il presbitero penitente e confessore introduzione

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il presbitero penitente e confessore introduzione
Lettera del Vescovo ai presbiteri in occasione della Quaresima 2013
IL PRESBITERO PENITENTE E CONFESSORE
INTRODUZIONE
Carissimi confratelli presbiteri, stiamo vivendo il cammino quaresimale all’interno
dell’Anno delle Fede. Il Santo Padre, invitandoci a oltrepassare senza paura la Porta delle Fede, ci
ha incoraggiati a compiere un pellegrinaggio nei deserti del ventunesimo secolo, pur con tutta
l’aridità spirituale che vi troviamo per la crisi mondiale e la caduta dei valori umani e spirituali: ci
ha esortati a portare la gioia del credere agli uomini e donne del nostro tempo, a parlare di un Dio
che ci ama, che si interessa di noi, che è entrato nelle nostra umanità e che ci insegna l’arte di
vivere, liberandoci dal peccato e dalla morte.
In questo orizzonte anche il Piano Pastorale Diocesano Chiamati a diventare comunità di
credenti nella corresponsabilità, ci chiede di purificare le nostre immagini di Dio da una visione
distorta e funzionale, di lasciarci guidare dal comportamento e dalle Parole di Gesù, compiendo un
autentico cammino di conversione. Il tempo quaresimale è il tempo favorevole, un’opportunità che
la Chiesa ci offre per riconciliarci con Dio, attraverso anche la celebrazione della Confessione
sacramentale.
Siamo consapevoli della grave crisi che attraversa il sacramento della Riconciliazione.
Molti cristiani non si confessano più o molto raramente. E’ difficile anche per noi presbiteri vivere
la conversione e accostarci di frequente alla Confessione sacramentale. Il recente Sinodo dei
vescovi, nella proposizione 33, chiede “che questo sacramento venga messo nuovamente al centro
dell’attività pastorale della Chiesa” perché “è un luogo privilegiato per ricevere la misericordia di
Dio e il perdono”. Sono trascorsi parecchi anni dal Nuovo Rito della Penitenza, quando si sperava
che la sua pubblicazione potesse contribuire al rifiorire della celebrazione individuale e comunitaria
del sacramento della Penitenza. Ciò non è ancora avvenuto, anche perché le radici di tale crisi sono
molto profonde e ben note: la perdita del senso del peccato, il rifiuto della mediazione della Chiesa,
fino alla difficoltà reale di trovare ministri disponibili alla celebrazione del sacramento.
Con questa lettera a voi presbiteri, ministri della Riconciliazione, e a tutto il Popolo di Dio
che è in Concordia-Pordenone, intendo riaffermare la necessità della conversione per rafforzare e
consolidare la nostra fede e l’importanza della celebrazione frequente del Sacramento della
confessione per noi sacerdoti, diaconi, consacrati e consacrate e fedeli laici.
1. CONVERSIONE E SACRAMENTO DELLA PENITENZA
Ci viene in aiuto San Paolo, quando descrive ai cristiani di Roma che ancora non conosce,
l’esperienza di contraddizione e lacerazione interiore che sta vivendo. “ Non riesco a capire ciò che
faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto…infatti io non compio il bene
che voglio, ma il male che non voglio” (cfr. Romani 7, 15-25). Per Paolo, il male, il peccato non è
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principalmente frutto di poca buona volontà, ma nasce da una lacerazione dell’uomo stesso, da una
frattura interiore che porta l’uomo a vivere senza Dio, a non riconoscere la sua misericordia e il suo
amore. Scrive il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Il peccato è un’offesa a Dio: ‘Contro di te,
contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto’ (Salmo 51,6). Il peccato si
erge contro l’amore di Dio per noi e allontana da esso i nostri cuori” (n. 1850). Il Battesimo ci ha
innestati in Cristo e ci liberato dal peccato originale, facendoci diventare capaci di amare come Dio!
Ma ogni giorno sperimentiamo che l’uomo vecchio è sempre presente in noi e allontanandoci dal
Vangelo corriamo il rischio di cadere e peccare. Attraverso il sacramento delle Riconciliazione la
Chiesa offre, pertanto, a tutti la possibilità di riconciliarci con Dio e di tornare in comunione con
Lui e con i fratelli.
