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CHESS
Centre for Higher Education
& Society Studies
Il sistema universitario del Regno Unito
e il suo grado di apertura all’esterno
Sabrina Colombo
Università di Milano
CHESS WORKING PAPER N. 1/2010
1
Indice
1. Introduzione: l’analisi a livello nazionale e a livello degli atenei casi di studio
2. Principali fasi di mutamento e caratteristiche del sistema universitario
3. Le fonti di provenienza dei finanziamenti: verso una maggiore apertura
all’esterno?
4. La ricerca come collaborazione, innovazione, applicazione e commercializzazione
5. L’Università al “servizio” di principali stakeholders: servizi alle imprese e servizi
agli studenti
6. L’offerta formativa come risposta alla domanda degli stakeholders?
7. La governance partecipata tra interazioni formali e reali.
8. Conclusioni: il grado di apertura dell’università e gli attori nel mutamento
Riferimenti Bibliografici
Appendice: elenco interviste effettuate
2
1. Introduzione: l’analisi a livello nazionale e a livello degli atenei casi di studio
Nel Regno Unito il sistema universitario è caratterizzato da un’elevata autonomia gestionale e
programmatica delle istituzioni. Per studiare tale sistema non basta quindi osservare dati e tendenze a
livello nazionale. I singoli contesti territoriali e i singoli atenei che vi operano (seppur come vedremo
classificabili in alcune categorie specifiche) hanno caratteristiche e tendenze a volte molto differenti.
Per questo motivo nello studio del sistema universitario del Regno Unito si sono tenuti in
considerazione contemporaneamente due livelli: il livello nazionale e quello locale (tramite 4 casi di
studio). Per entrambi i livelli la metodologia è stata la medesima: rassegna della letteratura esistente,
raccolta di dati (il più possibile in serie storica) da fonti amministrative e da indagini campionarie1,
interviste in profondità a testimoni privilegiati e figure chiave sia tra gli studiosi di Higher Education,
sia nelle singole istituzioni (si veda l’appendice per l’elenco completo delle interviste effettuate).
La scelta dei casi di studio è avvenuta considerando in primo luogo il contesto socio-economico ed in
secondo luogo il tipo di università. Si è escluso il territorio di Londra per via dalla sua peculiarità sia in
termini di struttura economica (cuore finanziario del Paese), sia per via della complessità del suo
sistema universitario. A questo proposito era rilevante trovare dei casi studio che fossero comparabili
con altre realtà europee. Si è scelto quindi il Northe West dell’Inghilterra (territorio del Regno Unito in
cui c’è più ampia concentrazione delle istituzioni di educazione terziaria) per via delle sue
caratteristiche economiche e per la presenza di importanti Civic Universities (università cittadine e per
questo più simili, o meglio comparabili, con istituzioni di altri paesi europei), ma anche di expolitecnici (strutture con forte tradizione vocational e per questo vicine ad altre realtà presenti in
Europa).
Il North West e’ una regione ricca di risorse naturali e di scambi commerciali i quali hanno portato a
focalizzare le industrie della regione nel settore tessile, navale e ingegneristico. Attualmente però i
settori maggiormente sviluppati sono le biotecnologie, il settore chimico, il settore aerospaziale e l’ITC.
Negli ultimi anni si registra infatti che meno di un quarto della forza lavoro della regione è ancora
occupata nelle tradizionali industrie manifatturiere. E’ tra le regioni più solide economicamente del
Regno Unito, con un output che copre il 10,3% del PIL nazionale e con una disoccupazione al 4,5% (al
di sotto della media nazionale che si attesta intorno 4,6%). I sistema di istrzione terziara è formato da
10 università, 4 higher education colleges e 45 Further education colleges che offrono corsi higher
education. La popolazione di studenti iscritti a strutture di educazione terziara è intorno alle 250.000
unità, mentre si attesta intorno alle 13.000 nei Further Education colleges. La più ampia concentrazione
di istituzioni di educazione terziaria si trova nell’asse Liverpool-Manchester. Ed è per questo motivo
che sono state scelte come casi di studio 4 università delle due città principali. Di queste si sono scelte
due civic universities (University of Manchester e University of Liverpool) e due ex-politecnici
(Manchester Metropolitan University e Liverpool John Moores Unviersity).
L’Università di Manchester è stata fondata nel 1894 ed era prima divisa in due unità indipendenti, ma
fortemente correlate: la Victoria University of Manchester e l’Umist. Nel 2004 le due unità si sono fuse
per diventare University of Manchester. Tale fusione ha contribuito ad aumentare il suo potere nella
1
Dati utilizzati: fonti ministeriali e higher education statistical agency, Funding Councils. Questi ultimi producono o
raccolgono sia dati amministrativi sia indagini campionarie. L’hesa raccoglie i dati amministrativi sugli studenti sulle
risorse delle istituzioni (finanziamenti, spesa, eccc.), mentre effettua un’indagine campionaria sugli esiti occupazionaia 6
mesi e a tre anni dal conseguimento del titolo. In questo rapporto verranno presentati i dati relativi agli esiti occupazionali a
6 mesi dalla laurea in quanto presentano anche alcuni approfondimenti per istituzione. Il campione è di 332.110 laureati
intervistati su un totale di laureati nel 2006 di 453.880, quindi il tasso di copertura è del 73%. I Funding Councils effettuano
ogni anno una survey sull’interazione tra istituzioni di educazione terziaria e mondo economico. Intervistano 179 istituzioni
su 193 in totale.
3
regione e il suo prestigio nazionale e internazionale. La sua struttura organizzativa è divisa in 4 grandi
facoltà che a sua volta hanno al loro interno numerose scuole: Egineering and Physical Sciences;
Humanities; Life Sciences; Mediacal and Human Sciences. L’Università di Liverpool è stata fondata
nel 1903 ed è suddivisa in 6 facoltà (più piccole che a Manchester) anch’esse con dipartimenti e scuole:
Arts and Humanities; Science; Engineering; Social Sciences and Environmental Studies, Medicine,
Veterinary Sciences. La Manchester Metropolitan University e la Liverpool John Moores University
sono diventate università nel 1992. La prima è suddivisa in 5 facoltà con dipartimenti e scuole al loro
interno: Art and Design; Health, Psychology and Social Care; Humanities, law and social sciences;
Sciences and Engineering; Hollings Faculty; Institute of Education; Business School; Cheshire campus.
La Liverpool John Moores University ha 4 facoltà e molte scuole al loro interno: Business and Law;
Health and Applied social sciences; Media, arts and social sciences; Science; Technology and
environment.
Come si può osservare tutte le università considerate hanno un’ampia gamma di discipline. Non
potendo realisticamente analizzarle tutte, nelle interviste in profondità ci siamo concentrati su figure
chiave (Presidi e Direttori di Dipartimento) in alcune di esse: economia, legge, ingegneria e scienze,
scienze sociali. La scelta si è basata prevalentemente nell’ottica di osservare processi e comportamenti
in discipline ipoteticamente in contatto con l’ambiente socio-economico esterno. Insieme a tali figure,
sono stati intervistati anche manager e accademici delle strutture centrali delle singole università, oltre
che dirigenti di istituzioni locali.
2. Principali fasi di mutamento e caratteristiche del sistema universitario.
Il sistema universitario britannico ha attraversato diverse fasi di mutamento a partire dalla fine della
seconda guerra mondiale. In letteratura si identificano principalmente 4 fasi (più una attuale) (Eurydice
Database of Education, 2006; Kogan e Hanney, 2000; Kogan e altri, 2000; Trowler, 1998; Fulton,
1991):
I. 1945-1963
Periodo di crescita della domanda e dell’offerta di istruzione. Si registra un aumento sia del numero di
studenti sia dei finanziamenti da parte del governo. Dal lato degli studenti, molto importante è stato
l’Education Act del 1944 che ha stabilito la gratuità dell’istruzione terziaria. Per quanto riguarda invece
i finanziamenti, nonostante la loro autonomia, le università sono infatti principalmente finanziate dallo
Stato (“un’emanazione del welfare”) che in quel periodo era particolarmente impegnato ad ampliare il
sistema universitario, in particolare per le materie scientifiche in modo tale da aumentare la forza
lavoro in esse specializzata. I Politecnici invece erano finanziati e controllati da un ente locale (Local
education authority). Permane infatti in questo periodo per l’istruzione a livello superiore un sistema
binario: università – enti privati autonomi riconosciute da ordinanza reale – e istituzioni non
universitarie (dalle quali più avanti nacquero i Politecnici) di carattere più professionalizzante (più
legate alla realtà locale).
II. 1963-1975
Periodo di moderata crescita, caratterizzato però da una crescente legittimazione dell’espansione del
sistema in termini di numero di studenti. Il Robbins Report (Report of the Committee of Higher
education) ha enfatizzato il principio che tutti gli studenti dovrebbero poter entrare nel sistema di
educazione terziario se sono qualificati per farlo. Durante questo periodo il settore non universitario
cresce in parallelo a quello universitario (nascita di nuove università – da 24 nel 1945 a 43 nel 1967 - e
di 30 nuovi Politecnici). La relativa espansione (effettiva e/o prevista) del sistema induce a riflettere sul
sistema di finanziamento all’istruzione universitaria. Le università ricevevano infatti finanziamenti su
4
base quinquennale decisi da un ente “cuscinetto” (UGC) che rispondeva direttamente al Ministero del
tesoro ed era formato da accademici. In questo periodo il governo centrale interviene per diminuire il
potere dell’UGC sostituendo nel 1964 il Ministero dell’educazione con il Dipartimento dell’educazione
e della scienza. L’UGC iniziò quindi a rispondere a questo nuovo Dipartimento e perse quindi la
possibilità di intervenire direttamente sulle decisioni del Ministero del Tesoro.
III. 1975-1981
Si tratta di un periodo importante che vede dal lato dei finanziamenti, la fine del sistema quinquennale
(i finanziamenti cominciarono ad essere decisi anno con anno) e dal lato dell’espansione universitaria
una tendenza a voler ridurre il numero di posti disponibili e di conseguenza il numero di studenti. Per
tutta la seconda metà degli anni ’70 il Dipartimento dell’Educazione e della scienza pubblicò rapporti –
nel 1976 il Des white paper; nel 1978 il Des brown paper – sulla necessità di pianificare razionalmente
il numero degli studenti anche sulla base del plausibile impatto del previsto trend demografico negativo
dei 18-19enni sulla domanda di istruzione di livello superiore.
IV. 1981-1997
Periodo di drastico mutamento durante il quale il sistema di finanziamento, il ruolo del governo
centrale e i contenuti sostantivi dell’educazione di livello superiore sono stati oggetto di interventi
rilevanti.
Il primo aspetto da considerare è la questione finanziaria. Nel 1981 le università, come gli altri enti a
finanziamento pubblico, diventano obiettivo di tagli nei trasferimenti da parte del governo centrale.
Una serie di circolari dell’UGC iniziarono a richiamare l’attenzione delle università sulla necessità di
rivedere i propri bilanci in vista (e dati) i tagli stabiliti dal governo.
Nel 1988 l’Education Reform Act intervenne sul sistema di finanziamento sia delle università sia dei
Politecnici. Per questi ultimi il sistema di finanziamento da locale divenne nazionale (oltre al fatto che
diventarono enti autonomi come le università, quindi non più soggetti al controllo della Local
education authority); mentre per le università l’UGC venne sostituito con l’UFC e questa sostituzione
fu un primo spostamento verso un maggiore controllo dell’ente da parte dello Stato (cominciò a venire
meno la sua base accademica).
Il passo successivo fu il Further and Higher education act del 1992 che creò 4 Funding councils
(Higher education founding council – HEFC - uno per ogni ‘regione’ della Gran Bretagna, in Irlanda
del Nord è il Dipartimento dell’educazione). Organi indipendenti che gestiscono i fondi pubblici
erogati dal governo centrale (viene a cadere la base accademica). A tali organismi fu poi assegnato il
compito di creare comitati per la valutazione della qualità nell’istruzione di livello superiore. Nel 1997
venne creata la Quality assurance Agency (ente indipendente finanziato dalle università – ai lavori
partecipano accademici – ma anche da contratti con i Funding Councils) con il compito di valutare la
didattica. Negli anni ‘90 partì anche un sistema quadriennale di valutazione della ricerca (RAE –
Research Assesment Exercice) da parte dei Funding Councils. Essendo collegati ai Funding Councils,
questi momenti di valutazione hanno un impatto sui finanziamenti delle università in quanto dai
risultati di dipendono poi i fondi elargiti.
Nel 1992 terminò il sistema binario dell’educazione superiore. Il sistema divenne quindi unico e venne
assegnato status di università ai Politecnici (in Irlanda del Nord ciò era già avvenuto nel 1984 ). Nel
1994, data la crescita nella domanda di istruzione superiore, il governo impose un tetto nella crescita
del numero degli studenti full time undergraduate e ciò ebbe come conseguenza che l’accesso ai corsi
divenne più restrittivo.
Per quanto riguarda invece i contenuti l’obiettivo principale fu quello di avvicinare il sistema di
istruzione superiore alle esigenze del sistema economico. Da una parte il Dipartimento dell’educazione
e della scienza creò una serie di incentivi per l’attivazione di corsi business oriented. Degno di nota è a
5
metà degli anni ’80 il programma ‘Enterprise in Higher education iniziative’ per il quale le università
avrebbero ricevuto finanziamenti per implementare corsi specifici sulla gestione d’impresa.
D’altra parte, con l’Education Reform Act del 1988 (e in Irlanda del Nord nel 1989) si iniziò a
sottolineare la necessità di considerare anche il sistema di istruzione superiore come un mercato in cui i
clienti sono le famiglie e gli studenti e per cui sono necessari determinati standard di offerta per la loro
soddisfazione. L’istruzione universitaria in quel periodo diventa di massa (Henkel e Little, 1999). Tutto
il sistema scolastico pubblico (scuola primaria e secondaria) viene pensato sulla base di un National
Framework of Qualifications. L’Education Reform Act arriva quindi a definire l’educazione di livello
superiore rispetto a quella della scuola secondaria. Nel testo si trovano i seguenti livelli (che sono quelli
tuttora esistenti) 2:
Certificate of higher education: 1 anno
Higher national diplomas, Diplomas of higher education: 2 anni
I livello di laurea: 3 anni (in Scozia 4)
II livello post-laurea: master 1-2 anni, dottorato 3 (o 1 in più rispetto al master)
Dal punto di vista della governance delle università, nel 1985 viene pubblicato il Jarrat Report (dal
Commitee dei Vice-Chancelors- CVCP) che poneva come obiettivo principale una riorganizzazione
delle Università tale da renderla un organismo con forti contenuti manageriali. La proposta era quella di
centralizzare il potere rafforzando il ruolo degli organi esecutivi (i Councils) oltre alla creazione di
appropriati centri a cui delegare le questioni di budget. Successivamente, nel 1997, il Dearing report ha
proposto una serie di raccomandazioni circa il sistema di finanziamento delle università tra cui
l’introduzione delle tasse per gli studenti full-time3. D’altro lato il rapporto ha ripreseo il tema della
gestione manageriale delle università, mettendo però anche in evidenza la rilevanza degli stakeholders,
in particolare gli studenti e le loro famiglie. Nel Dearing si sottolinea che la valutazione della qualità
della didattica e la trasparenza nella diffusione dei risultati sono importanti per permettere agli studenti
di compiere la scelta più appropriata. In questo senso la logica è quella iniziata con l’Education Reform
Act del 1988 che enfatizzava la necessità di pensare al sistema dell’istruzione con logiche di mercato.
V. Gli interventi più recenti
Si registra un sostanziale aumento del ruolo dello Stato, in due direzioni: la riorganizzazione dei
finanziamenti e la riorganizzazione della didattica.
Per quanto riguarda il primo aspetto, gli interventi sono sempre più diretti a introdurre logiche di
mercato nel sistema universitario sia nella ricerca, sia nella didattica.
Circa la ricerca, uno degli aspetti in cui si è maggiormente puntato è il trasferimento tecnologico. Fino
agli anni ’90 le attività di trasferimento tecnologico erano interamente finanziate dalle singole
università. Con l’avvento dei governi laburisti (e grazie soprattutto all’intervento del Ministro della
Scienza, Lord David Sainsbury) si introdussero misure governative orientate a sostenere la diffusione
dei prodotti di ricerca nel mondo economico. Nel 1998 stanziò dei fondi per un programma dal nome
“University Challenge Seed Funds” principalmente a sostegno degli spin-off. Nel 1999 (Science
2
Il sistema di qualifiche dell’istruzione superiore è suddiviso in questi livelli per tradizione.
3
Gli studenti full time sono coloro i quali frequentano almeno 18 settimane all’anno. Gli studenti part-time sono coloro
i quali frequentano corsi serali o meno di 18 settimane all’anno. Se si sceglie di studiare part-time per alcuni corsi
(principalmente post-graduate) il numero degli anni previsti raddoppia.
6
Enterprise Centres) e nel 2000 (Research Out Funds- HEROBC) il governo intervenne finanziando
programmi di formazione manageriale per i dipendenti degli uffici per il trasferimento tecnologico.
Tale finanziamento è stato stanziato ogni due anni a partire dal 2000 e attualmente prende il nome di
“Higher Education Innovation Fund” (HEIF). Questi fondi inizialmente venivano erogati tramite bandi
appositi, mentre attualmente sono erogati a tutte le istituzioni in base al reddito proveniente dalle
attività di commercializzazione dei prodotti di ricerca.
Oltre al tema specifico del trasferimento tecnologico, i governi laburisti hanno introdotto alcune misure
per favorire il rapporto tra il sistema formativo di livello superiore e gli attori economici. Si passa da
interventi atti a sostenere l’incontro tra le università e il contesto economico locale tramite la nascita in
Inghilterra delle Regional Developement Agencies (una per ogni zona: West-Midlands, North-East,
South-East, ecc. La Scottish developement agengy è nata nel 1991, la Welsh developement agency nel
1976 e l’Invest Nothern Ireland nel 2002), ad interventi di supporto finanziario alle università per
accrescere il rapporto con il mondo economico in termini di trasferimento di conoscenza (il “Third
Stream” attivato nel 1999 e rinnovato negli anni e il Teaching Companies Scheme).
Il focus è principalmente sull’innovazione e la ricerca (come del resto le intenzioni sottostanti la nascita
delle RDAs e del “Third Stream”), ma si lascia anche spazio ad una riflessione sulla necessità di una
maggiore interazione tra imprese e istituzioni di formazione nei contenuti e modalità della didattica.
Anche a questo proposito aumenta il ruolo del governo centrale. Nel 2001 viene introdotto il National
qualification framework che stabilisce standard nei livelli dell’offerta formativa e benchmarks nelle
discipline. Sempre nel settembre 2001 il governo introduce una nuova tipologia di corso (riscontrabile
principalmente in Inghilterra): il Foundation degree che dura due anni e si pone tra il livello dei
diplomi di higher education e gli ordinary degrees.
Nel 1998, in risposta alle raccomandazioni presentate nel Dearing report, il Teaching and higher
education act ha introdotto tasse di iscrizione anche per gli studenti full-time UK (prima erano solo gli
studenti stranieri e i part-timer a pagare tasse di iscrizione). La logica di fondo è che le Università
offrono un “servizio” nella formazione degli studenti e quindi i beneficiari di questo servizio devono
corrispondere un “compenso”. Di questo, una quota è stabilita a livello nazionale (1.150 sterline) e le
Università possono decidere autonomamente altri aumenti (decisi in genere in base al reddito). Il
sistema di tassazione è stato ripreso dal recente Higher education act del 2004 e in Irlanda del Nord
dall’Higher education order del 2005 (che implementa alcune raccomandazioni del white paper del
Dipartimento dell’Educazione e della scienza del 2003). Tali interventi hanno di fatto aumentato le
tasse dando la possibilità alle università di richiedere contributi agli studenti tra 0 e 3.000 sterline
all’anno (con sistemi di finanziamenti per gli studenti provenienti da famiglie a basso reddito). Il
contributo può essere dilazionato nel tempo anche dopo l’ottenimento del titolo.
Tra gli obiettivi attualmente perseguiti dal governo vi è anche l’aumento della partecipazione degli
studenti che sino ad ora sono stati meno presenti (per esempio gli studenti provenienti dalle classi più
basse). L’Higher education act del 2004 introduce una serie di iniziative per favorire l’accesso
all’istruzione superiore. Si riscontra tra esse attività di monitoraggio richieste alle università e tra le più
strutturate la creazione dell’ Office of Fair Access (OFFA) in Inghilterra, un ufficio indipendente
separato, ma supportato dal Funding council. Tutte le istituzioni che intendono stabilire il massimo di
3.000 sterline necessitano stabilire un accordo (di durata quinquennale) con l’OFFA che richiede
determinate misure da adottare per aiutare l’accesso agli studenti con particolari difficoltà
economiche4. In sostanza, oltre a richiedere criteri di ammissione trasparenti, si chiede alle università di
trasformare in borse di studio o supporti finanziari (almeno 300 sterline all’anno per gli studenti che
ricevono le 2700 sterline di finanziamento) una parte delle entrate dovute alle tasse.
4
I quali hanno diritto a ricevere fino a 2.700 sterline di finanziamento: Maintenance Grant.
7
2.1. I diversi tipi di università
Le istituzioni che sono autorizzate a fornire titoli universitari in UK sono circa 193 (il portale ufficiale
Hero riporta sia le università sia i college che fanno parte di determinate università, sia i college che
hanno autorizzazione a fornire titoli universitari). Le università sono 117. La maggior parte delle
università del Regno Unito rientrano nelle seguenti categorie (Warner e Palfreyman, 2001):
a) Ancient universities: fondate prima del XIX secolo. Le ancient universities sono: le Università
di Oxford e di Cambridge (le più vecchie in Inghilterra il cui accesso fino al 1872 era ristretto ai
membri della Chiesa d’Inghilterra); la St Andrews University; l’Università di Glasgow;
l’Università di Aberdeen; l’Università di Edimburgo; l’Università di Dublino.
b) Civic o Red Brick universities: fondate nel XIX secolo e all’inizio del XX. In questa categoria
rientrano le università civiche dell’era Vittoriana e che hanno ottenuto status di università prima
della seconda guerra mondiale. All’origine si distinguevano dalle ancient per il fatto di essere
istituzioni non collegiali, che ammettevano studenti indipendentemente dalla loro collocazione
religiosa o dalla loro origine sociale. Inoltre, si caratterizzavano per l’insegnamento di skills
legati alla realtà industriale, ingegneria principalmente. L’aggettivo ‘red brick’ deriva dal fatto
che il Victoria Building dell’Università di Liverpool è conosciuto per i suoi mattoni in
terracotta. Le originarie università civiche sono 8: Università di Birmingham, Università di
Bristol, Università di Leeds, Università di Liverpool, Università di Manchester, Università di
Sheffield, Università di Reading, Queen’s University di Belfast. Attualmente si considerano
‘red brick’ anche istituzioni legate alle ancient (per esempio l’unviersità di Exeter che prima di
ottenere status di università era un college di Cambridge) oppure i college dell’Unversità di
Londra che hanno ottenuto status di università tra il XIX secolo e l’inizio del XX. Il motivo di
tale inclusione nelle università civiche è la necessità di distinguerle dalle università sorte negli
anni ’60 (che vedremo fra breve). Prima di quegli anni infatti lo status di università è stato
concesso generalmente solo ai college legati a istituzioni con lunga tradizione nel sistema
universitario.
c) New Universities. Sono principalmente di due tipi:
‘Plate Glass Universities’ (per via della loro architettura moderna) nate negli anni ’60. Si tratta
delle università nate dopo (ed alcune prima) il Robbins Report del 1963 che poneva come
obiettivo per l’istruzione di livello superiore l’espansione del sistema. All’inizio degli anni ’60
furono quindi create 6 nuove università: East Anglia, Essex, Kent, Lancaster, Sussex, Warwick
e York (altre fondate durante gli anni ’60 furono: Aston, Brunel, Bath, Bradford, Heriot-Watt,
Loughboruogh, Salford, Stirling, Strathclyde, Surrey, Ulster). La loro caratteristica principale fu
quella di essere edificate ai margini delle cittadine dove si potevano trovare ampi terreni a basso
costo e anche la possibilità di costruire campus per gli alloggi degli studenti. La disponibilità di
spazi non eccessivamente costosi per l’edificazione di nuovi atenei fu un prerequisito
fondamentale per l’espansione del sistema. Il luogo specifico non era importante, non vi erano
quindi, come per le civic universities, obiettivi particolari di edificare le università in base a
determinate esigenze economico-sociali locali. Infatti, i modelli di sviluppo delle discipline
furono molto diversi tra loro e si basarono, inizialmente, più su una logica di offerta che di
domanda5.
5
Sussex e Warwick svilupparono un’ampia gamma di discipline, mentre Essex e York si concentrarono su una gamma più
ristretta (su questo aspetto si tornerà più avanti). Nonostante questa logica orientata all’offerta questo tipo di università ha
sviluppato nel tempo rapporti privilegiati con il sistema economico.
8
‘Post-1992 universities’ che hanno acquisito status di università con la fine del sistema binario
nell’Higher education act del 1992. Sono in sostanza gli ex-politecnici e alcuni college.
