LA NUOVA SARDEGNA LA NUOVA SARDEGNA Sculture di Nivola

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LA NUOVA SARDEGNA LA NUOVA SARDEGNA Sculture di Nivola
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna
Rassegna sta mpa
Beni culturali
della Sardegna
Segni di una grande civiltà
a cura del Servizio Promozione
Testata
LA NUOVA SARDEGNA
Data
20 agosto 2013
Sezione
Sardegna
Sculture di Nivola ritrovate in campagna
I carabinieri recuperano gli otto lettini di terracotta e i due bronzetti rubati nel 1999: erano nascosti in un muretto a
secco
di Valeria GIANOGLIO
NUORO Quattordici anni fa, all’indomani della rapina brutale al museo Nivola di Orani che aveva scatenato le reazioni
dell’intera isola e provocato anche una interrogazione parlamentare dell’allora deputato Nando Dalla Chiesa, dalla sua
casa di Long Island pure la vedova del celebre artista ed erede di una storica dinastia, Ruth Guggenheim, avvertita dal
presidente della fondazione Ugo Collu e profondamente dispiaciuta, aveva lanciato un appello ai banditi. «Restituite le
opere di mio marito», aveva detto, ancora scossa. C’è voluta la bellezza di quasi tre lustri, la tenacia dei carabinieri, e
nel mezzo persino un maldestro e fallito tentativo di restituire la refurtiva tramite un misterioso intermediario, ma alla fine
le 10 “creature” di bronzo e terracotta che Costantino Nivola, in buona parte, aveva creato negli anni Sessanta nel suo
ritiro estivo di Cala Gonone, sono tornate a casa. Tra letame e sporcizia. E probabilmente nessuno, nemmeno la stessa
fervida fantasia dello scultore oranese, avrebbe mai potuto pensare che i due bronzetti trafugati insieme agli otto celebri
“lettini” in terracotta, sarebbe stati recuperati un giorno in mezzo al letame, avvolti in una busta di plastica malconcia,
dentro la cavità di un muretto a secco. In un terreno nelle campagne di Fonni di un allevatore – sono state rese note le
iniziali, R.D., di 48 anni – già finito nei guai con la giustizia per armi e munizioni illegali. Ma stando alle sue parole, lui di
quelle dieci opere d’arte non conosceva neppure l’esistenza. Il muretto “pringiu”. Quattordici anni, dunque. Un buco nero
interrotto per puro caso, o per grande scrupolo, dai carabinieri lo scorso aprile, come spiega ieri mattina uno degli stessi
protagonisti dell’indagine, il comandante della compagnia di Nuoro, Marco Keten, con il comandante della stazione di
Fonni, Marco Mazzotta, e il vicecomandante dei Cacciatori di Sardegna, Marco Lanzi. Quel giorno, di buon’ora, tra ovili
e cespugli di macchia mediterranea nei terreni di Fonni si muove un folto gruppo di carabinieri in mimetica. Stanno
perquisendo la casa rurale di un allevatore, cercano armi e munizioni e le trovano, tant’è che arrestano lo stesso
pastore. Ma quel che non si aspettano sta lì, in un classico muretto a secco che Nivola avrebbe chiamato “pringiu”,
ovvero gonfio, portatore di nuova vita. In quel caso, invece, “portava” solo le sue dieci opere prese con la forza 14 anni
prima al museo di Orani. La rapina su commissione. Era stata una rapina veloce e piuttosto violenta, quella del 9
febbraio ’99 al museo Nivola. Due banditi con il volto coperto si fanno largo nella struttura, buttano a terra la guardia
giurata Mario Noli, gli puntano una pistola alla tempia, lo immobilizzano e si dirigono a botta sicura, martello in mano,
verso una teca di vetro. Volevano i celebri “lettini” di terracotta – simbolo dell’esistenza, dell’amore e della morte – che
Nivola sfornava in quantità, dalla fine degli anni Cinquanta in poi, tra America e Cala Gonone. Ne prendono 8, li ficcano
in uno zaino, ma è solo mentre vanno via che senza rendersene conto rubano i pezzi più pregiati, perché unici: ovvero
due bronzetti della serie dove Nivola aveva raffigurato i lavori tipici della sua Sardegna. Poi fuggono, spariscono nel
nulla, lasciando la guardia giurata a terra, e un intero paese a chiedersi “perché?”. Gli appelli dagli Usa. L’ondata di
indignazione da Orani arriva oltre Oceano, agli eredi di Nivola. La vedova, Ruth Guggenheim, lancia un appello. Il
presidente della fondazione, Ugo Collu, fa altrettanto. Ma per 14 anni, purtroppo, resta tutto inascoltato. La famiglia
Nivola, da Long Island, spedisce al museo oranese altri quattro lettini del celebre artista, come forma di aiuto. E nel
frattempo il museo, con tenacia, continua a resistere, si rinnova e riesce comunque a crescere. Nel 2011, viene visitato
di nuovo dai ladri, ma stavolta spariscono una decina di bozzetti di polistirolo. La svolta. Bisognerà attendere lo scorso
aprile, invece, per registrare la svolta nell’indagine sulla rapina del ’99. Un muretto a secco, e quelle dieci opere che
all’inizio i carabinieri non riconoscono come appartenute a Nivola. Ci vorranno alcune settimane di analisi, il
coinvolgimento dei militari del nucleo dei beni culturali di Sassari con le loro banche dati, per scoprire che si tratta di
vere opere d’arte, rubate tempo prima. Ieri, infine, la restituzione ufficiale al museo di Orani. E la grande gioia di Ugo
Collu. «Per Nivola, i lettini in particolare – dice – sono sempre stati la celebrazione dell’esistenza. La descrizione del
teatro della vita, tra eros e morte».
