News di Marzo 2003 1 di 12
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News di Marzo 2003 Biblioteca di bambù 01 Marzo 2003 Una straordinaria, enorme "biblioteca di bambù" è stata portata alla luce dagli archeologi cinesi nella provincia meridionale di Hunan. Scavando in un sito dove si trovavano insediamenti di duemila anni fa, i ricercatori hanno trovato migliaia di documenti ufficiali risalenti a quell'epoca, cioè a due millenni fa. Si tratta di 20.000 meravigliosi fogli di bambù su cui sono annotati con dovizia di particolari e l'antichissima grafia dell'impero cinese dettagli sulla vita economica, politica e culturale della dinastia Qin e dell'epoca precedente. Cioè su un periodo che va dal 700 avanti Cristo al 25 dopo Cristo. Le informazioni riportate sui documenti includono particolari riguardanti il cibo dei soldati e le relazioni tra diversi gruppi etnici. Guo Weimin, vicedirettore dell'Istituto Archeologico della provincia dello Hunan, ha affermato che si tratta della maggiore quantità di documenti mai trovata relativi a questo periodo della storia cinese. E si è spinto oltre: questa è la più importante scoperta fatta in Cina dopo la famosa "armata di terracotta" peraltro sempre della dinastia Qin, che unificò per la prima volta il paese dando vita al primo impero. In realtà, in Occidente si usava per questa dinastia la trascrizione fonetica: Chin (pronuncia: Cin). Da cui probabilmente il nome "Cina". Gli imperatori Qin sono i primi a dare un volto moderno allo Stato cinese, dividendolo in 36 territori e imponendo ad ognuno dei 36 governatori di comunicare per iscritto all'imperatore ciò che avveniva. L'impero, insomma, va di pari passo con una enorme diffusione della scrittura e si sviluppa una grande attenzione per la comunicazione e la scienza, se è vero che, sempre in questo periodo, vengono unificati gli strumenti di misurazione: un evento che in Italia si avrà solo 1800 anni dopo. Fonte: Il Messaggero del 23 luglio 2002 In osso di 32.000 anni fa la prima mappa astrale 02 Marzo 2003 Una tavoletta di osso di mammuth grande come la meta' di una carta da gioco, spessa appena quattro millimetri e istoriata su entrambi i lati: secondo un astro-archeologo tedesco, che la sta studiando con l'ausilio delle piu' sofisticate risorse della tecnologia, riproduce la costellazione di Orione e si tratta della piu' antica mappa astrale conosciuta, oltre che uno dei primi reperti recanti l'impronta dell'uomo mai trovati. Secondo quanto riporta la BBC on line, la tavoletta e' stata trovata quasi 25 anni fa nella valle dell'Ach, in Germania, lungo il corso del Danubio. Prove al carbonio-14 la situano tra 32.000 e 38.000 anni fa e la fanno ricondurre alla misteriosa civilta' di Aurignac. Su di essa gli studiosi concordano per ben pochi elementi. Che proveniva dall' Est e che soppianto' la civilta' autoctona di Neanderthal. Michael Rappenglueck - uno studioso gia' noto quando insegnava all'Universita' di Monaco e aveva identificato come carte stellari alcuni disegni tracciati nelle pareti di caverne preistoriche - e' persuaso che la figura umana ben visibile sul recto della tavoletta non possa essere altro che la raffigurazione di Orione, il Cacciatore del firmamento, con tanto di spada e accompagnato da uno dei suoi cani. Nel verso, invece, lo studioso ha ravvisato addirittura un calendario, probabilmente usato per calcolare i cicli femminili di fertilità e di gestazione. Lo si deduce dalle 86 tacche, disposte su quattro file verticali, che per Rappenglueck e altri studiosi avrebbero due significati particolari. Il primo e' che 86 e' il numero da sottrarre ai giorni di un anno per calcolare quelli che mediamente dura una gestazione umana. Ma e' anche il numero di giorni in cui nell'anno e' visibile una delle stelle tra le piu' luminose di Orione. E agli occhi indagatori e assieme ingenui dei nostri progenitori di 30 o 40 mila anni fa la costellazione potrebbe benissimo aver concorso a presiedere il fluire e lo sviluppo dell'esistenza. D'altra parte Orione, tra le costellazioni, ha sempre goduto di un significato particolare per numerose civilta' in epoche e luoghi diversi. Gli antichi egizi, ad esempio, identificavano il Cacciatore astrale con il dio Osiride, simbolo lunare (ma maschile) dell'alternarsi del giorno e la notte e delle stagioni, comprese quelle della vita. Fonte: ansa.it del 22 gennaio 2003 I monoliti di Kuntur Wasi 03 Marzo 2003 Il ritrovamento di tre sculture in pietra offre agli studiosi nuovi orizzonti sulla nascita della civiltà andina. Fino a questo momento è stato scavato solo il 40% dell'area del centro cerimoniale ubicato nella provincia cajamarquina di San Pablo. Sono trascorsi quasi cinquant'anni da quando, nel 1946, Julio C. Tello e un gruppo di suoi studenti scoprirono in cima al colle La Copa oltre dieci monoliti e una tomba con ceramiche e ornamenti in oro: una corona, due copri narici e un paio d'orecchini. Gli studi eseguiti fra le rovine di Kuntur Wasi sono proseguiti fino ai nostri giorni, poiché questo centro cerimoniale -dove si ritiene fosse praticato il culto dell'acqua- ha ancora molto da svelare. I lavori realizzati per il Progetto Unesco-Giappone, hanno permesso di trovare, durante le ultime settimane, nuovi monoliti, a due dei quali manca la parte superiore. Non si sa quando occorse questa perdita, ma l'archeologo giapponese e direttore del progetto, Yoshio Onuki, suppone che avvenne nel secolo XVII°. Una delle sculture è divisa in due parti e rappresenta una persona seduta con le ginocchia alzate. Il 1 di 12 News di Marzo 2003 secondo monolito, di un metro d'altezza, rappresenta una persona con le mani sul petto e possiede un cinturone con il disegno di visi umani. Queste due figure di pietra furono rinvenute sopra le macerie della prima terrazza delle rovine di Kuntur Wasi. Culto dell'acqua Il terzo monolito è una pietra di 50 cm. per 50 cm. e rappresenta un viso umano con la bocca a forma di imbuto non perforato. Questo tipo di scultura è molto rara, probabilmente unica per la sua rappresentazione realistica di un viso. Yoshio Onuki fa notare la sua somiglianza con alcune figure delle fontane romane. "Non sembra andina, ma europea. La stessa caratteristica si ripete nei monoliti dove troviamo bocche a forma di rombo o quadrate. Tutto ciò riafferma la relazione con il culto dell'acqua che è evidente nel tempio". Le tre pietre sono state rinvenute nell'area che appartiene alla denominata Fase Copa, ma esiste la possibilità che alcune di esse siano state elaborate durante la fase Kuntur Wasi. Tuttavia, non si tratta degli unici ritrovamenti. Negli ultimi anni, solo nella facciata centrale sono state trovate 140 sepolture. Di queste, cento appartengono a culture posteriori, come Cajamarca, e quaranta alla Fase Copa. I corpi erano flessi, con i piedi e le mani legati, la bocca verso il basso e con la spina dorsale sporgente. Kuntur Wasi non finirà di sorprendere gli archeologi. Secondo Yoshio Onuki, è stato portato alla luce solo il 40% del complesso, durante i 14 anni di lavoro nella zona. I resti di