SFIDA DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE ALLA

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SFIDA DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE ALLA
25/01/2011
Nella cultura della com.ne
SFIDA DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE
ALLA VITA CONSACRATA
Curare la com.ne interpersonale
Quale formazione ai media?
Scuola pratica di teologia e diritto per la VITA CONSACRATA
Formare i formatori
Coltivare la «lectio» del film
I giovani religiosi in formazione
26 gennaio 2011 – Caterina Cangià fma
Introduzione
Introduzione
La cultura della comunicazione nella quale il mondo è oggi immerso lancia alla vita consacrata alcune sfide, ma offre anche molte risorse da usare con intelligenza e con cuore, orientandole alla formazione iniziale e permanente. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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Introduzione
In maniera particolare oggi, oltre a parlare di mass media e di new media o tecnologie digitali è necessario prendere in considerazione il consumo individuale dei media che coinvolge anche i consacrati, ovvero il consumo dei cosiddetti my media o media personali di cui generalmente si fruisce su supporti quali il computer collegato alla Rete, i cd‐rom, i cd‐ audio, gli mp3 e mp4 e i dvd.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
A ogni singolo consacrato/consacrata viene chiesto di assumere uno sguardo e un’ottica positivi, liberi dal sospetto che ancora troppo spesso impedisce di vedere bene e di operare con efficacia. 5
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Introduzione
Con la convinzione che la comunicazione è una cultura, un modo di esistere, un ambiente di vita, un contesto esistenziale all’interno del quale viviamo e ci muoviamo anche noi consacrati e consacrate, il presente contributo propone alcune riflessioni sui nuclei seguenti:
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Introduzione
‐ curare la comunicazione interpersonale a monte di ogni riflessione sui media
‐ decidersi per una modalità di formazione ai media
‐ formare i formatori e i giovani in formazione
‐ coltivare la presentazione, visione e “lectio” del film come percorso d’eccellenza per la formazione iniziale e permanente
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
Introduzione
Dalla constatazione che una vita consacrata che non riesce a essere comunicata è inutile, emerge forte l’urgenza formativa di “fare cultura” e di evangelizzare nella società mediatica.
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Introduzione
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Introduzione
I media e le tecnologie digitali esigono, da parte di chi si prende cura dei consacrati in formazione, un atteggiamento “attivo” rispetto al cambio culturale che stiamo attraversando. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
Per questo motivo, a conclusione del contributo, faccio cenno anche a riflessioni sui giovani in formazione in riferimento alla fruizione dei media versus la realizzazione di produzioni mediatiche.
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Introduzione
Introduzione
Nell’insieme, auspico che l’espressione “cultura della comunicazione” venga intesa nella sua globalità: non come un semplice insieme di tecnologie frutto della cultura di massa e della cultura digitale, ma come la coesistenza di queste con una vissuta e felice comunicazione interpersonale in comunità e con la gente. Chiudo il discorso con l’offerta di una filmografia essenziale orientata alla formazione nella vita consacrata. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Cosa si intende per “cultura della comunicazione”? Partiamo dal termine “comunicazione” che, di per sé, ha valenza polisemica. Se da una parte comunicare vuol dire “mettere in comune” e “condividere” nel senso più evangelico del termine, dall’altra, può diventare “esporsi”, quindi “disperdersi” o “chiudersi” ai vicini per intrattenere legami, spesso sterili, con i lontani. Introduzione
I giovani in formazione, digitali nati, figli di una società i cui cambiamenti sono molto marcati, interpellano i loro formatori. A noi tocca rispondere con serietà e competenza.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
La dilagante presenza di prodotti mediatici sia dal punto di vista hardware che software e la straordinaria varietà di canali e di programmi connotano la cultura di oggi come “cultura della comunicazione”.
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Come le tecnologie si sono sommate, integrate, contaminate (pensiamo a quanto cinema si guarda oggi su YouTube, a quanta musica si ascolta via computer; pensiamo alle migliaia di web‐radio e alle numerosissime presenze in narrowcast), così anche tutti gli aspetti culturali di oggi e di ieri (archivi e cineteche intere disponibili online) hanno operato una convergenza che ha dato vita alla cultura attuale della comunicazione. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Dire “cultura della comunicazione” è allora dire un modo di comportarsi, di stare al mondo, un ambiente di vita, un contesto esistenziale. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
La stampa di massa e ogni altro medium fruito fra il cartaceo e il digitale, la loro portabilità su iPad e su SmartPhone
attraverso connessioni veloci e disponibili via infrarossi, bluetooth e wi‐fi testimoniano che non ci sono confini netti fra contenuto e mezzo che veicola il contenuto, rendendo realtà l’affermazione visionaria di McLuhan
(1964): “il mezzo è il messaggio”. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Dire “cultura della comunicazione” significa, oggi più che mai, che è importante considerare i media non tanto in base ai contenuti che veicolano, ma in base ai criteri strutturali con cui organizzano la comunicazione. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Penso che quest’ultimo sia il punto da tenere più presente nella formazione continua di consacrati e consacrate.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
1. Immersi nella cultura della comunicazione
McLuhan aggiungerebbe un altro concetto, oltre a quello di organizzazione della comunicazione: il concetto di portabilità/facilità/disponibilità per tutti e personalmente dei mezzi di comunicazione. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
La società dell’informazione e della comunicazione richiede un continuo adattamento della persona, dei gruppi e delle organizzazioni alla rapidità delle trasformazioni. Questo genera, altresì, un contesto sociale e culturale frammentato riguardo a ideologie, valori, gusti e stili di vita. 21
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
1. Immersi nella cultura della comunicazione
La telefonia mobile è l’espressione, non solo di una esigenza comunicativa della persona –
quella di essere sempre connessa e sempre disponibile a entrare nel dialogo –, ma anche di un vero e proprio cambio culturale: si ha bisogno di essere “always on”, sempre connessi. Il fenomeno lo si deve allo sviluppo delle tecnologie wireless.
Altro sogno‐desiderio: “My media” o la comunicazione cucita addosso. Non più solo il piegare la tecnologia alle proprie necessità, ma il portare addosso, prossimo al corpo, un terminale sempre più intelligente e piccolo, quasi invisibile. Una linea della “portabilità” e “miniaturizzazione” che marca il passaggio sempre più rapido dai “mass‐media” ai “my‐
media”. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Un ampliamento e rafforzamento della portata della comunicazione: non più solo dall’uno a molti, ma dall’uno‐sempre‐
disponibile ai tutti‐sempre‐raggiungibili, e viceversa. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
Questo significa che la comunicazione viene considerata un bene fondamentale, a cui non rinunciare neanche in presenza di difficoltà economiche, ma sta anche a dimostrare ancora una volta che i nuovi media tendono ad affiancare e non a sostituire quelli già esistenti.