Come parlare dell’amore di Dio, come annunciare il dono della conversione che Dio ci
offre, attraverso il sacramento della Penitenza, in un mondo che spesso vive senza Dio, non
riconosce più la sua presenza e non vuole sentirsi condizionato da leggi e precetti? C’è un aspetto
che accomuna credenti e non credenti: l’esperienza del limite che si sperimenta nelle malattie e
sofferenze fisiche, psichiche o spirituali; come pure nella fragilità dei rapporti con la rottura delle
amicizie, il fallimento del matrimonio e la difficoltà di educare i figli. Facciamo esperienza del
limite anche nell’ambito più ampio della società e della mondialità: non sappiamo ancora quanto
uno sviluppo del genere possa essere sostenuto dal nostro pianeta. La crisi economica poi che
stiamo vivendo è solo la punta di un iceberg molto più drammatico che non possiamo più ignorare.
Proprio la consapevolezza del limite può aiutare a intraprendere un cammino di purificazione
interiore, di conoscenza dei nostri sbagli personali e comunitari, per assumere così un nuovo stile di
vita più autentico e attento alla presenza di Dio. E’ l’esperienza del paralitico prigioniero di se
stesso, incapace di qualsiasi movimento, che ci descrive l’evangelista Marco (2, 1-12). Gesù va
subito alla radice del male, dicendogli: “Figlio, ti sono perdonati i tuoi peccati” (v. 5). Ristabilisce
così in modo pieno, armonico e autentico la vera relazione con se stesso, con Dio e con i fratelli.
Per questa stessa via il perdono che noi sperimentiamo nel sacramento, è capace di ridonare alla
nostra vita e a noi stessi la radicale fiducia nell’amore misericordioso del Padre e nella possibilità di
rigenerare la comunione con i fratelli.
La Parola di Dio che ascoltiamo e meditiamo ogni giorno - in particolare in questo tempo
di quaresima - ci offre la possibilità di muovere i nostri passi nel cammino di conversione.
I profeti lo richiamato, mettendoci in guardia rispetto al pericolo dell’esteriorizzazione,
ovvero di una conversione solo rituale, che esclude la nostra vita da scelte di amore concreto per i
più poveri. “Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è
misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male”
(Gioele, 2,13). “Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i
legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo” (Isaia, 58,6).
Gesù, nella sua predicazione insiste sulla necessità di una conversione autentica. Egli
inizia la vita pubblica proprio con questo invito programmatico: “Il tempo è compiuto e il regno di
Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo” (Marco 1,15) e non teme di richiamare l’attenzione
su questo punto decisivo usando parole scomode e forti: "Se non vi convertite, perirete tutti allo
stesso modo" (Luca 13,4).
E Pietro, il giorno di Pentecoste, inizio della vita pubblica della Chiesa, dice:
“Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei
vostri peccati” (Atti 2,38). Vangelo e Conversione costituiscono un binomio inseparabile e
interdipendente, perché legano insieme il dono gratuito di Dio e la libera accoglienza da parte
nostra.
La sera di Pasqua la Chiesa ha ricevuto direttamente dal suo Signore, il compito di donare
il perdono e di rimettere i peccati. Ai discepoli il Risorto dice: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro
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a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno
perdonati” (Giovanni 20, 22-23). Attraverso il ministero del Perdono, la madre Chiesa offre ai
battezzati la possibilità di riconciliarsi con Dio, di tornare in comunione con Lui e di riprendere il
cammino di comunione con i fratelli, poiché il peccato non è solo un fatto che coinvolge la
soggettività della persona, ma riguarda anche la comunità dei fedeli. Le mancanze e i peccati del
credente feriscono e indeboliscono tutta la Chiesa. Perciò la richiesta di perdono interessa anche la
comunità. Gesù stesso ha legato il perdono che Dio concede solo a chi sa chiedere perdono al
fratello offeso. E ogni giorno diciamo nel Padre Nostro: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li
rimettiamo ai nostri debitori”.