questo tempio sono ubicati nel nord del paese, nella conca del rio Jequetepeque, a Cajamarca, nei pressi del piccolo villaggio di San Pablo. Si tratta di un colle sulla cui sommità fu costruito un centro cerimoniale durante l'epoca formativa. Oltre a piattaforme scalonate e a strutture funerarie, esistono tracce evidenti di litosculture, imparentate con lo stile Cuspinique cultura della costa nord che ancora non è stata ben definita, ma della quale si ha grande rispetto- ben lavorate quanto quelle di Chavín de Huántar. Fonte: Magie delle Ande del 31 ottobre 2002 In Grecia trovato carro romano del I sec d.C. 04 Marzo 2003 Straordinaria scoperta archeologica nel nord della Grecia: un carro romano del I secolo d.C., in condizioni quasi perfette, e' venuto alla luce accanto ai resti dei due cavalli che lo trainavano. La scoperta e' avvenuta presso Alexandroupolis, nel nordest del Paese. Diamantis Triandafilos, l'archeologo che ha scoperto il raro mezzo di trasporto, ritiene che il carro, che ha quattro ruote, appartenesse ad un locale funzionario dell'Impero. ''Una scoperta del genere non e' mai avvenuta in Grecia'', ha commentato. Il carro, emerso durante lo scavo di un 'timbos' (tomba collettiva a forma di piccola collina) e' in condizioni eccellenti, in particolare per quel che riguarda le decorazioni. Nello scavo sono emersi anche i paramenti dei cavalli, anch'essi ben preservati. Fonte: ansa.it del 6 febbraio 2003 Donna cinese in sarcofago colmo di liquido 05 Marzo 2003 Antiche spoglie ben conservate ritenute appartenere alla dinastia Han occidentale (206 a.C. - 24 d.C.) sono state dissotterrate recentemente in un cantiere edile di Lianyungang, nella provincia orientale di Jiangsu. Il corpo di donna, stimato risalire ad oltre 2.000 anni fa, ha mantenuto del tessuto muscolare elastico a causa dell'immersione in fluidi particolari all'interno del sarcofago, afferma Zhou Jinping, curatore del museo di Lianyungang che si sta occupando del ritrovamento. Il sarcofago è stato inviato al museo dopo il rinvenimento avvenuto l'8 Luglio. Gli archeologi all'apertura del feretro hanno riscontrato la presenza di una salma femminile sospesa in un liquido non identificato. Gran parte dell'epidermide aveva colore marrone e le vene di alcune dita dei piedi che erano rimaste al di fuori del liquido erano rimaste visibili. Una scatola rettangolare di ceralacca, un contenitore per cibo di bambù, un pettine, uno specchio di rame, un ciuffo di capelli con un fermaglio e una lista di oggetti sepolcrali scritta in caratteri molto chiari è stata trovata insieme ai resti, ha rivelato Zhou. Xu Yongqing, uno specialista di preservazione delle salme. Egli ha notato che la defunta è un'anziana donna ed ha riscontrato segni di decomposizione sul viso e sull'addome avvenuti precedentemente all'apertura del sarcofago. La salma, ritenuta inestimabile in termini archeologici, è stata posta sotto formalina e coperta da uno strato di cotone assorbente in attesa di ulteriori esami per determinarne la precisa epoca storica, lo stato sociale e altri dettagli sull'origine, sostiene Zhou. Quest'ultimo ritrovamento è solamente il terzo risalente alla dinastia Han. Gli altri due vennero scoperti separatamente nella famosa tomba Han di Mawangdui a Changsha, nella provincia di Hunan, e in quella di Jingzhou nella provincia di Hubei. Un corpo immerso in un liquido strano era stato già precedentemente scoperto tra sepolture Fenice a Sidone, ma a causa della mancata cura degli studiosi, il liquido era stato rovesciato e il corpo decomposto all'istante. Fonte: Il Messaggero del 14 luglio 2002 2 di 12 News di Marzo 2003 Scienziati russi sperano di poter clonare un mammut 06 Marzo 2003 Dopo aver isolato cellule 'vive' da un esemplare di 30 mila anni rinvenuto recentemente da una spedizione russo-giapponese Scienziati russi hanno trovato nel tessuto sottocutaneo delle zampe di un giovane mammut siberiano cellule 'vive' che contano di utilizzare per la clonazione del grande mammifero preistorico. Il professor Albert Protopopov, direttore della Fondazione per gli studi sul mammut di Irkutsk, in Siberia, ha annunciato che dalle zampe di un esemplare giovane, trovate recentemente da una spedizione russo-giapponese in ottime condizioni, gli scienziati del Centro scientifico di Novosibirsk, dove i reperti erano stati inviati hanno isolato cellule sottocutanee che possono servire alla clonazione, anche se resta ancora da individuare il Dna indispensabile per il processo. Secondo Piotr Lazarev, direttore del Museo del Mammut a Irkutsk, citato dalla Komsomolskaya Pravda l'annuncio del ritrovamento di cellule che possono essere considerare 'vive' e' 'entusiasmante' ma il materiale a disposizione è poco e bisogna essere prudenti. Le zampe del mammut giovane, la cui morte risalirebbe a 30.000 anni fa, erano state trovate lo scorso anno da una spedizione russo-giapponese in un 'cimitero' della Yakutia, nella Siberia orientale. I giapponesi avrebbero voluto portare i reperti in patria per cercare di ricavarne il Dna e procedere alla clonazione, ma a causa di una legge severissima della repubblica della Yakutia, ciò non era stato possibile e il materiale è rimasto in Russia. Dubbi sulla possibilità di clonare davvero un mammut sono stati espressi da Nikolai Janovskij, scienziato dell'Istituto di genetica dell'Accademia russa delle scienze. Secondo Janovski per ottenere davvero un risultato bisognerebbe esser certi che nella catena della molecola del Dna non ci sia nessuno 'strappo', mentre le molecole dopo la morte, a prescindere dallo stato di conservazione, risulterebbero comunque alterate. Il mammut (Elephas Primigenius) è un elefante di grandi dimensioni vissuto nel Quaternario in Europa, Asia e America meridionale. Dotato di folto e lungo pelo rossiccio superava i 3,5 metri di altezza, aveva un peso di circa 4 tonnellate ed era dotato di lunghe zanne ricurve. Fonte: Newton.it del 14 febbraio 2003 L'oro degli Egizi 07 Marzo 2003 Molto ingegnoso il metodo adottato per la lavorazione della quarzite La scoperta di alcune miniere d'oro nell'Egitto meridionale, risalenti al periodo compreso fra il 5300 e il 3100 a.C., ha portato alcuni ricercatori a credere che gli antichi Egizi furono i primi a estrarre l'oro e usarlo per la costruzione di gioielli. Mentre la datazione delle miniere deve ancora essere confermata, Ali Barakat, della Egyptian Geological Survey and Mining Authority egiziana, ha riferito che gli antichi Egizi che vissero nella zona del mar Rosso e nella valle di Daghbeg furono probabilmente i primi minatori d'oro e anche i primi a disegnare mappe geologiche delle loro miniere. Secondo Barakat, i reperti trovati suggeriscono anche che gli Egizi misero a punto un efficace metodo per estrarre l'oro dalla quarzite. Essi riducevano in polvere la roccia aurifera, aggiungevano acqua e poi facevano passare la miscela in un canale pieno di bacini quadrati, dove si depositava la parte più pesante, contenente il metallo. Secondo Lisa Schwappach, curatrice del Rosicrucian Egyptian Museum di San Jose, in California, mentre