Tab. 1 – Le università nel Regno unito fino al 2008
Nome
Data di fondazione
Ancient Universities
University of Oxford
University of Cambridge
University of St Andrews
University of Glasgow
University of Aberdeen
University of Edinburgh
Saint David's College, ora University of Wales, Lampeter
Durham University
University of London
Queen's University Belfast
Bangor University
prima del 1167
1209
tra il 1410 e il 1413
1451
1495
1582
1822
1832
1836
1849
1884
Red brick (civic) universities
University of Birmingham
University of Liverpool
University of Leeds
University of Sheffield
University of Bristol
University of Reading
University of Nottingham
University of Southampton
University of Hull
University of Exeter
University of Leicester
1900
1903
1904
1905
1909
1926
1948
1952
1954
1955
1957
Plate glass universities
University of Sussex
Keele University
University of East Anglia
University of York
Newcastle University
Lancaster University
University of Strathclyde
University of Kent
University of Essex
University of Warwick
Loughborough University
Aston University
Brunel University
University of Surrey
University of Bath
University of Bradford
City University, London
Heriot-Watt University
University of Salford
University of Dundee
University of Stirling
Royal College of Art
Cranfield University
Open University
University of Buckingham
University of Ulster
1961
1962
1963
1963
1963
1964
1964
1965
1965
1965
1966
1966
1966
1966
1966
1966
1966
1966
1967
1967
1967
1967
1969
1969
1976
1984
New universities
Napier University
Anglia Ruskin University
Birmingham City University
Bournemouth University
University of Brighton
University of Central Lancashire
De Montfort University
Coventry University
University of Derby
University status
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
9
University of East London
University of Glamorgan
University of Greenwich
University of Hertfordshire
University of Huddersfield
Kingston University
Leeds Metropolitan University
University of Lincoln
Liverpool John Moores University
London South Bank University
Manchester Metropolitan University
Middlesex University
Northumbria University
Nottingham Trent University
Oxford Brookes University
University of the West of Scotland
University of Plymouth
University of Portsmouth
Robert Gordon University
Sheffield Hallam University
Staffordshire University
University of Sunderland
University of Teesside
Thames Valley University
University of Westminster
University of the West of England
University of Wolverhampton
Glasgow Caledonian University
University of Abertay Dundee
University of Gloucestershire
University of Wales, Newport
London Metropolitan University
University of Bolton
University of the Arts London
Cardiff University
Roehampton University
University of Manchester
Bath Spa University
Canterbury Christ Church University
University of Chester
University of Chichester
University of Winchester
Liverpool Hope University
Southampton Solent University
University of Worcester
University of Northampton
University of Bedfordshire
Edge Hill University
York St John University
Queen Margaret University
Buckinghamshire New University
Imperial College London
University of Cumbria
Aberystwyth University
Bangor University
University of Wales, Lampeter
Swansea University
Trinity College, Carmarthen
University of Wales Institute, Cardiff
Swansea Metropolitan University
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1992
1993
1994
2001
2002
2002
2004
2004
2004
2004
2004
2005
2005
2005
2005
2005
2005
2005
2005
2005
2006
2006
2006
2007
2007
2007
2007
2007
2007
2007
2007
2007
2007
2008
Unioni e dissolvimenti di precedenti istituzioni
Victoria University
University of Wales
University status
1880
"Chiusura" 1904
Leeds e Liverpool hanno lasciato la Victoria e
sono diventate università autonome; è
sopravvisuto il college Victoria University of
Manchester che poi si è unito all'UMIST nel
2004 per diventare l'attuale Università di
Manchester
1893
"Chiusura" 2007
10
Victoria University of Manchester
New University of Ulster
St Martin's College
I colleges sono diventati istituzioni indipendenti
affiliate
1904
"Chiusura" 2004
si è unito con l' UMIST per formare l' Università
di Manchester
1968
"Chiusura" 1984
si è unita con l' Ulster Polytechnic per formare l'
University of Ulster
2006
"Chiusura" 2007
si è unita con il Cumbria Institute of the Arts e
com parte dell' University of Central Lancashire
per formare l' University of Cumbria
Fonte: www.smso.net
2.2. Tipo di offerta formativa
L’offerta formativa è suddivisa in livelli e tale suddivisione è sostanzialmente una tradizione in Gran
Bretagna. Tuttavia abbiamo traccia della loro effettiva esistenza sono nel 1988 nell’Education Act.
Sembra che la prassi delle singole università a partire da quella data sia stata resa trasparente e
riconoscibile da parte di utenti sempre più numerosi (è il periodo in cui l’istruzione universitaria
diventa di massa) e per questo con maggiori esigenze di conoscenza dell’offerta formativa.
Nelle interviste ai testimoni privilegiati emerge proprio questo aspetto:
L’Higher education act del 1988 non ha esattamente formalizzato i livelli di qualifica. Ha proposto invece un
National qualification framework come tentativo di dare maggiore trasparenza agli utenti (famiglie e studenti).
[Peter Scott, Vice-Chancellor Kingston University of London];
Il Framework ha una forte influenza nella progettazione della didattica. Anche se le università sono autonome, c’è
una forte pressione a standardizzare, un senso di mutua responsabilità nei confronti di famiglie e studenti. Dal 1988
nasce anche la necessità di misurare la qualità della didattica e l’act legifera proprio i primi tentativi di valutazione
che poi sono ora sfociati nella QAA. [David Watson, London Institute of education].
Ogni università ha programmato i suoi livelli di offerta, in alcuni casi specializzandosi in uno dei due
(alcune, come l’Università di Londra, sono note per i loro corsi post-graduate). Tuttavia osservando
velocemente l’offerta formativa delle università in UK si può notare un certo equilibrio nell’offerta di
corsi undergraduate e post-graduate. Nelle interviste è emerso che nessuna università offre solo corsi
undergraduate, mentre è possibile trovare università specializzate in corsi post-graduate (come
riportato nella prima citazione). La differenza principale sta nelle università che offrono “Taught
courses” o “Research courses” (come emerge nella seconda citazione):
Molte università hanno più corsi undergraduate che post-graduate, ma posso affermare che nessuna ha solo corsi
undergraduate. Ce ne sono alcune che semmai offrono solo corsi post-graduate (come i Collages of Arts), ma sono
un’eccezione. [Peter Scott, Vice-Chancellor Kingston University of London];
Le università si differenziano semmai nel post-graduate se offrono taught o research courses. Le università che
hanno meno finanziamenti per la ricerca sono meno incentivate ad offrire research courses. [David Watson,
London Institute of education].
In sostanza, maggiore è l’offerta formativa, maggiore è la possibilità di attrarre studenti (che dal 1998
pagano le tasse), maggiore è la possibilità di ottenere fondi (una parte dei fondi viene assegnata sulla
base del numero degli studenti: ogni università fa un accordo annuale sulla base degli studenti che
11
prevede di avere e per essi riceve fondi, tramite l’Higher education statistics agency viene verificato, se
non li raggiunge deve ridare un proporzione di fondi) (Kogan e altri, 2000). Attualmente l’offerta di
corsi di laurea delle università è la seguente:
I livello di laurea
Inghilterra, Galles, Irlanda del Nord 3 anni. Ci sono due tipi di titolo di studio. L’Honours
Bachelor Degree e l’Ordinary Bachelor degree. Il primo si riferisce a corsi pensati per
trasmettere conoscenza approfondita della materia. Ci sono tre classi di Honour in base ai
voti ottenuti. Dai più alti ai più bassi si ottiene: Honours Bachelor degree First class,
Second class, Third class e Pass (viene assegnato a studenti che hanno seguito corsi honour,
ma non hanno ottenuto voti sufficienti per rientrare nelle 3 classi). Il Bachelor senza
Honours prende il nome di Ordinary degree è senza classificazione ed in genere richiede
standard di ingresso inferiori rispetto all’honour.
Scozia: l’Honours Bachelor degree dura 4 anni, 2 anni di sub-honours in cui si studiano una
varietà di materie; 2 anni di honours in cui ci si specializza in una disciplina specifica con
tesi finale.
II livello post-laurea
Si suddividono in Post-graduate taught courses e Post-graduate research courses. I primi
sono simili al first degree come modalità di insegnamento (moduli, ecc.), sono master o
corsi professionalizzanti di 1 anno (full-time o 2 anni part-time se l’università ne dà
l’opportunità). Fanno parte di questi corsi sia i master come MBA, Master of arts, ecc., sia
corsi che rilasciano un diploma o un certificato professionale (come per esempio il Postgraduate certificate of education). Possono essere un primo step verso il dottorato. I secondi
invece sono orientati alla ricerca e conducono all’ottenimento del Ph.d con uno o due anni
aggiuntivi. Per accedervi è necessario avere almeno la seconda classe del Bachelor with
Honours. Sono sostanzialmente tre: il Master of Phliolophy (MPhil) è una versione più corta
del Phd e alcune università tendono a farvi entrare i potenziali studenti Phd permettendo
loro di ottenere il dottorato con 1 anno o 2 in più; il Master of research (MRes) è più
strutturato e organizzato del MPhil ed in genere è pensato per preparare gli studenti ad una
carriera di ricerca (anche per esso è previsto un anno o due finali per ottenere il Phd); il
Master of letter (MLitt) dura due anni e in alcune università (come Cambridge e le ‘ancient’
università della Scozia) è in genere assegnato quando uno studente non può completare o
non completa l’anno o gli anni finali per ottenere il Phd.
L’ammissione ai corsi viene gestita da un’agenzia centrale che coordina le procedure di ammissione
(University and College admission services -UCAS), sono le università che poi scelgono, ma i criteri
variano da dipartimento a dipartimento. Tali criteri si basano ormai principalmente i voti ottenuti
nell’Advanced level (un certificato non obbligatorio, ma ormai criterio base per entrare in università,
che consiste in esami svolti negli ultimi due anni di scuola secondaria). Esistono cumulativamente
anche altri requisiti come le esperienze di studio professionalizzanti (anche all’estero), le esperienze dei
cosiddetti mature students (che non hanno però titoli), ecc. Se i candidati validi superano il numero dei
posti, vi sono ulteriori criteri come per esempio le referenze dei professori, colloqui individuali e
presentazione di motivazioni personali. Per gli studenti stranieri l’autorità competente è il National
Academic Recognition Centre che valuta se i titoli stranieri sono compatibili con i criteri UK e
ovviamente la conoscenza dell’inglese(Cheps, 2003;Eurodice).
12
2.3. La ricerca
Nel Regno Unito la ricerca scientifica è svolta principalmente dalle università nei vari dipartimenti.
Nelle università la didattica e la ricerca convivono anche se non sempre in maniera efficiente. Prima
della fine del sistema binario era chiara la differenza tra le istituzioni dell’istruzione terziaria che
fornivano principalmente formazione professionale (i Politecnici) e le università che invece erano i
centri di eccellenza per la ricerca scientifica. A partire dalla metà degli anni ’80 però anche i Politecnici
hanno sviluppato una cospicua attività di ricerca ed ora concorrono con le ‘old universities’ nel RAE.
In letteratura e nelle interviste ai testimoni privilegiati si sottolinea che la differenza tra old e post-1992
universities sotto il profilo della ricerca (ma anche nell’offerta formativa come si vedrà più avanti) è
sempre meno marcata. Ci sono post-1992 universities che ottengono buone posizioni nel RAE. Inoltre
sono aumentati i research courses nelle post-1992 universities, insieme al numero dei dottorati di
ricerca (Taylor, 2003). Nelle interviste è emerso che la differenza forse risiede ancora – ma sempre
meno – tra il tipo di ricerca che si svolge. Gli ex politecnici sono forse più orientati alla ricerca
applicata, mentre le pre-1992 universities si concentrano maggiormente sulla ricerca “pura”
(accademica).
3. Le fonti di provenienza dei finanziamenti: verso una maggiore apertura
all’esterno?
Con la riforma del sistema di finanziamento delle università, sempre più sotto il controllo del governo
centrale, a partire dagli anni ’90 nascono i primi sistemi di valutazione della didattica che legano i suoi
contenuti a determinati standard. Più ci si avvicina agli standard più è probabile ottenere non solo più
fondi, ma anche una determinata immagine sociale (le classifiche vengono pubblicate sui principali
quotidiani del paese). Nel 1997 nasce la QAA (quality assurance agency, con un sistema di auditing
esterno) che porterà alla creazione nel 2001 del National qualifications framwork. Alla base di questi
programmi c’è il tentativo di razionalizzare l’offerta formativa sulla base delle esigenze economiche
della società. Non si tratta di classi disciplinari o curricula stabiliti a livello nazionale in quanto ancora
si ribadisce l’autonomia delle università, ma di fatto queste devono tenerne conto in quanto potrebbero
avere valutazioni negative ‘non confidence’ (il che influisce anche sulla possibilità di attirare studenti,
sul loro ruolo si tornerà più avanti) e hanno un anno per recuperare, poi i funding councils si attivano
per diminuire i fondi e chiedere risarcimento. Insieme a questo tipo di controllo sui fondi, va ricordato
che gli studenti a partire dal 1998 pagano le tasse nelle modalità descritte più sopra.
Per quanto riguarda la ricerca, l’introduzione del RAE (il più recente è del 2008) ha influito non solo
per il fatto che le università sono ora maggiormente in competizione tra loro, ma anche dal punto di
vista dell’organizzazione delle attività di ricerca (maggiore efficienza e orientamento al risultato).
Inoltre, le università sono stimolate a cercare fonti di finanziamento alternative rispetto ai fondi
pubblici - gli ex-politecnici e il loro legame con la realtà locale, ma anche le università sorte negli anni
’60 nelle quali una grossa fetta delle ricerche è finanziata da contratti con le aziende – da una parte per
la generale diminuzione dei finanziamenti, dall’altra per non essere esclusivamente dipendenti da un
sistema così selettivo quale è il RAE (Henkel e Little, 1999). Nelle interviste agli esperti di Higher
Education è emerso proprio questo aspetto:
L’obiettivo reale di alcune università è quello di diminuire la dipendenza dal governo diversificando i
finanziamenti. Università come Oxford e Cambridge o Warwick attraggono soldi dall’esterno. [Micheal Schattock,
London Institute of Education].
13
Le università sono state spinte a cercare fonti di finanziamento diverse anche se con buone posizioni
nella graduatoria RAE. In letteratura i casi più citati sono le ‘plate glass universities’: nel RAE del
1996 cinque di loro (Warwick, Lancaster, York, Essex, Sussex) figuravano tra le prime 12 università
per qualità della ricerca. Queste università si sono costruite un network con il sistema economico locale
dal quale traggono una grossa fetta del loro reddito (Warwick in testa anche grazie alla sua posizione
particolarmente strategica: al cuore di un network stradale e ferroviario e vicina ad un aeroporto
internazionale) (Warner e Palfreyman, 2001).
Nel RAE del 2008 tra le 4 università considerate la meglio posizionata è l’Università di Manchester che
figura tra le prime 15 con punteggio 4 (ossia con qualità di ricerca riconosciuta internazionalmente),
l’Università di Liverpool ha buone performance ma è piuttosto lontana dai valori di Manchester,
seguono la Liverpool John Moores University e la Manchester Metropolitan University.
La tabella 2 mostra le fonti principali di reddito delle istituzioni di educazione terziaria. Dalla tabella si
vede chiaramente un forte aumento dei fondi provenienti dall’esterno anche se sui bilanci pesano
(valori fra parentesi) ancora prevalentemente i fondi pubblici provenienti dai Funding Councils.
L’ultima sezione della tabella rileva che il tasso di crescita delle entrate è superiore negli ambiti in cui
le istituzioni sono maggiormente in rapporto con l’esterno (contratti di ricerca, servizi offerti,
commesse e brevetti)6. Il loro peso percentuale sul reddito (valori fra parentesi) è aumentato in maniera
non difforme alle altre voci (tutte si aggirano intorno ad un paio di punti percentuali). Nelle università
considerate il tasso di crescita più alto tra le voci relative ai contratti di ricerca e ai servizi esterni si
rileva per la Liverpool John Moores University. Anche nella Manchester Metropolitan University il
tasso di crescita in queste voci è abbastanza elevato. Ciò va a conferma di una strategia orientata a
sopperire le inferiori performance nel RAE degli ex-politecnici rispetto alle old universities.
Emblematica a questo proposito è la dichiarazione del direttore della Business School della Liverpool
John Moores University:
Il RAE ha influenzato tutti gli ex-politecnici. Ci siamo chiesti con alcuni colleghi qualche giorno fa quali priorità
dobbiamo avere per la ricerca. Dobbiamo seguire il RAE? Non per forza, ma è importante per la credibilità
accademica. Non siamo completamente focalizzati al RAE, lo facciamo e cerchiamo di ottenere buoni risultati, ma
cerchiamo anche di aprire verso l’esterno le nostre entrate. [Paul Joyce, Direttore Business School, Liverpool John
Moores University]
La tabella 2 mette tuttavia in evidenza che i fondi provenienti dai Funding Councils per la Manchester
Metropolitan Univesity in entrambi gli anni considerati sono addirittura superiori a quelli
dell’Università di Liverpool. Si tratta però di fondi prevalentemente erogati per la didattica, come
mostra la tabella 3. Per gli ex-politecnici la percentuale di fondi per la didattica provenienti dai Funding
Councils è intorno al 90% (valori fra parentesi). La Manchester Metropolitan University sembra quindi
avere performance migliori nella competizione sui fondi per la didattica, si vede infatti nella tabella 3
che il suo peso sui fondi erogati a livello nazionale è il più alto insieme all’Università di Manchester.
Quest’ultima poi spicca per il cospicuo ammontare dei fondi per la ricerca (il 4,4% sui fondi erogati a
livello nazionale) che ottiene grazie all’ottima posizione nel RAE. Da questi dati si vede come le
attività svolte dalle Università considerate ricalchino la classica distinzione tra teaching e reasearch
universities (ex-politecnici vs old universities), e tra università maggiorment orientate alla ricerca
applicata e allo sviluppo locale (gli ex-politecnici) e università maggiormente orientate alla ricerca pura
(le old universities). Questo aspetto è emerso anche nelle interviste alla Manchester Metropolitan
6
I dati a nostra disposizione per la voce di bilancio relativa a commesse e dirtti di proprietà intellettuale (Hesa, vari anni)
evidenziano sia a livello nazionale sia nelle università considerate un generale aumento delle entrate per l’uso degli edifici e
per gli affitti dei campus. Sono molto basse invece le entrate relative ai diritti di proprietà intellettuale in quanto i dati si
riferiscono alle istituzioni, mentre il reddito relativo a tali diritti è prevalentemente percepito dai singoli proprietari.
14
University. Sia il Deputy Vice-Chancellor sia il Pro-vice Chancellor hanno sottolineato di essere una
teaching university e di voler accrescere tale identificazione diventando la leading professional
university:
Noi siamo una teaching university. Siamo diversi dall’University of Manchester che invece è research intensive. E’
vero che anche noi facciamo le submission per il RAE e tra i nostri obiettivi c’è quello di migliorare la nostra
posizione, ma la nostra natura è prevalentemente teaching [Burry Plumb, Deputy Vice-Chancellor, Manchester
Metropolitan University].
Stiamo cercando di essere più competitivi e ci vogliamo differenziare, vorremmo diventare la leading professional
universities [Huw Morris, Pro-Vice Chancellor e Preside della Business School, Manchester Metropolitan
University]
Tabella 2 – Ammontare (in migliaia di sterline) e fonti di provenienza dei fondi delle istituzioni
HE ('94-'95/'05-'06). In parentesi la percentuale sul reddito totale
Academic
fees e
support
Funding councils
grants
Commesse
Research
e diritti di
grants e
Servizi
proprietà
contratti
offerti intellettuale Rendite
Totale
1994/1995
461.071 1.261.473 240.193 10.038.527
4.374.054 2.248.615 1.453.122
Totale UK
(43,5)
(22,3)
(14,4)
(4,5)
(12,5)
(2,3)
(100)
43.317
24.440
2.109
2.139
7.286
821
80.112
Liverpool John Moores University
(54,1)
(30,5)
(2,6)
(2,7)
(9,1)
(1,0)
(100)
63.368
25.802
28.985
6.601
17.817
4.674
147.247
University of Liverpool
(43,0)
(17,5)
(19,7)
(4,5)
(12,1)
(3,2)
(100)
63.468
29.619
2.896
3.617
9.354
1.210
110.164
Manchester Metropolitan University
(57,6)
(26,9)
(2,6)
(3,3)
(8,5)
(1,1)
(100)
86.133
45.527
43.600
7.902
46.153
5.558
234.873
Victoria University of Manchester
(36,7)
(19,4)
(18,6)
(3,4)
(19,7)
(2,4)
(100)
27.925
18.615
14.989
5.396
10.199
2.870
79.994
Umist
(34,9)
(23,3)
(18,7)
(6,7)
(12,7)
(3,6)
(100)
2006/07
8.030.651 5.413.985 3.376.991 1.313.930 2.763.455 390.841 21.289.853
Totale UK
(37,7)
(25,4)
(15,9)
(6,2)
(13,0)
(1,8)
(100)
70.433
45.686
9.376
10.231
6.390
1.583
143.699
Liverpool John Moores University
(49,0)
(31,8)
(6,5)
(7,1)
(4,4)
(1,1)
(100)
100.203
53.265
78.965
15.181
43.480 12.541
303.635
University of Liverpool
(33,0)
(17,5)
(26,0)
(5,0)
(14,3)
(4,1)
(100)
100.398
66.970
7.876
6.634
21.877
4.388
208.143
Manchester Metropolitan University
(48,2)
(32,2)
(3,8)
(3,2)
(10,5)
(2,1)
(100)
182.237
137.682 173.606
9.683
118.526 15.586
637.320
University of Manchester
(28,6)
(21,6)
(27,2)
(1,5)
(18,6)
(2,4)
(100)
Var % (06-07/94-95)
Totale UK
83,6
140,8
132,4
185,0
119,1
62,7
112,1
Liverpool John Moores University
62,6
86,9
344,6
378,3
-12,3
92,8
79,4
University of Liverpool
58,1
106,4
172,4
130,0
144,0
168,3
106,2
Manchester Metropolitan University
58,2
126,1
172,0
83,4
133,9
262,6
88,9
University of Manchester
59,8
114,7
196,3
-27,2
110,3
84,9
102,4
Note: 1. Per il calcolo della variazione percentuale i valori relativi a Umist e Victoria University sono stati sommati.
Fonte:Hesa (vari anni)
Definizioni: 1) Funding council grants: fondi provenienti dai funding councils; 2) Academic fees (Tuition dal 1998) and
grants: tasse studenti (dove previste prima del 1998, allargate poi a tutti gli studenti dal 1998), grants e contratti di supporto
alla formazione per la ricerca provenienti da varie fonti prevalentemente pubbliche (i research councils per esempio); 3)
Research grants e contratti : fondi provenienti da ricerche sponsorizzate esternamente, ossia non dai funding councils
15
(research councils, charities, autorità locali, imprese, fondi europei, ecc); 4) Servizi offerti: servizi offerti all’esterno (non
solo ricerca); 5)Commesse, brevetti e licenze: i brevetti e le licenze, commesse (comprese per esempio l’organizzazione di
conferenze) derivanti da autorità locali; Rendite: le rendite degli immobili, degli interessi maturati, ecc.
Tabella 3 – Ripatizione dei fondi provenienti dai Founding Councils (2006/2007). In parentesi la
percentuale sul totale.
Totale UK
Liverpool John Moores University
University of Liverpool
Manchester Metropolitan University7
University of Manchester
Liverpool John Moores University
University of Liverpool
Manchester Metropolitan University
University of Manchester
Fondi per la
didattica
5.358.952
(66,7)
62.370
(88,6)
63.458
(63,3)
91.247
(90,9)
90.677
(49,8)
1,2
1,2
1,7
1,7
Finaziamento Finanziamento
per uscite in
per Further
conto
Education
Fondi per
Altri
capitale
la ricerca
fondi
(immobili)
Totale
1.671.653 602.058
285.621
112.367
8.030.651
(20,8)
(7,5)
(3,6)
(1,4)
3.007
4.241
815
0
70.433
(4,3)
(6,0)
(1,2)
29.075
4.928
2.742
0
100.203
(29,0)
(4,9)
(2,7)
3.489
4.025
988
649
100.398
(3,5)
(4,0)
(1,0)
(0,6)
74.319 13.569
3.672
0
182.237
(40,8)
(7,4)
(2,0)
% Sui fondi erogati a livello nazionale
0,2
0,7
0,3
0,0
0,9
1,7
0,8
1,0
0,0
1,2
0,2
0,7
0,3
0,6
1,3
4,4
2,3
1,3
0,0
2,3
Fonte: Hesa (2008).
4.
La
ricerca
come
commercializzazione
collaborazione,
innovazione,
applicazione
e
La distinzione tra ricerca pura e ricerca applicata è maggiormente visibile nei dati specifici alle fonti di
finanziamento per la ricerca. A livello nazionale il grafico 1 mostra chiaramente che la maggior parte
delle entrate relative alla ricerca proviene da fonti pubbliche o affini (Research Councils, Charities,
Governo Centrale e locale), mentre le aziende pubbliche o private coprono il 6%. Quindi la ricerca
dipende ancora per un’ampia quota dal finanziamento pubblico, si giustifica quindi l’enfasi più volte
ricordata nell’ottenere buone posizioni nel RAE.
Nelle interviste agli esperti di Higher Education è emersa la rilevanza dei Research Councils e delle
Charities, i quanto i primi offrono finanziamenti a progetti di ricerca, mentre le Charities offrono
strutture di supporto e finanziamenti per acquisirle:
I Research Councils e le Charities sono gli enti più importanti per finanziare progetti di ricerca. Offrono un
supporto a progetti specifici. Le Charities offrono finanziamenti per le strutture e il materiale necessario. [Peter
Scott, Vice-Chancellor Kingston University of London];
I Research Councils sono molto importanti, sono forse l’unico modo per ottenere finanziamenti individuali per il
proprio progetto. Le autorità locali sono meno rilevanti da questo punto di viste. [Nick Hammond, Direttore Higher
education Academy].
7
La Manchester Metropolitan University ha fondi per le attività di futher education che in genere vengono erogati agli
appositi college. In effetti tale università ha una sede nel Cheshire che ha riunito alcuni college e offre corsi di life long
learning.
16
Grafico 1. Tutte le fonti di finanziamento per la ricerca nel Regno Unito (percentuale sul totale),
2006/2007
DIUS Research Councils
23%
Founding Councils
33%
Altre fonti
1%
Altre fonti straniere
4%
Unione Europea
6%
Charities
15%
Autorità governtative
centrali e locali, istituzioni
sanitarie
12%
Industria, commercio e
aziende pubbliche
6%
Fonte: Hesa (2008)
Tuttavia la tabella 4 che considera le fonti di finanziamento per la ricerca nelle università considerate,
da una parte ricalca per tutte la ripartizione che osserviamo nel grafico 1, dall’altra però mostra un
maggiore peso per i due ex-plolitecnici delle entrate provenienti dalle istituzioni locali (la voce autorità
governative e locali, istituzioni sanitarie) e per la Manchester Metropolitan University la percentuale
maggiore di fondi provenienti da industria, commercio e aziende pubbliche (l’8,9%, al di sopra della
media nazionale). Vi è quindi un maggiore orientamento da parte degli ex-politecnici alla ricerca
applicata e al rapporto con le istituzioni locali, mentre sembra più elevato per le old universities
l’orientamento alla ricerca pura. Si noti infatti che l’Università di Manchester ha la più alta percentuale
non solo di fondi provenienti dai Funding Councils, ma anche di quelli provenienti dai Research
Councils i quali, come si è visto, finanziano progetti di ricerca per stimolare l’innovazione (quindi
molto vicini al concetto di ricerca pura). Anche nelle interviste è più volte emerso il forte orientamento
alla ricerca pura da parte delle old universities e Manchester in particolare.
Manchester è divisa in due anime: una locale e una mondiale. Quella mondiale è basata sulla sua strategia di
eccellenza della ricerca. E’ Un’università molto internazionalizzata. Domina le università del north west. [George
Baxter, North West Developmente Agency].
17
Tab 4 - Tutte le fonti di finanziamento per la ricerca nelle Università considerate (percentuale sul
totale), 2006/2007.
