMO: TEMPO DI DECISIONI
"La questione è molto grave." Cinque eterei erano seduti, soli, attorno ad un
tavolo rotondo, raffigurante il simbolo tau.
"Che implicazioni potrebbe portare questa faccenda?" Chiese uno di loro.
"Non conosciamo bene l'argomento, ma, chiedendo ai Gue'Vesa, questi hanno
detto che il problema è molto serio."
"I gue'la sono superstiziosi, lo sai Aun'Del." Disse il più giovane di loro.
"Gli eldar, però, sono in agitazione. E questo è un brutto segno." Affermò
un'eterea.
"Senza dubbio, però..."
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"Signori! Siamo seri! Gli eldar dicono che, se nessuno interviene, il 'rituale' verrà
completato, e un secondo 'occhio del terrore' potrebbe aprirsi. Rituale? Occhio del
terrore? Suvvia, sono tutte voci, e lo sapete!" Disse il membro più anziano.
"Se non vogliamo preoccuparci del 'rituale', dobbiamo preoccuparci dei Gue'la:
pensa alla loro reazione! Se succedesse qualcosa manderebbero intere flotte a
presidio della zona. E l'ultima cosa che ci serve è una flotta umana appena a sud
del nostro impero."
"Questo è indubbio." Ammise il giovane etereo. "Io voto per l'intervento."
"Anche io" Confermò la femmina.
"Come sopra." Disse un terzo.
"La maggioranza si è espressa. Interverremo." Si arrese il vecchio etereo. "Ora
resta il fatto di come affrontarla: le segnalazioni riportano notizie di
numerosissimi vascelli nemici in rapido avvicinamento a Moracre. Servirebbe una
flotta molto grande per sperare di poterli sopraffare, e non ritengo sia il caso di
togliere forze al comandante ShadowSun, appena iniziata la sua spedizione. Come
pensate di risolvere il problema?"
"Tenete conto" fece notare l'eterea. "Che siamo piuttosto inesperti riguardo a
questo tipo di nemico. Forse dovremmo rivolgerci ai Gue'la: il loro fanatismo
potrebbe esserci utile, in questa faccenda."
"Spero stia scherzando!" disse un etereo.
"Ci pensi bene!" Ribatté lei. "Sappiamo che esistono interi eserciti mirati a
combattere questi nemici."
"I gue'la sono gue'la." Affermò il vecchio, indignato. "Sono inaffidabili. Chi ci
garantisce che, una volta risolto il problema, non ci si rivolteranno contro?"
"Meglio i gue'la che quelle cose." consigliò uno di loro. "Avete letto i rapporti..."
Ci fu qualche secondo di silenzio.
"Pensate se i gue'la avessero ragione. Pensate se si aprisse una nuova grande
fenditura... potrebbe essere molto pericoloso."
"Aun'Del ha ragione." Lo appoggiò l'eterea. "Insisto sul chiedere aiuto."
"Appoggio il suggerimento." Decise il giovane.
"Ancora una volta la maggioranza ha deciso." si arrese l'anziano. Prego il bene
superiore che abbiate ragione."
CAPITOLO SECONDO: PRIMI CONTATTI
"Come sicuramente sapete, abbiamo un problema." affermò Por'El Fus, il membro
della casta dell'acqua addetto alle comunicazioni diplomatiche con le razze aliene.
"E' ovvio che lo sappiamo, Tau." Rispose la veggente, superba. "Infatti ci stiamo
occupando noi della faccenda."
"Temo che questo non sia del tutto possibile, signora. Infatti, non possiamo
permettere che un'intera flotta aliena prema contro i confini del nostro impero,
senza prendere le dovute precauzioni... Gradisce una tisana?"
"Impero? Il vostro?" La veggente sorrise appena percettibilmente. "Voi non avete
idea di cosa sia un impero. Il vostro 'impero' potrebbe crollare sotto la prima
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bioflotta tiranide..."
Il diplomatico non si scompose minimamente. "Al momento, però, i tiranidi non
fanno parte del problema, se non sbaglio."
"Quello che intendo dire, tau, è che avete bisogno del nostro aiuto, per ricacciare
quei dannati nel Warp."
"Lo so, certamente: vi abbiamo contattato noi, infatti. Sta di fatto, che non
possiamo permettervi di agire da soli, in un territorio così vicino al nostro. E,
onestamente, crede che sareste in grado di risolvere il problema da soli?"
Bussarono alla porta della suite che ospitava i diplomatici, ed entrò un tau.
"Signore? Il messaggero che abbiamo mandato dai gue'la è tornato."
"Che novità porta?"
"Niente di buono... Lo hanno bruciato, e lo hanno rispedito indietro crocifisso nella
sua nave."
"Barbari..." mormorò il Por'El, scuotendo lentamente la testa. "Puoi andare." poi,
rivolto alla veggente. "Sembrerebbe che non possiamo contare sull'aiuto dei
gue'la. Allora, cosa avete deciso?"
"Ho raccolto abbastanza informazioni. Consulterò il consiglio, e vi darò una
risposta appena possibile." disse questa, alzandosi.
"Che pacchia! Un mese di licenza!" Reef era nella sua camera, in compagnia dei
soliti tre. Era l'alba, ed avevano appena cenato: a vivere con i tau si prendono i
loro ritmi.
"Con la mia unità di distruttori tiro sul corazzato di Laura." disse Reef, tirando dei
dadi. Stavano giocando a uno strano gioco strategico da tavolo, mentre
ascoltavano musica e parlavano del più e del meno. Può sembrar strano che dei
soldati vivano la guerra anche nei momenti di pausa, ma per loro era un modo
per esorcizzarla.
"Quadruplo otto! Che culo!" esplose Krokgard, spazientito. "Con te non si può
giocare!"
"Veicolo esploso" mormorò Laura. "che l'Imperatore mi protegga..."
Nella sala calò il silenzio. "Scusa?" Chiese Reef.
La ragazza sembrò riscuotersi. "Eh? Cosa ho detto?"
"Hai detto 'che l'Imperatore mi protegga.'" ripeté Krokgard.
"Sei sicuro?"
Tutti annuirono.
Laura sembrò sinceramente sorpresa. "Strano... Davvero, ragazzi, non so come
sia possibile. Non ho mai vissuto nell'imperium (grazie agli eterei, aggiungerei)..."
"Calma, gente: lasciamo l'Inquisizione all'Imperum." Esclamò Reef "Si vede che a
forza di parlare con le guardie imperiali abbia finito per parlare come loro." Quello
meno convinto, però, sembrava lui.
CAPITOLO TRE: CHIARIMENTI.
"Misha, devo parlarti" Antonio intercettò il comandante Brightmoon in un
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corridoio.
"Non ora, Reef. Ho molto da fare."
"E' importante."
Il comandante si girò, spazientita: "Che c'è?"
"Penso che ci sia una spia tra noi."
"E, di grazia, chi sarebbe?"
"Credo che sia Laura Primis, hai presente quella che fa i discorsi ai prigionieri..."
"Impossibile. Fidati: meno domande fai su questo argomento, meglio è. Sappi,
però, che non può essere una spia."
Reef sembrò molto sollevato. "Però il suo comportamento è molto sospetto..."
"Guarda, ora devo proprio andare. Ah, preparati a partire: ci sono grossi problemi
nella zona meridionale. Dillo anche a Laura: partirà anche la sua squadra."
"Che genere di problemi?" si informò Reef, inseguendola. "E dove, di preciso?"
"So che sembra impossibile, fatico anche io a crederci, ma sembra ci sia
un'infestazione demoniaca su Moracre." Tagliò corto la tau, entrando in una porta
che si chiuse dietro di lei.
Reef rimase di pietra: Moracre era il suo pianeta natale.
"Krokgard: ho bisogno di un grosso favore." Disse Antonio al modellatore, che
stava banchettando nella tendopoli dei Kroot.
"Cosa ti serve? Ah, ti va uno spuntino? Niente di umano, promesso."
"No, grazie, non ho fame. Qui hai dei veleni?"
"Veleni? E chi devi far fuori?" chiese ridendo il mo dellatore.
"No, non devo far fuori nessuno. Appunto: mi serve un veleno, una tossina, un
virus, che possa debilitare gravemente una persona per una settimana o più,
senza avere però conseguenze a lungo termine."
"Interessante... Per caso la persona in questione è una femmina, sui sessanta
chili, capelli ramati, occhi verdi, che non deve assolutamente partire per una
missione molto pericolosa?"
Reef tentennò.
"Lo prenderò come un sì. Fammi vedere cosa riesco a racimolare. Però stai
attento: quella lì, ha qualcosa che non mi convince..."
"UCCIDI IL MUTANTE!"
Era mezzogiorno inoltrato, e Reef stava giocando a carte con Krokgard,
ascoltando i dettagli del veleno che il modellatore aveva trovato, quando l'urlo
squarciò l'aria.
I due si scambiarono un'occhiata. "Misha mi ha assicurato che non è come
sembra..."
"Spero che sia così, perchè sembra proprio quello."
"Io vado a vedere come sta." Disse Antonio alzandosi, e andando alla porta.
Bussò alla porta accanto, e, dopo un minuto, Laura gli aprì la porta. Aveva un'aria
davvero stravolta.
"Ancora incubi? Ti ho sentita urlare."
"Sì..." confermò lei, massaggiandosi la testa. "Sono così vividi ma, appena mi
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sveglio, spariscono senza lasciar traccia."
Krogard fece capolino dalla porta: "Tutto a posto?" si informò.
La faccia di Laura si deformò in una smorfia di terrore e rabbia. "ATTENTO!", urlò,
spingendo Reef di lato, e avventandosi sul modellatore all'urlo di "MORTE ALLO
XENO!".
Questi la afferrò saldamente per la gola, immobilizzandola contro il muro: "Se è
uno scherzo, non è divertente." ringhiò, fissandola negli occhi.
La ragazza sembrò per un attimo perdere conoscenza, ma subito si riprese.
Con un'espressione di stupore, cercò di liberarsi dalla stretta del Kroot: "Che
diavolo fai? Lasciami! Sei impazzito?"
Krokgard e Reef si scambiarono un'occhiata interrogativa.
"Ti ho detto di lasciarmi! Tony? Che diavolo sta facendo? Dammi una mano!"
"Krok, per favore, lasciala." Il kroot, cautamente, obbedì.
"Che ti prende?" Gli chiese lei, massaggiandosi il collo.
"Dovrei farti io questa domanda." Le disse Reef. "Hai appena aggredito
Krokgard."
"Cosa? Stai scherzando? E' lui che mi ha presa per la gola!"
"Si stava difendendo: appena lo hai visto gli sei saltato addosso urlando 'MORTE
ALLO XENO'."
"Cosa diavolo stai dicendo? Mi prendi in giro? E' da quando sono nata che
frequento alieni, e non è mai stato un problema. A parte il fatto che non ricordo di
aver fatto nulla di simile."
"Perchè dovremmo mentirti?" chiese Krokgard, bruscamente.
"Non lo so... Come sono finita in corridoio?"
"Sei uscita tu stessa, per assalirmi." Le rispose il kroot.
"Senti, il tuo incubo deve averti molto scossa: forse faresti meglio a tornare a
dormire. Se ti va stasera ne riparliamo, va bene?" Propose Antonio.
"V... Va bene. Non so cosa stia succedendo... Mi sento così confusa! Ora mi
ricordo di aver aggredito Krok, ma non mi capacito del motivo! Sono mortificata.
Scusa. Ora vado a dormire. Buonanotte Tony."
Appena si chiuse la porta, Krokgard disse a Reef: "Se fosse una spia, sarebbe la
peggiore della via lattea."
CAPITOLO QUATTRO: SECONDO CONTATTO.
Kor'la Vil era seduto da solo in plancia. C'era una riunione in corso, e,
ovviamente, lui era l'unico a non parteciparvi. Perciò poteva spassarsela sulla
plancia della nave, con l'unica raccomandazi one di avvertire gli altri nel caso
qualche spia si fosse accesa. I vantaggi di essere l'ultimo arrivato. Al momento
era seduto sulla poltrona del capitano, girando vorticosamente su sé stesso
mentre cantava canzoni marinare in farsetto, quando, all'improvviso, vide una
luce accendersi vicino al monitor dei sensori. Incuriosito, si avvicinò allo schermo:
decine di puntini si stavano avvicinando velocemente alla stazione spaziale.
Gue'la. Tanti.
Una voce femminile proveniente dagli altoparlanti lo avvisò: "Comunicazione in
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arrivo dalla flotta vicina: Accettare?"
"Eeeh... Sì"
Sul monitor principale comparve un rugoso umano ricoperto di rughe: uno dei
suoi occhi era coperto da una benda.
"Qui parla l'inquisitore Von Stain. Lei è quello che comanda su quella stazione
spaziale?"
Il Kor'la non capì una parola, e si limitò a guardarlo a bocca aperta,
un'espressione molto poco intelligente stampata sul volto.
"Ripeto: sei tu che comandi?"
Stessa identica reazione.
"Ascoltami, Xeno, non sono certo qui per perdere tempo con te. Tra un minuto
darò l'ordine alla mia flotta di avanzare, con o senza il tuo permesso."
L'inquisitore Von Stain vide, aldilà del monitor, il tau di poco prima che veniva
spinto da parte, sostituito da un altro dall'aspetto decisamente più marziale.
"Chi diavolo è lei?" Gli chiese in gotico il nuovo arrivato.
"Sono l'inquisizione Von Stain. Voglio parlare con i vostri capi. Subito."
"E per quale motivo, se posso chiederlo?"
"Perchè sono disposto a salvare il vostro lurido culo blu dalla minaccia che
incombe da Sud dei vostri territori."
"Vedrò cosa posso fare. Restate in attesa."
Dopo qualche ora di attesa, l'inquisitore aveva perso la pazienza. Quanto diavolo
ci voleva? Stava per comunicare ai tau che avrebbe avanzato con o senza il loro
permesso, quando il volto del tau ricomparve sul monitor.
"Era ora! Avete deciso?"
"Sì, abbiamo deciso. Potete avanzare, ma non tutti. Diamo il permesso di
avanzare a metà della vostra flotta, non di più."
"Se ho radunato una simile flotta c'è un motivo. Tutt e le forze che ho requisito
sono richieste."
"Voi umani non sarete gli unici a combattere la battaglia su Moracre: avrete la
collaborazione di noi tau e degli Eldar, che lo vogliate o no."
"Moracre è un pianeta imperiale. Voi Xeno non potete rivendicarne alcun diritto!"
"Moracre è a pochissimi anni luce dai nostri confini. Ciò che succede lì è anche
affar nostro. Riguardo agli Eldar... Beh... Ogni aiuto è ben accetto, anche il
vostro, dopotutto. Ma non lasceremo entrare una simile flotta nel nostro
territorio. Se disobbedirete verrete attaccati dalla nostra flotta, e, in ogni caso,
nel migliore dei casi (dal vostro punto di vista) rimarrebbero integre la metà delle
vostre navi. Perciò decidetevi: o le lasciate indietro, o le perdete definitivamente.
A voi la scelta."
"Va bene, dannazione! Mi lasci il tempo di scegliere quali forze portare..."
"Un'ultima cosa: come mai non avete accettato prima la nostra offerta?"
"Diciamo che sono qui di mia personale iniziativa. Nell'Imperium non tutti
approvano i miei mezzi, benché dopotutto, approvino i miei successi."
Reef bussò alla porta, e una voce femminile lo invitò ad entrare.
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"Ciao. Ti ho portato una tisana. Magari ti calmerà un po' i nervi."
"Grazie, Tony. Senti, non so cosa sia successo oggi..."
"Ti va di parlarne?"
"Proviamo" Disse Laura, prendendo un lungo sorso di tisana. Reef fu quasi tentato
di impedirle di bere il veleno, ma si fermò: le sofferenze che avrebbe patito erano
necessarie. "Tutto è cominciato la sera dell'agguato che ti hanno teso quei
mercenari."
"Pensi che sia stato lo scontro a turbarti?"
"Non credo... Non sono una damerina, sai?"
"Questo l'ho notato."
"Appunto."
"Ricordi qualcosa dei sogni?"
"Molto poco. Mi ricordo soltanto continue litanie, forse preghiere, poi esplosioni,
una battaglia, credo, ma non saprei identificarla. Tutto qui, quello che riesco a
ricordare."
"Quando ti svegli spesso urli motti dell'inquisizione."
"Ma... Non è possibile! Non ho mai neanche visto un membro dell'inquisizione!"
"Sai, non prendertela, ma devo confessarti che per un po' ho pensato che tu fossi
una spia imperiale."
"Come puoi dire questo?! Io ho servito il bene superiore per tutta la mia vita!
Combattevo per gli Eterei quando tu ancora credevi nell'imperatore!"
"Non puoi biasimarmi! Cosa penseresti se io mi svegliassi urlando 'BRUCIA
L'ERETICO?"
"Non certo che tu sia una spia! Potrei pensare che il tuo passato ti abbia
segnato!"
"Ma, avendo tu vissuto sempre nell'impero Tau..."
"Infatti."
"Aspetta un attimo! Hai detto che..." Antonio si bloccò.
"Cosa?"
"Niente, niente." Se la sua ipotesi fosse stata fondata, forse rivelarla sarebbe
stato un errore. "Sono sicuro che passerà. Cambiando discorso: anche tu parti
domani?"
"Già. Devo confessarti che ho paura. Girano voci orribili su quello che sta
succedendo su Moracre."
"Stai tranquilla. Non ti succederà niente."
"Anche se così fosse: a voi cosa succederà? A te che succederà?"
"So cavarmela, baby." disse Reef facendo la voce grossa. "Ho un'intera armatura
da combattimento a proteggermi."
"Spero che tu la usi meglio di quella volta alla dimostrazione."
"Se gli eterei lo vogliono, non ci saranno soffitti sul campo di battaglia."
"Mi raccomando, stai attento."
"Pensa per te. Io sarò al sicuro."
La giornata finì come doveva finire.
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CAPITOLO CINQUE: PIANI DI BATTAGLIA.
"Non affiderò le mie forze ad un comandante Xeno!" Urlò l'inquisitore Stain,
sbattendo con forza i pugni sul tavolo.
"Allora la porta è da quella parte." Indicò Misha.
"Devo dare ragione allo scim'maigh: i miei guerrieri non obbediranno a nessun
tau." Ribadì la veggente eldar.
"NOI abbiamo coordinato questa operazione, e NOI la dirigeremo!" Sbraitò il
comandante Brightmoon.
"Ne siete convinti?" Chiese l'inquisitore. "Cosa pensate di fare senza il nostro
aiuto?"
"Voi ci aiuterete a fare ciò che va fatto. Dopotutto il pianeta è vostro... Per ora."
Replicò il comandante.
"Noi combattiamo le forze del caos da ancor prima che chiunque di voi nasceste.
E' compito nostro coordinare le operazioni." Affermò la veggente.
"Combattere il caos è il MIO mestiere. Conosco il nemico meglio di chiunque di
voi!" Urlò l'inquisitore.
"Tiriamo a sorte" propose la veggente.
"Col cavolo!" Ribatterono gli altri due, all'unisono.
"Il gue'la ha ragione." affermò una voce solenne: un tau ammantato era entrato
nella stanza. "Il mondo in questione, dopotutto, è in territorio degli umani, e le
forze dell'inquisizione sono specializzate a combattere il caos."
Misha, umilmente, chinò il capo. "Se questo è il suo volere, così sarà."
"Ciascuno di voi comanderà le proprie forze, ma l'azione sarà coordinata dal
signor Stain." disse l'etereo.
"Accetto, seppur a malavoglia." Si arrese l'eldar.
"Ho una richiesta:" aggiunse Misha. "Le vostre navi sono più veloci delle nostre. Il
tempo è contro di noi. Chiedo di poter imbarcare alcune delle mi forze sui vostri
vascelli, per poi arrivare più tardi con il grosso dell'esercito."
"Nessuno Xeno salirà sulle mie navi. Su questo non si dicute." S'impiantò
l'inquisitore.
"Allora voi porterete i nostri ausiliari umani, almeno."
"Quello posso accettarlo."
"Mi occuperò io dei tau." Si propose l'eldar.
"Allora a seduta è tolta. Andiamo subito a prepararci." decise Misha.
CAPITOLO SEI: PARTENZA
"Umani a destra, tau a sinistra! Umani a destra, tau a sinistra!"
L'hangar era nel caos: le procedure di carico procedevano spedite. Umani, tau,
eldar: centinaia di persone affollavano lo spazioporto, salendo sugli shuttle che li
avrebbero portati sulle navi in orbita.
"Mi raccomando: abbiate cura di voi." disse Krokgard abbracciando Reef e Hans.
Lui non avrebbe partecipato alla missione.
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"Stai tranquillo. Rispediremo all'inferno quei demoni!" Lo rassicurò Antonio. Laura
era all'ospedale, con una forte febbre emorragica: non era in pericolo di vita, me
decisamente non poteva partire per Moracre.
Lo shuttle sbarcò Reef e Hans, insieme a decine di altri soldati, nell'Hangar della
nave "Mano dell'Imperatore". Faceva uno strano effetto ritrovarsi ancora una
volta a bordo di un vascello imperiale: ci si sentiva a disagio.
I 'convertiti' avanzarono tra due ali di guardie, tra insulti e sguardi carichi d'odio.
Un uomo pelato si staccò dal resto della folla, e si parò davanti a Reef, a braccia
incrociate, bloccandogli la strada. Antonio cercò di aggirarlo, ma questi fece un
passo di lato, sbarrandogli ancora una volta il passo.
Le urla dalla folla si fecero più insistenti. "Fagli il culo!" "Smontalo!" "Ricaccialo
insieme ai suoi amici Xeno a calci!"
"Senti amico. Non voglio problemi." disse Reef pacatamente. Sicuramente non
era il caso di cominciare una rissa all'interno di una nave imperiale.
L'imperiale disse ad alta voce, facendosi sentire da tutti. "Punto uno: IO non sono
tuo amico. Punto due: i tuoi problemi sono iniziati nel momento in cui Lo hai
tradito." Antonio non vide neanche partire il pugno che lo colpì al mento,
scheggiandogli un dente. Reagì con una ginocchiata nello stomaco, che
l'avversario schivò senza problemi. Una testata colpì Reef in fronte, facendogli
vedere le stelle. I due si afferrarono a vicenda per la gola, cominciando a
stringere.
Un urlo sovrastò le grida della folla: "Sergente Martin!"
L'imperiale lasciò la presa, allontanando Reef con un pugno, e si mise sull'attenti.
"Sissignore, capitano Foreman?!"
"Non mi aspettavo un simile comportamento da un fante scelto."
"Mi scusi, signore. Il traditore mi ha provocato."
"Brutto figlio di una gran mignotta! Sei stato tu a saltarmi addosso!" Urlò Reef,
sputando a terra sangue.
"Sergente Martin: noi parleremo dopo. In quanto a te, feccia." disse ad Antonio
"Creami altri problemi e ti faccio fare un giro di chiglia senza tuta. E questo vale
per tutti voi traditori. Mi avete capito???"
"Abbiamo capito." Rispose Reef. "Dove sono i nostri alloggi?"
"Ci siete già. Voi starete nell'hangar. Sistemate le vostre cose, e guai a voi se
mettete piede fuori di qui."
Ci fu un moto di protesta tra le forze tau.
"Siamo soldati, non damerini. L'hangar va più che bene. Forza uomini, cominciate
a stendere i sacchi a pelo lungo le pareti."
Le tre flotte partirono in contemporanea dal pianeta: quella imperiale e quella
eldar sarebbero arrivate per prime, seguite da quella tau. L'operazione Tridente
era cominciata.
CAPITOLO SETTE: ARRIVO
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"In piedi, larve! Mezz'ora allo sbarco!" Urlò il sergente Martin attraverso il
megafono.
Reef si svegliò di soprassalto, proprio mentre stava sognando Laura. Per gli
eterei, come odiava quell'uomo. Nelle due settimane di viaggio aveva fatto di
tutto per rendere la vita dei gue'vesa un inferno.
L'hangar si riempì all'improvviso di marinai intenti a caricare le navi da sbarco e
di soldati che marciavano incolonnati. Facce tristi, spaventate. Un ragazzo stava
piangendo in un angolo. Reef si avvicinò, e si appoggiò al muro, di fianco a lui.
"Paura?" gli chiese, e senza aspettare una risposta "Sai, ho sentito che certi
demoni, se ti feriscono, possono trasformarti. In peggio, ovviamente. Diventi una
bestia sbavante, che per ogni secondo della propria (breve, s'intende) esistenza
soffre come un cane. Per non parlare della tua anima! I demoni ci possono
banchettare per l'eternità."
Il ragazzo era sempre più disperato. "E, in quel caso, addio Imperatore. Non
vedrai mai la Sua luce, ma brucerai per sempre nelle fiamme del warp. E non ti
ho ancora detto niente! Sul campo di battaglia puoi prenderti certe malattie
che..."
"Reef! Vieni a dare una mano!" Lo chiamò Hans Loon: "Comincia ad entrare nella
tua armatura da combattimento, sennò questi manco la toccano!"
"Acc... Ora devo andare. Sai, mi mancano il mio fucile laser e il mio giubbotto
antischegge. Beato te che hai l'imperatore al tuo fianco, mentre
io devo accontentarmi di un'armatura da battaglia volante, armata con un fucile
al plasma che non si surriscalderà mai, con un lanciarazzi ed equipaggiata con un
generatore di scudo in grado di deviare un colpo di cannone pesante. Ciao, e
buona fortuna!"
Reef si sentì subito meglio: non che avesse qualcosa contro quel ragazzo, ma gli
serviva proprio sfogarsi contro qualche imperiale.
Antonio osservava dall'oblò del cargo imperiale l'impressionante spettacolo della
battaglia che si stava svolgendo nell'orbita alta di Moracre: giganti da milioni di
tonnellate sparavano siluri delle dimensioni di un grattacielo; bombardieri
sfrecciavano tra le navi, sganciando bombe che avrebbero potuto distruggere
un'intera compagnia, inseguiti da caccia supersonici che gli sparavano addosso
con mitragliatrici pesanti in grado di distruggere più e più Land Raider; giusto in
quel momento un cannone Nova imperiale fece fuoco: un proiettile gigantesco
percorse centinaia di chilometri in meno di un secondo, per poi esplodere,
annientando un'intera formazione di scorte caotiche; un incrociatore classe
shadow eldar, squarciato dalle batterie d'artiglieria di una nave da battaglia
caotica, passò a poco più di un chilometro dal cargo di Reef, bruciando
intensamente mentre entrava nell'atmosfera del pianeta; migliaia di navi da
sbarco come quella che trasportava Antonio si staccavano dalle navi di battaglia,
brillando come gocce di pioggia, nella luce del sole che si stagliava all'orizzonte
del pianeta. Era uno spettacolo magnifico ed impressionante allo stesso tempo.
"Entriamo nell'atmosfera! Reggetevi, ci sarà da ballare." avvertì il pilota
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attraverso l'interfono.
Reef si guardò attorno: nella grossa nave da sbarco altri diciannove sentinel
erano saldamente assicurati mediante ganasce al soffitto, pronti a lanciarsi dal
portellone per piombare sul campo di battaglia frenati grandi paracaduti
gravitazionali. Il problema era che la crisis non era compatibile con le suddette
ganasce. La nave si inclinò bruscamente, ed Antonio si dovette appoggiare alla
parete per non cadere a terra. Si aggrappò saldamente ad una sbarra, mentre la
nave vibrava bruscamente.
Ci fu un esplosione quando un proiettile antiaereo colpì un motore. Una falla si
spalancò nel fianco destro della nave, che si inclinò pesantemente verso quel lato.
Reef perse l'equilibrio e cadde pesantemente contro il sentinel al suo fianco, che
si staccò dai sostegni, innescando una reazione a catena che coinvolse altri cinque
camminatori. Reef rotolò sulla paratia, ormai divenuta pavimento, risucchiato
dalla falla. Ormai erano nella bassa atmosfera, ma la differenza di pressione era
ancora presente. Antonio allungò disperatamente un braccio, cercando di
aggrapparsi a qualcosa. Le dita dell'armatura da combattimento si chiusero
attorno a una gamba di uno dei sentinel caduti, trascinando anch'esso verso la
voragine. Qualche secondo, e Reef si ritrovò sospeso nel vuoto, aggrappato al
camminatore: questo si era messo di traverso per l'apertura, incastrandosi. Le
nuvole si aprirono, rivelando sotto di essi una città abbandonata. L'atterraggio
della nave da sbarco non sarebbe stato morbido: sarebbe stato meglio fare da
soli. Reef lasciò la presa, e, con una giravolta si allontanò dal cargo ormai
condannato, accendendo i motori, e pregando gli eterei che i palazzi sottostanti
non fossero così duri come sembravano.
CAPITOLO OTTO: IO, IL FAVORITO
All'interno di un palazzo in rovina, Arthel stava osservando il cielo con il binocolo:
centrata! La nave da sbarco lealista stava perdendo pezzi, mentre si andava a
schiantare qualche chilometro più in là. "Bel colpo, ragazzi!" urlò agli altri cultisti
asserragliati al terzultimo piano di un grattacielo. Gli dei del chaos erano con lui.
Questo era un segno. Sarebbe diventato un condottiero! Avrebbe avuto il potere
di diecimila uomini! Avrebbe conquistato interi mondi, galassie, universi! Un
bubbone esplose sul suo collo, schizzando il pavimento di icore. "Babbo Nurgle mi
vuole bene!" Urlò Arthel esultante. Un forte schianto proveniente dall'alto, seguito
subito da un secondo, molto più forte. Quando il cultista si voltò, si ritrovò a
fissare l'armatura da combattimento di Reef. Questi, mentre precipitava, aveva
acceso al massimo i propulsori, frenando la caduta, per poi colpire il lucernario di
un grattacielo e sfondare il pavimento (al quale erano stati tolti i sostegni di
metallo, per poterli fondere e ricavarne armi), arrivando infine ad atterrare
pesantemente in mezzo alla sala occupata dagli adoratori del chaos.
Il gruppo di cultisti restò a fissare attonito il nuovo arrivato. Che razza di veicolo
era quello? Un razzo partì dalla spalla dell'armatura da combattimento, attraversò
la sala e colpì la batteria antiaerea, facendola deflagrare ed uccidendo due dei
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servi del chaos.
Arthel vide Kash, l'adoratore di khorne, sollevare la sua pesante ascia e fiondarsi
contro la crisis, calandogliela addosso con tutte le sue forze. Il colpo rimbalzò
inoffensivo sulla corazza, e Reef, con una ginocchiata, fracassò una dozzina di
ossa al cultista.
"No, non può essere! Io sono Arthel, il prescelto da Nurgle! Non può succedermi
niente!" urlò il folle, estraendo la sua rozza pistola, e facendo fuoco, mancando il
bersaglio. Per sua fortuna, anche la scarica di plasma di Reef mancò il bersaglio.
Per sua sfortuna, il colpo centrò il pavimento davanti a lui, che barcollò e cadde
all'indietro. Nel tempo di percorrere i seicento metri che lo separavano dal suolo,
Arhtel fece in tempo a pensare di essersi sbagliato: forse, dopotutto, non era il
prescelto.
"Reef! Qui Hans! Ci sei? Sei ferito? Ho visto precipitare la tua nave, ma i tuoi
segni vitali sono forti..."
"Tutto a posto. L'armatura è un po' ammaccata, ma me la caverò. Voi a che
punto siete?"
Hans Loon era, insieme a venti altri gue'vesa, asserragliato al piano terra di un
edificio che si affacciava su un grande parco: il luogo scelto per stabilire il campo
base. "Forza, andiamo!"
Il gruppo di umani attraversò di corsa la strada che li separava dal muro di cinta
dei giardini. Hans era quasi arrivato al riparo, quando qualcosa di grosso sbucò da
una via laterale. "Chimera!!!!" urlò a squarciagola, mentre il cingolato puntava su
di loro a tutta velocità. Il multilaser montato in torretta fece fuoco, colpendo il
soldato accanto a Loon, che crollò al suolo, senza più la parte superiore del corpo.
Una pioggia di colpi di fucile ad impulsi colpirono il blindato, ed uno di essi colpì il
serbatoio. Ci fu un'esplosione, ed il trasporto truppe si fracassò tra le fila dei
gue'vesa, mietendo numerose vittime. Hans si lanciò di corsa verso il luogo
dell'impatto, pronto a fornire soccorso ai feriti, ma, arrivato a pochi metri, si
fermò: il portellone superiore del chimera si spalancò di colpo. Ne uscì un braccio.
Due braccia. Tre braccia? "Ma che diavolo?" si chiese ui'Loon, vedendone
emergere una figura grottesca. L'essere che in precedenza era stato un uomo uscì
totalmente dal veicolo: non aveva gambe, ma in compenso aveva sei braccia,
tutte terminanti in grottesche mani dalle quali spuntavano sei dita artigliate. Con
un balzo di tre metri atterrò su uno dei feriti, e, prima che qualcuno potesse
reagire, gli infilò due delle zampe nello stomaco. Altre creature stavano uscendo
dal chimera. Mutanti, di certo. Loon prese la mira, e fece fuoco contro il 'ragno',
ma questi, con un rapidissimo salto, si tolse dalla linea di tiro. "Abbattete queste
schifezze!" Ordinò Hans, cominciando a fare fuoco contro gli abomini in
avvicinamento. Un colpo di fucile ad impulsi colpì un mutante privo di braccia, ma
dotato di otto tentacoli al posto delle gambe troncandolo a metà, mentre un
essere con la testa situata all'estremità di un braccio spruzzava un fiotto d'acido
giallastro da quello che avrebbe dovuto essere un collo, ricoprendo uno degli
umani che, subito, cominciò disperatamente a togliersi l'armatura in rapida
decomposizione. Hans fece fuoco contro lo sputa acido, colpendolo al petto, e
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facendolo letteralmente esplodere, schizzando su un suo compagno che cominciò
a sciogliersi tra urla disumane. Un essere simile ad un centauro si lanciò al
galoppo verso di lui, brandendo una sbarra di ferro come se fosse una lancia.
Hans non fece in tempo a sparargli che il mostro gli fu addosso, travolgendolo.
Mentre il mutante gli passava sopra, Loon sentì uno degli zoccoli gravargli sul
petto: se la corazza ad esoscheletro non avesse retto, probabilmente la pressione
gli avrebbe rotto la cassa toracica. Il centauro passò oltre, pronto a tornare alla
carica, quando qualcosa di velocissimo lo falciò. La moto a reazione compì una
stretta virata, e, seguita da altre due, piombò sui mutanti rimanenti, ed in un
mulinare di lame, la battaglia finì in fretta. "Forza, scim'maigh!" disse uno dei
motociclisti. "Ripuliamo questa zona dalla feccia caotica!"
CAPITOLO NOVE: L'ATTACCO
Reef era al campo base, e stava riparando le ammaccature della sua armatura da
combattimento, quando sentì un forte rombo di motori. Alzò lo sguardo: almeno
un centinaio di navi tau di ogni tipo stavano entrando nell'atmosfera, lasciando
dietro di sé scie infuocate. Il momento era giunto, dunque. Il primo trasporto
truppe Orca atterrò sulla pista allestita nel parco, e ne sbarcò Misha, seguita da
altri Tau. Antonio vide il comandante entrare nella tenda che ospitava gli altri
ufficiali, dove rimase per un oretta. Ne uscì insieme alla veggente ed
all'inquisitore Stain.
"Domani attaccheremo," Annunciò l'umano alla folla che si era radunata nel
frattempo. "Il nemico è asserragliato nel palazzo dell'Ex governatore, e sarà
difficile stanarlo da lì. Buona fortuna."
"Wow, che discorso commovente!" mormorò Hans. "Ho le lacrime agli occhi."
"Mio signore! Mio signore!" il cultista strisciò ai piedi del gigante in armatura
potenziata. "Gli infedeli ci attaccano, mio signore!"
Lord Faust, sputò a terra. "Dimmi di più."
"Sono tanti, mio Signore. Tre eserciti, riuniti contro di noi!" Piagnucolò lo schiavo.
"
"Non interromperanno il rituale. Non ci riusciranno."
"Certo che no, signore, ma.... Cosa devo fare? Mi dica, ed io obbedirò
ciecamente."
"Ci penserò io. Ora vattene, e continua ad ammucchiare corpi come ti ho
ordinato." Ringhiò Lord Faust, allontanando la patetica creatura con un calcio.
"Daniel!" Urlò il condottiero. "Vieni qui!"
"Prova ancora a rivolgerti a me in quel modo," Ringhiò una voce cavernosa, "E ti
sventro con le mie mani. Lo sai che non prendo ordini da te!"
"E' vero, non devi rendere conto a me..." commentò Lord Faust " ma devi rendere
conto a Bellial. E, come sai" la voce del condottiero cambiò improvvisamente "Noi
siamo una cosa sola."
"Sì, padrone." si arrese Daniel, uscendo dall'ombra, ergendosi in tutti i suoi
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cinque metri. "Cosa volete che faccia?"
Centinaia di trasporti truppe si stavano avvicinando alla roccaforte, dove milioni di
cultisti li attendevano pronti a combattere anche a mani nude pur di compiacere i
loro dei. Gli hellhound imperiali, in prima linea, bruciavano nemici a centinaia,
aprendo la strada al resto dell'esercito. Reef avanzava appena dietro, armato di
cannone a raffica, annientando i cultisti che si riuscivano ad arrampicare sui carri.
Sembrava fin troppo facile: i nemici erano sì tanti, ma erano nettamente inferiori
dal punto di vista tattico.
"Gue'vesa" Lo chiamò il pilota della crisis di fianco a lui "Lo senti anche tu questo
fischio?"
Reef non sentiva niente: "Fischio? Quale fischio?"
Il colpo di basilisk centrò l'armatura da combattimento del tau, mandandola in
pezzi. Altri colpi d'artiglieria cominciarono a piovere seminando la morte tra le fila
degli alleati.
"Quegli obici ci stanno facendo a pezzi!" Urlò l'inquisitore nel comunicatore.
"Squadra Eagle: li avete localizzati?"
"Roger. Aspettiamo il vostro ordine per colpire."
"E allora colpite, dannazione!!!"
CAPITOLO DIECI: TRA I CIELI
"E allora colpite, dannazione!!!"
Claude, il pilota del Marauder a capo della squadriglia, spense il microfono e urlò
al mitragliere seduto dietro di lui "Il signor inquisitore sembra nervoso! Meglio
accontentarlo prima che ci lanci contro un'exterminatus!"
Il compagno gli batté sulla spalla, per assicurargli di aver capito, e Claude,
riaccendendo il microfono, ordinò "Forza, signori e signore, umani e Xeno,
facciamo fuori un po' di caotici! Statemi dietro, e chi arriva ultimo finisce sul
rogo!"
Un coro di 'Roger' gli risuonò nelle orecchie.
Il caposquadriglia cominciò la picchiata, seguito da altri due Marauder, tre
Nightwing ed altrettanti Barracuda.
"Cari caotici, fareste meglio ad aprire gli ombrelli! Presto comincerà a piovere!"
Urlò Claude, esaltato.
"Caposquadriglia, hai rotto le palle con queste battute!" Gli disse uno degli eldar
alla radio. "Possiamo svolgere il nostro lavoro con la bocca chiusa."
"Oook, abbiamo un premio Nobel per l'umorismo tra noi. Bersaglio in vista: aprite
il fuoco!"
Una granicola di colpi di ogni specie colpì le batterie di Basilisk, rendendoli in
pochi secondi rottami incandescenti.
"M-1, qui B-1" Disse il pilota di uno dei barracuda. "Ne sono rimasti altri:
facciamo un secondo passaggio?"