gli Egizi iniziarono sicuramente molto presto a estrarre l'oro, probabilmente essi furono battuti sul tempo dai popoli mesopotamici. "La regione indicata da Barakat rappresenta una delle più antiche vie commerciali fra l'Egitto e la Mesopotamia. Gli Egizi in effetti lavorarono con il rame prima che con l'oro, e potrebbero aver appreso le basi delle tecniche di estrazione dell'oro dai mesopotamici." Fonte: Le Scienze del 11 febbraio 2002 Trovata mascella "umana" di 1,8 mil. di anni fa 08 Marzo 2003 Nelle vicinanze si trovavano ossa di animali di grandi dimensioni che presentavano segni causati da coltelli di pietra Una mascella fossilizzata di un ominide vissuto in Tanzania 1,8 milioni di anni fa, potrebbe appartenere a uno dei primi membri del genere Homo. In un articolo pubblicato sul numero del 21 febbraio della rivista "Science", l'antropologo Robert Blumenschine e i suoi colleghi della Rutgers, l'Università del New Jersey, descrivono la scoperta del reperto che hanno rinvenuto a Olduvai Gorge nel 1995 un sito ricco di fossili già 3 di 12 News di Marzo 2003 celebre per la scoperte di Louis e Mary Leakey nei primi anni sessanta. "Questo nostro lontano antenato - spiega Blumenschine - proviene da un periodo cruciale della preistoria, quando si cominciano a vedere utensili in pietra, quando gli ominidi avevano appena cominciato a considerare gli animali più grandi come fonte di cibo, e quando le dimensioni del cervello cominciano a espandersi in modo significativo." Il fossile, numerato OH 65, consiste di una mascella completa di tutti i denti e della parte inferiore della faccia. Il reperto fornisce un legame anatomico fra due altri fossili, H. rudolfensis - un cranio privo di denti trovato in Kenya - e l'originale reperto di H. habilis - una mandibola trovata in precedenza a Olduvai, mostrando che tutti e tre gli ominidi erano probabilmente della stessa specie, Homo habilis. Fonte: Le Scienze del 22 febbraio 2003 La piramide senza età 09 Marzo 2003 Cuicuilco, 8.000 anni fa. Chi può averla costruita? Il mistero c'è ma non si vede. Già, perché all'occhio di un osservatore distratto e superficiale l'imponente piramide di Cuicuilco, nella valle di Anahuac a pochi chilometri da Città del Messico, potrebbe sembrare soltanto una testimonianza tridimensionale del tempo che fu. Gioiello di una civiltà passata da incastonare nell'anello di qualche archeologo. E in parte, se vogliamo, è così. Ma solo in parte. Perché gli archeologi prima di assorbire il fascino e ricostruire la storia del monumento se la devono vedere con i revisionisti che su questa piramide hanno sollevato dubbi che si fanno mistero. Il punto è questo: secondo l'archeologia ufficiale la costruzione dell'imponente edificio risale al 600 a.C., ma i cosiddetti revisionisti forti di osservazioni e studi con l'avallo di fior di geologi - spostano questa data indietro di almeno ottomila anni. Perché? Perché uno dei riferimenti temporali incontestati in quella zona è rappresentato dall'eruzione del vulcano Ajusco, avvenuta ottomila anni fa. E - qui viene il bello - una parte della piramide è ancora inglobata nel magma allora fuoriuscito. Il che sarebbe illogico se la piramide fosse stata costruita migliaia di anni dopo quell'eruzione, come sostiene l'archeologia tradizionale. Ma è anche il motivo per cui gli stessi archeologi sostengono (non senza qualche forzatura) una tesi piuttosto deboluccia: ovvero che quell'eruzione, datata dai geologi in maniera scientifica, avvenne invece fra il 500 e il 200 a.C. Una diatriba di non poco conto visto che se il monumento risalisse veramente a otto/diecimia anni fa, sarebbe contemporaneo dell'uomo di Tepexpan, il più antico esemplare umano mai ritrovato nell'America centrale e sicuramente non in grado di edificare una simile costruzione... Ad alimentare poi un mistero che spesso sovrappone le proprie impronte a quelle della leggenda ci sono anche i ragguagli del medico spagnolo Hernandez che all'epoca della "conquista" visitò la piramide scrivendo poi dettagliati resoconti al sovrano Filippo II: raccontando di aver trovato i resti di enormi animali nei pressi del monumento (forse ossa di Toxodonte, un grande dinosauro) e di uomini alti più di cinque metri. Relazioni veritiere oppure influenzate dalla comunque inquietante tradizione locale che narra che la piramide venne costruita da giganti? E, tanto per mettere un'altra bisteccona al fuoco, ci sarà qualche nesso fra il mistero di Cuicuilco e le leggende che prima della scoperta dell'America giravano nel Vecchio Continente a proposito della fonte dell'elisir di lunga vita? Fonte che proprio Cristoforo Colombo (secondo alcune interessanti teorie fu questo il vero scopo dei suoi viaggi) ritenne di poter trovare proprio in quelle zone? Fonte: News2000.libero.it del 19 ottobre 2002 Affiorati resti di una villa Romana 10 Marzo 2003 Uno smottamento lungo la passeggiata archeologica di Varano, nei pressi di Castellammare di Stabia (Napoli), provocato dalle piogge di questi giorni, ha portato alla luce i resti di un edificio di epoca romana. Secondo quanto annunciato dalla Sovrintendenza archeologica di Pompei, dalla terra sono emersi due muri, alti piu' di due metri, di cui uno affrescato, e un pavimento in cocciopesto ad un metro d'altezza dalla sede 4 di 12 News di Marzo 2003 stradale. Gli esperti della Sovrintendenza ritengono si tratti di ''un'importante sezione di un settore fino ad oggi ignoto dell'impianto urbano dell'antica Stabie'', uno dei cinque siti con Pompei, Ercolano, Oplontis e Boscoreale che svolgeva un importante ruolo strategico e commerciale gia' in eta' arcaica (VIII secolo a.C.). Il maggior addensamento abitativo va collocato tra la distruzione della citta' da parte di Silla (89 a.C.) e l'eruzione del Vesuvio (79 d.C.). In questo periodo, sul ciglio settentrionale del poggio di Varano, sorgevano numerose ville in posizione panoramica, concepite prevalentemente a fini residenziali, con vasti quartieri abitativi, strutture termali, portici e ninfei splendidamente decorati. ''Non sappiamo ancora se questo edificio faccia parte di un quartiere o ne sorgeva discosto spiega il soprintendente Pietro Giovanni Guzzo al momento stiamo mettendo in sicurezza il reperto prima di continuare le indagini''. Sul territorio della collina di Varano, dove si trovano le ville di Stabia, lavora anche la facolta' di Architettura dell'Universita' del Maryland per un progetto di parco archeologico internazionale. Fonte: ansa.it del 4 febbraio 2003 La schiena di Tutankhamon 11 Marzo 2003 La malattia rara di cui soffriva potrebbe averlo reso molto fragile e soggetto al rischio di fatali fratture della colonna vertebrale La bellissima maschera dorata di Tutankhamon ha dato per secoli un'immagine positiva del faraone, ma il suo aspetto potrebbe in realtà essere stato deforme. Un'analisi di radiografie del sarcofago del faraone riprese nel 1968 ha fornito nuovi indizi sulla sua salute. "Un uomo giovane dovrebbe avere una colonna vertebrale sana, ma non è questo il caso," dice Richard Boyer, del Primary Children's