La confessione sacramentale, segno e strumento del perdono di Dio in Cristo Gesù, pur
avendo avuto lungo i secoli sviluppi e modalità differenti nella sua celebrazione, ha offerto sempre
al penitente, in forma visibile, il ritorno alla pienezza della vita di grazia, collocandosi al vertice del
cammino di conversione e di penitenza. Altri luoghi della Scrittura ci ricordano ancora la centralità
della conversione invitandoci ad un serio cammino di fede. All’inizio della quaresima, siamo
chiamati a confrontarci con la pagine del vangelo di Matteo (6,1-6.16-18) che ci presenta alcune
forme ‘tradizionali’, ma sempre attuali, di conversione e di penitenza: il digiuno, la preghiera e le
opere di carità, necessarie per mettere in pratica l’invito di Paolo a “lasciarci riconciliare con Dio”
(2 Corinzi 5,21). Vissuta così, la penitenza ci libera dall’arroganza e ci fa diventare autentici discepoli,
consapevoli di aver ricevuto tutto dal Signore.
2. Il PRESBITERO PENITENTE
Volgendo lo sguardo su noi stessi possiamo affermare innanzitutto che la nostra vocazione
al ministero ordinato è frutto dell’amore e della misericordia di Dio, di un Dio che ci ha scelto al di
là delle nostre capacità e dei nostri sbagli: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” (Giovanni
15,16). Questo stesso Signore ci invia presso gli uomini e le donne del nostro tempo per essere suoi
ministri, testimoni del suo amore e della sua misericordia, come ha fatto con Pietro (cfr. Luca 5,1-11).
Riscopriamo con gioia e con fiducia il sacramento della Riconciliazione: è lo strumento
fondamentale per ridare vigore e slancio al nostro cammino di fede e di santità. Il personale
incontro con il volto di Cristo Buon Pastore, che ci ama e perdona tutti i nostri peccati, è
indispensabile per la nostra vita di uomini e per il ministero che esercitiamo. Scriveva il Beato
Giovanni Paolo II: "A questo scopo, è importante che riscopriamo il sacramento della
Riconciliazione come strumento fondamentale della nostra santificazione. Avvicinarci a un
fratello sacerdote, per chiedergli quell'assoluzione che tante volte noi stessi diamo ai nostri fedeli, ci
fa vivere la grande e consolante verità di essere, prima ancora che ministri, membri di un unico
popolo, un popolo di «salvati»… È bello poter confessare i nostri peccati, e sentire come un
balsamo la parola che ci inonda di misericordia e ci rimette in cammino. Solo chi ha sentito la
tenerezza dell'abbraccio del Padre, quale il Vangelo lo descrive nella parabola del figliol prodigo —
«gli si gettò al collo e lo baciò» (Luca 15, 20) — può trasmettere agli altri lo stesso calore, quando da
destinatario del perdono se ne fa ministro” (Lettera ai sacerdoti, Giovedì santo 2001).
Carissimi confratelli, chiediamo al Signore, in quest’anno della fede, che ci aiuti a
riscoprire la bellezza e la necessità di vivere il sacramento della Riconciliazione, poiché noi stessi
siamo immersi nella crisi che investe il concetto di conversione e di peccato e conosciamo pure noi
la fatica di accostarci alla celebrazione sacramentale. Ritengo diffuso anche tra noi consacrati ciò
che il card. Martini ha definito come il gonfiarsi canceroso della soggettività, che mette in dubbio
la necessità della confessione. Di per sé, la centralità della soggetto, è una realtà bella e positiva,
che ha portato alla riscoperta dell’interiorità e alla valorizzazione della persona umana e della sua
coscienza. Sono valori importanti di cui dobbiamo tener conto nel servizio pastorale e nel nostro
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cammino personale. E’ necessario però prestare molta attenzione alle contraffazioni e a un suo
sviluppo sproporzionato, come un cancro che porta alla morte. La coscienza personale è importante
e necessaria, ma non deve mai essere la misura unica del nostro comportamento, che è sotto
l’azione dello Spirito Santo, illuminato dalla Parola di Dio, ammaestrato dall’insegnamento della
Chiesa! I nostri sentimenti non possono diventare la norma suprema del modo di agire e di
valutazione dei nostri atti. Anche noi preti siamo bombardati dal relativismo morale che vorrebbe
l’uomo giudice di se stesso, sollecitandolo ad una morale “fai da te”, che tutto discerne e tutto
giustifica in funzione soggettiva.