"Non vorrai mica lasciare le cose a metà?" gli chiese ironicamente il
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caposquadriglia. "Torniamo indietro e finiamo quei ba$tardi!"
I nove velivoli compirono una stretta virata, rimettendosi in rotta.
"M-1, qui N-3" Comunicò uno dei Nightwing eldar "Caccia nemici in avvicinamento
a ore Sei."
"Mi sembrava troppo facile!" Commentò l'armiere. "I Marauder sono bombardieri,
non caccia. Squadre B e N" ordinò agli alieni "Sganciatevi e cercate di coprirci. Noi
penseremo ai basilisk, voi fate fuori i caccia nemici!"
Il Marauder di Claude scese in picchiata verso il campo d'artiglieria nemico,
affiancato dagli altri due bombardieri in una formazione a Delta. I due cannoni
laser montati sul muso fecero fuoco, centrando in pieno il primo dei basilisk
sopravvissuti. Alle sue spalle, i Barracuda e i Nightwing avevano cominciato ad
ingaggiare i Thunderbolt dei rinnegati. Due dei caccia nemici, disingaggiandosi
dalla battaglia, puntarono verso i tre bombardieri imperiali, cominciando a
sparare con le mitragliatrici di prua.
Claude, cabrò appena in tempo per evitare un colpo di cannone laser provenente
dagli intercettori nemici. "Mannaggia all'inquisizione, squadre B e N, ce la fate o
no a coprirci il culo?" urlò, spaventato. C'erano andati veramente vicino, quella
volta.
"Negativo, M-1." Gli disse uno dei pilota dei Barracuda. "I caccia nemici sono
troppi, non riusciamo a trattenerli tutti!"
"Una volta che andasse tutto bene no?" si chiese stizzito. "M-2, M-3: al mio
segnale voglio una formazione aperta: loro sono due, noi siamo tre. Non possono
prenderci tutti, e il Marauder libero cerca di sbarazzarsi dei caccia: pronti?"
Il bombardiere alla sua destra esplose in una palla di fuoco, centrato ai motori da
una raffica di mitragliatrice proveniente da uno dei due inseguitori. Ora c'era un
caccia per bombardiere. CA22O. Un colpo di cannone automatico passò ad una
spanna dalla coda del Marauder.
"Torretta!" urlò all'armiere de l requiem pesante montato sul dorso del velivolo.
"Togliti il dito dal culo e cerca di far fuori qualche caccia!"
Nessuna risposta. "M-1: mi duole informarti che non hai più una torretta." lo
avvertì l'altro aereo imperiale rimasto.
Non tutti i colpi di autocannon, infatti, erano andati a vuoto.
"M-2, riesci a farne fuori qualcuno?"
"Ora vedo cosa posso fare" disse il pilota: il Marauder decelerò bruscamente,
cercando di farsi superare dai caccia nemici, per poi poterli bersagliare più
facilmente. La manovra, in parte riuscì: i piloti nemici non superarono il
bombardiere, ma uno di essi entrò nell'arco di fuoco della torretta requiem
pesante dell'areomobile imperiale, che gli staccò un ala con una raffica, facendolo
precipitare al suolo dopo molti avvitamenti. L'ultimo caccia rimasto, però, si era
tenuto indietro, e, con un colpo di cannone laser, centrò la coda dell'aereo: la
potentissima scarica attraversò l'aereo, sbucando dal muso, annientandolo.
Era rimasti un solo tre basilisk, uno a fianco all'altro, che continuavano comunque
a martellare la colonna degli alleati. Claude per un attimo fu preso
dall'indecisione: poteva tornare verso gli alleati, sperando che il fuoco contraereo
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abbattesse il suo inseguitore, oppure tornare indietro, e distruggere gli obici
rimasti. "Non vorrai mica lasciare le cose a metà?" Si chiese, dirigendosi
nuovamente verso le linee nemiche.
"Qui B-2" gracchiò la radio. "sono gravemente danneggiato, ma ho un drone
ancora funzionante. Forse riesco a darti una mano."
"Ogni aiuto è ben accetto, pesciolino. Vedi cosa puoi fare."
Claude vide il Barracuda avvicinarsi da davanti, sparando con il cannone a raffica
verso il Thunderbolt. Questi, non reputando una minaccia il bombardiere, deviò
verso il caccia, ingaggiandolo in combattimento.
Ecco i basilisk, proprio davanti a lui. "Pronto a sganciare la bomba?" chiese al
copilota seduto dietro di lui.
"Avvicinati ancora un po': con un colpo solo li tiro giù tutti e tre."
Claude vide troppo tardi la postazione a tiro teso girarsi verso di lui, per vomitare
decine di colpi di Requiem pesante.
Una granicola di colpi esplosivi colpì il muso dell'aereo, uccidendo l'armiere di
prua, per poi spostarsi verso l'abitacolo.
Il pilota abbassò la testa, e sentì i proiettili infrangere il vetro. Il fuoco cessò,
mentre i cultisti ricaricavano l'arma, e Claude poté rialzarsi, e constatò che il
copilota era morto, accasciato sui comandi. Il caposquadriglia si toccò il collo:
cos'era quell'oggetto acuminato che gli spuntava dalla gola? Da dove veniva tutto
quel sangue? Forse avrebbe potuto sganciare la bomba dal suo posto: cercò di
allungarsi verso i controlli del copilota, ma una fitta al petto glielo impedì.
Abbassando lo sguardo vide numerose schegge di vetro che gli spuntavano dal
torace.
"Al diavolo!" si disse, strappando un sigillo di purezza dal cruscotto e stringendolo
in pugno "Carri d'artiglieria distrutti." rantolò nella radio "M-1: chiudo."
Il Marauder si schiantò sui basilisk: tra le bombe, il carburante dell'aereo e le
munizioni degli obici, l'esplosione risuonò per parecchi chilometri.
CAPITOLO UNDICI: UN METRO SOPRA TERRA
Misha vide che i cancelli della fortezza si stavano aprendo, ed una grossa nube di
polvere cominciò ad alzarsi. Eseguì uno zoom con l'armatura da combattimento:
una colonna di dieci leman russ stava uscendo dal palazzo.
"Squadra rapida anticarro: quei corazzati non devono arrivare a fare fuoco."
"Squadra rapida anticarro: quei corazzati non devono arrivare a fare fuoco."
"Ricevuto, capitano Brightmoon." Confermò lo shas'ui Al'Xand'dr dal sedile
posteriore del piranha a capo della squadriglia. "Squadra: bersaglio a ore dodici:
dividiamoci in due ali ed attacchiamo i due lati della colonna. Piranha da Due e
Quattro, Vyper Uno e Due, con me, colpiamo il fianco sinistro. Gli altri colpiscano
il destro. Buona fortuna, e che gli eterei veglino su di noi."
La squadriglia, formata da dieci piranha e quattro Vyper, si divise in due,
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sfrecciando verso i blindati ricoperti da stelle ad otto punte.
"I cultisti ci sparano contro," lo avvertì il pilota "ma non credo siano un pericolo:
le loro armi sono troppo deboli, e la loro mira farebbe ridere un orko."
"Meglio non rischiare" Replicò Al'xand'dr "Squadra: fate fuoco contro la fanteria
nemica con le armi secondarie."
I droni arma e le catapulte shuriken aprirono delle scie parallele nella marea di
corpi sottostante.
"Bersaglio in gittata: apriamo il fuoco." Comunicò V-1, il caposquadriglia Vyper.
Le due lance splendenti fecero fuoco, colpendo la torretta del primo carro ed
aprendola in due come una lattina. Il Leman Russ, in risposta, aprì il fuoco con il
requiem pesante montato sullo scafo, ma gli areomobili erano troppo veloci per
lui. Il cannone pesante del secondo blindato sparò una salva d'artiglieria. Nessun
veicolo venne colpito direttamente dal proiettile, ma l'esplosione scagliò in aria un
piranha, che si schiantò capovolto dopo numerose piroette.
"P-2: finisci il carro danneggiato. Gli altri attacchino il resto della colonna!" ordinò
Al'xand'dr, facendo fuoco con il fucile a f usione contro un blindato: la corazza si
squagliò, ed il carburante prese fuoco, trasformando il carro armato in una
fornace. I Leman Russ cominciavano a dispiegarsi a ventaglio, in modo da coprirsi
i fianchi a vicenda, e i requiem pesanti cominciarono a tuonare. Un proiettile al
deuterio impoverito centrò il pilota di un Vyper che, senza controllo, si accartocciò
contro la pala di un blindato.
Dopo qualche minuto di scontro, la battaglia volgeva a favore dei veloci
aeromobili che, troppo agili per i pesanti mezzi corazzati.
"Mancano solo tre contatti: spazziamoli via con un'ultima passata." ordinò
Al'xand'dr.
In quel momento qualcosa atterrò sul muso del piranha vicino al suo. Era alta
come minimo due metri, dotata di due ali membranose. Sembrava del tutto priva
di pelle, e il tau poteva chiaramente vedere i muscoli flettersi sul corpo compatto.
La sua testa era orribile: mentre su tutto il corpo mancava la pelle, il capo era
completamente scarnificato, un teschio simile a quello di un gigantesco pipistrello.
Ma il particolare più strano erano senza dubbio le fiamma che ardeva sul dorso,
come fossero alimentate da un combustibile. L'essere spalancò le fauci,
emettendo un forte urlo stridulo mentre afferrava con entrambe le mani la testa
del pilota atterrito e la strappava letteralmente dal torso, per poi spiccare il volo
mentre il piranha, privo di controllo, si sfracellava al suolo.
"Che caz2o è quello?" urlò il pilota seduto davanti ad Al'xand'dr, subito
correggendosi in "Che caz2o sono QUELLI?!".
Un gruppo di creature simili a quella erano appese a testa in giù lungo le mura
della fortezza, ed ora cominciavano a librarsi in aria.
"Sono Furie!" Spiegò il pilota di un vyper, "Demoni! Il rituale deve essere a buon
punto! Dobbiamo sbrigar..." Una furia agguantò al volo l'armiere del vyper
strappandolo dalla sua posizione e trascinandolo urlante verso il suo nido.
Un secondo demone atterrò sopra la moto a reazione, infrangendo il parabrezza
con un pugno. Al'Xand'dr estrasse la sua pistola di ordinanza, prese la mira, e
scaricò mezzo caricatore contro l'essere. Quasi colpì il pilota, ma alcuni colpi
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andarono a segno, e la bestia, dilaniata da un colpo in pieno petto, scivolò via,
rimbalzando più volte a terra.
"Avrei potuto cavarmela da solo." Disse l'eldar "Comunque... Grazie."
"Non dimentichiamoci il nostro obiettivo! Attacchiamo i corazzati!" Ordinò
Xand'dr.
Un tonfo dietro di lui. "Eterei non fatemi questo" pregò mentalmente, mentre si
voltava, con la pistola spianata. Si ritrovò a fissare una bocca spalancata irta di
zanne lunghe un palmo. L'arma fece fuoco, e la mano con la quale la furia si
teneva al velivolo si staccò dal braccio. La bestia guaì, cadendo all'indietro, aprì le
ali per non crollare a terra, e si lanciò all'inseguimento. Al'Xand'dr sparò al
demone, che però evitò agilmente i colpi, avvicinandosi sempre più. Caricatore
finito. Ricarica. Altri colpi verso la furia. Uno dei proiettili centrò l'inseguitore
all'ala. Con un ultimo slancio, però, il demone si proiettò in avanti, aggrappandosi
al pi ranha con l'unico artiglio rimasto.
"Siamo troppo pesanti!" Urlò il pilota "Liberati di lui!"
"Con estremo piacere" Sghignazzò Al'Xand'dr appoggiando l'arma al muso della
bestia... E ritrovandosi repentinamente con una pistola e due dita in meno. La
furia ingoiò carne e metallo, e si trascinò avanti, verso i passeggeri.
"Dammi la tua pistola!" Ordinò l'armiere al pilota. Ci vollero solo due secondi per
prendere la nuova arma dal compagno, ma, quando lo shas'ui si rigirò verso il
retro del veicolo, il demone era sparito. Ma dove cavolo...
L'urlo del pilota rispose alla sua domanda ancor prima che potesse formularla: il
demone, strisciando sotto il piranha con l'ausilio degli uncini posti sulla sommità
delle ali, ora era riuscito a raggiungere il muso dell'aeromobile, e si era issato sul
cofano, pronto a uccidere il guidatore.
Come se non bastasse, il piranha puntava verso un leman russ distrutto: il
boccaporto della torretta si aprì, e ne sbucò un cultista, che cominciò a caricare
un lanciamissili.
Al'Xand'dr era disperato. Se avesse sparato, era molto probabile che avrebbe
colpito il pilota, visto che i due erano molto vicini, e che avrebbe dovuto sparare
con la mano sinistra, essendo che alla destra mancavano due dita. Poi, il suo
sguardo cadde sulla furia, e, più in particolare, sul fatto che era in piedi sul drone
arma di sinistra. La mano dell'armiere volò ad un comando sul cruscotto davanti a
lui: i droni arma si sganciarono dal piranha, portando con sé il demone urlante.
Il pilota, non perse tempo: tirò verso di sé la cloche, ed il velivolo, non più
appesantito dal carico in eccesso, cominciò a cabrare. Il carro era sempre più
vicino, e il cultista aveva quasi finito di caricare il lanciamissili... "Troppo bassi!
Troppo bassi!" urlò Al'xand'dr coprendosi gli occhi con la mano sana.
Ci fu un rumore di lamiere contorte quando il fucile termico si accartocciò contro
la torretta del Leman Russ, ma il resto del piranha era riuscito a passarci al
disopra, tagliando a metà il cultista che aveva appena imbracciato il lanciamissili.
Pochi attimi dopo i droni, non ancora esaurita la loro inerzia, si sfracellarono
contro la fiancata del blindato, portando con sé il demone.
Con un sospiro di sollievo, il caposquadriglia comunicò al QG: "Corazzati distrutti.
Ritorniamo alla bas..." Il suo sguardo corse a quello che stava uscendo dal
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portone, ed il suo cuore saltò un battito. "Abbiamo un Baneblade! Ma che diavolo
hanno fatto a quel carro?!?"
CAPITOLO DODICI: ATTACCO IN PROFONDITA'
"Ce ne occupiamo noi?" Chiese Vre'Jhas da dentro l'Orca che sorvolava il campo
di battaglia ad alta quota.
"Affermativo. Ma attenti: quel veicolo è più pericoloso di quanto sembri." Lo
ammonì la veggente eldar.
"Davvero?" chiese il sergente Martin, sbucando da dietro la massiccia sagoma
della crisis. "Eppure, dalle immagini che ho ricevuto, lo sembra già abbastanza."
"La veggente sa quel che dice." Affermò Gi'Horgel l'esarca dei falchi predatori.
"Quando vorrò il parere di un 'recchieappunta lo chiederò!" ribatté l'umano.
La voce del pilota li interruppe: "Il bersaglio è sotto di noi: luce verde, e buona
fortuna!"
Le tre crisis, i dieci fanti scelti e gli altrettanti guerrieri falco si lanciarono
dall'Orca, piombando sull'obiettivo.
A duecento metri dal suolo i Kaserkin e le armature da combattimento azionarono
i propri zaini a reazione, mentre gli eldar continuarono la loro caduta, spiegando
le ali a poche decine di metri da terra, atterrando dolcemente mentre sparavano
con i lasblaster ai cultisti che circondavano il carro. Il corazzato era veramente
impressionante: oltre ad avere le dimensioni di un normale baneblade, comunque
considerevoli, era quasi totalmente ricoperto da spuntoni ossei, che sembravano
essere cresciuti direttamente dallo scafo. Sul retro stavano quattro cisterne
contenenti un disgustoso liquido ribollente, ed il cannone era interamente
ricoperto da un tessuto organico che trasudava sangue. Dai cingoli spuntavano
uncini che, nell'avanzata, affondavano contorcendosi nel suolo. Le crisis gli
atterrarono dietro, mentre i fanti scelti circondarono il carro.
I tau, armati di due fucili a fusione a testa, avrebbero cercato di distruggere il
carro, aiutati dagli umani, che avevano però come compito principale quello di
fornire fuoco di supporto agli eldar impegnati a tenere lontani i cultisti.
"Stategli attaccati!" Urlò Gi'Horgel, riferendosi al baneblade "Più gli state vicini,
più avrà difficoltà a prendervi di mira!"
Un cultista si lanciò contro l'esarca, mulinando una spada a catena rubata a
qualche ufficiale. L'eldar evitò agilmente il colpo dell'avversario, affondando poi la
lama potenziata nel petto del goffo nemico. Stava ancora estraendo la spada,
quando i suoi sensi sovrumani percepirono un pericolo imminente alla sua destra.
Si abbassò appena in tempo per schivare una terrificante martellata, che mandò
in pezzi il roccemento ai suoi piedi. L'ogryn rinnegato ruggì sotto il cappuccio,
furioso per aver mancato il bersaglio, e risollevò la pesante mazza, mulinandola
verso l'eldar con un fendente mirato a spezzargli le gambe, che venne schivato
con un salto. La spada potenziata saettò, tracciando un arco e incidendo un
profondo taglio nel petto del bestione, che non sembrò neanche accorgersene, e,
senza interrompere il precedente colpo, roteò su sé stesso, mulinando il martello
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lungo una circonferenza e ripetendo il colpo precedente, che l'esarca evitò nello
sesso modo. Il bestione era imbizzarrito, furente per gli insuccessi. Afferrò la
mazza a due mani, e la sollevò sulla sua testa, per menare un colpo verticale.
Gi'horgel infilzò la spada nell'addome del colosso, penetrando fino all'elsa, ma il
mutante continuava a resistere. La martellata colpì il terreno facendolo vibrare, e
l'esarca ne approfittò: con un salto raggiunse la testa dell'ogryn, ed in un baleno
gli fu sulla schiena. Il bestione, ruggendo, lasciò l'arma, e cercò di strapparsi di
dosso l'eldar, che dalla sua posizione continuava a menare fendenti tra capo e
collo del nemico. Un secondo bestione caricò, mulinando una gigantesca piccozza,
che abbatté con tutta la sua forza verso l'esarca. Con un balzo Gi'horgel piantò la
spada potenziata in uno degli occhi del bestione, mentre la piccozza penetrava in
profondità nella testa del primo Ogryn. I due colossi crollarono al suolo quasi
all'unisono, mentre l'eldar si preparava ad affrontare un gruppo di cultisti.
"Non è poi così tosto!" disse il pilota di una delle crisis, mentre faceva fuoco con i
due fucili termici sul retro del carro "Guarda come si..."
Rimase senza parole quando, guardando nel buco, vide un grosso occhio giallo
che ricambiava lo sguardo. "Ma che diavolo..?" un tentacolo saettò dall'apertura,
avvinghiandosi attorno all'armatura da combattimento e trascinandola verso il
buco nello scafo, che si spalancò come una grottesca bocca, ed ingoiò la crisis.
CAPITOLO TREDICI: HYDRA
Martin aveva assistito orripilato alla scena: "Santissimo imperatore! Che diavolo è
successo?" urlò.
Anche lui aveva appena fatto fuoco con il suo fucile termico, e, anche dalla nuova
breccia, con un rumore di risucchio, uscì un tentacolo grondante pus. Il sergente
dei Kaserkin, però non si era fatto cogliere di sorpresa, ed estrasse la spada
potenziata, pronto a fronteggiare la minaccia. Il tentacolo sembrava dotato di vita
propria, e sembrò vedere il possibile pericolo: si erse come un cobra, oscillando a
destra e a sinistra, cercando di agguantare l'umano con degli agili scatti. Dopo
una finta a destra, lo pseudopodo colpì il fante scelto alle caviglie, facendolo
cadere a terra, e subito il tentacolo puntò alla sua gola. Martin riuscì ad
intercettare il nemico con un fendente della spada potenziata, che recise di netto
la protuberanza, staccandone almeno un metro. Un fiotto di pus sgorgò dal
moncherino, che si ritirò contorcendosi.
Il sergente dei Kaserkin si rialzò in piedi, facendo fuoco con il fucile termico
contro la paratia, del Baneblade questa volta senza effetti. Stava per riprovarci,
quando vide una cosa che lo lasciò di sasso: dal tentacolo reciso ne stavano
crescendo altri due, uguamente grossi. Uno di questi terminava in uno sfintere,
mentre l'altro finiva in un grosso artiglio, simile al pungiglione di uno scorpione.
Solo allora il Kaserkin lesse il nome scritto con il sangue sul lato del titanico
corazzato: "HYDRA"
Il primo dei due tentacoli, rivolgendosi verso di lui, aprì l'iride e spruzzò con la
forza di un idrante un getto di un denso e maleodorante liquido nero. Martin si
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gettò a terra, evitando di farsi centrare dallo spruzzo, che centrò in pieno un eldar
dietro di lui. Contrariamente a quello che avrebbe creduto, questi non si sciolse in
una pozza d'acido: crollò invece al suolo, in preda a forti spasmi, mentre il veleno
penetrava nella sua armatura di spettrosso. Alcune gocce erano cadute sullo
spallaccio destro del fante scelto: questi vide con orrore che, nei punti toccati,
l'armatura si ammorbidiva trasformandosi in piccoli tentacoli, che subito
provarono ad attaccarlo (senza successo, in quanto troppo corti per
raggiungerlo).
L'eldar colpito cominciava già a rialzarsi, ma dell'aggraziata creatura che era state
rimaneva ben poco: l'armatura era spezzata in più punti, e chele, artigli, tentacoli
di ogni tipo spuntavano dalle fessure. La testa era ripiegata all'indietro sulla
schiena, penzolante, come se fosse un organo vestigiale. Dal collo spuntava un
unico occhio in cima ad un sottile peduncolo. Martin pose fine all'esistenza della
progenie con un unico colpo di termico, voltandosi appena in tempo per avere
un'altra, spiacevole, sorpresa: fino a quel momento si erano tenuti fuori dall'arco
di tiro dei requiem pesanti montati sul lato del baneblade. Ora, però, questi si
erano staccati dallo scafo, e collegati al resto del carro con un grosso tentacolo (si
riuscivano addirittura a distinguere le file di proiettili che vi scorrevano all'interno,
per arrivare alla bocca dell'arma dal deposito munizioni.
La grossa mitragliatrice cominciò a far fuoco verso i fanti scelti, uccidendone tre,
insieme a svariati cultisti che li tenevano impegnati in corpo a corpo. Intervenne
una delle crisis che, schiacciando a terra l'estremità del tentacolo con un piede, lo
incenerì con il termico.
Troppo tardi il pilota notò che l'apertura dove era scomparsa la prima armatura
da combattimento si stava riaprendo: come in un orrido parto, un grosso sacco di
materiale organico sgusciò fuori dal buco, atterrando a terra con un tonfo liquido.
Un braccio metà meccanico metà organico sbucò dalla placenta.
"SANTISSIMI ETEREI!" urlò il pilota della crisis che aveva distrutto il tentacolo:
quella era l'armatura da combattimento che era stata risucchiata dal Baneblade!
"Ui'fel! Stai bene?"
Quella che era stata una splendente armatura da combattimento, si rialzò: dalla
corazza spuntavano degli spuntoni frastagliati, ed in alcuni punti affiorava un
ripugnante tessuto organico azzurrino, che rivelò essere la pelle dell'Ex pilota. Il
braccio sinistro si era aperto a metà per il lungo, diventando una chela
meccanica, mentre i termici montati sul destro erano fusi all'avambraccio, e
collegati alla schiena dell'armatura con dei tubi tendinei. La testa, infine, aveva
sostituito le lenti dei sensori visivi con degli occhi da ragno, e delle grosse
mandibole insettoidi si aprivano sotto il mento.
Jhas vide i fucili termici illuminarsi di una luce viola, ed un raggio di energia
entropica colpì la crisis dell'altra crisis rimasta: l'armatura da combattimento
sembrò diventare liquida, cominciò a tremolare e, con un rumore simile alla
scarica di un fulmine, sparì nel Warp.
CAPITOLO QUATTORDICI: PIU' GRANDI SONO....
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Gi'horgel ordinò ai suoi guerrieri falco di occuparsi dei cultisti, caricando la
mostruosità appena fuoriuscita dal baneblade, che aveva appena smesso di
sparare con il suo cannone. La spada potenziata attraversò l'aria, affondando fino
all'elsa nella schiena della crisis. Ci fu un rumore di risucchio, e la lama cominciò
a sparire nel corpo del nemico. Facendo forza con un piede, l'esarca riuscì ad
estrarre l'arma, che già cominciava a venire corrosa dai liquami. La crisis mutata
si voltò, e la chela meccanica scattò verso l'eldar, riuscì a saltar via appena in
tempo per non venir tagliato a metà. Gi'horgel aveva sottovalutato il suo nemico:
non avrebbe mai pensato che un'armatura da combattimento potesse muoversi
così in fretta. Un cultista, forzato il blocco degli eldar, si lanciò verso di lui
mulinando una spada potenziata. L'esarca si voltò, allontanandosi dall'ex crisis, e
controcaricò: quando i due furono ad un paio di metri di distanza, l'eldar scagliò
la sua arma contro l'umano, impiantandoglisi nel torace. Gi'horgel gli fu subito
addosso strappandogli l'arma di mano e decapitandolo, prima di estrarre la
propria spada potenziata dal petto e di avventarsi di nuovo contro la crisis,
brandendo un'arma per mano. I fucili termici brillarono, e un raggio viola colpì il
terreno ai suoi piedi: la terra si deformò, come un foglio di cellofan risucchiato da
un aspirapolvere, e Gi'Horgel sparì nel baratro.
Martin stava continuando a sparare con il suo termico contro il carro Hydra, senza
risultati apprezzabili: da ogni falla nello scafo fuoriuscivano tentacoli, anche se
cominciavano a muoversi sempre più lentamente. "Si sta indebolendo!" Urlò nel
comunicatore "Diamoci dentro!"
In quel momento vide l'esarca cadere nella voragine, e la crisis voltarsi verso di
lui. Il sergente si buttò di lato, evitando un colpo della spaventosa arma, e fece
fuoco a sua volta: la scarica iperriscaldante fuse all'istante le gambe dell'armatura
da combattimento, che crollò al suolo a faccia in giù, con uno schianto. Solo allora
il Kaserkin realizzò che stava succedendo qualcosa di strano: tutti i cultisti vicini
erano caduti in ginocchio, e, ridendo, cominciavano a tagliarsi la gola. Pseudopodi
fuoriuscivano dal baneblade, ed affondavano nelle pozze di sangue che
rapidamente si stavano formando sul roccemento, assorbendole in fretta: troppo
debole per continuare a combattere, Hydra si stava rafforzando.
I tentacoli si ispessirono a vista d'occhio, e la corazza ricoprì nuovamente le zone
indebolite. Anche la crisis mutata fu raggiunta dal sangue: con un suono orribile
sei zampe articolate, per metà organiche e per metà meccaniche spuntarono
dall'addome dell'armatura, che con una risata oscena si rimise in piedi. Il kaserkin
puntò il fucile termico contro la mostruosità (ora pericolosamente simile ad un
profanatore) e premette il grilletto, scoprendo di essere rimasto senza munizioni.
Si udì un battito di ali, e dalla voragine che si era aperta a terra spuntò l'esarca
eldar, appena prima che il buco scomparisse, come se non fosse mai esistito.
Gi'Horgel atterrò sulla schiena della crisis, e, in un sol colpo, infilò entrambe le
spade nel punto in cui sparivano i tubi che collegavano l'arma Warp al resto del
corpo. La creatura cacciò un urlo di rabbia e dolore, cercando di scuoters i di dosso
il guerriero falco, dimenticandosi di Martin. Il fante scelto colse l'occasione al
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volo: ricaricò il fucile termico e, con un colpo centrò le armi del nemico. Quando
l'energia delle armi venne sprigionata, ne scaturì un'onda d'urto che scagliò
Gi'horgel a una mezza dozzina di metri; subito dopo l'armatura da combattimento
cominciò a venir risucchiata verso la sua stessa arma. Prima sparì il braccio, poi il
busto ed infine le zampe, che artigliavano disperatamente il terreno in cerca di
appigli. Anche l'arma, alla fine, collassò su sé stessa, sparendo in un lampo viola.
Jhas svolazzava attorno all'Hydra, colpendola con il fucile termico binato, ed
evitando i tentacoli che ormai erano diventati una decina. Il carro sembrava
inarrestabile: più lo colpivi, più sembrava diventare forte. Forse bisognava
danneggiarlo all'interno, ma non sembravano esserci punti deboli. Allo scopo di
trovarne, avviò la scansione dei sensori termici: l'armatura da combattimento
mappò l'intero carro, e, con un bip, evidenziò un comignolo. Il coperchio della
marmitta si apriva e si chiudeva di continuo, lasciando fluire un denso fumo
rosso. "Qualcuno ha una carica da demolizione?!" Chiese al resto della squadra.
"Io ne ho una!" Rispose Martin. "Ma non riesco a raggiungere il carro! Troppi
tentacoli!"
"Dobbiamo infilarla dentro quei camini! Eldar, riesci a portarla lì?"
"Positivo, ma qualcuno deve tenere aperta la botola." confermò Gi'horgel.
"Ci penso io, ovviamente."Disse Jhas "Forza, uomini, un ultimo sforzo!"
Martin era circondato da tentacoli che sferzavano l'aria: con il termico abbatteva
quelli che si avvicinavano troppo, ma per ogni tentacolo distrutto, ne nascevano
altri due. Ora arrivava il difficile: messosi il termico a tracolla prese la carica da
demolizione tra l e mani e cominciò a correre verso l'esarca. Valutò a quanto
doveva regolare la miccia: dieci secondi sarebbero bastati. Un tentacolo falcato
fendette l'aria all'altezza delle sue ginocchia, ed il fante scelto lo scavalcò
buttandosi in avanti, atterrò con una capriola, e con la carica sotto il braccio,
continuò la sua corsa. Un'altra escrescenza si abbatté su di lui, ma il Kaserkin
scartò a destra, evitandola, giusto per ritrovarsi davanti altri tre tentacoli, che,
disposti orizzontalmente, gli impedivano di passare mentre un altro si avvicinava
da dietro: il båstardo aveva capito tutto, e stava cercando di fermarlo.
"Recchieppunta!" Urlò mentre accendeva la miccia "Al volo!"
Martin lanciò la carica di un chilo di esplosivo ad alto potenziale verso l'eldar,
venti metri più avanti. I tentacoli si mossero freneticamente, puntandola come
segugi su una preda.
L'esplosivo arrivò all'apice della parabola e cominciò a scendere.
Jhas saltò sulla torretta del baneblade, ed afferrò lo sportello a due mani.
Filamenti tendinei si tesero, cercando di chiudere la botola. I sistemi idraulici della
crisis gemettero, ma riuscirono a mantenerlo aperto.
Il primo dei tentacoli mancò la carica. Il secondo, culminante in una grossa
ventosa, arrivò ad un metro, prima di venir troncato dal termico di Martin.
Gi'Horgel si lanciò in volo, per prendere il bersaglio prima che il terzo arto lo
raggiungesse. Lo pseudopodo aveva appena cominciato ad arrotolare la sua punta
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sulla bomba, quando l'eldar la agguantò al volo, dirigendosi vers o il boccaporto
aperto.
Tre secondi: Tutti i tentacoli si lanciano all'inseguimento dell'esarca.
Due secondi: L'eldar raggiunge il camino. Il tempo sembra fermarsi: Martin che
spara ai tentacoli con il suo fucile termico; Jhas che tiene aperto lo sportello;
l'aria brulicante di tentacoli di ogni genere; Gi'Horgel con la bomba in una mano,
levata sopra la testa, pronto a lanciarla negli sfiatatoi; eldar ed umani circondati
da centinaia di cultisti morti.
Un secondo: esarca scaglia l'esplosivo nella gola del la bestia, Jhas lascia che il
portello si richiuda e accende lo zaino a reazione, lanciandosi lontano dal carro.
Hydra contrae i muscoli per espellere l'esplosivo dal suo corpo.
Zero secondi.
Il rumore della devastante esplosione giunge ovattato, da dent ro il carro. Per un
secondo sembra non essere successo niente. I tentacoli si tendono allo spasimo,
tanto da sembrare aculei. Uno stridulo grido di sofferenza riempie l'aria. Dai
camini, improvvisamente, sgorga un fiotto di liquame nero, fuoco e pura energia
warp. Tutti i cultisti rimasti lì vicino crollano a terra, tenendosi la testa tra le mani
e sanguinando copiosamente dal naso, dagli occhi e dalle orecchie. Crepe
compaiono sul roccemento sotto Hydra, e qualcosa di impressionante accade. Una
mano artigliata delle dimensioni di un palazzo di tre piani sbuca da terra e,
reclamando ciò che è suo, si abbatte sul carro, afferrandolo e trascinandolo con
sé nel Warp.
CAPITOLO QUINDICI: PRIMA LE BUONE...
"Qui Vre'Jhas: Carro nemico abbattuto. Via libera, Coma ndante."
La colonna degli alleati aveva subito pesanti perdite: già solo i cultisti, con il loro
numero, erano riusciti a causare gravi perdite, ma bombardieri ed artiglieria
avevano ridotto all'osso le loro forze.
Misha e Reef, insieme ad altre crisis, arrivarono davanti all'imponente cancello
della fortezza seguiti da tre cannoniere Hammerhead.
Sorprendentemente, i cancelli cominciarono ad aprirsi da soli. "Qualsiasi cosa
esca da quella porta, deve essere annientata." Ordinò il comandante tau.
Misha punt ò il suo fucile al plasma contro la figura che si cominciava a delineare
nel buio: "Pronti a spar..." si interruppe bruscamente. Al centro della porta si
stagliava un etereo: sorrideva, infondendole quel senso di sicurezza unico nel suo
genere, e reggeva le insegne della setta Vior'La tra le mani.
Brightmoon era senza parole. "Signore." Balbettò, "cosa ci fa qui?"
Nel contempo udì Reef chiedere "Laura?".
La figura parlò: "Attenta Misha! Gli eldar vogliono uccidermi!"
Effettivamente, la veggente stava dando ordine di sparare.
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Il fucile al plasma venne puntato contro l'eldar, seguito dalle armi degli altri tau.
Anche le forze imperiali presero di mira i loro alleati, rispondendo agli ordini del
Lord Castellano del loro pianeta.
"Fermi!" Urlò la veggente. "I poteri del chaos stanno manipolando le vostre
menti! Chi state vedendo dietro quella porta? Un etereo? La persona che amate?
Un commissario? Che diavolo ci farebbe lì, secondo voi?"
Reef era sbalordito: Laura lo stava supplicando di non spararle, e di uccidere gli
eldar che la minacciavano.
"Tony, posso spiegare tutto, ma non lasciare che mi uccidano!" disse la donna tra
le lacrime.
"Che ci fai qui?" Chiese lui, indeciso.
"Non c'è tempo per questo! Stanno per ammazzarmi! Non ti fidi di me?"
"Sì che mi fido, ma..." Reef attivò il comunicatore: "Misha: perchè chiami Laura
'Signore'?"
"Che cacchio c'entra Laura, adesso?"
"Misha: chi c'è sulla porta in questo momento?"
"Mi prendi per il culo? Ti sembra il momento?" Urlò lei in risposta. "C'è un etereo,
lì davanti! Sei cieco e solo stupido?!"
Daniel era quasi deluso dalla facilità del compito, mentre osservava dall'alto delle
mura i nemici pronti a farsi a pezzi l'un l'altro: forse non ci sarebbe stato bisogno
neanche di menare le mani, e, francamente, la parte di Khorne che era in lui non
apprezzava per niente questo trucchetto, anche se la sua anima di tzeentch
godeva nel vedere il suo piano riuscire così facilmente. La situazione la sotto era
sempre più tesa, presto avrebbero cominciato ad uccidersi a vicenda. Il principe
demone afferrò un cultista incatenato e gli risucchiò tutta l'energia vitale,
lasciando cadere un corpo rinsecchito: illudere decine di uomini con un potere
psionico era molto spossante.
CAPITOLO SEDICI: ...POI LE CATTIVE
Daniel vide una delle armatura da combattimento sparare contro l'allucinazione,
dopo un lungo periodo di tentennamento. Tutte le armi si voltarono verso di lei,
ma trattennero il fuoco: avevano visto che, dietro l'allucinazione, c'era un
semplicissimo cultista, ormai agonizzante.
"Pazienza..." Pensò il principe demone, sfoderando la gigantesca spada, flettendo
i muscoli e lanciandosi nel vuoto, ali spiegate. "E' ora di menare le mani."
Dopo un volo di cinquanta metri, Daniel atterrò pesantemente sull'HammerHead
centrale, schiantandolo a terra. Era alto come minimo cinque metri, anche se le
due ali membranose lo facevano sembrare molto più grosso, e brandiva una
spada lunga almeno la metà. Il capo ricordava la testa di una capra, ma un solo
singolo grande occhio si apri va al centro della fronte, brillante di una luce
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sovrannaturale. Praticamente tutte le patetiche creature che lo circondavano
rimasero impietrite a fissarlo Ridendo Daniel menò un fendente con la spada, che
si disarticolò, allungandosi verso l'HammerHead a destra, avvolgendosi attorno al
cannone a rotaia, e, con uno strattone, lo strappò dalla torretta del blindato,
afferrandola e utilizzandola come una mazza per colpire il terzo carro armato
gravitazionale, infilandoglielo in profondità nel retro, distruggendo i condensatori
e mettendolo fuori uso. L'HammerHead rimasto, essendo privo del cannone
principale, cercò di schiacciare la creatura mostruosa, puntandola alla massima
velocità. Daniel afferrò il blindato a due mani, ne sollevò il muso, e dall'occhio
partì una saetta di pura magia, attinta direttamente dal Warp, che affondò nel
ventre del carro armato, facendolo deflagrare in una palla di fuoco.
Per qualche istante, la figura rimase nascosta alla vista di tutti, avvolta dal fumo.
Una voce cavernosa riempì l'aria: "Io sono Daniel..."
Lampi scaturirono dalla sagoma del principe demone, colpendo il suolo attorno a
sé.
"E voi..."
Il terreno tremò.
"...non siete..."
Arti di ogni tipo sbucarono dal suolo.
"...NESSUNO!" Urlò il la creatura, librandosi in aria, circondato dai demoni di ogni
genere partoriti dal terreno, uno dopo l'altro.
Daniel menò un fendente con la sua spada, che si snodò, allungandosi e mietendo
qualsiasi cosa ci fosse nel raggio di cinque metri. Uno strillo lacerò l'aria: un
gruppo di bans hee urlanti si stava lanciando contro di lui, mulinando le spade
potenziate. Il principe demone sorrise: urlò a sua volta, ed uno sciame di insetti
grossi come un pollice eruttò dalla sua bocca, avvolgendole in una nube di corpi,
zampe e pungiglioni avvelenati.
"Grazie, babbo Nurgle." Disse ad alta voce, mentre afferrava un'armatura da
combattimento e la stritolava con una sola mano. "E questo sangue è per te,
Khorne."
Tutto intorno regnava il caos. Magnifico e disordinato caos. Una lama gli affondò
in un piede: un brivido di piacere gli ricordò che anche Slaneesh era con lui. Una
delle banshee era riuscita a strisciare fino a lui, e a conficcargli la spada nello
zoccolo. Con un movimento della mano sinistra la sollevò senza neanche toccarla,
portandosela all'altezza della testa: una fiammata azzurra partì dal suo unico
occhio, avvolgendola ed incenerendola in pochi istanti. Il fuoco azzurro di
Tzeentch.
"IO" urlò, in modo che tutti potessero sentirlo "Possiedo il marchio del caos
ascendente." Menò un altro fendente di spada.