Medical Center di Salt Lake City. Le radiografie originali mostrano una curvatura anormale della colonna vertebrale e la fusione delle vertebre più alte, una condizione associata alla scoliosi e alla sindrome di Klippel-Feil. Coloro che sono colpiti da questa rara malattia hanno un collo molto corto e una limitazione dei movimenti delle vertebre cervicali. Secondo Todd Grey, Tutankhamon potrebbe aver avuto bisogno di un sostegno per camminare, una teoria avvalorata dai 130 bastoni da passeggio trovati nel suo corredo funebre. Fin da quando, nel 1922, Howard Carter scoprì la sua tomba nella valle dei Re, Tutankhamon ha rappresentato un enigma per gli archeologi. Della sua vita sono noti solo pochi fatti: si sa che salì al trono nel 1333 a.C., quando aveva solo nove anni, e regnò fino alla sua morte, avvenuta a 17 o 18 anni. La causa della morte del giovane faraone è sempre stata fonte di dibattito, ma ora sembra prendere corpo un'ipotesi plausibile: la malattia di cui soffriva potrebbe averlo reso soggetto al rischio di fatali fratture della colonna vertebrale. "La sindrome di Klippel-Feil - dice Steven M.Theiss - è comunemente associata ad altri problemi congeniti che avrebbero influenzato non solo il suo aspetto. Oltre ai problemi scheletrici, questa sindrome è anche associata con anomalie dei reni, del cuore e del sistema nervoso, che potrebbero spiegare la prematura scomparsa." Fonte: Le Scienze del 7 ottobre 2002 Scoperta a Colonia antica strada romana 12 Marzo 2003 I resti di un'antica strada romana sono stati rinvenuti alla periferia sud di Colonia, citta' di origini romane nell'ovest della Germania. Come hanno riferito le autorita' cittadine, la scoperta e' stata fatta dagli archeologi a un metro circa di profondita'. Si tratterebbe di una antica via di comunicazione dell'epoca dei Romani, collegata ad arterie piu' importanti. Finora si e' riusciti a riconoscere il tracciato per una lunghezza di circa 700 metri. La strada, secondo gli studiosi, correva anticamente lungo il Reno, e aveva un collegamento con una importante arteria che conduceva fino a Roma. Sarebbe stata utilizzata per circa duemila anni, per essere ristrutturata nell'epoca di Napoleone. Fonte: ansa.it del 28 gennaio 2003 Il tirannosauro non era così terribile 13 Marzo 2003 L'immagine del Tyrannosaurus rex potrebbe cambiare per sempre, dopo le scoperte di alcuni scienziati britannici. Il dinorauro potrebbe non essere stato quella belva terribile mostrata da numerosi film hollywoodiani, ma un animale dall'indole meno aggressiva che si cibava di avanzi. Secondo i calcoli dei ricercatori, l'ambiente in cui il tirannosauro viveva forniva probabilmente abbastanza 5 di 12 News di Marzo 2003 carcasse da soddisfare la fame del "re" dei dinosauri. D'altra parte, le sue prede riuscivano facilmente a sfuggirgli se correvano abbastanza veloci. Un modello al computer, elaborato l'anno scorso dagli americani John Hutchinson e Mariano Garcia, suggerisce infatti che l'animale, pesante sei tonnellate, poteva raggiungere una velocità massima di 40 km/h, molto meno di quanto non si ritenesse in precedenza. Lo studio, realizzato da Grame Ruxton e David Houston dell'Università di Glasgow e pubblicato sulla rivista "Proceedings of the Royal Society", si basa sull'analogia con animali ancora esistenti. Secondo gli scienziati, un ecosistema produttivo quanto l'attuale Serengeti sarebbe sufficiente a produrre abbastanza carogne per un animale di quelle dimensioni. "Il tirannosauro - spiegano gli autori - non aveva bisogno di essere un predatore attivo e poteva sopravvivere nutrendosi semplicemente di avanzi." Questa teoria, tuttavia, è controversa. Alcuni scienziati americani la ritengono priva di senso e affermano che i carnivori cacciano e si nutrono di carogne in modo opportunistico. Fonte: Le Scienze del 16 febbraio 2003 In Inghilterra si mangiava formaggio nel 4.000 a.C. 14 Marzo 2003 Secondo uno studio di ricercatori dell'Università di Bristol, si deve far risalire a 6.000 anni fa la nascita delle prime comunità agricole, nell'Inghilterra meridionale. A quest'epoca risalgono, infatti, pezzi di vasellame ritrovati e studiati con nuovi metodi di analisi, grazie ai quali è stata evidenziata la presenza di residui di grassi derivati dal latte, e di grassi ed oli di altra origine. Pur non potendo essere certi di come il latte venisse utilizzato, si suppone che, data la velocità con cui l'alimento può andare a male, si utilizzasse per produrre formaggi, burro e yogurt… L'allevamento del bestiame, per la produzione di carne e latte, risale all'incirca all'8.000 a.C.. Se ne hanno le prime tracce in Medio Oriente. Il gruppo di ricercatori, grazie alle analisi dei residui su vasellame, sta tentando di ricostruire l'intero quadro del reale funzionamento delle antiche economie e a tracciare la mappa della diffusione dell'allevamento dall'Oriente alle isole inglesi, attraverso l'Europa meridionale e i Balcani. Fonte: CNN.com del 29 gennaio 2003 Casa, antica casa 15 Marzo 2003 Probabilmente i cacciatori preistorici le utilizzavano come dimora, come rifugio di caccia, o per condurre riti religiosi. Ma, quello che affermano con sicurezza gli archeologi giapponesi, è che i resti delle due capanne ritrovate a trecento chilometri a nord di Tokio, sono le più antiche abitazioni umane che siano mai state scoperte. L’architetto ingegnoso è un Homo erectus, che 600 mila anni fa, a Kamitakamori, vicino la città di Sendai, costruì gli edifici utilizzando pali di legno, atti a sostenere la struttura di forma conica dell’abitazione, ricoprendoli in origine con pelle di animali. Il rinvenimento è opera dell’équipe di ricercatori nipponici dell'istituto di Tohoku Paleolithic e dell'università di Tohoku Fukushi. «Già anni fa è stata ritrovata in Tanzania una barriera di pietra databile a un milione e ottocentomila anni fa, ma non esiste la certezza che questa fosse la struttura di un'abitazione», ha affermato Hiroshi Kajiwara, docente all'università Tohoku Fukushi, e autore della scoperta, «così, Kamitakamori passerà alla storia come la più antica, non solo del Giappone, ma del mondo intero». Le capanne distano tra loro cinque metri sono circolari e hanno un diametro di due metri circa. E, all'interno di una delle strutture preistoriche sono state rinvenute sette pietre, che gli archeologi hanno interpretato come oggetti rituali. Attualmente, nel mondo, sono poche le testimonianze di strutture umane risalenti al paleolitico inferiore, e le due abitazioni potrebbero essere delle fonti preziosi per gli studiosi. Ma non solo. Le costruzioni dimostrerebbero anche, che l’Homo erectus riuscì a raggiungere le isole giapponesi attraversando il tratto di mare che le separa dal continente asiatico. Finora, infatti, gli esperti hanno sempre attribuito all’Homo sapiens, del paleolitico superiore, il primato di navigatore. Una scoperta, quindi, che se verrà confermata potrebbe far riscrivere la storia dei nostri antenati. Fonte: Boiler.it Ancora romana recuperata in mare a Nervi 16 Marzo 2003 Un'ancora di epoca romana e' stata recuperata nel mare di Nervi dai sommozzatori dei carabinieri. L'oggetto, risalente al I-II secolo dopo Cristo, era stato scoperto sette mesi fa da alcuni subacquei amatoriali. L'ancora e' una trave di piombo appuntita alle estremita' e con un buco al centro, dove veniva infilato il fusto di legno. 