Non sarò mai allenatore dell`Udinese

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Non sarò mai allenatore dell`Udinese
Messaggerodellunedi
UDINESE
9 NOVEMBRE 2009
IL RITORNO x
Il neocittadino onorario di Premariacco:
«Essere di nuovo in Friuli è bellissimo, vi ho nel cuore»
V
«Dissi sì perché c’era un progetto-Udinese:
sognavo lo scudetto, poi sono stato lasciato solo»
La consegna della carta d’identità a Zico, neocittadino onorario di Premariacco;
il brindisi con Scarbolo e De Sabata, presidente e vice del “suo” club, e, a destra,
alcuni dei tantissimi tifosi intervenuti alla festa di Orsaria (Foto Anteprima)
L’abbraccio a Zico, friulano per sempre
Folla a Orsaria per il 25º del suo club: «Non sarò mai allenatore dell’Udinese»
di PAOLA LENARDUZZI
PREMARIACCO.
Dalle
20.30 di ieri sera Zico è italiano,anzifriulanodiPremariacco: il consiglio comunale, in
una seduta lampo dal palco di
unteatrostrapieno,lo hadeliberato all’unaminità scatenando l’applauso che ha aggiunto emozione a una serata
straordinaria.“Cumòosoifurlàn”, hasorriso lui. Un ritorno
giocato sul filo dell’amarcord,
della gioia di mettersi insieme attorno a uno striscione
bianconero,maanchedell’orgoglio di avere per amico un
uomo così grande e così semplice.
Diciamolo, c’è stata anche
l’impressione (condivisa) che
la passione fosse stata più vera allora, venticinque anni fa,
quando a Orsaria è nato il
club che porta il nome di Arthur Antunes Coimbra. Quasi
una scommessa per il presidente Alessandro Scarbolo e
il vice Michele De Sabata, che
nel 1984, seconda stagione di
Zico all’Udinese, erano due
18enni da curva nord con la
testa pieno di sogni.
«Quest’amicizia non si è
mai interrotta – ha detto Zico,
al suo arrivo nel palazzo delle
ALLENATORE NO
«Non vorrò mai
allenare le squadre
con le quali ho
giocato; con
Flamengo, Udinese
e Kashima meglio
instaurare altri tipi di
rapporto»
PROGETTO ADDIO
«Scudetto
all’Udinese? Io ci
contavo, invece il
secondo anno se ne
sono andati i pezzi
più pregiati e
abbiamo finito
lottando per la
salvezza»
associazionidelpaese–,nonostante miei impegni di allenatore mi portino in giro per il
mondo, il mio rapporto con
Alex e Michele continuano
per telefono e via mail e mi
fanno capire quanto sia ancora forte il rapporto che mi le-
gaaifriulani.Èbellissimotornareestringerelamanoaigiovani che non mi videro giocare, ma che sanno tutto di me
dai racconti del papà e dai
dvd».
Subito una precisazione,
anche per troncare sul nasce-
re possibili entusiasmi: non
sarà mai allenatore dell’Udinese.«Quandoinstauriuncertotipodirelazioneconunacittà,unatifoseria,comeaccaduto a me a Udine, al Flamengo
ealKashima,èmegliochediamo il nostro contributo in
un’altraveste.Nonvorreiallenarelesquadreconcuihogiocato».
Un abbraccio a chi aveva
avuto a che fare con lui dal
suo arrivo, dalla segretaria
dell’Udinese Daniela, al fotografo-amico Mario Boemo, ai
tifosicheglihannochiestoancora l’autografo sulla foto o,
comeDenisCescutti,sullamitica maglietta targata Agfacolor con il 10 cucito a macchina; la rivelazione di essere diventato nonno e di aver imparato parlare giapponese, rus-
so, turco e ora, nuovo tecnico
dell’Olimpiakos, anche greco.
Poiunadichiarazionemaifatta in maniera così chiara: «Io
ero venuto qua perchè avevo
credutonelprogettoUdinese.
Pensavodavverochequisipotesse vincere uno scudetto,
cheavrebbeavutobenaltrosignificato che vincerlo con il
Milan o con la Juve. Invece, il
secondo anno sono stati ceduti i pezzi pregiati e sono stato
lasciato solo. In questo modo
Udine non potrà mai vincere
qualcosa di importante».