"Ho quattro DIVINITA' al mio fianco!" Una seconda fiammata azzurra incenerì un
gruppo di fanti scelti.
"Voi non siete NESSUNO!" Un fiotto di icore nerastro scaturito dal suo petto
investì un gruppo di guardiani eldar, che si sciolsero come burro in un reattore al
plasma.
"Voi non SIETE nessuno!" Si voltò verso un gruppo di guerrieri del fuoco che lo
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stavano prendendo di mira: questi, dopo un attimo di esitazione, cominciarono ad
uccidersi a vicenda.
Una voce metallica provenne dalle sue spalle: "Non è vero che loro non hanno
nessuno! Khaine è dalla loro parte."
Senza voltarsi, Daniel sorrise. "Oh, è vero. Ci sei tu. Quasi mi dimenticavo di te,
Mash'Im."
"Non sono solo Mash'Im. Non più. Ora io sono Khaine, e Khain è me. Siamo una
sola cosa."
L'avatar si ergeva in tutta la sua altezza, circondato da aloni di aria ardente: il
lamento di morte, la sua spada, sfrigolava, impaziente di mietere vittime.
"Un passo avanti, dall'ultima volta che ci siamo visti. Ma non importa. Questa
volta morirai, come tutti gli altri."
Reef, mentre faceva fuoco con il cannone a raffica contro un paio di untori che si
avvicinavano minacciosi, urlò "Vi spiacerebbe smettere di parlare amabilmente?
Forza, fallo fuori!"
"Più che giusto..." rise il principe demone, lanciandosi alla carica.
CAPITOLO DICIASSETTE: SCONTRO TRA TITANI
Il demone fece roteare la spada sulla testa, per poi sferrare una mostruosa
frustata al suo nemico: l'avatar però scartò di lato, puntando verso di lui il
Lamento di Morte. Daniel comprese subito ciò che stava per accadere: spalancò le
fauci e migliaia di insetti putrescenti si frapposero tra i due, appena in tempo per
assorbire la fiammata scaturita dall'arma di Mash'Im. Il colpo era incredibilmente
forte, ma gli insetti formavano un vero e proprio scudo di una miriade di corpi,
che assorbirono il calore, incenerendosi a centinaia.
"Il tempo passa, ma i tuoi trucchi sono sempre gli stessi, vedo." sfotté Daniel. "A
proposito di tempo: guarda cosa ho imparato io invece!"
Chiuse l'occhio per un attimo, concentrandosi, e l'avatar, cogliendo l'attimo, si
fiondò su di lui, sollevando la spada e menando un fendente mirato a decapitarlo.
La spada percorse un arco nell'aria, avvicinandosi sempre di più al collo. La lama
toccò la carne, cominciando ad affondarvi come un coltello caldo nel burro. Un
attimo dopo il principe demone non c'era più.
Daniel aveva appena finito di attingere dal Warp, quando la spada lo colpì. Il
principe demone aprì l'occhio, e, non senza un certo sollievo, vide che tutto aveva
funzionato: l'avatar, come qualsiasi altra cosa si muoveva con una lentezza quasi
comica. Ghignando, Daniel si spostò di lato, sfilandosi la spada dal collo, e, con
calma si portò dietro Mash'im, che stava ancora continuando il suo colpo. Il
principe studiò la schiena del proprio nemico, indeciso su dove colpire: dopo
un'attenta riflessione, optò per la base della schiena. "Salutami Khaine, idiota!"
ruggì all'orecchio dell'araldo; sollevò la pesante spada e... un dolore atroce risalì
lungo il braccio, diffondendosi in tutto il corpo. Mille voci gli urlavano bestemmie
nel cervello, e la spada tremava violentemente, snodandosi come un serpente ed
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emettendo un sibilo irritato.
"NO!" Urlò Daniel all'arma. "Non ora! Tu APPARTIENI a me!"
"LiberamiLiberamiLiberamiLiberamLiberamiLiberami"
"NO! TU SEI MIA!" sbraitò, colpendo il terreno con la lama.
Le voci cessarono, ma, nel contempo, tutto cominciò a muoversi a velocità
normale.
Mash'Im non ebbe il tempo di riprendersi che qualcosa gli si attorcigliò attorno al
collo, ed un colpo alle gambe lo fece cadere in ginocchio.
Daniel aveva srotolato la spada, che aveva formato un cappio, e la stava usando
per cercare di garrotarlo.
La lama demoniaca affondava sempre di più nella sua pelle ardente, e rivoli di
metallo fuso sfrigolavano cadendo a terra. Il lamento di morte gli cadde a terra
con uno stridio.
Daniel avvicinò la testa all'orecchio dell'avater, sussurrando: "Cominci a
raffreddarti, vedo. Com'è morire, avatar? Dimmelo tu, perchè io non lo saprò
MAI!"
L'araldo di Khaine fu più veloce di quanto il principe demone potesse immaginare:
una mano insanguinata si strinse attorno alla bocca ancora aperta del principe
demone e, con uno strattone, gli strappò la mandibola dal resto della testa.
L'urlo fu tanto forte che la battaglia in corso si fermò per un attimo: tutti videro il
principe demone barcollare all'indietro, orribilmente storpiato, mentre l'avatar si
rimetteva in piedi, cominciando a brillare sempre più intensamente. Alcuni
demoni si diedero alla fuga, sparendo nel warp, ma la maggior parte di loro
ricominciò a combattere ancora più accanitamente.
"Io 'i s'azzo 'ia!" Biascicò Daniel, lanciandosi alla carica con rinnovata furia.
Le spade si scontrarono più e più volte: ogni incrocio sprigionava il rombo di un
tuono e il lampo di un fulmine. Sangue corrotto si mischiò a metallo fuso.
Daniel, fatto un balzo indietro, sprigionò una mostruosa saetta dal suo occhio: il
fascio di puro cambiamento puntava dritto al petto di Mash'Im, ma la spada lo
attirò a sé, come fosse un parafulmini. Per un attimo non successe nulla. Poi il
Lamento di Morte esplose: schegge furono scagliate tutto intorno, e tutto il fianco
destro dell'avatar venne crivellato da centinaia di frammenti. Metallo fuso colò
copioso a terra, e l'avatar, da bianco ardente che era, cominciò a cambiare
colore, diventando giallo-arancio.
Con un urlo di trionfo, Daniel menò un'ultima frustata contro il suo nemico. La
catena saettò nell'aria, diretta al capo del nemico... che frappose all'ultimo
momento il braccio destro: la lama si arrotolò più volte su di esso.
Fu come se una voce, quasi una vibrazione, risalisse lungo il braccio dell'avatar:
"Il Suo Potere E' Nel Marchio. Strappaglielo! Uccidilo, ed io sarò libera!"
Eccolo! Al centro del petto del principe demone stava un oggetto metallico, una
specie di disco circolare ricoperto di rune.
L'avatar si sentiva molto debole: perse l'equilibrio, cadendo su un ginocchio.
Guardando verso il basso vide che una delle sue gambe si era solidificata,
diventando rosso ardente.
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Avrebbe avuto una sola occasione: Mash'im tirò uno strattone alla catena,
avvicinando Daniel a sé, e nel contempo scattò in avanti spingendosi con la sua
unica gamba. Il principe demone, colto di sorpresa, venne scagliato a terra
dall'impatto. Furente affondò gli artigli nella gola del nemico, e incurante delle
ustioni, cominciò a tirare verso l'alto, cercando di strappargli la testa. L'araldo di
Khaine sentiva che la sua mano insanguinata si stava facendo rigida: con un urlo
metallico colpì. La mano affondò nel torace di Daniel, e, appena prima che la
mano diventasse di freddo metallo, strinse il pugno attorno al marchio del chaos
ascendente, frantumandolo. Il principe demone non riuscì neanche ad urlare:
mentre gli dei del chaos lo abbandonavano, la carne, dal petto verso l'esterno, si
trasformò rapidamente in ossidiana. L'ultimo suo gesto fu quello di lacerare
definitivamente la gola del nemico, facendone scaturire un ultimo getto di metallo
fuso, prima che anche l'avatar si solidificasse in un unico blocco di ferro. Ancora
oggi, nei meandri dell'arcamondo Saim'Hann giacciono Mash'Im, l'avatar di
Khaine, e Daniel, Principe demone del Chaos ascendente, per sempre avvinghiati
nella loro lotta ormai eterna.
CAPITOLO DICIOTTO: ANCORA UNA VOLTA, VISITE INATTESE.
L'avatar era stato appena colpito al braccio dal colpo di Daniel, quando Misha
ricevette una trasmissione di massima priorità dalle navi in orbita attorno al
pianeta.
"Che diavolo c'è?!" Sbraitò, mentre un colpo di plasma faceva esplodere una
demonetta.
"Capitano! Si avvicinano delle navi!"
"Che navi?"
"Navi imperiali. Tre Battlebarge si avvicinano a piena velocità. Stanno facendo
fuoco contro i vascelli caotici, ma anche contro qualsiasi nave si avvicini a loro.
Aspetti! Proprio ora partono navi da sbarco, dirette verso la vostra posizione."
"O'Misha!" Urlò Reef, "Il portone si sta chiudendo!"
Effettivamente l'enorme cancello stava cominciando a muoversi, con un rumore
cigolante. Tempo un minuto e la via d'accesso sarebbe stata loro preclus a.
"Avanti! Dobbiamo entrare! Forza uomini! Squadre Oscar e November, fuoco di
copertura. Tutti gli altri mi seguano. Inquisitore!"
"Arrivo. Truppe: avanzate!" Si sgolò Von Stain.
"Noi resteremo qui." Affermò la veggente. "Con il nostro Avatar fermeremo questi
demoni, fosse l'ultimo nostro gesto."
"Ci servite più dentro che qui fuori." Obiettò Von Stain.
"Non credo. E ora muovetevi: il portone si chiude, e loro" rispose, indicando
l'orizzonte "sono quasi qui."
Tre minuscoli puntini luminosi si stavano accendendo in cielo.
Le tre ThunderHawk argentate sfrecciavano ad appena venti metri dal suolo
("Prega l'Imperatore per il suo sacrificio, finché egli vive, noi vivremo")
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in perfetta formazione, solcando una luminosa scia nell'aria
("Noi, l'ordine del Martello, scaveremo nelle Tenebre Oscure").
Quando furono abbastanza vicini alla battaglia,
("Siamo all'erta, e la nostra veglia eterna non fallirà")
scesero ulteriormente di quota,
("Seppur ci troviamo nell'ombra, niente di oscuro entrerà nei nostri cuori")
arrivando a dieci metri da terra,
("Saremo la Purezza Contro l'Impuro, la Giustizia contro il Colpevole.")
e facendo fuoco con i ventiquattro requiem pesanti.
("La nostra volontà sarà la nostra arma, la nostra fede sarà il nostro scudo")
Proiettili altamente esplosivi grandi come bottiglie scavarono profonde scie sulla
fanteria sottostante,
("Erti ed impassibili contro ogni minaccia, rivendicheremo la vittoria con il
sangue.")
mietendo tau, umani, eldar e demoni indistintamente.
("Sigilli e stendardi vegliano su di noi, e le preghiere ci guideranno")
I pochi colpi di risposta non scalfirono minimamente le pesanti corazze di
ceramite.
("Maestri d'arma siamo, nessuna difesa esiste contro la nostra furia") Arrivati ad
una ventina di metri dal cancello, accadde qualcosa di spettacolare:
("Tanta è l'oscurità che ci attende, ma l'Imperatore illumina il nostro sentiero")
da ogni ThunderHawk si sganciò un Land Raider.
("Contro gli innumerevoli pericoli striscianti che ci attendono, le nostre lame
saranno sempre pronte")
Erano ancora in aria, quando i loro motori rombarono , ed i cingoli cominciarono a
girare vorticosamente, come lame di spade a catena.
("Nessun subdolo trucco ci svierà, nessuna maledizione ci affonderà")
I tre carri corazzati colpirono il terreno con uno schianto, alzando nubi di polvere,
e schiacciando qualsiasi cosa sbarrasse loro il cammino.
("Finché miseri mortali Lo serviranno, eterno sarà il nostro Giusto Compito")
Il Land Raider centrale passò al pelo tra le porte ormai quasi serrate, mentre gli
altri si fermavano all'esterno, facendo fuoco sui demoni.
("Quando orrori empirei invadono il nostro reame, il nostro esorcismo li ricaccerà
indietro.")
Il carro penetrato nella fortezza sterzò, con uno stridio di cingoli sul roccemento,
sollevando scintille mentre fermandosi lateralmente.
("Noi Cavalieri Grigi siamo il Martello...")
Dopo un attimo di silenzio, il portellone frontale si spalancò improvvisamente.
("...E colpiremo l'oscurità senza paura.")
CAPITOLO DICIANNOVE: DIETRO LE LINEE NEMICHE
"Pronti a sparare!" Ordinò Misha puntando le sue armi verso il portellone aperto.
"Fermi." replicò Von Stain "Non possiamo farcela senza di loro."
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Una gigantesca figura uscì dal Land Raider, camminando in modo lento ma
deciso. "Inquisitore Von Stain: che DIAVOLO stai facendo?" Ringhiò il cavaliere
grigio, mentre altri astartes sbarcavano dal corazzato.
"Sto ponendo fine a questa eresia, Gran Maestro Lebozky. Con ogni mezzo
possibile."
"TU stai compiendo un'eresia, collaborando con feccia xeno."
"Cosa avrei dovuto fare? Se non avessi collaborato, non sarei potuto arrivare qui
senza scatenare una guerra con i Tau. E converrai che l'ultima cosa che ci serve,
che serve all'imperium, è un'altra guerra."
"Non tollerare che lo Xeno viva, Inquisitore!"
"Non lo tollererò, dopo che tutto questo sarà finito, ma ora la priorità è fermare il
rituale. Costi quel che costi."
Il cavaliere grigio restò un attimo in silenzio, prima di mettersi in marcia. "Non c'è
tempo da perdere. Muoviamoci."
Passando vicino a Reef gli gettò un'occhiata, dicendogli: "Non ci sarà pietà per voi
alieni."
"Sarà, ma IO non sono un alieno." Rispose Antonio a tono.
Fu come se il gran Maestro non l'avesse sentito.
"Attenzione! Demoni!" Urlò un guerriero del fuoco.
Decine e decine di demoni sbucavano da dietro gli angoli, da porte, pozzi, tetti di
edifici e sciamavano nel cortile dove si trovava il gruppo.
I cavalieri grigi non fecero una piega, e continuarono ad avanzare imperterriti,
seguiti da umani e tau.
I primi colpi di fucile ad impulsi cominciarono a partire, e alcuni demoni
esplosero, ma le creature sovrannaturali erano decisamente troppe.
Il primo sanguinario caricò: era una visione orribile, con l'ascia sollevata sopra la
testa cornuta, grondante di sangue da ogni poro. Arrivato a una decina di metri
dal primo dei cavalieri grigi si disintegrò in un istante, trasformandosi in cenere
che si disperse nell'aria. I demoni si fecero più cauti: un untore cercò di
avvicinarsi, subendo la stessa sorte del sanguinario. I cavalieri grigi formarono un
perimetro attorno al gruppo, avanzando imperterriti. I mostri non riuscivano
fisicamente ad avvicinarsi a loro: la presenza psichica dei cacciatori di demoni
(solo i più potenti della compagnia erano stati scelti per la missione) era
sufficiente a ricacciarli nel warp.
Le creature si erano raggruppate attorno alla squadra, urlando inferocite e
agitando le loro armi. Era uno spettacolo impressionante.
"Dobbiamo muoverci!" Disse Malachia Lebowzky, il gran maestro cominciando a
correre, per quanto l'armatura terminator lo concedesse.
Tutti i cavalieri grigi fecero lo stesso, e il resto del gruppo fu costretto a stare al
passo. Un guerriero del fuoco cadde: non appena fu uscito dalla protezione che
forniva la barriera psichica, i demoni gli furono addosso, facendolo a pezzi. In
pochi minuti arrivarono a un portone: dall'interno proveniva un fetore indicibile.
"Il nemico è dietro questa porta. Non provate ad ucciderlo: non ci riuscireste."
"Reef: sfondiamo la porta." disse Misha, posizionandosi al lato del cancello.
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Il portone si spalancò, scardinato, quando le due crisis diedero la spallata,
penetrando all'interno. Fra di loro stava il Gran Maestro.
Lo spettacolo era orrendo: una montagna di centinaia di corpi ammucchiati l'uno
sull'altro svettava al centro del gigantesco salone dove si trovavano. In cima ad
essa, una figura in armatura potenziata stava seduta su un trono fatto di ossa.
"Non mi sembra di avervi invitato." Disse Lord Faust, senza scomporsi.
"Sai, la porta era aperta..." Cominciò Reef, quando un'occhiata di un cavaliere
grigio lo mise a tacere.
"Temo che siate arrivati troppo tardi." rise il condottiero del chaos, levandosi in
piedi. Il rituale sta per essere concluso.
"Non credo proprio!" Urlò Misha, sollevando il braccio e facendo fuoco con il fucile
al plasma.
"NO!" Urlò il gran maestro, menando un fendente con la sua alabarda Nemesi che
troncò staccò il braccio dell'armatura da combattimento come fosse di burro.
Il colpo centrò Lord Faust in pieno petto, fondendo l'armatura ed aprendogli uno
squarcio nel torace.
"Sì..." sussurrò, crollando sul mucchio di corpi.
Dapprima non sembrò succedere nulla. Poi il condottiero risollevò la testa: un
ghigno era stampato sulla faccia, mentre si rimetteva a carponi.
"Ora, il rituale è concluso." rise, affondando prima una mano, poi l'altra, nella
montagna di cadaveri. Braccia decomposte afferrarono Lord Faust e lo
trascinarono in basso.
"Dannato Xeno! Guarda cos'hai fatto!" Urlò Malachia, menando un altro fendente
di arma Nemesi, che colpì la crisis all'attaccatura del collo. L'armatura da
combattimento barcollò all'indietro: i sistemi di visione erano danneggiati, e quelli
di stabilizzazione funzionavano a malapena.
"Reef! L'armatura è compromessa!" Urlò il comandante, allontanandosi dal
cavaliere grigio, che sembrava ormai essersi dimenticato di lei, mentre
sussurrava una litania.
"Non posso più stare qui. Andiamocene! Ci penseranno i gue'la!"
"Comandante: chiedo il permesso di restare." Disse Antonio. "Questo è il mio
mondo. Non posso lasciare che venga distrutto. Voi andate. Vi raggiungerò
quando tutto sarà finito."
"Se ne sei convinto, non ti costringerò a venire, anche se te lo consiglio
vivamente. Tau! Ritirata!"
Reef guardò il resto dei suoi alleati ritirarsi, passando in mezzo ai demoni: questi
stavano immobili, a fissare la nascita del loro padrone, come imbambolati.
La sommità dell'ammasso di corpi esplose. Il Belial emerse dai cadaveri. A Reef
sembrò che il coacervo di cadaveri si stesse sollevando, ma poi capì: il braccio
ERA parte stessa del mucchio. Il demone ne uscì completamente. Era atroce.
Torso, braccia, gambe: tutto era composto da cadaveri, decine di cadaveri fusi tra
loro. Umani, eldar, Astartes, tau, persino tiranidi, tutti uniti a formare un'unica
entità. Le gambe sprofondavano nel mucchio, come radici nella terra. Tra le
innumerevoli braccia, due più grandi di tutte le altre, impugnavano una grossa
spada d'ossa e una frusta tendinea. Un busto di armatura terminator era collocato
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al posto della testa, ma, dall'apertura che avrebbe dovuto ospitare l'elmo,
spuntavano delle fauci inumane. Al centro del corpo, stava Faust: se ne poteva
distinguere solo la testa ed il busto, mentre gli arti erano affondati nei corpi che lo
circondavano.
Decine di voci provennero dal corpo del demone: "Andate via, o diverrete parte di
noi!"
Malachia gli puntò contro l'alabarda "Sento che ci temi, demonio, e fai bene.
L'imperatore non tollera la tua esistenza, e, per questo, verrai purificato.
"Noi che abbiamo paura di voi? Noi non temiamo nulla. E presto ne avrete la
prova."
CAPITOLO VENTI: LA FINE DI TUTTE LE COSE
I cavalieri grigi e l'inquisitore Stain si lanciarono alla carica, mentre Reef apriva il
fuoco con il cannone a raffica contro la mostruosità. Impulsi di plasma
sfrecciarono verso il demonio a velocità supersonica. Ognuno di quei colpi
avrebbe potuto distruggere un chimera: i colpi si arrestarono ad un metro dal
bersaglio. Le sfere di energia stettero per un attimo sospese in aria, per poi
ripartire indietro, verso l'umano sbalordito. Antonio istintivamente frappose un
braccio tra sé ed i proiettili, che colpirono il lanciafiamme. Ci fu un sibilo, e l'arma
esplose, spargendo liquido infuocato nelle vicinanze. La crisis venne avvolta dalle
fiamme. Di per sè non era un problema: la corazza era spessa, e l'armatura
isolata termicamente, ma i sensori ottici potevano essere compromessi dal calore,
ed allora Reef sarebbe stato al buio. Reef digitò un codice su un tastierino
alfanumerico, e da minuscoli ugelli posizionati su tutta l'armatura da
combattimento venne sprigionata CO 2 ghiacciata, che, quantomeno, estinse le
fiamme in prossimità della testa.
Evidentemente, sparargli non era una soluzione: avrebbe dovuto combattere.
Antonio si guardò intorno, in cerca di un'arma: un sanguinario stringeva in pugno
una grossa ascia bipenne. Reef lo raggiunse, e, con decisione la strappò dalle
mani del demone imbambolato. Non appena il pugno della crisis si strinse attorno
al manico, le dita dell'armatura si saldò ad esso. Reef guardò la mano, e vide che
le dita si erano praticamente fuse all'arma, diventando di ottone come l'alabarda
stessa.
"Chissà se questa conta come un'altra armatura distrutta?" Pensò distrattamente,
mentre si voltava verso la battaglia in corso.
I cavalieri grigi avevano accerchiato Belial, ma i colpi delle loro armi nemesi
affondavano nelle carni dei cadaveri, quasi senza provocare danni.
Indubbiamente, però, ogni colpo era una tortura per il demone: atroci urla di
sofferenza riempivano l'aria ogni volta che veniva colpito. D'altro canto i colpi del
demone erano devastanti. Proprio in quel momento la frusta si era avvolta
attorno ad un Malleus, e, con uno strattone, lo aveva sbattuto contro il soffitto
con una violenza inaudita. La gigantesca spada si abbatté su un altro: questi si
lanciò di lato, facendo nel contempo fuoco con il requiem da polso. Il colpo gli
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tagliò le gambe, ma lui sembrò non accorgersene neppure.
Reef, decollò e si lanciò verso il demone. L'essere in volo gli dava la possibilità di
colpire punti non accessibili ai cavalieri grigi. Istintivamente mirò alla testa.
L'ascia calò sulla bocca spalancata, affondando nella carne viva, ma la frusta si
avvolse attorno al piede della crisis. Reef tentò di mantenere il controllo,
spingendosi indietro con i razzi. Dove la frusta aveva toccato l'armatura da
combattimento, la vernice aveva cominciato a scrostarsi, a cadere a scaglie, e la
corazza stava venendo divorata rapidamente dalla ruggine, nonostante fosse
trattata chimicamente: normalmente avrebbe potuto passare decine di anni in
mare, senza neanche ossidarsi. La frusta si tese, ma non lasciò la presa,
continuando a tirare. Il demone doveva essere distratto dai cavalieri grigi: non si
stava impegnando a fondo con Reef. Per ora lo stava solo tenendo a bada.
Antonio calò la lama sul tentacolo, ma questi si fletté, senza spezzarsi. L'armatura
cominciava davvero a essere danneggiata dalla ruggine: Reef doveva decidere in
fretta. Scelse. In un lampo, invertì la direzione dei motori, in modo da
assecondare lo sforzo del demone, usando le due tonnellate di crisis come un
ariete. L'armatura da combattimento centrò Belial ad una velocità di dieci metri al
secondo: come un furgone lanciato a trentacinque chilometri l'ora lo investisse.
L'impatto gli portò via la metà sinistra del corpo, e Reef ruzzolò giù dalla
montagna di cadaveri, atterrando di schiena. L'armatura era gravemente
danneggiata, corrosa dalla ruggine, saldata ad un arma demoniaca e mezza
bruciata: in una parola, inutilizzabile. Antonio afferrò il maniglione di sicurezza, lo
sollevò verso l'altro, sbloccandolo, e lo riabbassò con forza, facendo il petto della
crisis partì in aria, fatto saltare da microcariche esplosive. Reef sganciò le cinture
di sicurezza ("Anche Antonio Reef usa le cinture di sicurezza: fate come lui, e
salvatevi la vita!") e si lanciò fuori dall'abitacolo, impugnando la pistola ad
impulsi. Mentre osservava i cavalieri grigi combattere Belial, sentì un ringhio alle
sue spalle. Voltandosi, vide un sanguinario (l'unico demone che si fosse mosso)
che lo fissava con odio. Un sanguinario disarmato.
Il Gran Maestro infilò l'arma nemesi in profondità nella gamba del colosso di
corpi: sentì l'energia fluire, purificare la carne toccata della lama, ma era troppo
poco. Decisamente troppo poco. Certo, la loro presenza infastidiva il demonio, ma
anche lui, di contro, ottenebrava le loro menti ben allenate, impedendo loro di
concentrarsi a fondo. Era una creatura molto potente. Quando l'esoscheletro di
origine Xeno collise contro Belial, Lebovzky ebbe un attimo per raccogliere le
forze. Aprì la sua mente: fu come ritrovarsi in un arcobaleno suoni, gusti, odori,
immagini di ogni tipo. Anche immagini brutte, pericolose, impure. Si concentrò
sulla Sua figura, anche se non l'aveva mai visto realmente: immaginava un
grande uomo, il più grande mai esistito, un volto duro ma angelico, uno sguardo
dolce per gli amici ma spietato per i nemici. Si concentrò sulla Sua voce, anche se
non l'aveva mai udita: immaginava un tono forte, e rassicurante, in grado di
infondere coraggio ne l più pavido dei vigliacchi, ed il terrore nel più bestiale dei
demoni. Si concentrò sul sapore dell'acqua benedetta, bevuta prima del lancio
con la ThunderHawk: fresco, cristallino, ma allo stesso tempo ardente,
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energizzante. Si concentrò sull'odore del sacro incenso sparso nella cerimonia
pre-missione: un odore magnifico, che ti riempie i polmoni come un dolce nettare
riempie una tazza. Concentrò tutte quelle visioni e sensazioni nel tatto, sul
manico della sua arma Nemesi: sentì l'energia scorrergli tra le mani, percorrere
l'impugnatura dell'alabarda, e sfrigolare sulla lama. Ora era pronto.
Con un urlo disumano Malachia Lebovzky sollevò l'arma, tenendola in verticale,
per poi calarla a terra. Non appena il bastone toccò un dei corpi, la lama cominciò
a brillare di una luce pura, abbagliante. Belial fece qualche passo indietro,
schermandosi il corpo con le numerose mani. La carne bruciò, evaporando,
consumata dalla luce sacra che la consumava. Il cavaliere grigio colpì con
l'alabarda, tagliando una gamba del mostro. Questi sembrò cadere, ma subito
dalla pila di cadaveri sottostante sorsero nuovi corpi per sorreggerlo. Il demonio
menò una spadata che tagliò a metà due Malleus, prima di colpire Malachia. Si
sentì un clangore.
Tutti i numerosi occhi del mostro si sgranarono, alla vista del Gran Maestro
Lebovzky che con una mano stringeva la lama della spada, trattenendola
saldamente.
Il sanguinario si lanciò contro Reef. Antonio alzò la pistola, ma, prima che potesse
fare qualsiasi cosa, il mostro lo afferrò per il polso e, roteando su sé stesso, lo
lanciò come una bambola di pezza. L'umano percorse un paio di metri in aria,
atterrando duramente sul cemento. Il colpo lo lasciò senza fiato. La pistola era ad
un metro da lui. Antonio si mise a carponi, e arra ncò per raggiungerla. Eccola!
L'aveva pres... Il sanguinario sferrò un poderoso calcio nel costato di Reef,
spezzandogli un paio di ossa e facendolo rotolare su sé stesso più volte. Reef
giaceva supino, e, spuntando sangue, si chiese se sarebbe potuto fini re così:
picchiato a sangue da un demone.
"Che fine assurda," pensò "i demoni non dovrebbero neanche esistere."
Il sanguinario si avvicinò, e sollevò Reef per i capelli. Il mortale aveva rubato e
rovinato la sua arma. L'avrebbe pagata. Oh sì! Eccome se l'avrebbe pagata. Lo
avrebbe percosso fino a staccargli la pelle dalla carne. Lo avrebbe preso a calci
fino a quando non avrebbe più avuto ossa integre. E non sarebbe stata una cosa
veloce.
Antonio sferrò un pugno nel volto deforme del demone. Il demone sferrò un
pugno nel volta di Reef, spaccandogli il naso. Il nuovo gioco sembrò piacergli,
visto che, mentre con la mano destra teneva l'umano sospeso in aria, con la
sinistra cominciava a martellarlo come un sacco da pugile. Improvvisamente il
demone cadde in ginocchio urlante, le mani sulle orecchie, attraversato da spasmi
di agonia.
"Sono impazzito?" si chiese Reef. In fatti, nella sua testa, risuonava una voce. No,
non è esatto: tante voci. Più precisamente un coro di voci angeliche gli risuonava
nella mente.
Per l'umano confuso fu un motivo in più per pensare che, in definitiva, avrebbe
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fatto meglio a bersi anche lui un sorso del veleno che aveva dato a Laura:
demoni, eldar, astartes, inquisitori, mica inquisitori, cåzzi, controåzzi, ed ora pure
le voci. "Ma che oh!" disse tra sé e sé "Una cosa alla volta!"
Ora l'armatura Terminator brillava come fosse fatta di luce pura, e l'energia
sfrigolava sulla lama nemesi, che ormai ardeva come un sole. Nella mente di tutti
i presenti, il celestiale coro dell'astronomicon risuonava, chiaro e deciso. Per i
demoni era un tormento. Per i cavalieri un toccasana.
"Tu, essere immondo, osi presentarti nel Suo universo!" tuonò Malachia,
colpendolo con l'alabarda "prendi possesso di un suo mondo!" Altro fendente.
"Corrompi i Suoi servitori!" affondo alla gamba, che si sgretola, tornando ad
essere un mucchio di corpi inanimati. "Uccidi i miei fratelli!" Anche l'altra gamba
cede, facendo cadere il demonio a terra sulla schiena.
"Hai osato troppo!" ringhiò il gran maestro ment re si preparava a colpire il torso
di Lord Faust.
"Tu, ora, MUORI!"
In quell'attimo, prima che Malachia potesse menare il colpo di grazia, il
condottiero affondò tra i corpi, come risucchiato. Ci fu un lampo violaceo, e la pila
di cadaveri collassò: il demone aveva abbandonato l'universo terreno, rifugiandosi
nel warp.
Il gran maestro, colpì il suolo, infuriato: Belial l'aveva scampata, e sarebbe
ritornato.
Antonio si era rimesso in piedi, e, osservando i demoni che sparivano nel warp
uno dopo l'altro, si diresse verso l'uscita.
Era stata dura ma, dopotutto, era finita bene. Per la prima volta, quel giorno,
Reef sorrise.
"Non così in fretta, traditore." una mano lo afferrò per la collottola, sollevandolo.
Un cavaliere grigio lo sorreggeva con una sola mano. "Cosa facciamo con questo,
fratello capitano?" Chiese il Malleus.
Il panico si impadronì di Antonio. No. Non sarebbe stato fatto prigioniero.
Piuttosto la morte.
"E cosa vuoi fare, frescone, incoronarmi?" Chiese sputando sull'armatura
argentata del suo avversario. "Non è necessario. Basta una stretta di mano e una
pacca sulla spalla."
Il cavaliere grigio levò la spada.
"No! Non ucciderlo!" Disse Malachia Lebowzky, togliendosi il casco e rivelando un
volto scavato con l'accetta, completamente calvo, e due gelidi occhi di ghiaccio.
"Farà piacere all'Hordo Hereticus." Disse avvicinandosi, fino ad arrivare faccia a
faccia con lui.
"Se non sbaglio ti cercano da un pezzo." e, con un mezzo sorriso "Tutti i nodi
vengono al pettine, eh, traditore?"
"Notevole, detto da un pelato." Commentò Reef, sputando in faccia anche a lui,
sperando di farsi ammazzare: non voleva venir fatto prigioniero dall'inquisizione.
Un pugno in pieno volto, l'ultimo di una lunga giornata, fu però l'unico risultato.
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QUARTO LIBRO: GELO
PROLOGO:
+++ Pianeta LandFall (X2764;Y1530)+++
––– Centro di rieducazione di massima sicurezza "Aun Wrath" –––
--- Braccio 'D': sezione irrimediabili--"Tutti in piedi, topi di fogna! Ispezione!"
Le porte in plexiglass blindato si spalancarono con un sibilo.
"Uscite dai vostri buchi ed allineatevi lungo la linea rossa."
I detenuti ubbidirono: sapevano cosa succedeva a chi non rispettava gli ordini.
Sotto sei droni arma galleggiavano a mezz'aria, pronti a colpire chiunque avesse
tentato la fuga.
Un guerriero del fuoco comparve da una porta, seguito da una scorta di cinque
soldati, e si diresse verso i trenta detenuti in attesa.
"Questa, è l'ultima vostra occasione per passare dalla parte del Giusto. Non ci
saranno altre possibilità: se rifiutate, domani verrete messi a morte. Chi accetta
faccia un passo avanti."
Nessuno si mosse. Ci fu anche qualche risata di scherno.
"Ottimo. Ritornate pure nelle vostre celle. Addio." il gruppo di tau si congedò
senza dire altro.
Sotto lo sguardo vigile dei droni, gli umani ritornarono nelle loro celle.
Il soldato Lawrence, si sedette sul lettino. Sì, aveva paura, ma sarebbe morto,
piuttosto che tradire l'imperatore. Le porte scorsero sulle guide, con il solito sibilo,
ma, dopo centinaia di volte che aveva udito quel rumore, Lawrence si accorse
subito della differenza: non c'era stato lo schiocco causato dai chiavistelli che
penetravano nella parete.
L'umano si alzò in piedi. Attraverso il plexiglass poté vedere che non c'erano droni
nei paraggi. Possibile che ci fosse stato un guasto? Possibile che l'Imperatore
avesse voluto salvarli?
Cautamente il soldato si appoggiò sulla porta, facendola scorrere. Anche altri
detenuti stavano facendo lo stesso.
Il primo di loro provò ad uscire: ventotto paia di occhi erano puntati su di lui,
pronti a vederlo falciato da un colpo di fucile. Nulla di questo accade. I prigionieri
si riversarono nel corridoio, mettendosi automaticamente sull'attenti di fronte ad
uno di loro in particolare: il sergente comandante Samuel Ross, del
cinquantunesimo vostroliano.
"Uomini! Non so se questo sia un Suo dono, o un lurido trucco dei pesciazzi. In
ogni caso dobbiamo cercare di uscire di qui, o di portare all'inferno più xeno
possibile nel tentativo. Chiaro?"
"SISSIGNORE!" urlarono tutti in coro .
99
"Allora andiamo! Formazione sparsa."
Incredibilmente, anche l'unica porta di accesso al corridoio era libera. C'erano due
possibili strade: un cartello puntante a destra recava la scritta 'Armeria' in
caratteri gotici. Il gruppo avanzò cauto, pronto a disperdersi in caso di fuoco, ma
tutto era tranquillo: i corridoi erano deserti.
Raggiunsero la porta dell'armeria, e, apertola, si ritrovarono in una stanza
completamente piena di armi di ogni tipo. C'erano armi (sia da fuoco che da
mischia) tau, imperiali, orkesche, kroot, eldar e addirittura uno scaffale pieno di
veri requiem, più una vasta gamma di armature. C'era solo l'imbarazzo della
scelta.
"Sergente:" chiese Lawrence "domando il permesso di raccogliere una delle armi
tau. Abbiamo visto tutti il loro potenziale distruttivo: potrebbero tornarci utili."
Il sottufficiale sembrò pensarci un attimo, per poi annuire a malavoglia.
Dopo pochi minuti il gruppo era pronto all'azione. Fecero per tornare indietro, ma
la porta dalla quale erano entrati si era richiusa, e non sembrava facile
abbatterla. Solo un'altra porta era aperta, e conduceva all'esterno. Un freddo
pungente li attanagliò. La colonia penale era situata al polo sud, e la temperatura
era di parecchi gradi sotto lo zero: se fosse stata notte, non sarebbero
sopravvissuti un'ora, senza un equipaggiamento adeguato.
Si trovavano in un ampissimo cortile circondato da alte mura lisce, largo
cinquanta metri e lungo dieci volte tanto. Il campo era disseminato di
fortificazioni. All'estremità opposta si trovava una nave da sbarco Valkiria. Non
riuscivano a crederci, né a capacitarsene, ma per la prima volta dopo tanto tempo
gli era data la possibilità di sperare.
Una figura imponente era accucciata immobile dietro a un grosso masso. Era
praticamente invisibile, la sua grossa armatura assumeva automaticamente il
colore dell'ambiente che lo circondava: non era ai livelli di un campo stealth, ma il
risultato era sicuramente apprezzabile.
I sensori avvisarono Fabius che i bersagli erano in avvicinamento. La ma no destra
si strinse sull'impugnatura a pistola del suo "Crucis". Era un'arma straordinaria:
racchiudeva la cadenza di fuoco di un cannone d'assalto alla maneggevolezza di
una carabina ad impulsi. Grazie all'impugnatura modificata poteva essere
brandita con una sola mano, e gli attutitori di rinculo permettevano di far fuoco a
lungo senza andare a discapito della precisione.
"Questo fucile" gli aveva detto il suo sergente "è il fuoco degli eterei. Venerate la
vostra arma, in quanto portatrice del Loro volere.".
I nemici erano sempre più vicini, e l'altra sua mano si serrò sulla "Terminus".
Sebbene il crucis potesse essere usato anche da vicino, la terminus era
decisamente più adatta. Era sostanzialmente una lunga spada rettangolare,
forgiata direttamente su Pech dai migliori fabbri Kroot, all'interno della quale
erano stati inseriti degli speciali cristalli, emettitori di disturbi elettromagnetici, in
grado di attraversare la maggior parte degli scudi energetici senza essere
minimamente rallentata. I cristal li, inoltre, erano fortemente piezoelettrici: ciò
significa che ogni volta che ricevevano uno stimolo meccanico, emettevano una
100
scarica di corrente, che, amplificata dalla stessa struttura della spada,
raggiungeva i cinquecento volt.
La sua leggerezza e la sua forma, inoltre, consentivano di lanciarla con precisione
in caso di bisogno.
"E questa" disse il sergente "è la loro spada. Onoratela, in quanto diverrà parte di
voi. Non vi muoverete senza di essa, ed essa non si muoverà senza di voi."
Il primo colpo di fucile a rotaia del cecchino della loro squadra segnò l'inizio
dell'azione, decapitando quello che sembrava essere il capo degli umani.