6 di 12 News di Marzo 2003 Il reperto, in buono stato di conservazione, e' lungo 138 centimetri e pesa 70 chili. Si tratta di un modello gia' evoluto per l' epoca. L'ancora giaceva incastrata su di una scogliera a 40 metri di profondita', a poco meno di un miglio dalla costa. Prima del recupero i sub dei carabinieri hanno fatto alcune ricognizioni sul fondale, senza trovare altri resti di nave. Per sollevare l' ancora sono stati utilizzati due palloni pieni d' aria: il primo fino ad una certa quota, il secondo fino alla superficie. L'ancora e' stata presa in consegna dai carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale. Verra' consegnata alla Sovrintendenza ai Beni Archeologici della Liguria, che provvedera' a restaurarla e a studiarla. L'obbiettivo e' scoprire il tipo di nave alla quale apparteneva e la rotta che seguiva. Fonte: ansa.it del 14 febbraio 2003 L'antico disco di Nebra e "Omero nel Baltico" 17 Marzo 2003 Il ritrovamento è avvenuto vicino al villaggio di Nebra situato presso Mittelberg, una collina alta 252 mt nella foresta di Ziegelroda, a 50 km ad ovest di Lipsia, nella Germania orientale. Nello stesso sito sono state ritrovate anche delle spade di tipo miceneo. Il disco di Nebra è un manufatto circolare in bronzo e oro datato 1600 a.C. circa, con un diametro di 32 cm. con raffigurati sole, luna e stelle tra le quali si distinguono le sette Pleiadi. Il disco di Nebra sembra essere la più antica rappresentazione di stelle in assoluto. Questo singolarissimo ritrovamento archeologico, sembra corroborare gli stretti legami, evidenziati nel libro "Omero nel Baltico" di Felice Vinci, tra l'Europa centro-settentrionale e il mondo omerico. Il disco è il perfetto pendant dei versi del XVIII libro dell'Iliade in cui Omero illustra le decorazioni astronomiche fatte dal dio fabbro Efesto sullostrato in bronzo posto al centro dello scudo di Achille: "Vi fece la terra, il cielo e il mare,/ l'infaticabile sole e la luna piena,/ e tutti quanti i segni che incoronano il cielo,/ le Pleiadi, le Iadi, la forza d'Orione". I reperti di Nebra insomma mostrano lo stretto rapporto, per così dire "triangolare", che, attraverso l'archeologia, si può stabilire tra il mondo nordico della prima età del bronzo, quello omerico (lo scudo) e quello miceneo (le spade). Ciò d'altronde è perfettamente in linea con quanto afferma Stuart Piggott - grande accademico ed archeologo, professore di archeologia preistorica all'università di Edimburgo - nel suo "Europa Antica": "La nobiltà degli esametri [di Omero] non dovrebbe trarci in inganno inducendoci a pensare che l'Iliade e l'Odissea siano qualcosa di diverso dai poemi di un'Europa in gran parte barbarica dell'Età del Bronzo o della prima Età del Ferro. 'Non c'è sangue minoico o asiatico nelle vene delle muse greche... esse si collocano lontano dal mondo cretese-miceneo e a contatto con gli elementi europei di cultura e di lingua greche', rilevava Rhys Carpenter; 'alle spalle della Grecia micenea... si stende l'Europa'". Fonte: Antikitera.net L'elefante preistorico era un buon nuotatore? 18 Marzo 2003 Gli elefanti preistorici erano buoni nuotatori? Questa ipotesi è stata avanzata da un gruppo di ricercatori del Museo di Storia naturale di Creta dopo il ritrovamento dei resti di un progenitore dei moderni pachidermi. Chiamato Deinotherium Gigantisimum, era molto simile agli elefanti attuali, alto circa cinque metri e vissuto circa sette milioni di anni fa. Per il momento sono state trovate le zanne (lunghe circa un metro e mezzo), alcuni denti grandi come palle da baseball e frammenti delle ossa. Secondo il geologo Charalampos Fassoulas, l'esemplare potrebbe aver raggiunto Creta dalla vicina Asia minore, probabilmente percorrendo anche alcuni lunghi tratti a nuoto e passando per le isole di Rodi e Carpatos. Fonte: Boiler del 20 gennaio 2003 7 di 12 News di Marzo 2003 Ritrovate rovine tempio antica Kore a Kamarina 19 Marzo 2003 Alcuni blocchi di calcare, accatastati e abbandonati in un terreno dell' area di Kamarina, come fossero pietre comuni, sono stati rinvenuti dai dirigenti della Soprintendenza ai Beni culturali di Ragusa e del Museo regionale di Kamarina e identificati come provenienti da un tempio distrutto. Il dirigente della Soprintendenza Beatrice Basile ha eseguito oggi un sopralluogo nel sito del rinvenimento con il direttore del museo Lorenzo Guzzardi. "I blocchi provengono da un tempio dell' antica Kore di Kamarina, risalente al IV o al V secolo A.C. - spiega il soprintendente Basile - purtroppo distrutto. Sono stati cioe' asportati, per dei lavori di cui non conosciamo la natura, dal sito in cui si trovavano da centinaia e centinaia di anni. Speriamo, nelle prossime ore, di riuscire a risalire al terreno di origine, per scoprire qualcosa di piu' su questo tempio, purtroppo defraudato da ignoti". La fondazione della citta' di Kamarina risale al 598 A.C., ad opera dei siracusani, e la sua distruzione avvenne nel 258 A.C. Nel territorio e nel golfo di Kamarina continuano ad affiorare resti archeologici e tesori custoditi, nei secoli, dai fondali del mare. Fonte: ansa.it del 20 febbraio 2003 Scoperte trenta citazioni di Leonardo sulla cultura egiziana 20 Marzo 2003 Scoperte trenta citazioni del genio rinascimentale italiano sulla cultura egiziana e orientale Coccodrilli, cammelli, sconosciuti animali che vivevano lungo il fiume Nilo, riferimenti a complessi ingegni idraulici di Erone d'Alessandria, a Menfi e ad altre citta' ed anche alla distrutta Biblioteca d'Alessandria, una delle sette meraviglie del mondo antico: nei manoscritti di Leonardo da Vinci (1452-1519) sono state scoperte piu' di 30 citazioni sull'Egitto. L'identificazione si deve al professor Alessandro Vezzosi, direttore del Nuovo Museo Ideale Leonardo di Vinci (Firenze), il quale illustrera' le scoperte il 6 marzo al Cairo nel corso di un convegno che seguira' l'inaugurazione della mostra ''Leonardo e l'Egitto'', che si terra' all'Opera House della capitale egiziana nei mesi di marzo e aprile. I misteriosi accenni del genio rinascimentale all'Egitto e all'Oriente, indagati per la prima volta, di fatto continuano ad alimentare i misteri che circondano la vita dell'autore della ''Gioconda'', facendo anche balenare l'ipotesi di un suo eventuale viaggio nella terra dei Faraoni. Svolgendo le ricerche sul Codice Atlantico, il Codice di Madrid e il Manoscritto B dell'Istituto di Francia, contenenti carte autografe leonardiane, Vezzosi ha portato alla luce nuovi elementi e considerazioni di ''estremo interesse'' sui rapporti di Leonardo con la cultura egiziana: si tratta di fonti essenziali per il suo pensiero e della sua opera oltre che di una dimensione e di una geografia ideali per il suo immaginario. Un accenno all'incendio della Biblioteca di Alessandria, in