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Si sente dire che l’epoca dei mass media sia finita, che la comunicazione lineare e a senso unico è ormai un retaggio del passato, che il perno del modello comunicativo è oggi l’utente in rete. Ciò è vero come tendenza, ma non si può separare con un taglio netto un fenomeno dall’altro. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Qui sta il nodo più importante: cambiare mentalità nei confronti delle tecnologie, ovvero formarsi responsabilmente consapevoli delle loro potenzialità e dei loro rischi. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
1. Immersi nella cultura della comunicazione
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
L’uso delle tecnologie digitali della “nuova comunicazione” richiede a volte un’iniziazione impegnativa (aiuto con commozione religiosi inesperti che mi chiedono di accompagnarli passo passo
nell’uso della mail o nell’apertura di un blog), ma recepirne la nuova fisionomia sociale richiede un grande cambiamento di mentalità.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Da una parte rendendosi maestri nel loro uso e dall’altra ancorandosi appassionatamente e quotidianamente alla Parola (Cencini, 22010), alla condivisione comunitaria, alla visione evangelica delle cose e della vita. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
1. Immersi nella cultura della comunicazione
Perché il nostro mondo globale ha costruito spazi personalissimi per la comunicazione, ha fuso in un non‐luogo infinito – Internet –
circolazione e consumo di cultura. I luoghi “tradizionali” (la comunità!) possono correre il rischio non solo di non avere più significato, ma anche di cessare di esistere.
Giusto. È urgente una “conversione culturale”; è urgente tenere il passo con una realtà in continua evoluzione che diventa motore di un ininterrotto cambiamento, è urgente trovare un modo efficace di “confrontarci con” e di “entrare nella” nuova cultura, …
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
…è urgente riuscire a modulare il nostro pensare e operare nei linguaggi e stili della comunicazione di oggi per essere visibilità di Gesù, ma è urgente soprattutto maturare e far maturare personalità critiche e creative nei confronti della nuova cultura e nell’uso dei mezzi e dei linguaggi che la nuova cultura mette a disposizione.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Il mutamento che viviamo ha le caratteristiche di una vera e propria rivoluzione e pesa sulla formulazione e sui contenuti del pensiero, sull’esperienza della vita quotidiana, sulle strutture della persona stessa. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Se il nostro “essere nel mondo” non evolve con il cambiamento, presto o tardi ci ritroveremo fuori gioco. Allora, vogliamo rimanere spettatori disincantati di un’innovazione continua, oppure vogliamo essere protagonisti e protagoniste di un tempo “speciale”?
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Fra le “nuove rappresentazioni” c’è quella della “società complessa” o “società dell’informazione”. “Società della rete” indica, in prima istanza, che a essere mutati sono soprattutto i rapporti, le concezioni, le rappresentazioni che le persone hanno della società. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
E, con le tecnologie digitali, Internet si prende tutto lo spazio che può, sociale e privato, comunitario e personale.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
1. Immersi nella cultura della comunicazione
Da Gutenberg in poi, il sistema di comunicazione era essenzialmente affidato alla linearità e all’ordine derivati dall’invenzione tipografica. 37
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
1. Immersi nella cultura della comunicazione
Con l’avvento dell’elettronica la televisione si impone quasi subito come epicentro culturale, genera una comunicazione seducente basata sulla simulazione sensoriale della realtà, essenzialmente facile nel linguaggio, nelle forme e nei contenuti.
La nostra opzione per la comunicazione nasce dal bisogno di annunciare alla persona di oggi la “buona notizia” perché venga letta/ascoltata, capita e vissuta. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Per far riconoscere i valori del Regno è indispensabile la “qualità del comunicare” e l’uso dei linguaggi dei vecchi e dei nuovi media, dal cinema alla multimedialità interattiva e a Internet. Vogliamo che diventi una realtà? Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Ascoltiamo il Direttorio sulle Comunicazioni Sociali nella Missione della Chiesa che dice come la formazione sia «certamente la scelta prioritaria che la comunità ecclesiale deve mettere in atto, in considerazione del nuovo clima culturale e in vista di una credibile opera di evangelizzazione». Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
“Formazione” e “Comunicazione” sono due termini di un binomio, sono le due parole più utilizzate in quest’ultimo decennio. Primo, perché la formazione è la conditio per “essere” testimoni e non per il “saper fare” le cose poi, perché la comunicazione è il “mezzo” dell’annuncio.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Le riflessioni elaborate sulle istanze positive del postmoderno con l’interrogativo preciso di quali caratteri debba avere oggi la formazione dei consacrati/delle consacrate e le riflessioni elaborate a margine del forte impatto che hanno oggi i media, fanno emergere la necessità assoluta di “formare alla comunicazione”. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Con impegno ed entusiasmo, le comunità di consacrati e consacrate si interrogano su come utilizzare le potenzialità dei nuovi media per continuare l’azione formativa dentro e fuori le mura delle loro comunità. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Infine, perché il Maestro educa, forma ed evangelizza comunicando.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Nell’ottica degli scenari che hanno inaugurato il millennio e delle sfide che la formazione continua deve accettare anche nella vita consacrata e sacerdotale, “formarsi” e “formare” alla comunicazione emerge come la sfida tra le sfide.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Lo scenario ambivalente e relativista all’interno del quale i media si muovono è lo stesso che circonda ogni persona, ogni società e... ogni comunità di consacrati/consacrate ed è all’interno di questo scenario che le comunità sono chiamate a essere l’evangelico lievito nella pasta. Non dobbiamo avere paura.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Già il Vaticano II, nel Decreto sui mezzi di comunicazione sociale Inter mirifica, li definiva, al n. 1, «meravigliose invenzioni tecniche». Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
Poi l’istruzione pastorale Communio et progressio, nel 1971, sottolineava che: «La Chiesa riconosce [negli] strumenti dei “doni di Dio” destinati, secondo il disegno della Provvidenza, a unire gli uomini in vincoli fraterni, per renderli collaboratori dei Suoi disegni di salvezza».
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
L’invito è stato rivolto a tutti i cristiani nel n°
37c della Redemptoris Missio: «I mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento informativo e formativo, di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali. Le nuove generazioni soprattutto crescono in modo condizionato da essi. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
L’impegno nei mass media, tuttavia, non ha solo lo scopo di moltiplicare l’annunzio: si tratta di un fatto più profondo, perché l’evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dal loro influsso. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
1. Immersi nella cultura della comunicazione
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Forse è stato un po’ trascurato questo areopago: si privilegiano generalmente altri strumenti per l’annunzio evangelico e per la formazione, mentre i mass media sono lasciati all’iniziativa di singoli o di piccoli gruppi ed entrano nella programmazione pastorale in linea secondaria. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Non basta, quindi, usarli per diffondere il messaggio cristiano e il magistero della chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa “nuova cultura” creata dalla comunicazione moderna».