Fabius, recitando tra sé e sé una preghiera agli eterei, uscì dalla copertura con un
balzo. I suoi riflessi potenziati gli permisero di inquadrare ed eliminare con una
raffica di crucis i cinque bersagli più scoperti e potenzialmente pericolosi ancor
prima di compiere la prima falcata. Uno dei nemici, che impugnava un fucile
requiem, si voltò verso di lui, sparando a ll'impazzata. Con una capriola, il gigante
evitò i primi colpi, per poi inginocchiarsi e premere l'interruttore analogico situato
dentro uno dei guanti: un piccolo scudo cilindrico, largo non più di una spanna, si
espanse in un lampo come un'iride, scherma ndo il possessore dai colpi, che
deviati dal particolare campo magnetico e dalla forma della copertura,
rimbalzarono inoffensivi o esplosero contro il duro adamantio. Era stato
addestrato a contare automaticamente il numero di colpi sparati dal nemico, e,
non appena sentì che l'ultimo proiettile del caricatore veniva esploso, scattò in
avanti e, sparando ai membri del gruppo nemico, si lanciò alla carica. Il primo dei
nemici gli voltava le spalle, visto che stava sparando ai suoi fratelli: senza
neanche rallentare, Fabius gli spezzò la schiena con una spallata, infilzandone un
secondo con un affondo di terminus. Un'ombra calò dal cielo: la gigantesca
armatura da combattimento XV-982 atterrò in mezzo ai nemici: sull'avambraccio
destro erano montati su un supporto girevole tre fucili a rotaia. Con una raffica
distrusse una roccia, insieme l'umano che vi era accucciato dietro. La mano
sinistra era decisamente più grossa dell'altra: infatti vi era montato un maglio ad
energia con lanciafiamme pesante annesso. Le ultime minacce sparirono in una
vampata di fuoco. Il tutto non era durato più di due minuti.
Lawrence boccheggiava a terra. Non si sentiva più il corpo. Uno dei giganti si
avvicinò a lui, lo scrutò da dentro il suo elmo affusolato dotato di un solo occhio,
e disse: "Sergente. Qui c'è un ferito. Non è in condizione di nuocere."
"Eliminalo, fabius." Tuonò una voce metallica.
Il primo sembrò interdetto, ma puntò la sua arma contro di Lawrence. "Ma
sergente..." obiettò nuovamente.
"'Ed essi non conosceranno la pietà, per i nemici del Bene Superiore'. Esegui gli
ordini."
Ci fu un lampo, e Lawrence non vide più nulla.
CAPITOLO UNO: SORPRESA!
101
C'erano Krokgard e Laura ad aspettare Reef allo spazioporto.
"Tony!" Urlò quest'ultima, correndo ad abbracciarlo "Questo è perchè sei ancora
vivo." disse, prima di baciarlo a lungo.
"E questo..." gli sussurrò nell'orecchio "è per avermi avvelenata!": la ginocchiata
lo colse in pieno nel basso ventre. Se non cadde fu solo perchè lei lo sorresse. "Io
sono della casta del fuoco." gli spiegò, in un tono un po' più dolce. "Combattere è
il mio mestiere. Morire è il mio mestiere. E tu lo sai. Apprezzo l'intento, davvero,
ma non provare a metterti tra me ed il Bene Superiore. Detto questo: stasera hai
da fare?"
Boccheggiando Reef rispose "Ho due testicoli da cercare in tutto lo spazioporto.
Se finisco entro le otto ti faccio sapere."
Laura se ne andò ridendo a salutare Hans, e Krokgard si avvicinò, tirandolo sù e
assestandogli un paio di pacche sulle spalle. "Allora, paparino, come stai?"
"Poco fa stavo meglio..." disse massaggiandosi l'inguine "Tu devi solo ringraziarmi
di essere vivo, vero?"
"Non proprio. Devo farti vedere una cosa." disse porgendogli un foglio.
"Congratulazioni!"
Reef non comprese subito. Rilesse il documento più volte, e, fatto questo, vomitò.
Una volta ripresosi, chiese "Lo sa già?".
"No. Pensavo volessi essere tu a dirglielo."
"Non vedo l'ora..." disse Antonio a mezza voce.
Quella sera (o meglio, mattino: ricordo che la nostra "notte" corrisponde al giorno
dei tau.), Reef si stava preparando per uscire. Avevano prenotato in un buon
ristorante dove servivano ottime bistecche, una volta tanto. Quella dieta
vegetariana stava diventando snervante: i tau sono vegetariani, e, per quanto
riguarda i kroot... Beh, sono decisamente troppo carnivori.
Antonio bussò alla porta della vicina. Sentì lo spioncino che si apriva, e Laura
spalancò la porta giusto per il tempo di afferrarlo e trascinarlo dentro.
"Wow!" Esclamò Reef. "Stasera ti vedo..."
Laura era in condizioni pietose: pallida come un cencio, pupille dilatate, capelli
spettinati, vestiti laceri. Impugnava una pistola ad impulsi ed un grosso coltello
da cucina.
"Sono ovunque!" Bisbigliò. "Hai un'arma?"
Reef fece cenno di no con la testa, sconvolto.
"Tieni." Disse lei, dandogli la pistola. "Tienila tu. Dobbiamo andarcene di qui.
Dobbiamo chiamare rinforzi e spazzarli via tutti!"
"L...Laura." Antonio prese l'arma. "Siediti un attimo."
"Non c'è tempo! Potrebbero essere qui da un momento all'altro!" sussurrò
correndo alla porta, e gettando un'occhiata attraverso lo spioncino.
"Ti prego. Siediti." la supplicò lui.
Guardandolo come se fosse pazzo, Laura obbedì.
"Guardami negli occhi: qual è l'ultima cosa che ti ricordi?", le chiese, appoggiando
la pistola sul tavolo, prendendole le mani.
La ragazza sembrò ancora più confusa di prima. "N-non lo so. Una battaglia. Le
102
mie sorelle alla carica. Un esplosione. E poi solo ricordi vaghi... Ma ora dobbiamo
andare!"
"Aspetta. Sforzati. Ricordi altro?"
"No... Cioè: non so! Aspetta! Una cella! Sì, ma non quella del mio convento! No,
una cella diversa, asettica! Xeno! Xeno dappertutto!"
"Stai calma. Comincio a capire. Laura: ti fidi di me?"
"Sì! Certo che mi fido di te!"
"Allora credimi: non è come sembra. Sai cos'è il bene superiore?"
Laura lo guardò come se fosse un idiota: "Certo che so cos'è! Il bene superiore è
giustizia! Il bene superiore è il nostro futuro! L'Hordo Hereticus stesso ha lo scopo
di preservarlo!"
Ci furono alcuni secondi di silenzio.
"E..." Azzardò Reef " i tau?"
"Sono solo feccia Xeno! Devono essere spazzati via, uno dopo l'altro."
Altri secondi di silenzio.
"Credo che tu stia facendo un po' di... confusione. Laura: i tau combattono per il
bene superiore."
"QUESTA E' UN ERESIA!" urlò lei brandendo il coltello.
"Nononono: ascoltami! Cerca di ricordare! Krokgard! Misha! Tu li conosci!"
Laura sembrò essere stata folgorata da una scossa elettrica.
"C-cosa sta succedendo?! Cosa MI sta succedendo?"
"Ascoltami. Tu eri una sorella, credo."
"Lo sono ancora!"
"No, Laura... Ascoltami: tu combattevi per l'Imperium. Ma tutto è passato! I tau
devono averti catturato, e convertito in qualche modo alla loro causa."
"Ora ricordo... Credo... E' tutto così confuso! Ma tu? Da che parte stai?"
Reef prese un profondo respiro: "Io combatto per il Bene Superiore. Combatto
per i Tau."
Il movimento di lei fu così rapido che Reef si ritrovò la pistola, presa dal tavolo,
puntata alla testa ancor prima di poter finire la frase.
"Tu! Sporco traditore! Come hai potuto voltarGli le spalle?"
"Laura! Noi combattiamo per una giusta causa! Tu combatti per una giusta
causa!"
"Io combatto per l'Imperium, e solo per esso!" Le sue parole dicevano una cosa, il
tono della sua voce ne dicevano un'altra.
"Laura, per tutta la vita altri hanno scelto per te. Ora, per la prima volta, tocca a
te decidere."
Con le lacrime agli occhi, lei spostò la pistola, puntandosela alla tempia.
"Non posso decidere." disse piangendo.
"Nonononono!" Urlò Reef "Sparami, scappa, metti giù la pistola, ma NON farlo!"
"E' l'unica al ternativa! Mi... dispiace!" Il dito cominciò a contrarsi sul grilletto.
"Aspetta! Se veramente mi vuoi bene, non farlo. Metti giù la pistola. Fallo per me!
Fallo... per nostro figlio. Laura: aspetti un bambino."
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"Non voglio! Non voglio tornare in un campo di rieducazione!"
"E non ci tornerai!" sussurrò Reef prendendole delicatamente la mano, e
togliendole la pistola. "Te lo giuro. Non ce n'è bisogno: ti educherò io. Ti
insegnerò a lottare per ciò che è giusto, a difendere la nostra libertà e a portare il
Bene Superiore attraverso le stelle."
"Ricordo tutto, ora. Non mi sono mai sentita così. E' tutto chiaro, per una volta
nella mia vita." disse buttandogli le braccia al collo.
"Stai calma: "le sussurrò nell'orecchio e ricambiando l'abbraccio "ora sarà tutto
diverso."
CAPITOLO DUE: AGGUATO
+++ Pianeta LandFall (X2764;Y1530)+++
––– Centro di rieducazione di massima sicurezza "Aun Wrath" –––
--- Centro di ricerca di livello O --La dottoressa O'Levia scrutava il superuomo che le stava davanti, perfettamente
immobile sull'attenti. Non uno dei suoi possenti muscoli si muoveva: gli occhi
fissi; il pugno chiuso sul petto; le gambe leggermente divaricate. Era perfetto.
"Riposo, Kais'vesa Titus." disse O'Levia con voce sibilante.
Il cambiamento fu appena percettibile.
"Ho sentito che la precedente esercitazione ha riscontrato dei... problemi."
"Affermativo, signora. L'elemento F-1711 ha esitato ad eseguire un ordine diretto,
ed ha mostrato pietà per un nemico del Bene Superiore."
"F-1711... Non è la prima volta che ci causa problemi."
"Negativo signora. E' sempre stato un elemento sotto la media, in quanto a
disciplina."
"Il soggetto di base doveva essere inadatto ai potenziamenti ormonali e
chirurgici. Non credo sia attualmente possibile rimediare, a questo punto." decise
la dottoressa. Rivolgendosi ad un drone servitore, lì vicino, ordinò: "Cominciare il
processo di potenziamento su un nuovo prigioniero. Poi, disattiva i tuoi sensori
acustici." Nessuno doveva sentire ciò che stava per dire.
"Sissignora." disse l'intelligenza artificiale. "Sensori acustici disinseriti. In attesa di
riattivazione manuale."
"Kais'vesa Titus. Durante la prossima esercitazione sbarazzati del soggetto F1711. Deve sembrare un incidente. Sono stata chiara?"
"Affermativo signora."
"Otti mo. Dimmi, Titus: non provi rimorso ad uccidere un tuo fratello?"
"Negativo. Il soggetto F-1711 non è più un mio fratello, in quanto d'intralcio per il
bene superiore. E il Bene Superiore è il mio unico Padre, come lei è la mia unica
Madre."
"Perfetto. Ora vai."
Il sergente dei Kais'vesa scattò sull'attenti, battendosi il pugno sul petto, prima di
voltarsi ed uscire dalla porta.
La dottoressa O'Levia era molto soddisfatta delle sue creazioni. Spietate,
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determinate, obbedienti. Forti, resistenti, veloci. Il meglio.
Riattivò i microfoni del drone, e, mentre si dirigeva verso i laboratori, dettò: "Il
soggetto T-0403 dimostra ancora una volta la sua cieca obbedienza alla causa,
ma, ancor di più, dimostra la sua fedeltà a Me. Esattamente come previsto, non
esiterà di fronte a nessuno dei miei ordini, qualunque esso sia."
Entrò nel laboratorio che, a quell'ora del giorno, era deserto. Attraversò alcuni
scanner che autenticarono la sua identità, ed entrò nella sala principale, dove
tutto aveva avuto inizio. Un cilindro di un materiale opaco stava al centro della
stanza. La dottoressa vi si avvicinò, e, digitando un numero sul tastierino
annesso, il tubo divenne trasparente.
All'interno riposava l'apotecario. O almeno, quello che ne rimaneva: non aveva
più gambe né braccia. Innumerevoli flebo ed elettrodi di ogni genere penetravano
nel suo corpo devastato, nutrendolo giusto il necessario affinché il suo cervello
rimanesse in vita. La testa era però la parte più devastata: gli occhi e la
mandibola erano stati rimossi, e grosse fibre ottiche penetravano nelle orbite,
nella bocca e dalle orecchie, per poi collegarsi al suo cervello.
In principio i tau avevano tentato di persuaderlo a collaborare, dapprima con la
corruzione, promettendogli una vita piena di agi e di pot ere, poi con torture di
ogni tipo. Non ci era stato verso. In seguito al fallimento della casta dell'acqua,
subentrò la casta della terra. Lo fecero a pezzi, mettendolo in stasi criogenica e
collegando dei supercomputer al suo cervello, dal quale traevano le informazione
necessarie come se fosse un'unità di memoria.
"Salve, apotecario." sussurrò la dottoressa inginocchiandosi davanti al tubo. "So
che non mi puoi sentire, ma mi fa piacere parlarti comunque. Mi aiuta a fare ciò
che va fatto, per quanto ripugnante esso sia. Mi ricorda per cosa stiamo
combattendo."
Un muscolo del collo dello Space Marine si contrasse.
"Mi piace pensare che questo sia un segno di assenso, anche se probabilmente
stai semplicemente sognando. Sai, i tuoi figli crescono in fretta. Sono quasi
perfetti, e si fidano ciecamente di me. Certo biologicamente, sono ancora lontani
dagli Astartes originali, ma sono comunque degli ottimi esemplari: quello che
manca loro di base, lo guadagnano grazie alle armature."
Restò un attimo in silenzio. Poi una lacrima le cadde sulla guancia.
"Non sopporto di vederti così. E' un oltraggio! Ti giuro che, quando tutto sarà
finito, ti donerò la pace, e farò in modo che il tuo seme genetico torni al tuo
capitolo. E' una promessa, Apotecario. Ora devo andare: ho molto lavoro da
sbrigare. Devo essere forte. L'Imperatore lo richiede."
Il gelo era mostruoso. La squadra di tre kais'vesa avanzava in perfetto ordine,
muovendosi in silenzio di sasso in sasso. Il vento soffiava a ottanta chilometri, e
le previsioni metereologiche annunciavano peggioramenti. Il cielo era sereno, ma
la neve sollevata dalla burrasca lo rendeva invisibile alla vista. La notte era calata
già da alcune ore, e la temperatura era ulteriormente scesa: duecento gradi
kelvin (Settantatré gradi sotto lo zero), in costante diminuzione.
La missione era una semplice ricognizione, ma le condizioni atmosferiche la
105
rendevano una sfida, anche per un kais'vesa.
La squadra arrivò ad un lago ghiacciato, e lì, come da ordini, si fermò. Si
appostarono dietro alcune rocce, utilizzandole come barriere contro il vento.
"Uhh... Gran bella serata, eh?" disse Fabius ai suoi compagni, che non lo
guardarono neanche. "Wow... cercavo solo di rompere il ghiaccio!". Subito dopo si
rese conto della battuta involontaria, e, da solo, scoppiò a ridere, sempre ignorato
dagli altri due.
Improvvisamente si rese conto di essere solo. I suoi fratelli parlavano sempre il
minimo indispensabile, e non ne aveva mai visto ridere uno. Mai un sorriso. Mai
una battuta. Avrebbe voluto esse re come loro, ma non ci riusciva. Non ci riusciva
proprio.
Gli altri due kais'vesa si scambiarono un'occhiata d'intesa, attraverso gli elmi delle
armature, e uno di loro disse.
"Controllo caschi. Rilevo delle anomalie."
Essendo che tutte le armature erano collegate tra di loro elettronicamente, in
modo da poter passare dati ed informazioni se necessario, era possibile che un
errore di sistema in uno dei caschi potesse trasmettersi agli altri. Era molto raro
ma possibile.
Il trio si tolse i caschi, e, smontando i componenti principali, ne controllarono
sommariamente l'integrità.
Successe tutto all'improvviso. Uno dei due estrasse il crucis dalla fondina montata
sullo zaino e sparò una raffica sul ghiaccio spesso una spanna che li sorreggeva,
scavandoci un grosso buco. L'altro, estratta la terminus, colpì col piatto della
spada la nuca di Fabius, stordendolo con la forte scarica elettrica. Nei pochi istanti
che ci impiegò a riprendersi, il soggetto F-1711 aveva la testa immersa nell'acqua
gelida, tenuta sotto da due mani, mentre l'altro dei suoi confratelli stava seduto
sulla sua schiena, cercando di tenerlo fermo.
Fabius era spiazzato: cercò di urlare, di chiedere cosa stavano facendo, ma
l'acqua ghiacciata gli entrò in bocca. La sua mano corse verso la sua crucis, ma
non trovò l'arma. Nei polmoni gli rimaneva sempre meno aria (a differenza dei
suoi cugini imperiali, i kais'vesa ne avevano solo un paio). Con l'altra mano riuscì
ad afferrare la terminus del sicario seduto su di lui, strappandogliela dal fodero e
menando un colpo alla cieca. Fu fortunato: colpì alla gola il soldato che gli teneva
la testa in acqua, facendogli perdere la presa. Finalmente Fabius riuscì a
respirare, e a scrollarsi di dosso il secondo aggressore, per poi rimettersi in piedi.
Uno dei nemici, quello che era stato colpito alla gola, era morto, ma il secondo
era ancora vivo e vegeto.
"Perchè!?" Chiese Fabius, scioccato ed ansimante.
Il soldato non perse tempo a rispondere, e si avventò sul kais'vesa, che evitò il
suo pugno e lo colpì alla schiena con un forte calcio, allontanandolo giusto il
tempo necessario per raccogliere il crucis e scaricargli addosso un caricatore.
Ora, guardando il mucchio di carne fumante che era stato un suo fratello, era
veramente solo.
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CAPITOLO TRE: LA RIVOLTA
Ui'Les, caporeparto della sezione A del carcere era impegnato a stendere un
rapporto sullo stato di salute dei prigionieri, quando, alzando lo sguardo, vide una
grossa figura in piedi appena fuori dalla porta. Era uno dei giocattoli della sezione
ricerca.
"Ehi!" gli disse alzandosi. "Non puoi stare qui. Cosa stai facendo?"
"Eseguo gli ordini." Rispose il kais'vesa senza scomporsi.
"Gli ordini di chi? Chi ti ha dato il permesso?"
"Il sergente Titus."
Il tau sospirò. Gli sembrava di parlare con un deficiente. "E chi ha dato il
permesso al sergente Titus?"
"Non mi è dato saperlo." Rispose il colosso.
Senza perderlo di vista, Les si avvicinò alla scrivania, e premette l'interruttore
dell'interfono: "Direttore: credo che abbiamo un problema."
La dottoressa Levia entrò nella sala del direttore del carcere.
"Era ora! L'ho chiamata venti minuti fa!" Sbraitò questi. "Si può sapere che sta
succedendo? I vostri uomini sono sparsi per tutto il centro di rieducazione!
Armeria, caserma, cucine, sala di controllo, cessi! Mi arrivano segnalazioni da
tutto il carcere riguardanti i vostri gorilloni in armatura."
La dottoressa era impassibile.
"Questo progetto non doveva essere riservato?" il direttore si avvicinò a Levia.
"Esigo una risposta, dannazione!"
Ci fu un baleno nell'aria. Il sangue colò copioso a terra, dopo che la gola del tau
venne recisa con un fendente di lama fasica. La dottoressa afferrò il direttore
agonizzante per i capelli e lo sbatté sulla scrivania, prendendo la sua mano ed
appoggiandola sulla piastra che gli permetteva di accedere ai controlli di
sicurezza.
Ci fu un ronzio, mentre gli scanner analizzavano la rete dei capillari della mano,
ed una voce elettronica disse: "Benvenuto direttore. La sua pressione è un po'
bassa: si faccia controllare dal medico di turno. Buona giornata."
Levia si sedette sulla poltrona, lasciando accasciare il tau a terra. Da lì aveva il
pieno accesso ai sistemi difensivi del carcere. Le sue dita volavano sul pannello
olografico. Era giunta l'ora di porre fine a quell'eresia.
"Sergente Titus." Disse via radio.
"Comandi, signora." fu la prevedibile risposta.
"Ascoltami bene: tu ed i tuoi uomini dovete eliminare ogni singolo tau all'interno
del carcere. Se possibile, lascia in vita i membri dello staff medico, ma non è
prioritario. Domande?"
Non ci furono esitazioni. "Nossignora. Nessuna domanda. La mia fede è salda."
"Ottimo. Datti da fare."
"Certo, signora."
La dottoressa Levia, o almeno: la dottoressa Levia ancora in vita (La vera
dottoressa era morta da un mese, ancor prima di atterrare su LandFall, ed il suo
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corpo era stato buttato nello spazio siderale, dove nessuno lo avrebbe mai
trovato) si sfilò da una tasca un'unità di memoria, e la inserì nel terminale. Era
ora di rivoltare le armi dei tau contro sé stessi.
--- Drone di sorveglianza D_4833921 --Ordine prioritario broadcast in arrivo >>
Modificare il codice sorgente come segue
' sezione 35697; paragrafo "definizione di amico/definizione di nemico" '
Am -> 0;
Nem-> Am;
0 -> Nem;
' sezione 58430; paragrafo "selezione modalità" '
(For S=0; S=0; S=0)
stato = Redcode;
<< fine messaggio.
Inizializzazione nuovi ordini...
...
...
CODICE ROSSO: NEMICI INDIVIDUATI IN TUTTO IL SETTORE.
ELIMINARE LA MINACCIA A VISTA.
ESECUZIONE...
...
...
Il guardiano osservava il drone da un po' di tempo: era rilassante vederlo andare
avanti ed indietro per le celle, a scansire i prigionieri, levitando pigramente a
mezz'aria.
"Mbeh?" Disse, quando lo vide arrestarsi di colpo.
Il robot restò fermo per forse un secondo, prima di voltarsi verso di lui. Gli occhi
erano diventati rossi, segno che il drone era entrato in modalità da
combattimento.
"Ehi..." disse il tau. "Che succede? Ci sono evasi?"
Le due carabine montate sul drone fecero fuoco su di lui. Ripetutamente.
La voce del comandante risuonò nell'elmo del kais'vesa.
"Soldati. Qui sergente Titus. Dovete immediatamente eliminare ogni combattente
Tau del vostro settore. Passo e chiudo."
"Allora?" Disse Ui'Les. "Te ne vai o no?"
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Il marine fece un passo verso di lui, sfoderando la spada.
"Qui centro di rieducazione 'Aun Wrath'. E' un'emergenza!Il sistema di
comunicazione centrale non funziona, stiamo utilizzando la radio di un velivolo di
sicurezza. Necessitiamo sostanziosi rinforzi! I droni stanno aprendo il fuoco su di
noi, e..." il messaggio si arrestò con un fruscio elettrostatico.
CAPITOLO QUATTRO: PARTENZA
"Comandante?"
Disse Reef mettendosi sull'attenti appena entrato nell'ufficio di Misha.
"Riposo," disse Misha con un cenno. "Ho saputo della notizia, Gue'Ui.
Congratulazioni."
"Grazie O'Misha." Rispose Antonio "Sembrerebbe essere una femmina. Dunque,
qual è il problema?"
"Abbiamo ricevuto una trasmissione di soccorso dal pianeta LandFall.
Sembrerebbe che dei droni stiano aprendo il fuoco sulle guardie della colonia
penale."
"Non ho mai sentito niente di simile..." Disse Reef. "Non pensavo che i droni
potessero ribellarsi. Credevo che certe cose succedessero solo negli olo-film di
fantascienza."
"Infatti. Non è possibile che un drone impazzisca e faccia fuoco contro amici.
Qualcuno deve averli per forza riprogrammati. Non c'è altra possibilità."
Reef stette un attimo in silenzio: "Capitano... Se non sbaglio LandFall è dall'altra
parte dell'Impero. Perchè mandano noi?"
"Non sbagli. Ti ricordi l'assalto alla nave degli Ultramarine, la cattura
dell'apotecario..." Misha si interruppe, vedendo la faccia dell'umano esprimere
inequivocabilmente (anche per un osservatore Tau) che sì, se ne ricordava. "Su
quel pianeta, nei pressi del centro di rieducazione dove sono avvenuti gli
incidenti, si stanno portando avanti i frutti di quella missione. Altro non posso
dirti: è classificato sotto il massimo grado di riservatezza. Come avrai notato, la
maggior parte delle missioni a cui abbiamo partecipato in tutti questi rotaa
implicano una stretta collaborazione con la casta della terra. Non è un caso: il mio
compito è in pratica quello di fornire supporto militare ai ricercatori. Tutti gli altri
comandanti conquistano pianeti, fermano bioflotte, annettono razze nuove... Ed
io sto qui a pulire il culo a qualche scienziato. Ma guarda se k'len val'un d'ias...".
"Pensavo che ogni lavoro, anche il più umile, fosse per voi tau un onore da
svolgere."
"Sì, ok, ma a tutto c'è un limite! Combatto da quando sono nata, per diventare
comandante. Ho un cassetto pieno di medaglie! E questa è la mia ricompensa? Se
poi penso che mia sorella dirige l'espansione della terza sfera..."
"Tua sorella è il grande comandante Shadowsun?"
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"Sì. E allora?" chiese Misha, fulminandolo con lo sguardo.
"No, niente. Semplicemente non lo sapevo. Comunque: è tutto?"
"Sì, è tutto. Di ai tuoi uomini di prepararsi. Si parte domani mattina. Avete
ventiquattr'ore. Puoi andare."
"Misha: un'ultima cosa."
"Dimmi."
"Chi è Laura?"
Il comandante si irrigidì. "Come chi è Laura?"
"Sai cosa voglio dire."
"Non credo di poterne parlare..."
"Ho controllato il suo profilo: il segreto militare è andato in prescrizione tre giorni
fa. I dati non sono pubblici, ma nulla ti vieta di dirmelo."
Misha controllò rapidamente i dati, per accertarsi che fosse vero.
"Va bene... Non c'è molto da dire: vent'anni fa, durante una battaglia, siamo
riusciti a catturare un membro della sorellanza. Era molto giovane: doveva essere
la sua prima battaglia. Il fanatismo aiuta in combattimento, questo è indubbio.
Devo ammettere che ho visto molte più gesta eroiche tra le fila umane, che qui
tra le nostre (a meno che non ci siano degli eterei in campo, ma non sempre è
possibile). L'idea era quella di mantenere il fanatismo degli umani, ma di usarlo a
nostro vantaggio, facendogli il lavaggio del cervello e convertendoli alla Giusta
Causa. Il progetto, a dir la verità, è stato un flop. Nessuno dei trenta prigionieri si
è arreso, e, di conseguenza, è stato necessario, come dire... abbatterli.
Solo Laura, forse a causa della sua giovane età (mi sembra avesse sedici anni),
ha ceduto, ma, dopotutto, soldati così giovani sono una rarità. Perciò il progetto è
stato abbandonato. Perchè me lo chiedi? Sta causando problemi?"
"No," Mentì Reef spudoratamente. "Perchè? Ora devo andare. Arrivederci."
CAPITOLO CINQUE: ARRIVO
L'incrociatore 'Sentiero Luminoso' entrò pienamente nello spazio reale. Davanti a
loro, già si vedeva il pianeta LandFall: era, dopotutto, un mondo accogliente.
L'atmosfera era perfettamente respirabile, e il clima, in generale, era accettabile,
grazie alla vicinanza con la piccola stella attorno alla quale ruotava. Ospitava
molti abitanti, nelle zone equatoriali e temperate. Il giorno e la notte, a causa del
moto triassiale del pianeta (probabilmente causato con l'impatto con un satellite,
milioni di anni prima) si susseguivano quasi imprevedibilmente: un giorno poteva
durare un'ora, seguito da una notte lunga una settimana, e da un'alba di venti
minuti. Mentre il pianeta, in generale, era abitabile, i poli erano uno dei posti
peggiori del settore: sferzati costantemente da venti incredibilmente forti, che
variavano da un momento all'altro richiedendo un centro meteorologico molto
avanzato, sulla superficie del pianeta), e la temperatura era costantemente sotto
zero, ogni giorno, ogni mese, ogni anno.
Nonostante le condizioni avverse, il sottosuolo dei poli era ricco del materiale che
formava le matrici di memoria dei droni, e delle altre intelligenze artificiali Tau:
110
questo aveva portato a costruire diverse fabbriche di robot. Un posto così lontano
da sguardi indiscreti, inoltre, ospitava anche una gigantesca colonia penale:
Aun'Wrath (l'ira degli eterei).
Era il più grande centro di rieducazione dell'impero Tau, ospitante oltre centomila
tra i più pericolosi criminali o prigionieri politici. Ovviamente, il personale Tau
richiesto era molto basso, essendo che migliaia di droni, provenienti dalle vicine
fabbriche, provvedevano a tenere a bada i prigionieri, che, se anche fossero
riusciti a fuggire dalla prigione, si sarebbero ritrovati a migliaia di chilometri dal
centro abitato più vicino, costretti a dover fare i conti con le temperature che, di
notte, toccavano anche i 152 Kelvin (121 gradi sotto lo zero).
Reef si sentiva come la punta di un martello pneumatico. L'incrociatore leggero
Manta era scosso dalle correnti a getto come una foglia al vento, e solo l'abilità
dei piloti (e, a dirla tutta, del sistema di guida automatizzato) impediva al velivolo
di venir spazzato via dai venti.
"E' finita." Pensò Antonio, quando, ad un vuoto d'aria, seguirono quasi venti
secondi di caduta libera, prima che la nave riuscisse a riprendere assetto.
Il suo pensiero andava a Laura, che, nonostante lo stato interessante, era stata
riconosciuta idonea alla missione, in quanto la gravidanza era in uno stato ancora
molto precoce. Infatti, era seduta a pochi metri dall'armatura di combattimento di
Antonio, dentro il trasporto truppe Devilfish assieme al resto del team di
esploratori.
"Cinque minuti allo sbarco." gracchiò la voce di uno dei piloti. "Preparatevi, shas.
Turbolenze in arrivo. Sembra che stia arrivando un uragano, e di quelli forti. Venti
a cinquecento chilometri orari, in crescita."
"Scusa" chiese Reef "E finora..."
Le parole gli si bloccarono in gola, schiacciate dallo stomaco, che cercava
tenacemente di farsi strada, risalendo, verso la bocca. Il Manta si inclinò
bruscamente verso il basso, piombando con la prua verso il basso, in una folle
picchiata. L'umano sentì il sotto diventare sopra, ed il sopra diventare sotto,
quando i piloti riuscirono a rimetterlo in assetto con una giravolta.
"LO AVETE FATTO APPOSTA!" Urlò Reef ai guidatori.
"Stai zitto, shas. Facci fare il nostro lavoro in pace."
Era forse preoccupazione quella che c'era nelle loro voci? Antonio sperò
fortemente di no. Il Manta si inclinò a dritta, cominciando a scendere con un moto
a spirale, come un avvoltoio che cala sulla preda.
"Siamo usciti dalle correnti a getto. D'ora in poi la strada è tutta in discesa."
scherzò il pilota, e tutti a bordo trassero un respiro di sollievo.
Erano passati dieci minuti, ed il manta era appena ripartito dopo averli scaricati
all'inizio di una magnetovia. Un devilfish, come molti altri aeromobili, è in grado
di sorvolare qualsiasi tipo di terreno, senza fare caso alla neve che lo ricopre. Il
problema comincia quando i venti forti rischiano di sbilanciarlo, cozzando contro
la vasta superficie, sollevarlo e scagliarlo giù da un dirupo. La soluzione sono le
magnetovie: grandi strade costituite da placche di metallo polimagnetico, in
111
grado di ancorare il velivolo al suolo, pur permettendogli di avanzare a mezz'aria.
Come legare un palloncino a terra, per fare un esempio banale. Quella strada si
inerpicava sulla fiancata di una montagna, proseguiva per un paio di chilometri, e
arrivava all'entrata del campo di rieducazione. Portarli direttamente al carcere con
il manta era fuori discussione: troppo grande per passare per gli stretti canyon
che, come una ragnatela, separavano i vari picchi ed altopiani.
Gli esploratori erano già partiti da un po', e Reef teneva costantemente d'occhio
le funzioni vitali della compagna (alle quali aveva riservato un angolino del suo
HUD). Solo ora poteva capire ciò che gli aveva detto tempo fa Hans: "Bisogna
essere pazzi per innamorarsi in guerra."
CAPITOLO SEI: VERTIGO
Laura era seduta all'interno del devilfish che traballante a cause del forte vento,
quando il pilota comunicò che dovevano scendere. In meno di cinque secondi gli
otto esploratori erano sbarcati all'esterno. Laura comprese subito cosa dovevano
fare: ad una decina di metri da loro la strada attraversava un grosso ponte: cavi
spessi come braccia erano ancorati alle pareti di roccia della montagna, ed il
ponte oscillava leggermente sopra l'abisso sottostante.
La voce di Misha risuonò nel casco di Laura Primis "Controllate che il ponte non
sia minato. Sarebbe l'ideale per un imboscata."
Gli otto esploratori si avvicinarono cautamente al ponte, il visore in modalità
elettromagnetica, in modo da poter vedere eventuali fotocellule. Imboccarono il
ponte: tutto sembrava tranquillo, niente inneschi. Niente bombe. Niente.
"Controlliamo sotto." Ordinò lo shas'ui "voi quattro vi calate, noi vi teniamo."
Laura si agganciò il gancio della fune in fibra di Nylon alla cintura, e, tenuta da un
compagno, scavalcò la balaustra e si calò nel vuoto.
"Non guardare giù. Non guardare giù. Non guardare giù." Si ripeteva l'umana,
mentre il vento la faceva oscillare pericolosamente sul baratro. Ovviamente
guardò giù. Da quello che poteva vedere, il salto era di minimo duecento metri,
più quelli nascosti dalla bufera di neve. Cercò di concentrarsi sulla missione:
estrasse lo scanner portatile e lo passò lungo il ponte. Neanche lì vi era traccia di
ordigni.
All'improvviso ci fu una folata di vento più forte del s olito. Le sembrò che
qualcosa le fosse passato sotto, ma non vide nulla.
"Va bene. Tirami su." disse al compagno, e subito fu con i piedi per terra, nella
relativa sicurezza del ponte.
"Qui tutto a posto. Comunicò al resto della colonna, che nel frattempo era
arrivata all'imbocco del passaggio. "Possiamo passare."
Reef cominciò ad avanzare, dentro la sua armatura da combattimento. La
tempesta metteva a dura prova i sistemi di stabilizzazione della crisis, che
comunque reggevano bene: certo, spiccare il volo sarebbe stato un suicidio. Era
arrivato a metà del ponte, quando un allarme cominciò a suonare. La scritta
112
<agganciamento> lampeggiò più volte sull'HUD: in quel mentre, qualcosa di
molto veloce passò sopra di lui.
Reef, all'erta, si voltò, seguendolo con lo sguardo, con l'allarme che continuava a
risuonargli nelle orecchie. L'armatura da combattimento delineò il suo contorno,
nonostante fosse protetto da un campo stealth, che lo faceva confondere quasi
perfettamente con il cielo bianco di neve: era simile ad un drone, ma molto più
grande e dotato di due ali trapezoidali spuntavano dallo scafo. Era
inconfondibilmente un caccia invisibile Remora.
"Velivolo senza pilota, completamente automatizzato, equipaggiato con due
cannoni a raffica a canna lunga," riepilogò mentalmente "un tracciante in rete
e..." L'allarme si fece più insistente, e una grossa scritta prese il posto della
precedente: [MISSILE AGGANCIATO] "...missili a ricerca. Cazzo."
Reef sprintò in avanti, ed il razzo gli passò ad una spanna dall'armatura da
combattimento, proseguendo oltre. Reef lo vide eseguire una stretta virata, per
poi puntare nuovamente a lui. Antonio iniziò a correre, cercando un riparo,
mentre altri due Remora passavano in silenzio sul ponte, falciando la fanteria con
le potenti mitragliatrici. Reef si lanciò dietro al sostegno al cui erano attaccati i
cavi, appena prima che il missile lo raggiungesse, schiantandosi contro il ponte ed
esplodendo fragorosamente.
L'intera struttura fu scossa dall'impatto.
"Forza!" Urlò il comandante Brightmoon "Non dobbiamo dividere le nostre forze:
se il ponte crolla, non passeremo mai tutti. Ritirata, da questa parte del ponte!
Team broadside uno: forniteci fuoco antiaereo."
I tre remora ricomparvero nella bufera, ed altri missili partirono, colpendo i veicoli
e le armature da combattimento nemiche.
Laura vide un missile dirigersi verso Reef: sentì il cuore smettere di battere, e,
quando vide che lo aveva mancato, un macigno di una tonnellata le scivolò via
dallo stomaco. Fu subito il caos: con un volo radente, i remora fecero fuoco sulle
truppe. I colpi di cannone a raffica spazzarono il ponte, e lo shas'ui della squadra
esploratrice venne colpito in pieno petto, crollando a terra con la spina dorsale
ora visibile. Il missile, tornando indietro, colpì il ponte, che ondeggiò in modo
allarmante. Laura impugnò il fucile a rotaia, aspettando che i caccia tornassero
indietro, ma i remora le passarono sopra senza che neanche riuscisse a vederli,
preceduti dalle raffiche di mitragliatrice e seguiti dai razzi, che, questa volta,
colpirono duramente.
Uno degli ordigni colpì sul fianco il devilfish degli esploratori, a pochi metri da
Laura. L'impatto lo sollevò da terra, e il trasporto truppe uscì dalla traccia della
magnetovia, facendo da vela nel contempo con il largo ventre piatto. L'areomobile
venne strappato via dal vento e, roteando su sé stesso, si abbatté sui cavi, per
poi rimanervi attaccato, schiacciato dalla forza dell'uragano.
Un secondo missile si diresse verso il comandante Brightmoon: l'esplosione fu
assordante, e la crisis scomparve, avvolta da una palla di fuoco.
Per un istante, tutto il distaccamento stette a guardare verso il comandante. Il
vento spazzò subito via il fumo, mostrando Misha ancora col braccio sinistro in
113
avanti, frapposto tra sé e la minaccia incombente, la barriera di energia del
generatore di scudo brillante.
"Forza!" urlò Brightmoon "Non state qui a guardare. Muovetevi!".
Le broadside, stabilizzatesi in posizione di fuoco, spararono contro i remora, che
stavano tornando indietro per un terzo passaggio. Invece di utilizzare i cannoni a
rotaia, però, vennero lanciati loro contro dei missili intelligenti: dodici razzetti di
una spanna partirono dalle pesanti armature da combattimento, agganciando
automaticamente il bersaglio: uno dei remora, colpito ad un ala, scomparve
nell'abisso, avvitandosi su sé stesso.
"Tony!" Urlò Laura nel microfono "Tu riesci a vederli?"
"Sì, ma solo grazie all'armatura. Ma sono troppo fottutamente veloci. Non riesco a
colpirli!"
"Credi che le granate IEM riuscirebbero a danneggiarli?"
"Sono in tutto e per tutto robot: credo di sì. Ma come pensi di colpirli con una
granata?"
"Ho detto granatE non granata." e, rivolgendosi a quello che rimaneva della
squadra, raccogliendo la carabina del leader morto "Esploratori! Tutti in fila!
Imbracciate le carabine e caricatele con le granate IEM. Timer ad un secondo.
Segnale di Ui'reef, sparatele a quarantacinque grandi in quella direzione!"