Research Councils
Charities
Autorità
governtative
centrali e locali, istituzioni
sanitarie
Industria, commercio e
aziende pubbliche
Unione Europea
Altre fonti straniere
Altre fonti
Founding Councils
Totale (migliaia di sterline)
Fonte: Hesa (2008)
Liverpool John
Moores University
15,1
4,3
University of
Liverpool
19,4
15,1
Manchester
Metropolitan University
13,1
2,5
University of
Manchester
25,1
17,1
42,4
14,2
39,3
13,0
3,8
5,5
0,9
0,8
27,2
11.050
3,2
7,4
10,0
0,6
30,2
96.217
8,9
6,6
0,2
0,7
28,7
12.173
4,2
3,9
1,4
0,9
34,5
215.368
Come abbiamo visto nelle università del Regno Unito didattica e ricerca convivono. Tuttavia è in corso
da almeno una decina d’anni un processo di progressiva “separazione interna”. Il RAE influisce fino al
20% dei fondi delle istituzioni da parte del governo centrale ed è per questo motivo che le università
hanno dato più importanza all’ottenere buone posizioni nel RAE invece che nel sistema di valutazione
della didattica (seppur importante per l’immagine sociale dell’istituzione). Si è creata una separazione
tra ricerca e didattica che ha avuto risvolti sia nella struttura universitaria (nascita di centri di ricerca e
graduate schools per separare la ricerca dall’attività didattica), sia nella ‘divisione del lavoro’
accademico (i ricercatori più rinomati svolgono principalmente attività di ricerca delegando l’attività
didattica a docenti a contratto o a dottorandi) (Warner e Palfreyman, 2001; Bargh e altri, 2000). Nelle
interviste agli esperti di Higher Education è emerso che nelle università più research intensive si sono
creati centri di ricerca relativamente autonomi nella gestione e nel reperimento dei finanziamenti:
Nelle università più prestigiose dal punto di vista della ricerca, si incoraggia la creazione di centri di ricerca
all’interno dei dipartimenti. Questi sono praticamente indipendenti nella gestione dei fondi e nel reperimento degli
stessi. Insieme ai Science Park, questi centri sono molto legati alla realtà locale [Micheal Schattock, London
Institute of Education]
Nelle università considerate esistono molti centri di ricerca, non tutti però con una loro indipendenza
finanziaria rispetto a Dipartimenti e Facoltà. Questo soprattutto negli ex-politecnici come la
Manchester Metropolitan University e la Liverpool John Moores University. Presso L’ Università di
Manchester sono presenti 15 centri di ricerca. In realtà dalle interviste è emerso che la creazione di tali
centri non ha portato ad una vera e propria separazione dalla didattica (questo nemmeno nei centri di
ricerca dell’Università di Manchester anche se uno degli intervistati era solo ricercatore ha però
ricordato che rappresentava un’eccezione nell’Ateneo). I centri di ricerca sono un modo per
concentrare formalmente un certo numero di persone e di conseguenza servono ad aumentare le
chances di un buon posizionamento nel RAE (che considera anche la percentuale di staff dedicato alla
ricerca):
Abbiamo creato 10 centri di ricerca connettendo più discipline. Questo è importante per il RAE in quanto nei centri
di ricerca figurano persone da tutte le facoltà che altrimenti sarebbero state poco visibili in termini formalizzazione
dell’attività di ricerca che svolgono. [Burry Plumb, Deputy Vice-Chancellor, Manchester Metropolitan University].
18
Nelle interviste si intuisce un certo ottimismo nel descrivere il rapporto tra università ed economica
locale, in sostanza tutti gli intervistati hanno sottolineato che esiste una forte relazione tra le università
e il contesto locale. Alcune università hanno decentrato sedi e istituito centri di ricerca proprio per
rendere più efficace ed efficiente tale rapporto. Tuttavia il rapporto tra ricerca universitaria ed
economia locale è meno lineare di quanto si pensi e soprattutto di quanto le autorità locali – le varie
Developement Agencies - vorrebbero.
In generale le RDA vorrebbero più legami tra le università e la realtà locale, magari dedicando programmi di
ricerca solo a determinate aziende. La sezione che dirigo io (Science and Innovation) punta però ad aumentare la
capacità competitiva delle università nel mondo. Alcuni miei colleghi sostengono che Manchester dovrebbe aprire
un centro dedicato a Injeket, ma penso che rovinerebbe la sua reputazione. Questo genere di relazione va bene con i
politecnici, ma anche loro giustamente stanno cercando di puntare sulla ricerca pura e non legarsi quindi solo alla
realtà locale [George Baxter, North West Development Agency]
Le analisi mostrano che dal punto di vista della ricerca i rapporti tra università e economia locale sono
abbastanza diffusi, ma vi sono alcune differenze significative. I contratti di ricerca locali sono meno
numerosi rispetto a quelli stipulati a livello interregionale e nazionale (Adams e Smith, 2004). La
prossimità risulta particolarmente rilevante per le piccole e medie imprese, che non hanno tempo e
conoscenze (ma forse anche risorse finanziarie) per identificare realtà di ricerca lontane dalla regione in
cui hanno sede, oltre al fatto che il loro mercato di riferimento potrebbe essere la regione stessa. Invece,
le imprese più grandi che operano su mercati nazionali e internazionali si rivolgono più spesso ai
dipartimenti delle università sparse su tutto il territorio (spesso puntando su quelli più prestigiosi),
seppur non escludendo totalmente le università più prossime alle loro sedi. (Lambert Report, 2003).
La tabella 5 mette in evidenza il numero elevato di contratti tra le grandi imprese e la regione di
Londra. In linea di massima si può affermare che laddove le grandi imprese hanno stipulato più
contratti di ricerca con le università (le regioni con le università più prestigiose laddove si rileva anche
il più elevato numero di contratti con organizzazioni non imprese commerciali), il cui numero è in
neretto nella tabella, sono quelle in cui invece le piccole imprese ne hanno stipulati di meno, a
conferma di quanto appena affermato circa le strategie delle imprese nei rapporti con le università. Ad
eccezione del South-East dove si trova Cambridge, in quanto si tratta di un’area ricca di piccole
imprese High-Tech. In termini di peso dei contratti tra imprese e altre organizzazioni non commerciali
in Inghilterra il North West risulta essere tra le regioni con la maggiore percentuale di contratti con le
imprese commerciali (ciò per via del suo sistema produttivo ancora fortemente industrializzato).
La tabella 6 mostra quanto accade nelle università che abbiamo analizzato. In generale si osserva che
nelle università research intensive come Manchester e Liverpool vi è un’alta percentuale di contratti
con le imprese e di queste prevalentemente grandi. Va tuttavia notato che il valore dei contratti con le
imprese è in genere più basso rispetto al valore dei contratti provenienti da altre organizzazioni
(istituzioni locali, associazioni di categoria, autorità governative, ecc.). Questo anche per gli expolitecnici considerati che per altro registrano un peso maggiore dei contratti con altre organizzazioni a
conferma di quanto visto più sopra circa il loro rapporto con le istituzioni e le realtà locali. In generale
quindi le imprese investono meno nei contratti di ricerca di quanto non facciano altre organizzazioni.
I dati della tabella 7, che invece considera i contratti di consulenza, mostrano per la Liverpool John
Moores University un numero piuttosto elevato di contratti con le piccole imprese. Interessante è notare
che anche l’Università di Liverpool presenta un numero elevato di consulenze con le piccole imprese.
Questi valori suggeriscono due interpretazioni. Da una parte che il rapporto con le piccole imprese e le
università è più di tipo consulenziale che di vera e propria ricerca. Questo aspetto è stato sottolineato
anche da un dirigente della NW development agency: “Per le piccole imprese è difficile investire in
ricerca con grandi università. Si rivolgono a queste prevalentemente per la consulenza. Noi abbiamo
dato un voucher alle piccole imprese per avere consulenza strategica e tecnologica” (George Baxter).
19
Del resto è abbastanza ovvio che le piccole imprese siano meno propense ad investire in ricreca (high
tech a parte) viste le loro inferiori risorse finanziarie. In effetti anche a livello nazionale, come si vede
dalla tabella 8, il numero di contratti di consulenza con le piccole imprese è più elevato rispetto non
solo a quello con le grandi, ma anche, se confrontiamo con la tabella 5, a quello relativo ai contratti di
ricerca. Dall’altra valori simili per le due principali università di Liverpool suggeriscono un legame
consolidato tra queste è le imprese locali, a differenza di Manchester (soprattutto l’Università di
Manchester) che è maggiormente orientata a livello nazionale e internazionale. L’università di
Liverpool è molto coinvolta nel processo di “rigenerazione” economica della zona (chiamata
Merseyside).
L’università di liverpool ci sono alcuni dipartimenti come le hard sciences che hanno una intensa ricerca. In realtà
Liverpool non è quella più international research based all’interno del Russel Group (le università research
intensive). L’università di Liverpool è molto impegnata nella rigeneretion della città e del north of england,
compreso il progetto di Liverpool 2008 capital of culture. Ha forti relazioni con le imprese sono locali anche se ha
anche forti relazioni internazionali. C’è la necessità a Liverpool di rigenerazione economica [Stuart Wilks-Heeg,
Dipartimento di sociologia, University of Liverpool]
20
Tab. 5 Contratti di ricerca stipulati (e loro valore) fra le istituzioni di educazione terziaria e le organizzazioni esterne per regione
(2008).
North East
North West
Yorkshire and the Humber
East Midlands
West Midlands
East of England
London
South East
South West
Inghilterra
Scozia
Galles
Irlanda del Nord
UK
Numero di
contratti
con piccole
medie
imprese
66
184
172
215
390
133
274
341
91
1.866
256
112
140
2.374
Valore dei
contratti
con PMI
(£000s)
945
2.729
2.922
2.758
2.750
2.927
6.935
4.509
1.328
27.803
7.284
1.383
364
36.833
Numero di
contratti
con altre
(non-PMI)
imprese
302
894
1.002
797
750
619
2.101
1.026
591
8.082
1.140
339
210
9.771
Valore dei
contratti
con altre
(non-PMI)
imprese
(£000s)
Numero di
contratti con altre
organizzazioni
(non imprese
commerciali)
Valore dei
contratti con altre
organizzazioni
(non imprese
commerciali)
10.134
16.128
20.942
14.183
11.792
32.709
73.615
47.489
10.746
237.738
50.227
8.687
3.390
300.042
936
1100
1760
599
1447
332
2991
1893
1452
12510
1292
661
264
14727
20.051
33.396
52.333
9.476
44.483
8.201
138.161
65.571
26.711
398.383
25.570
14.878
6.992
445.823
Numero % contratti
totale dei
con
contratti
imprese
1.304
2.178
2.934
1.611
2.587
1.084
5.366
3.260
2.134
22.458
2.688
1.112
614
26.872
28,2
49,5
40
62,8
44,1
69,4
44,3
41,9
32
44,3
51,9
40,6
57
45,2
Nota: sono esclusi I contratti con governo, Unione Europea e Research Councils
Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community
21
Tab. 6 Contratti di ricerca stipulati (e loro valore) fra le università considerate e le organizzazioni esterne (2008).
Numero
contratti con
piccole medie
imprese
Valore
contratti con
PMI (£000s)
Numero
Valore
contratti con
contratti con
altre (non- altre (non PMI)
PMI) imprese imprese (£000s)
Numero di
contratti con
altre
organizzazioni
(non imprese
commerciali)
Valore dei
contratti con
altre
organizzazioni
(non imprese
commerciali)
Numero totale
dei contratti
% contratti
con imprese
157
27,4
550
70,7
162
26,5
842
26.872
58
45,2
Liverpool John
Moores
University
7
20
36
316
114
2.411
University of
liverpool
35
350
354
5.358
161
6.098
Manchester
Metropolitan
University
7
100
36
552
119
2.359
University of
777
437
9.005
354
14.571
Manchester
51
UK
2.374
36.833
9.771
300.042
14.727
445.823
Nota: sono esclusi I contratti con governo, Unione Europea e Research Councils
Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community
Tab. 7 Contratti di consulenza stipulati (e loro valore) fra le università considerate e le organizzazioni esterne (2008).
Valore
Numero
Numero contratti con
contratti con
contratti con
altre (non Numero di contratti
Valore dei contratti
PMI)
piccole
Valore
altre (noncon altre
con altre
imprese
medie contratti con
PMI)
organizzazioni (non
organizzazioni (non
(£000s) imprese commerciali) imprese commerciali)
imprese PMI (£000s)
imprese
Numero
totale dei
contratti
Liverpool John
Moores University
652
185
110
389
85
1.805
847
University of
liverpool
308
4.634
24
1.654
24
1.251
356
Manchester
Metropolitan
University
2
246
12
571
22
308
36
University of
Manchester
38
137
100
1.517
179
1.151
317
UK
20.777
46.999
9.150
78.768
28.018
162.024
57.945
Fonte:Elaborazione su dati HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community
% contratti
con imprese
90
93,3
38,9
43,5
51,6
22
Tab. 8-Contratti di consulenza stipulati (e loro valore) fra le istituzioni di educazione terziaria e le organizzazioni esterne per
regione (2008).
Valore
Numero
Numero
contratti
Numero di
Valore dei
contratti
Valore
contratti
con altre contratti con altre contratti con altre
con piccole
contratti
con altre (non PMI)
organizzazioni
organizzazioni
medie
con PMI (non-PMI)
imprese
(non imprese
(non imprese
imprese
(£000s)
imprese
(£000s)
commerciali)
commerciali)
North East
510
2.719
509
2.770
11.524
16.661
North West
683
7.637
1.290
9.881
11.941
3.492
Yorkshire and the Humber
700
3.112
928
5.779
1.030
11.022
East Midlands
206
1.112
396
2.860
399
4.264
West Midlands
3.760
805
6.303
1.054
8.136
17.386
East of England
1.309
2.384
478
5.499
609
13.732
London
1.379
3.713
1.997
1.276
9.940
34.936
South East
1.498
4.422
1.376
2.014
14.985
22.909
South West
506
2.694
450
6.020
641
15.497
Inghilterra
17.736
35.857
7.539
61.793
25.057
141.151
Scozia
985
984
823
10.710
7.517
14.296
Galles
1.520
2.729
380
2.081
1.758
9.048
Irlanda del Nord
536
896
247
598
380
1.115
UK
20.777
46.999
9.150
78.768
28.018
162.024
Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community
Numero % contratti
totale dei
con
contratti
imprese
17.680
5,8
5.465
76,4
2.658
61,2
1.001
60,1
9.995
89,5
2.396
74,6
4.652
57,1
4.888
71,8
1.597
59,9
50.332
50,2
2.792
70,5
3.658
51,9
1.163
67,3
57.945
51,6
23
Per concludere il discorso sulla collaborazione alla ricerca è utile osservare il grafico 2, che in realtà
mostra un risultato abbastanza scontato, ossia che la collaborazione di ricerca tra università e imprese si
rivolge principalmente alle cosiddette “scienze pure”8.
Grafico 2. Reddito (in milioni di sterline) proveniente da ricerche finanziate dalle aziende (per
centri di costo selezionati), 2002-2003
Studi sociali
Ingegneria dei materiali
Economia
Scienze ambientali
Ingegneria generale
Ingegneria elettrica, elettronica e informatica
Chimica
Bioscienze
Ingegneria meccanica e aerospaziale
Medicina clinica
0
10
20
30
40
50
60
70
Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2003), Higher education business and
community.
Outcomes della ricerca
Il rapporto con l’ambiente socio-economico esterno passa anche attraverso la circolazione dei prodotti
di ricerca. E’ quindi necessario concentrare l’attenzione sui principali outcomes prodotti dalla ricerca
svolta nelle istituzioni di educazione terziaria.
Il primo punto sul quale vale la pena soffermarsi è la presenza di invezioni e brevetti di proprietà delle
università. L’Oecd (2008) ha stimato che in Europa oltre l’82% dei brevetti è di proprietà delle aziende,
mentre solo il 4,8% è di proprietà delle università. Nel Regno Unito, sempre secondo questa fonte, la
percentuale di brevetti in possesso delle università è del 7,7%, quindi al di sopra della media Europea.
8
Non siamo disposizione di dati più aggiornati e disaggregati per regioni e istituzioni in quanto i Funding Councils non
hanno più raccolto il dato nelle più recenti edizioni della Business and HEI interaction survey.
24
Tab. 9 – Invenzioni e brevetti depositati da o per conto delle istituzioni di educazione terziaria
(2008).
Numero di nuovi
Numero di
brevetti
brevetti
presentati
concessi
Portfolio brevetti
Numero di
nell’anno
nell’anno
cumulativo
invenzioni
North East
174
58
7
238
North West
75
41
327
524
Yorkshire and the Humber
293
139
38
597
East Midlands
163
107
12
380
West Midlands
255
84
28
450
East of England
191
158
43
539
London
856
381
175
4.036
South East
386
162
1.167
380
South West
259
146
28
328
Inghilterra
3.095
1.534
534
8.062
Scozia
173
61
1.547
373
Galles
158
113
27
684
Irlanda del Nord
120
93
25
331
UK
3.746
1.913
647
10.624
Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community
Definizioni: Numero di nuovi brevetti presentati: presentati, ma non ancora assegnati; Portfolio brevetti cumulativo: numero
di brevetti ancora attivi.
Tab. 10 – Invenzioni e brevetti depositati da o per conto delle università considerate (2008).
Numero di
Numero di
nuovi brevetti
brevetti
Portfolio
Numero di
presentati
concessi
brevetti
invenzioni
nell’anno
nell’anno
cumulativo
Liverpool John Moores University
151
9
1
23
University of liverpool
32
13
5
22
Manchester Metropolitan University
1
1
0
15
University of Manchester
276
38
34
220
UK
3.746
1.913
647
10.624
Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community
Definizioni: Numero di nuovi brevetti presentati: presentati, ma non ancora assegnati; Portfolio brevetti cumulativo: numero
di brevetti ancora attivi.
La tabella 9 mette in evidenza come vi sia in generale per tutto il Regno Unito un più elevato numero di
invenzioni rispetto al numero di brevetti e di questi sono in genere la metà quelli effettivamente
concessi rispetto a quelli presentati9. Questo implica una minore circolazione dei prodotti di ricerca e
richiama il cosiddetto “Paradosso Europeo”, ossia un elevato numero di invenzioni con però scarsa
diffusione sul mercato. Tale problematica nel Regno Unito è legata non solo alle difficoltà relative ad
una carenza di logiche manageriali efficaci sia negli accademici sia nello staff amministrativo,
difficoltà condivise con altri paesi, ma anche alla rilevanza che il RAE dà alle pubblicazioni (nelle
9
Le invenzioni sono formalizzate presso gli uffici di ricerca delle istituzioni e forniscono diritti di proprietà intellettuale.
Non sono tuttavia prodotti immessi sul mercato. Per questo devono diventare o brevetti o licenze e quindi notificati
legalmente da parte delle autorità governative.
25
quali per altro possono essere contenute le invenzioni) e non alla diffusione dei prodotti di ricerca
(Decter, Bennet, Leseure, 2007)10. Nelle interviste è emerso questo aspetto.
Gli accademici sono molto coinvolti nel Rae e non hanno tempo per dedicarsi alla commercializzazione, perché
anche se puoi includere che hai fatto brevetti, sono le pubblicazioni che premiano [Heather White, UMIP,
University of Manchester]
Chi come il direttore della camera di commercio di Liverpool è rappresentatne diretto delle necessità
delle aziende sottolinea la necessità di avere più trasferimento tecnologico che sarebbe favorito da una
maggiore propensione alla ricerca applicata:
Alcune università hanno troppe mire di superiorità. E’ necessario che la ricerca abbia un approccio non solo
accademico. Non deve essere a spese della ricerca pura, ma devono aumentare la capacità di commercializzare la
loro ricerca, quindi andare maggiormente incontro alle necessità delle aziende [Jack Stopforth, Camera di
Commercio di Liverpool].
Il North West è tra le regioni con il più alto numero di invenzioni e la quarta in Inghilterra in termini di
numero di brevetti concessi. Interessante notare, nella tabella 10, come la maggior parte delle
invenzioni e dei brevetti della regione siano di proprietà delle università casi di studio (nel 2006-07:
460 invezioni su 524; 61 brevetti depositati su 75; 40 brevetti concessi su 41). Le quattro università
considerate sono quindi il “cuore” innovativo della regione. Tra le 4 la più prolifica risulta essere
l’Università di Manchester, mentre sono meno produttivi in termini di brevetti gli ex-politecnici.
Lo stesso discorso vale per il numero di licenze concesse (vedi tabella 11). Il North west risulta tra le
regioni con i numeri più alti e l’Università di Manchester ne copre una quota consistente soprattutto per
licenze concesse a piccole e medie imprese e ad altre organizzazioni non commerciali. Il Vice
Presidente dell’Umip (University of Manchester Intellectual Propriety) dell’Università di Manchester
ha sottolineato che non solo Manchester ha un altissimo livello di Invenzioni, ma che il 50% di queste
vengono commercializzate tramite brevetti e licenze.
Tra gli outcomes di ricerca in cui l’interazione con il mondo economico è maggiormente presente
possiamo considerare gli spin-off. La tabella 13 evidenzia le imprese attivate a livello nazionale, quelle
che dopo tre anni sopravvivono e una stima degli investimenti esterni. Si nota come in generale il
numero delle imprese che sopravvivono dopo 3 anni è quasi il doppio del numero di quelle attivate, il
che segnala una certa robustezza delle imprese derivate da attività di ricerca universitaria. Il North
West presenta buone performance anche se è al di sotto di altre regioni sia in termini di numero di
imprese attivate e ancora attive, sia in termini di investimenti esterni. Tra le università considerate è
interessante osservare nalla tabella 14 le buone performance della Liverpool John Moores University
con valori superiori all’Università di Manchester per numero di imprese attivate. In generale questo expolitecnico presenta valori non troppo distanti dalle(e a volte superiori delle) due old universities
analizzate in tutti gli outcomes della ricerca considerati. Come avremo modo di vedere anche più
avanti, la Liverpool John Moores University è in un processo di transizione verso caratteristiche più
tipiche delle old universities, ma è anche vero che nelle interviste è emersa la sua costante attenzione
alla ricerca applicata. Il Direttore della Camera di Commercio di Liverpool sottolinea che sotto questo
aspetto le old universities hanno molto da imparare dagli ex-politecnici.
In realtà, se è vero che gli ex-politecnici puntano maggiormente alla ricerca applicata quindi più vicina
al mondo economico, è anche vero che gli outcomes di ricerca e la loro circolazione tra gli attori
10
Va comunque ricordato che il RAE è un processo in continua evoluzione. Si prevede infatti entro il 2014 l’introduzione
nella valutazione della ricerca di indicatori in grado di misurare le ricadute economiche dell’attività di ricerca. Quindi si
prevede di considerare nel ranking anche l’attività di ricerca applicata e di trasferimento tecnologico.
26
economici dipendono dal supporto che ricevono dalle istituzioni. Per licenze, brevetti e invenzioni si
tratta della presenza o meno di adeguate strutture di commercializzazione (che vedremo fra breve);
mentre pre gli spin-off si tratta della presenza o meno di meccanismi di supporto.
Come si vede dalla tabella 15 il meccanismo di supporto agli spin-off più diffuso nel Regno Unito è la
consulenza da parte delle istituzioni di educazione terziaria, seguono gli incubatori all’interno delle
istituzioni stesse e la localizzazione in parchi scientifici. Questi ultimi però sono sempre gestiti insieme
a partner. Nel Regno Unito i parchi tecnologici sono 77, nella maggior parte dei casi le università
partecipano come membri associati (UKSPA, 2008). Il governo finanzia i Sciences Park dal 1970.
Alcuni sono finanziati interamente dal governo, mentre molti fungono da incubatori di impresa e sono
finanziati non solo dal governo, ma anche da venture capital tra università e imprese. Altri sono invece
creati da privati o da privati e università senza finanziamenti governativi.
Nel North West sono presenti 7 Science Park. L’Università di Manchester è stata fondatrice del
Manchester Science Park (è una venture capital con imprese nazionali e internazionali e tra queste
alcune imprese americane), mente l’Università di Liverpool, la Liverpool John Moores University e il
comune di Liverpool hanno fondato il Liverpool Science Park e le due università sono partner del
Liverpool Innovation Park (entrambi hanno finanziamenti governativi gestiti dalla North West
Development Agency). Tuttavia dalle interviste è emerso che nonostante siano uno strumento utile per
l’incubazione degli spin-off, non sono considerati molto efficaci nel sostenerli nel tempo (troppa enfasi
sullo start-up e poche risorse organizzative e finanziarie per il supporto nel tempo). Nel North West
non c’è una grossa tradizione e propensione, a differenza di quanto avviene in altre regioni (come
nell’area di Cambridge).
L’Università di Manchester è stata uno dei fondatori del Science Park di Manchester. Anche Liverpool ne ha
sviluppato un sp, ed è parte insieme al comune e alla Liverpool John Moores Università , ma nel North West non
stiamo cercando di sviluppare tale brand. Ci sono altre zone dove sono molto più sviluppati, come Cambridge per
esempio. Servono per lo sviluppo delle piccole imprese spin-off. Sono vicino alle università perché spesso sono
proprietarie [George Baxter, North West Development Agency]
Science Parks. Potrebbero essere un buon luogo di incontro, se funzionassero bene. Tutto va bene nello start-up,
ma poi c’è dispersione e poche risorse per supportare la sopravvivenza delle imprese. Il principio è buono, ma non
sono la risposta giusta al trasferimento tecnologico [Jack Stopforth, Camera di Commercio di Liverpool].
27
Tab 11 – Numero di licenze concesse dalle istituzioni di educazione terziaria per regione (2008).
North East
North West
Yorkshire and the Humber
East Midlands
West Midlands
East of England
London
South East
South West
Inghilterra
Scozia
Galles
Irlanda del Nord
UK
A Piccole
medie
imprese
17
46
13
27
35
63
221
219
86
727
55
10
7
Licenze non software concesse
A altre
A Altre (non organizzazioni (non
imprese
–PMI)
commerciali)
imprese
799
3
28
8
11
13
39
155
108
86
451
44
1
71
0
63
0
4
11
50
28
645
138
939
5
1
1
Numero
totale
20
137
21
42
59
152
404
972
310
2.117
104
12
79
567
946
2.312
A Piccole
medie
imprese
1
21
6
0
12
64
68
6
9
187
17
69
1
274
Licenze software concesse
A altre
A Altre (non organizzazioni (non
imprese
–PMI)
commerciali)
imprese
0
6
1
3
3
24
22
2
14
75
21
1
0
0
375
11
16
3
33
27
41
10
516
18
69
0
Numero
totale
1
402
18
19
18
121
117
49
33
778
56
139
1
97
603
974
Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community
Tab 12 – Numero di licenze concesse nelle università considerate (2008).