Qualcuno, anzi tanti avrebbero desiderato vederlo allo
stadio ieri, ma lui stesso ha
fattocapirecheprobabilmente non sarebbe stata una mossa opportuna, anche per il
suo attuale club. Giampaolo
Pozzo gli ha comunque mandato via telefono il suo apprezzamento ricordando che
«se l’Udinese e il Friuli sono
conosciute nel mondo lo dobbiamo a lui». Dalla società sono arrivate poi targa e maglietta col suo nome, da autografare per mettere all’asta
benefica a favore di Udinese
perlavita.Aconsegnarla,nella sala teatro, il presidente
Franco Soldati; una targa anche dalla Provincia e una mega carta d’identità dal sindaco di Premariacco, Rocco Ieracitano, prima dello show di
aneddoti, ricordi e battute assieme a Paolo Miano, Gigi
D’Agostini e Gianfranco Cinello. No, non è stata solo nostalgia.
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1 Zico
1
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sull’auto d’epoca
che lo portò il giro per Udine il
giorno del suo arrivo in Friuli.
Era l’estate del 1983
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2 Il fuoriclasse brasiliano
affiancato da Maradona prima
di Udinese-Napoli 2-2. Fu
l’ultima gara del campione in
maglia bianconera
2
3 Il Galinho con il cappello
d’alpino. Un’immagine
che ha fatto il giro del mondo
(Foto Boemo)
Il ricordo
Quel famoso striscione nato da un telone di camion
di EDDI PERTOLDI *
Nelmondodelcalcio,soprattuttoquellodiunavolta,
esistono sfumature, particolari, che diventano un simbolo di una squadra, di una città, di una tifoseria. E il
ritorno di Artur Antunes Coimbra, per tutti e in tutto il
mondo semplicemente Zico, in Friuli per una giornata
riportaalla menteuno striscione che ha accompagnato
le domeniche bianconere, e le mie radiocronache, per
oltre un ventennio.
Anzi, un megastriscione. Di cosa parlo? Facile, dei
36 metri di passione udinese racchiuse in quell’enorme“lenzuolo”cherecitava:“L’amoreèbianconero.Arthur Zico Orsaria”. Enorme, tanto da estendersi su una
porzione di stadio compreso dai distinti laterali nord
finoametàcampo,efortementesentitoevolutodaquel
club presieduto da Alessandro Scarbolo che a dicembre di quest’anno compie un quarto di secolo di straor-
dinaria militanza e vicinanza alle gioie e alle sofferenze dei friulani. Perché la storia di questo striscione, e
del club che rappresenta, si intreccia in maniera quasi
totale con le vicissitudini che hanno portato il “Galinho” a Udine in uno straordinario compendio di cocciutaggine, cuore e solidarietà tipicamente friulano.
Scarbolo crea il primo, mini, modellino “soffiando” addirittura le lenzuola alla madre: un prototipo che dura
poco e che viene a stretto giro di posta sostituito da un
modelloprofessionale.L’UdineseclubdiOrsaria,infatti,siprocuraunenormetelonediuncamion(34metri)e
con la collaborazione di un’azienda specializzata crea
e fa cucire il testo dello striscione che a inizio 1985
compie la sua prima apparizione sugli spalti del “Friuli”. Poco meno di due anni dopo, però, dopo una partita
interna col Verona, lo striscione viene rubato da un
paio di ultras dell’Hellas che, a fine gara, malmenano
senza troppi problemi due iscritti del club.
Non sappiamo se quei 34 metri di cuore bianconero
siano finiti nell’Adige, o facciano bella mostra di sé,
come feticcio di “guerra”, in qualche ritrovo gialloblù.
Ma quello che sappiamo è che è la stessa Udinese, con
la collaborazione del grande ex segretario bianconero
Sigfrido Marcatti, ad aiutare il club di Orsaria a realizzarne uno nuovo, più grande di altri due metri, che è
durato fino all’entrata in vigore dei decreti Amato e
Pisanuchelohavietatoeridottoad“appena”seimetri.
Questioni di legge, si dirà, e dei tempi che mutano. Ma
quello che non cambierà è il ricordo di quel simbolo,
che ci riporta alla memoria quando, almeno per una
volta, anche noi siamo stati grandi.
Quando qui, in questo lembo profondo di nord-est
che l’Italia spesso dimentica, noi avevamo il giocatore
più forte del mondo. Noi abbiamo avuto Zico. E questo,
piaccia o non piaccia, nessuno ce lo potrà mai togliere.
* radiocronista dell’Udinese dal 1977
www.danasport.it
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