Qui - Web server per gli utenti dell`Università degli Studi di Milano
Transcript
Qui - Web server per gli utenti dell`Università degli Studi di Milano
CHESS Centre for Higher Education & Society Studies Il sistema universitario del Regno Unito e il suo grado di apertura all’esterno Sabrina Colombo Università di Milano CHESS WORKING PAPER N. 1/2010 1 Indice 1. Introduzione: l’analisi a livello nazionale e a livello degli atenei casi di studio 2. Principali fasi di mutamento e caratteristiche del sistema universitario 3. Le fonti di provenienza dei finanziamenti: verso una maggiore apertura all’esterno? 4. La ricerca come collaborazione, innovazione, applicazione e commercializzazione 5. L’Università al “servizio” di principali stakeholders: servizi alle imprese e servizi agli studenti 6. L’offerta formativa come risposta alla domanda degli stakeholders? 7. La governance partecipata tra interazioni formali e reali. 8. Conclusioni: il grado di apertura dell’università e gli attori nel mutamento Riferimenti Bibliografici Appendice: elenco interviste effettuate 2 1. Introduzione: l’analisi a livello nazionale e a livello degli atenei casi di studio Nel Regno Unito il sistema universitario è caratterizzato da un’elevata autonomia gestionale e programmatica delle istituzioni. Per studiare tale sistema non basta quindi osservare dati e tendenze a livello nazionale. I singoli contesti territoriali e i singoli atenei che vi operano (seppur come vedremo classificabili in alcune categorie specifiche) hanno caratteristiche e tendenze a volte molto differenti. Per questo motivo nello studio del sistema universitario del Regno Unito si sono tenuti in considerazione contemporaneamente due livelli: il livello nazionale e quello locale (tramite 4 casi di studio). Per entrambi i livelli la metodologia è stata la medesima: rassegna della letteratura esistente, raccolta di dati (il più possibile in serie storica) da fonti amministrative e da indagini campionarie1, interviste in profondità a testimoni privilegiati e figure chiave sia tra gli studiosi di Higher Education, sia nelle singole istituzioni (si veda l’appendice per l’elenco completo delle interviste effettuate). La scelta dei casi di studio è avvenuta considerando in primo luogo il contesto socio-economico ed in secondo luogo il tipo di università. Si è escluso il territorio di Londra per via dalla sua peculiarità sia in termini di struttura economica (cuore finanziario del Paese), sia per via della complessità del suo sistema universitario. A questo proposito era rilevante trovare dei casi studio che fossero comparabili con altre realtà europee. Si è scelto quindi il Northe West dell’Inghilterra (territorio del Regno Unito in cui c’è più ampia concentrazione delle istituzioni di educazione terziaria) per via delle sue caratteristiche economiche e per la presenza di importanti Civic Universities (università cittadine e per questo più simili, o meglio comparabili, con istituzioni di altri paesi europei), ma anche di expolitecnici (strutture con forte tradizione vocational e per questo vicine ad altre realtà presenti in Europa). Il North West e’ una regione ricca di risorse naturali e di scambi commerciali i quali hanno portato a focalizzare le industrie della regione nel settore tessile, navale e ingegneristico. Attualmente però i settori maggiormente sviluppati sono le biotecnologie, il settore chimico, il settore aerospaziale e l’ITC. Negli ultimi anni si registra infatti che meno di un quarto della forza lavoro della regione è ancora occupata nelle tradizionali industrie manifatturiere. E’ tra le regioni più solide economicamente del Regno Unito, con un output che copre il 10,3% del PIL nazionale e con una disoccupazione al 4,5% (al di sotto della media nazionale che si attesta intorno 4,6%). I sistema di istrzione terziara è formato da 10 università, 4 higher education colleges e 45 Further education colleges che offrono corsi higher education. La popolazione di studenti iscritti a strutture di educazione terziara è intorno alle 250.000 unità, mentre si attesta intorno alle 13.000 nei Further Education colleges. La più ampia concentrazione di istituzioni di educazione terziaria si trova nell’asse Liverpool-Manchester. Ed è per questo motivo che sono state scelte come casi di studio 4 università delle due città principali. Di queste si sono scelte due civic universities (University of Manchester e University of Liverpool) e due ex-politecnici (Manchester Metropolitan University e Liverpool John Moores Unviersity). L’Università di Manchester è stata fondata nel 1894 ed era prima divisa in due unità indipendenti, ma fortemente correlate: la Victoria University of Manchester e l’Umist. Nel 2004 le due unità si sono fuse per diventare University of Manchester. Tale fusione ha contribuito ad aumentare il suo potere nella 1 Dati utilizzati: fonti ministeriali e higher education statistical agency, Funding Councils. Questi ultimi producono o raccolgono sia dati amministrativi sia indagini campionarie. L’hesa raccoglie i dati amministrativi sugli studenti sulle risorse delle istituzioni (finanziamenti, spesa, eccc.), mentre effettua un’indagine campionaria sugli esiti occupazionaia 6 mesi e a tre anni dal conseguimento del titolo. In questo rapporto verranno presentati i dati relativi agli esiti occupazionali a 6 mesi dalla laurea in quanto presentano anche alcuni approfondimenti per istituzione. Il campione è di 332.110 laureati intervistati su un totale di laureati nel 2006 di 453.880, quindi il tasso di copertura è del 73%. I Funding Councils effettuano ogni anno una survey sull’interazione tra istituzioni di educazione terziaria e mondo economico. Intervistano 179 istituzioni su 193 in totale. 