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Per cui «si impongono scelte riconducibili a tre fondamentali opzioni: formazione, partecipazione, dialogo». Se il messaggio è stato rivolto a tutti i cristiani, tanto più a noi, consacrati e consacrate.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Il documento del 2002 a cura del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali dichiarava che la Chiesa rimaneva di questa opinione anche a proposito di Internet. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
1. Immersi nella cultura della comunicazione
Ancora. Ogni giorno la Chiesa prende sempre più coscienza di quanto sia importante coniugare tutti gli ambiti della vita ecclesiale con questa nuova realtà culturale e sociale. Esorta, nei suoi documenti, a porsi con atteggiamenti positivi di fronte al nuovo e ad accoglierlo non come una moda, ma come un segno dei tempi, un contesto teologico da leggere alla luce dello Spirito Santo. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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1. Immersi nella cultura della comunicazione
Lo Spirito stimola con amore, ma decisamente, la Chiesa ad essere “salvezza concreta” in ogni epoca storica, e perciò a “prendere il largo” anche nella comunicazione di oggi. Allora?
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
Consacrati e consacrate abbracciano la grande sfida della comunicazione di massa e digitale senza dimenticare che la “fame” più sentita oggi, nelle comunità, si soddisfa con una parola, un gesto, uno sguardo che stabilisce o ristabilisce la relazione fra persone. Una fame che si chiama comunicazione interpersonale.
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2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
La cultura della comunicazione offre un surplus di comunicazione? Il risultato è senza dubbio una sovrabbondanza di opportunità di vie di comunicazione che si intrecciano nella società in rete. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
La risposta la si trova orientata nella direzione del recupero della dimensione ontologica della relazionalità umana, che si snoda in un continuum di comunicazione interpersonale.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
Ma non sempre alla moltiplicazione degli strumenti di comunicazione corrisponde un arricchimento dei significati e dei messaggi. Che fare? Anche in un contesto di alta tecnologia e scientificità qual è quello attuale, continuiamo ad aver bisogno di comunicazione. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
Ritornare alla relazione permette di porre l’unica alternativa efficace all’attuale cultura dello “zapping” percettivo e culturale, del “mordi e fuggi” interattivo. 63
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
La relazione interpersonale è importante per riportare alla luce l’essere che rischia di rimanere nascosto nell’anonimato, per ritrovare il senso della comunità. Oltre ogni forma di tecnologia è vivo in ognuno un bisogno di rapporti veri, di riconoscimento reciproco. Questo non significa opporsi alla tecnologia, ma affermare che essa va usata in vista di relazioni umane autentiche, di riconoscimento e di affermazione reciproca. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
Il rapporto di cura sta all’origine della persona, è il contesto indispensabile al suo sviluppo e alla sua formazione continua. L’empatia, fondamentale in ogni relazione interpersonale e comunitaria, si affina con il contatto diretto.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
Approcci recenti considerano l’atto linguistico il risultato di un processo di interdipendenza semantica in cui i diversi sistemi comunicativi, pur mantenendo la loro autonomia, collaborano in maniera sincronica a formare il messaggio. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
La prospettiva antropologica personalista fonda il nostro agire come persone e come consacrati, ma in che modo la relazione si rende tangibile? In primo luogo, attraverso la comunicazione interpersonale che si declina nei linguaggi: non verbale, paralinguistico e linguistico. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
“Comunicare” non mette in gioco solo le abilità linguistiche, ma anche la voce, il viso, il corpo. L’integrazione tra aspetti verbali e non verbali forgia il significato dell’atto comunicativo. Il sorriso è un ottimo regolatore dei rapporti sociali. Ekman (1985; cit. in Anolli, 2006) ha individuato ben diciannove modi diversi di sorridere! 69
2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
Gli occhi hanno una loro funzione importante sia come ricettori che come emittenti di informazioni: lo sguardo può infatti condizionare il rapporto che instauriamo con il nostro interlocutore, sguardo che può essere di simpatia, antipatia, collaborazione o sottomissione. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
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2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
La comunicazione non verbale gioca un ruolo fondamentale nei rapporti interpersonali, nella formazione e nell’educazione. In altre parole, nel quotidiano della vita comunitaria e pastorale. L’interazione non verbale e verbale è il meccanismo centrale in un processo comunicativo e implica l’idea di mutua relazione, di azione reciproca. 71
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2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
Watzlawick (1978) sostiene che ogni comunicazione avviene su due piani, quello del contenuto e quello della relazione: mediante le parole trasmettiamo delle informazioni e con i segnali del corpo forniamo “informazioni alle informazioni”. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
Ricordiamo le regole fondamentali del linguaggio non verbale: nessun segnale, da solo, ha un preciso potere enunciativo; il linguaggio verbale e non verbale sono interdipendenti; nell’interpretazione, dobbiamo tener conto di entrambi!
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2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
Quanto le ricordiamo, queste regole, in comunità? In particolare, saper “ben ascoltare” può portare ad aprire la mente a nuove idee, a nuove soluzioni, a un arricchimento della persona. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
È un’abilità fondamentale nelle relazioni comunitarie e pastorali e si declina in ascolto attivo, empatico, che ci fa mettere nei panni dell’altro condividendo, per quanto è possibile, le sensazioni che manifesta.
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2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
Tornando ora alle tecnologie digitali, facciamo attenzione alla sfida del “tempo” nel senso di chronos e alla tentazione di comunicare con i lontani e non con i vicini. Oggi è essenziale educarsi all’utilizzo del tempo a disposizione. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
È statisticamente in aumento il tempo trascorso dai giovani davanti o con i media; per il fatto che viviamo in una cultura mediatica, anche noi consacrati non ne siamo immuni. La sfida della nuova cultura è formativa, perciò, non solo nel senso di educazione ai media, ma piuttosto di una formazione alla responsabilità nella gestione della propria vita. 77
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2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
Gli anni della formazione iniziale – e poi, via via, tutti gli anni della vita – sono tempo prezioso da consumare in risposta d’amore al progetto di Dio che si declina anche nella preparazione culturale e professionale seria. La comunità dove si assapora la comunicazione e l’incontro interpersonale è terreno che facilita la formazione continua. Purtroppo l’eccesso di informazioni ci fa vivere nella frammentazione, mentre la comunità dove si vivono relazioni autentiche aiuta a operare unità e sintesi.
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2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
In pratica? Imparare ad ascoltarsi e a comunicare con se stessi. Far uso appropriato dei codici verbali e non verbali. Scavare la dimensione nascosta della comunicazione: lo spazio, il vicino e il lontano, la distanza tra le cose e le persone, i colori, i suoni, i rumori. Praticare l’ascolto attivo. Gestire emozioni e sentimenti. Operare in reciprocità. Raccontare, partecipare, condividere. Passare dall’«io» al «noi».