Liverpool John Moores University
University of liverpool
Manchester Metropolitan University
University of Manchester
UK
A Piccole
medie
imprese
10
1
0
35
799
Licenze non software concesse
A altre
A Altre
organizzazioni
(non imprese
(non –PMI)
commerciali)
imprese
5
9
0
13
0
11
0
50
Numero
totale
15
21
0
98
567
946
2.312
A Piccole
medie
imprese
3
0
0
15
274
Licenze software concesse
A altre
A Altre
organizzazioni
(non imprese
(non –PMI)
commerciali)
imprese
1
0
0
5
0
0
0
22
Numero
totale
4
0
0
42
97
603
974
Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community
28
Tab 13 – Imprese Spin-off con proprietà delle istituzioni di educazione terziaria per regione
(2008)
North East
North West
Yorkshire and the Humber
East Midlands
West Midlands
East of England
London
South East
South West
Inghilterra
Scozia
Galles
Irlanda del Nord
UK
Numero di
imprese attivate
3
25
19
20
5
3
40
22
3
140
23
8
1
172
Numero di imprese
ancora attive che sono
sopravvissute almeno 3
anni
23
70
88
46
37
46
129
82
32
553
117
30
39
739
Stima degli
investimenti esterni
ricevuti (£000s)
2.343
17.226
12.765
17.089
14.693
80.816
292.074
24.452
76.647
538.105
19.799
4.437
38.411
600.752
Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community
Tab 14 – Imprese Spin-off con proprietà delle università considerate (2008)
Numero di imprese ancora
Numero di attive che sono sopravvissute
imprese attivate
almeno 3 anni
11
11
Liverpool John Moores University
3
10
University of liverpool
3
1
Manchester Metropolitan University
7
32
University of Manchester
UK
172
739
Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community
29
Tab 15 – Numero di meccanismi a supporto degli Spin-off per grado di conivoglimento delle istituzioni di educazione terziaria
(HEI). (2008).
Incubatori nelle
Localizzazione in
Formazione
Altri incubatori locali
Venture capital
Consulenza
istituzioni
Science park
all'imprenditorialità
Con
Con
Con
Con
Con
Con
HEI Partner Entrambi HEI Partner Entrambi HEI Partner Entrambi HEI Partner Entrambi HEI Partner Entrambi HEI Partner Entrambi
North East
0
39
0
0
9
0
0
33
0
3
0
0
0
4
0
110
1
1
North West
0
96
3
0
28
0
2
95
0
5
0
0
0
7
1
288
2
2
Yorkshire and the Humber
0
84
1
2
33
2
0
61
0
4
0
0
0
5
0
246
3
3
East Midlands
0
79
0
0
23
0
1
58
0
4
0
0
0
7
0
211
2
2
West Midlands
0
108
2
1
29
0
1
116
1
8
0
0
0
7
0
274
1
1
East of England
0
85
0
0
19
0
1
49
0
4
0
0
0
7
0
170
2
2
London
0
326
4
6
111
2
2
304
3 19
0
1
0
21
0
989
3
3
South East
0
130
3
0
38
0
0
153
0 10
0
0
0
9
0
396
4
4
South West
0
116
3
1
42
0
1
84
1
9
0
0
0
7
0
271
2
2
Inghilterra
0 1.063
16 10
332
4
8
953
5 66
0
1
0
74
1 2.955
20
20
Scozia
0
136
2
1
31
3
1
81
0 13
0
0
0
11
0
57
0
0
Galles
0
79
0
0
33
1
1
100
0
6
0
1
0
7
0
395
2
2
Irlanda del Nord
0
14
0
0
1
0
0
13
0
1
0
0
0
2
0
278
0
0
2
UK
0 1.292
18 11
397
8 10 1.147
5 86
0
0
94
1 3.685
22
22
Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community
30
Questi dati mettono in evidenza un aspetto già denunciato dal Lambert Report del 2003 ossia che le
pratiche di trasferimento tecnologico sarebbero troppo orientate alla creazione di spin-off e poco alla
commercializzazione di brevetti e licenze. In questo senso, come abbiamo visto nel secondo paragrafo,
il governo è intervenuto con finanziamenti per aumentare le capacità di commercializzazione delle
università. E’ utile quindi osservare in che modo si è proceduto alla riorganizzazione dei servizi verso
le imprese e le altre istituzioni esterne alle università.
5. L’Università al “servizio” dei principali stakeholders: servizi alle imprese e
servizi agli studenti
Abbiamo visto nella tabella 2 un forte aumento delle entrate provenienti dall’esterno. La tabella 1611
mostra le entrate relative ai servizi offerti sul mercato pubblico, privato, ma anche internazionale
(approfondimento della colonna 4 della tabella 2). Il peso sul totale del reddito delle varie voci non ha
subito grosse variazioni. Non avendo la possibilità di disaggregare i dati del 2006-07 possiamo però
approssimativamente affermare che i dati relativi alle prime 4 colonne si riferiscono ai servizi offerti
alle imprese, mentre quelli relativi alle altre 3 colonne si riferiscono ai servizi offerti alle istituzioni
locali, nazionali e internazionali. A livello nazionale il tasso di crescita (ultima riga della tabella 16)
delle entrate provenienti dai servizi esterni alle imprese è più elevato rispetto a quello relativo ai servizi
alle istituzioni. Il dato sembrerebbe essere in linea con le aspettative e le linee guida governative
(emanate nei vari Report che si sono susseguiti negli anni come presentato nel paragrafo 2) e relative
alla necessità di una maggiore attenzione e relazione con il mercato. Tuttavia entrando nello specifico
delle Università studiate emergono linee di tendenza che sembrano più legate ai rapporti tra gli attori
che a linee strategiche provenienti dall’alto.
Nella tabella 17 osserviamo le entrate relative ai servizi offerti all’esterno per le università considerate.
Si nota nei tassi di crescita (ultima sezione della tabella) in generale aumento delle entrate sia per i
servizi alle imprese sia per quelli alle istituzioni. In reltà per l’Università di Manchester si nota una
diminuzione per i primi e un aumento per i secondi, anche la percenutale di entrate sul totale di questa
voce di bilancio è maggiore per i secondi. Ciò potrebbe essere il risultato da una parte di una maggiore
attenzione all’internazionalizzazione dei propri servizi, dall’altra sembra crescere il rapporto con le
autorità governative centrali e locali. Come è emerso nelle interviste l’Università di Manchester ha un
ruolo rilevante nella governance delle autorità locali e centrali e da queste viene spesso contattata per
fornire consulenza.
Io mi occupo anche di mantenere strette relazioni con l’ambiente politico comunale e regionale. Siedo nel board
della RDA, anche con il city council. La città vuole partner strategici per progettare lo sviluppo economico della
città. Il ruolo ha un grosso assest strategico perché siamo la più grande università in uk siamo significativi in molte
aree di ricerca [Rod Coombs, Vice-President UMIP, University of Manchester]
Anche per la Liverpool John Moores University il tasso di crescita è più elevato nei servizi alle
istituzioni e il peso maggiore lo hanno probabilmente le istituzioni locali e sanitarie (se osserviamo
quanto accadeva nel 1994-95). In effetti, come abbiamo visto, anche per la ricerca il rapporto con tali
istituzioni è piuttosto consolidato, soprattutto quelle sanitarie. Esiste a questo proposito un’intera
facoltà dedicata alle professioni sanitarie. All’opposto l’Univesità di Liverpool ha un forte tasso di
crescita nei servizi alle imprese (le cui entrate pesano anche di più in termini di percentuale sul totale
delle entrate per questa voce di bilancio).
In sostanza sembra emergere da una parte un rafforzamento delle entrate nei servizi che già in passato
avevano un certo peso. E’ il caso dell’Università di Liverpool che aveva entrate per servizi alle imprese
11
Non sono disponibili per il 2006/2007 i dati disaggregati come per i due anni precedenti.
31
già elevate nel 1994/95 e la Liverpool John Moores University per i servizi alle istituzioni nazionali e
sanitarie. D’altra parte però laddove, come per l’Università di Manchester12, le entrate per i servizi alle
imprese erano in passato preponderanti a scapito di altre voci (rapporti con le istituzioni locali e
internazionali) la strategia sembra essere stata un ampliamento delle fonti di entrata sia a livello
nazionale sia a livello internazionale. Anche la Manchester Metropolitan University sembra aver
puntato ad un maggiore equilibrio delle fonti di entrata per i servizi offerti.
Tab. 16. Entrate finanziarie (in migliaia di sterline) provenienti dai servizi offerti all’esterno. In
parentesi la percentuale sul totale
1994-95
2000-01
2006-07
Tasse per
studenti che
frequentano
uno o più
Servizi
corsi, ma
alle
iscritti in
imprese
altre Teaching (esclusa
istituzioni companies ricerca)
12.594
17.099
87.250
(3,7)
(18,9)
(2,7)
16.637
19.338 125.645
(2,6)
(3,0)
(19,3)
836.332
(63,7)
190,7
Altri
servizi
non di
ricerca
170.708
(37,0)
239.613
(36,7)
Servizi
Servizi a
per
paesi non
governo Servizi
UE
centrale, all'UE (ai
(non ai
autorità governi governi,
locali e
anche esclusa
sanitarie ricerca) ricerca)
Totale
121.148
40.266
12.006
(8,7)
(2,6) 461.071
(26,3)
169.695
54.389
26.945
(26,0)
(8,3)
(4,1) 652.262
477.598
(36,3)
1.313.930
175,4
185,0
var% ('95-'07)
Fonte: Hesa (vari anni)
Definizioni: Teaching companies Schemes: dal 1975 uno schema in parte finanziato dal governo e in parte dalle aziende che
collaborano con le università. Le università supportano l’occupazione di uno o più neo-laureati fornendogli formazione
ulteriore per progetti che svolgerà all’interno delle aziende (tipico delle scienze “pure”); Servizi per governo centrale, ecc:
fondi non relativi a ricerca, ma per servizi di vario genere che non compaiono nelle voci di questa tabella o della tabella 1;
Altri servizi non di ricerca: entrate di vario tipo escluse quelle già menzionate nelle altre colonne.
12
Si ricorda che per il 1994-95 quando si parla di Università di Manchester si parla sia dell’UMIST, sia della Victoria
University
32
Tab. 17. Entrate finanziarie (in migliaia di sterline) provenienti dai servizi offerti all’esterno per
le università considerate. In parentesi la percentuale sul totale
Tasse per
studenti che
frequentano
uno o più
corsi, ma
iscritti in
altre Teaching
istituzioni companies
Servizi
alle
imprese
(esclusa
ricerca)
Altri
servizi
non di
ricerca
Servizi
per
governo
centrale,
autorità
locali e
sanitarie
455
(21,3)
3.066
(46,4)
1.052
(29,1)
4.723
(87,5)
745
(9,4)
831
(38,8)
60
(0,9)
344
(9,5)
0
(0,0)
2.515
(31,8)
841
(39,3)
1.417
(21,5)
1.558
(43,1)
0
(0,0)
2.813
(35,6)
Servizi a
Servizi paesi non
UE
all'UE
(dai
(non ai
governi governi,
anche
esclusa
ricerca) ricerca)
Totale
1994-95
Liverpool John Moores University
University of Liverpool
Manchester Metropolitan University
University of Manchester Institute
of Science & Technology
Victoria University of Manchester
1
(0,0)
175
(2,7)
0
(0,0)
0
(0,0)
530
(6,7)
0
(0,0)
264
(4,0)
2
(0,1)
423
(7,8)
433
(5,5)
11
(0,5)
1.619
(24,5)
575
(15,9)
250
(4,6)
830
(10,5)
0
(0,0)
0
(0,0)
86
(2,4)
0
(0,0)
26
(0,3)
2.139
6.601
3.617
5.396
7.902
2006-07
Liverpool John Moores University
University of Liverpool
Manchester Metropolitan University
University of Manchester
5.079
(49,6)
11.100
(73,1)
2.704
(40,8)
4.133
(42,7)
5.152
(50,4)
4.081
(26,9)
3.930
(59,2)
5.550
(57,3)
10.231
15.181
6.634
9.683
Var %
Liverpool John Moores University
294,6
511,3
378,3
University of Liverpool
211,4
34,4
130,0
Manchester Metropolitan University
93,4
77,1
83,4
University of Manchestera
-55,9
41,6
-27,2
Fonte: Hesa (vari anni)
a. per il calcolo si sono sommati i valori relativa al 1994-95 di UMIST e Victoria University of Manchester.
Definizioni: Teaching companies Schemes: dal 1975 uno schema in parte finanziato dal governo e in parte dalle aziende che
collaborano con le università. Le università supportano l’occupazione di uno o più neo-laureati fornendogli formazione
ulteriore per progetti che svolgerà all’interno delle aziende (tipico delle scienze “pure”); Servizi per governo centrale, ecc:
fondi non relativi a ricerca, ma per servizi di vario genere che non compaiono nelle voci di questa tabella o della tabella 1;
Altri servizi non di ricerca: entrate di vario tipo escluse quelle già menzionate nelle altre colonne.
Per comprendere meglio le strategie generali delle istituzioni risulta utile osservare la spesa delle per i
vari servizi offerti. La tabella 18 mostra l’andamento della spesa per i vari uffici e servizi offerti
(escluse le spese per i dipartimenti).
33
Tab 18 – Spese per servizi accademici, amministrativi e agli studenti per le istituzioni considerate
(’94-95/’06-’07). In parentesi la percentuale sul totale.
Costi
generali
Servizi
legati alla
agli
Servizi
accademici Amministrazione formazione studenti
1994-95
UK
Liverpool John Moores University
University of Liverpool
Manchester Metropolitan University
University of Manchester Institute of Science &
Technology
Victoria University of Manchester
2006-07
UK
Liverpool John Moores University
University of Liverpool
Manchester Metropolitan University
University of Manchester
Totale
626.763
(34,8)
6.451
(31,6)
7.668
(37,3)
7.929
(33,8)
3.626
(31,4)
16.012
(45,5)
796.891
(44,2)
7.540
(36,9)
6.701
(32,6)
13.492
(57,5)
5.487
(47,5)
10.338
(29,4)
205.246 172.078 1.800.978
(11,4)
(9,6)
4.960
1.485
20.436
(24,3)
(7,3)
3.202
2.967
20.538
(15,6)
(14,4)
455
1.596
23.472
(1,9)
(6,8)
1.012
1.415
11.540
(8,8)
(12,3)
5.811
3.051
35.212
(16,5)
(8,7)
1.592.589
(35,1)
14.738
(37,3)
19.639
(35,6)
22.446
(46,6)
39.209
(37,7)
1.744.254
(38,5)
11.969
(30,3)
16.435
(29,8)
9.825
(20,4)
40.669
(39,1)
662.352 533.721 4.532.916
(14,6)
(11,8)
8.626
4.200
39.533
(21,8)
(10,6)
14.397
4.688
55.159
(26,1)
(8,5)
9.186
6.694
48.151
(19,1)
(13,9)
13.262 10.890
104.030
(12,7)
(10,5)
Var %
UK
154,1
118,9
222,7
210,2
151,7
Liverpool John Moores University
128,5
58,7
73,9
182,8
93,4
University of Liverpool
156,1
145,3
349,6
58,0
168,6
Manchester Metropolitan University
183,1
-27,2
1918,9
319,4
105,1
University of Manchestera
99,7
157,0
94,4
143,8
122,5
Fonte: Hesa (vari anni)
a. per il calcolo si sono sommati i valori relativa al 1994-95 di UMIST e Victoria University of Manchester.
Definizioni: Servizi accademici: spese staff e amministrazione per servizi accademici centralizzati come la biblioteca, i
laboratori, uffici per i rapporti internazionali, uffici per i rapporti con l’esterno; Amministrazione: spese amministrative per
lo staff degli uffici centrali, per i direttori delle unità, per i professori (che hanno ruoli istituzionali), i tutors, i presidi e gli
uffici delle facoltà; Costi generali legati alla formazione: borse di studio, premi, ecc.; Servizi per gli studenti: costi per staff
e amministrazione per servizi come il career service, le associazioni per gli studenti, gli accomodation offices, ecc.
Come si vede nei valori tra le parentesi, la quota di spesa più consistente- sia a livello nazionale sia
nelle singole università considerate - è in entrambi gli anni quella per i servizi accademici (vari servizi
come biblioteche, laboratori, ma anche gli uffici per i rapporti con l’esterno) e per l’amministrazione
(costi dello staff dei servizi centrali). Osservando i tassi di crescita vediamo un consistente aumento
della spesa per i servizi e facilitazioni per gli studenti (costi generali legati alla formazione, servizi agli
studenti). Questo sia a livello nazionale sia nelle singole università considerate. Quindi, se nei rapporti
con l’esterno deduciamo dalle diverse entrate diverse strategie legate ai rapporti tra le università e il
contesto in cui operano, negli investimenti osserviamo una strategia univoca e orientata verso gli altri
rilevanti stakeholders delle istituzioni di educazione terziaria: gli studenti.
34
E’ utile a questo punto approfondire il discorso relativo sia ai servizi alle imprese, sia ai servizi agli
studenti per passare poi ad analizzare la riorganizzazione della didattica.
Servizi alle imprese
Come abbiamo visto, le istituzioni universitarie hanno aumentato nel tempo i servizi offerti alle
imprese. Le attività che hanno avuto un’accelerazione sono quelle relative alla commercializzazione
dei prodotti di ricerca. Tali attività vengono svolte dalle istituzioni di educazione terziaria dagli anni
’80 del secolo scorso, ma a partire dai primi interventi governativi degli anni ’90 atti a stimolare il
trasferimento tecnologico, è aumentato il numero di istituzioni che annoverano tale attività nel proprio
organico. La più recente Univesity Commercialisation Survey (Unico, 2005) evidenzia che la maggior
parte delle istituzioni di educazione terziaria ha iniziato l’attività di commercializzazione di prodotti di
ricerca a partire dalla fine degli anni ’90 (periodo in cui il governo ha iniziato a finanziare progetti
relativi a tale attività). Grazie all’Higher Education Innovation Fund, si è registrato un forte aumento
del numero di staff dedicato full-time al rapporto con le imprese, oltre creazione in numerose istituzioni
di uffici dedicati. Si è passati da una media 1- 5 persone nel 2001 a 1-10 persone nel 2005. Il numero
sembra ora essersi stabilizzato su tale media. Il grafico 3 mostra infatti che nel 2007 per i servizi alle
imprese e ad altri enti, gran parte delle istituzioni hanno disposto in media da 1 -10 persone dedicate.
Grafico 3 – Numero di staff full time dedicato ai rapporti con l’esterno (2007).
120
Numero di istituzioni
100
80
60
40
20
0
0
1-10
11-20 21-30 31-40 41-50 51-60 61-70 71-80
80+
Numero di persone occupate full-time
Dedicati ai rapporti con partner commerciali
Dedicati ai rapporti con il settore pubblico
Dedicati ai rapporti con la comunità e i partner socio-culturali
Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community
Nelle università considerate il numero di staff dedicato ai rapporti con l’esterno è piuttosto elevato
come si vede dalla tabella 19. Il numero è maggiore per i rapporti con partner commerciali, anche se
Manchester ha un numero elevato di persone dedicate ai rapporti con la comunità e i partner socio-
35
culturali. Questo in quanto, come abbiamo visto, Manchester gioca un ruolo strategico nella
governance delle autorità locali.
Nelle istituzioni di educazione terziare esistono delle strutture dedicate sia alla commercializzazione
dei prodotti di ricerca, sia alla consulenza organizzativa. Nel Regno Unito le istituzioni non hanno solo
uffici interni alle scuole e dipartimenti, si avvalgono spesso anche di strutture operative apposite - a
volte vere e proprie società con titolarità delle istituzioni (exploitation companies) - che si occupano
della proprietà intellettuale e del trasferimento tecnologico (in alcuni casi fornisconi anche attività di
consulenza manageriale). La maggioranza delle istituzioni di educazione terziaria ha sia uffici interni,
sia società di supporto (HEFCE, 2008).
Tab 19 - Numero di staff full time dedicato ai rapporti con l’esterno nelle università considerate
(2007).
Dedicati ai rapporti
Dedicatei ai rapporti con Dedicati ai rapporti con la
con partner
il settore pubblico
comunità e i parnter
commerciali
socio-culturali
Liverpool John Moores University
44
5
3
University of Liverpool
79
19
15
Manchester Metropolitan University
21
11
7
University of Manchester
38
35
55
Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community
Tra le Università considerate tipico esempio di questo mix di strutture è l’Università di Manchester che
si avvale di una societ chiamata UMIP (di cui è proprietaria) per gestire e garantire la proprietà
intellettuale e il trasferimento tecnologico. Esiste anche una struttura analoga per l’incubazione di
impresa che prende il nome di UMIC (University of Manchester Incubator Company). Si avvale inoltre
di un Business Development Team (nato nel 2004) che opera in stretto contatto con l’UMIP e offre
anche servizi di consulenza. L’UMIP ha uno staff dedicato per ogni facoltà e ogni facoltà ha un
Business Development Manager. Tuttavia l’Università di Manchester è maggiormente orientata alla
commercializzazione dei prodotti e al sostengo alle imprese spin-off e meno alla consulenza come è
emerso anche nelle interviste alle persone che lavorano in queste due strutture. Il Vice-Presidente
dell’Umip ha espresso bene tale tendenza: “Noi non siamo una Business Service Entreprise. Noi siamo
come un’azienda, vendiamo i nostri prodotti” (Rob Coombs).
Anche le altre Università si avvalgono di strutture miste. Presso l’Università di Liverpool è attiva una
struttura operativa apposita dal nome Business gateway che offre supporto al trasferimento tecnologico,
ma si avvale anche di esperti per l’attività di consulenza manageriale. Gli ex-politecnici enfatizzano le
attività di consulenza e di promozione delle attività di ricerca (non trascurando però le attività di
trasferimento tecnologico). Questo in quanto essendo gli ex-politecnici molto orientati alla ricerca
applicata, l’attività di promozione necessaria è relativa ai contratti di ricerca.
Presso la Manchester Metropolitan University esiste un Enterprise Team collegato ad una struttura
indipendente (Research Entreprise Office).
Mentre per la Liverpool John Moores University esite un Business development centre che si occupa
sia di consulenza organizzativa e di promozione delle attività di ricerca, ma svolge anche un ruolo di
coordinamento per le attività di commercializzazione dei prodotti di ricerca. Emblematica a questo
prposito la dichiarazione del direttore della scuola di ingegneria:
Abbiamo legami piutottosto locali con le imprese, le principali sono quelle interessate a utilizzare il Knowledge
Tranfer. Per noi è importante è l’attività più importante che abbiamo con le aziende, le aziende sono interessate ad
utilizzare i nostri skills e anche consulenza [Ian Jenkinson, Direttore School of Engineering, Liverpool John
Moores University].
36
In sostanza come per molti altri aspetti già affrontati il maggiore orientamento delle old universities
alla ricerca pura fa sì che gli uffici dedicati al rapporto con l’esterno puntino molto alla
commercializzazione dei prodotti di ricerca (strategia research oriented); mentre per gli ex-politecnici,
dove l’orientamento è più verso la ricerca applicata e il rapporto con aziende e istituzioni locali, gli
uffici dedicati al rapporto con l’esterno puntano maggiormente ad offrire servizi ad hoc per le imprese
(strategia business oriented).
Servizi agli studenti
Le istituzioni di educazione terziaria hanno nel tempo creato numerose strutture per gli studenti. Si
passa da facilities per trovare soluzioni abitative, alla assegnazione di edifici o parte di essi per le
associazioni studentesche fino a veri e propri servizi di placement.
Per favorire l’ingresso nel mercato del lavoro dei neo-laureati e l’incontro tra domanda e offerta le
istituzioni di educazione terziara del Regno Unito hanno introdotto (alcune a partire dagli anni ’60) un
servizio denominato “Career service”. Nel 2005, su 193 istituzioni 133 risultavano avere tale
servizio13. Le istituzioni che non lo hanno introdotto sono principalmente college specializzati in
discipline mediche ed alcuni specializzati nella formazione artistica e musicale. La ragione della
mancata implementazione è probabilmente legata alla peculiarità di tali settori del mercato del lavoro.
Si tratta infatti di nicchie specifiche per le quali le reti professionali giocano un ruolo predominante
nell’incontro tra domanda e offerta.
Gli ex-politecnici hanno una tradizione meno forte in questo ambito. Probabilmente la natura
vocational della loro formazione rendendo più facile l’accesso al mercato del lavoro ha comportato una
minore urgenza nella creazione di servizi appositi. Dalle interviste ai due ex-politecnici considerati è
emerso che gli investimenti in tali servizi sono abbastanza recenti e tali istituzioni si stanno attrezzando
per creare centri simili a quelli delle old universities. La motivazione principale è data dal fatto che
dopol l’acquisizione dello status di università si è registrato un cospicuo aumento dell’offerta di corsi
non meramente vocational e più simili a quelli offerti dalle old universities. Si è creata quindi la
necessità di sostenere l’ingresso nel mercato del lavoro dei laureati con competenze più generaliste e
meno direttamente professionalizzanti.
In effetti se per la Manchester Metropolitan University il Deputy Vice-Chancellor ha sottolineato che
tra i loro obiettivi strategici vi è anche il potenziamento del career service che attualmente è un piccolo
centro con pochi servizi, nella Liverpool John Moores University hanno istituito dal 2007 il Graduate
Development Centre. Dall’intervista al suo responsabile oltre ad emergere una forte dinamicità negli
strumenti che stanno progettando (WOW- World of Work, sono corsi di orientamento per gli studenti e
action plans on-line), emerge anche un elemento tipico dell’introduzione di nuove strutture nelle
organizzazioni: la legittimazione da parte dei membri e degli utenti. A differenza delle old universities
dove tale servizio è ormai parte integrante della struttura accademica, negli ex-politecnici deve
guadagnarsi il suo spazio in quanto servizio progettato dall’alto e non specificatamente richiesto da
utenti e accademici.
Il centro è nato da poco nel 2007 e abbiamo passato l’anno a creare le linee strategiche e a preparare il network
esterno. Per avere successo il centro deve anche essere legittimato dagli accademici e dagli studenti. Gli accademici
sono spesso restii, pensano che non hanno bisogno di un centro così. Noi diamo solo dei suggerimenti. Il vicechancellor ha reso obbligatorio il dialogo tra noi e le facoltà. È una strategia dell’università. Fa parte delle strategie
di employability. Siamo finanziati dall’università, ma vorremmo essere finanziati da altri. Se il centro riuscirà ad
13
Il dato proviene dal sito www.prospect.ac.uk che viene pubblicato dall’Higher education careers services Unit. Si tratta di
un sito che incorpora a livello nazionale tutte le informazioni relative ai servizi di placement offerti dalle singole istituzioni
e offre informazioni anche per le aziende.
37
attirare molti studenti a diventare una vera recruitment agency possiamo utilizzarlo per fornire servizi alle aziende.