«Opere impossibili da smerciare»
Ugo Collu (fondazione Nivola): quel colpo fu un oltraggio alla Sardegna
NUORO «È stata la mia pena, repressa per quattordici anni. Un vero oltraggio a tutta la Sardegna e a chi, sin dall’inizio,
non aveva ceduto allo scetticismo e aveva creduto fortemente nella nascita del museo Nivola». Da una vita nel settore
dell’arte e dei beni culturali, da altrettanto tempo a studiare l’estro di quella mente libera che è stato Costantino Nivola,
Ugo Collu, presidente della fondazione che porta il nome del celebre artista oranese, è persino un po’ emozionato, ieri
mattina, quando racconta cosa sono stati, per lui, questi quasi tre lustri dalla rapina che definisce «una vera offesa a
tutta la cultura sarda». E così, quando qualche mese fa, il suo telefonino trilla, e dall’altra parte sente i carabinieri che gli
dicono “Professor Collu, abbiamo trovato i bronzetti e le opere rubate di Nivola”, a Ugo Collu per poco non viene un
colpo. «Quando ho ricevuto quella chiamata mi è uscito dalla gola un grido liberatorio – Collu lo ammette – perché è
stato come liberarmi di una pena repressa per 14 anni. In quel momento ho rivissuto tutta la terribile sequenza dei fatti.
La rapina del ’99, tra l’altro, era avvenuta in un momento cruciale per il museo Nivola di Orani: la struttura era nata
cinque anni prima grazie alla tenacia di chi ci ha creduto, Regione compresa. Era nata in un clima di scetticismo
generale». Erano tempi, quelli, dice Collu, nei quali «Costantino Nivola, in Sardegna, era semi-sconosciuto». «C’era
voluto un bel coraggio, dunque – aggiunge _ per aprire il museo». E poi arriva quella rapina, i due banditi a volto
coperto, la guardia giurata Mario Noli buttata a terra, pistola alla tempia, e terrorizzata. «Era stato un vero oltraggio –
ricorda Collu – per il povero Noli ma anche per tutti quelli che avevano creduto nel museo. Noi sin dall’inizio, tra le altre
cose, avevamo detto che era stato sicuramente una rapina su commissione, ma per giunta del tutto inutile visto che le
opere erano tutte supercatalogate e segnalate, e pertanto impossibili da smerciare. Avevamo lanciato un appello ai
rapinatori. Lo stesso che oggi, dopo aver ringraziato i carabinieri, rivolgo a chi, tre anni fa, ha di nuovo colpito il museo
Nivola rubando alcuni bozzetti. Restituiteli al museo. Non hanno valore commerciale, ma solo scientifico». (v.g.)
IL RETROSCENA
La banda provò ad aprire trattative con il museo
NUORO All’antica maniera, attraverso i soliti intermediari che in Sardegna sono spesso protagonisti delle trattative
criminali dai sequestri di persona fino al più banale furto d’auto, qualche tempo fa, al museo Nivola, qualcuno aveva
fatto giungere un messaggio che suonava più o meno così: sappiamo chi ha i bronzetti e le terrecotte di Nivola, e se
foste interessati a riaverli vi possiamo mettere in contatto o aprire un canale di comunicazione. C’è anche un retroscena
nascosto, dunque, nell’indagine dei carabinieri che ha portato al ritrovamento delle opere del grande artista oranese.
Una indiscrezione che conferma, in realtà, un dato di fatto: chiunque avesse rapinato a suo tempo le dieci opere dal
museo oranese, era ormai alla frutta. Aveva capito che non sarebbe mai riuscito a venderle sul mercato illegale, per
questo, probabilmente, voleva tentare di restituirle al museo, non senza il pagamento di una sorta di riscatto. Ma la
struttura oranese, a quanto pare, era stata ferma e irremovibile. Nessuna trattativa illegale o parallela. (v.g.)
Il grande artista sardo: la carriera negli Usa, i lavori nell’isola
Costantino Nivola (Orani 1911 - New York, 1988), pittore e scultore, dopo aver lavorato a Sassari come apprendista di
Mario Delitala si formò all’Istituto per le industrie artistiche di Monza. Fu art director alla Olivetti. Nel 1938 le nozze con
Ruth Guggenheim: la coppia si trasferì prima a Parigi e poi a New York (1939). Amico di grandi artisti e architetti, in
particolare di Le Corbusier, dalla fine degli anni ’40 Nivola cominciò a usare per le sue sculture il “sand casting”, un
procedimento di sua invenzione (gettata di cemento in una forma plasmata in negativo sulla sabbia) che gli permise di
realizzare bassorilievi di grandi dimensioni. Decorò gli edifici di importanti istituzioni, università e aziende americane. Tra
le sue opere la piazza-monumento a Sebastiano Satta a Nuoro (1966) e il complesso di sculture per il nuovo palazzo
del consiglio regionale a Cagliari (1988).