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2. Curare la com.ne interpersonale
a monte di ogni riflessione sui media
L’oggi della comunicazione digitale, al di là degli “effetti speciali”, ci fa riscoprire alcune espressioni che superano i segni razionali, cioè ci richiama i simboli, le immagini, i suoni che sono sempre stati presenti nella liturgia e nella comunicazione della fede. Riattiviamo le forme del comunicare cristiano che possono dare nuova vitalità alla nostra preghiera liturgica.
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3. Quale formazione ai media?
È importante conoscere e apprendere i principali linguaggi dell’industria culturale, cioè di tutto il complesso e articolato sistema di produzione dei mass media e new media. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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3. Quale formazione ai media?
Questa esigenza scaturisce dal fatto che i grandi mezzi di comunicazione rappresentano le più suggestive vetrine in cui vengono esposti i costumi e comportamenti e costituiscono le principali fonti da cui sgorga l’informazione e la cultura più immediata, oltre ad apparire come i più diretti punti di riferimento per la determinazione della visione del mondo. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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3. Quale formazione ai media?
I consacrati/le consacrate sono chiamati a guardare in faccia questi fenomeni, a chiamarli per nome e a decidere i modi per gestirli in maniera produttiva per la vocazione e la missione.
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3. Quale formazione ai media?
3. Quale formazione ai media?
La cultura della comunicazione è intuitiva, non è portata a discorsi lunghi e astratti che fanno ricorso alle facoltà logico‐razionali, ma fa uso di messaggi brevi, semplici e chiari che fanno appello alle emozioni, o meglio, alla persona come totalità. Questa riflessione apre ad altre che si focalizzano sulla metodologia d’insegnamento in uso nelle case di formazione. La cultura della comunicazione si basa molto sull’immagine, tende a ignorare la dimensione interiore e trascendente della persona, cerca di costruirne l’identità in termini della sua risposta alla situazione che vive. Essendo una cultura dell’immagine, è effimera e non porta a una vera introspezione. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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3. Quale formazione ai media?
Purtroppo tende alla superficialità e al relativismo, sostituendo la verità con l’opinione. Offre informazioni e opinioni di ogni tipo, lasciando tutto alla libera scelta dei recettori; diventa difficile allora vederci chiaro e la verità spesso viene offuscata da sondaggi pubblici. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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3. Quale formazione ai media?
E, dato il senso dell’immediato, coltivato dalla cultura della comunicazione, non viene favorita la formazione, lavoro lento e paziente, che richiede introspezione, interiorizzazione, silenzio e ascolto. Dobbiamo tener presenti, sempre, i pro e i contro della cultura della comunicazione.
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Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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3. Quale formazione ai media?
3. Quale formazione ai media?
Per formazione all’uso responsabile dei media intendo due processi. Il primo è il processo attraverso il quale vengono acquisite competenze per il consumo sapiente e costruttivo dei media, fra le quali brilla la capacità di scegliere. Il secondo è un processo sul versante delle competenze necessarie per la creazione di “testi” mediali. La formazione e l’aggiornamento circa l’uso responsabile dei media va perseguita sullo sfondo della comprensione della natura della comunicazione con particolare riferimento ai grandi mezzi di comunicazione di massa e alle tecnologie digitali. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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3. Quale formazione ai media?
Un giovane consacrato “educato ai media” conosce a sufficienza le loro caratteristiche strutturali e sa come esse tendano a influenzare il contenuto dei media stessi.
Quale paradigma verrà perciò usato nella formazione iniziale e portato avanti poi nella formazione continua? Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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3. Quale formazione ai media?
Assolutamente non il paradigma “inoculatorio” o di protezione dai loro effetti, ma la formazione all’uso responsabile dei media, paradigma delineato da Masterman (1997) che considera la formazione all’uso responsabile una delle poche armi che una società possiede per sfidare il divario di conoscenza e di potere creato dai media stessi.
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3. Quale formazione ai media?
La questione oggi va spostata sul come operare per trasformare l’esperienza di formazione ai media in un processo globale che duri tutta la vita. Varie sono le ottiche dalle quali collocarsi per educare ai media vecchi e nuovi. Le più conosciute sono la media education, la media literacy, la Medienpädagogik e la Educomunicazione.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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3. Quale formazione ai media?
La media education è una strategia per gestire al meglio l’educazione alla cittadinanza nella società dell’informazione. Secondo Masterman, il punto focale della formazione all’uso responsabile dei media è sviluppare maturità critica per formulare giudizi motivati sui programmi televisivi e su articoli di giornali. 95
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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3. Quale formazione ai media?
Quattro grandi categorie guidano il processo di formazione: a) conoscenza degli elementi strutturali presenti nella comunicazione mediale; b) conoscenza del linguaggio proprio usato dai media, che va insegnato e appreso; c) svelamento dei fattori ideologici ed economici ai quali i media sono strettamente legati e che li rendono capaci di far passare come realtà una costruzione “interessata” della realtà; d) La “negoziazione” che il fruitore di media opera sui significati trasmessi sulla base delle proprie conoscenze, valori e ideologie (Cangià, 2008).
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
La media literacy è il processo di analisi, valutazione e creazione di messaggi sotto una grande varietà di forme. Utilizza un modello basato sull’inchiesta, attraverso il porsi domande circa ciò che si guarda e si legge. 97
3. Quale formazione ai media?
L’educazione alla lettura dei media è un mezzo per sviluppare la media literacy. Offre strumenti per aiutare le persone ad analizzare criticamente i messaggi veicolati dai grandi mezzi di comunicazione di massa, a scoprire dove si nasconde la propaganda, a cogliere valori e non valori delle notizie e a capire come le grandi emittenti influenzano le informazioni presentate. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
3. Quale formazione ai media?
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3. Quale formazione ai media?
La media literacy ha come obiettivo l’abilitazione delle persone ad essere creatrici competenti e produttrici di messaggi di massa. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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3. Quale formazione ai media?
3. Quale formazione ai media?
Trasformando il processo del consumo dei media in un processo attivo e critico, i giovani in formazione acquisiscono una maggiore presa di coscienza del potenziale di manipolazione dei media stessi e capiscono il ruolo dei mass media e dei media partecipativi come la Rete, nella costruzione di visioni particolari della realtà. In sintesi, la media literacy offre un quadro di riferimento teorico per accedere, analizzare, valutare e creare messaggi in una grande varietà di forme, dalla stampa a Internet. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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3. Quale formazione ai media?