Creando database e facendoci pagare. [Phil Galvin, Direttore del Graduate Development Centre].
Il career service offre servizi che variano da un’istituzione all’altra. E’ però possibile individuare
alcuni servizi mediamente presenti in tutte le istituzioni. I servizi offerti vanno dall’orientamento al
lavoro (con workshop e materiale audiovisivo) fino a colloqui di consulenza individuale. Nel servizio si
prevede anche la possibilità di iscrizione ad un database e la pubblicazione di posti di lavoro disponibili
forniti dalle aziende che si rivolgono all’università per avere nominativi (sostanzialmente in tutti i
Career Service esiste una sezione dedicata alle imprese che possono avere consulenza e accesso al
database). L’aspetto interessante è che molte università danno la possibilità anche a chi ha conseguito il
titolo in un’altra istituzione (anche dopo tre anni dal conseguimento) di ricevere informazioni e, in
alcuni casi, di usufruire dei colloqui di orientamento (e probabilmente anche di rientrare nel loro
database). Per questi soggetti a volte il servizio è a pagamento.
In base a quanto emerso nelle interviste questi servizi sono ormai una tradizione per l’Università di
Manchester e quella di Liverpool che hanno strutture molto ampie anche in termini di staff dedicato (in
media circa 30 persone suddivisi in team operativi). L’evento che entrambi i responsabili hanno citato
come rilevante è il Career Day in cui studenti dell’ultimo anno dei corsi di laurea incontrano le
aziende. Queste ultime pagano un contributo di partecipazione. L’universià di Manchester ha una
buona reputazione in termini di qualità dei laureati, ma il responsabile del career service ha sottolineato
che spesso sono ex-laureati che prendono contatto con lui:
Molto spesso sono le aziende che si rivolgono a noi. Spesso perché alcuni dipendenti vengono dall’unviersità di
Manchester. A volte guardano l’offerta formativa a volte la reputazione accademica. La maggior parte dei nostri
laureati lavora per grandi aziende o piccole società di consulenza [Andrei Withmore, Assistant Director Career
Service, University of Manchester].
Il career day è il momento in cui le attività del career service sono più visibili e partecipate. In genere
dalle interiviste è emerso che gli studenti frequentano abbastanza il servizio per colloqui e consulenze
individuali. Sono però meno propensi a seguire i corsi di orientamento che periodicamente vengono
organizzati.
I career service delle due old unviersities studiati non prevedono in genere tra le loro attività il
monitoraggio degli esiti occupazionali. Entrambi i responsabili intervistati hanno dichiarato che il
monitoraggio avviene tramite la partecipazione alla survey a livello nazionale dall’Higher Education
Statistical Agency.
I dati della tabella 20 provengono proprio da tale survey e mostrano la percentuale di studenti che
hanno trovato lavoro tramite il career service dell’istituzione presso cui si è studiato. La percentuale
non è molto elevata. Anche sommando i valori della prima e della seconda riga (che riporta il dato
relativo all’utilizzo di career service di altre istituzioni) le percentuali sono inferiori rispetto a canali
come i network personali o gli annunci sui giornali. In realtà non si tratta di efficienza o meno dei
career service, ma di una tendenza generalizzata e ampiamente studiata in letteratura che vede i
network personali come il canale più efficace per trovare lavoro. Ciò che però caratterizza il Regno
Unito rispetto ad altri paesi è il ricorso ad agenzie di collocamento (Reyneri, 2005). In effetti la tabella
20 mette in evidenza, almeno per il primo livello di laurea, una percentuale non trascurabile per tale
voce (in Italia per esempio nell’indagine sui laureati 2001 dell’Istat il valore si attestava introno al 2%
sia per le agenzie pubbliche sia per quelle private).
Gli esiti occupazionali dei laureati dipendono da molti fattori. Uno tra questi è certamente il tipo di
offerta formativa delle istituzioni di educazione terziaria. Nel prossimo paragrafo ci concentreremo
proprio sulle modalità di organizzazione e riorganizzazione della didattica concentrando l’attenzione
sul rapporto con l’esterno. Osserveremo poi gli esiti occupazionali che ne sono derivati.
38
Tab 20 – Percentuale di laureati (a tre anni dalla laurea) che hanno trovato lavoro tramite i
seguenti canali.
Primo livello
Career service dell'istituzione in cui si
è studiato
6
Altri Career Service
7
Sito web delle aziende
18
Annunci su giornali e riviste o web
24
Agenzie per il lavoro
17
Aziende in cui già si è lavorato
17
Contatti personali sia familiari ,
amicali e professionali
24
Contatatto direttamente dai datori di
lavoro
10
Tramite Jobcentre
0
lavoratore autonomo
1
Siti internet
1
Altro
4
Totale rispondenti
14.435
Nota: Il totale supera il 100 in quanto si potevano esprimere più opzioni.
Fonte: Hesa (2007).
Secondo Livello
4
5
14
33
8
23
24
9
0
1
0
3
5.425
6. L’offerta formativa come risposta alla domanda degli stakeholders?
Gli obiettivi e i contenuti della didattica hanno sia una componente macro sia una micro. A livello
macro è molto importante considerare quanto ed in che modo il governo centrale è entrato nel processo
di riorganizzazione della didattica.
Il Robbins Report degli anni ’60 poneva l’enfasi sull’aumento del livello di istruzione nella
popolazione in un’ottica di accrescimento dei diritti di cittadinanza. A partire dagli anni ’80 però gli
obiettivi di policy circa i bisogni formativi della società sono cambiati al mutare delle variabili socioeconomiche. Nei primi anni ’80 si assiste ad un trend di crescita economico negativo. La
disoccupazione era ai livelli più alti rispetto ai vent’anni precedenti. D’altra parte però cominciava un
periodo di rapida innovazione tecnologica e di progressivo aumento del settore terziario a scapito del
secondario e del primario.
E’ quindi a partire da questi anni che il contenuto della didattica inizia per il governo ad essere un
elemento fondamentale da una parte per reagire alla crisi, dall’altra per fornire al mondo economico le
risorse umane di cui poteva avere bisogno. Nonostante l’autonomia delle università nel prendere
iniziativa nella didattica, inizia in questi anni un periodo di progressiva influenza del governo centrale
sui contenuti dell’offerta formativa. Rilevanti da questo punto di vista furono anche la nascita del
dipartimento dell’educazione (che cominciò a produrre proposte – white papers – sulle necessità
professionali della società) e il Jarrat Report (1985) tramite il quale si ribadiva la necessità di un
orientamento professionalizzante del sistema formativo (Kogan, Hanney, 2000; Kogan e altri, 2000). Il
primo intervento di un certo peso fu nella prima metà degli anni ’80 l’ ‘Enterprise in Higher Education
Iniziative’ (EHE) tramite il quale venivano finanziate con fondi aggiuntivi le università che inserivano
nei propri programmi materie in grado di trasmettere skills non solo tecnici, ma anche in grado di
preparare al lavoro senza averne avuto un’esperienza diretta (conoscenze del funzionamento
dell’impresa e delle sue esigenze, capacità di comunicare e di agire in gruppo, ecc.). Gli aspetti da
insegnare avrebbero dovuto essere decisi insieme agli imprenditori che avrebbero partecipato al
finanziamento delle iniziative e offerto degli stage agli studenti. 61 istituzioni del sistema di educazione
terziario parteciparono all’iniziativa negli anni e si sperimentarono modelli di didattica innovativi.
39
L’EHE fu un’esperienza di relativo successo e fu precursore dei modelli di valutazione della didattica
che iniziarono a porre degli standard nei contenuti dell’offerta formativa (Henkel e Little, 1999).
All’inizio del nuovi millennio è stato infatti introdotto il National qualifications Framework (NQF) che
ha iniziato a porre l’enfasi sulla definizione degli obiettivi formativi. Il NQF stabilisce per 46 aree
disciplinari le caratteristiche e gli standard degli ‘honours degrees’ tra cui l’obiettivo dei programmi e
le competenze generali che gli studenti dovrebbero ottenere. Nella programmazione dei corsi è
necessario specificare in che modo si intende far apprendere tali competenze e raggiungere tali obiettivi
(i cosiddetti learning outcomes). Inoltre per alcune aree professionali viene indicato di programmare i
corsi e di valutarne i risultati insieme alle associazioni di categoria accademiche e non (per esempio ciò
accade per i programmi di ingegneria).
Come più volte ricordato il governo è intervenuto sull’offerta formativa introducendo il Foundation
degree (come già specificato si colloca prima del primo livello di laurea ed è stato introdotto sono in
Inghilterra dove ha sostituito il National Qualification Diploma). Dura due anni ed ha una natura
‘vocational’ infatti i vari corsi sono stati pensati per essere progettati in partnership con gli
imprenditori. Ciò si pone in linea con l’obiettivo del partito laburista di creare un sistema di life long
learning. Il Foundation degree è considerato infatti da una parte un modo per creare una base di
conoscenza in una disciplina (da qui il termine ‘foundation’) da ampliare poi eventualmente nel primo
livello di laurea; dall’altra vuole essere un modo per chi già lavora di sistematizzare le proprie
conoscenze già acquisite dall’esperienza e ed eventualmente approfondirle o ampliarle. Alcuni
Foundation degree sono forniti dai College of Further education e da molte new universities, mentre la
maggior parte delle old universities non lo ha introdotto:
Il Foundation degree è stato voluto dal Segretario di Stato. E’ stata una creazione dello Stato e le Università sono
state invitate ad applicarlo. La maggior parte delle new universities lo ha fatto, mentre le old per la maggior parte
no. Il governo fa pressione per maggiori corsi vocational, ma è una cosa che fa da vent’anni. [Micheal Shattock,
London Institute of Education];
Il Foundation degree è stato un modo per cercare di introdurre short cycle. L’obiettivo era di sviluppare corsi
insieme agli imprenditori oltre a voler diversificare l’istruzione superiore. Infatti molti corsi sono offerti dai
College of Further education. E’ stato applicato solo in Inghilterra ed ha sostituito il National Qualification
Diploma. In Scozia non c’è il Foundation degree [David Watson, London Institute of Education];
Il Foundation degree è stato un tentative di aumentare l’accesso all’istruzione superiore. In un’ottica di life long
learning. Si è voluto incoraggiare le istituzioni ad inserire corsi più vocational e meno impegnativi. [Nick
Hammond, Higher Education Academy York].
L’introduzione del National qualifications framework e del Foundation degree evidenziano una
tendenza precisa negli obiettivi di governo circa l’offerta formativa. Mentre in precedenza – nel
Robbins Report e nel Dearing Report – si raccomandava alle università di programmare i propri corsi
con rappresentanze della società esterna senza però minare la propria expertise accademica, ora il
rapporto con la società e il mondo economico diventano la vera fonte di expertise e gli accademici
hanno una pressione formale a consultare tale fonte (Barnett e Coate, 2005). Dalle interviste riportate
più sopra, non sembra però che a livello micro tale pratica sia particolarmente diffusa. Non solo ma le
immatricolazioni ai Foundation Degrees sono piuttosto scarse. In effetti la tabella 21 mostra un tasso di
crescita alto nel primo anno dopo la sua attivazione, ma tale tasso decresce con il passare degli anni.
Nel 2006/07 gli immatricolati ai Foundation Degree sono solo il 5,2% degli immatricolati in Inghilterra
ai corsi undergraduate (Hesa, 2008)
Tab 21 – Immatricolati ai Foundantion Degrees in Inghilterra dall’anno della loro attivazione
40
2001-02
2002-03
2003-04
2004-05
2005-06
2006-07
Fonte: Hefce (2007)
tot immatric FD
3.995
8.900
14.945
22.110
26.665
33.930
Var%
122,8
67,9
47,9
20,6
27,2
Tab 22 – Numero di istituzioni che offrono Foundation Degrees dall’anno della loro attivazione
Istituzioni terziarie Pre -‘92 Istituzioni terziarie Post - Further Education College
‘92
N.
%
tot N.
%
tot N.
%
tot
Istituzioni
istituzioni
Istituzioni
istituzioni
Istituzioni
istituzioni
13
26%
37
46%
47
12%
2001-02
13
25%
46
57%
88
22%
2002-03
11
22%
57
71%
160
41%
2003-04
19
38%
64
80%
255
65%
2004-05
Fonte: Hefce (2007)
Altro elemento rilevante riguarda il numero di istituzioni in cui è stato attivato. La tabella 22 conferma
quanto detto più sopra e indicato dai testimoni privilegiati., ossia che solo poche old universities hanno
attivato foundation degrees e che sono prevalentemente i College of Further Education (quindi non
istituzioni di educazione terziaria) ad annoverarli nella loro offerta formativa (e questo in maniera
crescente nel tempo). Tuttavia la tabella evidenzia anche una quota non trascurabile di new universities
che offrono tale tipo di corsi.
Nelle università considerate la Manchester Metropolitan Universities è l’unica istituzione che ha
attivato foundation degrees (ne risultano attivi 13), mentre la Liverpool John Moores University offre
la validazione di 35 foundation degrees che però vengono erogati da College of Further Education.
L’Università di Manchester e quella di Liverpool non ne hanno attivati né ne offrono la validazione.
Questi dati confermano quanto visto più volte ossia la natura di teaching universities degli expolitecnici (nei nostri casi studio più la Manchester Metropolitan che la Liverpool John Moores).
In generale una buona quota di istituzioni di educazione terziaria (in media un centinaio)offre altri corsi
più specificatamente orientati al life long learning: corsi a distanza; corsi specifici offerti nei luoghi di
lavoro; brevi corsi di aggiornamento svolti nelle università; corsi svolti esternamente aperti al pubblico.
Le università da noi considerate offrono tutti questi tipi di corsi. L’Università di Manchester non offre
però corsi nei luoghi di lavoro, mentre la Manchester Metropolitan University non offre corsi aperti al
pubblico (Hefce, 2007). Anche in questo caso la diversa natura della due università evidenzia per la
prima un’attenzione anche alle istituzioni e più in generale alla comunità, mentre per la seconda una
maggiore focalizzazione nei rapporti con le aziende.
Per favorire l’incontro tra esigenze delle aziende e programmazione formativa delle università nel 2001
tra le associazioni di categoria sono stati istituiti i Sector Skills Councils (SSC), enti indipendenti
formati da imprenditori operanti nei principali settori economici. Il loro ruolo è di cercare di
individuare i gap tra la formazione universitaria e le necessità delle aziende (Lambert report, 2003).
Alcune analisi mostrano una discreta collaborazione con i SSC da parte delle università (HEFCE,
2006). Dalle interviste effettuate presso le università considerate, non emerge una grande rilevanza di
questi gruppi nella progettazione della didattica. Il Direttore della Management School dell’Università
di Liverpool ha sottolineato che i SSC hanno più influenza e legame con i Further Education College
41
che con le università. In effetti nelle interviste molti Presidi e Direttori di dipartimento hanno mostrato
una scarsa conoscenza di tali gruppi.
A livello di obiettivi delle singole istituzioni, un primo aspetto da considerare è il fatto che alcune
università sono nate per colmare lacune disciplinari del sistema (si pensi agli obiettivi formativi delle
civic universities), mentre altre si sono inserite inizialmente con una logica di offerta autoreferenziale
che però con il tempo si è trasformata in una stretta relazione con la realtà locale (il caso di Warwick è
emblematico per le università nate negli anni ’60). Legame con la realtà locale che era tipico degli expolitecnici.
Va tuttavia sottolineato che alcune analisi e le interviste hanno messo in evidenza il fatto che dal punto
di vista dell’offerta formativa non esistono più grosse differenze tra new e old universities. Anche gli
ex-politecnici stanno espandendo i loro corsi post-graduate, mentre le old lo stanno facendo con i corsi
undergraduate. Le une si muovono nel terreno tipico delle altre e ciò produce una sorta di
compensazione del sistema. Inoltre alcuni ex-politecnici hanno iniziato ad offrire corsi relativi a
discipline umanistiche (Taylor, 2003).
Prima di entrare nel merito della diversa progettazione della didattica a livello delle singole istituzioni è
rilevante osservare le differenze tra old e new universities che esistevano in passato, e che in una certa
misura ancora esistono, in termini di numero di studenti.
La tabella 23 mostra l’andamento degli iscritti dagli anni ’80 sino al 2006. Un elemento da considerare
è la suddivisione degli studenti tra part-time e full-time prima del 1992. Nei politecnici sono cresciuti
in contemporanea tanto da rappresentare quote piuttosto simili sul totale degli studenti. Nelle università
invece gli studenti part-time sono cresciuti nel tempo, ma preponderanti sono rimasti gli studenti fulltime. Questo non è un dato inaspettato data la diversa natura delle due istituzioni almeno sino alla loro
parificazione. La natura più ‘vocational’ dei politecnici attirava anche studenti che necessitavano di
gestire in modo flessibile il proprio corso di studi (magari anche lavorando), mentre le università
attiravano il tipo di studente ‘tradizionale’ (che nel Regno Unito significa spesso lo studente che, oltre a
frequentare un maggior numero di ore di lezione, vive direttamente nelle università).
42
Tab 23 - Andamento delle immatricolazioni (1979-2006)
Università
Fulltime
113.100
113.505
111.695
108.440
108.425
111.470
115.255
118.345
119.315
125.615
136.940
145.115
160.550
177.285
188.065
Parttime
9.755
10.280
12.205
11.905
12.960
13.525
14.620
15.785
16.515
18.265
20.235
22.830
25.910
29.250
31.915
Tot istituzionia
Politecnici e college
%
PT
7,9
8,3
9,9
9,9
10,7
10,8
11,3
11,8
12,2
12,7
12,9
13,6
13,9
14,2
14,5
Fulltime
99.450
102.125
114.805
119.860
121.665
123.235
126.450
129.905
133.250
136.325
153.035
172.400
218.500
258.900
283.995
Parttime
105.085
114.525
116.745
116.695
122.385
122.025
134.905
146.285
146.295
158.115
163.020
171.130
182.355
190.010
194.570
Fulltime
212.555
215.625
226.495
228.300
230.090
234.705
241.705
248.250
252.565
261.940
289.975
317.520
379.050
436.185
472.060
487.610
489.710
514.630
538.435
535.100
532.995
538.925
564.420
592.935
610.690
612.455
635.955
631.000
%
PartPolitecnici
time
Total
%PT e college
114.840 327.390 35,1
62,5
124.805 340.435 36,7
63,6
128.950 355.445 36,3
65,1
128.595 356.895 36,0
66,3
135.340 365.435 37,0
66,8
135.550 370.255 36,6
66,2
149.525 391.230 38,2
66,8
162.070 410.315 39,5
67,3
162.810 415.375 39,2
67,3
176.385 438.325 40,2
67,2
183.255 473.230 38,7
66,8
193.960 511.480 37,9
67,2
208.270 587.320 35,5
68,3
219.260 655.445 33,5
68,5
226.485 698.550 32,4
68,5
285.070 772.680 36,9
313.575 803.285 39,0
318.255 832.885 38,2
316.775 855.210 37,0
353.250 888.355 39,8
356.125 889.120 40,1
348.640 887.565 39,3
359.430 923.850 38,9
370.815 963.750 38,5
381.005 991.695 38,4
374.260 986.715 37,9
373.720 1.009.675 37,0
371.115 1.002.110 37,0
Total
Total %PT
1979
122.855
204.535 51,4
1980
123.785
216.650 52,9
1981
123.900
231.550 50,4
1982
120.345
236.550 49,3
1983
121.385
244.050 50,1
1984
124.995
245.260 49,8
1985
129.875
261.355 51,6
1986
134.125
276.190 53,0
1987
135.830
279.545 52,3
1988
143.885
294.440 53,7
1989
157.175
316.055 51,6
1990
167.945
343.530 49,8
1991
186.460
400.855 45,5
1992
206.535
448.910 42,3
1993
219.985
478.565 40,7
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
Nota:dati al primo dicembre di ciascun anno accademico
a. dal 1994 fino al 2006 i dati si riferiscono a tutte le istituzioni Higher education per via della fine del sistema binario.
Fonte: Elaborazioni da dati Department for innovation, Universities and skills
43
Tab 24 – Immatricolati Full time al primo livello di laurea e tassi di crescita nelle università
considerate.
Totale immatricolati full-time di
primo livello
1995/1996
UK
Liverpool John Moores University
University of Liverpool
Manchester Metropolitan University
University of Manchestera
Umista
284.399
3.633
2.808
5.990
4.343
1.232
2005/2006
UK
Liverpool John Moores University
University of Liverpool
Manchester Metropolitan University
University of Manchester
333.285
4.335
3.995
7.550
6.015
Var %
17,2
19,3
42,3
26,0
7,9
a. Per il calcolo della variazione percentuale i valori delle due istituzioni sono stati sommati in quanto l’università di
Manchester prima del 2004 era separata dall’Umist (anche se erano strettamente correlate)
Fonte: Hesa (2008); Hefce (1999)
UK
Liverpool John Moores University
University of Liverpool
Manchester Metropolitan University
University of Manchester
Dopo la fine del sistema binario, almeno nelle università da noi considerate, il numero degli studenti
full-time è aumentato con valori non dissimili tra old e new universities. La tabella 24 evidenzia per
entrambi gli anni considerati un numero di immatricolati full time per gli ex-politecnici addirittura
superiore a quello delle old universities (la Liverpool John Moores ha più studenti dell’Università di
Liverpool e la Manchester Metropolitan University ha più studenti in assoluto). I tassi di crescita
mostrano per i due ex-politecnici valori abbastanza elevati (quanto meno superiori alla media UK) e tra
i due il più alto è quello della Manchester Metropolitan University. Questo dato conferma quanto già
più volte sottolineato, ossia che quest’ultima sembra continuare la sua tradizione di teaching university,
mentre la Liverpool John Moores University, anche alla luce di quanto abbiamo voto modo di
osservare nei paragrafi precedenti, pur non distanziandosi diametralmente dalla tradizione di expolitecnico, sembra però identificarsi in meniera meno nitida. Anche in base a quanto emerso nelle
interviste, sembra plausibile pensare che nella convivenza in contesti cittadini di old e new universities,
laddove l’università pre-1992 ha una relativa forza in termini di ricerca come l’Università di
Manchester (non a caso nella tabella è l’istituzione con il minor tasso di crescita degli immatricolati al
primo livello, studenti quindi non incardinati in percorsi di ricerca), si attua una sorta di compensazione
per gli ex-politecnici verso un maggiore peso in termini di numero di studenti. Questo però per il primo
livello di laurea in quanto per i corsi di secondo livello le old universities sono più forti.
Uno dei punti di forza dei corsi di secondo livello è la capacità di attrarre studenti stranieri. La tabella
25 mette infatti in evidenza una forte crescia nel tempo degli stranieri immatricolati a corsi di secondo
livello, la loro percentuale sul totale degli studenti non solo è aumentata nel tempo, ma gli studenti
stranieri presentano un tasso di crescita molto superiore rispetto a quello degli studenti cittadini del
Regno Unito. L’Università di Manchester attrae ogni anno molti stranieri nei corsi post-graduate, nelle
interviste è emerso che all’estero la notorietà di Manchester è legata alla sua università. Emblematici
sono questi due brani di intervista:
44
Se nomini ad uno studente straniero Manchester, la prima cosa che ti dice è la squadra di calcio, ma poi ti parlerà
subito dell’Università [Rod Coombs, Vice-President UMIP, University of Manchester]
Il 22% dei nostri studenti è straniero e viene da Cina, Malesia, Singapore, India. Come career service gestiamo
anche le loro richieste. Non tutti volgiono fermarsi in UK, li aiutiamo per quanto possibile a cercare un lavoro nei
loro paesi [Andrew Withemore, Assistant Director, Career Service, University of Manchester].
Tab 25- Numero di studenti immatricolati al primo anno dei corsi di secondo livello (1979-2006).
Var % studenti
Var% stranieri
Tot UK Tot stranieri Tot postgraduate % stranieri
Var% postgraduate UK
1979
54.540
11.230
65.770
17,1
1989
18.205
102.130
17,8
55,3
53,9
62,1
83.925
1999
185.830
48.435
234.265
20,7
129,4
121,4
166,1
2006
252.905
90.085
342.990
26,3
46,4
36,1
86,0
Nota:dati al primo dicembre di ciascun anno accademico
Fonte: Elaborazioni da dati Department for innovation, Universities and skills
Grafico 4 – Andamento delle immatricolazioni per livello di studio (1979-2006)
800.000
700.000
600.000
500.000
400.000
300.000
19
7
19 9
80
19
8
19 1
8
19 2
19 83
8
19 4
8
19 5
8
19 6
8
19 7
8
19 8
89
19
9
19 0
91
19
19 92
9
19 3
94
19
9
19 5
9
19 6
9
19 7
98
19
9
20 9
00
20
20 01
0
20 2
03
20
0
20 4
05
20
06
200.000
100.000
0
Primo livello
Secondo livello
Nota:dati al primo dicembre di ciascun anno accademico
Fonte: Elaborazioni da dati Department for innovation, Universities and skills
Il grafico 4 mostra una crescita tendenzialmente più lineare degli immatricolati post-graduate rispetto
agli under-graduate (spiegabile dal tendenziale investimento in titoli di studio di livelo superiore per via
dell’inflazione delle credenziali educative). Un dato che non va trascurato nell’analisi delle
immatricolazioni è l’introduzione delle tasse anche per gli studenti undergraduate UK (come visto nel
secondo paragrafo). Dal grafico emerge una chiara flessione nella crescita degli immatricolati
undergraduate nell’anno di introduzione delle tasse (99-00), ma l’effetto è stato effimero (quasi uno
‘shock’ momentaneo) in quanto dall’anno successivo la curva riprende a crescere.
Tornando al rapporto tra università e attori economici, un primo dato da rilevare è la presenza di
percorsi formativi “duali”, ossia formazione accademica e esperienza pratica. C’è una lunga tradizione
di corsi undtergraduate chiamati “sandwich courses”, così etichettati in quanto sono corsi di laurea
normali che prevedono un anno in azienda. In realtà dai dati della tabella 26 e dalle interviste si rileva
una diminuzione dell’attrattività di tali corsi.
45
Ci sono sempre stati corsi disegnati con le imprese. C’è una lunga tradizione di sandwich courses (che prevede un
anno in azienda o in una professione). L’accesso a questi corsi è un po’ diminuito perché gli studenti vogliono corsi
più corti e senza l’anno extra. Non c’è nemmeno un grosso interesse a svilupparli. Non esiste una grande tradizione
di co-progettazione della didattica [David Watson, London Institute of Education];
Ci sono corsi supportati dagli attori economici, non ci mettono i soldi e nemmeno si mettono con gli accademici a
progettarli. Ciò che fanno è offrire una serie di facilities agli studenti e di opportunità di fare stage e esperienze
lavorative [Nick Hammond, Higher Education Academy York].