cui furono ''abrusiati 7 cento mila volumi di libri al tempo di Julio Cesare'', Leonardo lo fa, verso il 1487, in un foglio del Codice Trivulziano che si conserva a Milano, nel Castello Sforzesco. Il viaggio fantastico di Leonardo in Egitto risaliva poi fino alle sorgenti il corso del Nilo, che considerava lungo tremila miglia (''Nilo scoperto''), piu' il ''Nilo che corre a oriente''. I cammelli compaiono in particolare in un foglio del Manoscritto B, databile sempre intorno al 1487, in cui si vedono come, secondo Leonardo, ''gli Egizi, gli Etiopi e gli Arabi nel passare il Nilo usano ai cammelli appiccare ai lati del busto due baghe, cioe' otri''. La cartina del Mediterraneo nel Codice Atlantico (databile circa al 1515) e' accompagnata da alcune descrizioni che indicano il Nilo come ''divisore'' dell'Europa dall'Asia e il Mediterraneo dell'Africa dall'Europa. In un altro foglio del Codice Atlantico (in cui pure sono raffigurati il Mediterraneo e l'Egitto) si trova invece un concetto estensivo di Leonardo a proposito della cultura mediterranea: ''Il massimo fiume del nostro mondo e' il Mediterraneo fatto fiume, che si move dal principio del Nilo all'Oceano occidentale. E la sua suprema altezza e' nella Mauritania esteriore e ha di corso 10 mila miglia, prima che si riparti col suo oceano, padre delle acque. Cioe' 3 mila il Mediterraneo, 3 mila il Nilo scoperto e 3 mila il Nilo che corre a oriente, eccetera''. Nel particolare di un foglio del Codice di Madrid (databile circa al 1496) la Terra e' raffigurata schematicamente con Asia, Africa, Nilo e il ''cientro universale del mondo''. Fonte: RaiNet News del 28 febbraio 2003 8 di 12 News di Marzo 2003 Clovis assolti: non sterminarono i mammut 21 Marzo 2003 Gli esseri umani cacciavano sì mammut e mastodonti, ma non in modo intensivo Gli archeologi hanno scoperto le prove che prosciolgono alcuni dei più antichi abitanti del Nord America dall'accusa di aver sterminato 35 generi di mammiferi dell'epoca del Pleistocene. Il popolo Clovis, che si aggirava in molte regioni dell'America settentrionale attorno a 11.000 anni fa e che ha lasciato dietro di sé molte punte di lancia dalle caratteristiche scanalature, era stato indicato da diversi scienziati come la responsabile dello sterminio. Alcuni ricercatori dell'Università di Washington di Seattle e della Southern Methodist University di Dallas hanno ora esaminato i reperti trovati nei presunti siti dell'epoca dei Clovis, concludendo che non ci sono prove che quella popolazione abbia svolto un ruolo nell'estinzione dei mammiferi del Pleistocene nel nuovo mondo. Il colpevole sarebbe stato il cambiamento climatico, e non gli esseri umani. "Delle 76 località che presenterebbero associazioni fra la presenza dei Clovis e l'estinzione dei mammiferi del Pleistocene - scrivono Donald Grayson e David Meltzer sulla rivista "Journal of World Prehistory" - ne abbiamo trovato solo 14 con prove sicure di un legame fra le due cose: 12 per i mammut e due per i mastodonti. Questo non conferma affatto l'asserzione che la caccia su larga scala fosse un elemento significativo delle strategie di sopravvivenza dell'epoca dei Clovis. Non vogliamo negare che la caccia venisse praticata, ma certo non avveniva spesso." I ricercatori hanno usato FAUNMAP, un database elettronico che documenta la distribuzione dei mammiferi nell'America del Nord negli ultimi 40.000 anni. Fonte: Le Scienze del 27 febbraio 2003 L'uomo di Mungo ha solo 40.000 anni 22 Marzo 2003 In Australia, arriva la notizia che un fossile misterioso, chiamato l'uomo del lago Mungo, non ha 60.000 anni, come si riteneva, ma "solo" 40.000. Questo rimetterebbe d'accordo le date della comparsa dell'H. sapiens in Africa, circa 100.000 anni fa, con quella dell'entrata in Australia. La data originale dell'uomo di Mungo aveva messo in dubbio la teoria definita "Out of Africa" (Fuori dall'Africa) che afferma come ogni uomo derivi da una popolazione evoluta in Africa proprio 100.000 anni fa. La nuova data dell'uomo di Mungo chiarirebbe anche l'ipotesi della "guerra lampo" contro la natura australiana. Intorno a 50.000 anni fa, infatti, c'è stata un'improvvisa e inspiegabile estinzione di fauna di grossi animali in Australia. Fonte: Focus.it del 26 febbraio 2003 Tornerà all'antico splendore il tempio di Tiwanaku 23 Marzo 2003 Un gruppo di archeologi boliviani e messicani cominceranno in luglio i lavori per riportare alla luce parti nascoste della piramide di Akapana del tempio di Tiwanaku, cultura preispanica sviluppatasi a partire dall'anno 1600 a.C.. Secondo quanto risulta, Akapana e' costruzione composta da sette livelli che arrivano ad un'altezza di 18 metri e la cui base e' un quadrilatero di 114 metri per lato. Era la struttura dominante del centro sacro e chiamata anche dagli studiosi "la montagna sacra di Tiwanaku'. Il viceministro del turismo Edgar Torrez ha sottolineato l'importanza della spedizione affermando che, "una volta terminati i lavori coordinati dall'archeologa messicana Linda Manzanilla, il Circuito turistico di Tiwanaku si trasformera' in uno dei maggiori centri archeologici latinoamericani". Lo scopo principale della spedizione archeologica sara', fra l'altro, il ritrovamento del complesso sistema idraulico della piramide e delle sue aree funzionali. "Il sistema idraulico - ha spiegato Manzanilla - e' una delle cose piu' sofisticate che ho visto nella mia esperienza di archeologa". "Da qui - ha aggiunto - partivano canali per la somministrazione di acqua ai differenti ambienti della piramide". Per l'esperta il progetto permettera' inoltre di conoscere piu' profondamente la religione, la iconografia del potere e la divisione sociale della cultura Tiwanaku, ubicata sull'altipiano andino a pochi chilometri dal lago Titicaca. Se i progetti saranno rispettati, si potranno portare alla luce anche edifici dove si suppone che abitasse l'elite tiwanakota, caratterizzata da una forma di vita piu' avanzata rispetto a quella di altri popoli sudamericani dell'epoca. Tiwanaku e' stata la civilta' piu' longeva del continente sudamericano: le primissime tracce risalgono a duemila anni fa e la sua scomparsa ad opera degli Inca (1.000-1.400 d.C.) e' parallela alla civilizzazione dei Maya in Centro America. Il momento di maggiore splendore coincise con il periodo bizantino; grazie ad uno sviluppo dell'uso di tecnologie agricole nella societa' tiwanakota si genero' una imponente stratificazione sociale. Fonte: ansa.it del 21 febbraio 2003 9 di 12 News di Marzo 2003 Perù, scoperta imponente tomba della cultura Wari 24 Marzo 2003 Archeologi dell'universita' di San Cristobal de Humanga hanno scoperto nel dipartimento peruviano di Ayacucho una palazzo funerario sotterraneo contenente i resti della massima personalita' conosciuta della cultura Wari, fiorente fra il 600 e il 1100 dopo Cristo. La costruzione, in pietra, ha la forma di un lama, mammifero che vive sulle Ande, ed ha una profondita' di 15 metri. Conta su diversi passaggi, in uno dei quali si trova l'imponente tomba circolare del dignitario, a cui gli esperti cercano di