Con il termine Medienpädagogik sono intesi tutti gli ambiti nei quali i media hanno una rilevanza pedagogica in riferimento all’educazione, all’istruzione, all’aggiornamento e alla formazione continua. La media literacy costruisce una comprensione del ruolo dei media nella società e offre abilità fondamentali per la critica e per l’espressione di sé, indispensabili per la cittadinanza e per la democrazia (Cangià, 2008).
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
3. Quale formazione ai media?
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3. Quale formazione ai media?
3. Quale formazione ai media?
Comprende tutte le riflessioni e misure di carattere socio‐pedagogico, socio‐politico, socio‐culturale e tutte le proposte per un pubblico variegato in formazione che fanno riferimento ai suoi interessi culturali e alle sue potenzialità di manifestazione, che riguardano le sue personali opportunità di crescita e di sviluppo, come anche le sue possibilità sociali e politiche di espressione e di partecipazione democratica.
La Medienpädagogik è praticata soprattutto nell’area linguisitico‐culturale tedesca (Cangià, 2008).
3. Quale formazione ai media?
3. Quale formazione ai media?
L’educomunicazione è l’insieme delle politiche e delle azioni inerenti alla pianificazione, all’attuazione e alla verifica di processi e prodotti destinati a creare e rinforzare ecosistemi comunicativi negli ambienti educativi “in presenza” o “virtuali”. Tra queste azioni si includono lo studio sistematico dei mezzi di comunicazione e ogni sforzo per migliorare il coefficiente espressivo e comunicativo delle azioni educative, comprese quelle destinate all’utilizzazione dei mezzi d’informazione nel processo di apprendimento. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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3. Quale formazione ai media?
3. Quale formazione ai media?
L’educomunicazione, in realtà, si caratterizza per la ricerca permanente di risposte concettuali e pragmatiche alle complesse questioni presenti nelle condizioni di vita della società contemporanea. Il nuovo campo si trova ancora nella fase di definizione della propria identità, essendo elementi fondamentali il carattere interdiscorsivo e interdisciplinare del suo impianto teorico e il livello multiculturale del suo intervento sociale (Cangià, 2008).
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3. Quale formazione ai media?
3. Quale formazione ai media?
La formazione potrebbe orientarsi verso una di queste quattro scelte, possibilmente da perseguire con serietà e costanza. I mezzi di comunicazione di massa e le tecnologie digitali – e la cultura che veicolano –
richiedono un notevole impegno formativo. Un primo compito è la formazione a un loro uso responsabile e critico che va di pari passo con la formazione di una coscienza del loro uso e la coltivazione di una soglia bassa, come si esprime Cencini (2011). Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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3. Quale formazione ai media?
3. Quale formazione ai media?
Per la formazione continua, si concretizza nel passare dal “consumare” comunicazione al “fruire” della comunicazione. Questa seconda modalità implica raffinate competenze di scelta che sono possibili da esercitare se si è informati e aggiornati. Ricordo che formare ai media non si riduce nell’impartire conoscenze e abilità, ma essenzialmente nell’aiutare a effettuare una trasformazione nel profondo di se stessi, al livello dei propri affetti, convinzioni e motivazioni.
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3. Quale formazione ai media?
I rischi di una carente formazione ai media potrebbero essere:
‐ Svuotamento del senso della comunicazione
‐ Relativismo e superficialità
‐ Individualismo
‐ Relazioni virtuali
‐ Consumo sterile
‐ Perdita di tempo
‐ Community divide
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
I consacrati e le consacrate sono chiamati, per vocazione, a vivere la radicalità in Cristo e l’annuncio/comunicazione del suo Vangelo, come afferma Paolo: “l’amore di Cristo mi spinge” (Cor. 5,14). 115
3. Quale formazione ai media?
La passione per la comunicazione del Vangelo si alimenta continuamente alle fonti della Parola e dell’Eucaristia, nella contemplazione della Trinità e del suo Amore per noi. E la “passione” nasce dall’interiorità, dal rapporto vitale con Cristo Gesù e dalla risposta d’amore al suo “mandarci ad annunciare”.
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3. Quale formazione ai media?
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3. Quale formazione ai media?
Solo la passione per Dio e per l’uomo ci può motivare adeguatamente e può incanalare tutte le nostre energie verso la missione. Anche nei confronti della nuova cultura.
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4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
La formazione dei formatori è concepita per dare a persone già dotate naturalmente per essere comunicatrici, la possibilità di acquisire e rinforzare le competenze necessarie per formare in seguito i comunicatori della pastorale affinché intervengano direttamente come persone di riferimento nel proprio territorio parrocchiale e/o diocesano e nella propria comunità e luogo di azione educativa. Lo statuto del formatore dei formatori è quello di essere una persona flessibile, che sa adattare le proprie modalità di formazione in base alle persone che ha di fronte, è quello di essere una persona entusiasta del Regno, che sa trasmettere il suo entusiasmo a molti; che ha una grande passione per ciò che fa e che crede fortemente nella comunicazione, convinta che la crescita personale è un percorso che dura tutta la vita (Cangià, 2005).