Tab 26 – Numero di studenti iscritti14 a Sandwich Courses (primo livello).
Totale
Medicina clinica
Farmacia, anatomia, tecnologia medica,
scienze infermieristiche, ecc
Scienze biologiche
Veterinaria
Agraria
Scienze fisiche
Scienze matematiche
Informatica
Ingegneria
Architettura
Studi sociali
Legge
Economia
Comunicazione
Lingue
Storia e filosofia
Arte e design
Educazione
Combined
Fonte: Hesa (1995, 2008)
1994/95
118.229
0
2006/07
112.500
0
Var %
-4,8
0,0
% iscritti
SC su totale
iscritti (9495)
11,9
0,0
4.348
4.987
0
2.443
5.854
2.600
16.777
22.138
9.350
2.761
718
35.303
458
2.249
12
2.856
656
4.719
5.415
6.840
0
2.095
3.875
1.395
16.670
15.420
9.220
3.010
1.890
36.580
1.305
2.835
105
5.650
55
135
24,5
37,2
0,0
-14,2
-33,8
-46,3
-0,6
-30,3
-1,4
9,0
163,2
3,6
184,9
26,1
775,0
97,8
-91,6
-97,1
8,7
10,0
0,0
34,6
11,3
17,2
43,0
24,1
29,7
3,6
1,9
35,2
4,4
3,6
0,0
5,0
1,1
2,5
% iscritti
SC su totale
iscritti (0607)
8,7
0,0
4,7
5,6
0,0
27,9
6,9
5,6
26,2
18,7
26,7
2,4
3,0
22,9
3,8
3,4
0,2
4,7
0,1
0,4
Come si vede dalla tabella il tasso di crescita degli iscrittti ai “sandwich courses” è negativo e lo è
proprio in discipline come ingegneria, informatica, fisica, discipline il cui aspetto pratico è molto
rilevante. Anche il peso degli iscritti “sandwich” sul totale ha subito un calo in tali discipline (pur
rimenendo tra i più alti) rispetto a 10 anni prima. Quindi, se da una parte le università hanno pensato a
strumenti per collegare la formazione accademica con quella on-the-job, i comportamenti degli studenti
hanno preso direzioni opposte non solo in termini di modalità di studio (che approfondiremo più sotto),
ma anche in termini di discipline scelte.
La tabella 27 mostra chiaramente questo andamento. Si rileva un tasso di crescita negativo in materie
come scienze fisiche e ingegneria (più industrial oriented), mentre una forte crescita di iscritti a
comunicazione. Rilevante è anche la crescita di Scienze Biologiche spiegabile grazie al fatto che i
Funding Councils stanziano da qualche anno fondi per aumentare l’attrattività degli studenti per le
scienze naturali. Le università hanno avuto molte difficoltà nell’adattarsi a i comportamenti di scelta
14
I dati disponibili si riferiscono agli iscritti e non agli immatricolati al primo anno (non è disponibile tale livello di
dettaglio). Inoltre non sono disponibili dati disaggregati per istituzione.
46
degli studenti. Alcune di esse hanno aggiunto discipline che in precedenza non offrivano seguendo
quindi le tendenze della domanda (Watson, 2006).
Tab 27 – Immatricolati al primo livello di laurea per disciplina (percentuale sul totale degli
immatricolati nel 1994-95, nel 2006-07 e tasso di crescita)
Medicina clinica
Farmacia, tecnologia medica, scienze infermieristiche, ecc
Scienze biologiche
Veterinaria
Agraria
Scienze fisiche
Scienze matematiche
Informatica
Ingegneria
Architettura
Studi sociali
Giurisprudenza
Economia
Comunicazione
Lingue
Storia e filosofia
Arte e design
Educazione
Combined
Totale
06/07
94/95
%su totale
%su totale
immatricolati immatricolati
1,8
2,2
5,7
9,0
5,4
9,8
0,1
0,2
0,7
0,6
5,4
4,2
1,5
1,9
4,2
4,8
9,9
6,2
3,0
2,7
7,9
9,8
3,9
4,8
10,6
13,5
1,2
2,9
5,7
6,1
3,2
4,8
6,3
9,8
5,2
4,1
18,4
2,5
100,0
100,0
Var. %
48,9
96,0
127,0
81,5
3,0
-2,6
56,3
43,9
-21,2
12,3
56,5
54,7
60,0
207,4
34,0
85,6
95,8
0,7
-82,6
25,1
Fonte: Hesa (vari anni)
Il tentativo di avvicinarsi sempre più alle esigenze dello ‘studente-cliente’ si riflette anche nelle
modalità di erogazione della didattica. Il Grafico 5 mostra le percentuali di studenti full-time e parttime per livello di studio. I dati suggeriscono che gli undergraduate tendono ad iscriversi con
percentuali maggiori a corsi full-time, mentre per i post-graduate non si osservano differenze
percentuali così nette. Si può comunque affermare che lo studente “tradizionale” tende a prevalere,
anche se, negli ultimi anni, si nota una tendenza all’aumento delle immatricolazioni part-time per gli
undergraduate e full time per i post-graduate. Da una parte quindi una domanda crescente di corsi più
gestibili in termini di tempo per gli undergraduate, dall’altra un maggior investimento di tempo per i
corsi più professionalizzanti, quali i post-graduate.
47
Grafico 5. Percentuale studenti immatricolati a corsi di laurea di primo livello per modalità di
studio sul totale degli studenti (post-parificazione).
80
70
60
50
40
30
20
10
0
7
1
4
5
8
2
5
0
6
9
3
6
-9
-0
-0
-9
-9
-0
-0
-0
-9
-9
-0
-0
6
0
3
4
7
9
1
4
5
8
2
5
9
0
0
9
9
9
9
9
0
0
0
0
19
19
19
19
19
19
20
20
20
20
20
20
Full time %
Part time %
Fonte:Hesa (vari anni)
Grafico 6. Percentuale studenti immatricolati a corsi di secondo livello per modalità di studio sul
totale degli studenti (post-parificazione).
19
94
-9
5
19
95
-9
6
19
96
-9
7
19
97
-9
8
19
98
-9
9
19
99
-0
0
20
00
-0
1
20
01
-0
2
20
02
-0
3
20
03
-0
4
20
04
-0
5
20
05
-0
6
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Full time%
Part time %
Fonte:Hesa (vari anni)
A partire dagli anni ’90 - a parte le ancient universities (Oxford e Cambridge) che continuano a
mantenere una forma tradizionale di didattica – si assiste ad un progressivo diffondersi di forme
flessibili, ovvero corsi modulari (su due semestri in genere) inter-dipartimentali, ma probabilmente
anche inter-ateneo.
Come si vede nella tabella 27 le istituzioni offrono corsi denominati “Combined”, ossia corsi
multidisciplinari. La loro attrattività è diminuita negli ultimi 10 anni (la tabella 27 mostra un tasso di
crescita fortemente negativo) e la loro quota – la più alta nel ’94/’95 - sul totale degli studenti è tra le
più basse. Gli studenti sembrano quindi orientarsi verso discipline specifiche (umanistiche in
particolare).
48
Nelle università di Liverpool e Manchester esistono delle e vere e proprie scuole che si occupano di
gestire i corsi combined e la loro istituzione risale agli anni ’60, periodo in cui si è iniziato a cercare di
flessbilizzare i percorsi didattici.
Ogni corso di laurea ha in genere un insieme prefissato di corsi modulari da seguire, con una parte di
essi che possono essere scelti durante il corso di studi. Ogni università decide il numero di ore di studio
richiesto per ogni soggetto, le materie ‘scientifiche’ hanno più ore dedicate alla didattica, mentre altre
hanno più ore stabilite per lo studio privato. Molte università utilizzano un sistema di crediti (Credit
accumulation and transfer schemes, CATs) che aiuta gli studenti a creare un proprio programma di
studio e si possono accumulare crediti da esperienze di studio e di lavoro precedenti. Non è però un
sistema di crediti nazionale ed uniforme, si formano al massimo consorzi locali tra alcune università
per applicare un sistema di crediti comuni. (Kogan, Hanney, 2000; Kogan e altri, 2000; Cheps, 2003,
Eurodice).
Il sistema modulare e dei crediti nel Regno Unito non è nuovo. La prima diffusione risale agli anni ’60
con l’idea di eliminare la rigidità disciplinare e avviare un sistema maggiormente interdisciplinare.
Queste modalità sono state applicate a partire dagli anni ’60 dall’Università di Londra e da molte ‘plate
glass universities’, così come erano già in uso nei politecnici. La più ampia diffusione nelle università
si è però avuta a partire dagli anni ’80 e ’90 (Trowler,1998).
Le ricerche effettuate sulla diffusione delle forme modulari mostrano che nel 1993 almeno il 65% delle
università aveva adottato - o pianificato di adottare - una struttura a due semestri, ossia una divisione
dell’anno accademico in due parti uguali (invece che tre come in precedenza) della durata di 12 o 14
settimane. Il 70% delle università autorizzava crediti per esperienze formative comprese quelle
direttamente sui luoghi lavoro. Circa l’80% delle università aveva introdotto o pianificato di introdurre
il sistema di crediti (CAT). Il sistema dei moduli e dei crediti ha portato dunque ad un mutamento nelle
discipline studiate nei vali livelli di laurea: iniziano a diffondersi i ‘combined degree’ in cui si
combinano due o più discipline (nel 1994 il 40,3% degli studenti frequentava un ‘combined degree’ la
maggioranza di loro iscritti alla Open University15) (Fulton, 1991; Robertson, 1994).
Nonostante il successo avuto da queste nuove forme di erogazione della didattica, la comunità
accademica non ha vissuto positivamente la modularizzazione dei loro corsi. Tale mutamento è stato
visto in molti casi più come una razionalizzazione amministrativa che una riprogrammazione basata
sull’epistemologia dell’acquisizione di conoscenza. La reazione è stata in alcuni casi di estrema
resistenza (come nelle ancient); in altri casi i moduli sono stati introdotti, ma ora si sta ripensando di
ritornare al passato; in altri casi ancora si è mantenuto di fatto il corso della durata di un anno, ma
suddividendolo in due o tre moduli più corti (Barnett e Coate, 2005). La modularizzazione viene spesso
considerata un modo per ridurre il peso didattico di una disciplina e pertanto una riduzione della
possibilità di apprendimento e approfondimento di una materia. (Charlton e Andras, 2003).
Anche nelle interviste è emersa questa visione pessimistica (del resto tutti gli intervistati sono
accademici):
C’è un forte pericolo nella modularizzazione. Le materie diventano troppo semplici e le università perdono il
controllo della gestione dei corsi. Lasciare troppa libertà agli studenti e la libera scelta dei loro curricula non è un
bene in termini formativi. [David Watson, London Institute of Education];
Certamente gli studenti sono più liberi di gestirsi i propri corsi e possono anche svolgere corsi in altre istituzioni.
La comunità accademica non vede molto di buon occhio la modularizzazione. E’ un tentativo di fare come negli
USA, ma il rischio è di aumentare la burocrazia e diminuire la profondità degli insegnamenti. [Peter Scott, ViceChancellor della Kingston University of London].
15
L’università con didattica a distanza.
49
Se risulta chiara la tendenza all’adattamento delle istituzioni alla domanda degli studenti, più nebulosa
o complessa è quella relativa all’adattamento alle esigenze delle imprese.
I dati raccolti dai Funding Councils (2008) nella già più volte citata survey sull’interazione tra
università e mondo economico offrono un primo quadro di tale situazione. Alla domanda “Con quale
misura gli imprenditori sono attivamente coinvolti nello sviluppo dei contenuti e nella revisione dei
curricula”, la maggior parte delle istituzioni intervistate ha risposto che si tratta di una via di mezzo tra
“una consultazione degli imprenditori e altri enti circa la natura dei corsi, ma limitata ai corsi più
professionalizzanti” e “tutti i dipartimenti consultano regolarmente gli imprenditori e altre associazioni
circa il curriculum, quando si ritiene necessario. In particolare per aumentare l’employability”. Quasi
nessuna istituzione ha risposto che gli imprenditori non vengono consultati, ma è anche vero che una
risposta del genere, al di là delle possibili critiche sul disegno della ricerca di tale survey, evidenzia che
si tratta di dinamiche non riconducibili ad una tendenza generale delle istituzioni, bensì diverse da
dipartimento a dipartimento e da disciplina a disciplina.
Sempre nella stessa survey le università considerate in questo studio hanno risposto quasi tutte come
appena riportato, tranne la Manchester Metropolitan University che invece ha privilegiato la prima
opzione (altro elemento che ribadisce la ancora presente vicinanza al modello classico degli expolitecnici).
I processi tramite i quali gli attori economici vengono consultati non sono necessariamente diversi tra
ex-politecnici e old universities. Negli approfondimenti effettuati tramite interviste ai Direttori di
dipartimenti, scuole e ai Presidi di facoltà emergono alcune tendenze (non mutualmente esclusive):
1. Per alcune discipline è previsto un accreditamento dei curricula da parte dei cosiddetti
Professional Bodies. E’ un processo obbligatorio e consiste nella valutazione dei programmi
che se non accreditati non consentono l’accesso alla professione;
2. In alcune facoltà sono stati istituiti degli Advisory Groups che vengono consultati in sede di
creazione di nuovi curricula o di revisione, In questo caso si notano alcune differenze tra
discipline
3. Anche i network individuali tra accademici e attori economici contribuiscono a rilevare le
esigenze delle imprese. Sembrano esserci differenze tra discipline. Questi network però portano
più spesso ad interventi nei corsi (singole lezioni ed esercitazioni) che alla creazione di corsi ad
hoc.
4. Relazioni interne, ossia i rapporti con i career service che offrono consulenza tramite career
advisors. Sono in progettazione negli ex-politecnici considerati, mentre sono parte dello staff
nelle old universities. La loro attività però non sembra concentrarsi molto nella progettazione
dei corsi, quanto fornire moduli di orientamento per gli studenti.
I Professional bodies
Si tratta di associazioni professionali o società istituite tramite Royal Charter a supporto di specifiche
professioni. Molte associazioni offrono accreditamenti per diventare membri che è in genere un
requisito per svolgere certe professioni. Nel Regno Unito sono associazioni professionali 90 hanno
ottenuto il Royal Charter.
Durante le interviste è emersa la rilevanza di tali associazioni nel determinare i curricula. Questi
vengono progettati nelle varie scuole o dipartimenti e vengono sottoposti alle associazioni. Queste
forniscono poi l’accreditamento o meno dei programmi. Dalle interviste è emersa la loro rilevanza
prevelntemente nelle business schools (sia per i corsi di finanza, sia per quelli di contabilità), nelle
facoltà di ingegneria e architettura e nelle facoltà in cui è presente legge (spesso nel Regno Unito è
inserita nelle facoltà denominate humanities). I Presidi e Direttori di Dipartimento di tali discipline
hanno citato in prima istanza il vincolo con i professional bodies, non solo a riguardo dell’intervento
esterno nella preparazione e revisione dei curricula, ma come prassi obbligatoria per i corsi di primo
50
livello. A questo proposito è emblematica la dichiarazione dell’associate dean della facoltà di
ingegneria dell’Università di Manchester:
I nostri corsi di primo livello sono poco influenzati dall’industria, quanto dai professional bodies. Frequentare un
corso accreditato dai professional bodies rappresenta una qualifica in più per le imprese. Il post-laurea ha invece
un’interazione molto diversa, c’è una collaborazione one-to one. Qui veramente si muove sulla base della
collaborazione con le aziende che parte dalla ricerca [Helen Gleeson, Associate Dean Faculty of Engineering,
University of Manchester].
Gli Advisory Groups
Dalle interviste è emerso che le facoltà e le scuole hanno creato dei gruppi di imprenditori e attori
operanti nel settore pubblico che periodicamente (in media una volta all’anno) si incontrano per
discutere sulle esigenze e problematiche reciproche. In sostanza tutti gli intervistati hanno citato tale
momento per l’incontro con imprese e istituzioni. Ogni Dipartimento (il luogo reale in cui viene
progettata la didattica) ha un teaching team che si occupa di progettare e cambiare i curricula. In fase
di preparazione e revisione dei curricula il teaching team consulta i vari advisiory groups se si tratta di
corsi di nuova istituzione. Non si tratta quindi di incontri operativi, ma di reciproco scambio di idee.
Nelle discipline più vicine all’industria, come ingegneria, si sottolinea la scarsa rilevanza di tali gruppi
in termini di interazione con le imprese. La collaborazione di ricerca sembra più importante per
comprendere quali elementi trasformare in didattica:
Il dipartimento ha un industrial advisory board, c’è un incontro all’anno in cui ci presentiamo le reciproche
iniziative. Poi ci sono meeting più individuali nelle discipline. E’ un mutual agreement. Ma ciò che insegnamo nei
corsi è influenzato dalla ricerca. Noi andiamo molto bene in ricerca (molto alta nel RAE) e quindi abbiamo una
buona collaborazione con le aziende. Abbiamo partners sia nazionali sia internazionali. [Gareth Padfield, Direttore
Department of Engineering, University of Liverpool]
Incontriamo l’advisory group una volta all’anno. Ma i legami più importanti sono quelli di ricerca. Abbiamo molti
legami con le imprese locali, piccole-medie dimensioni prevalentemente [Ian Kenkinson, Direttore School of
Engineering, Liverpool John Moores University]
I network individuali
Nelle interviste si è anche sottolineato il fatto che spesso ad influenzare la progettazione di un corso
contano i network individuali tra attori economici e accademici. Questo prevalentemente nei corsi di
secondo livello. Il legame diretto tra gli accademici e aziende e istituzioni fa si che alcune tesi di
dottorato siano orientate a tematiche specifiche, ma non sembra emergere un investimento in termini
economici per borse di studio da parte degli attori esterni (tranne in casi sporadici nelle materie delle
scienze dure). Anche gli interventi in aula da parte di esperti sembrano sporadici e non sempre
sistematici, tranne per materie che prevedono esercitazioni in laboratorio per le quali nelle interviste è
emersa la tendenza alla contrattualizzazione di esercitatori provenienti dalle aziende.
La situazione è invece molto diversa nelle business school. Dalle interviste è emerso che gli interventi
in aula sono più sistematici, non solo, ma molti ex-dirigenti aziendali fanno parte dell’organico
accademico. Anche i direttori provengono spesso dal mondo economico, come per esempio il Direttore
della Management School dell’Università di Liverpool.
I network individuali non sembrano produrre veri e propri corsi nei due livelli di laurea. Sono più
orientati al life long learning. Nelle interviste mi è stato citato un solo corso di primo livello presso la
Manchester Metropolitan University creato e finanziato con la partnership di una grande azienda di
distribuzione (TESCO).
51
Relazioni interne
Infine nelle interviste ai responsabili dei career service è emerso che tale struttura offre consulenza ai
dipartimenti e alle scuole nella progettazione e revisione dei curricula. Si tratta di career advisors che
però forniscono consulenza più agli studenti (tramite moduli inseriti nei corsi) che ai teaching team.
Direttori di scuole e dipartimenti non li hanno citati come parte integrante della progettazione dei
curricula.
In sostanza la progettazione della didattica sembra ancora fortemente a base accademica: L’influenza
esterna segue alcune traiettorie. La prima è obbligatoria per alcune discipline, ma poco flessibile ai
mutamenti (l’accreditamento dei professional bodies). La seconda è più una prassi formale che un
effettivo intervento operativo (gli incontri con gli advisory groups). Questa traiettoria ha un grosso
potenziale, ma il processo è troppo frammentario e diversificato per poter pensare ad un effettivo
intervento degli attori economici nei curricula. La terza è ancora più frammentaria, ma può essere più
efficace della seconda nel far entrare le reali esigenze delle imprese (i network individuali). La terza è
troppo autoreferenziale (relazioni con il career service).
In queste traiettorie, simili tra gli ex-politecnici e le old univesities considerate, vi sono però delle
varianti di base a seconda del tipo di istituzione. Il Direttore della Camera di Commercio di Liverpool
ha sottolineato che gli ex-politecnici sono più permeabili delle old universities, anche se queste ultime
si stanno progressivamente aprendo all’esterno:
Con la Liverpool John Moores la Camera di Commercio ha forti relazioni, sia didattica, sia relazioni pratiche. E’
più orientata alla sua posizione nell’economia locale. Ma anche la Liverpool sta aumentando il suo rapporto con
noi. Soprattutto la business school. La prima ha più esperienza nel rapporto con le aziende, mentre la seconda fa
più fatica. Con la LJMU ci sono relazioni formalizzate. Nell’altra solo personal networks [Jack Stopforth, Direttore
Camera di Commercio di Liverpool].
Gli outcomes della didattica
Come l’attività di ricerca, anche la didattica ha i suoi risvolti socio-economici. Due in particolare. Da
una parte le istituzioni di educazione terziaria contribuiscono al livello di scolarizzazione nella società e
quindi risulta rilevante osservare il grado di apertura a tutte le classi sociali e i tassi di abbandono.
Dall’altra i sistemi universitari formano soggetti che si immettono poi sul mercato del lavoro, le
istituzioni hanno quindi un ruolo non trascurabile nell’occupabilità degli studenti anche in base a
quanto appena descritto circa la progettazione della didattica. Risulta quindi importante analizzare i
principali esiti occupazionali del sistema universitario del Regno Unito.
Per quanto riguarda il primo outcome, come abbiamo visto nel secondo paragrafo, nel 2004 il governo
laboursta ha introdotto alcune riforme per garantire un più eguale accesso delle varie classi sociali.
Attualmente il sistema universitario nel Regno Unito è però ancora caratterizzato da una forte sottorappresentazione delle classi sociali più basse. All’inizio degli anni ’90 la popolazione era formata per
il 50% da soggetti appartenenti alle classi inferiori e solo il 25% degli accessi in università era formato
da studenti con tale origine sociale. I dati più recenti e relativi al 2006/07 evidenziano un leggero
miglioramento degli accessi degli studenti provenienti dalle classi meno abbienti. Il dato nazionale è il
29,8% sul totale degli accessi. Vi sono però forti differenze tra old e new universities. Nelle università
da noi considerate, nei due ex politecnici la percentuale di studenti provenienti dalle classi più basse è
del 40,4% alla Liverpool John Moores University e del 35,7% alla Manchester Metropolitan Univesity
(per via della loro natura o tradizione maggiormente vocational e probabilmente per via del fatto che le
tasse sono inferiori rispetto ad università più prestigiose). Mentre i valori riscontrati nelle due old
52
universities sono al di sotto della percentuale nazionale: 24,7% Liverpool e 21,3% Manchester (Hesa,
2008).
Alcuni studi hanno dimostrato che è proprio tra gli studenti provenienti dalle classi meno abbienti che
si risconta la più alta la propensione all’abbandono (Yorke e Longden, 2004).
Circa i tassi di abbandono (chi è uscito dal sistema universitario) la tabella 28 mostra valori piuttosto
contenuti e diminuiti di circa 2 punti percentuali in 10 anni, sia livello nazionale sia nelle due old
universities considerate, mentre per i due ex-politecnici i valori non sono mutati nel tempo e son più
alti di quelli delle Università di Manchester e Liverpool. Questo anche se disaggreghiamo per età.
A livelo nazionale gli studenti più adulti hanno un tasso di abbandono doppio rispetto a quelli più
giovani (anche se leggermente diminuito in 10 anni). In realtà negli ex-politecnici le differenze non
sono così marcate (e non lo erano nemmeno 10 anni prima), i tassi di abbandono tra giovani e adulti
sono abbastanza vicini.
Questi dati mostrano che se è vero che il sistema universitario del Regno Unito è ancora piuttosto
stratificato, è anche vero che presenta una buona capacità di tenure degli studenti, quanto meno gli
studenti appena usciti dal sistema di istruzione secondario. Per le università considerate le difficoltà
maggiori si rilevano per gli ex-politecnici dove vi è maggiore eterogeneità nella provenienza socioculturale degli studenti (coma abbiamo visto più sopra). Abbandonare gli studi è spesso necessario per
chi ha scarse risorse economiche o chi non è supportato da reti sociali e familiari per cui l’istruzione è
ritenuta un elemento importante.
Tuttavia, tradizionalmente chi si iscriveva ad un Politecnico lo faceva per via della sua natura più
vocational e quindi maggiormente legata al mercato del lavoro. In realtà la tabella 29 mostra che a sei
mesi dal conseguimento del primo livello di laurea, le percentuali maggiori di chi è in cerca di lavoro
sono tra i laureati dei due ex-politecnici considerati. Per il secondo livello invece (vedi tabella 30) la
situazione è rovesciata: i due ex-politecnici hanno tassi di laureati in cerca di lavoro inferiori alle due
old universities. Il dato è spiegabile dal fatto che chi tra i laureati di primo livello continua a studiare si
iscrive prevalentemente a taught degrees (che comprendono i professional doctorates), diplomi e
certificati post-graduate, ossia percorsi più professionalizzanti. Anche osservando il tasso di
occupazione vediamo che le differenze più marcate tra ex-politecnici e old universities si registrano nel
secondo livello di laurea: il tasso di occupazione per i laureati di secondo livello è nettamente più
elevato per i due ex-politecnici.
Osservando quindi i dati delle università considerate sembra che per gli ex-politenci sia ormai il
secondo livello ad essere più interconnesso al mercato del lavoro rispetto al primo livello. E’ a questo
livello che i percorsi si differenziano veramente. Si nota infatti per l’Università di Liverpool, ma
soprattutto per l’Università di Manchester, la maggiore propensione da parte di chi continua a studiare
dopo la laurea ad iscriveri a percorsi di studio basati sulla ricerca. Ciò anche perché, come abbiamo
visto, i pecorsi di ricerca nei due ex-politecnici considerati sono ancora poco sviluppati.
Per concludere il quadro sugli outcomes della didattica è utile osservare la situazione occupazionale dei
laureati disaggregata per disciplina16 (vedi tabella 31). L’aspetto più interessante che emerge da questa
tabella è che se osserviamo i dati sul numero dei laureati al primo livello per disciplina (tabella 32)17
notiamo che per discipline come scienze fisiche, ingegneria, informatica il cui il tasso di crescita dei
laureati è negativo, la tabella 31 mostra una relativamente alta percentuale di coloro che sono in cerca
di lavoro a 6 mesi dal conseguimento del titolo (informatica ha la percentuale più alta tra tutte le
discipline). Così come per i laureati in comunicazione per i quali la tabella 32 mostra una forte crescita
che però è collegata ad una alta percentuale di persone in cerca di lavoro (il 7,7%). Il sistema
16
La survey Hesa dalla quale abbiamo tratto i dati non fornisce il dato per le singole istitituzioni.
E’ importante ricordare che la tabella 32 si basa su dati amministrativi, mentre la tabella 31 si basa su un’indagine
campionaria.
