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DAVIDE MONTELOENE/CONTRASTO 62-67 qatar 2 _Layout 1 13/02/13 20.52 Pagina 62 Lo sceicco e lo shopping rivoluzionario Cresce l’offensiva economica del Qatar. Obiettivi in primo piano: banche, infrastrutture e turismo (in particolare in Egitto, dove la moneta locale è in caduta libera). Gli attori principali sono il fondo sovrano Qia e la Qatar National Bank. Mentre l’Europa fatica a trovare spazio, alle prese con la crisi dell’euro. di Antonio Barbangelo 62 A metà dicembre 2012 il gruppo francese Société Générale ha deciso di vendere il 77,2% della sussidiaria egiziana National Socièté Générale Bank (Nsgb), alla Qatar National Bank (Qnb). Un’operazione da 1,97 miliardi di dollari, con la quale la Banca del Qatar acquisisce la maggioranza del secondo gruppo bancario privato egiziano. È l’ultima di una serie di manovre della finanza dell’emirato nell’area del Mediterraneo sud. Tra i paesi del Golfo Persico, il Qatar è stato, politicamente e finanzia- riamente, uno dei più attivi nell’appoggiare la Primavera araba. L’emittente televisiva di Doha, Al Jazeera, si è contraddistinta nel raccontare al mondo ciò che stava avvenendo durante i primi mesi del 2011 a Tunisi, al Cairo e nelle altre capitali scosse dai nuovi movimenti. Con un tasso di crescita annuo medio della ricchezza del 10% e un Pil procapite vicino ai 95 mila dollari (primo in Asia e quarto nel mondo), la monarchia sunnita, guidata dall’emiro Hamad bin Khalifa al Thani è il terzo east european crossroads 62-67 qatar 2 _Layout 1 13/02/13 20.52 Pagina 63 QATAR paese al mondo per riserve di gas naturale non associato al petrolio, e uno dei maggiori produttori di oro nero. Dagli anni Novanta è partito un ambizioso programma di sviluppo economico per creare fonti di reddito alternative al petrolio e al gas, che spaziano dal turismo all’industria, all’edilizia, fino alla produzione di energie alternative. Una trasformazione dell’economia ottenuta con l’ausilio dei lavoratori stranieri che superano il 70% della popolazione residente (1,87 milioni); con l’apporto di grandi flussi di capitali provenienti dall’estero (attratti anche da esenzioni fiscali), e grazie al dinamismo delle banche nel Medio Oriente e in altre parti del globo. Qualche mese prima di mettere la nuova bandierina sulle sponde del Nilo, Qatar National Bank aveva acquisito il 49% della Banca Libica del Commercio e dello Sviluppo, con sede a Bengasi. La Qnb, fondata nel 1964, è il più grande istituto creditizio dell’emirato, con 90 miliardi di dollari di asset; è controllato per il 50% da privati e per l’altra metà dal Qatar Investment Authority (Qia), il più importante fondo sovrano dell’emirato, il vero grande protagonista degli investimenti di Doha nel mondo. Il Qia è nato nel 2005, e oggi detiene attività per 115 miliardi di dollari. Il timone del ‘fondo’ è saldamente nella mani della famiglia al Thani. Politiche di espansione: finanza, infrastrutture e turismo “La strategia di investimento del fondo sovrano si è evoluta rapidamente e ha assunto un connotato geopolitico evidente”, afferma Alessandro Santoni, responsabile area Pianificazione Strategica Research & Investor del Monte Paschi Siena. “Un’area di forte interesse politico ed economico è rappresentata dal Nord Africa, ancora di più dopo i movimenti del 2011. L’approccio adottato dal Qia è solitamente morbido: il Qatar non adotta strategie di intromissioni politiche esplicite. Supporta l’economia locale numero 46 marzo/aprile 2013 in due settori vitali: turismo e infrastrutture”. Riguardo al turismo, Qia ha annunciato investimenti in Egitto per realizzare complessi con hotel e resort a Sharm el Sheikh e Hurghada, per 2 miliardi di dollari (il turismo in Egitto rappresenta il 15% del Pil, ma è in forte crisi). Il fondo del Qatar punta a investimenti nel settore turistico anche in Marocco e in Tunisia, con progetti per 3 miliardi di dollari; e in altri comparti dell’economia in Sudan e nello Stato Palestinese. “Riguardo al paese africano, dopo aver investito importanti somme per rilevare quote in banche e aziende locali attive in