il presbitero penitente e confessore introduzione
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il presbitero penitente e confessore introduzione
Lettera del Vescovo ai presbiteri in occasione della Quaresima 2013 IL PRESBITERO PENITENTE E CONFESSORE INTRODUZIONE Carissimi confratelli presbiteri, stiamo vivendo il cammino quaresimale all’interno dell’Anno delle Fede. Il Santo Padre, invitandoci a oltrepassare senza paura la Porta delle Fede, ci ha incoraggiati a compiere un pellegrinaggio nei deserti del ventunesimo secolo, pur con tutta l’aridità spirituale che vi troviamo per la crisi mondiale e la caduta dei valori umani e spirituali: ci ha esortati a portare la gioia del credere agli uomini e donne del nostro tempo, a parlare di un Dio che ci ama, che si interessa di noi, che è entrato nelle nostra umanità e che ci insegna l’arte di vivere, liberandoci dal peccato e dalla morte. In questo orizzonte anche il Piano Pastorale Diocesano Chiamati a diventare comunità di credenti nella corresponsabilità, ci chiede di purificare le nostre immagini di Dio da una visione distorta e funzionale, di lasciarci guidare dal comportamento e dalle Parole di Gesù, compiendo un autentico cammino di conversione. Il tempo quaresimale è il tempo favorevole, un’opportunità che la Chiesa ci offre per riconciliarci con Dio, attraverso anche la celebrazione della Confessione sacramentale. Siamo consapevoli della grave crisi che attraversa il sacramento della Riconciliazione. Molti cristiani non si confessano più o molto raramente. E’ difficile anche per noi presbiteri vivere la conversione e accostarci di frequente alla Confessione sacramentale. Il recente Sinodo dei vescovi, nella proposizione 33, chiede “che questo sacramento venga messo nuovamente al centro dell’attività pastorale della Chiesa” perché “è un luogo privilegiato per ricevere la misericordia di Dio e il perdono”. Sono trascorsi parecchi anni dal Nuovo Rito della Penitenza, quando si sperava che la sua pubblicazione potesse contribuire al rifiorire della celebrazione individuale e comunitaria del sacramento della Penitenza. Ciò non è ancora avvenuto, anche perché le radici di tale crisi sono molto profonde e ben note: la perdita del senso del peccato, il rifiuto della mediazione della Chiesa, fino alla difficoltà reale di trovare ministri disponibili alla celebrazione del sacramento. Con questa lettera a voi presbiteri, ministri della Riconciliazione, e a tutto il Popolo di Dio che è in Concordia-Pordenone, intendo riaffermare la necessità della conversione per rafforzare e consolidare la nostra fede e l’importanza della celebrazione frequente del Sacramento della confessione per noi sacerdoti, diaconi, consacrati e consacrate e fedeli laici. 1. CONVERSIONE E SACRAMENTO DELLA PENITENZA Ci viene in aiuto San Paolo, quando descrive ai cristiani di Roma che ancora non conosce, l’esperienza di contraddizione e lacerazione interiore che sta vivendo. “ Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto…infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio” (cfr. Romani 7, 15-25). Per Paolo, il male, il peccato non è 1 principalmente frutto di poca buona volontà, ma nasce da una lacerazione dell’uomo stesso, da una frattura interiore che porta l’uomo a vivere senza Dio, a non riconoscere la sua misericordia e il suo amore. Scrive il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Il peccato è un’offesa a Dio: ‘Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto’ (Salmo 51,6). Il peccato si erge contro l’amore di Dio per noi e allontana da esso i nostri cuori” (n. 1850). Il Battesimo ci ha innestati in Cristo e ci liberato dal peccato originale, facendoci diventare capaci di amare come Dio! Ma ogni giorno sperimentiamo che l’uomo vecchio è sempre presente in noi e allontanandoci dal Vangelo corriamo il rischio di cadere e peccare. Attraverso il sacramento delle Riconciliazione la Chiesa offre, pertanto, a tutti la