17
53
universitario del Regno Unito presenta quindi per il primo livello di laurea qualche elemento di
mismatch tra domanda e offerta. Da una parte notiamo la forte crescita dei laureati in comunicazione
che però presentano non trascurabili percentuali di persone in cerca di lavoro a sei mesi dalla laurea.
Dall’altra, nonostante la diminuzione dei laureati in alcune discipline come ingegneria e informatica,
questi rimangono in cerca di lavoro percentualmente in misura maggiore rispetto ad altre discipline.
Tale mismatch è però riscontrabile solo se consideriamo il il tasso di disoccuapazione a sei mesi dalla
laurea. Se consideriamo al contrario il tasso di occupazione, la tabella 31 evidenzia che nelle discipline
appena menzionate il tasso di occupazione è intorno al 70%. Il mercato del lavoro nel Regno Unito è
quindi sostanzialmente in grado di assorbire i neo-laureati di primo livello anche se per alcune
discipline la ricerca di lavoro risulta un po’ più difficoltosa (dovuta probabilmente ad una più o meno
marcata saturazione dei settori relativi).
Diversa è invece la situazione per il secondo livello di laurea, notiamo che da una parte la tabella 32
riporta tassi di crescita tutti positivi (tranne per i combined courses) e nella tabella 31 percentuali di
laureati in cerca di lavoro molto più basse rispetto al primo livello. Ciò e probabilmente dovuto a due
aspetti collegati fra loro. Il primo aspetto è la natura più professionalizzante dei corsi di secondo
livello: non solo i taught master, ma molte discipline hanno anche professional doctorates che offrono
una formazione di ricerca più orientata alla ricerca applicata e spendibile sul mercato non accademico.
D’altra parte, il secondo aspetto riguarda l’inflazione delle credenziali educative - tendenza
generalizzata e non certo presente solo nel Regno Unito - per cui chi si immette sul mercato con un
titolo di livello superiore tende ad avere più chances di chi si ferma al primo livello.
54
Tab. 28 - Situazione degli immatricolati dopo un anno dall'ingresso
Immatricolati
2005/2006
UK
Liverpool John Moores
University
University of Liverpool
Manchester
Metropolitan University
University of
Manchester
Immatricoltati
1995/1996
UK
Liverpool John Moores
University
University of Liverpool
Manchester
Metropolitan University
University of
Manchestera
Umista
Immatricolati con età inferiore a 21 anni
Totale
immatricol
ati full% di chi si
time di
è trasferito % di chi è
primo % di chi ha in un'altra
uscito dal
sistema
livello continuato istituzione
261.205
90,2
2,7
7,1
Immatricolati con età superiore a 21 anni
Totale
immatricol
ati full% di chi si
time di
è trasferito % di chi è
primo % di chi ha in un'altra
uscito dal
livello continuato istituzione
sistema
72.020
83,3
2,4
14,3
Totale immatricolati
Totale
immatricol
ati full% di chi si % di chi
time di
è trasferito è uscito
primo % di chi ha in un'altra
dal
livello continuato istituzione sistema
333.285
88,7
2,6
8,6
3.525
3.495
86,4
93,4
2,9
2,4
10,8
4,2
810
505
85,0
89,1
1,5
2,0
13,5
8,9
4.335
3.995
86,1
92,8
2,6
2,3
11,3
4,8
6.020
86,0
3,7
10,3
1.530
81,7
4,0
14,2
7.550
85,1
3,8
11,1
5.515
93,1
2,8
4,1
500
87,2
2,0
10,8
6.015
92,6
2,7
4,7
202.494
89,0
3,0
8,0
81.905
82,0
2,0
15,0
284.399
87,0
3,0
10,0
2.395
2.407
87,0
92,0
4,0
3,0
9,0
5,0
1.238
401
83,0
88,0
2,0
2,0
14,0
10,0
3.633
2.808
86,0
92,0
3,0
3,0
11,0
6,0
4.025
85,0
4,0
11,0
1.965
84,0
2,0
15,0
5.990
84,0
4,0
12,0
3.890
1.090
91,0
88,0
4,0
6,0
5,0
6,0
453
142
85,0
81,0
4,0
6,0
11,0
13,0
4.343
1.232
90,0
87,0
4,0
6,0
7,0
6,0
a. L’università di Manchester prima del 2004 era separata dall’Umist
Fonte: Hesa (2008); Hefce (1999)
55
Tab 29 – Situazione occupazionale dei laureati di primo livello18 a sei mesi dalla laurea
conseguita nell’anno accademico 2006/2007
Attività svolta a 6 mesi
dall'ottenimento del titolo
N. di coloro la cui destinazione è
nota
Lavora full-time retribuito
(inclusi i lavoratori autonomi) %
Lavora part-time retribuito %
Lavora nel volontariato non
retribuito %
Lavora e studia %
Studia ancora senza lavorare %
In cerca di lavoro %
Non in cerca di lavoro %
Altro %
Tra chi studia ancora (incluso
chi lavora e studia):
Totale
Un titolo più elevato (tra i
research degrees) %
Un titolo più elevato (tra i taught
degrees) %
Diploma o certificato
Postgraduate %
Laurea di primo livello triennale
Altri dipolimi o certificati
Qualifica professionale
altro
Fonte: Hesa (2008)
18
Liverpool
John Moores
University
UK
The
University of
Liverpool
The
Manchester
Metropolitan
University
The
University of
Manchester
211.195
2.640
2.700
3.785
3.880
55,4
7,8
59,8
11,2
58,3
5,0
56,5
7,5
57,2
4,0
1,0
9,3
15,2
5,6
4,4
1,2
0,4
8,0
8,9
6,8
3,6
1,1
0,9
6,7
18,5
3,5
6,5
0,4
0,8
10,0
12,8
7,5
4,0
0,9
0,9
8,6
18,3
5,9
4,0
0,9
51.890
445
690
860
1.055
7,3
3,4
9,4
2,9
14,7
32,5
31,5
36,2
26,7
33,2
21,8
5,2
6,0
17,2
10,0
27,0
3,4
3,4
18,0
12,4
15,2
6,5
3,6
21,0
6,5
19,2
11,0
7,6
19,8
14,5
18,0
1,4
4,7
22,3
5,7
Per primo livello si intende la laurea triennale (First degree).
56
Tab 30 – Situazione occupazionale dei laureati di secondo livello a sei mesi dalla laurea
conseguita nell’anno accademico 2006/2007
Attività svolta a 6 mesi dall'ottenimento del
titolo
N. di coloro la cui destinazione è nota
Lavora full-time retribuito
(inclusi i lavoratori autonomi) %
Lavora part-time retribuito %
Lavora nel volontariato non retribuito %
Lavora e studia %
Studia ancora senza lavorare %
In cerca di lavoro %
Non in cerca di lavoro %
altro %
Tra chi studia ancora (incluso chi lavora e
studia):
Totale
Un titolo più elevato (tra i research degrees) %
Un titolo più elevato (tra i taught degrees) %
Diploma o certificato Postgraduate %
Laurea di primo livello triennale %
Altri dipolimi o certificati %
Qualifica professionale %
altro %
Fonte: Hesa, 2008
Liverpool
John
Moores
University
UK
805
86.100
The
University
of
Liverpool
620
The
Manchester
The
Metropolitan
University of
University
Manchester
1.230
1.500
69,5
6,7
0,7
10,6
5,9
3,1
2,4
1,1
72,7
7,5
0,0
11,2
3,7
1,9
1,2
0,6
54,8
6,5
1,6
14,5
11,3
4,0
5,6
0,8
73,2
6,5
0,4
12,2
3,7
2,4
1,6
0,4
67,7
5,0
0,7
8,0
11,3
4,7
2,0
1,3
14.220
27,3
23,1
10,6
2,0
7,5
11,6
17,9
125
16,0
40,0
12,0
0,0
4,0
12,0
12,0
160
40,6
9,4
9,4
3,1
6,3
9,4
28,1
195
10,3
41,0
5,1
0,0
7,7
10,3
23,1
285
59,6
10,5
7,0
0,0
5,3
7,0
12,3
57
Tab. 31 - Situazione occupazionale dei laureati per disciplina a sei mesi dalla laurea conseguita
nell’anno accademico 2006/2007
Secondo livello
Medicina
Scienze biologiche
Scienze veterinarie
Agraria
Scienze fisiche
Scienze matematiche
Informatica
Ingegneria
Architettura
Studi sociali
Legge
Economia
Comunicazione
Lingue
Storia e filosofia
Arte e Design
Educazione
Combined
Primo Livello
Medicina
Scienze biologiche
Scienze veterinarie
Agraria
Scienze fisiche
Scienze matematiche
Informatica
Ingegneria
Architettura
Studi sociali
Legge
Economia
Comunicazione
Lingue
Storia e filosofia
Arte e Design
Educazione
Combined
Fonte: Hesa, 2008
N. di coloro la
cui destinazione
Lavora e
è nota Occupati % studia %
78,1
10,5
77.280
75,6
15,9
7.015
70,1
12,4
4.035
61,5
7,7
65
69,9
12,0
415
72,2
8,9
2.515
64,3
11,6
560
74,2
9,0
1.785
78,4
10,6
2.270
81,7
10,2
2.215
73,2
11,6
5.495
71,0
9,3
4.080
77,9
13,8
9.770
83,8
4,8
1.670
59,5
10,9
2.200
55,9
12,4
2.585
71,0
10,2
2.655
86,8
8,1
27.895
81,8
18,2
55
65,1
9,3
203.235
79,8
9,5
25.200
58,8
9,8
20.580
89,6
4,2
480
66,2
8,4
1.540
53,0
7,9
9.150
48,6
15,7
3.715
70,7
6,0
9.855
70,1
8,8
10.650
68,0
15,9
4.590
64,2
9,6
19.660
36,6
11,3
9.850
69,1
11,4
22.685
75,1
5,0
6.010
58,3
8,1
13.820
53,8
8,6
11.190
69,0
6,9
21.350
75,5
8,7
10.250
56,2
18,2
2.660
Studia
ancora
senza
lavorare %
5,2
4,0
10,2
15,4
7,2
10,9
15,2
7,3
4,8
4,1
7,8
12,5
2,5
3,6
17,5
16,1
7,9
1,3
0,0
14,3
5,8
19,7
2,1
13,0
26,6
23,4
8,6
9,8
9,5
14,0
42,6
6,5
6,0
21,1
23,6
9,8
9,5
9,2
In cerca di
lavoro %
2,8
1,5
3,7
0,0
4,8
4,8
4,5
6,4
3,7
2,0
3,5
3,4
2,8
3,9
4,1
4,3
4,7
1,7
0,0
5,6
2,5
5,5
2,1
5,5
6,2
5,8
9,9
6,3
2,9
5,6
3,8
6,4
7,7
5,8
6,0
8,2
2,8
4,7
Non in cerca
di lavoro %
2,4
2,3
3,1
7,7
2,4
2,4
3,6
2,5
1,5
1,4
2,8
2,9
2,1
3,0
5,9
8,9
4,0
1,5
0,0
4,4
1,8
5,1
2,1
5,8
5,2
5,1
3,1
4,0
2,9
5,4
4,4
5,1
5,0
5,6
6,4
4,4
2,7
9,2
altro %
0,9
0,6
0,9
7,7
2,4
0,8
0,9
0,8
0,7
0,2
1,1
1,1
0,9
0,9
2,0
2,7
2,4
0,6
0,0
1,2
0,7
1,0
0,0
1,0
1,1
1,5
1,8
1,0
0,8
1,3
1,3
1,4
1,2
1,2
1,6
1,8
0,7
2,4
58
Tab 32 – Numero di laureati per livello di studio e per disciplina (in percentuale sul totale) (199405/2006-07).
1994/95
totale
Medicina clinica
Farmacia, anatomia, tecnologia
medica, scienze infermieristiche, ecc
Scienze biologiche
Veterinaria
Agraria
Scienze fisiche
Scienze matematiche
Informatica
Ingegneria
Architettura
Studi sociali
Legge
Economia
Comunicazione
Lingue
Storia e filosofia
Arte e design
Educazione
Combined
Fonte: Hesa (vari anni)
Primo livello
237.798
2,4
4,7
5,2
0,2
0,8
5,7
1,7
3,5
9,3
3,4
8,3
4,0
10,9
1,0
6,6
4,2
6,2
5,8
16,1
2006/07
Secondo
livello Primo livello
90.269
319.260
2,5
2,6
3,2
2,5
0,2
1,1
3,6
0,9
2,9
7,1
3,4
7,7
5,5
18,6
1,6
2,8
2,2
2,6
26,2
5,3
9,5
9,1
0,2
0,7
3,9
1,8
5,2
6,2
2,4
9,7
4,9
13,7
2,9
6,2
5,0
10,1
4,2
1,7
Secondo Var% Primo
livello
livello
202.230
34,3
2,7
47,0
5,6
4,6
0,1
0,6
3,2
0,9
4,2
6,6
2,8
8,6
6,0
20,2
2,3
3,3
2,9
3,8
21,5
0,1
174,4
135,1
36,7
19,5
-7,1
38,7
98,8
-9,9
-6,7
57,5
62,8
68,7
268,5
26,7
57,0
120,2
-3,1
-85,6
Var%
Secondo
livello
124,0
144,4
297,5
311,6
36,4
25,6
97,3
131,3
218,6
106,1
87,5
149,7
144,7
143,0
219,7
159,8
200,7
222,5
83,5
-96,6
59
7. La governance partecipata tra interazioni formali e reali.
Diverse modalità di governance
Il tipo di governance delle università è variegato tanto quanto la loro origine, non esiste una singola
tradizione che abbraccia tutte le università. Generalmente a livello di ateneo si individuano i seguenti
modelli: ‘Oxbridge’ (relativo a Oxford e Cambridge), il modello delle ancient universities scozzesi, il
modello delle università civiche e il modello delle università post-1992. A livello di facoltà e
dipartimenti le differenze sono principalmente tra ‘pre-1992 universities’ e ‘post-1992 universities’
(CUC, 2004; Shattock, 2006)19.
Oxford e Cambridge rappresentano la più chiara espressione di self-governance accademica.
Organizzate per confederazioni di collages (ognuno con la sua autonomia), traggono la loro origine dal
legame con le autorità religiose. Il Chancellor (massima autorità accademica) sino al medioevo era
deciso dalle autorità religiose. Le due università si sono poi progressivamente laicizzate e il Chancellor
è diventato una figura onoraria e cerimoniale designata all’interno della Corte Reale. La vera autorità
accademica diventa il Vice-Chancellor eletto all’interno dell’università. Fino all’inizio degli anni ’60
gli organi di governo delle due università erano formati esclusivamente da accademici. Non era
possibile che venissero nominati negli organi di governo i cosiddetti ‘lay members’ (non appartenenti
alla comunità accademica e religiosa, quindi anche rappresentanti esterni). Il Robbins report del 1963
ha criticato il sistema di governance ‘oxbridge’ e ha suggerito alle due università di riformare il loro
sistema di governance. Oxford in particolare ha risposto ripensando alla sua governance nel 1964 e nel
1997. In quelle occasioni è stata introdotta la possibilità di nominare ‘lay members’ negli organi di
governo. Cambridge invece ha sostanzialmente mantenuto la predominanza accademica tramite la
‘Regent House’ (che comprende praticamente l’intero staff accademico) quale massimo organismo di
governo. Diversamente ad Oxford ha dato molto più potere al Council (organo esecutivo)
avvicinandosi al sistema vigente in molte alte università ‘pre-1992’, come vedremo fra breve.
Le ancient universities scozzesi hanno origini simili a Oxford e Cambridge, ma vi sono alcune
importanti differenze, prima fra tutte la suddivisione in facoltà con a capo un Preside (Dean). Glasgow
e St. Andrews avevano anch’esse forti legami con le autorità religiose, mentre l’università di
Edimburgo presentava un sistema di governance particolare. Rispondeva infatti, attraverso il suo senato
accademico, al governo locale della città (che aveva portato alla sua creazione). Verso la fine del XIX
secolo vi furono contrasti tra l’università e il governo locale circa l’autonomia legale della prima
(garantita a tutte le università del regno da Enrico VIII) nelle nomine e nei curricula e la volontà del
secondo di intervenire in tali attività. Questo condusse ad una petizione del senato accademico al
governo centrale che incaricò una commissione di osservare le condizioni delle università scozzesi. Nel
1858 si stabilì legalmente per le università scozzesi l’introduzione di un organo dal nome Court con
maggioranza di ‘lay-members’ (rappresentanti delle autorità locali, di altre università, dei collages e
degli ordini professionali) al quale furono trasferiti dal senato tutti i poteri che non erano
specificatamente relativi alle facoltà (quindi poteri finanziari e di allocazione delle risorse). Ciò
rappresentò una radicale diminuzione del potere della comunità accademica. Il Rettore (Rector in
Scozia e Chancellor nel resto del Regno) divenne una posizione eletta anche dagli studenti a capo della
Court, mentre ogni università doveva avere un Principal che corrisponde alla figura del Vice19
La descrizione che segue è presa interamente da questi due riferimenti.
60
Chancellor. Questo modello è tuttora vigente, ma va ricordato che generalmente i Rettori hanno scelto
di non esercitare il diritto di essere a capo della Court e di conseguenza tale ruolo è stato esercitato dai
Principals. Tuttavia a partire dalla fine degli anni ’80 del secolo appena trascorso il capo della Court ha
iniziato ad essere eletto tra i ‘lay-members’.
Le civic universities nascono in contrapposizione alle ancient anche dal punto di vista della governance
di ateneo. Il modello di governance iniziale prevedeva una totale assenza di accademici negli organi di
governo. In realtà ciò che si è sviluppato è un sistema misto in cui l’organo di governo centrale è la
Court, il Council l’organo esecutivo (simile alla Court nel modello delle ancient scozzesi) e un senato
accademico. Quest’ultimo solo composto da accademici, mentre gli altri due con maggioranza di
membri non accademici (a partire dai primi anni del ‘900 la pressione degli accademici ha di fatto
portato ad avere nella Court e nel Council un quarto dei membri provenienti dalla comunità
accademica). Il potere del senato accademico è cresciuto nel tempo: da organo da consultare nelle
principali questioni relative all’allocazione delle risorse, alle nomine, allo sviluppo dell’ateneo, il
senato dopo il Robbins report ha accresciuto i suoi diritti di iniziativa e di consultazione per le
principali questioni di policy. Ci si è mossi verso un’equa distribuzione del potere tra gli organi di
governo con la Court sempre più un organo formale con compiti minimi (sostanzialmente la nomina
del Chancellor e la valutazione della relazione annuale sul lavoro delle università). Di fatto quindi nel
tempo questo tipo di università ha visto prevalere in alternanza il potere del Council e del Senato
accademico, mentre la Court a partire dalla fine della seconda guerra mondiale è diventato un organo
inadeguato per prendere le decisioni strategiche necessarie all’università (troppi membri e riunioni
poco frequenti).
Nel periodo del dopoguerra il nuovo sistema di finanziamento delle università e la creazione quindi
dell’UGC ha portato di fatto ad un aumento del potere del Senato. Essendo l’UGC formato
essenzialmente da accademici il rapporto tra il Council e il Senato accademico divenne fondamentale
per le questioni finanziarie dati i network presenti nella comunità accademica. Inoltre, un altro periodo
di rilevanza del Senato furono gli anni ’60 e ’70, periodo in cui divenne sempre più importante la
razionalizzazione delle priorità accademiche, questione che fu delegata alla comunità accademica
all’interno del senato. Mentre a partire dai tagli al sistema finanziario operati a partire dal governo
Thatcher, il Council riprese parte del potere perso in precedenza dovendo intervenire nell’attività delle
università tenendo conto prioritariamente delle questioni finanziarie (anche se in realtà, l’intervento del
Council nelle questione puramente accademiche non fu mai preponderante e le sue decisioni in materia
vennero praticamente sempre prese dopo la consultazione del Senato). In ogni caso, gli obiettivi del
Jarrart Report e del più recente Dearing report (entrambi voluti dal comitato dei Vice-Chancellors)
verso un crescente managerialismo nella governance di Ateneo, legittimano di fatto il potere del
Council come organo decisionale dominante.
Questo modello di governance è presente anche nelle plate glass universities nate negli anni ’60.
Il quarto modello deriva dal modello di governance presente negli ex-politecnici. Il sistema è molto
semplice con un solo organo di governo, anche in questo caso il Council, e un Academic Board (organo
composto dai soli accademici) molto debole che viene consultato per le questioni relative allo sviluppo
delle attività didattiche e di ricerca. L’organo di governo ha scarsa rappresentanza accademica. Su circa
26 membri solo un paio sono accademici. Quando i politecnici erano ancora sotto la responsabilità
della LEA, all’interno della maggioranza dei membri del Council (rappresentanti del mondo
economico) vi erano anche membri delle autorità locali. Con l’Higher education act del 1988 – che
‘nazionalizza’ tutto il sistema di educazione di livello superiore – scompare l’obbligo di nominare tali
rappresentanti locali all’interno del Council.
61
Chi sono i Lay-members e qual è il loro ruolo?
Tab. 33- Quote di lay-member negli organi di governo delle università.
Percentuale
di membri
da gruppi
sociali,
Percentuale
Numero totale
culturali e
di membri Percentuale di
dalle
membri da
di membri
della
degli organi di
imprese organizzazioni
comunità
governo commerciali non pubbliche
Regione
locale
North East
110
35%
40%
15%
North West
307
33%
30%
9%
Yorkshire and the Humber
228
33%
26%
12%
East Midlands
211
36%
31%
9%
West Midlands
272
38%
42%
11%
East of England
186
47%
26%
12%
London
994
33%
30%
9%
South East
434
32%
32%
11%
South West
276
41%
26%
16%
Inghilterra
3018
35%
31%
11%
Irlanda
57
28%
47%
4%
Scozia
438
34%
27%
8%
Galles
286
30%
29%
22%
UK
3799
34%
30%
11%
Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2007), Higher education
community.
Altri
11%
28%
29%
25%
10%
16%
29%
25%
18%
24%
21%
32%
19%
24%
business and
La tabella 33 mostra che la più ampia quota di lay members proviene tendenzialmente dalle
organizzazioni private, con differenze poco marcate a livello regionale. Anche nelle interviste viene
confermato il dato circa la loro composizione. Si tratta di rappresentanti della comunità locale
(imprenditori, sindacati, dirigenti politici, ecc.) e vengono scelti da un “nomination commitee” che
presenta nominativi a seconda del tipo di obiettivi formativi delle università. Nelle interviste si
sottolinea che i lay members sono presenti negli organismi centrali (non nel Senato) e svolgono un
ruolo principalmente di consulenza per materie relative al budget e alla gestione dei finanziamenti.
Sono in genere la maggioranza dei membri dell’organismo di governo centrale (nelle old universities
sono i 2/3, mentre negli ex- politecnici sono prevalenti, come abbiamo visto). Nelle università
considerate, i lay members sono la maggioranza nei due ex-politecnici (alla Manchester Metropolitan
University sono il 100%, mentre nella Liverpool John Moores il 75%), e poco più della metà nell old
universities (il 54% a Liverpool e il 56% a Manchester). In tutte le quattro università la maggioranza
proviene dal mondo delle imprese private, anche se nelle old universities il 20% circa proviene dalla
comunità locale e dal settore pubblico.
Il potere dei lay members è di indirizzo generale dell’Ateneo in termini di gestione finanziaria, non
sembrano invece entrare nel merito di questioni più accademiche, laddove invece interviene il Senato
(che ha però nel tempo diminuito il suo potere come si vedrà più sotto). Uno degli esperti di Higher
Education intervistati ha sottolineato che nelle università la governance a livello di Ateneo è una
“shared governance”: “La governance a livello di Ateneo è una “shared governance” in quanto i lay
members controllano il budget, mentre gli accademici controllano didattica e ricerca.” [David Watson,
London Institute of Education]
62
Facoltà
Le facoltà non sono una struttura sempre presente nelle università. Quando esistono sono aggregazioni
di dipartimenti o scuole. Nelle università pre-1992 la facoltà aveva inizialmente solo ruoli limitati alla
programmazione della didattica. A partire dagli anni ’90 del secolo scorso le facoltà iniziano ad avere
anche ruoli di programmazione finanziaria. Abbiamo visto più sopra che l’Università di Manchester ha
creato recentemente un manager dedicato al marketing dei prodotti di ricerca delle facoltà. Inoltre,
nelle old universities considerate le facoltà sono molto grandi e per questo motivo si sono create figure
come gli Associate Dean per aree tematiche tra le quali prevelenemente la didattica e la ricerca. Il loro
ruolo è di programmazione strategica
Presso la Manchester Metropolitan University i Presidi delle 4 facoltà, oltre ad essere Pro-vice
Chancellor, fanno parte di un organismo centrale chiamato Directorate che ha il compito di stendere lo
strategic plan annuale con contenuti relativi sia all’organizzazione sia ai finanziamenti.
Dalle interviste agli esperti di Higher Education emerge che a volte alle facoltà vengono delegati ruoli
di programmazione della didattica (in particolare nel caso in cui siano state trasformate in scuole):
Il ruolo delle facoltà è certamente di programmazione della didattica (da qui partono le richieste per l’attivazione di
nuovi corsi), ma a volte vengono a loro delegati compiti di budget. Questo soprattutto se sono diventate scuole.
[Peter Scott, Vice-Chancellor Kingston University of London];
Le facoltà sono un livello intermedio tra Senato e Dipartimenti. La loro esistenza dipende dalle strategie di
management delle università. Le facoltà sono un luogo dove viene incoraggiata la multidisciplinarità. Ad alcune
viene delegato potere di programmazione finanziaria, mentre altre gestiscono solamente issue accademiche. La
delega o meno dipende da com’è organizzata la governance di Ateneo. Per esempio a Warwick il Dean fa parte di
una sorta di gabinetto ed in questo caso le facoltà hanno compiti di budget. [Micheal Shattock, London Institute of
Education].
Il preside (Dean) sta diventando un ruolo permanente e sempre più reclutato tramite i canali di utilizzati
dalle aziende private (annunci, reti personali, ecc.). In base a quanto osservato nei casi studio e nelle
interviste agli esperti di Higher Education , ci sono differenze tra ex-politecnici in cui la prassi è
reclutare il Dean “sul mercato” e old universites che invece hanno un sistema misto: i nomi sono
proposti dal Vice-Chancellor (e possono comprendere anche manager esterni) e poi la comunità
accademica vota.
In alcune università ci sono Dean permanenti reclutati dall’esterno. Le new universities reclutano all’esterno,
mentre le old hanno un sistema misto: i nomi sono proposti dal Vice-Chancellor e poi gli accademici lo votano.
