1 Giovan Battista Andreini, La Maddalena lasciva e penitente Atto I

Transcript

1 Giovan Battista Andreini, La Maddalena lasciva e penitente Atto I
Giovan Battista Andreini, La Maddalena lasciva e penitente
Atto I, scena III
Baruc: Maledette le femmine che sempre
per pillole e per pittime,
per cerotti tenaci
ed oliosi cristieri,
quasi in caccia ti fan correr levrieri.
Voglion queste, eppur son tutte difetti,
esser belle in cerusse ed in rossetti.
O quanti suffumigi,
e per sotto e per sopra
fannosi queste pazze a dissozzarsi.
Da me non pon salvarsi,
che per tempo notturno,
quanti usci in corte sono,
col succhiello gli foro e per quei fori
miro cose leccarde,
delle brutte lisciando il fracidume.
E che vedi Baruc? Veggio sovente
nel dispulciar camicie
certe tettine di gioncata belle,
che aguzzan l’appetito,
nel gustarle a leccar sin le scodelle.
Altre scorgo sedenti
entro argenteo bacino i piè lavarsi,
e cotanto all’insuso anco inoltrarsi,
che in certo ascosto e riserbato loco
godon far saponata
dove natura ogn’or brama bucata.
Altro i’direi: ma tacio,
velocissimo in corso ad obbedire
chi s’ange un brutto volto a imbellire.
Atto I, scena IV
David:
Chi non sa come in cielo
tra l’assemblee stellate
altri faccia in beare
quaggiù femmina bella
prenda, prenda ad amare.
Amo anch’io, come sai, Amor, che teco
essagero e favello,
Maddalena,
che sirena
vaga e bella,
se ha nel merigge dentro gli occhi il sole,
ogni sua squama è un’acidalia stella.
1
Evvi nel mondo cosa
pari al bel di costei?
Son labirinti quegli aurati crini
dove gli occhi à l’entrar le vie ben sanno:
ma i sentier per uscirne unqua non hanno.
Caro affanno,
morir dolce
se ’n fra tombe in cadere,
vi suscita e vi folce,
di suo sommo valor l’alte maniere.
Prati son quelle gote,
anzi giardin di fiori
e colà dentro i pargoletti amori
serpentelli invisibili sen’ stanno
per ministrar terrore,
baldanzoso a spiccar chi osasse un fiore.
Stannonsi l’api, pur stannonsi quelle
entro sue labbra ascose,
labbra inserte di rose
d’Ibla i favi a comporre,
o ’l nettare agli Dei.
Tu se avido se’ di tal dolciore
sta lontan baciatore,
pria co’ baci un tal dolce a delibare
provi d’api infielite
il molesto agheggiare:
ma qual lettra languente
al suol mirasi in seno?
La man di non raccorla
non sa starsene a freno
Alla dolce cagion dei miei martiri.
Atto III, scena III
Maddalena: Lunge, lunge o d’amanti
schiere a Dio sì rubelle
la cerasta d’amore
più tra fior de’ diletti oggi non posa,
pestifera non osa
col guardo avvelenar, ferir co ’l dente
La pantera odorata
turba sdegna d’amanti
e fetente è piagata
dallo strale d’errore,
ecco il sangue del core.
Qui pianger dovrà gli occhi rasciugandosi.
Addio gioie, addio vanti,
lussi e diletti addio,
addio, per sempre addio.
Addio schiere fallaci
2
di pensier vani e di lascivi amori;
la seguace d’amanti,
la fugace d’onori,
la superba, la vana,
*la peccatrice è convertita al fine.
Si potrà, sempre più la voce innalzando, replicare il verso di stella segnato.
Quella vaga di schiere,
quell’avara dell’oro,
quella pania de’ cori,
quella rete dell’alme,
quella peste d’amore,
l’ingannante sirena,
la chimera, la iena
la furia alfin l’arpia,
più non giace tra voi, ella è sparita.
Che Maddalena io sia
folle è ben chi lo stima
Maddalena già fu colei che a Dio
visse errando contraria,
fabbricando nell’aria
a se stessa ruine
Maddalena io non son, la chioma ho sciolta,
lacerata la veste
povera d’or, di gemme
*e se pur cosa ho vana
*ecco da me la getto;
Qui disornando il crine e il seno, d’alcuna gemma, manigli, vezzi, getterà il tutto; e reiterando in
simile indugio nel disornarsi li duo versi di stella segnati.
3