possibilità di riconciliarci con Dio e di tornare in comunione con Lui e con i fratelli. Come parlare dell’amore di Dio, come annunciare il dono della conversione che Dio ci offre, attraverso il sacramento della Penitenza, in un mondo che spesso vive senza Dio, non riconosce più la sua presenza e non vuole sentirsi condizionato da leggi e precetti? C’è un aspetto che accomuna credenti e non credenti: l’esperienza del limite che si sperimenta nelle malattie e sofferenze fisiche, psichiche o spirituali; come pure nella fragilità dei rapporti con la rottura delle amicizie, il fallimento del matrimonio e la difficoltà di educare i figli. Facciamo esperienza del limite anche nell’ambito più ampio della società e della mondialità: non sappiamo ancora quanto uno sviluppo del genere possa essere sostenuto dal nostro pianeta. La crisi economica poi che stiamo vivendo è solo la punta di un iceberg molto più drammatico che non possiamo più ignorare. Proprio la consapevolezza del limite può aiutare a intraprendere un cammino di purificazione interiore, di conoscenza dei nostri sbagli personali e comunitari, per assumere così un nuovo stile di vita più autentico e attento alla presenza di Dio. E’ l’esperienza del paralitico prigioniero di se stesso, incapace di qualsiasi movimento, che ci descrive l’evangelista Marco (2, 1-12). Gesù va subito alla radice del male, dicendogli: “Figlio, ti sono perdonati i tuoi peccati” (v. 5). Ristabilisce così in modo pieno, armonico e autentico la vera relazione con se stesso, con Dio e con i fratelli. Per questa stessa via il perdono che noi sperimentiamo nel sacramento, è capace di ridonare alla nostra vita e a noi stessi la radicale fiducia nell’amore misericordioso del Padre e nella possibilità di rigenerare la comunione con i fratelli. La Parola di Dio che ascoltiamo e meditiamo ogni giorno - in particolare in questo tempo di quaresima - ci offre la possibilità di muovere i nostri passi nel cammino di conversione. I profeti lo richiamato, mettendoci in guardia rispetto al pericolo dell’esteriorizzazione, ovvero di una conversione solo rituale, che esclude la nostra vita da scelte di amore concreto per i più poveri. “Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male” (Gioele, 2,13). “Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo” (Isaia, 58,6). Gesù, nella sua predicazione insiste sulla necessità di una conversione autentica. Egli inizia la vita pubblica proprio con questo invito programmatico: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo” (Marco 1,15) e non teme di richiamare l’attenzione su questo punto decisivo usando parole scomode e forti: "Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo" (Luca 13,4). E Pietro, il giorno di Pentecoste, inizio della vita pubblica della Chiesa, dice: “Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati” (Atti 2,38). Vangelo e Conversione costituiscono un binomio inseparabile e interdipendente, perché legano insieme il dono gratuito di Dio e la libera accoglienza da parte nostra. La sera di Pasqua la Chiesa ha ricevuto direttamente dal suo Signore, il compito di donare il perdono e di rimettere i peccati. Ai discepoli il Risorto dice: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro 2 a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (Giovanni 20, 22-23). Attraverso il ministero del Perdono, la madre Chiesa offre ai battezzati la possibilità di riconciliarsi con Dio, di tornare in comunione con Lui e di riprendere il cammino di comunione con i fratelli, poiché il peccato non è solo un fatto che coinvolge la soggettività della persona, ma riguarda anche la comunità dei fedeli. Le mancanze e i peccati del credente feriscono e indeboliscono tutta la Chiesa. Perciò la richiesta di perdono interessa anche la comunità. Gesù stesso ha legato il perdono che Dio concede solo a chi sa chiedere perdono al fratello offeso. E ogni giorno diciamo nel Padre