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4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
Ho sviluppato un modello di formazione dei formatori sulla base dell’esperienza acquisita in anni di docenza, che presento a grandi linee. L’articolazione della formazione dei formatori dovrebbe prevedere un primo modulo concentrato sull’atteggiamento mentale nella formazione, su conoscenze circa le tecniche creative nella formazione e circa il loro utilizzo efficace. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
Farebbe seguito un modulo concentrato sulla progettazione e valutazione della formazione. Questo comporterebbe saper elaborare, organizzare e realizzare un intervento formativo con i mezzi di comunicazione di massa e con le tecnologie digitali. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
Contenuti quali “l’analisi del fabbisogno formativo”, “lo stato attuale e lo stato desiderato”, “la macroprogettazione e la microprogettazione”, “gli obiettivi formativi e didattici”, “la valutazione dei risultati e dell’apprendimento e degli atteggiamenti” si completerebbero con competenze circa gli strumenti per valutare.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
Temi quali “la resistenza al cambiamento”, “la proattività/reattività nella formazione”, “il patto formativo e le aspettative” e “il self‐
management del formatore” dovrebbero essere presenti in questo primo modulo.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
Troverebbe qui spazio una unità formativa sulla conoscenza delle metodologie di progettazione e sull’applicazione degli strumenti per la verifica dell’azione formativa. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
Un terzo modulo dovrebbe prevedere il parlare in pubblico. Il formatore dei formatori, poiché è un modello di comunicatore‐per‐il‐Regno, è competente in public speaking. Questo comporta, come elemento fondamentale della sua performance, la capacità di gestire un gruppo diocesano o parrocchiale in formazione o un centro giovanile o una classe. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
Il formatore dei formatori si preparerà circa “le fasi più importanti di una prestazione”, sul “comunicare con i linguaggi non verbali”, “sull’uso dei tratti prosodici della voce per sottolineare un messaggio”, sul “ricalco dell'uditorio ovvero l’empatia con i partecipanti al gruppo in formazione”, Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
In questo contesto è trasparente come la competenza nella conoscenza e nell’uso dei media sia funzionale alla comunicazione e non sia fine a se stessa. Da non sottovalutare, nella competenza riferita a questo modulo, la finissima capacità di operare “atterraggi” emozionali e tecnici ovvero la capacità di “concludere” qualsiasi discorso, intervento, predica, lezione, catechesi perché resti impresso e porti all’impegno personale.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
In questo modulo viene centrata la comunicazione efficace con risvolti sul dare e ricevere feedback di critica costruttiva. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
sugli “ancoraggi” che sono l’uso dello spazio, della gestualità, della mimica e dell’espressione facciale; “sull’uso efficace dei supporti d’aula come i vari tipi di lavagne tradizionali e LIM, dei media come il registratore digitale e dei nuovi media come il computer e la rete nella loro espressione mono e multimediale”. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
Il modulo seguente dovrebbe trattare della comunicazione efficace, delle dinamiche di gruppo e dei processi di apprendimento. Il modulo in questione aiuta a sviluppare la capacità di ascoltare e osservare gli altri, di costruire la fiducia nei confronti del gruppo. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
Competenze legate all’ascolto attivo, alla formulazione di domande di precisione, alla calibrazione continua dell’intervento, all’attenzione agli stili di apprendimento e di ascolto, alle intelligenze multiple e all’intelligenza emotiva renderanno i formatori dei formatori, oltre che “modelli”, anche guide della crescita delle persone a loro affidate perché sappiano comunicare‐
per‐il‐Regno.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
L’ultimo modulo è laboratoriale e dovrebbe prevedere, da parte di ogni partecipante, la presentazione a tutto il gruppo di formatori dei formatori un lavoro preparato durante l’intero arco della formazione – che proporrei di cinque mesi con incontri bisettimanali di quattro ore l’uno – ; un lavoro che consiste in un vero e proprio intervento formativo. Cinque moduli, facili da enumerare e ricordare perché riposano sulle dita di una mano.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
Quelle che il Direttorio sulle Comunicazioni Sociali nella missione della Chiesa cita come «diverse opportunità […] scelte in base a un progetto a medio e lungo termine elaborato da ciascuna diocesi», le vedo personalmente concretizzabili su una falsariga di lifelong
learning o formazione continua/permanente in presenza e, in un secondo momento, di formazione online oltre che in presenza. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
4. Formare i formatori della comunicazione e della pastorale
Per quanto concerne i «diversi livelli e luoghi della formazione» di cui parla il Direttorio al numero 203, sottolineo il fatto che «tutti i credenti, ciascuno secondo le proprie capacità e responsabilità, devono poter disporre degli strumenti per comprendere il mutamento culturale determinato dall’evoluzione mediale». Tutti, a tutti i livelli di comunicatori‐per‐il‐
Regno, sono chiamati, per esigenze di missione, «a misurarsi con un processo di comunicazione della fede che li impegna a conoscere e a valorizzare i diversi linguaggi mediali». E questo deve avvenire nei luoghi ordinari di formazione, che spaziano dai seminari alle scuole cattoliche di ogni ordine e grado. È un must ripensare i piani formativi secondo l’ottica culturale di cui i media sono portatori!
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Il cinema può essere chiamato, a tutti gli effetti, “il” medium fra i media. Oggi, la purezza del linguaggio cinematografico si contamina perché il film si ibrida con altri linguaggi e passa per vari hardware. È molto presente in televisione e viene addirittura prodotto “per” la televisione. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Viaggia sui supporti DVD, naviga in Internet e sui lettori portatili, sui telefoni cellulari, sui lettori mp4 e sugli I‐pod. Il film accetta compromessi, ma occupa soprattutto un tempo rilevante nella vita dei giovani consacrati, e i modi con cui ne fruiscono si possono trasformare in un’opportunità formativa. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
In particolare la “lettura educativa” è un’occasione privilegiata di crescita sia nel contesto della formazione iniziale che in quello della formazione continua. È indispensabile, quindi, guardare più da vicino l’oggetto film per valorizzarne al meglio le straordinarie potenzialità formative.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
Il film, questa “macchina per costruire racconti”, è un’occasione formativa comunitaria. Ha un suo alfabeto e linguaggio specifico. È arte che può rivestire contenuti di altissimo profilo. 139
5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Perché sia davvero così è necessario che la comunità sappia scegliere il film giusto e ne sappia fruire in momenti tranquilli, decisi insieme, e ne faccia precedere la visione da un’adeguata presentazione e la faccia seguire – anche se non immediatamente –
da uno scambio di pareri arricchente e costruttivo e dalla lettura della critica. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
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Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Questa tipologia di fruizione la chiamo “lettura educativa” o, prendendo a prestito una parola che non appartiene al cinema, ma che alla lettura educativa del film si può felicemente applicare: “lectio del film”. “Lectio” perché si conclude con una pratica di vita sulla falsariga dei valori che il film ha presentato e che sono stati evocativi per la comunità.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Più che spiegare come funziona la lettura educativa, offro qui tre esempi che possono orientare chi legge: Popielusko di Rafal
Wieczynsk (2009), Gran Torino e Invictus, ambedue di Clint Eastwood (2009). Dopo la presentazione e la lettura tecnica ed estetica che qui non vengono presentate, si continua con la “lettura educativa”, ricco scambio fra i partecipanti, che potrebbe concludersi con una pratica di vita decisa comunitariamente.
Popielusko di Rafal Wieczynsk (2009)
Il film insegna a consacrarsi a ciò in cui si crede, a dare senso alla propria esistenza, a pagare di persona. “Grazie alla morte e risurrezione di Cristo il simbolo della croce e dell’umiliazione è diventato simbolo di coraggio, di fortezza, di aiuto e di fratellanza. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Proprio nel segno della croce ci viene presentato ciò che vi è di più bello e di più prezioso nell’uomo”. Il film fotografa un passato difficile, ma pieno di insegnamenti per il nostro presente. Con coraggio e autentico amore cristiano Popieluszko
rincuora gli operai e i sindacalisti che si oppongono al regime comunista. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
Le sue parole diventano la guida di una nazione in rivolta ed esprimono ciò che la gente non riesce a dire. La scelta consapevole di don Jerzy di non abbandonare gli amici e la patria in sofferenza ha significato l’offerta suprema della vita. 145
5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Un semplice ragazzo di campagna, è capace di credere a tal punto nei propri ideali da diventare guida spirituale di un’intera nazione e simbolo della sua lotta per la libertà e la verità. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Gran Torino di Clint Eastwood (2009)
Il tema del film è la comprensione delle culture, che deve seguire il tracciato della
conoscenza e dell’accettazione a cui segue
l’impegno di «scorgere» nell’altro tutti i segni di positività che si riescono a vedere. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Popielusko di Rafal Wieczynsk (2009)
E noi ci interroghiamo:
‐ Cosa, nel film, testimonia l’amore di Popielusko per la Chiesa e per le persone?