Ecco allora il pressante invito che, con umiltà di fratello e amore di padre, faccio a tutti:
ricorriamo assiduamente, con frequenza regolare (almeno mensile) al Sacramento della
Penitenza, perché il Signore purifichi il nostro cuore, rendendoci meno indegni dei misteri che
celebriamo. Solo se noi facciamo esperienza personale dell’amore e del perdono misericordioso di
Dio Padre, saremo capaci di essere segno e testimoni di questo amore verso i fratelli. Sempre
Giovanni Paolo II, nell’esortazione apostolica Pastores dabo vobis, scrive che “La vita spirituale e
pastorale del sacerdote, come quella dei suoi fratelli laici e religiosi, dipende, per la qualità e il suo
fervore, dall’assidua e coscienziosa pratica del sacramento della penitenza… In un prete che non si
confessasse più o si confessasse male, il suo essere prete e il suo fare il prete ne risentirebbero
molto presto, e se ne accorgerebbe anche la comunità, di cui egli è pastore” (n. 26). La conversione
che oggettivamente sperimentiamo celebrando il Sacramento della Riconciliazione ci sia di aiuto
per ritornare al primitivo fervore e amore per Cristo e per i fratelli. Ciascuno di noi, giovane o
anziano, ricorda con commozione il momento in cui ci siamo resi conto di essere amati e chiamati
dal Signore e l’entusiasmo della scelta sacerdotale e dei primi anni di ministero! Ogni volta che ci
accostiamo al confessionale, dovremo fare nostro l’invito che Paolo faceva al discepolo Timoteo:
“Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani… Non
vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro … Egli infatti ci ha salvati e ci ha
chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la
sua grazia” (2 Timoteo, 1,6-9).
3. Il PRESBITERO CONFESSORE
“Ogni sacerdote deve considerare il sacramento della penitenza come una parte
essenziale del suo ministero e della nuova evangelizzazione, e in ogni comunità parrocchiale un
tempo appropriato deve essere riservato ad ascoltare le confessioni” (Sinodo dei Vescovi 2012, prop. 33).
Il servizio del confessionale è uno degli aspetti a un tempo più belli e più difficili del ministero
pastorale. La crisi del Sacramento della confessione dipende da molti fattori. Certamente anche
l’indebolimento del nostro entusiasmo e la poca disponibilità all’esercizio di questo sacramento ha
contribuito non poco alla scarsa frequenza. Cari confratelli, rinvigoriamo la consapevolezza e
riscopriamo la bellezza di essere autentici ministri della misericordia di Dio. Dio fa conto anche su
di noi, sulla nostra disponibilità e fedeltà, per condurre alla conversione e per operare prodigi nella
vita delle persone. Nulla è casuale sul versante di Dio!
Sappiamo che non sempre sono note le motivazioni di coloro che si accostano alla
confessione. Alcuni vengono al confessionale perché bisognosi di essere ascoltati, di parlare con
qualcuno; altri lo fanno per adempiere un obbligo, un precetto; altri ancora, forse, per scaramanzia o
per liberarsi da qualche ‘peso’ che si portano dentro. Ma molti - lo possiamo dire - si accostano per
ristabilire una relazione con Dio più vera. Il punto di partenza può essere diverso, quando però Dio
si china sulla persona, quando l’amore di Dio che precede fa breccia nel cuore umano e trasforma,
allora sboccia la conversione. Noi ministri siamo solamente semplici, anche se necessari, strumenti
della misericordia e dell’amore del Padre che si rivela in Gesù Cristo. Questo avviene in ogni
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incontro sacramentale. Così ci scriveva ancora Giovanni Paolo II: “ Prima del nostro invito, e prima
ancora delle nostre parole sacramentali, i fratelli che chiedono il nostro ministero sono già avvolti
da una misericordia che li lavora dal di dentro. Voglia il cielo che anche attraverso le nostre parole e
il nostro animo di pastori, sempre attenti a ciascuna persona... riusciamo a farci collaboratori della
misericordia che accoglie e dell’amore che salva” (Lettera ai sacerdoti, Giovedì Santo 2002).