Nostro: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. La confessione sacramentale, segno e strumento del perdono di Dio in Cristo Gesù, pur avendo avuto lungo i secoli sviluppi e modalità differenti nella sua celebrazione, ha offerto sempre al penitente, in forma visibile, il ritorno alla pienezza della vita di grazia, collocandosi al vertice del cammino di conversione e di penitenza. Altri luoghi della Scrittura ci ricordano ancora la centralità della conversione invitandoci ad un serio cammino di fede. All’inizio della quaresima, siamo chiamati a confrontarci con la pagine del vangelo di Matteo (6,1-6.16-18) che ci presenta alcune forme ‘tradizionali’, ma sempre attuali, di conversione e di penitenza: il digiuno, la preghiera e le opere di carità, necessarie per mettere in pratica l’invito di Paolo a “lasciarci riconciliare con Dio” (2 Corinzi 5,21). Vissuta così, la penitenza ci libera dall’arroganza e ci fa diventare autentici discepoli, consapevoli di aver ricevuto tutto dal Signore. 2. Il PRESBITERO PENITENTE Volgendo lo sguardo su noi stessi possiamo affermare innanzitutto che la nostra vocazione al ministero ordinato è frutto dell’amore e della misericordia di Dio, di un Dio che ci ha scelto al di là delle nostre capacità e dei nostri sbagli: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” (Giovanni 15,16). Questo stesso Signore ci invia presso gli uomini e le donne del nostro tempo per essere suoi ministri, testimoni del suo amore e della sua misericordia, come ha fatto con Pietro (cfr. Luca 5,1-11). Riscopriamo con gioia e con fiducia il sacramento della Riconciliazione: è lo strumento fondamentale per ridare vigore e slancio al nostro cammino di fede e di santità. Il personale incontro con il volto di Cristo Buon Pastore, che ci ama e perdona tutti i nostri peccati, è indispensabile per la nostra vita di uomini e per il ministero che esercitiamo. Scriveva il Beato Giovanni Paolo II: "A questo scopo, è importante che riscopriamo il sacramento della Riconciliazione come strumento fondamentale della nostra santificazione. Avvicinarci a un fratello sacerdote, per chiedergli quell'assoluzione che tante volte noi stessi diamo ai nostri fedeli, ci fa vivere la grande e consolante verità di essere, prima ancora che ministri, membri di un unico popolo, un popolo di «salvati»… È bello poter confessare i nostri peccati, e sentire come un balsamo la parola che ci inonda di misericordia e ci rimette in cammino. Solo chi ha sentito la tenerezza dell'abbraccio del Padre, quale il Vangelo lo descrive nella parabola del figliol prodigo — «gli si gettò al collo e lo baciò» (Luca 15, 20) — può trasmettere agli altri lo stesso calore, quando da destinatario del perdono se ne fa ministro” (Lettera ai sacerdoti, Giovedì santo 2001). Carissimi confratelli, chiediamo al Signore, in quest’anno della fede, che ci aiuti a riscoprire la bellezza e la necessità di vivere il sacramento della Riconciliazione, poiché noi stessi siamo immersi nella crisi che investe il concetto di conversione e di peccato e conosciamo pure noi la fatica di accostarci alla celebrazione sacramentale. Ritengo diffuso anche tra noi consacrati ciò che il card. Martini ha definito come il gonfiarsi canceroso della soggettività, che mette in dubbio la necessità della confessione. Di per sé, la centralità della soggetto, è una realtà bella e positiva, che ha portato alla riscoperta dell’interiorità e alla valorizzazione della persona umana e della sua coscienza. Sono valori importanti di cui dobbiamo tener conto nel servizio pastorale e nel nostro 3 cammino personale. E’ necessario però prestare molta attenzione alle contraffazioni e a un suo sviluppo sproporzionato, come un cancro che porta alla morte. La coscienza personale è importante e necessaria, ma non deve mai essere la misura unica del nostro comportamento, che è sotto l’azione dello Spirito Santo, illuminato dalla Parola di Dio, ammaestrato dall’insegnamento della