‐ Come impegnarsi nel rifiuto della violenza in ogni sua forma?
‐ Come far diventare il film un’opportunità di comunicare con la parte più profonda di noi, là dove abitano il coraggio e la speranza?
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Siamo coinvolti dal film e ci chiediamo se anche di noi si potrebbe dire ciò che Sue dice
a Walt a proposito del fratello Thao: «Sei
gentile a prenderti un po’ cura di lui, non ha nessun modello da seguire, sei un brav’uomo Walt, vorrei che nostro padre
fosse stato un po’ più come te». 149
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Per chi, diverso da noi per cultura, per etnia, per educazione, siamo stati e siamo
«modello»? Quanto e come ci «prendiamo
cura»? A chi stringiamo la mano con autentica cordialità e affetto? Tanto più luminoso è l’esempio di Walt Kowalski quanto più tenebroso è stato il suo passato
di violenza e uccisione. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Gran Torino di Clint Eastwood (2009)
La comunità si interroga:
‐ So lanciarmi con generosità e coraggio
nella conoscenza del «diverso» per cultura?
‐ So perdonare, in primo luogo a me stesso, dimenticando il peso del mio
passato?
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
«Non sono venuto per i sani, ma per i malati » dice Gesù. Il perdono di Kowalski, come il Suo perdono, è un regalo
straordinario che ci viene fatto per insegnarci ad imitarLo. E il film dice proprio questo.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
‐ Ho assaporato la gioia della scoperta
dell’umanità in coloro che chiamavo, in maniera pregiudiziale, dei «brutti musi» diversi radicalmente da me?
‐ So pagare di persona di fronte alle
ingiustizie della vita?
‐ Ho riflettuto e rifletto sulla frase evangelica: «Non c’è amore più grande di chi da la vita per i propri amici»?
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Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Invictus ‐ L’Invincibile di Clint Eastwood (2009)
Il film, splendido sia per la storia che per le riprese, è un crescendo continuo che avvince per i contenuti e diverte per la spettacolarità. Invictus, dal latino “mai vinto”, dà il titolo al film partendo dalla poesia del poeta inglese William Ernest Henley (1849‐1903) da cui Mandela trae forza e ispirazione per superare gli anni devastanti della prigionìa. Il grande Madiba consegna la poesia al capitano degli Springboks e, in un certo senso, la consegna a noi, spettatori del film. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Invictus ‐ L’Invincibile di Clint Eastwood (2009)
La comunità si interroga:
‐ Come superiamo e aiutiamo a superare le piccole e grandi prove della vita?
‐ Come passiamo il testimone, magari anche il testimone del nostro carisma, a chi ha bisogno di noi per riuscire a rispondere “sì”?
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
‐ Quanto sappiamo ringraziare, “dal profondo della notte [che a volte] ci avvolge, per l’indomabile anima nostra?”.
‐ Infine, quanto sappiamo insegnare ai bambini, ai ragazzi e ai giovani, che siamo noi i signori del nostro destino, i capitani dell’anima nostra?
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
L’ideale sarebbe quello di costruirsi, per quanto riguarda la TV, un palinsesto comunitario, con l’indicazione di programmi rispondenti a interessi diversi, scelti per la qualità del messaggio e per l’arte con cui sono realizzati. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
‐ Come “cambiamo” quando ci viene presentato un obiettivo che si traduce nel bene per molti altri?
‐ Quanto sappiamo perdonare chi ci ha feriti e offesi? Pensiamo a Mandela che prende, come guardia del corpo, chi fino a pochi anni prima era pronto a sparargli.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Gli esempi citati sono parte della lettura
pubblicata sulla rivista vocazionale «Se vuoi» (2009). Non è possibile decodificare “in solitaria” i messaggi dei media. Le competenze diverse che ci sono in comunità, la possibilità del confronto, anche con laici preparati, aiutano a gestire la frammentarietà delle offerte informative. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Lo stesso criterio di selezione deve valere per i giornali messi a disposizione della comunità. È importante escludere ciò che è banale, di cattivo gusto, superficiale. Non mi sembra il caso di aggiungere: ciò che è inadeguato.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
In generale, ascoltare insieme buona musica, guardare film di classe, a volte anche film ricchi di umorismo intelligente, frequentare gli stessi siti, crea nuclei di interesse che connotano le conversazioni e gli incontri comunitari. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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6. Giovani religiosi.
Fruire e produrre media.
Convinti che una vita consacrata che non riesce ad essere comunicata è inutile, emerge forte l’urgenza formativa di “fare cultura” e di evangelizzare nella società mediatica.
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
5. Coltivare la “lectio” del film come percorso per la formazione
Seguire dibattiti, leggere e commentare articoli di fondo di un buon giornalismo educa il senso critico e il gusto. Allora sarà impossibile perdere ore a guardare telenovelas… Il criterio selettivo sia delle letture, sia dei film, sia dei programmi televisivi deve essere la qualità. Qualità contenutistica e formale.
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6. Giovani religiosi.
Fruire e produrre media.
I mezzi di comunicazione e l’avvento delle nuove tecnologie esigono dai formatori dei consacrati e dai giovani consacrati in formazione un atteggiamento “attivo” rispetto al cambio culturale che stiamo tutti
attraversando. 165
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6. Giovani religiosi.
Fruire e produrre media.
6. Giovani religiosi.
Fruire e produrre media.
I giovani in formazione si possono trasformare da spettatori a produttori per essere soggetti attivi con il potere di dire la loro, da protagonisti, nel mondo dei media. I giovani consacrati, debitamente preparati, si possono rivelare sorprendenti protagonisti anche a livello espressivo proprio grazie alla facilità di reperimento di hardware e software multimediali.
La realizzazione di prodotti per la comunicazione creativa, per l’entertainment formativo, per la didattica della catechesi, per l’insegnamento della religione e per ogni altra azione pastorale si possono imparare. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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6. Giovani religiosi.
Fruire e produrre media.
6. Giovani religiosi.
Fruire e produrre media.
Anche e soprattutto durante la formazione iniziale. Credo nel rapporto costante con professionisti di spicco. Durante tutto il corso dell’anno vanno organizzate attività, incontri, workshop ed eventi che mettono in contatto i giovani in formazione con comunicatori tout‐court di alto prestigio personale e professionale.
La formazione iniziale e continua a tutti i livelli dovrebbe aver luogo attraverso la realizzazione di progetti pratici e fruibili. Cito qui, come esempio di squisito contenuto e fattura, l’incantevole cd audio arricchito da tracce multimediali Attimi di cielo, del sacerdote‐cantautore Mimmo Iervolino. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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6. Giovani religiosi.