dare un nome. Il mausoleo e' disposto su tre livelli con gallerie che si susseguono l'una all'altra e prevede condotti di ventilazione. Il palazzo funerario e' parte della zona archeologica conosciuta come Monjachayocc e porta i segni di diverse profanazioni a causa delle quali sono probabilmente spariti oggetti d'oro e argento, e pietre preziose, che la popolazione Wari poneva nelle tombe per onorare i morti. La cultura Wari, che ha dominato la regione andina per 500 anni a partire dal 700 d.C., aveva una profonda conoscenza di ingegneria ed architettura ed inoltre, nel settore artigianale, lavorava la pietra e, con successo, praticava la tessitura e la ceramica. Le forme della ceramica erano bottiglie a collo stretto semiconico e verticale, vasi e tazze con rilievi accennati, poco vasellame e otri per la conservazione di liquidi e acqua. Fonte: ansa.it del 24 febbraio 2003 Scoperta in Slovenia la ruota più antica del mondo 25 Marzo 2003 Gli archeologi hanno ritrovato la più antica ruota del mondo in Slovenia. Questo sostiene il Dr. Anton Veluscek, dell'Istituto Archeologico dell'Accademia delle Arti e delle Scienze Slovena. Il ritrovamento è stato effettuato in un antico insediamento nei pressi di Ljublijana. Secondo Veluscek, la ruota si può datare tra 5100 e 5350 anni or sono, risultando quindi 100 anni circa più antica delle precedenti rinvenute in Svizzera e Germania meridionale. La ruota, costruita in quercia e frassino, ha un raggio di 70 centimetri ed è spessa 5. Il Dr. Veluscek ha dichiarato: "Si tratta di un esemplare molto più avanzato tecnologicamente di quelli trovati in altri paesi europei." Fonte: Asanova.com del 26 febbraio 2003 Marocco, scoperti 200 siti del periodo PreIslam 26 Marzo 2003 Piu' di 200 siti del periodo preislamico sono stati individuati nella provincia di Guelmin, nel sud del Marocco. Lo riferisce l'agenzia marocchina Map ricevuta a Roma. I siti sono stati scoperti da un gruppo di archeologi marocchini e spagnoli nell'ambito della realizzazione di un programma avviato nel 1995. Secondo gli esperti si tratta di ritrovamenti di grande importanza dal punto di vista culturale e scientifico che devono essere valorizzati come patrimonio universale. Fonte: ansa.it dell'1 marzo 2003 Ritrovamenti archeologici Alessandria 27 Marzo 2003 Sono stati scoperti nell'area "El Minia El Sharky" ad est del porto di Alessandria, reperti archeologici grecoromani sommersi risalenti alla 26a dinastia. Si tratta di capitelli e colonne ricoperte da geroglifici a rilievo, una figura maschile acefala in marmo, una scultura raffigurante un enorme serpente nero arrotolato ed un busto del dio Horus. L'area ad est del porto racchiude ancora un'enorme quantità di tesori sommersi. In origine l'area ospitava i palazzi reali risalenti all'era greco-romana residenza tra gli altri di Marcantonio e Cleopatra, teatri, anfiteatri e ginnasi. Una parte della città di Alessandria fu sommersa dalle acque in seguito a un disastroso terremoto. Il lavoro di recupero è iniziato nel 1933. Nel 1961 furono riportati in superficie oggetti in ceramica e monete d'oro, e nel 1962 su recuperata una statua in granito rappresentante un uomo a grandezza naturale ed un'enorme statua di Iside in granito rosso alta 7,5 m. Nel 1975 fu tracciata una carta dei monumenti sommersi con la collaborazione dell'UNESCO. A partire dal 1995 sono stati scoperti migliaia di reperti colossali sotto il forte di Quait Bay. Nell'isola di Abu Qir, resa famosa da Nelson, è stato ritrovato un porto sommerso ed i resti di una nave naufragata risalente all'epoca romana. Il museo sommerso di Alessandria si può visitare rivolgendosi a: Alexandria Dive Company, 24-26 July Str., Elanfoushy - Alessandria Tel. 03/4800363 Fonte: Marketpress 10 di 12 News di Marzo 2003 Ripartono ricerche italiane in Yemen 28 Marzo 2003 Gli italiani riprendono i loro scavi e restauri nelle localita' di Baraqish e di Tamna, due siti individuati in passato come centri di grande rilevanza storica e scientifica. La prima era la capitale dell'antico regno dei Minei (che insieme ai Sabei ed agli Himyariti segnarono la storia dell' Arabia meridionale, ed in particolare di quella che veniva definita ''Arabia Felix''), un popolo che viaggio' dal suo paese fino al Mediterraneo, lasciando tracce della propria arte e civilta' a Delo, in Egitto e perfino a Pompei. Tamna e' invece la capitale dell'antico Qataban, di cui racconta anche Plinio, come di una citta' di enormi dimensioni per quel tempo (si estendeva su 25 ettari) e nella quale si formavano le carovaniere che battevano la famosa ''via dell' incenso'' per commerciare spezie e aromi, creando correnti di traffici tra i due bacini importanti del periodo, il ''mare Eritreo'' (come veniva definito l'Oceano Indiano) ed il Mediterraneo. Si racconta che quelle carovane percorressero la strada fino a Gaza, porto dove scaricavano le loro mercanzie, in 65 tappe, seguendo un percorso che oggi viene coperto da un aereo in poco piu' di un'ora. La missione italiana, diretta dal professor Alessandro de Maigret, opera con fondi anche della Direzione Generale degli affari Culturali del ministero degli esteri, oltre che dell'Istituto Orientale di Napoli, ed il patrocinio dell'Isiao (Istituto di Studi Italiano per l'Africa e l'Oriente). 'L'aspetto rilevante - osserva lo studioso - e' che questa attivita' ricomincia dopo molti anni di interruzione. Le nostre ricerche, infatti, furono sospese nel '92 per ragioni di sicurezza ed amministrative, connesse alle vicende della Cooperazione''. A Tamna gli archeologi scavano intorno alla piazza del mercato, ''letteralmente circondata da palazzetti che ospitavano famiglie molto ricche. Ora, insieme con statue di alabastro molto belle e suppellettili di pregio racconta con entusiasmo l'archeologo napoletano - stiamo trovando tracce di un vasto incendio che distrusse la citta' intorno al primo secolo dopo Cristo''. A Baraqish e' invece in corso il restauro di un tempio del III secolo avanti Cristo dedicato al dio Nakrah, un dio guaritore, al quale i Minei andavano a confessare i propri comportamenti negativi che ''secondo le loro convinzioni - dice de Maigret - erano all'origine dei loro mali. Scrivendo sui muri del tempio le loro colpe, ottenevano dal dio Nakrah la guarigione ed il riscatto psicologico''. Anche a quel tempo, sembra di capire, erano gia' sviluppate scuole di medicina psicosomatica. ''La zona delle ricerche archeologiche - spiega all' Ansa l' ambasciatore italiano a Sana'a, Giacomo Sanfelice di Monteforte - e' sicuramente nota, ma meno favorita di altre, come quella di Marib, nelle quali affluiscono da sempre correnti turistiche. La presenza di studiosi italiani in Yemen ed in quelle aree testimonia la fiducia che qualcuno in occidente ripone nella capacita' delle autorita' di garantire sicurezza, dopo anni infausti, ma anche il risveglio di un interesse culturale per un' area che tra l' 800 e gli inizi del '900 attirava frotte di ricercatori e archeologi di varie nazionalita'''. Ma ancor piu' orgogliosi delle ricerche che si stanno