L’esercizio del ministero della confessione permette a noi sacerdoti di contemplare lo
splendore della misericordia divina, assistendo a dei veri e propri miracoli di conversione. Quante
volte, sedendo in confessionale sentiamo interiormente il desiderio di metterci in ginocchio davanti
a ciò che la potenza della misericordia salvifica della Croce e della Risurrezione realizza nel cuore
e nella vita dei fratelli. Noi stessi ci ritroviamo in quella contemplazione sanati, irrobustiti nella fede
e felici. Molte volte ci vengono rivelati veri drammi esistenziali, personali e famigliari di persone
che non trovano risposta nelle parole degli uomini, ma sono accolti dall’amore di Dio che tutto
salva e perdona. In questo nostro tempo, caratterizzato dal rumore, dalla confusione valoriale, dalla
distrazione e dalla solitudine, il colloquio con il confessore rappresenta una delle poche, se non
l’unica, occasione per essere ascoltati nella verità e in profondità. Il sacerdote in quel momento
diventa un segno dell’accoglienza e della bontà di Dio verso i suoi figli e figlie. In questa
prospettiva il penitente si sente chiamato per nome, percependo di stabilire una relazione
personalissima con il Signore, che scruta e conosce, sa quando mi siedo e quando mi alzo e intende
da lontano i miei passi (cfr. salmo 138, 1-2). Nel mistero, attraverso la voce e il volto del Sacerdote,
prende forma l’incontro di Gesù Buon Pastore con l’originalità di ogni persona umana, tessuto nel
dialogo fatto di ascolto, consiglio, conforto e perdono. “Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo
amò e gli disse…” (Marco 10, 21). Il Dio della misericordia, attraverso il confessore, si prende a
cuore ogni singola persona, come se fosse l’unica, quasi a dirgli: “Tu sei importante per me, per te
dono tutta la mia vita”.
Pochi sacramenti sono capaci di trasformare il cuore delle persone come il sacramento della
penitenza, aprendole all’opera della Grazia. Ecco perché è importante che noi presbiteri dedichiamo
molto tempo alla celebrazione della Confessione. Dove c’è un confessore disponibile e
perseverante, prima o poi i penitenti vi giungeranno, anche numerosi.
4. INDICAZIONI/SUGGERIMENTI PASTORALI
Cari confratelli, mi permetto di offrire alcuni suggerimenti frutto della rilettura della grande
tradizione della Chiesa, del confronto che ho potuto realizzare e delle esperienze maturate negli
anni della mia vita di penitente e confessore. Molto credo è già parte della vostra esperienza e del
vostro vissuto.
1.
Non ci si improvvisa mai confessori! Ecco perché è necessaria la preghiera e un’
adeguata e continua preparazione, in modo da far trasparire sempre l’amore di Dio
che perdona. Importante poi è dedicare del tempo allo studio e riflessione della
dottrina della Chiesa per non lasciarci mai guidare da valutazioni personali, non
rispondenti a ciò che la Chiesa ci insegna. Per aiutare le specifiche categorie di
persone che si accostano al confessionale, credo molto utile una conoscenza
dell’animo umano e della struttura della personalità. Consiglio la lettura e lo studio
del volume intelligente e sapiente PETRA’ B., Fare il confessore oggi, EDB
Bologna, 2012.
2.
Rimane fondamentale, soprattutto ai nostri giorni, riprendere la predicazione e la
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catechesi sulla necessità della conversione, sul senso morale e sul peccato,
riproponendo le esigenze evangeliche nella loro radicalità. La vita cristiana si misura
sulle urgenze del messaggio evangelico, sulla universale vocazione alla santità di
ciascuno. Credo importante richiamare la necessità di accostarsi con frequenza e
regolarità al sacramento della Penitenza. Non possiamo più lamentare che i cristiani,
anche quelli che frequentano, si confessano poco se non educhiamo le nostre
comunità parrocchiali ad accostarsi alla misericordia di Dio anche attraverso la
celebrazione sacramentale della Riconciliazione. Tante sono le obiezioni, ma penso
anche che nella catechesi si possano chiarire!