Fruire e produrre media.
6. Giovani religiosi.
Fruire e produrre media.
Canzoni ricche di contenuto evangelico, cantate su ritmi moderni e fruite attraverso un susseguirsi di immagini, linee e colori. Questo è annunciare il Regno con i linguaggi di oggi.
Non vedo indispensabile che tutti i giovani in formazione siano essi stessi capaci di realizzare eccellenti prodotti a livello comunicativo, ma vedo indispensabile che siano capaci di riconoscere e valutare la qualità del prodotto comunicativo e di guidare una eventuale squadra dei realizzatori proveniente da settori professionali specifici, nella realizzazione di prodotti di qualità. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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6. Giovani religiosi.
Fruire e produrre media.
In ultima istanza, vedo fondamentale che la competenza di comunicatore di un individuo in una parrocchia, di una parrocchia in una diocesi, di una diocesi nella Chiesa vada capitalizzata e spesa per il bene di tutti. Questa è genuina mentalità di rete.
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6. Scelta di film
Chiudo con l’offerta di una scelta di film –
assolutamente non esaustiva – da poter utilizzare per la formazione alla vita consacrata. Vengono presentati prima i film più antichi e poi i più recenti. Di ogni film viene offerto il titolo, il regista e l’anno di uscita.
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6. Scelta di film
Diario di un curato di campagna di Robert Bresson
(1951)
La storia di una monaca di Fred Zinnemann (1959)
I dialoghi delle carmelitane di Philippe Agostini (1960)
Andrej Rublev di Andrej Tarkovskij (1966)
State buoni se potete di Luigi Magni (1983)
Thérèse di Alain Cavalier (1986)
Bernadette di Jean Dellanoy (1988)
Francesco di Liliana Cavani (1989)
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6. Scelta di film
Sister Act 1 di Emile Ardolino (1992)
Sister Act 2 di Emile Ardolino (1993)
La settima stanza di Márta Mészáros (1995)
Fuori dal mondo di Giuseppe Piccioni (1999)
Il grande silenzio di Philip Gröning (2005)
In memoria di me di Saverio Costanzo (2006)
Madre Teresa. La piccola matita di Dio di Davis Guggenheim (2008)
Uomini di Dio di Xavier Beauvois (2010)
Io sono con te di Guido Chiesa (2010)
Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
Conclusione
La comunità in formazione iniziale e continua, alfabetizzata all’uso responsabile dei mezzi di comunicazione e delle tecnologie digitali deve vivere, in primo luogo, una diffusa convivialità relazionale, intessuta di linguaggi affettivi ed emotivi, radicata nella fede e nell’amore.
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Conclusione
Nel quotidiano promuove la condivisione di valori – non sempre facile perché siamo figli di una società secolarizzata e i giovani provengono sempre più spesso da famiglie poco responsabili, da consumi e da mode che non orientano verso l’essere, ma verso l’avere –; la comunità promuove la condivisione delle esperienze e fa soprattutto sentire tutti, piccoli e grandi, parte di una comunità vera e viva. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
Conclusione
Sempre di più, la comunità, in quanto “cenacolo” dove vengono intessute relazioni e dove ci si prende cura gli uni degli altri, è la vera forza che si impone nel mondo, è la testimonianza che il gruppo è più forte del soggetto isolato (Cangià, 2009).
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Conclusione
La comunità di consacrati orientata alla collaborazione, al progetto comune, assapora la comunicazione del quotidiano per la propria crescita umana, culturale e spirituale. Caterina Cangià – 26 gennaio 2011
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Conclusione
Conclusione
Si focalizza sui rapporti, interpersonali e di gruppo, curando la dimensione relazionale nelle sue caratteristiche peculiari di lettura dei linguaggi non verbali, ascolto attivo, assertività, empatia, congruenza fra parole e azioni.
Se la costruzione partecipata dei valori, se il dibattito comunitario sui significati, se l’attivazione di percorsi‐ponte con chi ha bisogno del nostro apporto per crescere e formarsi, coinvolgono attivamente tutti i membri della comunità, si costruisce un vero “cenacolo”.
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Conclusione
Perché la comunicazione è, sì, trasferimento di informazioni, ma è anche squisita possibilità di condivisione, di arricchimento reciproco, di costruzione del Regno. Essenzialmente di dono. I giovani in formazione, digitali nati, figli di una società i cui cambiamenti sono molto marcati, interpellano i loro formatori/formatrici. Si diceva che tocca a noi rispondere con serietà e competenza. Ci proviamo?
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Bibliografia citata
L. Anolli, Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino, Bologna 2006.
C. Cangià, Una proposta di formazione per i formatori di comunicazione, in «Via Verità e Vita» (2005) 203, 45‐ 48.
C. Cangià, Educazione ai media, in Prellezo J.M. ‐
Nanni C. ‐ Malizia G. (a cura di), «Dizionario di Scienze dell’Educazione», LAS, Roma 2008, 373‐377.
C. Cangià, La Comunità educante con e per i giovani. Anche nei Social Network, in «Rivista di Scienze dell’Educazione», 47 (2009) 1, 75‐87.
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Bibliografia citata
Per approfondimento
A. Cencini, La vita al ritmo della Parola. Come lasciarsi plasmare dalla scrittura, San Paolo Edizioni, Milano 22010.
A. Cencini, La formazione permanente, Dehoniane, Bologna 2011.
L. Masterman, A scuola di media. Educazione, media e democrazia nell’Europa degli anni ’90 (traduzione dall’inglese), La Scuola, Brescia 1997.
M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano 1964.
P. Watzlawick, J.H. Weakland, La prospettiva relazionale, Astrolabio, Roma 1978.
C. Cangià, Educare alla comunicazione interpersonale, ambientale, mediata di massa e manuale‐espressiva, in «Orientamenti Pedagogici» 49 (2002) 405‐420.
C. Cangià, Formazione alla comunicazione, in «Orientamenti Pedagogici» 53 (2006) 21‐ 35.
D. Felini, Pedagogia dei media, La Scuola, Brescia 2004.
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Per approfondimento
D. Felini, Pedagogia dei media, La Scuola, Brescia 2004.
R. Giannatelli R. ‐ P. C. Rivoltella (a cura di), Media educator, nuovi scenari dell’educazione, nuove professionalità, DESK, Roma 2003.
J. Gonnet J., Éducation aux médias: les controverses fécondes, Hachette éducation, Paris 2003.
I.O. Soares, Educomunicación: un concepto y una práctica de red y relaciones, Redes Gestión y Ciudadania, Quito (Ecuador) 2001, 37‐52.
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Grazie!
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