8. C. TOZZI, La fauna della Fortezza Vecchia di Grosseto, p
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8. C. TOZZI, La fauna della Fortezza Vecchia di Grosseto, p
8. LA FAUNA DELLA FORTEZZA VECCHIA DI GROSSETO I reperti ossei provenienti dagli scavi nella Fortezza di Grosseto comprendono n. 2156 resti di parti scheletriche di animali, di cui n. 493 frammenti determinabili. Nel deposito del XVI secolo (fase I) vi è inoltre un frammento di omero umano. Le ossa studiate provengono da vari strati presenti nel riempimento della I e II stanza, cronologicamente attribuibili ad un arco di tempo che va dall'XI al XVIII - XIX secolo (indeterminabili sono i pochi resti provenienti dal settore C della stanza II attribuibili a strati fra IX e X secolo). Poiché i resti non sono abbondanti, ho ritenuto opportuno suddividere nel modo seguente i materiali provenienti da strati diversi: - XVIII - XIX secolo (Stanza II, fase II, settore B) - seconda metà del XVI secolo (Stanza I, fase I) - XIV secolo (Stanza I, fase II; stanza II, fasi III e IV) - XI - XIII secolo - (Stanza I, fasi III, IV, V, VI) - XI - XIII (?) secolo (Stanza I, settore 3). Le specie identificate sono elencate nella tab. 1 e costituiscono per lo più residui di pasto. I resti della fase VII e quelli del XVIII- XIX secolo sono troppo scarsi per fornire una qualsiasi indicazione, mentre i resti dei secoli XI - XIII, XIV e XVI, per quanto non abbondanti, sono tuttavia sufficientemente indicativi. I molluschi, sempre molto scarsi, comprendono specie marine (Cardium, Patella), di acqua dolce (Anodonta) e terrestri (Helix). Mentre le prime rappresentano sicuramente occasionali resti di pasto, le terrestri, pur essendo commestibili, possono essere finite fortuitamente nel deposito, poiché vivono abitualmente anche lungo i muri in orti e giardini. I pesci sono quantitativamente insignificanti, nonostante la vicinanza del mare e del fiume Ombrone. Ciò può dipendere oltre che da una scelta intenzionale anche da una minor conservabilità dei resti di questi animali e dalla maggior facilità con cui possono sfuggire durante la cernita dei materiali. I rettili sono rappresentati da resti abbastanza numerosi di carapace e ossa degli arti di tartaruga terrestre (Testudo graeca L.), specie che vive anche attualmente allo stato selvatico nella zona. Pur essendo commestibile, la sua presenza nel deposito può essere attribuita anche a individui tenuti in cattività nelle case e giardini. Gli uccelli sono numerosi e costituiti nella quasi totalità da resti di pollo e da rari frammenti di oca domestica. Scarsissimi resti sono attribuibili alla folaga (Fulica atra) e alla gallinella d'acqua (Gallinula claropus), certamente cacciate nelle paludi vicino alla città, allo sparviero (Accipiter nisus), al piccione (Columba sp.), alla taccola (Corvus monedula). Specie quest'ultima frequentemente nidificante nei muri e nei torrioni. Tra i mammiferi la maggior parte dei resti appartengono, a pecore, buoi e maiali, animali tradizionalmente usati per l'alimentazione, mentre molto scarso è il cavallo. Scarsissima pure la capra rappresentata solo da un frammento di corno. La caccia è testimoniata da due resti di cervo e uno di volpe provenienti dai livelli del XIV secolo. I resti di gatto appartengono a un unico individuo, quelli provenienti dallo strato del XVIII - XIX secolo, e a tre individui quelli degli Strati del XIV secolo. Le ossa sono intere, segno che sono morti per cause naturali e non sono stati utilizzati a scopo alimentare. Nel deposito del XVIII - XIX secolo sono presenti numerose costole di un grosso mammifero, presumibilmente bue, tagliate intenzionalmente nel senso della lunghezza e che costituiscono la fase iniziale di una lavorazione artigianale (fabbrica di bottoni), ampiamente attestata anche dalla presenza di resti delle varie fasi successive. Nella tabella 2 è riportata la stima del numero minimo di individui delle