[Micheal Shattock, London Institue of Education];
Sempre più il Dean è un lavoro a tempo pieno, non tando nelle old universities, quanto nelle old. La tendenza è
però verso una professionalizzazione del ruolo di Dean. Anche nel caso delle old universities da una parte non vi
era una vera e propria elezione: il Vice-Chancellor ha sempre proposto dei candidati che poi venivano scelti dagli
accademici; d’altra parte ora sempre più il Vice-Chancellor propone candidati provenienti dall’esterno per ricoprire
il ruolo a tempo pieno. [Peter Scott, Vice-Chancellor Kingston University of London].
Il ruolo del preside quindi ha subito un drastico mutamento anche sulla base delle raccomandazioni del
Jarrat Report: viene sempre più eletto per una carica permanente e full time con compiti simili ai
manager di linea delle aziende. Il preside da rappresentante cerimoniale e formale della facoltà passa ad
essere direttamente responsabile delle scelte strategiche (spesso anche relative allo staff accademico e
amministrativo) di questo livello nei confronti del Vice-Chancellor. Questi compiti manageriali sono
alla base dei criteri di valutazione nella nomina di un nuovo preside che deve possedere gli skills
63
necessari ad assumersi tali responsabilità. Nelle università post-1992 quanto appena descritto è la
norma sin dalla loro nascita.
Dalle interviste è emerso che alle riunioni delle Facoltà partecipano i rappresentanti dei dipartimenti, a
volte gli amministrativi e gli studenti. Questi ultimi sono presenti più formalmente che per esprimere la
loro voice (dalle parole degli intervistati emerge che questo aspetto è del resto una tendenza in tutti i
livelli di governance). Non sono invece presenti rappresentanti degli attori economici esterni (né del
settore pubblico, né privato).
Dipartimenti
I dipartimenti sono definiti l’unità accademica di base e rappresentano particolari ambiti di professione
accademica e di academic expertise (Becher e Kogan, 1992). Sono i principali budget centre (o centri
di costo). Nelle università post-1992 i direttori del dipartimento rispondono al preside di facoltà, mentre
nelle università pre-1992 il direttore del dipartimento risponde al Vice-Chancellor. Il Direttore del
dipartimento nelle università pre-1992 era nominato dai colleghi (e a partire dagli anni ’60 eletto) per
stima e riconoscimenti accademici. Il Jarrat Report raccomandò di cambiare questa pratica e legare la
nomina del direttore del dipartimento al parere degli organi di governo di ateneo e, come per le facoltà,
di nominare una persona full time e con carica permanente che avesse particolari doti e skills
manageriali. Questa pratica è da tempo in uso nelle università post-1992, ed è emerso anche nei nostri
studi di caso. Mentre per le old universities in base a quanto osservato negli studi di caso, non sembra
essere una pratica molto diffusa in quanto si tratta di accademici che continuano comunque a svolgere
la loro attività.
Dalle interviste emerge che, circa il ruolo e la nomina del Direttore, gli stessi mutamenti avvenuti a
livello di facoltà, si riscontrano anche per il dipartimento. Tuttavia vi sono alcune differenze relative ai
compiti assegnati al dipartimento. Alcuni dipartimenti hanno compiti ampi che vanno dal reclutamento
del personale alla gestione dei programmi didattici (rimane costante invece per tutti la gestione dei
budget di ricerca se non esistono centri di ricerca). Il reclutamento del personale è compito del
dipartimento se non esistono facoltà o scuole e principalmente negli ex-politecnici, mentre nelle old
universities i dipartimenti possono avere compiti di gestione della didattica (il reclutamento è gestito
dalle facoltà o dalle scuole laddove sono presenti, oppure ancora dagli organismi centrali).
In base a quanto osservato nei casi di studio, in entrambi i tipi di università il legame tra il direttore e
gli altri membri dello staff accademico (e non) del dipartimento è piuttosto debole. Il direttore è
coinvolto negli organi di governo centrale dove vengono prese le decisioni: le riunioni collegiali del
dipartimento hanno più un ruolo di informazione su quanto già deciso dagli altri organi di governo e
comunque non prevedono formalmente la partecipazione di esterni. Tuttavia, come abbiamo visto, nel
paragrafo precedente, ogni dipartimento ha un advisory group formato da aziende e istituzioni locali.
E’ prevista una riunione una volta all’anno e altri incontri a seconda delle esigenze specifiche della
disciplina.
Fattori di mutamento e outcomes organizzativi
Da quanto emerso si evince che i due periodi di maggiore mutamento nella governance delle università
furono gli anni ’60 e gli anni ’80 e ’90.
Negli anni ’60 il policy making delle università era visto come bottom-up con i dipartimenti che
esprimevano le loro esigenze alla facoltà. Questa raccoglieva ed aggregava le domande da portare al
senato accademico, che a sua volta riconciliava le posizioni contrastanti emerse nelle diverse facoltà e
le portava nelle varie commissioni tematiche (bilancio, infrastrutture, ecc). Queste commissioni
filtravano e sottoponevano le varie istanze all’organo di governo centrale. Difficilmente le decisioni
prese dal Council si allontanavano da quanto proposto dal Senato (Ashby, 1963). Negli anni ’60 si
64
assisteva contemporaneamente all’interno dei vari livelli di governance ad un ampliamento della
rappresentanza: il senato accademico in molti casi – il più emblematico è il caso di Manchester – aveva
numeri molto alti di partecipanti ed era composto non solo dai professori (per diritto), ma anche da
rappresentanti eletti.
All’inizio degli anni ’80, come descritto più sopra, i tagli alla spesa pubblica e di conseguenza anche
alle risorse da destinare alle università inducono le università a cambiare radicalmente rotta sia in
termini di governance sia in termini organizzativi. Non solo, ma si apre un periodo in cui gli obiettivi
del governo sono quelli di legare sempre più l’istruzione con i bisogni economici della società. Quindi
gli obiettivi delle università diventano: aumentare l’efficienza, trovare nuove risorse finanziarie,
migliorare le performance in una logica di servizio in cui gli studenti e le loro famiglie sono i clienti
(Middlehurst, 2004).
Infatti, negli anni ’90 si aggiungono anche altre sfide: i sistemi di valutazione della didattica e della
ricerca, l’espansione del numero degli studenti (il sistema diventa di massa verso la fine degli anni ’80),
l’introduzione delle tasse per gli studenti. Le reazioni sulla struttura e sulla governance delle università
non sono state sempre univoche, tuttavia possiamo trarne alcune tendenze.
Certamente va registrata una tendenza alla riorganizzazione delle strutture a partire dal basso ossia le
facoltà, i dipartimenti. Questi due livelli divengono, a partire dagli anni ’80, finanziariamente strategici
– come abbiamo visto alle facoltà vennero delegate funzioni di budget - e il loro ruolo nella governance
cresce a scapito del senato (numericamente troppo grande e poco efficiente per prendere decisioni
strategiche in quanto si riunisce con scarsa frequenza). Le università iniziano a riorganizzare la loro
struttura principalmente per creare poche unità, ma tendenzialmente di grandi dimensioni. Caso
emblematico a livello di Ateneo è stata la fusione dell’UMIST e della Victroria University of
Manchester che insieme hanno formato nel 2004 l’Università di Mancester. Questo ha portato
l’Università di Manchester ad aumentare il suo potere e prestigio nella regione e nel mondo. L’unione
ha creato grosse facoltà con al proprio interno numerose discipline.
In alri casi le facoltà sono state eliminate per lasciare spazio alle scuole (anch’esse spesso aggregazioni
di dipartimenti), mentre in altri le scuole sono state riconvertite in facoltà. In altri casi ancora alcuni
dipartimenti si sono uniti e sono rimasti l’unica unità di base, infine alcune università hanno creato sedi
decentrate (in modo tale da poter accogliere più studenti e offrire loro migliori facilities). Un tipo di
riorganizzazione manageriale invece che accademica, basata sulla volontà di allocare nel modo
migliore le risorse (se tramite le facoltà, le scuole o i dipartimenti come centri di costo) per migliorare
le performance di didattica e di ricerca sulle quali si basano la reputazione delle università stesse e i
finanziamenti da parte dello Stato (Hogan, 2005). Da questo punto di vista si pone anche la tendenza
che abbiamo evidenziato a nominare i presidi e direttori dei dipartimenti con cariche permanenti e fulltime, come i manager di linea. Tutti i direttori di dipartimento e presidi intervistati negli ex-politecnici
hanno incarichi full-time e sono stati reclutati prevalentemente sul mercato (questo canale più nei
dipartimenti e scuole che nelle facoltà).
Il senato accademico non ha subito grosse variazioni nella sua composizione, ha però perso peso nel
decision making – rimanendo tuttavia autorevole nelle questioni relative alla didattica come
l’approvazione dei curricula - e, come abbiamo visto, la pressione al managerialismo ha portato ad un
maggiore potere degli organi di governo come il Council, se non alla creazione, come nel caso di
Warwick, di una sorta di ‘gabinetto’ che riferisce al Council (a Warwick l’University Managment
Gruop) composto dai managers amministrativi, da presidi eletti e dai principali dirigenti accademici e
che si riunisce per pensare alle principali decisioni strategiche dell’università (Shattock, 2006). Alla
Manchester Metropolitan University c’è un organismo simile, il Directorate che attualmente si sta
occupando di stabilire le linee strategiche per interventi sostanziali nelle attività dell’università (si tratta
prevalentemente di aumentare la competitività nella ricerca e nell’offerta formativa in tale ambito).
65
Aumentano sempre più le direttive strategiche provenienti da organismi centrali o semi-centrali. I
Presidi e i Direttori di dipartimento nelle interviste hanno spesso citato target strategici che l’ateneo
richiede di raggiungere.
Nelle interviste agli esperti di Higher Education si conferma questa tendenza alla riorganizzazione
delle strutture e degli organi di governo:
Il senato è stato molto potente fino agli anni ’80. Poi la tendenza all’accountabilty ha ridotto molto il suo potere e
aumentato quello di organismi più periferici come dipartimenti e facoltà, oltre che gli amministrativi. La
riorganizzazione dei livelli di governance è avvenuta proprio per esigenze di razionalità organizzativa, per
aumentare l’efficienza delle strutture [Peter Scott, Vice-Chancellor Kingston University of London];
Negli anni ’60 il Senato era molto potente e il Chancellor riceveva raccomandazioni da questo organismo. E’
diventato meno potente perché un organo troppo grande in alcune università: troppi membri, troppe divisioni
interne. In alcune università è invece ancora molto forte, come per esempio Warwick. [Micheal Shattock, London
Institute of Education].
8. Conclusioni: il grado di apertura delle università e gli attori nel mutamento
Come abbiamo visto nel paragrafo 2, il mutamento del sistema è stato prevalentemente spinto dal
governo, ma fino agli anni ’80 del secolo scorso, la comunità accademica è stata in grado di influenzare
la direzione del policy making. In passato il CVCP è stato abbastanza influente. Fino agli anni ’80
insieme all’UGC era in grado di interfacciare con il governo e quindi influenzare il policy making.
Questi due organismi erano visti dal governo con deferenza in quanto erano formati da accademici
considerati gli unici esperti del settore. L’UGC è stato così potente che è riuscito ad ottenere la
fondazione delle università degli anni ’60 principalmente con finanziamenti pubblici (Shattock, 2006).
Il governo centrale nel tempo ha aumentato il suo peso nel determinare sia le dinamiche organizzative,
sia le scelte strategiche delle università. L’autonomia delle università rimane come principio, ma di
fatto è sempre più ridotta.
L’aumento del potere del governo centrale è avvenuto gradualmente partendo dai primi tentativi di
controllare il vecchio organismo di erogazione dei fondi (UGC), sino ad arrivare a formalizzare
standard di offerta formativa (e per certi versi anche di ricerca). Il CVCP, dopo aver subito alcune
scissioni, ha preso il nome di Univesity UK. Proprio le divisioni interne hanno di fatto ridotto il suo
potere nei confronti del governo centrale, per cui se in passato ha contribuito a creare una visione
razionalista e aziendalista della gestione dell’università, attualmente è difficile pensare ad un suo ruolo
nel policy making (Kogan, Hanney, 2000; Kogan e altri, 2000, Cheps, 2003).
Con i governi conservatori il policy making si è progressivamente orientato verso una logica di mercato
che attribuisce ampia importanza agli stakeholders in quanto clienti reali o potenziali delle varie
istituzioni. Il sistema universitario non è pubblico nel senso che intendiamo noi, ma lo è dal punto di
vista dei finanziamenti e, a partire dagli anni ’80, i tagli alla spesa pubblica hanno portato a policy
orientate a trasformare le università in istituzioni simili alle aziende private, con attori interni sempre
più concepiti come managers.
Da questo punto di vista questo studio ha messo in evidenza che in termini di finanziamenti per la
ricerca pur rimanendo forte il peso delle risorse pubbliche, gli atenei meno performanti nel RAE
puntano a cercare maggiori finanziamenti esterni. Nel paragrafo 4 abbiamo visto come i due expolitecnici analizzati abbiano più alte quote di risorse provenienti dall’esterno rispetto alle old
universities. Tuttavia non si tratta tanto di finanziamento alla ricerca proveniente dalle imprese, quanto
da istituzioni locali. Nell’ambito delle attività di ricerca esiste ancora una differenza non trascurabile
tra i due tipi di università anche se la Liverpool John Moores University rappresenta un esempio di expolitecnico in transizione verso modelli di università più tradizionali. Non solo ha discrete performance
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nel RAE (è tra i primi ex- politecnici), ma ha anche buone performance negli outocomes della ricerca
(che però il RAE attualmente non premia).
Nel rapporto con l’esterno il contesto in cui operano le istituzioni è rilevante. Se la collaborazione
tramite contratti di ricerca avviene per le old universities prevalentemente con le grandi aziende
nazionali e multinazionali, le piccole imprese stipulano maggiormente contratti di consulenza e si
rivolgono alle università locali. Le due università di Liverpool sono fortemente connesse con la realtà
locale da questo punto di vista, in quanto si tratta di un’area che sta riqualificando il proprio tessuto
economico. Mentre per Manchester il contesto conta più dal punto di vista strategico (la presenza del
Science Park) e politico (la collaborazione e la partecipazione alla governance delle istituzioni locali,
come il City Council e la Regional Development Agency). Come abbiamo visto l’Università di
Manchester ha aumentato le sue entrate provenienti da servizi forniti alle istituzioni locali. La forza e il
prestigio dell’Università di Manchester rendono molto difficile per la Manchester Metropolitan
University l‘”emancipazione” da teaching univeristy (anzi sembra che la strategia sia proprio
continuare differenziarsi in questo modo senza trascurare però il tentativo di migliorare in termini di
ricerca). Il finanziamento alla ricerca proveniente da fonti esterne è però maggiormente caratterizzato
da investimenti da parte di organizzazioni diverse dalle imprese, come le istituzioni locali, le
associazioni di categoria, le autorità governative (abbiamo visto che il valore dei contratti di ricerca è
superiore nella collaborazione con tali organizzazioni rispetto a quanto si registra per le imprese).
Sempre in un’ottica manageriale il governo ha cercato di sostentere tramite fondi appositi le attività di
trasferimento tecnologico. Da quanto emerso nella nostra ricerca sembra però permanere da parte nelle
istituzioni una scarsa efficacia e propensione a tale attività. Poche invenzioni rese commercializzabili
tramite licenze o brevetti. Il RAE premia prevalentemente le pubblicazioni e quindi ci sono pochi
incentivi alla commercializzazione. In questo senso il governo centrale dà e toglie
contemporaneamente. In ogni caso la maggiore enfasi sulla commercializzazione dei prodotti di ricerca
ha contribuito alla creazione di nuove strutture interne e figure amministrative con forti ruoli
manageriali.
Nelle interviste si è enfatizzato il ruolo degli amministrativi e il loro potere viene paragonato a quello
degli accademici - “Gli amministrativi hanno quasi lo stesso potere del Senato. Sono quelli che
maggiormente sono in grado di implementare le scelte delle singole istituzioni” [Peter Scott, Vice
Chancellor Kingston University of London] – persino le “etichette” per identificarli sono cambiate
(vengono sempre più chiamati managers). Gli accademici tendono a non essere bravi managers e
quindi il ruolo degli amministrativi è cresciuto al crescere della managerializzazione delle università.
Come sottolinea Peter Scott, il loro ruolo è sempre più esecutivo e strategico invece che rappresentare
semplicemente staff di supporto (o ‘docile clerks’ per usare le sue parole). (Whitchurch, 2004).
Tuttavia abbiamo visto che nei servizi alle imprese le logiche manageriali sono di due tipi: research
oriented, strategia tipica delle old universities che mantengono la loro identità accademica e si pongono
alle imprese con i loro prodotti di ricerca e in misura minima con altri servizi; business oriented tipico
degli ex-politecnici che invece cercano di ampliare la gamma di servizi potenzialmente necessari alle
aziende (si va da consulenza pura a progettazione di business plan, ecc.).
Non solo le università collaborano e sono fornitori di servizi e prodotti per le imprese (con maggiore o
minore efficacia), ma creano anche impresa. I dati sugli spin-off che abbiamo visto nel paragrafo 4
evidenziano una buona capacità di sopravvivenza delle imprese create, anche se non sembra che i
Science Park siano abbastanza efficaci nel garantirla.
Riassumendo, il sistema negli ultimi 20-25 anni è mutato seguendo una logica top-down. Ciò ha portato
ad una crescente spinta verso istituzioni sempre più simili alle aziende private. In una logica di mercato
emerge l’importanza dei principali stakeholders nell’influenzare le strategie delle università.
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I più diretti stakeholders sono gli studenti e le loro famiglie che si rivolgono alle università per la loro
offerta formativa. Da questo punto di vista abbiamo visto che le università stanno cercando di adattarsi
alle domande degli studenti e di aumentare la loro occupabilità.
Le università non sembrano avere più grandi differenze nell’offerta di corsi di primo livello, mentre le
differenze permangono nei corsi di secondo livello. Abbiamo visto che nel primo livello di laurea sono
da tempo presenti corsi che prevedono un anno in azienda (sandwich courses) e la possibilità di
combinare più materie (i corsi combined). In realtà c’è un mismatch tra domanda e offerta formativa in
quanto gli immatricolati a questi corsi sono diminuiti, non solo ma i laureati ai corsi combined hanno
medio-alti tassi di disoccupazione a 6 mesi dalla laurea. Tuttavia, anche se abbiamo visto che in
generale il sistema universitario è ancora piuttosto caratterizzato da una sottorappresentazione delle
classi più basse, nelle old universitie i tassi di abbandono sono irrisori, mentre sono più alti negli expolitecnici (dove per altro si registra la più alta quota di studenti provenienti dalle classi più basse). Nei
corsi di laurea di secondo livello l’offerta formativa è più polarizzata tra old universities e expolitecnici, in quanto nelle prime il percorso è più orientato alla ricerca, mentre nelle seconde il
percorso è più professionalizzante. In effetti abbiamo visto migliori performance occupazionali per i
laureati di secondo livello dei due ex-politecnici considerati.
Sempre a riguardo dell’obiettivo di occupabilità degli studenti ed in generale dell’attenzione alle loro
esigenze, abbiamo visto nel paragrafo 5 che tutte le università considerate hanno aumentato nel tempo
la spesa per i servizi agli studenti. I Career Services sono una realtà consolidata nel Regno Unito, ma
alcune università, come i due ex-politecnici considerati, stanno aumentando solo in questi anni il loro
ruolo e potenziando le loro strutture.
Gli studenti sembrano quindi stakeholders piuttosto rilevanti per due motivi: i fondi alla didattica sono
in parte legati a performance come numero di studenti e qualità della didattica; dal 1999 pagano le
tasse. Anche dal punto di vista della governance il loro ruolo è cresciuto nel tempo. Le ancient
universities scozzesi per tradizione hanno sempre coinvolto le rappresentanze degli studenti negli
organi di governo, mentre nel resto del Regno Unito il loro coinvolgimento è stato formalizzato solo a
partire dagli anni ’70. Nel 1974 infatti, a seguito della mobilitazione degli anni ’60 e ’70, il CVCP e il
National Union of Students firmarono un concordato sulla presenza degli studenti nella governance
degli atenei di tutto il Regno Unito. Gli studenti cominciarono a partecipare alle riunioni dei Council,
del Senato dei consigli di amministrazione e in molte università anche nei consigli di facoltà. Nei
dipartimenti le università hanno dato la possibilità di creare dei comitati studenti/personale accademico
che hanno rappresentato luoghi e momenti di interazione tra le due parti. Tale interazione è anche
oggetto della valutazione della didattica: si chiede ai dipartimenti di fornire i verbali degli ultimi tre
anni delle riunioni con gli studenti. Infine da alcuni anni si svolge una National Student Survey nella
quale si chiede agli studenti di esprimere i loro pareri sul sistema formativo (Shattock, 2006).
Per quanto riguarda invece le imprese come altro stakeholder abbiamo visto che in termini di
collaborazione di ricerca e di servizi le università hanno in un certo senso aumentato la collaborazione
con le imprese. Le pressioni governative non arrivano però solo dal lato della razionalizzazione degli
investimenti in ricerca. I governi hanno nel tempo spinto per una offerta formativa più business
oriented. Il tentativo del governo di far fronte alla crisi economica degli anni ’80 cercando di
aumentare l’occupabilità ha portato ad un maggiore ‘ascolto’ delle esigenze delle imprese. Non solo il
programma EHE (Enterprise in Higher education), ma nel tempo il tentativo del governo centrale è
stato quello di creare e far attuare policies per aumentare il potere delle imprese nella progettazione
della didattica: il QAA prevede tale progettazione per alcune aree disciplinari.
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Nel paragrafo 6 abbiamo visto quanto la progettazione dell’offerta formativa segua alcune traiettorie
comuni tra le varie istituzioni verso un diverso tipi di coinvolgimento degli attori economici nella
progettazione dei corsi. Vi sono modalità più o meno formalizzate che coinvolgono diversi attori: si va
dalle associazioni professionali (professional bodies) che accreditano corsi, a gruppi di attori esterni
provenienti da aziende o istituzioni (gli advisory group) che incontrano gli accademici qualche volta
all’anno, fino ai network individuali che garantiscono in alcuni casi la presenza di esperti esterni nello
svolgimento della didattica. Le differenze principali si riscontrano tra le discipline invece che tra i tipi
di università. Nelle discipline scientifiche, oltre ad avere in alcuni casi vincoli con i professional
bodies, la loro attività di ricerca è più rilvevante degli advisory groups nelle interazioni con il mondo
economico. Inoltre tali network a volte favoriscono percorsi di dottorato più o meno finanziati e la
presenza di esercitatori esterni nei laboratori. Nelle discipline più umanistiche le relazioni più
consolidate si rilevano nelle business school, anche perché molti degli accademici che ne fanno parte
provengono dal sistema economico. Nonostante queste evidenze empiriche possiamo concludere che la
progettazione della didattica è ancora a rilevante base accademica.
Sul cosa vogliano effettivamente le imprese dal sistema formativo la letteratura sottolinea la presenza
di ampia eterogeneità. Le associazioni di categoria non hanno visioni convergenti né tra loro né nel
tempo. In alcuni casi e durante gli anni ’80 del secolo scorso le imprese sono state più interessate al
titolo in sé (i più bravi si laureano) più che ai contenuti dell’offerta formativa. In altri e soprattutto negli
anni ‘90 è stata forte la richiesta di capacità tecniche indipendentemente dal livello di istruzione
(Kogan e Hanney, 2000). Da quanto emerso anche nelle interviste non sembra dunque che le imprese
siano molto influenti nella gestione dell’offerta formativa, differente e più attivo è invece il loro ruolo
nella ricerca.
La rilevanza attribuita alle imprese ha portato molte università ad includere negli organi di governo
rappresentanze del mondo economico. Come abbiamo visto, i rappresentanti del mondo economico
hanno rilevanza dal punto di vista della gestione finanziaria in quanto fanno parte “legalmente” degli
organi di governo centrale. Non fanno parte però del Senato per cui, almeno formalmente, non entrano
nel merito di questioni prettamente accademiche. In alcuni casi si tratta semplicemente di ruoli
onorifici. Non sono presenti formalmente agli incontri nelle facoltà e nei dipartimenti.
Il grado di apertura delle università all’esterno è quindi cresciuto nell’ambito della ricerca e
nell’attenzione alle esigenze degli studenti, medio (e solo formale) in ambito di governance e
abbastanza ridotto nella progettazione della didattica.
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Appendice: elenco interviste effettuate
Interviste a esperti in Higher Education
1)
2)
3)
4)
5)
Peter Scott (Vice-Chancellor Kingston University);
Micheal Shattock (Visiting Professor at the Institute of Education, University of London)
David Waston (Institute of Education, University of London)
Sandra McNally (London school of economics)
Nick Hammond (Higher Education Academy)
Interviste Università di Manchester
1) Rod Coombs (Vice-President)
2) Ellen Gleeson (associate dean faculty of engineering)
3) Maria Neveda (associate dean faculty of humanities)
4) Andrew Whitemore (assistant director career services)
5) Sandra Schmidt (business development manager-faculty of humanities);
6) Simon Merrywest (business development manager-faculty of science)
7) Heather White (UMIP- technology transfer office)
8) Richard Whitley (business school)
9) Mike Savage (school of social sciences)
10) Paul Cunningham (Manchester Institute of innovation research)
11) Alan Harding (Institute for political and economic governance- esperto di he policy- intervista
focalizzata sull’università di manchester)
Interviste Università di Liverpool
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
8)
Stephen Holloway (dean of the faculty of science)
Gareth Padfield (head of department of engineering)
Rob Kronenburg (director of school of architecture)
James Simpson (director of school of combined honours)
Luise Ackers (school of law)
Sandra Walklate (director of the school of sociology and social policy)
Dalziel Murray (director of management school)
Paul Redmond (director of career services)
71
9) Stuart Wilks-Heeg (department of sociology- esperto di he policy. Intervista focalizzata
sull’università di liverpool)
Interviste Manchester Metropolitan University
1) Burry Plumb (deputy vice-chancellor)
2) Huw Morris (dean business school; pro-vice chancellor; membro del ‘directorate’)
3) Maureen Neal (dean of faculty of science and engineering; pro-vice-chancellol; membro del
‘directorate’);
4) Anne Holmes (dean of faculty of humanities, law and social sciences; pro-vice chancellor;
membro del ‘directorate’)
5)
Interviste Liverpool John Moores University
1) Roger Webster (dean of faculty of media, arts and social sciences)
2) Ian Jenkinson (director of school of engineering)
3) Paul Joyce (director of business school)
4) Godfrey Mazhindu (dean of faculty of health and applied social sciences)
6) Phil Galvin (director of Graduate development centre)
Interviste a dirigenti di Istituzioni locali
1) Geroge Baxter (direttore Science and Innovation: North West Regional Development Agency)
2) Jack Stopforth (direttore della Camera di Commercio di Liverpool)
72