3.
Ogni presbitero dedichi un congruo periodo di tempo (giornaliero e settimanale)
all’ascolto delle confessioni. Per questo è necessaria una buona programmazione. In
parrocchia o in Unità Pastorale, aiutati dal Consiglio Pastorale, si definiscano bene
luoghi e tempi della disponibilità dei confessori (parroco o altri sacerdoti o religiosi)
tenendo presenti le varie categorie di persone e le loro esigenze: ragazzi, adolescenti
e giovani, adulti e sposi, anziani. E’ importante che siano messi bene in evidenza gli
orari e i luoghi (in parrocchia o nell’Unità Pastorale) dove i fedeli possono trovare
sacerdoti disponibili per l’ascolto delle confessioni. Non è fuori luogo riproporre
come tempi il sabato pomeriggio, una ½ ora prima della celebrazione della S. Messa
feriale e domenicale, una sera fissa alla settimana o al mese, magari in chiesa con la
proposta dell’Adorazione Eucaristica. Anche in occasione delle feste patronali, di
feste particolare o della celebrazione dei sacramenti, è da prevedere un tempo da
dedicare alle confessioni.
A mo’ di esempio:
- Per i ragazzi del catechismo (elementari e medie): regolarmente (ogni mese/due), a
classi si faccia un incontro di preghiera dove si celebra la confessione. Esperienze in
atto dicono che una scelta del genere aiuta, anche da giovani, ad accostarsi con
regolarità alla confessione.
- Per gli adolescenti, giovani e adulti. Anche se è più difficile, vedo utile offrire
qualche serata durante il mese dove si è disponibili in Chiesa per celebrare il
Sacramento, durante una adorazione o un momento di preghiera. Non è sufficiente
offrire due volte all’anno una celebrazione comunitaria. L’educazione può solo
avvenire attraverso una celebrazione più frequente!
- Nei paesi dove si tiene settimanalmente il mercato, può essere fruttuoso offrire in
quella mattinata un momento di preghiera con la possibilità delle confessioni.
4.
Vi invito a rendere noto ai fedeli che in diocesi vi sono alcuni luoghi dove
quotidianamente è a disposizione un sacerdote per le confessioni: la chiesa del Cristo
in Pordenone; i santuari Madonna delle Grazie in Pordenone, Madonna di Fatima in
Portogruaro, Madonna di Rosa in S. Vito e al Santuario Diocesano Madonna del
Monte in Marsure.
5.
In alcuni casi la celebrazione della Confessione porta alla direzione spirituale,
soprattutto quando alcuni fedeli chiedono di essere guidati nel discernimento della
volontà di Dio e nel cammino verso la santità e, per i più giovani, nel discernimento
della propria chiamata e vocazione. E’ un aspetto lodevole e indispensabile per
formare credenti maturi, che sanno anche mettersi a servizio della Chiesa e della
società. E’ una degli aspetti, carissimi confratelli, che dobbiamo valorizzare di più.
Possiamo dire che è uno degli ambiti più specifici del nostro ministero.
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CONCLUSIONE
Carissimi, in questo anno della fede ho desiderato raggiungervi nel tempo santo delle
Quaresima condividendo con voi queste riflessioni sul Sacramento della Penitenza non solo perché
la Chiesa lo ritiene da sempre uno dei suoi maggiori e principali doveri, ma anzitutto perché è luogo
di rinascita per ciascuno di noi e luogo in cui per eccellenza si proclama il mistero della nostra fede:
Cristo, il Figlio di Dio, che ci ha amato ed è morto e risorto perché noi tutti avessimo la vita.
Interceda per noi la Vergine Maria, che è nostra Madre, perché nel proclamare e vivere
questa fede, a partire dal confessionale, tutta la nostra Chiesa diocesana abbia a rigenerarsi: pastori
e fedeli gustino i frutti della salvezza che Cristo ci ha acquistato e contemplino nei nostri giorni le
meraviglie del suo amore.
+ Giuseppe, vescovo
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