specie economicamente più importanti. Per quanto questo metodo non sia significativamente più preciso di quello basato suI numero dei frammenti, specialmente nel caso di campioni poco numerosi, nel nostro caso i due metodi mostrano un analogo andamento della composizione faunistica. Gli ovini sono sempre più numerosi dei suini e dei bovini, e questi ultimi registrano una flessione neI XIV secolo. Nella tabella n. 3 sono calcolate le quantità relative di carne fornita da ciascuna categoria di bestiame tramite la conversione in peso delle percentuali tratte dal numero dei resti ricavando così una stima più vicina alla reale sull’importanza economica ed alimentate delle varie specie allevate. Come quantità di carne commestibile per animale sono stati utilizzati dei pesi convenzionali, uguali a quelli usati da G. Barker l978 per avere dati più facilmente confrontabili con quelli di alti giacimenti medievali italiani. È probabile però che il ruolo del maiale nell’alimentazione sia alquanto sottostimato, poiché mi sembra un po’ troppo basso il peso di carne commestibile attribuitogli, anche se i resti di suini della fortezza di Grosseto appartengono a individui di taglia non grande. Nel XII e XIII secolo, i bovini fornivano la maggior parte dell'alimentazione carnea; nel secolo successivo vi è stata una sensibile flessione a favore degli ovini e suini, mentre nel XVI secolo sembra esserci stata una leggera inversione di tendenza. L’uso del pollame cresce regolarmente, ma la sua importanza in senso assoluto rimane quasi trascurabile, anche se possiamo supporre una minor conservazione delle ossa dei volatili rispetto a quella dei mammiferi di grossa taglia. La tabella n. 4 fornisce indicazioni sull'età di macellazione ricavata dallo stato di erosione dei denti e di fusione delle ossa lunghe. I bovini venivano uccisi ad un'età superiore ai 18 mesi, quando cioè avevano raggiunto il migliore sviluppo, e in alcuni casi anche in età assai avanzata; ciò fa supporre un duplice uso per carne e lavoro. I suini venivano macellati prevalentemente al di sotto dell'anno o tra uno e due anni; rari gli individui sopra i tre o quattro anni, evidentemente rappresentati da riproduttori in fine di carriera. Gli ovini erano uccisi di solito tra 18 e 24 mesi; più scarsi quelli macellati al di sotto di un anno e rari sono gli individui vecchi. Questa situazione è indicativa di un tipo di allevamento rivolto prevalentemente alla produzione carnea piuttosto che del latte e della lana. Gli equini avevano scarsa rilevanza per l'alimentazione, ma è interessante notare come la loro curva di presenza sia analoga a quella del bove. Pur con la cautela derivante dalIa limitatezza numerica del campione esaminato, l'analisi delle ossa Provenienti dalla fortezza di Grosseto, fornisce alcune informazioni riguardo all’alimentazione degli abitanti e il tipo di allevamento prevalente nella zona. In complesso si ha l’impressione di un consumo di carne di buona qualità, ricavata prevalentemente da animali ancor giovani, ma ben sviluppati, che presentavano quindi il miglior rapporto qualità/quantità della carne. Nei livelli del XIV secolo si registra, rispetto ai secoli precedenti, un forte declino del consumo di carne bovina a beneficio di quella di ovini e suini, mentre nel XVI secolo sembra iniziare una inversione di tendenza. Si può quindi supporre una forte riduzione dell’allevamento dei bovini nel XIV secolo, da mettersi forse in relazione a fenomeni di spopolamento delle campagne con passaggio da una agricoltura più intensiva ad altra più estensiva e con conseguente aumento della pastorizia. È superfluo dire che si tratta di una ipotesi che deve essere confermata sulla base delle analisi di altri campioni faunistici provenienti dal medesimo ambito territoriale e soprattutto sulla base dei documenti storici riguardanti le trasformazioni economico-sociali e le tecniche agricole del periodo in esame. Carlo Tozzi