5 il pianoforte verticale - ok

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5 il pianoforte verticale - ok
IL PIANOFORTE VERTICALE
Il pianoforte verticale (o a torre, o a muro, in inglese upright piano) è uno strumento a
tastiera a corde percosse che, a differenza del suo fratello maggiore a coda, si sviluppa in
senso verticale; possiede alcune particolarità di funzionamento che andremo a osservare.
Le parti principali di cui è composto sono: la tavola armonica e il telaio con le corde che
in questo caso sono davanti e perpendicolari alla tastiera e il pedale sordina posto
centralmente (non sempre ne è dotato); a differenza del piano a coda non c’è il sistema
del doppio scappamento per il ribattuto veloce sui tasti. La storia che ha portato lo
sviluppo del suo perfezionamento è popolata da svariati esemplari dalle fatture
affascinanti e da alcuni tipi di valore.
Dal 1800 in poi, a Vienna e a Philadelphia, furono prodotti pianoforti di piccole
dimensioni e nel 1811, a Londra, Robert Wornum brevettò i primi pianoforti verticali a
corde incrociate. Nel 1738, però, il fiorentino Domenico Del Mela, aveva ideato uno
strumento con la cassa armonica in verticale in contrapposizione a quello “orizzontale” di
Cristofori di qualche anno prima: si chiamava pianoforte a giraffa. Le corde erano solo
sopra la tastiera e non aveva ancora il sistema dello scappamento.
La potenza e la qualità del suono risultano di gran lunga inferiori a uno strumento a coda.
Ciò è dovuto soprattutto al fatto che la disposizione dei martelletti con le leve disposte in
verticale, non gode della stessa efficacia d’azione di una leva in senso orizzontale. Tra
l’altro questo è anche un motivo di differenza della fluidità delle meccaniche dei tasti
mentre vengono suonati, che di solito è migliore in un piano a coda. Nonostante il ruolo
per cui è stato ideato (di solito per lo studio casalingo), si possono rilevare prestazioni di
tutto rispetto, soprattutto in determinate produzioni di strumenti accurati, come la marca
Kawai, che ultimamente ha perfezionato dei modelli con nuovi materiali per tasti,
martelletti e meccaniche di gran risposta all’azione delle dita del pianista. L’aggiunta anche
di piccoli anelli a tre buchi detti “agraffes” dopo i piroli a cui sono attorcigliate le tre corde
della sezione degli acuti, migliora l’allineamento, la spaziatura e l’angolatura delle corde
per una maggiore uniformità di suono. Alcuni verticali poi, montano due diffusori a
griglia, posti dietro il leggio, che consentono una resa sonora più piena. Di solito è
presente il caratteristico incrocio delle corde nei telai dei modelli più alti per ottenere
comunque una notevole lunghezza della porzione dei bassi.
In un pianoforte verticale è possibile espandere di più il suono sollevando e bloccando
con la speciale asticella il coperchio superiore, e si possono rimuovere anche le parti della
cassa come il portello inferiore, che si trova davanti alle gambe del pianista e sopra i
pedali, e il portello superiore in verticale, davanti e sopra la tastiera, che scopre i
martelletti. L’uso specifico del pianoforte verticale è per lo studio in casa, non solo per via
della massa inferiore ma anche e soprattutto per il prezzo più basso che si deve spendere
per acquistarlo; è possibile spesso noleggiarlo o dilazionare la cifra totale a rate. Molte
volte, per il pianista, passare da un pianoforte verticale ad uno a coda, ad esempio per un
concerto, può risultare non immediato. È quindi essenziale un allenamento di parecchie
ore sul pianoforte che andrà a suonare.
Oggi si produce anche uno strumento ibrido, acustico-digitale, che è un pianoforte
verticale contenente il sistema elettronico di un piano digitale, in cui è possibile togliere
del tutto il volume del suono diffuso normalmente dalla percussione dei martelletti; agisce
cioè come una specie di sordina totale. Quando si attiva la funzione silenziosa, i martelli
non percuotono più le corde e un sofisticato sensore cattura tutti i movimenti dei tasti
inviandoli al generatore di suono digitale. In questo modo si rende così possibile l’ascolto
in cuffia del pianoforte come se fosse uno strumento digitale. Il volume esterno azzerato
del suono, infatti, permette di non disturbare assolutamente, tranne che per il ticchettio dei
tasti. Il pianista però, in questi tipi di strumento, percepisce poca naturalezza e una
eccessiva sinteticità al tocco. Questi ibridi, nonostante l’utilità, non soddisfano di solito le
esigenze dei più sensibili.
Nella tabella a pagina seguente, il pianoforte a coda e quello verticale sono messi a
confronto a partire dalle marche principali che li producono. Le dimensioni inserite si
1 riferiscono ai due dati significativi che contraddistinguono le forme, cioè la lunghezza per
il piano a coda e l’altezza per quello verticale. Per queste misure e per il peso, sono stati
considerati dei valori di media, naturalmente esistono modelli di dimensioni e peso minori
o maggiori di questi. Lo stesso discorso vale per il costo (le cifre vanno moltiplicate per
mille), che qui s’intende per acquistare uno strumento nuovo. Anche per le caratteristiche
di uso e i luoghi dove è più facile incontrarli, sono inseriti i più comuni e intuitivi (ad
esempio anche un pianoforte a coda si può trovare in un Jazz Club o in altri spazi di
musica dal vivo), ma ci possono essere naturalmente le più svariate eccezioni.
Differenze principali tra un pianoforte a coda e uno verticale
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