agricoltura”, aggiunge il dirigente del Monte Paschi Siena, “il Qia ha inviato propri funzionari a Khartum per trattare l’acquisto di 2 miliardi di dollari di obbligazioni che saranno emesse dal governo Sudanese. L’obiettivo non dichiarato è fare del Sudan il maggior fornitore agricolo del Qatar”. Un esempio di investimento dal carattere più strettamente politico è, invece, quello messo in atto in Palestina, dove il Qia finanzia la costruzione di 5 mila appartamenti di edilizia popolare, per un controvalore di 350 milioni di dollari. Un modo per ottenere un positivo ritorno di immagine all’interno del mondo arabo. Il ricco emirato guidato da al Tani sembra volersi ritagliare un ruolo di maggior peso sullo scenario internazionale. Con un occhio attento alla politica estera, influente all’interno della Lega Araba e nel ruolo di buon alleato degli Stati Uniti (in Qatar c’è la più grande base dell'aeronautica Usa in Medio Oriente). Secondo alcuni osservatori “Doha sta facendo leva sul soft power miscelato con il cash power a livello globale”, giocando molto a livello di immagine e prestigio. Su più tavoli. A fine 2012 si è tenuta a Doha la 18° Conferenza mondiale sui cambiamenti climatici, che ha portato nella capitale dell’emirato 194 paesi. Inoltre il Qatar si è già assicurato i Campionati mondiali di calcio del 2022, e si prepara a DOSSIER DOSSIER Y Doha, gli edifici che ospitano il souq vecchio della città. 63 62-67 qatar 2 _Layout 1 13/02/13 20.52 Pagina 64 DOSSIER L’INVERNO ARABO strada per la ricostruzione delle infrastrutture (soprattutto in Libia, dopo la guerra civile che ha distrutto il paese) si presenta in salita per il Vecchio Continente. Le nazioni della Penisola Arabica traggono vantaggio dalla crisi delle banche europee. Nel 2010 il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria ha posto limiti inderogabili cui le banche dei principali paesi europei devono conformarsi per preservare il patrimonio ed evitare altri onerosi salvataggi da parte degli stati (dopo quelli effettuati nel 2009 in seguito al fallimento di Lehman Brothers). Sono i provvedimenti di “Basilea 3”: estrema attenzione prima di fare investimenti in paesi considerati non stabili, compresi quelli della Primavera araba. presentare la propria candidatura per ospitare le Olimpiadi del 2024. L’ultimo significativo step è stato l’acquisto da parte di Al Jazeera di Current Tv, la rete co-fondata nel 2005 dall’ex vicepresidente Usa Al Gore: entro fine anno verrà trasformata nel canale in inglese Al Jazeera America, il punto di vista arabo per il pubblico statunitense. Banche europee con la palla al piede nell’area della Primavera araba Dal 2011 il focus della finanza e dell’economia si è spostato verso i paesi del Mediterraneo Sud. Qatar e Arabia Saudita sono i paesi più attivi: secondo alcune fonti, nei mesi scorsi, Doha e Riyadh hanno prestato 5 miliardi di dollari all’Egitto. Più recentemente Doha ha annunciato un altro prestito da 1 miliardo di dollari al presidente Mohamed Morsi; negli ultimi mesi l’instabilità del paese ha portato la sterlina egiziana in caduta libera. Intanto l’Unione europea ha erogato nelle casse del Cairo un prestito di soli 500 milioni di euro. L’Europa, alle prese con la crisi della moneta unica, si trova in netto svantaggio; anche la Gli altri paesi del Golfo e gli obiettivi nel Mediterraneo sud Alcuni osservatori sottolineano il fatto che anche le ricche capitali del Golfo elargiscono con una certa cautela nell’area del Nord Africa. “I paesi del Golfo hanno fatto molte promesse, ma finora di denaro ne è arrivato poco”, afferma Rony Hamaui, Ceo di Mediofactoring e profes- Qatar Indicatori politici AREA: 11.586 Km2 POPOLAZIONE: 1.951.591 massimo rischio Musulmani 77,5%, cristiani 8,5%, altri 14% (censimento 2004) 50 FORMA DI GOVERNO: Emirato SUFFRAGIO: Universale (18 anni) CAPO DI STATO: Amir HAMAD bin Khalifa Al Thani (Giugno 1995) minimo rischio 0 CAPO DI GOVERNO: HAMAD bin Jasim bin Jabir Al Thani (Aprile 2007) 64 PIL: $ 191 mld (nominale, stima 2013) INFLAZIONE: 3,1% (stima 2013) 40 Il potere politico resta concentrato nelle mani dell'Emiro. Le riforme costituzionali in cantiere potrebbero trasferire alcuni poteri ma anche gli elementi più radicali sono limitati da diverse misure di tutela che assicurano all'Emiro di poter mantenere il controllo generale sul processo politico. 