Pur non essendo Laura il loro capo, gli shas'la obbedirono.
Ci fu un forte rumore, una via di mezzo tra un colpo di frusta ed una corda di
chitarra spezzata. Il devilfish, appoggiato ai cavi di sostegno, fungeva da vela,
facendo resistenza al vento, ed una delle funi, già indebolite dall'impatto con il
primo missile, aveva ceduto, partendo in alto come un elastico le altre
cominciavano visibilmente a sfilacciarsi.
"Li vedo!" Urlò Reef. "Shas'la: pronti..."
I due remora, dopo una stretta virata, si stavano avvicinando di nuovo, pronti ad
un altro passaggio.
"FUOCO!"
Le sei granate partirono, esplodendo a mezz'aria, come salve di antiaerea,
ciascuna emettendo forti impulsi elettromagnetici nel raggio di tre metri. Uno dei
caccia passò proprio in mezzo a due granate, e, immediatamente, piombò a terra
come un sasso, schiantandosi sul ponte, mentre l'altro proseguiva la sua corsa,
facendo fuoco con i cannoni a raffica e mietendo altri due esploratori.
Un secondo cavo si spezzò, immediatamente seguito da un terzo. Il ponte si
inclinò di trenta gradi verso destra.
"Laura! Vai via di lì! Il ponte crolla!" Gridò Reef, mentre il penultimo cavo si
rompeva con uno schiocco ed il devilfish spariva nel baratro.
Gli esploratori, obbedendo agli ordini di Misha, corsero verso le forze tau. La
ragazza, però, esitò: l'altra estremità era più vicina, ed il ponte era proprio messo
male. Forse non avrebbe retto abbastanza per... L'ultimo dei cavi di destra
cedette, ed il ponte di inclinò ancor di più su un lato, sorretto solo dalle funi di
sinistra, che, tese allo spasimo, scricchiolavano rumo rosamente. Laura decise.
Partì di corsa verso l'estremità più vicina. Venti metri. Rumore di fune spezzata. Il
ponte sobbalzava ogni volta che una raffica del mostruoso vento trovava la sua
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superficie, non più aerodinamica. Dieci metri. Seconda fune spezzata. Laura
cadde a terra, scivolando lungo il pavimento ormai obliquo, e fermandosi contro
la balaustra. Subito si rialzò, ricominciando a correre. Mancava poco. Schiocco.
Laura era arrivata a due metri dal bordo, quando l'ultima delle funi si spezzò, ed il
ponte cedette. Spiccò un salto, mulinando le braccia per afferrare il pezzo di
ponte rimasto in piedi, davanti a lei.
Vide le sue dita toccare il bordo.
Trovarlo.
Perderlo.
Sotto, il vuoto.
CAPITOLO SETTE: INCONTRO
Laura visse il salto come a rallentatore. Le sue dita sfiorarono solo la salvezza,
senza riuscire ad aggrapparvisi. Vide il ciglio allontanarsi centimetro dopo
centimetro.
Uno scossone. Lo schiocco della spalla che si lussava, quando una mano la afferrò
per il polso e la tiro verso l'alto. La ragazza ritrovò sdraiata sulla neve, a pancia in
su, ansimante per la corsa e per il salto.
Nell'elmo risuonava la voce di Antonio che, disperato, la chiamava.
Infatti, a causa dell'uragano, da un'estremità del ponte non si vedeva l'altra.
Una voce distorta dal casco le ordinò: "Il fucile. Dammelo!"
"Non ci riesco... La spalla..."
Il fucile le fu strappato dalla fondina dietro la schiena. Il suo salvatore era
enorme: era alto più di due metri, e l'armatura che lo ricopriva per intero
continuava a cambiare colore, adattandosi alla tempesta che imperversava tutto
intorno. Il Kais'vesa imbracciò il fucile a rotaia, e prese la mira, con calma. Il
fucile tuonò, e l'ultimo dei remora esplose, trapassato da parte a parte dal
proiettile anticarro.
"Qui la'Primis" disse Laura. "Sto bene."
Sentì Reef ringraziare eterei, divinità eldar, l'Imperatore, C'Tan e altri dei che lei
non aveva mai sentito.
Voltatasi verso il Kais'Vesa, disse "Grazie... Ma chi sei? Cosa sei?"
"Mi chiamo Fabius", rispose l'altro "E sono un servitore del Bene Superiore. Stai
bene?"
"Sì, a parte la spalla... deve essersi lussata. Aiutami a metterla a posto, per
favore."
Il marine le afferrò il braccio, e tirò. Quando l'osso tornò in posizione con uno
schiocco, il dolore fu lancinante.
"Cosa è successo?" Chiese Reef preoccupato.
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"Sto bene... Mi si era lussata la spalla, ma ora è a posto. Ho incontrato... Non so
chi sia, ma mi ha salvato la vita."
"Qui Shas'O Misha: identificati."
"Sono il soggetto Fabius-1711."
"Sei un Kais'vesa?"
"Sissignora."
"Quindi voi Kais'vesa siete dalla nostra parte?"
"Non posso darle una risposta sicura, signora. Ho perso i contatti con il resto di
loro una settimana fa, quando hanno cercato di uccidermi, signora."
"Quindi, non sai cosa è successo nel frattempo?"
"Ho tenuto d'occhio la colonia penale, ed ho visto i droni far fuoco contro il
personale. I miei fratelli poi si sono diretti verso la fabbrica di robot poco distante.
Presumo che ne abbiano preso il controllo, visto che la colonia penale non
disponeva di caccia Remora, signora."
"Va bene. Basta chiamarmi signora. Non possiamo sorvolare il crepaccio. Non con
questo vento. Conosci altre strade oltre a questo ponte?"
"Bisogna scendere a valle, e risalire su questo versante. Ci vorranno un paio di
ore, come minimo."
"Ok. Voi due veniteci incontro. Passo e chiudo."
Il Kais vesa restituì il fucile a Laura e cominciò ad incamminarsi.
"E tu," le chiese "come ti chiami?"
"Io sono Laura Primis. Grazie ancora per prima."
"Figurati... Mi spiace per la spalla. Fatto male?"
"Sì, ma non importa. Meglio una spalla disarticolata che un volo di duecento
metri."
"Già... Senti: non è che avresti qualcosa da mangiare? Giro da una settimana, e
qui fuori non c'è niente di niente da mettere sotto i denti."
"Ho solo una barra di nutrienti... Se la vuoi prendila," gli rispose, porgendogliela.
"Ma ti avviso che è una schifezza."
Il Kais'vesa si tolse il casco per mangiare, e Laura fece involontariamente un salto
indietro. La sua faccia era uno sfacelo: la pelle si staccava a lembi, e quasi tutti i
capelli si erano staccati. Anche i denti stavano cadendo, uno dopo l'altro.
"Ma che cavolo...?" si chiese la ragazza.
"Non so cosa mi stia succedendo." Disse il Kais'vesa masticando "da qualche
giorno mi sento sempre peggio. Ogni tanto mi vengono degli attacchi di tosse, e
spesso sputo sangue e grumi. Non so quanto potrò andare avanti. Adesso
dobbiamo trovare un riparo. Sta calando la notte."
CAPITOLO OTTO: MISSIONE COMPIUTA.
La Callidus era in piedi davanti al tubo ospitante l'apotecario.
"Comandante Titus." Chiese "Come procedono le operazioni?"
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"Come previsto, Signora." Rispose il Kais'Vesa, dietro di lei. "Abbiamo conquistato
la fabbrica incontrando una resistenza tendente al nullo, ed abbiamo installato il
software da lei fornito nell'IA centrale. I remora hanno distrutto il ponte,
rallentando la colonna nemica ed infliggendo loro alcune perdite."
"Ottimo." Disse la dottoressa, distrattamente. Si rese conto che era giunta la resa
dei conti. Tirò un sospiro, e ordinò: "Libera tutti i prigionieri imperiali, prendi il
loro controllo, armali e mandali contro il nemico. Quando non ci sarà più bisogno
degli scienziati, eliminali. Prendi il controllo e cerca di infliggere quanti più danni
possibile alla colonna nemica. Ed ora uccidimi, e butta il mio corpo insieme a
quello dei guardiani e degli scienziati."
Senza esitazioni, il Kais'vesa estrasse il crucis, lo puntò alla nuca della Callidus, e
premette il grilletto.
Nessuno avrebbe mai scoperto la vera causa della rivolta: semplicemente, i
Kais'vesa erano potenzialmente pericolosi per i loro alleati, e probabilmente
sarebbe stato meglio sospendere il progetto.
Rinfoderando la pistola mitragliatrice, Titus mandò parlò nel comunicatore: "S0201: tieniti pronto."
Era un'ora che andavano ava nti a passo di marcia. A la'dos, guerriero del fuoco
semplice, il suono degli stivali che affondavano nella neve era ormai diventato
familiare. Passo dopo passo, sempre lo stesso rumore.
Frush.
Frush.
Frush.
Tong.
Incuriosito, guardò a terra. C'era qualcosa di metallico sotto la neve. Incuriosito,
usò uno zoccolo per portare l'oggetto alla luce. Aveva una forma rotonda, un
metro di diametro. Sembrava quasi...
Una dozzina di droni saltarono fuori dalla neve, sbattendo a terra chiunque fosse
sopra di loro al momento dell'emersione, e cominciarono a far fuoco con le
carabine ad impulsi.
Reef fu colto di sorpresa: un drone emerse di fianco a lui, e subito un colpo
raggiunse la crisis alla spalla. L'impulso, pur non riuscendo a perforare la spessa
corazza, collise con l'armatura da combattimento, facendola quasi cadere.
Si girò verso destra, sparando con il fucile al plasma, ed il drone crollò al suolo,
fuso per metà. Un razzo partì da sopra l'armatura, centrando un secondo droide
intento a falciare dei guerrieri del fuoco, e facendolo esplodere.
"Possibile che chi aveva progettato quell'imboscata," pensò Reef "non avesse
pensato alla fanteria pesante?"
La risposta gli arrivò quasi alla velocità della luce. Reef si ritrovò schiena a terra
ancor prima di sentir lo sparo.
Stordito, realizzò che c'era un buco di due dita in un angolo del display che
rivestiva l'interno dell'armatura da combattimento. Reef girò la testa, e urlò di
dolore: ruotando il capo, aveva toccato con la fronte il proiettile di adamantio
117
lungo una spanna, infilato nel sedile, a qualche centimetro dalla sua testa.
"Ui'Reef! Stai bene?" Disse la voce di Misha nell'altoparlante della radio.
"Sì, ma mi hanno abbattuto! C'è un cecchino armato di fucile a rotaia! Deve
essere appostato sul versante della montagna."
"Ricevuto. Resta lì, non muoverti."
"E chi ci riesce?" Chiese Reef, sarcastico. "Armatura: avviare diagnostica danni."
Nel caos generale, delle ombre si avvicinavano furtive alla colonna, fluttuando a
mezz'aria, coperte da un campo stealth. Misha ne inquadrò una, quando ormai
erano a pochi metri dalle fila tau. Erano dei droni, ma erano privi delle carabine
dei droni arma, dei traccianti dei tracciatori, e dello generatore dei droni scudo.
"Uomini! Attenzio..."
I droni bomba detonarono, contemporaneamente, annientando le tre broadside,
spezzando una piastra gravitazionale dell'HammerHead e uccidendo un'intera
squadra di guerrieri del fuoco.
Misha distrusse un altro drone con il fucile al plasma, e poi si concentrò sul fianco
della montagna, per individuare il cecchino nascosto.
"Crisis: attivazione del sistema di puntamento."
- Una barra rossa comparve sul monitor, e cominciò a scorrere lungo il campo
visivo di Misha. Dopo pochi secondi ci fu un *bip*, e un triangolo rosso apparve,
ruotando, fino ad agganciarsi su un bersaglio.
"Ecco il bastardo." Disse il comandante tra sé e sé, mentre prendeva la mira il
cecchino. Improvvisamente, il mirino sparì. Il nemico doveva essere occultato, in
qualche modo, e continuava a muoversi, sparando contro le armature da
combattimento. Tre armature erano a terra. Due delle quali per sempre.
"Lancia Ardente" disse Brightmoon, rivolta all'HammerHead. "Le tue armi
funzionano?"
"Affermativo, ma non possiamo muoverci."
"Non importa. Voglio dei colpi di rotaia su quella parete. Uno ogni dieci gradi, un
radiante sopra l'orizzontale. Fuoco a volontà, fino al nuovo ordine."
Il cannone a rotaia tuonò, mentre i proiettili supersonici colpivano la montagna,
scavandovi dei profondi crateri.
Al sesto colpo, la roccia cedette. L'intera parete si staccò dal monte, e slittò verso
valle sgretolandosi, travolgendo qualsiasi cosa ci fosse sotto.
Finalmente i colpi fucile a rotaia cessarono, mentre calava improvvisamente la
notte.
Reef batteva i denti. La temperatura all'interno dell'armatura era calata
sensibilmente, a causa della falla. Sentì un boato, e vide una gigantesca frana
abbattersi rumorosamente al suolo, qualche decina di metri più in la.
Rapidamente, gli spari cessarono, e tutti i droni furono distrutti.
Misha si avvicinò a lui, e gli tese una mano. Reef la afferrò, e, spingendosi con i
motori, si tirò in piedi.
"Bilancio danni?" Gli chiese il comandante.
"Si-sistema di riscaldamento dan-danneggiato. Entra aria gelida, da fuori. Do 118
dobbiamo ta-tappare il buco, altrimenti morirò di freddo.
"Vedremo cosa si riesce a fare." Sbuffò Misha. Altro tempo perso.
CAPITOLO NOVE: NELLA NOTTE
La notte calò in pochi minuti. Laura e Fabius si erano accampati sotto uno
sperone di roccia, dove Laura posizionò il fornello termico d'emergenza. Era un
cilindro largo una spanna ed alto quattro dita, che, quando attivato, si estendeva
telescopicamente generando un intenso calore per circa sei ore.
"Quanto durerà la notte?" Si informò la ragazza.
"Non saprei... il sole potrebbe sorgere ora come tra un mes..." Il kais'vesa si
piegò in due, colpito da una fitta allo stomaco.
"Stai bene?" gli chiese Laura.
"Sì..." rispose Fabius ansante. "Ora va meglio."
"C'è qualcosa che posso fare? Ho un minimo di addestramento in pronto
soccorso."
"Hai degli antidolorifici? Prima potevo rompermi un ginocchio senza fiatare, ma
ultimamente... sento il dolore."
"Ho una sola fiala. Però è calibrata per un umano normale. Non so quanto possa
servirti."
"Non importa. Qualcosa farà." Prese in mano l'iniettore, e infilò l'ago nell'ugello
posto sotto l'ascella sinistra, direttamente in comunicazione con il sistema
circolatorio. "Va meglio. Se vuoi dormire faccio il primo turno di guardia." Propose
il Kais'vesa.
"No, grazie. Con questo freddo non riuscirei a chiudere occhio."
Fabius si irrigidì. "Zitta!" bisbigliò. Sul suo team-com, la funzione dell'armatura
che metteva in comunicazione i membri delle squadre di marine, erano comparsi
tre puntini.
I tre kais'vesa si immobilizzarono. Durante il giro di ricognizione non si
aspettavano di trovare ostili: il crollo del ponte doveva averli isolati, al momento.
Due puntini erano comparsi sui loro HUD, ed uno di essi era il soggetto F-1711.
"Comandante. Abbiamo trovato Fabius, e sembra essere in compagnia di un
nemico."
"I contatti sono solo due?"
"Apparentemente sì."
"Procedete."
"Affermativo."
Il fatto che loro potessero vedere Fabius, implicava che lui potesse vedere loro.
Uno dei kais'vesa vide apparire un'icona in cima al suo HUD: ora F-1711 stava
vedendo attraverso i suoi occhi.
Infatti il sistema di comunicazione, posto nello zaino, era collegato in wireless al
casco, e permetteva a qualsiasi alleato ne facesse richiesta di vedere cosa stesse
guardando il marine.
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Subito dopo, anche sui display degli altri due elmi, comparve la stessa icona.
Il caposquadra fece un cenno con la mano, ed i tre si collegarono al visore di
Fabius: comparve l'immagine di un esploratore tau che impugnava un fucile a
rotaia, appoggiato alla parete rocciosa sotto uno spuntone. Dall'angolo di visuale,
anche Fabius doveva essere lì sotto in agguato. Il team-com collocava la loro
posizione ad una cinquantina di metri più avanti.
Il trio avanzò agilmente, aprendosi a ventaglio per accerchiare i due nemici.
L'esploratore uscì dalla visuale di Fabius.
Un rumore di passi alle loro spalle. Tutti e tre si voltarono, appena in tempo per
vedere una figura massiccia spiccare un salto e colpire il kais'vesa posto al centro
del trio con un colpo di terminus. La spada colpì l'armatura potenziata all'altezza
del collo, ma la lama non penetrò la spessa corazza. Il marine, comunque, fu
sbattuto a terra, avvinghiato con il suo aggressore. Era Fabius: si era levato sia il
casco (che aveva posizionato in cima al braccio telescopico del fornello termico)
sia lo zaino. In questo modo, sia il sistema di comunicazione posto nello zaino, sia
il visore dell'elmo, collocavano, agli occhi dei kais'vesa, il loro nemico sotto lo
sperone roccioso.
Fabius atterrò sul marine, sollevò la spada e gliela piantò in gola, tra l'elmo e il
torace. Nello stesso istante, allargò lo scudo, per proteggersi dal fuoco del nemico
alla sua sinistra, che aprì il fuoco con il crucis. La raffica di energia, comunque,
stabilizzò F-1711, facendolo cadere a terra.
Proprio in quel momento, un colpo di fucile a rotaia attraversò da parte a parte il
torace del terzo kais'vesa, che, dopo un lungo secondo, crollò a faccia in giù nella
neve. Un secondo colpo mancò di poco l'ultimo dei nemici, che si buttò a terra,
per sottrarsi al fuoco del cecchino. Fabius si alzò in piedi, ed, estraendo il crucis,
lo puntò verso il kais'vesa. Una spada attraversò l'aria, e gli colpì la pistola
mitragliatrice, facendogliela partire di mano.
Fabius, paratosi con lo scudo, caricò il marine, che all'ultimo momento saltò in
piedi, colpendolo con un pugno in pieno volto. Il colpo arrestò l'avanzata di Fabius
(che al momento dell'impatto non indossava l'elmo), facendolo barcollare
all'indietro. Riuscì comunque ad evitare un secondo colpo, e ad afferrare il braccio
del nemico, immobilizzandoglielo, mentre sollevava la terminus. Una fitta lo colpì
al petto, facendogli mollare la presa sull'arma, e mandandolo a terra, piegato in
due. Il nemico colse l'occasione al volo: impugnò la crucis, e la puntò alla testa
del nemi co.
Il proiettile anticarro del fucile a rotaia gli attraversò la testa a velocità sub-luce,
facendola scoppiare. Laura, riposta l'arma nella fondina, accorse verso Fabius,
portandogli l'elmo e lo zaino. Mentre il kais'vesa li indossava, Laura studiò
l'aspetto dei cadaveri: ad una prima analisi, non sembravano essere nelle stesse
condizioni del soggetto F-1711, ma, guardando meglio, c'erano delle emorragie
petecchiali (agli occhi), la pelle si stava squamando, e i capelli si stavano
imbiancando.
"Quando eri insieme agli altri" chiese a Fabius, una volata ritornati al rifugio
"prendevi qualche tipo di farmaco?"
120
"No. Niente di simile."
"E mangiavi qualcosa di paricolare?"
"Questo sì. Ci davano da mangiare sempre la stessa cosa."
"Credo che sia quella a perme ttere ai tuoi... compagni, di conservarsi meglio di
te. Deve contenere qualche tipo di farmaco anti-rigetto."
"Sarà il caso di trovarne un po' in fretta. Credo di aver avuto un infarto, prima."
CAPITOLO DIECI: L'ALBA DI UN NUOVO GIORNO
Successe all'improvviso: il vento calò all'improvviso, lasciando depositare al suolo
la neve; un bagliore si accese all'orizzonte, ed il sole cominciò lentamente a
sorgere con una bizzarra angolatura, accendendo il cielo di un rosso sanguigno.
Era una splendida alba.
La visibilità aumentò notevolmente, permettendo alle forze tau di scorgere il loro
obiettivo: un complesso di edifici, tutti di forma semisferica, ma di grandezza
variabile: era la fabbrica dei droni.
Lo stabilimento, completamente automatizzato, produceva centinaia di robot al
giorno, se adeguatamente rifornita di materiale. Le materie prime, però, non
arrivavano da quando era cominciato l'incidente, e le loro scorte erano quasi
finite.
"Scommetto il culo che ci aspetta un'imboscata." Osservò Reef, guardando il
vasto spazio aperto che circondava i palazzi.
"Effettivamente" concordò Misha "le possibilità sarebbero veramente molto
elevate. Gli eterei solo sanno quanti droni possono esserci qui intorno, nascosti
sotto la neve. Però, come puoi osservare, il vento è calato notevolmente.
Preparati al decollo. Colpiremo da sopra."
Laura si svegliò di soprassalto, quando la luce del sole la illuminò: non si era resa
conto di essersi addormentata, appoggiata con la schiena contro quella di Fabius.
"Come stai?" Gli chiese sbadigliando.
"Non...molto... bene." Rispose a stento il Kais'vesa.
"Dobbiamo mettere le mani su quei farmaci. Sai da dove potremmo penetrare
all'interno della struttura da qui?"
"Sì... C'è un tunnel... Poco distante. Ma forse... è .... troppo tardi..."
"L'unico modo è tentare. E' giorno, e possiamo muoverci in fretta. Sù, in piedi.
Non ti faccio morire così."
La marcia procedette spedita, ed in un quarto d'ora avevano raggiunsero
l'obiettivo: un cilindro si alzava dalla neve, ergendosi per un paio di metri. Una
scaletta portava alla cima, sulla quale si apriva una botola.
"Accesso... Servizio... Laboratori... sotterranei." Biascicò Fabius.
"Ok: riesci ad aprir..."
Il kais'vesa afferrò il portello e lo sradicò. Nonostante la malattia, la sua forza
restava straordinaria.
121
Delle altre scale a pioli permettevano di scendere per una ventina di metri, dove
sbucarono in uno stretto corridoio semibuio.
"Di qua..." Indicò Fabius.
"Non ci sono sistemi di allarme?"
"No... Chi... vuoi... Che possa... venire da... fuori...?"
Proseguirono per qualche decina di metri, prima di sbucare in un tunnel più
ampio, e successivamente in una stanza piena di lettini. Non un'anima viva.
Doveva essere l'infermeria. Laura esaminò il grosso armadio dei medicinali, digitò
"rigetto" nella tastiera integrata, e una luce illuminò una fila di prodotti. La
ragazza ne scelse uno, e lo porse a Fabius, che ingoiò due grosse compresse.
"Sdraiati su un lettino per un po'. Il farmaco deve fare effetto." Propose Laura. "Io
sto di guardia."
"Va...bene." Annuì il kais'vesa, obbedendo. Si addormentò quasi subito.
Era passata quasi mezz'ora, quando Laura sentì un lieve ronzio. Si avvicinò
lentamente alla porta, e la aprì, sbirciando fuori, con il fucile a rotaia spianato.
A destra, non c'era niente.
A sinistra, neanche.
Si ritrovò a guardare nell'unico occhio il drone arma, calato dall'alto.
Laura poteva quasi raffigurarsi i condensatori che si caricavano per far fuoco con
le carabine. Si mise di traverso, buttandosi il più vicino possibile a lui: ci fu un
boato, quando le carabine fecero fuoco. I due impulsi al plasma partirono dai
fucili, passarono ai lati della ragazza, e colpirono la parete opposta, lasciando due
chiazze bruciate dove l'avevano colpita. Laura si buttò sotto il drone, sollevando il
fucile per sparargli, ma il robot calò violentemente a terra, colpendola duramente
e schiacciandola al suolo, per poi risollevarsi a mezz'aria, mettendosi in posizione
da fuoco.
L'esploratrice fu veloce a reagire: rotolò sul fianco, evitando altri due colpi, e si
aggrappò a una delle carabine del robot, per poi darle uno strattone, facendo
sbattere il drone contro la parete. Il drone cercò di sollevarsi più in alto, per
divincolarsi, ma il peso era eccessivo.
Il fucile a rotaia giaceva a meno di un metro da lei, a terra. Laura si allungò il più
possibile, cercando di avvicinarlo con una gamba, tenendo nel contempo il drone,
impedendogli di sparare. Niente da fare, era troppo lontano.
La ragazza fece sbattere ancora il drone contro la parete, mollò la presa, e si
buttò verso il fucile, afferrandolo, voltandosi, e facendo fuoco. Il drone si era
appena voltato verso di lei, e stava anch'egli per sparare, quando il proiettile
corazzato lo trapassò da parte a parte, facendolo cadere al suolo, distrutto.
Laura tirò un sospiro di sollievo, rimettendosi in piedi...
prima di vedere altri due droni girare l'angolo, e dirigersi verso di lei.
Si voltò, considerando la fuga come opzione, solo per scorgerne altrettanti dalla
parte opposta del corridoio.
Mirini laser partirono dagli occhi dei droni, e conversero su di lei.
I fucili cominciarono ad illuminarsi.
I quattro droni crollarono a terra, immobili.
122
La scritta comparve sull'HUD di Misha: <UPLOAD DEL FILE: COMPLETATO>
"Fatto!" Esclamò, mentre i droni rimasti nelle vicinanze si disattivarono all'istante,
seguendo le istruzioni inviate dal terminale principale della fabbrica.
Reef lasciò cadere il coperchio del drone che stava usando come scudo mentre
respingeva i robot, permettendo allo Shas'O di inserire il File nel sistema della
fabbrica.
"Cavolo..." sospirò l'umano. "C'è voluta un'eternità! E ora?"
"Dobbiamo raggiungere i laboratori, e porre fine a questa follia."
CAPITOLO 12: ALTA VELOCITA
"Ora che sono senza droni, dovrebbe essere tutto più facile." Disse Reef "Credo
sia meglio muoverci: proprio li c'è l'imbocco della ferrovia sotterranea che ci
condurrà al centro di rieducazione."
"Aspetta." Lo fermò Misha. "Visto che il tempo è migliorato, ho chiamato i rinforzi.
Arriveranno tra mezz'ora. Meglio aspettarli qui."
"Ma Laura è ancora la fuori!" Ribatté Antonio "Non sappiamo in che condizioni sia:
dobbiamo fare il prima possibile! Potrebbe non avere mezz'ora a disposizione."
"Ascoltami:" disse Brightmoon, pacata. "La'Laura è anche amica mia, ma non
possiamo farci ammazzare in due, mandando a monte la missione, perchè forse è
in pericolo. Sii razionale."
"Razionale un c?zzo! Ci sono la mia compagna e mio figlio in gioco! Niente viene
prima di loro!"
"Il Bene Superiore viene prima di tutto."
"LORO, sono il MIO Bene Superiore! Ascolta, Shas'O." Disse Reef, voltandosi
verso l'imbocco del tunnel: "Io adesso vado. Tu cerca di fare il prima possibile. A
tra poco, comandante."
"Fermo!" Urlò BrightMoon "Oppure..."
"Oppure?" Chiese ironico Antonio.
"Oppure... 'Fanculo. Vai, ma cerca di non farti ammazzare. Che gli eterei veglino
su di te."
"Grazie, Misha."
"Non ringraziarmi. Non credo di starti facendo un favore, dopotutto."
L'armatura da combattimento arrivò alla banchina della ferrovia sotterranea. Due
treni a levitazione magnetica collegavano la colonia penale alla fabbrica, in modo
da poter rifornire il carcere con facilità, anche in condizioni di maltempo.
C'era un solo treno (costituito da tre lunghi vagoni piatti, simili a chiatte, mezze
piene di casse di ogni tipo) in stazione: l'altro doveva essere al campo di
rieducazione. Reef montò sulla prima carrozza ed, in pochi secondi, interfacciò la
sua armatura da combattimento alla locomotiva, accendendo la rotaia e facendo
partire il convoglio. Il treno accelerò rapidamente, fino a sfrecciare a duecento
chilometri l'ora verso l'obiettivo.Ci sarebbe voluto un bel po': mezz'ora, minimo.
123
Una luce comparve nel tunnel, in lontananza. Reef ingrandì l'immagine: era il
secondo treno, fermo sull'altro binario. Delle figure si muovevano freneticamente,
sopra di esso. Quella, probabilmente, sarebbe stata una mezz'ora molto intensa.
Il secondo treno cominciò ad accelerare, muovendosi nella stessa direzione del
primo, fino a muoversi poco più lentamente, in modo da farsi affiancare. Sui
vagoni, tra le casse, ci dovevano essere almeno una decina di uomini, tutti vestiti
con la stessa divisa azzurra. Galeotti. Ex soldati pronti a vendicare i mesi di
reclusione sul primo capitato. "Io, nella fattispecie." pensò Reef, mestamente.
Alcuni di loro impugnavano fucili ad impulsi, mentre altri semplici spade, prese
probabilmente dal deposito delle armi sequestrate ai prigionieri.Non appena
furono abbastanza vicini, i carcerati aprirono il fuoco. I colpi di fucile ad impulsi
solcarono l'aria, colpendo i contenitori dietro i quali si riparava Reef, aprendovi
buchi grandi come angurie. Antonio rimpianse di non avere con se un cannone a
raffica, decisamente più adatto a bersagli multipli e poco corazzati come quelli.
Scattò allo scoperto, nello spazio tra due casse, sparando due colpi di lanciarazzi:
i due proiettili autopropellenti solcarono l'aria, ed uno di essi colpì uno dei
fucilieri, esplodendo e scagliando i suoi pezzi per tutto il vagone. Alcuni dei nemici
si buttarono a terra, scossi da quanto successo al loro compagno, e Reef ne
approfittò, accendendo lo zaino a reazione per portarsi sul loro stesso vagone: il
loro fuoco poteva essere molto pericoloso, ma, in tutti quegli anni di servizio, il
gue'vesa aveva imparato che un'armatura da combattimento XV8 fa molta
impressione da vicino: una crisis da lontano può farti paura per le sue armi da
fuoco, ma da vicino terrorizza vedere un gigante corazzato altro tre metri e
mezzo sollevare un tuo commilitone per poi schiacciarlo con un pugno.
Era appena atterrato, quando un soldato nemico si sporse da una cassa,
sparandogli con il fucile ad impulsi in pieno petto. Il colpo fece perdere l'equilibrio
a Reef, spingendolo sul ciglio del vagone. Appena sotto, le rotaie sfrecciavano a
duecento chilometri per ora. Con un colpo di retrorazzi, il gue'vesa riguadagnò
stabilità, sparando una raffica di plasma al suo aggressore, che sublimò dal torso
in su. Cinque uomini stanchi, provati dai mesi passati nel campo di rieducazione,
gli saltarono addosso, aspettandosi di ritrovarsi a combattere in corpo a corpo con
un tau inesperto. Reef, però, dopo aver combattuto per anni nella guardi
imperiale, sapeva il fatto suo nelle mischie.
Un carcerato gli sferrò una spadata a catena mirata alla gamba, ma il nemico,
invece di cercare di evitare il colpo, mosse l'arto in modo da subirlo con la
maggior forza possibile. La lama affondò per mezzo centimetro nella gamba, ma il
contraccolpo fu durissimo, ed il galeotto mollò istintivamente la presa. Con un
manrovescio Reef gli ruppe la testa, mentre un secondo prigioniero gli si
arrampicava sulla schiena, usando la spada a catena come una sega a motore,
per cercare di decapitare la crisis.
Al momento, però, il pericolo più impellente era un terzo nemico, probabilmente
un ex commissario che, indossando un maglio, si avvicinava risoluto. Reef cercò
di allontanarsi da lui: un colpo di quell'arma poteva facilmente trapassare la
124
corazza ed affondargli nel petto. Quello vero, però. Un carcerato si aggrappò al
fucile al plasma, martellandolo di spadate. Reef fece fuoco, e il fucile raggiunse i
cinquemila gradi, facendo crollare a terra l'aggressore, urlante per le ustioni
riportate alle braccia, quasi carbonizzate, prima che la crisis lo schiacciasse sotto
due tonnellate di noncuranza. L'ex commissario caricò, ma Reef scartò di lato,
evitando il lento colpo di maglio. L'aggressore sferrò un potente pugno, con il
guantone sfrigolante di energia. Il visore dell'armatura si spense per una frazione
di secondo, per poi riaccendersi: il nemico aggrappato alle sue spalle doveva aver
toccato un circuito. Antonio scartò all'indietro, urtando con la schiena un pesante
container: ci fu un rumoroso scricchiolio. Preoccupato dalla possibile causa di quel
suono, controllò rapidamente lo stato dell'armatura, ma non vi erano ulteriori
danni.
Poi capì. Con una smorfia, si rese conto che avrebbe dovuto lavare per bene il
dietro dell'armatura, una volta terminata la missione.
Il commissario fece un affondo, mirando al torace. Reef fu, ancora una volta, più
rapido: riuscì ad afferrare il polso del nemico, stritolandolo con tutte le sue forze
e scagliandolo giù dal treno.
Il quinto aggressore lasciò cadere la spada a catena ed alzò le mani.I colpi di
fucile ad impulsi cominciarono a piovere verso Reef: i galeotti armati avevano
ricominciato a sparare dall'altro vagone.
Reef si buttò in copertura, dietro a delle robuste casse, e si interfacciò in wireless
con il secondo treno. Fu piuttosto semplice sganciare l'ultimo vagone, lasciando i
suoi nemici soli in mezzo alla galleria.
"Tu!" Disse con voce truce il gue'vesa, indicando il nemico rimasto. "Noi due
dobbiamo parlare."
"Non ho niente da dirti, Xeno!"
Reef lo afferrò per l'uniforme, sollevandolo fino a poterlo guardare in faccia.
"Primo: non sono uno Xeno. Secondo: hai molto da dirmi. " disse sbattendolo per
terra, afferrandogli un piede, e tenendolo sospeso a qualche spanna dalle rotaie.
"Prima di tutto: chi sei?""Sono un servo dell'Imperatore!"
"Che fantasia... Chi ti ha liberato?"
"Non sono affari..." Le rotaie si avvicinarono ancora di più
"SONO affari miei."
"Non lo so. Erano dei grossi soldati, in grosse armature."
"Quanti?"
"Ne ho visti solo tre."
"Va bene: questa è la domanda più importante, dato che mi riguarda molto
personalmente: hai visto una donna, umana, vestita da esploratore tau?"
"Non ho visto nessuna cagna traditri..."
La testa del prigioniero urtò il pavimento, e, ad una simile velocità, fu come se
fosse stata colpita da una cannonata. Reef lasciò andare il corpo del nemico,
felice che Laura non fosse stata scoperta.
125
CAPITOLO TREDICI: DECADENZA
Titus era assorto nelle sue riflessioni, quando un kais'vesa lo interruppe:
"Signore: la situazione si aggrava. Abbiamo perso la fabbrica dei droni, e i nostri
fratelli in grado di operare si riducono sempre più di numero."
Il comandante stette un attimo in silenzio, con gli occhi chiusi. "Abbiamo i risultati
delle analisi?"
"Sissignore: su cinquanta soggetti, trentasei non sono in grado di operare, a
causa del rigetto; dieci resisteranno per ancora qualche settimana, con le
adeguate dosi di farmaci, e quattro sono completamente sani. Senza contare le
perdite dovute a fattori esterni."
"Qual'è il bilancio completo?"
"Lei, comandante, è l'unico soggetto completamente sano rimasto. Io ed altri tre
facciamo parte del secondo gruppo, ma le assicuro che combatteremo con tutte le
nostre forze fino a quando sarà richiesto dal Bene Superiore. Il soggetto F-1711
durerà per qualche settimana ancora. Gli altri sono morti in missione contro gli
aggresso ri. Un rapporto indica che abbiamo perso i contatti con la squadra di ex
detenuti all'interno della ferrovia: sembrerebbe ci sia un'armatura da
combattimento diretta qui. Prendo degli uomini e vado ad occuparmene,
signore?"
"No, fratello. Vado io. Voi organizzate gli ex carcerati e asserragliatevi qui, in
attesa del mio ritorno. Eliminerò la minaccia di persona."
Il treno rallentò, per poi fermarsi ad una stazione simile a quella da dove era
partito. Reef saltò giù dal vagone, sfondando con un razzo una grossa saracinesca
che portava all'esterno. Si trovò in quello che sembrava un deposito di container,
all'interno di una cinta di mura: doveva essere il centro di rieducazione. Ora
doveva solo trovare Laura. Avanzò a passo spedito, cercando di orientarsi tra le
grosse casse. Era un vero e proprio labirinto: certo, avrebbe potuto usare lo zaino
a reazione, ma avrebbe di certo attirato attenzioni indesiderate, oltre a ritrovarsi
senza un riparo. L'occhio gli cadde su un container, che recava la scritta
"all'inceneritore": secondo gli scanner dell'armatura da combattimento, dalla
porta socchiusa fuoriuscivano diversi gas, tra i quali metano, potassio e
magnesio. Una miscela che riconosceva bene. Si avvicinò alla grossa cassa, e,
aprendola, vi guardò dentro: all'interno, ammucchiati l'uno sull'altro, vi erano
almeno un centinaio di cadaveri umani in decomposizione.
Le cause della morte erano, nella maggior parte dei casi, evidenti: moltissimi
corpi avevano il torace e l'addome aperti. Ad altri mancavano gli occhi, o altri arti.
Quegli uomini erano morti sotto i ferri, per poi essere buttati via dai dottori, senza
che neanche si prendessero il disturbo di richiudere le incisioni.
Lo sguardo di Reef cadde su un particolare che lo fece barcollare all'indietro,
inorridito, e dovette appoggiarsi ad un container per non cadere: la mano di uno
degli uomini aveva lasciato cinque graffi, dove le sue unghie avevano grattato il
metallo. Alcuni di loro dovevano essere ancora vivi, quando erano stati
ammucchiati in quella specie di fossa comune, per essere inceneriti come rifiuti.
126
Reef era allibito: questo erano gli umani per i tau? Cavie per i loro esperimenti?
Quello avrebbe dovuto essere un centro di rieducazione? Che genere di
rieducazione era quella?
Quasi non si accorse dell'ombra stava piombando su di lui dall'alto.
CAPITOLO QUATTORDICI: EMERGENCY
Reef si spostò un attimo prima che il gigantesco maglio potenziato lo potesse
colpire, e si girò a fronteggiare la minaccia, puntando il fucile al plasma e
sparando al nemico.
Il colpo iper-riscaldato venne esplose ad una spanna dall'armatura da
combattimento, annullato dallo scudo protettivo. Antonio, in quattro anni passati
con i tau, aveva visto corazze di ogni tipo, ma questa non assomigliava a nessuna
delle altre: era gigantesca, una volta e mezzo la crisis di Reef. La caratteristica
più peculiare erano sicuramente le quattro zampe sulle quali poggiava, ognuna
delle quali dotata di un propulsore indipendente, necessario per aiutare lo zaino a
reazione principale a sollevare l'enorme peso della XV982-Emergency.
Il nemico mosse un passo in avanti, e le canne poste sul suo braccio destro
cominciarono a girare sempre più velocemente: Reef spiccò il volo, sorvolando
l'armatura e portandosi fuori dal suo arco di tiro, appena prima che, con un
rumore assordante, una mezza dozzina di proiettili facesse a pezzi il container
davanti al quale si era trovato. Reef, atterrato su una cassa, sparò una raffica di
plasma nella schiena dell'Emergency, fondendo le piastre d'iridio che la
ricoprivano, ma senza causare grossi danni, prima di tuffarsi al riparo di un'altra
cassa.