riavviando, l'archeologo ed il diplomatico si mostrano per la recente apertura nel nuovo Museo Nazionale dello Yemen di un Centro di ricerche archeologiche italo-yemenita.''Siamo l'unico paese, dei tanti che svolgono ricerche e scavi qui rilevano De Maigret e Sanfelice - ad essere stati inseriti con un nostro centro nel Museo Nazionale, che costituisce un rinnovato impegno culturale per il governo''. L'accordo siglato a Sana'a prevede anche la formazione di undici archeologi yemeniti da parte di docenti inviati dall'Italia per sei mesi. Fonte: ansa.it del 6 marzo 2003 Tutankhamon forse figlio di Akhenaton 29 Marzo 2003 Una nuova svolta al mistero del faraone Tutankhamon sembra venire dalle ricerche effettuate da una missione archeologica francese a Saqqara, Egitto. Il team di archeologi, con a capo Alain Zivie Direttore della ricerca del CNRS francese, aveva scoperto, nel Gennaio scorso, la tomba dello Scriba del Tesoro, un monumento riccamente decorato che risale all'epoca di Akhenaton, divenuto faraone della diciottesima dinastia intorno al 1350 a. C. con il nome di Amenophis IV. Nelle iscrizioni interne è stato identificato il nome di Maia, moglie dello "scriba del tesoro" Raiay di cui non è stato ritrovato il sarcofago. Sette anni fa l'archeologo francese aveva ritrovato un'altra tomba dedicata a Maia, la nutrice di Tutankhamon. A questo punto la supposizione appare evidente: la moglie dello scriba del tesoro si chiamava Maia, la nutrice di Tutankhamon pure. Raiay era il tesoriere del regno nel tempio di Aton, a Memphis e Akhetaton, la capitale che era stata creata da Akhenaton. È la stessa persona che allattò Tutankhamon? Il figlio dello scriba e il bambino che Maia allattò erano la stessa persona, Tutankhamon? Fonte: Heramagazine.net del 3 marzo 2003 Una cartina di Atlantide? 30 Marzo 2003 Prendete un simbolo. Ora immaginate che quello stesso simbolo compaia a migliaia di chilometri di distanza nei più svariati angoli della terra, sparso attraverso i secoli. E stiamo parlando di ere precedenti all'avvento di internet e della comunicazione globale. Ere nelle quali trovare la stessa figura, l'immagine perfetta e complessa di un labirinto, in almeno tre continenti equivale a un insolubile mistero. 11 di 12 News di Marzo 2003 E quest'immagine la ritroviamo in una raffigurazione antica a Gotland, un'isola svedese; dipinta su un vaso etrusco in Toscana; in un'incisione rupestre nella Rock Valley in Cornovaglia e persino come simbolo sacro degli indiani Hopi, una tribù del Pueblo nel sud-ovest degli Stati Uniti. Ma non basta. La stessa identica figura ritorna anche come simbolo in un testo Manas Chakra, rinvenuto nel Rajastan nel cuore dell'India; come incisione su una moneta di Cnosso nell'isola di Creta; a Nazca in Perù e come reperto di arte preistorica nel parco archeologico nazionale di Naquane a Capo di Ponte in Lombardia. Un elenco di posti e di tempi apparentemente slegati fra loro. Uniti, però, da una sola, inquietante, domanda: perché? Per quale motivo questo simbolo ritorna? Chi lo ha tramandato? Come ha fatto a entrare nella cultura e nell'arte di popolazioni così distanti nello spazio e nel tempo? Come ha potuto a solcare gli oceani? In questi casi è facile tirare in ballo, senza neppure tanta convinzione, i soliti extra-terrestri. Ma l'ipotesi più convincente per spiegare il mistero è forse ancor più pregna di fascino. Secondo una recente teoria, basata sulla descrizione minuziosa che Platone dà della città di Atlantide nel suo "Crizia", il labirinto in questione altro non sarebbe che la rappresentazione schematizzata della pianta di Atlantide. Nel "Crizia" Platone parla di: "una terra in cui le zone d'acqua erano alternate a quelle di terra, concentriche le une alle altre, circolari come se lavorate al tornio". Questo e altri passi sembrano la descrizione esatta del nostro labirinto. Un elemento che potrebbe testimoniare che la leggendaria isola è esistita davvero. Tanto che i sopravvissuti alla sua scomparsa avrebbero portato con sé, nelle terre in cui approdarono in seguito, quel prezioso disegno… Fonte: News2000.libero.it Un italiano decifra testo babilonese 31 Marzo 2003 I miti degli Inferi senza più segreti Un archeologo italiano, Giovanni Pettinato, assirologo di fama mondiale, ha svelato un altro mistero legato alla mitologia dei Babilonesi: lo studioso dell'Università La Sapienza di Roma ha decifrato integralmente il poema di Nergal ed Ereskigal, centrato sulle figure principali del mondo degli Inferi nella Mesopotamia del II e del I millennio a.C. In questo mito si narra come Ereskigal, signora degli Inferi già presente nel pantheon dei Sumeri, unendosi in matrimonio con uno degli dei del cielo, Nergal, ne faccia il sovrano degli Inferi. Per la prima volta Pettinato ha ricomposto gli intricati segreti celati dalla decina di tavolette d'argilla con scritte cuneiformi che riportano il Mito di Nergal ed Ereskigal, rinvenute negli scavi di Tell el Arma, in Egitto, di Sultantepe, in Turchia, ed a Uruk, in Iraq. Pettinato ha pubblicato l'edizione integrale e critica del poema assirobabilonese affidandola ad una pubblicazione specialistica dell'Accademia dei Lincei, di cui lo studioso è socio. La storia prende le mosse dal banchetto annuale al quale partecipavano tutti gli dei. Ereskigal, non potendo intervenirvi personalmente, vi invia un sostituto, il terribile Namtar. Di fronte a lui Nergal, unico tra tutti i grandi dei, non mostra alcuna deferenza, come avrebbe voluto il galateo. Anzi, resta seduto al suo posto. Ereskigal, informata dell'oltraggio fatto al proprio rappresentante, invia nuovamente Namtar in cielo per reclamare la testa del colpevole. Al riconoscimento segue la decisione, presa congiuntamente dagli dei del cielo e da Ereskigal, di punire Nergal in modo esemplare, esiliandolo per sempre negli Inferi. Ma Nergal, con l'aiuto del dio della saggezza, Ea, predispone un piano che gli permetta di sfuggire alla condanna. Ereskigal, dopo una prima resistenza, accoglie nel proprio letto il dio sceso dal cielo, condannandolo in tal modo all'eterno confino negli Inferi, che le genti della Mesopotamia chiamavano anche "la terra da cui non si fa ritorno". Il lavoro di decifrazione delle tavolette ha offerto al professor Giovanni Pettinato la possibilità di giungere ad una particolare interpretazione del mito. Ad entrare negli Inferi non sarebbe stato Nergal, bensì il suo gemello Erra, il dio babilonese della peste; ed Erra, non Nergal, avrebbe giaciuto con Ereskigal, ignara dell'astuta macchinazione suggerita a Nergal dal dio della saggezza in persona. Questo poema mitologico potrebbe dunque racchiudere anche una speculazione filosofica sulla natura e sulla persona del dio, che si può così riassumere: Nergal è due, ma nel contempo è uno; la natura è una, ma le persone sono due: Nergal ed Erra. La loro identica natura spiega anche la loro interscambiabilità e quindi la difficoltà di riconoscerli. Proprio questo aspetto permetterà a Nergal, diventato due, di sfuggire alla dura legge dell'aldilà. Fonte: Il Messaggero del 9 marzo 2003 12 di 12