Chiesa! I nostri sentimenti non possono diventare la norma suprema del modo di agire e di valutazione dei nostri atti. Anche noi preti siamo bombardati dal relativismo morale che vorrebbe l’uomo giudice di se stesso, sollecitandolo ad una morale “fai da te”, che tutto discerne e tutto giustifica in funzione soggettiva. Ecco allora il pressante invito che, con umiltà di fratello e amore di padre, faccio a tutti: ricorriamo assiduamente, con frequenza regolare (almeno mensile) al Sacramento della Penitenza, perché il Signore purifichi il nostro cuore, rendendoci meno indegni dei misteri che celebriamo. Solo se noi facciamo esperienza personale dell’amore e del perdono misericordioso di Dio Padre, saremo capaci di essere segno e testimoni di questo amore verso i fratelli. Sempre Giovanni Paolo II, nell’esortazione apostolica Pastores dabo vobis, scrive che “La vita spirituale e pastorale del sacerdote, come quella dei suoi fratelli laici e religiosi, dipende, per la qualità e il suo fervore, dall’assidua e coscienziosa pratica del sacramento della penitenza… In un prete che non si confessasse più o si confessasse male, il suo essere prete e il suo fare il prete ne risentirebbero molto presto, e se ne accorgerebbe anche la comunità, di cui egli è pastore” (n. 26). La conversione che oggettivamente sperimentiamo celebrando il Sacramento della Riconciliazione ci sia di aiuto per ritornare al primitivo fervore e amore per Cristo e per i fratelli. Ciascuno di noi, giovane o anziano, ricorda con commozione il momento in cui ci siamo resi conto di essere amati e chiamati dal Signore e l’entusiasmo della scelta sacerdotale e dei primi anni di ministero! Ogni volta che ci accostiamo al confessionale, dovremo fare nostro l’invito che Paolo faceva al discepolo Timoteo: “Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani… Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro … Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia” (2 Timoteo, 1,6-9). 3. Il PRESBITERO CONFESSORE “Ogni sacerdote deve considerare il sacramento della penitenza come una parte essenziale del suo ministero e della nuova evangelizzazione, e in ogni comunità parrocchiale un tempo appropriato deve essere riservato ad ascoltare le confessioni” (Sinodo dei Vescovi 2012, prop. 33). Il servizio del confessionale è uno degli aspetti a un tempo più belli e più difficili del ministero pastorale. La crisi del Sacramento della confessione dipende da molti fattori. Certamente anche l’indebolimento del nostro entusiasmo e la poca disponibilità all’esercizio di questo sacramento ha contribuito non poco alla scarsa frequenza. Cari confratelli, rinvigoriamo la consapevolezza e riscopriamo la bellezza di essere autentici ministri della misericordia di Dio. Dio fa conto anche su di noi, sulla nostra disponibilità e fedeltà, per condurre alla conversione e per operare prodigi nella vita delle persone. Nulla è casuale sul versante di Dio! Sappiamo che non sempre sono note le motivazioni di coloro che si accostano alla confessione. Alcuni vengono al confessionale perché bisognosi di essere ascoltati, di parlare con qualcuno; altri lo fanno per adempiere un obbligo, un precetto; altri ancora, forse, per scaramanzia o per liberarsi da qualche ‘peso’ che si portano dentro. Ma molti - lo possiamo dire - si accostano per ristabilire una relazione con Dio più vera. Il punto di partenza può essere diverso, quando però Dio si china sulla persona, quando l’amore di Dio che precede fa breccia nel cuore umano e trasforma, allora sboccia la conversione. Noi ministri siamo solamente semplici, anche se necessari, strumenti della misericordia e dell’amore del Padre che si rivela in Gesù Cristo. Questo avviene in ogni 4 incontro sacramentale. Così ci scriveva ancora Giovanni Paolo II: “ Prima del nostro invito, e prima ancora delle nostre parole sacramentali, i fratelli che chiedono il nostro ministero sono già avvolti da una misericordia che li