L'armatura nemica era incredibilmente resistente, ma era molto più lenta della
sua XV8: Antonio sapeva di doversi affidare a quel suo unico suo vantaggio per
poter pre valere.
La sua riflessione venne interrotta quando la parete del container esplose,
sfondata da un maglio grosso come un bambino di dieci anni, che dal palmo
bucato eruttò una fiammata che sfiorò la crisis, appiccando il fuoco al suo braccio
sinistro. Reef balzò indietro, mentre l'Emergency irrompeva attraverso la cassa
squarciata. Dall'unico occhio della grossa corazza partì un raggio a bassa
intensità, che illuminò la crisis di una luce impalpabile. Solo allora Antonio notò i
due grossi missili posti sul le spalle del nemico. Bestemmiando gli eterei Reef si
guardò intorno, alla ricerca di un riparo, senza però trovarne.
L'ogiva di uno dei due ordigni si accese, brillando di luce rossa, mentre la crisis
fece fuoco verso di esso con tutte le sue armi: uno dei razzi sparati dall'XV8
esplose contro il missile a ricerca proprio mentre questo stava partendo,
danneggiandone il sistema di puntamento e facendolo partire in aria con una
traiettoria a spirale. Gli altri colpi centrarono il nemico: il secondo dei razzi colpì lo
scudo, che, dopo l'impatto con il primo dei due colpi di plasma, perse potenza. La
seconda scarica di gas ionizzato colpì l'XV982 in petto, facendola vacillare,
permettendo così al pilota della crisis di trovarsi un nuovo riparo nel labirinto di
127
contenitori.
Reef scavalcò una cassa, per ritrovarsi di fronte un gigante in armatura
potenziata. Spiazzato, Antonio cercò goffamente di colpirlo con un pugno, ma il
kais'vesa fu più veloce, e, dopo una rapida schivata, estrasse la spada e la calò
con forza sul polso dell'armatura da combattimento. Una potente scarica elettrica
attraversò il braccio, che smise momentaneamente di rispondere ai comandi del
pilota, stendendosi lungo il fianco.
"Tony?" urlò una voce. "fermo Fabius! E' un nostro alleato!"
Laura, sbucata da dietro un angolo, aveva appena finito di pronunciare la frase,
quando il comandante Titus, dopo aver spiccato il decollo, atterrò pesantemente
sulla cassa alle spalle di Reef, sparando una sventagliata di mitragliatrice verso i
tre.
Reef si frappose tra Laura ed il nemico, senza che però i colpi lo raggiungessero.
Fabius non fu così fortunato: un proiettile di adamantio lo colpì al ginocchio,
facendolo crollare a terra, privato di metà della gamba sinistra.
Il comandante Titus scese pesantemente dalla cassa schiacciata, e sollevò il
lanciafiamme pesante verso il kais'vesa ferito, e la mitragliatrice verso i due
umani.
Reef, sempre coprendo Laura con l'armatura da combattimento, si voltò,
fronteggiando il nemico con il fucile al plasma spianato.
Numerose esplosioni risuonarono in tutto il complesso. Tutti e quattro sollevarono
gli occhi al cielo, quando un Manta li sorvolò rombando, ma Titus fu il primo a
riabbassarli e... La crisis gli atterrò praticamente sopra, sparandogli alle spalle già
danneggiate con il suo lanciarazzi.
Misha spiccò un salto all'indietro, evitando il manrovescio dell'Emergency, e
sparandogli alla giuntura di una delle gambe col fucile al plasma, deformandola,
pur senza riuscire a staccarla.
La mitragliatrice a rotaia del kais'vesa, però, aveva già cominciato a girare da
qualche secondo, e tre colpi centrarono lo Shas'O: due vennero deviati dallo
scudo, ma il terzo colpì l'armatura in pieno petto, sfiorando il pilota e
costringendolo a ritirarsi momentaneamente per eseguire un bilancio dei danni.
"Insistete sulla schiena!" Ordinò Misha, ritirandosi momentaneamente dietro una
cassa "Ha già subito danni!"
Titus, però, fu veloce a rigirarsi, e si diresse verso Reef e Laura sparando
all'impazzata e costringendoli ad una fuga scomposta.
La mitragliatrice tuonava, e, pur essendo i sistemi di mira danneggiati, i colpi
molto imprecisi, era solo questione di tempo prima che uno andasse a segno.
Avanzando, il comandante dei kais'vesa, passò davanti alla forma immobile di
Fabius: i sensori dicevano che era vivo, ma non sembrava rappresentare un
problema. Da quando era stato colpito non si era più mosso, aspettando il
momento propizio. Ed il momento arrivò, quando il gigantesco maglio passò sopra
il marine atterrato.
Fabius scattò a sedere, sollevò il crucis, e scaricò un intero caricatore contro:
parecchi colpi entrarono nel grosso condotto del lanciafiamme. Uno in particolare
128
penetrò per tutta la lunghezza dell'avambraccio, ed, impattando contro l'interno
del gomito piegato, esplose in una scarica di energia. Grossa scintilla dell'impulso
di plasma colpì l'erogatore del carburante, danneggiandolo.
Per un secondo si udì un sibilo, prima che l'esplosione del serbatoio staccasse
l'intero braccio sinistro dell'Emergency. Il maglio volò in aria, roteando, per poi
cadere a mezzo metro da Fabius, che era rotolato via appena prima della
deflagrazione. L'XV982 cadde a terra, sbilanciata dall'esplosione. Subito puntò le
zampe, per rialzarsi, mostrando così a Laura il secondo dei missili a ricerca:
l'esploratrice puntò il fucile a rotaia, e sparò. Il proiettile trapassò il missile...
senza sortire gli effetti sperati: un missile a ricerca non innescato è pericoloso
quanto un piatto di spaghetti. Titus riuscì a riprendere l'equilibrio, e soll evò una
zampa per schiacciare una volta per tutte quello che era stato uno dei suoi
soldati.
Misha sbucò da dietro un container, arrivò quasi a toccare la spalla monca del
nemico con il fucile al plasma, e fece fuoco. Il gas ionizzato si fece strada
attraverso l'armatura indebolita, raggiungendo il pilota; se il primo colpo non fu
fatale, lo fu il secondo, e l'Emergency crollò sul fianco, priva di vita.
Per qualche secondo ci fu il silenzio.
"Certo che al giorno d'oggi le armature da combattimento le danno a cani e
porci..." Proruppe Misha con una risata liberatoria.
I rinforzi tau erano arrivati in grande quantità, e la rivolta carceraria stava
rapidamente volgendo al termine.
Misha offrì una mano a Fabius, tirandolo in piedi: "Il bene superiore ti deve molto.
Grazie." gli disse.
"Esisto per servirlo." Rispose questi, con un mezzo sorriso. "Letteralmente, potrei
dire."
"Già... Aspetta. Ricevo una chiamata. Sì? Oh... Etereo Aun'Vaal. E' un onore per
me sentire la sua voce."
Ci fu un secondo di pausa, ment re il comandante tau stava in ascolto.
"Sì" rispose "Tutti i Kais'Vesa sono stati eliminati, altezza."
Altro silenzio. Quando la Shas'O riprese a parlare il suo tono di voce si era fatto
molto più cupo.
"No, ma... Signore? ... Saprà, eccellenza, che lui è... Sì. Certo. Eseguo subito,
signore."
Misha lasciò cadere a terra il kais'vesa e, sotto lo sguardo di tre paia di occhi
esterrefatti, lo incenerì con due rapidi colpi di fucile al plasma.
CAPITOLO QUINDICI: L'OBBEDIENZA PRIMA DI TUTTO
"Ma che c? zzo fai!?" Esplose Laura, dopo qualche secondo di silenzio sbalordito
"Era un nostro alleato!"
"Mi... Dispiace, ma ho eseguito gli ordini diretti di un etereo." replicò Misha, a
mezza voce.
129
"Sei uno Shas'O, cazzo! Sei tu che dai gli ordini!" Replicò Reef, infuriato.
"Gli eterei ci dirigono. La loro parola è legge, in quanto sono gli unici a possedere
la saggezza necessaria a mandare avanti l'Impero." Rispose Misha.
"Sicuramente... Aun'Vaal avrà avuto motivi seri per volere morto quel soldato."
"Ah sì?" Chiese Laura, stizzita "E quali, per esempio?"
"Non... Non lo so. Io obbedisco solo agli ordini." Ammise la Shas'O.
"E se gli ordini fossero stati di uccidere ME, cosa avresti fatto?" Insistette Reef,
sempre più scosso.
Misha sembrò irrigidirsi. "Io... Io..." Evidentemente era stata colta alla sprovvista,
ma subito riuscì a ricomporsi. "Adesso basta! Gli ordini sono ordini, e, inoltre, non
mi sembra di essere tenuta a rispondere delle mia azioni davanti a voi. Si torna
alla nave. Ora." Detto questo, il comandante si girò e si avviò verso l'Orca
atterrata lì vicino.
Fu un lungo viaggio fino a Sky'rrel Minoris, e Reef e Laura lo passarono
intensamente. Il loro legame, dopo la separazione avvenuta durante la missione,
si era molto rafforzato.
Misha, invece, lo passò rinchiusa nei suoi alloggi, senza incontrare praticamente
nessuno. Una volta arrivati a casa, Antonio e Laura ufficializzarono il loro
rapporto, acquisendo così diritto ad un alloggio civile, esterno alle caserme.
Inoltre, essendo Reef uno Shas'ui, aveva qualche beneficio economico in più
rispetto a un normale soldato: il risultato fu una bella villa nel quartiere
residenziale di periferia, immerso nel verde di un parco. Mai e poi mai Antonio si
sarebbe aspettato di avere una simile casa: una reggia, per un sergente della
guardia imperiale.
Non vide più la Shas'O fino ad una calda serata estiva, un mese dopo il ritorno a
casa.
Aveva appena finito di mangiare una delle atroci cene preparate da Laura (da
quanto ne aveva capito Reef, sembrava brodo alla colla), quando qualcuno bussò.
"Ciao." Salutò Misha, non appena si aprì la porta. Aveva un'espressione strana.
"Ti va di fare un giro?" gli chiese.
Reef era perplesso: il suo comandante lo stava invitando ad una passeggiata,
dopo che per un mese non si erano vi sti.
"Sì, va bene." Confermò lui. "Mi vesto ed arrivo."
"Dove vai?" gli chiese Laura, vedendolo vestirsi.
"Esco con una donna." Ammiccò lui. "Ciao!"
Era una splendida serata. Le due lune erano entrambe pienamente visibili. Per
quasi dieci minuti nessuno disse niente, e Reef cercò di rompere il ghiaccio:
"Volevi dirmi qualcosa?"
Misha annuì, sedendosi su una panca. "Sì. Reef. Dopo quel giorno che ho litigato
con Krokgard non è stata più come prima tra noi due. Ora tu sei il mio migliore
amico. O forse lo eri. Ma devo confidarmi con qualcuno, e tu sei l'unico. Ti va di
ascoltarmi?"
"Sì... Certo." Balbettò lui.
130
"Ti ricordi quando quel giorno mi hai chiesto se, nel caso me lo avessero ordinato,
ti avrei ucciso?"
"Certo... Come dimenticarlo?"
"Appunto. Beh, ci ho pensato molto a lungo, e sono giunta ad una conclusione
che mi tormenta."
"Cioè che mi uccideresti?" chiese Reef, amareggiato.
"Non hai capito! E' proprio l'opposto! Il fatto che mi ha scioccata è proprio il fatto
che probabilmente avrei disobbedito ad un ordine!"
Reef vide che Misha stava piangendo (curioso come sia tau sia umani piangessero
allo stesso modo)
"Non merito i miei gradi. Dovrei morire piuttosto che disobbedire ad un etereo! Io
credo nel Bene Superiore, e morirei per Esso... Credo negli eterei: sono gli unici a
poterci guidare verso il nostro destino. Però... Quando mi hanno fatto uccidere il
Kais'Vesa, ho capito che... Non so come esprimermi."
"Misha: ascoltami. Hai fatto la cosa giusta."
Misha guardò Reef proseguire, stupita. "Niente viene prima del Bene Superiore,
ma è normale avere qualche dubbio. E poi, gli eterei non ti ordinerebbero mai di
fare qualcosa di ingiusto, come di uccidermi. Credi in loro, e farai la cosa giusta."
"Non sarò mai uno Shas'O come mia sorella."
"Cos'ha tua sorella che tu non hai?"
"Il comando di una sfera di espansione, per esempio"
Reef stette un attimo in silenzio. "Beh, dico, doti personali. Sei coraggiosa.
Giusta. Forte. Intelligente. Non sono la persona più adatta per confermarlo, ma si
dice anche bella. La tua unica tara è l'insicurezza. Credi in te stessa, perchè noi,
tutti noi, crediamo in te."
Misha, lo ringraziò, commossa. Poi, sorridendo, disse:
"Non ti sarà sfuggita l'ironia della situazione: un umano che cerca di convincere
un tau nell'infallibilità degli eterei."
"Già." Rise in risposta Antonio. "Ora torno a casa, altrimenti Laura si ingelosisce.
Vuoi fermarti a bere qualcosa?"
"No, grazie. Ho degli impegni. Grazie, per le tue parole. Il Bene Superiore ha fatto
un affare ad accoglierti tra le sue fila."
QUINTO LIBRO: LA GRANDE DIVORATRICE
PROLOGO:
Reef era sdraiato a letto a pelle d'orso, a gustarsi la sempre piacevole situazione
'mi sto svegliando tardi la mattina, crogiolandomi al caldo delle coperte, mentre
altra gente lavora al freddo. E godo nel farlo', quando il drone factotum entrò
nella sua stanza reggendo un pacco. "Signore: c'è posta per lei."
Con un grugnito, Antonio si alzò a sedere, facendo cenno al robot di passargli la
131
scatola. Era un contenitore cubico di una spanna di lato, chi uso con un fiocco,
rosso. Un biglietto colorato pendeva, attaccato al nastro. Reef lo lesse, e scoppiò
a ridere.
"Drone, per favore, vai nel campo del vicino ed aprilo."
"Sissignore.", disse il robot, eseguendo il comando.
"Cosa c'è?" chiese Laura, affianco a lui, nel dormiveglia.
"Niente di particolare."
Un forte boato scosse la casa.
"Un altra bomba?" Chiese la ragazza.
"Questa era bella. L'hanno confezionata con un esplosivo che, evidentemente,
non reagisce ai sensori, visto che non è stata fermata prima. Hanno scritto che
era un pacco di auguri per la bambina che stiamo per avere, inviato da parte di
Misha. Hanno messo tutti i timbri postali giusti. Ma quegli imbecilli hanno scritto il
biglietto di auguri in gotico!"
"Non mi sembra divertente... Potevamo rimanerci secchi tutti e tre. Dobbiamo
traslocare un'altra volta." Disse lei, seria, mettendosi a sedere.
Paradossalmente, l'unica cosa che teneva Antonio in vita era la stessa situazione
che, in scala maggiore, permetteva all'Impero Tau di esistere. Infatti, l'ufficium
Assassinorum non poteva permettersi di sprecare energie per eliminare un
semplice gue'ui, per quanto fosse simbolico, come l'imperum stesso non poteva
permettersi di concentrare le proprie forze per annientare l'intera Alleanza Tau.
Perciò rifilavano il compito di uccidere Reef a qualche annoiato burocrate abitante
in un sottoscala buio, i quali piani spesso presentavano enormi falle.
"Già," rispose Reef, "Però bisogna prenderla così, o si rischia di passare la vita
rinchiusi in casa, spaventati da qualsiasi cosa. Piuttosto, come stai?"
"Ogni tanto scalcia. Ci siamo quasi."
Misha stava facendo colazione, quando l'olotelefono squillò:
"Fio'O Mal" Salutò la comandate. "Buongiorno."
"Lo è, comandante Brightmoon" Sorrise lo scienziato. "Abbiamo finalmente la
possibilità di testare sul campo il progetto 'De Profundis'"
"Grande." Disse la Shas'O, con ironia. "
"Già! Vi aspettiamo tra due ore per discutere dei dettagli. Che gli eterei guidino la
vostra mano, comandante."
"Grazie ed altrettanto." sbuffò Misha, interrompendo la comunicazione, pensando
a come avrebbe detto a Reef che avrebbero dovuto partire prima della nascita di
suo figlio. Nel migliore dei casi, sarebbero passati mesi prima che potesse
vederlo. Nel peggiore... Meglio non pensarci.
Misha entrò nel centro di ricerca, un imponente grattacielo di cristallo.
"Comandante Brightmoon. Puntuale come sempre, vedo." Disse una voce
suadente. La shas'O si inginocchiò subito, salutando solennemente l'etereo: come
aveva potuto dubitare delle sue parole, su LandFall? Al momento aveva esitato a
giustiziare il Kais'Vesa, ma ora si era resa conto di quanto era stata stupida.
132
"Si alzi, comandante." Sussurrò Aun'Vaal, "sicché lo stimato Fio'O Mal possa
illustrarmi il progetto."
"Certo, eccellenza." Disse lo scienziato a due inservienti, sfregandosi
nervosamente le mani, mentre azionava un interruttore. Una delle pareti della
grossa stanza divenne trasparente, permettendo ai presenti di vedere ciò che
c'era dall'altra parte: sembrava che la stanza adiacente fosse stata riempita per
metà di terra, e, attraverso il vetro, si potevano notare dei piccoli cunicoli scavati
sotto la superficie. Un oggetto simile ad una palla da rugby infilata su un palo era
posizionato al centro del terrario, infilzato a terra.
"Come sicuramente saprete," iniziò il Fio'O "sempre più rapporti indicano
presenza tiranide ai confini dell'Impero."
Un mormorio si levò tra il pubblico. Tiranidi. La sola parola riportava alla mente
voci orribili: creature viventi grandi come navi da guerra, miliardi di mostri
implacabili, interi pianeti trasformati in rocce senza vita.
"Spesso le nostre imponenti flotte riescono ad eliminare la minaccia prima che
arrivi a terra." Proseguì lo scienziato. "E, anche nel malaugurato caso nel quale i
nemici sbarchino, a volte è possibile spazzarli via dalla superficie con una
gigantesca mobilitazione di personale combattente. Ma, in ogni caso, un pianeta
attaccato dai tiranidi, viene perso nel 87,29% dei casi."
"Sì, signori. Ottantasette pianeti su cento, statisticamente, sono perduti. E, come
tutti sappiamo, ogni singolo pianeta è indispensabile per il nostro fiorente intero.
Sapete il motivo di questa allarmante statistica? Eccovelo, il motivo." Disse il
Fio'O indicando la stanza adiacente. "Le creature conosciute come tiranidi
scavano cunicoli sotto terra, a grandissime profondità (si parla di chilometri), e
non vi è modo di stanarli: abbiamo provato di tutto. Ogni genere di gas, dopo i
primi timidi successi, si è rivelato inutile, data la loro straordinaria capacità di
adattamento. Ma oggi, grazie ai nostri studi, siamo giunti a una scoperta che
potrebbe, anzi, che cambierà le sorti di questa guerra. Osservate la stanza
adiacente, prego: sotto la superficie della terra, sono presenti numerosi piccoli
organismi tiranidi, chiamati dai gue'la 'sventratori'."
Come se fosse stato chiamato, una piccola creatura serpentina guizzò per un
breve istante in una sezione di tunnel visibile al pubblico.
"Immaginate che questa sia una zona infestata da tiranidi molto più grandi.
Ammiraglio, una sua nave a che profondità potrebbe colpire il nemico, con un
bombardamento orbitale?"
"Non saprei... Dipende dal tipo di terreno, e da molti altri fattori." Tentennò il
membro della casta dell'aria. " Ma, ad occhio, l' 'ammazza-città' (così è
soprannominata dall'equipaggio), se facesse fuoco a piena potenza,
distruggerebbe qualsiasi cosa nel raggio di due chilometri sulla superficie. Per
quanto riguarda la profondità direi... Cento, forse centocinquanta metri."
"Grazie, ammiraglio. Osservate cosa succede nella nostra riproduzione."
Improvvisamente, il terrario si riempì di fiamme incandescenti, che bruciarono
per una decina di secondi, prima di spegnersi: il fuoco aveva incenerito qualsiasi
cosa si trovasse in superficie, ma già mezzo metro più in basso, le condizioni del
terreno erano pressoché identiche a prima.
133
"Come avrete certamente notato." Disse il Fio'O "il bombardamento orbitale si
rivelerebbe inutile contro una qualsiasi creatura sotterranea.
L'unico modo sarebbe portarle in superficie, ma la domanda è: come? Non certo
tirandoli fuori per la coda uno ad uno. Eheh..."
Fu l'unico a ridere.
"Ehmm... Vogliate scusarmi," arrossì lo scienziato, imbarazzato " è l'emozione."
"Non c'è alcun problema, dottore." Lo rassicurò l'etereo. "La prego, continui."
"Certo, vossignoria. Come stavo dicendo, l'unico modo è riportarli in superficie. Vi
prego di ascoltare questo suono."
La stanza si riempì di un rumore sordo, vibrante.
"Questo suono che sentite, è stato registrato dalle nostre sonde inviate su un
pianeta umano distrutto in seguito ad un massiccio attacco tiranide. Viene
emesso dai lunghissimi pseudopodi della bionave, che, infilandosi nel terreno,
vibrano, richiamando IN SUPERFICIE ogni creatura tiranide nel raggio di parecchi
chilometri, per poi assorbirli in vasche biogenetiche. Ebbene, dopo mesi di studi,
siamo riusciti ad isolare la frequenza precisa che, in un'ipotetica 'lingua tiranide',
significa: 'emersione immediata'."
"Pensavo che i tiranidi comunicassero telepaticamente." Lo interruppe l'etereo.
"La sua saggezza è illimitata, altezza." Rispose Mal "E' vero, principalmente i
tiranidi comunicano in altri modi, ma questo segnale deve poter essere recepito
da qualsiasi creatura, anche da eventuali soggetti rimasti isolati lontani dalla
portata delle cosiddette 'creature sinaptiche'. Osservi cosa succede ora."
Una luce verde si accese sull'oggetto conficcato nel terreno al di la della vetrata.
Passarono alcuni secondi, poi, una decina di sventratori uscì all'aperto, quasi
simultaneamente.
"Ognuno di quei risonatori" indicò lo scienziato "produce il richiamo
amplificandolo. Ogni creatura tiranide nascosta sotto terra si farà strada verso la
superficie appena le sarà possibile. E, quando tutte saranno uscite..."
La stanza brillò, mentre le fiamme consumavano gli sventratori.
"Impressionante." Ammise l'etereo. "Ma, in pratica, funziona con tutti i tiranidi?
Anche i più grandi?"
"Teoricamente sì... Ma è quello che vogliamo sperimentare sul pianeta Radnar. E'
un pianeta umano, attaccato da una flotta tiranide. Sono ancora in corso aspre
battaglie, e gli imperiali sono allo stremo. Offriranno ben poca resistenza, mentre
noi sperimenteremo il progetto De Profundis su una città mineraria infestata. Le
miniere sono profonde decine di chilometri: se funzionerà lì, funzionerà ovunque.
Se va bene a tutti, si parte subito, tra qualche giorno."
CAPITOLO UNO: SENZA NEANCHE DOVER USARE VELENI!
"Proprio ora?!" Chiese Laura inviperita. "Hai avuto nove mesi per andare in giro a
farti uccidere, ed ora, ad una settimana dalla nascita di tuo figlio, devi partire?"
"Già." Ammise Reef, non meno irritato. "Ho chiesto se avevano proprio bisogno di
me, ma ormai sono 'un simbolo': hanno calcolato che la percentuale di umani che
134
passano all'Impero Tau dopo le battaglie sono più alte del 15% quando ci sono io.
La casta dell'acqua ha molto insistito per avermi sul campo, e Misha ha dovuto
cedere alla richiesta di Aun'Vaal."
"Ascoltami bene:" Disse Laura decisa "io non posso venire per ovvi motivi, ma
non azzardarti a rimetterci la pelle. Non osare. Ci siamo capiti?"
"Tranquilla" li interruppe Krokgard, entrando nell'hangar dove si trovavano per
essere imbarcati. "Lo terrò d'occhio io. Male che vada ti porto indietro i pezzi
migliori."
La battuta non fu per nulla apprezzata.
"Scusate..." si corresse Krokgard. "Effettivamente detta ad un Kroot fa più ridere.
Comunque," aggiunse, tirando fuori un oggetto avvolto in un sacchetto di cuoio,
"Ho un regalo per voi. Quando un Kroot sta per avere un figlio, è nostra usanza
regalare un arma alla madre, in modo da poter difendere meglio la propria prole."
"Grazie", disse Laura estraendo un oggetto sferico, finemente intagliato. Su tutta
la superficie erano raffigurati Space Marine mentre in battaglia. "Sembra una
granata..." osservò Reef "ma non ne ho mai viste di simili."
"Immagino." Disse il modellatore soddisfatto "Questa è una granata Vortex. Non
per essere immodesto, ma ne girano veramente poche nella galassia."
"Una granata Vortex?" Chiese Laura sbalordita "Tra voi kroot deve valere una
fortuna!"
"Ho voluto dartela adesso perchè, dovendo partire, non so se potrei dartela al
ritorno."
"Grazie. Sono sicura che ce la farai. Ce la fai sempre, tu."
"Un tempo era più facile. Ero giovane, veloce, scattante, forte. Ora sono un
vecchio flaccido."
"Vecchio flaccido?" Chiese Reef, incuriosito. "Scusa, ma quanti anni hai?"
"Novantasette. Mi rimangono, in media, venti, forse trent'anni. Infatti, dopo
questa missione, credo che tornerò su Pech."
"Ti facevo molto più giovane" Si stupì Laura.
"Beh, sbagliavi. Ora devo finire di organizzare il gruppo di caccia. Ci si risente."
"Forse" bisbigliò Antonio a Laura "è meglio se lo tengo d'occhio io, invece che il
contrario. Combatte da una vita: merita un po' di riposo."
"Pensa a stare attento a te, piuttosto." Replicò lei.
"Reef: vedi niente da lassù?" chiese Ui'Loon.
"Negativo. Solo altre decine di palazzi distrutti."
Antonio, con la sua crisis, era in posizione, sul tetto di un palazzo di otto piani, ed
osservava le strade sottostanti da dentro la sua crisis.
"Va bene. Shas'la: avanti! Manca ancora molto all'obiettivo, ed il tempo scorre."
Ordinò Hans.
Antonio vide la squadra di dodici guerrieri del fuoco che avanzava venti metri più
in basso: uno di loro, lo shas'ui, portava agganciato allo zaino il risonatore. Poco
più avanti, una decina di kroot si muoveva agilmente tra le rovine dei palazzi.
Krokgard era con loro.
Il termometro dell'armatura da combattimento indicava una temperatura esterna
135
di trentasei gradi: ringraziò ancora una volta la casta della terra per aver incluso
alle crisis il climatizzatore di serie. Azionò lo zaino a reazione, e spiccò un salto
verso il palazzo adiacente, atterrandovi sul tetto.
C'erano cinque squadre: ognuna composta da un'armatura da combattimento,
una squadra di Kroot ed una di guerrieri del fuoco. Abbastanza grande per poter
avanzare in caso di pericolo, abbastanza piccola per poter passare inosservata. E,
in effetti, fino a quel momento non c'erano stati problemi, a parte qualche piccolo
gruppo di piccoli gaunt, che, senza il controllo di creature sinaptiche, vagavano
senza meta.
Di imperiali, invece, neanche l'ombra: se non fosse per esplosioni lontane,
avrebbe potuto sembrare che la città fosse stata del tutto abbandonata.
Antonio strinse i denti, quando l'ennesima fitta alla vescica gli fece stringere i
denti. I tau, essendosi evoluti nel deserto, potevano tenersela per diversi giorni,
nessuno aveva mai pensato di mettere un catetere nelle crisis. E questo, per un
umano, era un grosso problema. Enorme, nel caso di Reef. Erano ore che gli
scappava.
Diede un ultima occhiata in giro, per sincerarsi che non ci fossero minacce nei
paraggi, e poi comunicò alle squadre di terra: "Aspettate un momento. Devo
uscire dall'armatura da combattimento per qualche secondo. Torno subito."
"Ricevuto. Ti aspettiamo." Confermò Hans
Reef parcheggiò la crisis, la aprì, e scese sul tetto dell'edificio. Non ce la faceva
più. Corse all'accesso delle scale, e aprì la cerniera della tuta.
"I polli si sono fermati proprio davanti alla trappola." Disse il colonnello Mitridate,
osservando le squadre di tau. "Pronti a farla scattare."
Il carro lanciafiamme HellHound, nascosto dentro un palazzo a qualche isolato da
dove era atterrato Reef, accese la fiamma pilota del cannone inferno.
Il capo dei genieri aprì il copri-tasto trasparente del telecomando. La squadra di
fanti scelti, accovacciati a pochi metri da dove i guerrieri del fuoco si erano
arrestati, caricarono in silenzio i fucili folgore.
"Signore: aspettiamo il suo ordine." mormorò il sergente dei kaserkin nel Vox.
"Procedete. Dimostriamo a quegli Xeno cosa succede a voler invadere il nostro
pianeta."
CAPITOLO DUE: CITY FIGHT
Reef aveva appena cominciato a svuotare la vescica, quando il mondo gli crollò
sotto i piedi. Ci fu una sequenza di tremendi boati, quando le cariche da
demolizione poste sulla facciata del palazzo sul quale si trovava detonarono.
Antonio, colto alla sprovvista, cadde a terra, appoggiandosi alla parete: buona
parte dell'edificio era crollato sulla strada sottostante, schiacciando diversi
uomini. La crisis, vuota, era ancora parcheggiata, ma ora era in bilico sul
pavimento pericolante, molto vicina al bordo della voragine apertasi dove un
tempo c'era la facciata dell'edificio.
136
Urla e spari provenivano delle strade sottostanti, dove si stava svolgendo un
violento scontro a fuoco tra i tau e le forze imperiali.
Reef doveva raggiungere la crisis, ad ogni costo, o lo scontro non poteva che
volgere a favore del nemico: si alzò in piedi, e avanzò cautamente qualche passo
sul pavimento ricoperto da crepe, che sembrò reggere il suo peso. Tre metri lo
separavano dall'armatura da combattimento.
Dopo altri tre passi, Antonio sentì un cedimento, e si bloccò: ora poteva quasi
toccare l'armaura da combattimento. Si allungò, aggrappandosi al braccio della
crisis.
Quando il palazzo esplose, Hans Loon fu buttato a terra dall'onda d'urto. L'intera
facciata crollò, schiacciando sei guerrieri del fuoco e quattro kroot, isolando le due
squadre.
"Ma che c? zzo...?"
Alle sue spalle, dieci fanti scelti uscirono da una trincea ricoperta con un telo
mimetico e isolante, facendo fuoco con precisione contro i nemici rimasti,
uccidendo altri tre kroot. Hans si girò sulla schiena, e aprì il fuoco contro il nemico
più vicino: l'armatura a carapace resistette al primo colpo, che sbatté il kaserkin
contro un muro, ma il secondo colpo sfondò la corazza, spezzando il fante scelto a
metà.
Una granicola di colpi di fucile folgore si abbatté sul riparo dello shas'ui, che si
riparò dietro i detriti lasciati dall'esplosione.
In quel momento un'armatura da combattimento crisis si schiantò dall'altra parte
della strada, dopo un volo di otto piani.
"Per gli eterei, no..." mormorò lo shas'ui a bassa voce "Reef!". Sollevando lo
sguardo, vide il suo migliore amico, appeso ad un tondino sospeso a venti metri
dal suolo.
"Qui Krokgard!" gracchiò la radio "Siamo sotto un intenso fuoco di armi leggere, e
si avvicina un carro lanciafiamme. Se non ci muoviamo siamo finiti!"
"Di qui non possiamo muove rci, modellatore. Non possiamo attraversare il
palazzo crollato senza essere decimati. Voi andate al punto di ritrovo. Ci troviamo
li."
"Ricevuto, shas'ui. Buona fortuna."
Hans si guardò attorno: una tempesta di raggi laser e di proiettili ad impulsi
faceva crepitare l'aria, ma i guerrieri del fuoco erano stati colti alla sprovvista
dall'abile imboscata dei fanti scelti, e non avrebbero retto a lungo. Da dove si
trovava, Loon poteva vedere dentro un palazzo lì vicino: delle scale portavano
verso il basso, forse una cantina: quando l'HellHound sarebbe arrivato, sarebbe
stato meglio mettersi al di fuori della sua portata.
"Shas'la!" Urlò, "Seguitemi! Dentro l'edificio!"
Hans scattò verso la porta, seguito dai guerrieri del fuoco rimasti, e un paio di
colpi gli rimbalzarono sulla spessa armatura, prima che riuscisse ad entrare.
"Giù dalle scale, forza!" Ordinò, contando gli uomini man mano che scendevano.
Era arrivato al sei, quando una fiammata incenerì metà del piano terra del
palazzo, appiccando un incendio spaventoso. Imprecando, Hans chiuse la pesante
137
porta di metallo, e si guardò intorno.
Ad una prima occhiata sembrava una specie di museo: decine di statue di ufficiali
imperiali, diorami raffiguranti guardie impegnate in azioni eroiche contro decine di
alieni dalle fattezze mostruose, interi scaffali pieni di pergamene e libri. Doveva
essere stato un luogo maestoso, un tempo: ora, al buio, dava solo i brividi.
"Forza" sollecitò i suoi quattro uomini. "Abbiamo una missione da...". Quattro
uomini? Ne erano entrati cinque.
Hans si guardò attorno, in cerca dell'uomo mancante: a terra giaceva
abbandonato un fucile, macchiato da quello che era inequivocabilmente sangue.
"Non siamo soli qui sotto. Accendete i visori notturni. Fucili spianati, pronti a far
fuoco a qualsiasi cosa si avvicini a noi. Nessuno si stacchi dal gruppo."
I cinque cominciarono ad esplorare l'immenso sotterraneo, le orecchie ben aperte
e gli occhi spalancati. Le librerie svettavano ai loro lati, come fossero pareti di un
canyon.
Stop. Una traccia termica nel corridoio adiacente. La squadra cominciò ad
aggirare la libreria, con i fucili puntati contro qualsiasi cosa ci fosse.
Ciak. Un guerriero calpestò una pozza di sangue ancora tiepido. Davanti a loro,
una figura raggomitolata a terra, in posizione fetale. Era il guerriero scomparso.
"Santissimi eterei..." mormorò un gue'vesa, avvicinandosi al corpo. Con una
mano lo girò verso gli altri, permettendo loro di vedere: qualcosa il cranio era
aperto, e mancava completamente il cervello. Qualcosa era penetrato nella testa
attraverso occhi, naso, bocca e orecchie e, non essendoci traccia di altre ferite,
ciò doveva essere successo quando la preda era ancora viva.
"Riposa in pace," disse il gue'vesa, chinandosi sul cadavere "gli eterei-"
Successe in un lampo. Qualcosa simile alla chela di una mantide religiosa sbucò
dallo scaffale, afferrò l'uomo, e lo trascinò piegato a metà nel corridoio adiacente
attraverso la parete di libri. Tutti udirono l'orrendo rumore della schiena della
vittima che si spezzava.
I sensori termici non avevano rilevato niente. I quattro guerrieri rimasti
spararono contro la libreria, incenerendo la carta e carbonizzando il legno.
Quando il fuoco di sbarramento cessò, nel museo calò un silenzio di tomba.
"E' invisibile agli infrarossi." mormorò Loon. "Accendete le torce."
Quattro fasci di luce attraversarono il buio: se possibile, ora l'atmosfera era
ancora più opprimente.
"State lontani dalle pareti." Ordinò il gue'ui.
Qualcosa atterrò sopra uno dei guerrieri del fuoco, che si gettò a terra, urlando
terrorizzato.
Tre fucili si puntarono verso di lui: un grosso libro gli era caduto addosso. Nella
mente dei quatto balenò la stessa idea: Qualcosa doveva averlo fatto cadere.
Tutti alzarono lo sguardo verso il soffitto. E una grottesca mano artigliata, dotata
di quattro dita, sbucò da sotto lo scaffale e trascinò il guerriero del fuoco ancora a
terra nel buio.
CAPITOLO TRE: PER LA MENTE DELL'ALVEARE
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Preso. Ora via. Via. Al riparo dai colpi dei loro biomorfi meccanici. Voglia di
nutrimento... No! Non più: informazioni. Nutrimento dopo. Informazioni più
importanti. Nutrimento per singolo; informazioni per la Mente. Prima preda era
per cibo, ma sapeva. Sapeva troppo poco. Prede pericolose per la Mente. Prede
mettono in pericolo noi, nel sottosuolo. Bisogna sapere. Bisogna impedire loro di
attuare il piano. Troppe poche informazioni. Seconda preda morta prima della
raccolta. Questo male. La terza preda comincia a fare troppo rumore. Le altre
prede sentono. Trovo riparo su soffitto. I miei tentacoli nutritivi cercano una
strada per il sistema nervoso centrale della preda.
Sì! Informazioni! Tante! Una delle prede... Porta un biomorfo... Pericolo per la
Mente.
Preda morta. Ininfluente: non aveva altre informazioni. Prendere preda con
biomorfo. Essa conosce.
Prede in fuga. Odore di paura. Forte odore di paura. Cibo... No! Informazioni.
Altre informazioni! Mi muovo in silenzio, sul soffitto sopra di loro. Prede poco abili.
Rumorose, goffe, lente. Ma loro biomorfi pericolosi. Sì, biomorfi pericolosi.
Portano delle luci. Scaglie mimetiche potrebbero essere troppo lente a cambiare
colore. Serve alternativa.
Hans stava correndo lungo i corridoi di scaffali, seguito dai due superstiti.
Dovevano uscire di lì. Ad un certo punto le librerie terminavano, lasciando spazio
a una sezione del salone colma di statue e diorami: la strada era una sola, per
quanto orribile. Dovevano passare tra le sculture.
"Shas'la, procediamo spalla a spalla!" Ordinò. I tre soldati formarono un cerchio,
dando la schiena l'un l'altro, in modo da coprirsela a vicenda.
Avanzarono lentamente per quelle che sembravano ore: le luci delle torce
proiettavano ombre contorte e spaventose sulle altre statue, facendole sembrare
vive. Hans osservava ogni scultura con attenzione: la bestia, qualsiasi cosa fosse,
si era dimostrata furba, e probabilmente era in agguato tra le statue, in attesa del
momento propizio per attaccare.
Tic.
Un rumore, appena percettibile, da destra. Loon spianò il fucile, e illuminò la zona
con la torcia. Era alto tre metri, dotato di artigli simili a quelli di una mantide
religiosa, e di tentacoli che spuntavano dal muso. I tre guerrieri del fuoco
aprirono ripetutamente il fuoco contro la figura, che esplose in un centinaio di
pezzi di roccia. E il vero lictor, sbucato da dietro la statua di un torreggiante
carnefice, fu subito loro addosso.
Sensi delle Prede poco sviluppati. Si affidano solo sulla vista e udito. Non sentono
odori. Facile confonderli. Facile prenderli. Salto fuori dal Nascondiglio, e sono
subito sulle Prede. Obiettivo davanti a me. Una preda inutile in mezzo. Colpisco.
139
Gli artigli le lacerano il petto, trapassando il carapace ed affondando nella carne.
Sento il cuore smettere di battere. Chela sull'obiettivo, che frappone il braccio.