46 Sicurezza RELIGIONE: Efficacia governativa 32,2 anni 100 Stabilità politica ETÀ MEDIA: Political Risk & Country Analysis - UniCredit 4 Corruzione Indipendenza della giustizia 27 10 su 176 Paesi su 144 Paesi Valori di riferimento: primo paese Norvegia, ultimo paese Somalia Qualità della burocrazia minimo rischio 3 massimo rischio EIU, ONU, WB,WEF, Heritage Foundation, Transparency International, Global Peace Index east european crossroads BRUNO BARBEY/MAGNUM PHOTOS/CONTRASTO 62-67 qatar 2 _Layout 1 13/02/13 20.52 Pagina 65 Disordini sociali er a 1° Sv izz da 1° Ru la n Is 1° an da di a Business Environment la n Fin 1° 1° No rv eg ia Indicatori sociali 3 minimo rischio 0 40 massimo rischio Il rischio di disordini sociali è ridotto nonostante l'assenza di un sistema democratico. 37 Popolazione in carcere molto basso 115 Facilità nel concludere affari su 185 Paesi (1° Singapore, 185° Rep. Centrafricana) Maggiori difficoltà: accesso al credito, rispetto dei contratti. molto alto 1 (ogni 100.000 abitanti) \ In Qatar dagli anni Novanta c’è un programma di sviluppo economico per creare fonti di reddito alternative al petrolio e al gas, che spaziano dal turismo, all’edilizia, all’industria. t Doha, un uomo attende la preparazione di una abito. 114 135° Yemen 145 144° Algeria 179° Eritrea 187° Congo 190° Qatar, Arabia Saudita, Vanuatu Sviluppo umano % di seggi Libertà di stampa occupati da donne nei Parlamenti nazionali Disparità di genere Fuga di cervelli numero 46 marzo/aprile 2013 Tasso di alfabetizzazione Abbonamenti a telefoni cellulari 97% 123 (ogni 100 persone) Saldo migratorio (netto) Utenti di internet 857,090 86,2 (ogni 100 persone) 11 Competitività globale su 144 Paesi (1° Svizzera, 144° Burundi ) 25 Libertà economica su 179 Paesi (1° Hong Kong, 179° Corea del Nord) 65 62-67 qatar 2 _Layout 1 13/02/13 20.52 Pagina 66 DOSSIER L’INVERNO ARABO mille francesi). Ma le capitali del Golfo guardano con interesse a tutta l’area del Mediterraneo Sud. Con obiettivi politici, o più squisitamente economici. E gli elementi di attrazione sono svariati: oltre ai settori turistico e finanziario, al gas e al petrolio, ci sono le infrastrutture e le nuove tecnologie che stanno diventando terreno fertile su cui investire. Inoltre, dal punto dei potenti attori di Doha o Riyadh, paesi come l’Algeria, la Libia o l’Egitto sono dei ponti per avvicinarsi alle nazioni del Vecchio Continente. Arabia Saudita e Qatar, per esempio, hanno sviluppato una robusta industria per la produzione di energie alternative in vista della diminuzione delle risorse del sottosuolo nel prossimo decennio: prodotti e tecnologie che intendono esportare al posto del gas e dell’oro nero. La spinta del Gulf Cooperation Council La Penisola Arabica è inoltre avvantaggiata dalle intese stipulate all’interno del Gulf Cooperation Coun- DAVIDE MONTELOENE/CONTRASTO sore a contratto dell’Università Cattolica di Milano. “Perché gli elementi di incertezza sono ancora molti. Questi paesi donatori aspettano che sia prima il Fmi a muoversi. Soprattutto in Egitto. Il denaro vero, finora, è arrivato solo nelle casse di altre due monarchie sunnite: Giordania e Marocco”. Tra i paesi che si trovano in una fase di transizione, il più strutturato dal punto di vista economico è la Tunisia, la nazione africana che ospita il maggior numero di imprese europee (oltre 850 italiane e più di 66 east european crossroads 62-67 qatar 2 _Layout 1 13/02/13 20.52 Pagina 67 QATAR numero 46 marzo/aprile 2013 I soldi degli sceicchi MATILDE GATTONI/REDUX/CONTRASTO cil (Gcc), l’organismo creato nel 1981, di cui fanno parte oggi Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita; Giordania e Marocco sono stati invitati a farne parte. Il Gcc opera a livello economico e politico, con l’obiettivo di difendere le monarchie sunnite del Golfo dall’espansionismo iraniano. L’alleanza del Gcc si è fatta sentire anche nell’ultima