lavora dal di dentro. Voglia il cielo che anche attraverso le nostre parole e il nostro animo di pastori, sempre attenti a ciascuna persona... riusciamo a farci collaboratori della misericordia che accoglie e dell’amore che salva” (Lettera ai sacerdoti, Giovedì Santo 2002). L’esercizio del ministero della confessione permette a noi sacerdoti di contemplare lo splendore della misericordia divina, assistendo a dei veri e propri miracoli di conversione. Quante volte, sedendo in confessionale sentiamo interiormente il desiderio di metterci in ginocchio davanti a ciò che la potenza della misericordia salvifica della Croce e della Risurrezione realizza nel cuore e nella vita dei fratelli. Noi stessi ci ritroviamo in quella contemplazione sanati, irrobustiti nella fede e felici. Molte volte ci vengono rivelati veri drammi esistenziali, personali e famigliari di persone che non trovano risposta nelle parole degli uomini, ma sono accolti dall’amore di Dio che tutto salva e perdona. In questo nostro tempo, caratterizzato dal rumore, dalla confusione valoriale, dalla distrazione e dalla solitudine, il colloquio con il confessore rappresenta una delle poche, se non l’unica, occasione per essere ascoltati nella verità e in profondità. Il sacerdote in quel momento diventa un segno dell’accoglienza e della bontà di Dio verso i suoi figli e figlie. In questa prospettiva il penitente si sente chiamato per nome, percependo di stabilire una relazione personalissima con il Signore, che scruta e conosce, sa quando mi siedo e quando mi alzo e intende da lontano i miei passi (cfr. salmo 138, 1-2). Nel mistero, attraverso la voce e il volto del Sacerdote, prende forma l’incontro di Gesù Buon Pastore con l’originalità di ogni persona umana, tessuto nel dialogo fatto di ascolto, consiglio, conforto e perdono. “Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse…” (Marco 10, 21). Il Dio della misericordia, attraverso il confessore, si prende a cuore ogni singola persona, come se fosse l’unica, quasi a dirgli: “Tu sei importante per me, per te dono tutta la mia vita”. Pochi sacramenti sono capaci di trasformare il cuore delle persone come il sacramento della penitenza, aprendole all’opera della Grazia. Ecco perché è importante che noi presbiteri dedichiamo molto tempo alla celebrazione della Confessione. Dove c’è un confessore disponibile e perseverante, prima o poi i penitenti vi giungeranno, anche numerosi. 4. INDICAZIONI/SUGGERIMENTI PASTORALI Cari confratelli, mi permetto di offrire alcuni suggerimenti frutto della rilettura della grande tradizione della Chiesa, del confronto che ho potuto realizzare e delle esperienze maturate negli anni della mia vita di penitente e confessore. Molto credo è già parte della vostra esperienza e del vostro vissuto. 1. Non ci si improvvisa mai confessori! Ecco perché è necessaria la preghiera e un’ adeguata e continua preparazione, in modo da far trasparire sempre l’amore di Dio che perdona. Importante poi è dedicare del tempo allo studio e riflessione della dottrina della Chiesa per non lasciarci mai guidare da valutazioni personali, non rispondenti a ciò che la Chiesa ci insegna. Per aiutare le specifiche categorie di persone che si accostano al confessionale, credo molto utile una conoscenza dell’animo umano e della struttura della personalità. Consiglio la lettura e lo studio del volume intelligente e sapiente PETRA’ B., Fare il confessore oggi, EDB Bologna, 2012. 2. Rimane fondamentale, soprattutto ai nostri giorni, riprendere la predicazione e la 5 catechesi sulla necessità della conversione, sul senso morale e sul peccato, riproponendo le esigenze evangeliche nella loro radicalità. La vita cristiana si misura sulle urgenze del messaggio evangelico, sulla universale vocazione alla santità di ciascuno. Credo importante richiamare la necessità di accostarsi con frequenza e regolarità al sacramento della Penitenza. Non possiamo più lamentare che i cristiani, anche quelli che frequentano, si confessano poco se non educhiamo le nostre comunità parrocchiali ad accostarsi alla misericordia di Dio anche attraverso la celebrazione sacramentale della Riconciliazione. Tante sono le obiezioni, ma penso anche che nella catechesi si possano chiarire! 