Artiglio colpisce braccio... Non rompe braccio? Confuso. Preda debole. Perché
braccio non debole? Dolore! Biomorfo mi colpisce all'addome. Dolore! Danni gravi,
ma non letali. Rabbia! Obiettivo può aspettare! Mi volto verso preda che ha
sparato con biomorfo: odore di paura fortissimo. Feci, urine. Le salto addosso,
buttandola a terra. Stringo i tentacoli nutritivi sulla testa. Spesso carapace.
Sembra inorganico. Stringo ulteriormente, e carapace cede. Il becco affonda nel
cranio di Preda. Raggiungo cervello. Gusto inebriante. Cibo!
Hans si voltò, e scattò dalla parte opposta al lictor. Era orribile! Orribile! Mai
aveva provato tanto terrore in vita sua. Le statue si susseguivano, una dopo
l'altra, come predatori pronti a carpirlo e a trascinarlo nel buio. Una luce! Sì! Una
luce, davanti a lui! Raddoppiò i propri sforzi, per raggiungerla al più presto
possibile. Lo shas'ui arrivò alla sorgente luminosa, e fu assalito dallo sgomento:
era una feritoia a due metri dal suolo, che dava sulla strada all'esterno: era
decisamente troppo piccola per potervici passare attraverso. Non sembravano
esservi vie d'uscita.
Gridò in cerca d'aiuto, sgolandosi alla finestrella. Non gli importava di essere fatto
prigioniero dagli imperiali. Non gli importava niente, se non uscire di lì.
"Hans?" Chiese una voce familiare. Ui'Loon sentì scalpiccio di passi che si
avvicinavano, e Reef comparve, affacciandosi alla feritoia.
"Reef! Aiutami! Qualcosa, qui sotto! Voglio uscire di qui! Aiutami!"
"Ok, ok. Stai calmo. Troveremo un modo per tirarti fuori. Hai ancora il
risonatore?"
"Credo di... Sì, è qui. Tienilo tu!" disse, allungandoglielo. "Devi portarlo a
destinazione. Ma ti prego, fammi uscire di qui!"
"Va bene, Hans. Stai calmo. Da dove siete entrati?"
"Siamo entrati da delle scale, ma ora il palazzo è in fiamme... Non credo che"
Silenzio.
"Hans? Hans!?"
Informazioni! Tante informazioni! Prede stanno preparando... No! Mente in
pericolo! Biomorfi molto pericolosi! Bisogna comunicare informazioni a Mente!
Subito! Intercettare biomorfo... Alcune Prede già in posizione, per proteggere
Preda che ora ha biomorfo! Intercettarle
CAPITOLO QUATTRO: COL BECCO E CON LE UNGHIE
"Hans!" Urlò Reef "HANS! Rispondimi! Hans!"
"Mi dispiace." Mormorò una voce metallica dietro di lui "non ricevo più segni
vitali."
Antonio si voltò: davanti a lui c'erano Misha e Vre'Jhas (che in quell'occasione
aveva il compito di scortarla), nelle loro torreggianti armature da combattimento.
140
"Condoglianze, gue'la." Disse lo shas'vre. "Mi dispiace per il tuo amico, per
quanto possibile. Ma ora dobbiamo muoverci: qui intorno è pieno di imperiali."
"Hai il risonatore, Reef?" Chiese Misha preoccupata.
Antonio annuì, con lo sguardo perso nel vuoto. Non riusciva ancora ad accettare il
fatto di aver perso per sempre il suo migliore amico. Erano andati a scuola
insieme, giocato insieme, combattuto insieme per quasi una vita, ed ora era
sparito, ucciso da qualche bestia decerebrata.
"Ascoltami, Antonio. Mi dispiace per Hans, ma ora dobbiamo portare il risonatore
in posizione. Ti scorteremo noi. Va bene?"
Reef annuì di nuovo.
"Krokgard? Ci sei?" Chiese la shas'o alla radio. "Ci sei?"
"Ci sono. Siamo in posizione, e non c'è traccia di nemici. Avete trovato il
risonatore?"
"Sì. Aspettate, lo portiamo da voi. Tenete la posizione, stiamo arrivando."
Il modellatore si guardò attorno per l'ennesima volta, nervoso: erano passate tre
ore dalla trasmissione di Misha, che continuava a non essere rintracciabile.
Inoltre, quel posto non gli piaceva. Era una piccola piazza, circondata da edifici
diroccati, al cui centro si ergeva la statua di un ufficiale imperiale in alta
uniforme. I nemici sarebbero potuti arrivare da qualsiasi punto. I kroot avevano
formato un perimetro difensivo, ma i soldati rimasti erano solo sei, infiacchiti dal
caldo torrido dell'aria.
Krokgard all'improvviso si irrigidì. I sensibili recettori posti sul retro della sua
testa avevano percepito forti vibrazioni.
"Modellatore!" Gridò un kroot dal tetto di un palazzo. "Vedo tre nemici in
avvicinamento. Alati, grossi, veloci."
"Kroot! " urlò Krokgard, entrando in un edificio, proprio mentre una decina di
hormagaunt irrompeva dalla parte opposta della piazza. "Adunata! Dobbiamo
tenere la posizione il più possibile."
I tiranidi si guardarono attorno per un attimo, per poi fiondarsi verso di lui come
una sola creatura. La loro coordinazione era spaventosa.
Il modellatore fece fuoco rapidamente con il suo fucile, centrando uno degli alieni,
che crollò a terra rotolando, mentre gli altri continuavano la loro rapidissima
corsa. Altri colpi, sparati dai kroot (che nel frattempo avevano raggiunto il loro
capo) piovvero sugli alieni, che vennero spazzati via prima che potessero
raggiungerli. L'esultanza si trasformò in disappunto, quando altri due branchi di
gaunt, una quarantina di esemplari in totale, irruppero nella piazza.
"Fuoco a volontà!" Urlò il modellatore. "Teniamoli a distanza: tanto non sono
manco buoni da mangiare!"
I fucili tuonarono e una decina di hormagaunt caddero prima di arrivare a
destinazione, ma la mischia fu inevitabile: i mostri si avvicinarono a grandi balzi
e, in una manciata di secondi, furono addosso ai kroot.
Una bestia sibilante saltò verso krokgard, che le sparò in testa a bruciapelo,
decapitandola. l modellatore scartò di lato, e, mulinando il fucile, sfondò il cranio
di un secondo gaunt.
141
Quando si accorse di un terzo mostro alla sua destra, era troppo tardi per evitare
il colpo diretto alla sua gola. Krokgard, colto alla sprovvista, abbassò la testa, e
l'artiglio lo colpì al becco, graffiando il duro tessuto osseo. Nel contempo, con un
fendente dal basso verso l'alto, la lama montata sul calcio del fucile sventrò
l'aggressore.
Una lama ossea affondò nel petto di uno dei kroot, che morì all'istante, il cuore
trapassato.
Krokgard sparò all'assassino del suo compagno, e voltandosi, scoprì che tre grossi
guerrieri tiranidi alati erano atterrati nella piazza, e si stavano lanciando alla
carica.
Krokgard urlò "Ammazzate quelli gross-"
Un hormagaunt fece un balzo sorprendentemente lungo (il modellatore non
avrebbe mai pensato a considerarlo pericoloso, vista la distanza) e la lama scattò
verso la sua testa, entrandogli nel becco spalancato. Ancora una volta furono i
suoi geni eldar a salvarlo. Senza quasi rendersene conto, riuscì ad afferrare al
volo il "polso" del nemico, fermando l'artiglio prima che potesse ledergli l'osso del
collo o importanti arterie, ma non abbastanza velocemente da impedirgli di
ferirlo. La lama gli causò un taglio nella tenera carne dell'esofago. Il kroot,
urlando, spinse via l'aggressore, ma così facendo la lama solcò tutto l'interno del
becco, causandogli un taglio sulla lingua.
Inferocito, Krokgard, afferrò a due mani la testa del gaunt schiacciandogliela.
Schegge di carapace gli ferirono leggermente i palmi delle mani.
Un guerriero, mutilato dai colpi di fucile degli altri kroot, corse verso di lui. Due
delle sue quattro braccia erano state amputate, e le altre due penzolavano
spezzate, ma la bestia sembrava non provare alcun dolore. Una grossa bocca
spalancata si avventò su di lui, cercando di azzannarlo. A giudicare dalla
dimensione delle zanne e della bocca, un morso avrebbe potuto spezzare il kroot
a metà. Krokgard impugnò il fucile con due mani e lo infilò nelle fauci della bestia
come fosse il morso di un cavallo, cercando di tenerla lontana. Il guerriero era
gravemente ferito, ma la sua forza era comunque tremenda: tirandosi indietro
portò con sé il fucile, incastrato tra le sue zanne ricurve, per poi ributtarsi alla
carica. Il modellatore, in risposta, estrasse le sue due pistole kroot, e,
puntandone una verso la bocca spalancata del mostro, vi scaricò mezzo
caricatore. Il tiranide, con cinque spuntoni di acciaio in testa, barcollò ancora per
qualche passo, per poi crollare a terra a faccia in giù.
Con una sventagliata, Krokgard scaricò le armi nel groviglio di nemici, mutilando
corpi e staccando arti.
Con la coda dell'occhio vide morire una seconda creatura sinaptica, che si portò
con sé l'ultimo dei kroot rimasti.
Un artiglio colpì il suo cappuccio di cuoio di knarloc, scivolando sulla superficie
indurita fino a trovare il buco dell'occhio destro: il modellatore stridette di dolore,
per poi cadere all'indietro, quando la lama ossea penetrò nella cornea.
Un hormagaunt gli azzannò il braccio destro, e Krokgard sentì i denti affilati come
aghi piantarsi nell'osso; il kroot cercò di scrollarselo di dosso, ma il gaunt non
mollava la presa. Un altro si avvicinava da davanti, soffiando come un gatto. Il
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modellatore sollevò il braccio sinistro, piantandogli un proiettile in testa: nel
contempo, vincendo il ribrezzo, chiuse il becco attorno al collo del tiranide ancora
attaccato al suo arto, e, con un paio di scosse, sentì la testa della creatura
staccarsi.
All'improvviso, tutta la stanchezza dei suoi novantasette anni si fece schiacciante.
Rimanevano ancora una mezza dozzina di gaunt ed un guerriero, torreggiante in
tutta la sua ferocia.
Era orribile vedere quelle creature: non solo il loro aspetto, ma la loro
determinazione. Niente le intimoriva. Niente le spaventava. Niente le poteva
fermare. Cosa poteva fare un vecchio kroot, contro certe bestie?
Gli hormagaunt cominciarono a farsi avanti, sibilando.
Krokgard controllò i proiettili nel caricatore: uno.
Sarebbe bastato. Ma non lo avrebbe sprecato per uno stupido gaunt.
Nella città distrutta, risuonò uno sparo solitario.
CAPITOLO CINQUE: LUNA CALANTE
"Krokgard? Ci sei?" Chiese la shas'o alla radio.
"Ci sono. Siamo in posizione, e non c'è traccia di nemici. Avete trovato il
risonatore?"
"Sì. Aspettate, lo portiamo da voi. Tenete la posizione, stiamo arrivando."
Misha si voltò verso di Reef: "In marcia. Prima piazziamo il risonatore, prima ce
ne andiamo. Ti scorteremo a destinazione."
"Un attimo, comandante." La interruppe lo Shas'vre. "C'è una questione più
urgente da sistemare."
"Scusa?" Chiese Brightmoon a Jhas. "Di che stai parlando?"
"Mi perdoni, Misha, ma forse, un giorno, mi ringrazierà. Almeno spero. Via libera,
comandante."
Tre armature da combattimento, nascoste fino a poco prima sopra un tetto,
atterrarono in mezzo alla strada. Il primo pensiero di Misha fu di non aver
posizionato armature da combattimento nei paraggi. Men che meno armature da
combattimento di colore rosso scarlatto.
Le ci vollero pochi istanti per capire.
Una frazione di secondo dopo, il fucile al plasma di Misha era puntato verso la
crisis al centro del trio.
"Ti dichiaro in arresto, in nome dell'Impero!" Urlò. "Esci dall'armatura da
combattimento! Subito!"
"Certo, comandante. Mi piace parlare faccia a faccia con le persone del vostro
rango."
I sigilli scattarono, e il davanti dell'armatura si aprì: all'interno vi era Shas'O
Vior'la Shovah Kais Mont'yr, comunemente chiamato comandante Farsight.
"Ora" intimò Brightmoon. "Sdraiati a terra."
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"Temo di non potervi accontentare, comandante." rispose O'Shova. "Anzi, devo
chiedervi di uscire dall'armatura da combattimento, o sarò costretto a farvi tirare
fuori dalle mie guardie del corpo: mi creda, non ho alcuna intenzione di ricorrere
alla violenza. Voglio solo parlarvi."
"SDRAIATI A TERRA! HAI TRE SECONDI, POI APRIRO' IL FUOCO! UNO!"
"So che non lo farai, comandante."
"DUE!"
"So che non disobbediresti a ordini diretti degli eterei."
"TRE!"
Non successe niente. Il fucile al plasma vibrava tra le mani di Misha, fremente di
rabbia.
"Protocollo 3491" citò con calma Farsight " 'In caso ci trovasse a dover
fronteggiare il comandante Farsight, IN NESSUN CASO bisogna ferirlo o ucciderlo.
Se possibile, stordirlo, immobilizzarlo, e catturarlo.' Perciò, per favore, scendi, o
sarò costretto a farti tirare fuori."
Misha esitò un attimo. Anche ipotizzando che Jhas, che fino a quel momento non
si era mosso, non avrebbe partecipato allo scontro, non credeva di poter
fronteggiare due armature da combattimento.
"Te ne prego." Insistette Farsight, con voce suadente.
Misha aprì l'a rmatura da combattimento e uscì fuori, impugnando la pistola di
ordinanza.
"Ottimo, comandante. Sapevo che avrebbe fatto la scelta giusta. Credo che non ci
sia bisogno di presentarmi."
"Sì, invece." Disse Reef, completamente disorientato. "Chi cazzo sei?"
"Oh, giusto. Gue'Ui Antonio Reef, vero? Jhas mi ha parlato molto bene di te."
Reef ne dubitava, ma lasciò stare.
"Io," continuò il tau "sono Shas'O Vior'la Shova Kais Mont'yr."
"Farsight?? Sporco traditore!" Scattò Reef "Come hai potuto tradire i Tau?!"
Le armi delle guardie del corpo presero Antonio di mira, ma O'Shova si limitò a
scoppiare in una risata, facendo cenno ai suoi shas'vre di riporle.
"Tu che mi dai del traditore? Da che pulpito! Ora che sai chi sono, per favore, stai
buono. Ho qualcosa da dire anche a te, ma ora io e Misha dobbiamo parlare."
"Non ho niente da dirti, bastardo." ringhiò la Shas'O.
"Allora lascia parlare me. Andiamo subito al punto: sono qui per proporti un
accordo."
"Qualsiasi esso sia, la mia risposta è no." ribatté lei.
"Lascia che ti faccia una domanda: come ti senti, quando sei in presenza di un
etereo?"
Misha restò in silenzio.
"Provo a rispondere io per te: benissimo. Questo è normale. Anche io, l'ultima
volta che ne ho incontrato uno. Ti infondono un senso di calma, sicurezza,
saggezza, quasi sovrannaturale. Tutti si sentono così. Ma non tutti si sentono allo
stesso modo quando l'etereo non c'è. Alcuni si sentono, come dire... Liberi!"
Farsight notò Misha irrigidirsi. "Centro" pensò tra sé.
144
"Io, almeno, mi sento così." Continuò Farsight "Tu, Brightmoon? Sbaglio o provi
la stessa sensazione?"
"Sbagli." Rispose lei gelida.
"Può essere." Ammise O'Shova "Ma pensaci: a chi stai mentendo? A me o a te
stessa?"
"Cosa diavolo vuoi da me?"
"Sai, Misha, siamo rimasti in pochi. La mia enclave perde comandanti valorosi a
ritmi altissimi, quasi insostenibili: molti cadono in guerra, altri di vecchiaia. Tra
parentesi: alcuni vengono assassinati dai nobili eterei."
"Questa è una menzogna! Nessun tau arriverebbe ad assassinarne un altro a
sangue freddo!"
"Certo che no. Per questo si fa uso di mercenari. Hai mai sentito parlare del
comandante BrightSword? Era un comandante valoroso, ed ha servito il 'Bene
Superiore' per anni. Poi si è unito alla mia causa. E' diventato scomodo. Ed è
stato ucciso da umani ingaggiati dagli eterei. Ne ho le prove."
"Ah sì?" Replicò Misha "E perchè allora non dovrei ucciderti? Anche tu sei un
traditore."
"Brightsword, ufficialmente, è stato ucciso da forze umane ostili. Ma se un tau mi
uccidesse, vorrebbe dire che lo hanno ordinato gli eterei, o quantomeno che non
lo hanno proibito. E questo non andrebbe certo a loro favore. Comunque ti
assicuro che se mi catturassero troverebbero il modo di farmi sparire. Ma
torniamo a noi. Come stavo dicendo, abbiamo bisogno di comandanti capaci.
Nella fattispecie, comandanti capaci E in grado da spezzare il guinzaglio degli
eterei. Da molto tempo ti tenevo d'occhio, Misha. Sei forte, intelligente,
determinata e astuta. I dossier che possiedo indicano decine e decine di successi
strepitosi. Avresti tutte le doti per guidare eserciti alla conquista di pianeti nuovi.
E invece no! Una serie di incarichi di secondo piano. Una carriera passata a parare
il culo a qualche scienziato. Stai sprecando la tua vita, Misha."
"Passerei la mia intera esistenza a pulire i cessi delle caserme, piuttosto che
tradire l'impero! Solo seguendo i Loro insegnamenti, possiamo dar vita al Bene
Superiore! Comandante Farsight, mi appello a te come tau: pensa a cosa stai
ostacolando! Un giorno giungeremo alla pace tra tutte le razze della galassia!
Tutti saranno felici! Genti di ogni tipo conviveranno in una società ideale! Tutti
dovrebbero collaborare per questo! Come puoi opporti ad un fine così... giusto?!
Arrenditi, O'Shova."
"Misha, apri gli occhi. E' inutile continuare a farsi delle illusioni su quello che
dovrebbe essere, perchè purtroppo non è così. Non avviene quello che è giusto
che avvenga. Non avviene quello che è morale che avvenga. Avviene quello che
le forze sul terreno di battaglia, le forze politiche portano a realizzarsi. Ti guardi
intorno? Morte. Sofferenza. Non giungeremo mai ad il Bene Superiore, e questo
significa che, se non reagiamo, dovremo sottostare agli ordini degli eterei per
l'eternità. Non dico che loro siano il male. Non dichiarere i loro guerra. Ma tu,
Comandante Brightmoon, sei sprecata nelle loro mani. Perdi continuamente
uomini per permettere alla casta della terra di fare qualche esperimento, che
nella maggior parte dei casi porta ad un fallimento ed ad altre perdite di uomini
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per rimediare ai loro errori. Pensa. Gli orki premono continuamente contro i miei
confini, pronti a massacrare intere città per puro divertimento. Se passassi dalla
mia parte, avresti la possibilità di salvare vite! Conquistare pianeti! Per diamine,
sei uno Shas'O! Tu devi darli gli ordini, non eseguire quelli di un etereo!"
"Anche se passassi dalla tua parte, alla fin fine dovrei sottostare ai tuoi di
ordini..."
"Se tu fossi uno shas'O qualsiasi, ti risponderei di sì. Ma non con te. Sei un
comandante valoroso, ma anche una donna splendida. Se lo vorrai sarai la mia
compagna, Misha."
Quest'ultima affermazione lasciò la shas'O di stucco. Nessuno le aveva mai detto
niente di simile.
Farsight si avvicinò a lei a passi lenti, fino ad arrivare quasi a toccarla.
"Allora, Misha?" le chiese, porgendole una mano "Cosa scegli di fare?"
La comandante rimase immobile per qualche secondo.
"Misha! Sei pazza?" urlò Reef. "Non puoi tradire il Bene Superiore!"
"Ui'Reef: sei un grande combattente." disse O'Shova, rivolto a lui. "Il mio invito è
rivolto anche a te. Non quello di matrimonio, sia chiaro. " aggiunse.
Misha, allungò la mano verso quella di Farsight, prendendola delicatamente.
Il rinnegato sorrise. "Sapevo che avres-"
Con una rapida mossa, Brightmoon torse violentemente il polso di O'Shova,
passando l'altro braccio attorno al suo collo.
Le guardie del corpo alzarono i fucili, ma il loro capo era tra loro ed il bersaglio.
"Giù le armi!" Ordinò O'Shova con voce strozzata. "Risolveremo la questione
pacificamente!"
"Reef! Vai alla radio della mia crisis e chiama rinforzi. Dì loro che lo abbiamo
preso. Ho caricato questa pistola a colpi stordenti: se qualcuno di voi prova a
fermarlo, sparo al vostro comandante. Di solito il colpo non è letale, ma se
sparato alla testa, da questa distanza, può causare seri danni alla corteccia
cerebrale. Correrò il rischio di disobbedire ad un ordine." poi, rivolta al suo
prigioniero "E' vero. Il mio lavoro finora non mi ha regalato grandi soddisfazioni.
Ma ora tutto cambierà. Ora passerò alla storia come la shas'o che ha catturato il
comandante Farsight."
"Sei sicura? Pensi che si dirà 'Il comandante Brightmoon ha catturato O'shova',
oppure... 'La sorella del comandante Shadowsun ha catturato O'Shova'?"
Farsight sentì Misha che cominciava a tremare.
"Per quanto possano essere eroiche le tue gesta, Misha, vivrai per sempre
nell'ombra di tua sorella. Puoi rifiutare la mia offerta, ma, in questo caso, ti
aspetta una vita di anonimato. Continuerai a fare inutili missioni suicide, fino alla
tua morte. Quel giorno ci sarà lutto, sì, ma non per la tua morte, ma per la morte
della sorella di O'Shaserra."
Nel frattempo Reef aveva raggiunto la crisis del suo comandante, e stava
digitando il codice per le comunicazioni di emergenza.
"Se invece passerai dalla mia parte, Misha, sarai semplicemente il comandante
Brightmoon. Scegli, ma scegli ora. Sappi però che non accetterò di essere fatto
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prigioniero dai tau. Perciò, o passi dalla mia parte, o mi lasci andare, o dovrai
spararmi. Shas'vre: qualsiasi cosa succeda, non fatele del male."
La mente di Misha esplose in mille, diecimila pensieri diversi. Aveva pochi secondi
prima che Reef finisse di digitare il lungo codice, e a quel punto altri avrebbero
scelto per lei.
Decise. Sparò.
Ogni muscolo di Reef si tese allo spasmo, quando il proiettile stordente lo colpì
alla schiena. Cadde a terra, con la faccia nella polvere.
Cos'era successo? Gli avevano sparato? Chi? Perchè?
Qualcosa lo afferrò per la spalla, e lo girò sulla schiena. Misha lo guardava, con le
lacrime agli occhi.
"Mi dispiace..." Disse con voce rotta "Non posso perdere questa occasione. Non ce
la faccio a continuare così. Non sono nessuno, e voglio diventare qualcuno.
Capiscimi, ti prego... e perdonami."
"Tu... 'ei... q'alc'uno...." Riuscì a bias cicare Antonio. " 'ei il 'ostro 'omandante. 'on
c'e'a bi'ogno di spa'a'mi, 'isha: av'ei o''edito ad ogni 'uo o'dine."
"Mi dispiace tanto, Antonio. Lascerò dei droni qui a proteggerti fino a quando non
ti sarai ripreso. Addio, Reef. Salutami tutti. Mi mancherete."
"A''io, 'isha... e 'uona 'ortuna."
Misha lo abbracciò un ultima volta, poi Reef la vide alzarsi, entrare nell'armatura,
e spiccare il volo, per poi sparire in cielo.
Reef rimase sdraiato immobile per ore, non riuscendo a fare altro che piangere
per i due amici perduti per sempre.
CAPITOLO SEI: CHI TROVA UN AMICO TROVA UN TESORO
Quando Reef fu di nuovo in grado di muoversi, il sole stava già tramontando. I
droni lasciati di guardia lo avevano protetto da un piccolo branco di gaunt
inselvatichiti, riuscendo a ucciderne la metà prima che si ritirassero sibilando.
Antonio si alzò in piedi a fatica: si sentiva i muscoli rigidi, doloranti come dopo
una giornata di continui sforzi: per prima cosa doveva procurarsi un'arma.
"Drone" Ordinò. "Sganciare carabina destra"
"Ricevuto." rispose il robot lasciando che Reef prendesse il fucile. "Sistema d'armi
disattivato. Che il Bene Superiore guidi la vostra mira."
"Droni: seguitemi."
"Negativo: Il comandante Brightmoon ha ordinato di mantenere la posizione per
proteggere Ui'Reef."
"Sono io Ui'Reef, e devo andarmene di qui! Seguimi."
Il drone rimase in silenzio per un secondo, per poi replicare: "Negativo: il
comandante Brightmoon...."
"Ok, ok." Urlò Antonio sull'orlo di una crisi di nervi. "Fanculo! Fanculo! FANCULO!
Fanculo i droni! Fanculo questo pianeta del c?zzo! Fanculo Farsight, Shadowsun,
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Misha e tutti gli altri!" Sollevò la carabina e sparò a bruciapelo al drone, che
piombò a terra, con i circuiti esposti e mezzi carbonizzati.
"Signore: sta danneggiando una proprietà del Bene Superiore." Disse il robot con
una voce distorta. "Lei è in contravvenzione: il costo della proprietà danneggiata
verrà detratto dal suo stipendio."
Un calcio sulla rete neurale mise a tacere definitivamente la macchina.
Reef si sfogò per altri dieci minuti sul drone, prima di riuscire a calmarsi. Il suo
sguardo cadde sul risonatore, che giaceva per terra, dove era stato buttato poco
prima: non aveva altro da fare se non completare la missione. Ancora irrigidito, si
avviò verso il punto di raduno, a qualche chilometro da li.
Quando Reef arrivò alla piazza, ormai era notte fonda. Le tenebre la avvolgevano,
non permettendogli di notare i particolari della carneficina che gli si parava
davanti: decine di corpi erano sparsi in tutta la zona, e icore nerastro ricopriva il
selciato. Dovevano essere passate ore da quando si era concluso quel massacro,
ed un fetore di decomposizione aleggiava nell'aria.
"No..." disse Reef a mezza voce. Avanzò tra i corpi, la maggior parte di tiranidi,
dirigendosi verso un edificio diroccato dove giacevano al tri cadaveri. "Ti prego,
Krokgard, no..." Inciampò in un Kroot trafitto da un hormagaunt, e cadde a sopra
un guerriero tiranide morto. Reef, scosso, rotolò su un fianco, cercando di
allontanarsi da quella mostruosità, e la sua mano, incespicando, toccò qualcosa di
ruvido. Un cappuccio di cuoio, impregnato di sangue.
"No..." Le sue mani tastarono il terreno, e, lì vicino giaceva il corpo di un kroot, la
testa sfondata da un forte colpo, forse di un'arma da fuoco.
"Ti prego, no! Krokgard, almeno tu no!" Le dita di Reef, macchiate di icore misto
a sangue, scrollarono il cadavere, come per svegliarlo.
"KROKGARD! IDIOTA! ALZATI! MUOVITI, ALZATI IN PIEDI! NON PUOI MORIRE!
TU NO!"
Gli ci volle un bel po' di tempo passato ad urlare come un pazzo, per capire che il
kroot non avrebbe potuto rialzarsi.
"Non ce la farò mai." Pensò Reef. "Non posso farcela, da solo. Quando domani, a
mezzogiorno, la città sarà rasa al suolo verrò incenerito. Se sono fortunato,
intendo."
Stette lì seduto, a rigirarsi il cappuccio tra le mani, con lo sguardo perso nel
vuoto. Quante ne avevano passate, insieme. In otto anni di battaglie, fianco a
fianco, il modellatore gli era sembrato invincibile: una divinità della guerra,
inarrestabile, che in un modo o nell'altro se la cavava sempre. Sempre.
Un rumore di cocci rotti lo ridestò dai suoi pensieri. Proveniva da qualche parte
davanti a lui. Ora che ci faceva caso, una tenue luce tremolante proveniva da uno
dei palazzi. Imperiali? Ma sì, chi se ne frega. Almeno avrebbe sentito qualche
voce umana, prima degli spari.
Rassegnato, si alzò, ed a passi decisi si incamminò verso la fonte dei rumori. Da
portone socchiuso partiva una lama di luce. Reef lo spalancò, aspettandosi di
vedere le facce che avrebbero fatto i nemici.
"Alla buon ora..." Disse una voce gracchiante, impastata dall'alcool.
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"Krokgard! Figlio di pµttana!" disse Reef, correndogli incontro e gettandogli le
braccia al collo "Credevo che fossi morto!"
"Ehi, bello..." Biascicò il modellatore. "Non shono un figlio di... quello che hai
detto... ma shono contento di vederti vivo. Shioè, shei vivo?"
Il modellatore stava seduto su una cassa di rifornimenti imperiali, vicino al relitto
di un aereo precipitato. Altre casse, simili a quella, erano aperte, ed il contenuto
era sparso per tutta la stanza: bottiglie su bottiglie di liquore. Probabilmente il
trasporto era stato abbattuto prima di poter consegnare il carico.
"Stai bene, Krok?" chiese Reef, notando lo stato in cui versava l'amico.
"Shto di mærda, ma questa roba mi aiuta a tirarmi su."
"E... sai che hai una testa di gaunt attaccata al braccio?"
Il kroot si fissò per qualche secondo il braccio sinistro, e, perplesso, guardò Reef
con un aria interrogativa.
"L'altro braccio." Precisò l'umano.
"Ah, quello." Rispose Krokgard, e come se fosse la cosa più ovvia al mondo, disse
con una scrollata di spalle "Eh, non viene via."
Antonio afferrò le mandibole con due mani, ed a fatica le aprì, liberando il braccio
dell'amico.
"Grashie. Dai, shiediti qui e sbronzati! Ce n'è per tutti!"
"Mi meraviglio di te." Ribatté Reef, rendendosi conto della situazione. "Sei da
solo, dietro le linee nemiche, e la cosa più intelligente che ti riesce è ubriacarti? E
se i tiranidi ti avessero sorpreso sbronzo?"
"E she mi avessero sorpreso sobrio?" Ribatté il modellatore, con logica
inattaccabile.
"Uno a zero per te." Ammise Antonio, stappando una bottiglia. "Domani, però,
dovremmo essere in condizioni di combattere. E i postumi di una sbornia non
sono il massimo..."
"Voi umani shiete previdenti: insieme a questo ben di dio, tra le altre cose, c'è
un'intera cassa di 'reintegratore'."
Il reintegratore era un farmaco in grado di far passare mal di testa, nausea, e
malessere in generale in pochi minuti. Una specie di super aspirina, in pratica.
"Beh?" chiese Krokgard trangugiando ciò che restava di una bottiglia. "Dove
shono tutti?"
"Hans... è... morto."
"Hans? Hans Loon? Mi prendi per il culo? Come?"
"Non lo so... Qualcosa lo ha preso. Un tiranide, penso."
"Non riesco a credershi... Casho se mi dishpiashe. Alla sua." Brindò, con voce
triste "Che riposhi in pashe."
"Che riposi in pace."
"E Misha? Non dirmi che..."
"Tranquillo. Sta bene, immagino. Ma... Ci ha abbandonato."
"Cosha intendi dire?"
"E' passata dalla parte di Farsight. Quel bastardo l'ha raggirata, ne sono certo."
149
Krokgard rimase qualche secondo in silenzio. "Dovevo immaginarlo. Non approvo
ciò che ha fatto, ma la capisco. Finalmente potrà forse avere il rispetto che
merita, tra i suoi nuovi compagni. Che ne dici... alla sua?"
"Alla sua." Brindò l'umano, dopo un attimo di esitazione. "Spero che si trovi bene.
Dopotutto, io non sono nella posizione di giudicarla."
Per un po' restarono entrambi in silenzio, seduti a bere bottigliette su bottigliette
di liquore. Poi Reef interruppe il silenzio.
"Krokgard... Tu hai una famiglia?"
Il modellatore esplose in una risata che gli fece sputare ciò che aveva in bocca.
"Shenti, per favore: mi dici quanti anelli porto sulle punte dietro la testa?"
Antonio scrutò la chioma. "Troppi, per la mia vista annebbiata."
"Ecco. Ogni anello è una moglie."
"Alla faccia..."
"Già. Conta che in queshti mesi l'ultima covata dovrebbe essere in schiusa. Shto
per diventare nonno."
"Congratulazioni... E io shto per diventare papà. Anche she probabilmente non
vedrò mai mia figlia."
"She tutto va bene, la vedrai. Prima di avvinazzarmi, ho pensato ad un piano di
fuga. Brindiamo ai piani di fuga?"
"Ma shi, dai. Ogni scusha è buona. Ai piani di fuga!" Esclamò Reef, mandando giù
un altra sorsata.
CAPITOLO SETTE: VIA DI QUI!
"Quanto manca al punto d'incontro?" Chiese il colonnello Mitridate, seduto nel suo
chimera di comando.
"Non molto, signore." Disse il pilota del carro, prima di azzardare "Signore...
Posso chiederle chi è questo 'Antonio Reef'?"
"Un traditore, soldato. Un traditore della peggior specie. E' passato al servizio dei
Tau, e, uccidendo valorosi soldati imperiali, si è guadagnato un posto di rilievo tra
le loro fila. Ora guida un'armatura da combattimento, insulto al Dio Macchina, e
l'Imperium ha messo una taglia sulla sua testa. E' preferibile averlo vivo, in modo
da poterlo consegnare all'Inquisizione. Sono stato esauriente?"
"Sissignore. Non riesco a concepire come un soldato possa tradirLo. E'... Al di
fuori della mia comprensione, Signore."
"Se così non fosse, dovresti preoccuparti. Ora quanto manca?"
Poche ore prima, all'alba, il comando aveva ricevuto un messaggio da un
trasporto precipitato qualche giorno prima. Un soldato sosteneva di aver catturato
Antonio Reef vivo, inviando anche la fotografia del prigioniero legato, e aveva
richiesto di essere recuperato. Gli scanner a lungo raggio non rilevavano
movimenti nemici nella zona, e non sembrava che potesse essere una trappola.
"Presto" pensò il colonnello, "il traditore sarebbe stato tra le sue mani. Poteva
aspettarsi come minimo un'onorificenza per averlo catturato."
150
"Arrivano!" Bisbigliò Krokgard, acquattato al primo piano di un palazzo al lato
della strada. "Un veicolo da esplorazione Salamandra in testa, come avevi
previsto. Segue un, un chimera, e un Leman Russ. Non dovremmo aver problemi
a seminarli."
"Perfetto." mormorò Reef, accanto a lui. "Pronto all'azione?"
"Sempre pronto. Ascolta: con tutti gli scongiuri dell'occasione, se tu non dovessi
farcela, se vuoi, posso ospitare Laura e tua figlia su Pech. Vivrebbero lì al sicuro."
"Ce la farò, non preoccuparti." disse Antonio, dopo una generosa grattata.
"Comunque grazie. Ora vai: è il momento."
Il modellatore premette il comando a distanza, e le due granate fotoniche, poste
al lato della strada appena dietro l'ultimo carro, esplosero. Ci fu un lampo bianco,
ed un boato assordante rimbombò tra le case diroccate.
I veicoli si fermarono all'istante, e le torrette dei carri cominciarono subito a
ruotare verso quello che sembrava essere un imboscata.
E in quell'istante le due figure uscirono allo scoperto, saltando dal balcone dove
erano nascoste direttamente sul veicolo d'esplorazione in testa al convoglio.
Il mitragliere era ancora voltato verso la coda del veicolo, quando Krokgard
atterrò sul Salamandra, alle sue spalle, tirandogli una testata sulla nuca e
spingendolo giù dal veicolo con con un calcio. Reef, nel frattempo, aveva puntato
al pilota, afferrandolo per il collo e sbattendogli violentemente la faccia sul
montante del piccolo parabrezza di vetro blindato, per poi buttarlo fuori
dall'abitacolo.
"Vai Reef! Via! Via! Via!" Urlò il modellatore, mettendosi al posto del cannoniere,
mentre l'umano si posizionava alla guida del veicolo.
Antonio ripassò mentalmente i comandi: fortunatamente, erano praticamente
identici a quelli di un chimera, cingolato che aveva guidato parecchie volte in
passato.
Il colonnello Mitridate, si voltò appena in tempo per vedere il Salamandra
schizzare in avanti a tutta velocità, con a bordo un umano (che corrispondeva in
tutto e per tutto all'identikit del traditore) ed un Kroot.
"Fuoco!" Urlò! "Sparate al Salamandra! Il traditore non deve fuggire!"
Krokgard quasi cadde quando il Salamandra accelerò di colpo: sì, si era aspettato
un veicolo veloce, ma vedere un cingolato fare un simile salto in avanti era
spiazzante. Ripresosi dalla sorpresa, si guardò alle spalle.
Vedendo quello che stava accadendo si lasciò sfuggire un imprecazione "Oh,
c?zzo... Reef! Gira a destra!"
Antonio, prontamente, tirò verso di sè la leva che comandava il corrispondente
cingolo, ed il Salamandra sterzò agilmente, imboccando uno stretto vicolo. Alle
loro spalle il cannone demolitore tuonò ed il proiettile d'artiglieria (un cilindro dal
diametro della vita di un uomo, lungo come un avambraccio) esplose contro il
palazzo frappost o tra i due cingolati. L'impatto fu devastante: la deflagrazione
annientò una delle colonne portanti, e l'edificio cominciò a collassare su sé stesso.
Quando la polvere si era diradata, il Salamandra era scomparso.
151
"Colonnello:" gracchiò il Vox "Qui Cannoniera V-12: continuiamo a scortarvi o
inseguiamo i fuggitivi?"
"Inseguiteli! Distruggeteli! Quel traditore non deve sfuggire!" Sbraitò l'ufficiale.
La cannoniera Vulture di scorta al convoglio compié una stretta virata, e si lanciò
all'inseguimento dei due.
CAPITOLO OTTO: LA GRANDE FUGA
Il Salamandra sfrecciò oltre l'edificio, appena prima che venisse distrutto dal
colpo di demolitore.
"Bella mossa!" Si congratulò il Kroot, dando una pacca sulla spalla al guidatore.
"Col cavolo che ci raggiungono, ora."
"Già." Rispose Reef, continuando a guidare. "Guarda se c'è una mappa da qualche
parte."
Krokgard frugò dentro una cassetta contenente vari oggetti, tirando fuori una
cartina della città.
"Ecco qui. Abbiamo piazzato il risonatore in Piazza San Celeste, perciò..." il
modellatore si irrigidì. "Tony: abbiamo piazzato il risonatore?"
Silenzio di tomba.
"Come torniamo alla piazza?" chiese l'umano a mezza voce.
"Gira a destra alla prossim-"
Un razzo li sorpassò sibilando, lasciandosi dietro una scia di fumo, andando ad
esplodere dentro una vetrina di un negozio vicino.
"Vulture!" Urlò il kroot. "Dietro di noi!"
Reef imboccò il vicolo, e, essendo la via libera, diede gas, facendo accelerare il
cingolato fino alla velocità massima. I due palazzi che li affiancavano
originariamente, quando erano stati costruiti, erano completamente staccati l'uno
dall'altro. Con il tempo, però, la gente aveva costruito balconi, terrazzi, ponti che
univano i due edifici, formando una sorta di soffitto per il vicolo.
"Vedi la cannoniera?" Urlò Reef. "La vedi?"
"No, e lei non vede noi!" Disse Krokgard, con una punta di soddisfazione.