riunione annuale, tenutasi in dicembre a Manama, nel Bahrein, quando i sei partner hanno concordato di creare un comando militare congiunto. A livello economico, il Gcc è un’area di libero scambio commerciale; le banche dei sei paesi sono tra la più ricche nel perimetro dei circa 300 attori finanziari operanti nei paesi della Lega Araba, riuniti nell’Union of Arab Banks, associazione presieduta da Adnan Ahmad Yousif, presidente e Ceo di AlBaraka Banking Group - Bahrain. Secondo la classifica del Sovereign Wealth Funds Institute, organizzazione con sede negli Usa che studia le strategie dei fondi sovrani di ogni continente, tra i primi 16 fondi del mondo, ben sette appartengono a paesi del Golfo Persico. Il fondo Abu Dhabi Investment Authority è al secondo posto con 627 miliardi di dollari di asset, il primo fondo sovrano dell’Arabia Saudita è in quarta posizione con 532 miliardi, il fondo del Kuwait (settimo) ha in dotazione 296 miliardi. Non sfigura nemmeno il dinamico Qatar Investment Authority, con i suoi 115 miliardi di dollari di attività (al 12° posto). Una conferma delle posizioni che Doha sta consolidando. DOSSIER Lo shopping di Doha in Europa In sette anni di attività il fondo sovrano Qatar Investment Authority (Qia) ha fatto investimenti in vari settori e in diverse aree del globo. Nel 2012 il Qia ha acquisito una partecipazione del 3% in Royal Dutch Shell e ha acquisito la squadra di calcio Paris Saint-Germain FC, un deal valutato in circa 130 milioni di dollari. Il fondo, inoltre, possiede il 6% del Credit Suisse, e attraverso la controllata Qatar Holding nel 2010 ha acquistato i prestigiosi magazzini Harrods di Londra da Mohamed Al-Fayed, oltre a catene di hotel di lusso in Francia e in Usa. Qatar Holding è il secondo azionista (con una quota del 12%) del colosso minerario anglo-elvetico Xstrata: nel novembre scorso Doha ha posto le sue condizioni e ha dato il via libera per la mega-fusione, da 67 miliardi di dollari, con la svizzera Glencore, leader mondiale nel trading delle materie prime. Qatar Holding è arrivata anche in Italia, firmando pochi mesi fa un accordo con il Fondo Strategico Italiano Spa, holding controllata da Cassa Depositi e Prestiti, per 2 miliardi di euro da investire in società italiane che operano in settori del Made in Italy. Paesi del Golfo e finanza islamica L’attivismo dei paesi della Penisola Arabica ha riportato alla ribalta il tema della presenza della ‘finanza islamica’ nel Nord Africa, che fino alla caduta dei regimi nel 2011 ha avuto scarsa diffusione. La finanza islamica (o Sharia compliant) segue i principi della Sharia, la legge islamica, che in materia di credito si basa su alcuni pilastri, come il divieto di chiedere interessi (considerati usura), o la condivisione dei rischi e dei profitti tra creditore e debitore. “Oggi in Egitto solo il 4,9% degli attivi finanziari sono legati alla finanza islamica”, spiega Alessandro Santoni, del Monte Paschi Siena. “Il 2,2% in Tunisia e l’1,1% in Algeria; a differenza di stati come l’Iran, dove invece la totalità del settore è costituito da banche islamiche, o i paesi del Golfo in cui questa tipologia di attività è circa del 68%. Solo nel 2007 Marocco e Tunisia hanno autorizzato le prime istituzioni di finanza islamica per incentivare i flussi di investimenti provenienti dai paesi del Golfo”. Aggiunge Hamaui, dell’università Cattolica di Milano: “La finanza islamica sta crescendo e sta contribuendo a cambiare gli equilibri nei paesi del Nord Africa, e più in generale in tutta l’area del Medio Oriente. La Turchia, per esempio, ha emesso da poco il suo primo sukuk (titoli di debito Sharia compliant), mentre la Giordania sta varando una nuova legislazione che favorirà la finanza islamica”. A livello mondiale le attività della finanza Sharia compliant sono passate da 982 miliardi di dollari di fine 2010 a 1.166 miliardi a fine 2011. L’economia “occidentale” è sempre più interessata alla finanza islamica: qualche anno fa in Francia Société Générale è stata la prima banca europea a creare un hedge fund regolato dalla Sharia; e successivamente Goldman Sacs ha emesso dei sukuk. 67