3. Ogni presbitero dedichi un congruo periodo di tempo (giornaliero e settimanale) all’ascolto delle confessioni. Per questo è necessaria una buona programmazione. In parrocchia o in Unità Pastorale, aiutati dal Consiglio Pastorale, si definiscano bene luoghi e tempi della disponibilità dei confessori (parroco o altri sacerdoti o religiosi) tenendo presenti le varie categorie di persone e le loro esigenze: ragazzi, adolescenti e giovani, adulti e sposi, anziani. E’ importante che siano messi bene in evidenza gli orari e i luoghi (in parrocchia o nell’Unità Pastorale) dove i fedeli possono trovare sacerdoti disponibili per l’ascolto delle confessioni. Non è fuori luogo riproporre come tempi il sabato pomeriggio, una ½ ora prima della celebrazione della S. Messa feriale e domenicale, una sera fissa alla settimana o al mese, magari in chiesa con la proposta dell’Adorazione Eucaristica. Anche in occasione delle feste patronali, di feste particolare o della celebrazione dei sacramenti, è da prevedere un tempo da dedicare alle confessioni. A mo’ di esempio: - Per i ragazzi del catechismo (elementari e medie): regolarmente (ogni mese/due), a classi si faccia un incontro di preghiera dove si celebra la confessione. Esperienze in atto dicono che una scelta del genere aiuta, anche da giovani, ad accostarsi con regolarità alla confessione. - Per gli adolescenti, giovani e adulti. Anche se è più difficile, vedo utile offrire qualche serata durante il mese dove si è disponibili in Chiesa per celebrare il Sacramento, durante una adorazione o un momento di preghiera. Non è sufficiente offrire due volte all’anno una celebrazione comunitaria. L’educazione può solo avvenire attraverso una celebrazione più frequente! - Nei paesi dove si tiene settimanalmente il mercato, può essere fruttuoso offrire in quella mattinata un momento di preghiera con la possibilità delle confessioni. 4. Vi invito a rendere noto ai fedeli che in diocesi vi sono alcuni luoghi dove quotidianamente è a disposizione un sacerdote per le confessioni: la chiesa del Cristo in Pordenone; i santuari Madonna delle Grazie in Pordenone, Madonna di Fatima in Portogruaro, Madonna di Rosa in S. Vito e al Santuario Diocesano Madonna del Monte in Marsure. 5. In alcuni casi la celebrazione della Confessione porta alla direzione spirituale, soprattutto quando alcuni fedeli chiedono di essere guidati nel discernimento della volontà di Dio e nel cammino verso la santità e, per i più giovani, nel discernimento della propria chiamata e vocazione. E’ un aspetto lodevole e indispensabile per formare credenti maturi, che sanno anche mettersi a servizio della Chiesa e della società. E’ una degli aspetti, carissimi confratelli, che dobbiamo valorizzare di più. Possiamo dire che è uno degli ambiti più specifici del nostro ministero. 6 CONCLUSIONE Carissimi, in questo anno della fede ho desiderato raggiungervi nel tempo santo delle Quaresima condividendo con voi queste riflessioni sul Sacramento della Penitenza non solo perché la Chiesa lo ritiene da sempre uno dei suoi maggiori e principali doveri, ma anzitutto perché è luogo di rinascita per ciascuno di noi e luogo in cui per eccellenza si proclama il mistero della nostra fede: Cristo, il Figlio di Dio, che ci ha amato ed è morto e risorto perché noi tutti avessimo la vita. Interceda per noi la Vergine Maria, che è nostra Madre, perché nel proclamare e vivere questa fede, a partire dal confessionale, tutta la nostra Chiesa diocesana abbia a rigenerarsi: pastori e fedeli gustino i frutti della salvezza che Cristo ci ha acquistato e contemplino nei nostri giorni le meraviglie del suo amore. + Giuseppe, vescovo 7