I due piloti videro il cingolato sparire in una stradina laterale. Il guidatore si
guardò alle spalle, incrociando lo sguardo dell'armiere seduto dietro di lui. Il gesto
del pilota fu eloquente: mano aperta mossa di taglio, orizzontalmente. Tabula
rasa.
L'armiere sollevò il pollice, in segno di approvazione
Si scatenò una pioggia di fuoco. I due cannoni automatici ed il requiem pesante
cominciarono a vomitare una granicola di colpi. I balconi venivano fatti a pezzi dai
proiettili di alto calibro, che, passandoli da parte a parte, andavano ad esplodere
sul manto stradale, scagliando schegge in ogni direzione.
Vero: il pilota della Vulture non poteva vederli. Non che questo fosse un grosso
problema: distruggendo l'intero vicolo si andava sul sicuro.
152
Alle spalle del Salamandra, i proiettili rendevano qualsiasi cosa in briciole, e
l'ondata di devastazione si avvicinava rapidamente. Reef fece un bilancio della
situazione: no, non avrebbero potuto raggiungere la fine del rettilineo. I colpi li
avrebbero fatti a pezzi molto prima.
"Sinistra! entrata parcheggio sotterraneo! Ora!" Stridette Krokgard in preda al
panico.
Il cingolato svoltò tanto bruscamente che uno dei cingoli si staccò appena dal
suolo, ed il fianco destro del veicolo andò a sbattere contro il muro. Nonostante
questo, Reef riuscì a imboccare la rampa del parcheggio. Una manciata di secondi
dopo, la strada all'esterno venne crivellata di proiettili.
Il volture rase al suolo l'intera stradina. I piloti, si guardarono intorno, stupiti:
Dove cavolo era finito il Salamandra? L'armiere batté sulla spalla del guidatore,
indicando qualcosa sulla sinistra: il cingolato era appena uscito dall'altra parte del
palazzo. La cannoniera virò, lanciandosi di nuovo all'inseguimento.
"Ammiraglio? Allora, cosa dobbiamo fare?"
Il Capitano della nave da bombardamento orbitale, chiamata "AmmazzaCittà"
dall'equipaggio, era in orbita geostazionaria sulla città, in attesa.
"Il risonatore non è ancora in posizione?" Chiese l'ufficiale, preoccupato.
"Nossignore."
Ci fu qualche secondo di silenzio.
"Dobbiamo tentare comunque. Dite al Fio'O di attivare quei cosi, e date inizio alle
manovre di posizionamento."
Krokgard sollevò il capo, come se avesse udito qualcosa. Effettivamente, gli
organi di senso posti sulla sua nuca avevano percepito delle strane vibrazioni. Il
suo sguardo si spostò sul risonatore.
"Si sono attivati! Hanno attivato quell'affare!"
"Già??" Urlò Reef. "Pensavo di avere più tempo!"
"Ci siamo quasi, comunque. Vai a sinistra alla prossima."
Il cingolato sbandò, quando un missile esplose alla sua destra.
Avrebbero dovuto fermarsi, per piazzare il risonatore, e la velocità era l'unica loro
difesa dalla Vulture. Antonio guardò sul quadro comandi, in cerca di... Eccolo! Non
appena il Salamandra entrò nella piazza, Reef premette l'interruttore che lanciava
i fumogeni: quasi immediatamente una spessa cortina di fumo avvolse l'intero
spiazzo.
"Vai! Ora!" urlò a Krokgard, che afferrò il risonatore, corse verso un'aiuola e,
coperto dalla nube, lo piantò con decisione per terra. Pochi secondi dopo, era di
nuovo a bordo.
"Orbita interna raggiunta, ammiraglio... hey! Anche l'ultimo risonatore è in
posizione! Grazie, eterei!
"Forza, Reef! Parti! Sempre dritto! Non so quanto manchi a..."
153
Il terreno cominciò a vibrare, sempre più violentemente: pochi metri a destra del
Salamandra, la terra si gonfiò, dando forma ad una piccola collinetta alta sì e no
un metro. Antonio spinse avanti entrambe le leve che comandavano i cingoli, e il
veicolo balzò in avanti, proprio mentre dalla sommità del rigonfiamento
cominciavano a sciamare gli sventratori: decine e decine di piccole creature si
facevano strada scavando nel terreno e nei corpi degli individui rimasti schiacciati
nella calca.
"Santissimi eterei! Guarda!" Disse Reef, indicando dozzine di collinette simili che
andavano formandosi ovunque intorno a loro. "Devono essere migliaia! Milioni!"
"Non distrarti!" lo rimproverò Krokga rd "Imbocca quella stradina! Il Vulture torna
alla carica!"
"Va bene" Rispose l'umano, obbedendo. "Guarda se trovi qualcosa per difenderci.
Qui ho una carabina, ma temo che sia inutile."
"Lo temo anche io." borbottò il kroot, frugando dentro la cassa contenente
l'equipaggiamento.
"Telo isolante, razzo di segnalazione..."
"Razzo di segnalazione!" urlò Reef eccitato. "Potresti..."
"Ho già capito:" tagliò corto il modellatore, senza smettere di cercare. "E' una
pµttanata. Come puoi pensare che un razzo di segnalazione possa... Ohoh! Ora sì
che ragioniamo!"
"Che è?"
"Lanciamissili, bimbo! Cerca di andare dritto, ho un solo colpo."
"Cerca di non sbagliare, eh!"
"Fidati: non sbaglierò."
Il kroot imbracciò l'arma, appoggiandola sulla spalla sana, proprio mentre il
requiem pesante montato sul muso della cannoniera apriva il fuoco: grossi pezzi
di manto stradale si staccarono da terra, dove i proiettili colpivano il suolo.
"Ok..." disse Krokgard, guardando l'abitacolo nel mirino. "Dritto così..."
"M?RDA!" urlò Reef, quando il terreno si aprì davanti al Salamandra: una mezza
dozzina di divoratori sbucarono sibilando dalla voragine appena aperta.
Proprio mentre il modellatore premeva il grilletto, Antonio tirò verso di sé una
delle due leve, e il veicolo sterzò bruscamente verso destra, schiacciando uno dei
mostri sotto i cingoli. Una delle creature serpentiformi scartò fulmineamente di
lato, per poi aggrapparsi con un artiglio al retro del Salamandra Il missile partì
con un rombo, mancando del tutto l'areomobile, che comunque si alzò di quota,
nell'evenienza che ci fossero altre munizioni.
"Nave in posizione. Cominciamo la procedura di incanalamento del flusso
energetico. Riscaldamento dei motori chimici anti-rinculo avviato"
"Ma come cåzzo guidi?!" Stridette il kroot. Colpendo il capo del divoratore
sibilante con il lanciamissili, facendogli perdere la presa e facendolo cadere
indietro.
Dalla voragine apertasi alle loro spalle cominciarono a sciamare decine e decine di
gaunt. Una dozzina di loro si lanciò all'inseguimento del cingolato. Sembravano
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volare più che correre: con un balzo percorrevano quasi dieci metri; se si
trovavano davanti un ostacolo, lo utilizzavano a loro vantaggio. Uno di essi, dopo
aver saltato la carcassa di un leman russ, usò un lampione storto come un
trampolino e balzò verso di Krokgard, atterrandogli sopra e buttandolo contro il
cannone automatico. Il fatto di avere un occhio solo aveva impedito al kroot di
valutare con precisione la distanza, ostacolando la sua reazione. Ripresosi dalla
botta, il modellatore afferrò il tiranide per la testa, e gliela premette con forza
contro il cingolo, sbriciolandogliela.
"Passami la carabina!" Urlò Krokgard, prendendo poi il fucile da Reef, intento a
cercare di evitare le sempre più frequenti voragini che andavano aprendosi nel
terreno.
“Santissimi Eterei! Guardate le tracce termiche! Sembra che l'intera città stia
ribollendo! Devono essere milioni!"
Un secondo gaunt si fece avanti, saltando di balcone in balcone, per poi puntare
al veicolo in fuga. Krokgard, questa volta, fu preparato: sparando una raffica di
due colpi, centrò il tiranide, che esplose in mille pezzi, annientato dalla scarica
energetica.
Reef, in vista di una biforcazione, andò in panico "Che strada prendo? Che strada
prendo? Krokgard?"
"Non lo so! Cerca le indicazioni per il tunnel. Mi sembra dovessimo prendere -" un
altro gaunt venne distrutto da un proiettile ad impulsi "-una galleria! Ci porterà
dritti al ponte ovest."
"Galleria... Ecco! Sinistra!"
Mezzo chilometro più avanti, nera come la notte, l'imboccatura del tunnel. Il
terreno ora vibrava tanto intensamente da far cadere i calcinacci dai palazzi.
Sembrava che tutto il sottosuolo fosse in subbuglio. Centinaia di migliaia, milioni
di creature di ogni dimensione (da piccoli come un pollo a grandi come un
autobus) stavano scavando freneticamente per sbucare in superficie.
Test ultimati. Rodaggio cannone principale avviato.
"Il Vulture è tornato!" Gridò Krokgard, vedendo la cannoniera che si lanciava
all'inseguimento, facendo fuoco con le mitragliatrici. Due missili partirono dalle
ali, fendendo l'aria verso di loro. Il cingolato imboccò il tunnel appena prima dei
missili, che esplosero contro l'imboccatura.
"SIIIII!!" Esultò il modellatore, vedendo l'aeromobile cabrare all'ultimo momento
per evitare di schiantarsi. "Fanculo, s†ronzi!"
Il tunnel vibrava intensamente, tanto che delle crepe cominciavano a formarsi
sulla volta.
Dopo pochi minuti, sppena giunti in vista dello sbocco Reef sbarrò gli occhi,
terrorizzato.
La Vulture si stagliava al centro dell'uscita, sospesa immobile a pochi metri dal
suolo. Il rombo dei motori era assordante nello spazio ristretto della galleria.
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Appena sotto di essa, migliaia di sventratori sgorgavano dal terreno, dimenandosi
torturati dal suono troppo forte per i loro sensibili organi di udito.
"C?zzo! Krokgard! Il cannone automatico! Ora!"
Il modellatore si affrettò, cercando di caricare l'arma, ma nella fretta chiuse male
l'otturatore, facendo incastrare il proiettile in canna.
Il cratere sotto il velivolo si allargò quando ne uscirono una decina di divoratori
infuriati dal rombo dei motori: sibilavano come gatti, scattando come serpenti,
verso quella creatura volante che li stava sfidando.
Davanti a loro, l'armiere stava prendendo la mira: questa volta non poteva
sbagliare.
Con un esplosione di roccia e pavimentazione, la trigone emerse dal terreno. Un
ruggito sovrastò il rombo dei reattori, quando gli artigli in grado di scavare
chilometri di roccemento si chiusero sulla coda del Vulture, per poi schiacciarlo al
suolo.
Il cingolato sbucò dal tunnel, girando subito in una strada secondaria, lontano dal
titano ruggente al cielo.
"Cannone carico al cinque percento. Sistema di puntamento inizializzato."
"Vedo la rampa per il ponte! C?zzo!" Esplose Reef, vedendo che una piccola
sezione del ponte, quella appena successiva alla rampa stessa era crollata. La
breccia era di circa sei metri.
"Non ce la facciamo!" Urlò Krokgard. "Cerco un'altra strada!"
"Non c'è tempo!" disse Reef indicando verso il centro della città: un sottile fascio
di luce bianco azzurra scendeva dal cielo.
"La nave sta per fare fuoco."
"Non riusciamo a saltare a questa velocità! Dobbiamo accelerare!"
"Ascoltami: prendi uno dei proiettili del cannone automatico. Conosco un vecchio
trucco di quando ero nella Guardia. Lo conoscono tutti, tranne i tecnopreti."
Krokgard obbedì. "Ora?"
"Svitalo! Serve una chiave a pappagallo."
"Dici?" disse il modellatore, usando il becco come una morsa e svitando la punta
del proiettile.
"Ottimo. Dietro di te c'è il serbatoio del carburante. Versaci l'esplosivo liquido del
proiettile."
"Funziona?" chiese il kroot, eseguendo perplesso.
"Quasi sempre."
"Sequenza di carico al trenta percento. Salva di riscaldamento attiva.
Il Salamandra accelerò, raggiungendo i centotrenta chilometri l'ora. Colpì la
rampa con i rostri montati sul davanti, che si piegarono, spezzandosi un istante
dopo.
Alle loro spalle il raggio di luce era diventato più intenso, e del fumo cominciava a
sprigionarsi da dove colpiva il terreno.
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"Sequenza di carico al cinquanta percento. Salva di riscaldamento a potenza
ottimale. Nessun problema riscontrato: procediamo."
Nubi di fumo e vapore avvolgevano il centro città: complessi moti convettivi
facevano roteare le polveri attorno al raggio di luce, ora quasi accecante.
Il Salamandra percorse tutta la rampa senza perdere velocità, e, giunto alla fine,
spiccò il volo.
"Sequenza di carico al sessanta percento. Generatore uno di tre perfettamente
online."
Il salto non fu abbastanza lungo. Il cingolato collise di muso contro il bordo della
breccia cappottandosi, e i due vennero sbalzati in avanti, sopra il ponte.
"Sequenza di carico al settanta percento. Generatori due di tre perfettamente
online."
Per una frazione di secondo, Reef perse i sensi. Quando appena dopo si risvegliò,
vide Krokgard di fianco a lui: dal suo ginocchio sinistro spuntavano quattro dita di
tibia. Antonio prese l'amico per le ascelle, e cominciò a trascinarlo verso la fine
del ponte. "Aspetta!" Urlò il Kroot. "Prendi... Il telo isolante! Presto farà molto
caldo."
L'umano corse verso il Salamandra, afferrò la coperta, e tornò ad occuparsi
dell'amico.
"Sequenza di carico all'ottanta percento. Tutti i generatori online. Sequenza di
attivazione iniziata. Calibrare i motori chimici anti-rinculo."
Il raggio di luce si fece sensibilmente più largo, raggiungendo le dimensioni di un
isolato. La temperatura, anche alla distanza di qualche chilometro, salì di diversi
gradi.
Reef trascinò il modellatore giù dal ponte. Appena dopo, c'era l'entrata di un
pozzo minerario.
"Sequenza di carico al novanta percento. Decompressione del nucleo di plasma.
Centralizzazione del fascio ionico. Induttori magnetici pronti all'impulso"
Elettromagneti da migliaia di terawatt si attivarono, riducendo improvvisamente il
diametro del raggio a quello di un capello. Il riflusso di plasma, come
programmato, risalì verso la nave, andando ad accumularsi dentro il nucleo in
espansione. Spirali di fumo salivano vorticando verso il cielo, facendo sembrare la
colonna di luce un tornado splendente.
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Reef entrò nella galleria, trascinandosi dietro il ferito, si riparò in una piccola
galleria secondaria, e coprì entrambi con il telo isolante, progettato per
proteggere un uomo circondato da carburante in fiamme.
"Sequenza di carico completata." Disse il capitano della nave. "Attendiamo il suo
ordine, ammiraglio."
"Fuoco."
In un nanosecondo, la polarità dei magneti fu invertita. Il nucleo,
precedentemente delle dimensioni di un hangar per manta, venne costretto in un
secondo alle dimensioni di un atomo di idrogeno. L'unica via di sfogo era verso il
basso, lungo la colonna.
L'impulso viaggiò attraverso il raggio, facendolo espandere esponenzialmente.
Quando tutta l'energia venne liberata, il lampo fu visibile anche dall'orbita alta.
Una sfera di plasma, della temperatura di una stella azzurra, esplose al centro
della città, raggiungendo la periferia in un istante. Qualsiasi cosa nel raggio di
cento metri venne trasformata a sua volta in plasma: il calore era troppo intenso
addirittura per vaporizzarsi. A un chilometro dal punto d'impatto, tutto ciò che si
trovava a meno di dieci metri di profondità sublimò. Nonostante la distanza di
svariati chilometri, la protezione della miniera e del telo ignifugo, Reef si sentì
bruciare. I peli si strinarono, e l'anello che portava al dito si fece rovente. Antonio
urlò, e sentì Krokgard fare lo stesso.
Poi, improvvisamente come tutto era cominciato, la temperatura calò.
All'esterno, la sabbia del deserto era vetrificata. Un solo grattacielo, in periferia,
era rimasto in piedi, ma era curvo, semi -fuso. Dove un tempo c'era stata una
città, ora giaceva una pozza di metallo e roccia fusa. In cielo, una gigantesca
nube a forma di fungo raggiungeva la stratosfera, oscurando il sole.
I primi droni esploratori cominciavano a vedersi, pronti a raccogliere dati.
Questione di minuti, e lo avrebbero notato e, con un pizzico di fortuna,
riconosciuto come alleato da recuperare.
Soffiava una brezza fresca, risultante dai moti convettivi. "Buon pensionamento,
Krokko." Disse al kroot. "Goditi l'ozio, su Pech."
"Puoi contarci, amico." Rispose il modellatore da dentro la miniera. "Ah sì. Puoi
contarci."
CAPITOLO NOVE: IN MEMORIA
"Fa sempre impressione ritrovarsi a bordo di un vascello umano." Pensò Reef,
guardandosi intorno. L'atmosfera era più opprimente che quella all'interno delle
navi tau, ma ritrovarsi tra persone come lui non poteva che fargli piacere.
Li vedeva: le loro facce, i loro sguardi, i loro movimenti. Sembravano pesci fuor
d'acqua con le nuove divise fornitegli dagli appena acquisiti compagni. Sentivano
ancora su di sé il peso del tradimento, ma, allo stesso tempo, si sentivano più
liberi.
158
Antonio si trovava a bordo dell'Ex Irae Imperatorum, il vascello imperial e che,
dopo aver commesso un atto di codardia, rifiutandosi di ingaggiare delle navi
tiranidi, aveva preferito cogliere l'occasione per passare ai tau (dopo essersi fatti
promettere che non avrebbero mai più dovuto combattere una bioflotta) che
dover pagare le conseguenze del loro gesto vigliacco.
Proprio in quell'istante vide Krokgard che veniva portato via in barella, verso
l'infermeria. Il kroot gli rivolse un cenno di saluto, e l'umano ricambiò.
"Gue'ui Reef?" Gli chiese una voce dal tipico accento tau.
"Sono io.", rispose voltandosi, e ritrovandosi di fronte un esile membro della casta
dell'acqua.
"Voglia seguirmi, la prego. E' richiesta la sua presenza."
"C'è qualche problema?"
"No, affatto. Ma la prego di non pormi domande. E' una faccenda spinosa. Venga,
per piacere."
Reef entrò in un'anonima stanza, dove due figure lo attendevano in silenzio.
Antonio si inginocchiò, riconoscendo tra di loro Aun'Vaal, l'etereo che sempre era
stato il loro riferimento.
"Alzati, nobile guerriero." Disse il tau, poggiandogli con fare paterno una mano
sulla spalla.
"E' sempre un onore essere in sua presenza, maestà." Rispose l'umano.
"Lascia che ti presenti Por'O Gusal, a capo dei servizi di sicurezza dell'impero."
"Servizi di sicurezza? Mi scusi, signore, non comprendo."
"E' normale, figliolo. Il nobile Gusal si occupa di faccende che la maggior parte
della gente non dovrebbe mai conoscere. E così è, se tutto va bene. Prego, Por'O,
illustri il problema al nostro guerriero."
"Salve, Gue'ui. Si sta rimettendo bene dalla precedente missione, mi auguro..."
"Sì signore." Reef non si sentiva a suo agio. C'era un'atmosfera di cospirazione
che non gli piaceva. "Mi scusi l'impulsività ma... Di cosa volevate parlarmi?"
"Vi piace andare subito al sodo, eh? Tipico dei membri della casta del fuoco.
Ammirabile. Ebbene, sono sicuro che lei è al corrente della recente scomparsa del
nobile comandante Brightmoon."
Reef ci rimase di sasso: come potevano non saperlo? Come potevano essere
all'oscuro del fatto che Misha li aveva traditi?
"Signore... Non so come dirvelo, ma... Il comandante Misha ci ha tradito."
I due tau si scambiarono uno sguardo d'intesa, e l'etereo esordì con una voce
rassicurante: "Ecco, nobile Gue'Ui, era di questo che volevamo parlarvi. L'impero
tau cresce in fretta. Portiamo il bene superiore attraverso le stelle, e, ancor prima
della minaccia delle armi, è il nostro ideale a smuovere gli animi delle creature di
questa galassia. Ognuno ha un suo posto per Servirlo, ogni essere vivente ha un
suo scopo, tutti noi siamo uniti, ed uniti percorriamo il nostro sentiero verso di
Esso. Vedi, Antonio (posso chiamarti Antonio, vero?), la gente, spesso, è
malleabile. Quando la fede è poco salda, basta un inezia a creare lo spazio per il
dubbio. Non credi?"
"Sì, signore. Ma non capisco cosa questo c'entri con Misha."
159
"Il... cambiamento di fazione del comandante Brightmoon potrebbe avere qualche
ripercussione sull'impero tau. Prima di tutto, O'Shaserra sarebbe distrutta dal
dolore e dallo sconforto. Non credo che Shadowsun potrebbe accettare il fatto che
sua sorella, sangue del suo sangue, possa aver voltato le spalle al Bene
Superiore. Poi, verrebbero i dubbi tra i tuoi commilitoni: se il loro stesso shas'o è
passato al nemico, perchè non dovrebbero farlo loro?" disse il membro della casta
dell'acqua. "Capisci, ora, qual'è il problema?"
"Voi... Mi state chiedendo di insabbiare la faccenda?"
"Insabbiare è un termine ruvido... Diciamo che ti chiediamo di mantenere il
segreto, per il Bene Superiore. Cerchiamo sempre di mantenere la massima
trasparenza con il nostro popolo, ma ciò non sempre è possibile. Spero che tu
capisca che a volte una piccola bugia è meglio di una grande verità."
Reef era sconcertato.
"Capiamo i tuoi dubbi, soldato." Continuò l'etereo "Mentire non piace neanche a
noi. Ma, credimi: dire che Misha è morta su quel pianeta è un segno di rispetto
nei suoi confronti."
Era vero, effettivamente.
"Perciò, gue'ui, qual'è la tua scelta?"
"Farò come dite voi." cedette Reef.
"Ottima decisione." Sorrise il Por'O. "Ci siamo messi d'accordo con il nuovo
Shas'O: hai reso grandi servizi all'Impero tau. Ci sembra giusto ricompensarti con
una promozione a Gue'Vre. Congratulazioni."
Reef si sentì, in qualche modo, oltraggiato: "State cercando di corrompermi?
Volete scambiare la verità con una promozione?"
I due tau si guardarono, e l'etereo si affrettò a dire: "No, certo che no..."
"Ho già preso la mia decisione, ma... voglio che mi rispondiate onestamente: cosa
sarebbe successo se avessi rifiutato?"
Ci fu un momento di silenzio, poi il Por'O esordì: "Niente: c'è libertà di
espressione nel nostro impero..."
"La prego, signore. Le ho chiesto di essere onesto: ripeto, che qualsiasi cosa voi
diciate ora io continuerò affermare che Brightmoon è morta su questo pianeta."
"Beh... Vi avremmo, come dire, messo a tacere." Subito, notando lo sguardo
allibito dell'umano, continuò "nonono... mi ha frainteso, gue'vre: avremmo
negato tutto, e, se voi aveste insistito, vi avremmo mandato a svolgere compiti di
responsabilità inferiore in posti meno frequentati. Non arriveremmo mai ad...
assassinare... un compagno." Il Por'O disse la parola 'assassinare' come se fosse
velenosa. "Grazie di tutto, soldato. Che il tuo sentiero sia sgombero e luminoso."
Fu così che Shadowsun seppe che la sorella, l'ultima sua parente rimasta, era
ufficialmente scomparsa durante una missione su Radnar, molto probabilmente
deceduta in seguito al bombardamento orbitale effettuato sulla città. Fu Aun'va a
consolarla, nelle foreste di Wolaho, per la perdita delle sue sorelle.
EPILOGO: ELENA REEF
160
Reef era in piedi appena dietro il portellone dell'orca che lo avrebbe condotto alla
stazione orbitale meridionale di Sky'rrel Minoris. Erano mesi che attendeva quel
momento. Sentì il sibilo dei motori che si spegnevano, il clangore dei pattini che si
appoggiavano all'hangar, e, finalmente, il portellone si aprì. Antonio saltò giù, e si
lanciò verso Laura, che teneva tra le braccia un fagotto.
La prima cosa che disse, dopo un lungo abbraccio, fu: "Hai pensato ad un nome?"
"Elena. Ti piace?" Chiese Laura.
Elena Reef? E' un nome splendido."
"Concordo." disse Krokgard, da sopra una sedia a rotelle.
"Krokko! Sapevo che ce l'avresti fatta!" disse lei, passando Elena a Reef e
andando a salutare il Kroot.
Antonio osservò sua figlia: aveva gli stessi occhi della madre. Occhi verdi,
smeraldini. La bambina lo fissava, in silenzio. Tenendola tra le braccia, Reef si
voltò verso l'immensa vetrata panoramica che dava all'esterno. Le stelle
brillavano nell'oscurità dello spazio, sospese sopra il gigantesco pianeta.
Laura gli si accostò, passandogli un braccio sulle spalle e sussurrandogli: "I tau
concedono il permesso per la paternità?"
"Non me ne frega. Me lo prendo e basta. A proposito, sai che sono Gue'Vre?"
"Non me ne frega. Mi basta che tu sia qui. Baciami."
Le loro labbra si sfiorarono.
L'intera stazione orbitante vibrò violentemente.
Tutte le sirene cominciarono a suonare.
"Ma che c?zzo succede?" Eruppe Reef, guardandosi intorno, preoccupato. Proprio
in quell'istante lo vide: l'intera vetrata fu riempita dall'enorme sagoma
dell'incrociatore d'assalto classe Torture, che, sbucato dal nulla, si dirigeva verso
il pianeta.
Antonio si sentì cedere le gambe, e se Laura non lo avesse sorretto, sarebbe
caduto in ginocchio.
"No!" Urlò. "Non ora! Non loro! No!!"
Eldar Oscuri. Sadici torturatori, bastardi fino al bidollo, divoratori di anime.
Gli altoparlanti della stazione spaziale cominciarono a diffondere avvisi: "Tutto il
personale combattente si rechi ai posti di combattimento. Tutto il personale
combatte nte si rechi ai posti di combattimento. Questa non è un'esercitazione.
Tutti i gue'vesa in grado di combattere si dirigano IMMEDIATAMENTE alla nave
Ex-Irae Imperatorum. I civili si dirigano ai punti di ritrovo situati sui ponti Alfa,
Hotel e November."
Antonio aveva gli occhi pieni di lacrime. Gettò uno sguardo a Laura: "Vai. Porta
Elena al sicuro. Tornerò."
"Col cacchio!" gli urlò la ragazza di rimando. "Ascoltami bene! Un giorno o l'altro
dovrai accettare che anche io faccio parte del personale combattente. Tocca
anche a me combattere, e lo farò volentieri per proteggere ciò in cui credo e
amo."
"Ed Elena? Devi stare con lei. Devi proteggerla."
"Krokgard." disse Laura al Kroot. "Tienila al sicuro fino al nostro ritorno."
161
"Laura..." Rispose il modellatore. "Non sei obbligata a farlo. Resta con tua figlia."
"E' figlia anche di Tony. E se lui va a combattere, vado anche io. Non si discute."
"Forza!" urlò un guerriero del fuoco, indicandogli l'Orca pronta a decollare
"Muovetevi!"
Antonio e Laura baciarono la bambina, prima di affidarla a Krokgard e di salire
sulla nave da sbarco.
Il raid stava volgendo rapidamente a favore degli assalitori. Le loro navi,
immensamente più agili di quelle tau, avevano sfruttato l'effetto sorpresa per
eliminare una buona metà delle navi prima che gli equipaggi potessero
raggiungere i posti di combattimento. L'orca atterrò nell'Hangar dell'Ex-Irae
Imperatorum, e gli uomini sbarcarono, afferrando i fucili e indossando le corazze
che gli addetti porgevano loro.
Reef e Laura indossarono le armature standard (non confezionate su misura, ma
adatte alla maggior parte dei soldati) e corsero ai loro posti, di presidio vicino alla
sala macchine: il loro obiettivo era quello di impedire ad eventuali abbordatori di
danneggiare i motori a propulsione warp.
"Siluri d'abbordaggio in rapido avvicinamento da dritta. Due incrociatori a prua,
diretti verso la stazione spaziale." Comunicò l'addetto ai sensori dell'incrociatore
classe Dominator.
"Torrette: fuoco a volontà sulle navette d'abbordaggio. Quelle oscenità non
devono salire a bordo della nave. Cannone nova pronto a sparare?"
"Pronto a far fuoco al suo ordine."
"Fuoco, allora! Cosa aspettavate, un invito scritto? Fuoco!"
Nonostante i numerosi attutitori di rinculo, l'intera nave venne scoss a dall'enorme
contraccolpo. Il titanico proiettile attraversò lo spazio tra le navi in un istante,
esplodendo proprio tra i due vascelli eldar.
"Impatto confermato. Ottimo colpo. Rapporto danni in arriv-" L'addetto ai sensori
rimase senza parole.
"Allora? Forza! Rapporto danni?" Sbraitò il capitano spazientito.
"D-Danni minimi, S-signore. Entrambe le navi procedono sulla loro rotta. Non
hanno neanche rallentato!"
"Signore!" Lo interruppe l'addetto alle comunicazioni. "L'alto comando della casta
dell'acqua ordina di impedire a tutti che quelle navi raggiungano la stazione
spaziale."
"'Sti c?zzi! Che vengano a darci una mano, allora! Rotta verso gli assalitori.
Vediamo cosa possiamo fare. Cannone nova: ripetere il tiro. Forse questa volta ci
andrà meglio."
Si udirono dei tonfi metallici. Inconfondibili.
Tutti i presenti sulla plancia sollevarono gli occhi dagli strumenti, anche solo per
un secondo.
"Lance da abbordaggio! Contatto!"
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L'addetto alle comunicazioni si alzò dal suo posto, fuggendo attraverso una porta
e urlando qualcosa al perdono dell'Imperatore, subito imitato da altri membri
dell'equipaggio.
"Fermi, dannati codardi!" Gridò il capitano, estraendo la pistola. "Il prossimo che
alza il culo dalla propria sedia si prende un buco in fronte! Cannone nova! Fuoco!"
Si sentì un boato, e la nave vibrò per il rinculo. Dopo qualche secondo, l'addetto
ai sensori disse, con voce raggiante: "Capitano! Nave nemica distrutta! Collasso
delle paratie stagne! Ce l'abbiamo fatta! L'altra nave sembra aver subito danni ai
motori! Ha ridotto drasticamente la sua velocità."
"Ottimo! Cannone nova! Ricaricate appena possibile e spazziamo via quegli
abomini!"
L'addetto alla comunicazione interna sobbalzò, strappandosi di dosso le cuffie e
cadendo a terra in lacrime.
"Che diavolo succede?" Esplose il capitano, portandosi le cuffie all'orecchio.
"Santissimo Imperatore" disse subito dopo, buttandole di nuovo a terra: urla
atroci provenivano dagli addetti al cannone nova. In sottofondo, risate anche più
spaventose.
Reef, assieme a Laura ed altri dieci gue'vesa, era accucciato dietro una barricata
improvvisata, saturando il corridoio con il fuoco delle carabine ad impulsi. Rapide
creature, avvolte da armature da incubo, correvano, apparentemente incuranti
del pericolo, verso di loro, venendo falciate dai colpi delle sofisticate armi tau.
Uno spuntone si piantò in profondità nella gola di uno degli umani, che cadde a
terra, affogando nel suo stesso sangue.
Antonio non riusciva a combattere al massimo delle sue capacità: metà della sua
attenzione era sempre rivolta verso Laura. La soldatessa se la stava cavando
egregiamente, uccidendo un nemico a colpo, ma Reef non si sentiva tranquillo.
Un colpo di fucile a schegge gli rimbalzò sul casco, riportando la sua attenzione
sul nemico. Un guerriero era quasi arrivato alla distanza di mischia, e Antonio gli
sparò quasi a bruciapelo, decapitandolo.
Improvvisamente una voce provenne dagli altoparlanti. Era il capitano, che con
voce rassegnata comunicò: "Attenzione, a tutto l'equipaggio. Il nemico ha
catturato le batterie di artiglieria, e sta' per conquistare la sala comando. Presto
la nave sarà in mano sua. Questo non succederà mai. Sala macchine:
sovraccaricate i motori. Preferisco vedere questo vascello in pezzi che in mano
nemica. Inoltre, se sarete abbastanza veloci, c'è la possibilità che l'esplosione
possa danneggiare la nave nemica. Questo è tutto. Si salvi chi può. Passo e
chiudo."
Un moto d'incertezza serpeggiò tra i soldati. Un paio semplicemente si voltarono
e fuggirono a gambe levate, verso le scialuppe.
"Fermi!" urlò Reef, inutilmente. "Ritiriamoci con ordine, cre†ini! Arretrate
sparando!"
Gli alieni, percepita la paura dei difensori, si fecero più audaci: una pioggia di
schegge cadde sugli umani, costringendoli al riparo della barricata, lasciando agli
eldar la possibilità di avanzare.
163
Tutto successe come a rallentatore: Antonio sentì un grido. Si voltò di scatto, e
vide uno spuntone sporgere dallo spallaccio di Laura. Rimase a guardare, come
inebetito: era ferita? Spesso quei proiettili erano intrisi di veleno! A volte bastava
un graffio per...
"Tony!" Urlò Laura. "Attent-"
Reef urlò per il dolore, quando la lama seghettata gli affondò nell'addome, appena
sopra l'anca, a destra. L'eldar, tremante per l'ondata di piacere, tirò verso l'alto,
liberando la spada che risalì, rompendo una, due costole, prima di ritrarsi
strappando carne e tessuti. Lo sguardo di Antonio si oscurò per un attimo.
Quando, pochi secondi dopo, riprese conoscenza, si ritrovò a terra, sotto il corpo
dell'aggressore, spezzato a metà da un colpo di carabina. Il dolore al fianco era
lancinante: non osò guardare in basso. Laura, urlando, gli corse vicino, e,
afferrandolo con un braccio per la collottola, cominciò a trascinarlo indietro,
sparando per coprirsi la ritirata.
Tutto divenne ancora nero.
Il letto di casa mia? Cosa ci faccio su Sky'rrel? Mi sembrava di trovarmi da
qualche altra parte, ma non ricordo dove. Su Radnar con i tiranidi, forse... No, no.
Che sonno. Era partito da radnar. Forse, dopo una dormita, tutto sarà più chiaro.
Aspetta! Qualcuno ti chiama! Laura? Sì, è lei...
Le palpebre gli sembravano di piombo, ma Antonio riuscì comunque ad aprire gli
occhi. L'atroce dolore al fianco lo riportò bruscamente alla realtà. Laura era china
su di lui, con gli occhi pieni di lacrime, che lo chiamava a squarciagola.
"Sì..." Rispose Antonio con un alito di voce. "Ci sono. Come... Com'è la ferita?
Non voglio guardare."
Laura abbassò lo sguardo, e subito chiuse gli occhi. La lama aveva attraversato la
corazza e la carne senza alcuno sforzo, e, grazie alla forma seghettata, quando
era stata ritratta...
"Non è grave." Disse la donna. "Te... La caverai."
Ma Reef le lesse negli occhi un'altra diagnosi. Si guardò una mano, sporca di
sangue. Sangue scuro, quasi nero. Colpo inferto alla destra dell'addome. Poteva
significare solo una cosa: il colpo aveva colpito il fegato, e, a giudicare dalle
dimensioni della ferita, doveva averlo danneggiato molto gravemente. Inoltre
faceva molta fatica a respirare, probabilmente la lama, risalendo, aveva ferito
anche il polmone destro.
"Non doveva finire così." mormorò, sentendo le lacrime agli occhi. "Non è giusto!"
"Stai calmo." Gli sussurrò Laura, accarezzandogli i capelli. "Andrà tutto bene."
All'improvviso, tutto divenne chiaro ad Antonio.
"Laura! Scappa! Che c?zzo ci fai ancora qui?! La nave sta' per saltare, ed io
morirò comunque. Vai via!"
"Non voglio lasciarti, ed, in ogni caso, non posso. L'unica uscita è da dove siamo
entrati, e quei bastardi stanno cercando di entrare."
"No! Tu devi salvarti! Cerca una via d'uscita! Scappa! Devi tornare da Elena!"
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"Stai calmo... Andrà tutto bene. Non preoccuparti... Krokgard penserà a lei."
I due si trovavano all'interno di un gigantesco locale cilindrico, al centro del quale
si apriva un pozzo, profondo centinaia di metri: dentro di esso, sette colonne di
energia crepitante che arrivavano al soffitto giravano lentamente in cerchio,
ronzando rumorosamente. Era il motore Warp.
Una luce provenne dalla porta, quando gli assalitori cominciarono a tagliarla.
"Non... Lasciare che ci prendano vivi, Laura."
"No, infatti. Distruggerò il motore Warp della nave."
"Non... puoi. Non basta sparargli, temo. Neanche una bomba lo danneggerebbe."
"Fidati di me. Ora dammi retta, per favore. Stai calmo. Godiamoci, per quanto
possibile, la fine."
"Non doveva finire così. Non doveva finire così!"
"Era inevitabile, lo sapevamo entrambi. Prima o poi sarebbe successo. Dopo
tutto," Aggiunse fra le lacrime. "sono contenta di essere al tuo fianco. Meglio che
sapere che l'altro è morto a migliaia di chilometri da te."
La porta cominciava a deformarsi.
Laura infilò una mano nello zaino, ed estrasse ciò che, da prima che Reef
partisse, portava sempre con sé, come una specie di porta fortuna.
Tolse la sicura alla Granata vortex, e lanciò l'ordigno nel pozzo.
Quando la bomba si attivò, una lacerazione Warp si aprì all'interno del motore. Le
sette colonne vacillarono, si piegarono, respingendosi l'un l'altra al contatto,
generando scintille di energia sovrannaturale.
La vista di Reef cominciava ad oscurarsi definitivamente. Le sue labbra toccarono
quelle di Laura.
Poi fu tutto bianco.
Krokgard teneva la bambina tra le braccia, cullandola dolcemente. Il suo unico
occhio sano guardava attraverso la vetrata, le scialuppe che si allontanavano
dalla nave imperiale. Sperava con tutto il cuore che Reef e Laura fossero a bordo
di una di esse.
All'improvviso, da un momento all'altro, Elena scoppiò a piangere, e il kroot capì
che era successo qualcosa. Ci fu un lampo di luce accecante, quando i propulsori
Warp dell'Ex-Irae Imperatorum implosero. Qualsiasi cosa nel raggio di qualche
migliaio di chilometri cessò semplicemente di esistere: gli atomi si spezzarono in
protoni e neutroni, che a loro volta si scissero in particelle ancora più piccole,
scatenando una reazione a catena che spezzò tutti i corpuscoli subatomici in altri
più piccoli, fino ad arrivare a particelle con diametro esattamente uguale a zero: il
nulla.
La nave degli eldar oscuri era quasi passata oltre, quando la metà posteriore sparì
in un istante, lasciandola alla deriva.
Altre navi stavano saccheggiando interi continenti del pianeta, ma quelle che si
sarebbero occupate della stazione spaziale erano andate distrutte.
"Che il vostro sentiero splenda luminoso, fratelli." mormorò il kroot. "Non sarete
dimenticati."
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Poi, rivolto alla bambina. "Non preoccuparti, Elena Reef: mi prenderò cura di te.
Ora, torniamo finalmente a casa."
FINE
Un racconto di Lord Marcusrax
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