3 regione e il suo prestigio nazionale e internazionale. La sua struttura organizzativa è divisa in 4 grandi facoltà che a sua volta hanno al loro interno numerose scuole: Egineering and Physical Sciences; Humanities; Life Sciences; Mediacal and Human Sciences. L’Università di Liverpool è stata fondata nel 1903 ed è suddivisa in 6 facoltà (più piccole che a Manchester) anch’esse con dipartimenti e scuole: Arts and Humanities; Science; Engineering; Social Sciences and Environmental Studies, Medicine, Veterinary Sciences. La Manchester Metropolitan University e la Liverpool John Moores University sono diventate università nel 1992. La prima è suddivisa in 5 facoltà con dipartimenti e scuole al loro interno: Art and Design; Health, Psychology and Social Care; Humanities, law and social sciences; Sciences and Engineering; Hollings Faculty; Institute of Education; Business School; Cheshire campus. La Liverpool John Moores University ha 4 facoltà e molte scuole al loro interno: Business and Law; Health and Applied social sciences; Media, arts and social sciences; Science; Technology and environment. Come si può osservare tutte le università considerate hanno un’ampia gamma di discipline. Non potendo realisticamente analizzarle tutte, nelle interviste in profondità ci siamo concentrati su figure chiave (Presidi e Direttori di Dipartimento) in alcune di esse: economia, legge, ingegneria e scienze, scienze sociali. La scelta si è basata prevalentemente nell’ottica di osservare processi e comportamenti in discipline ipoteticamente in contatto con l’ambiente socio-economico esterno. Insieme a tali figure, sono stati intervistati anche manager e accademici delle strutture centrali delle singole università, oltre che dirigenti di istituzioni locali. 2. Principali fasi di mutamento e caratteristiche del sistema universitario. Il sistema universitario britannico ha attraversato diverse fasi di mutamento a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. In letteratura si identificano principalmente 4 fasi (più una attuale) (Eurydice Database of Education, 2006; Kogan e Hanney, 2000; Kogan e altri, 2000; Trowler, 1998; Fulton, 1991): I. 1945-1963 Periodo di crescita della domanda e dell’offerta di istruzione. Si registra un aumento sia del numero di studenti sia dei finanziamenti da parte del governo. Dal lato degli studenti, molto importante è stato l’Education Act del 1944 che ha stabilito la gratuità dell’istruzione terziaria. Per quanto riguarda invece i finanziamenti, nonostante la loro autonomia, le università sono infatti principalmente finanziate dallo Stato (“un’emanazione del welfare”) che in quel periodo era particolarmente impegnato ad ampliare il sistema universitario, in particolare per le materie scientifiche in modo tale da aumentare la forza lavoro in esse specializzata. I Politecnici invece erano finanziati e controllati da un ente locale (Local education authority). Permane infatti in questo periodo per l’istruzione a livello superiore un sistema binario: università – enti privati autonomi riconosciute da ordinanza reale – e istituzioni non universitarie (dalle quali più avanti nacquero i Politecnici) di carattere più professionalizzante (più legate alla realtà locale). II. 1963-1975 Periodo di moderata crescita, caratterizzato però da una crescente legittimazione dell’espansione del sistema in termini di numero di studenti. Il Robbins Report (Report of the Committee of Higher education) ha enfatizzato il principio che tutti gli studenti dovrebbero poter entrare nel sistema di educazione terziario se sono qualificati per farlo. Durante questo periodo il settore non universitario cresce in parallelo a quello universitario (nascita di nuove università – da 24 nel 1945 a 43 nel 1967 - e di 30 nuovi Politecnici). La relativa espansione (effettiva e/o prevista) del sistema induce a riflettere sul sistema di finanziamento all’istruzione universitaria. Le università ricevevano infatti finanziamenti su 4 base quinquennale decisi da un ente “cuscinetto” (UGC) che rispondeva direttamente al Ministero del tesoro ed era formato da accademici. In questo periodo il governo centrale interviene per diminuire il potere dell’UGC sostituendo nel 1964 il Ministero dell’educazione con il Dipartimento dell’educazione e della scienza. L’UGC iniziò quindi a rispondere a questo nuovo Dipartimento e perse quindi la possibilità di intervenire direttamente sulle decisioni del Ministero del Tesoro. III. 1975-1981 Si tratta di un periodo importante che vede dal lato dei finanziamenti, la fine del sistema quinquennale (i finanziamenti cominciarono ad essere decisi anno con anno) e dal lato dell’espansione universitaria una tendenza a voler ridurre il numero di posti disponibili e di conseguenza il numero di studenti. Per tutta la seconda metà degli anni ’70 il Dipartimento dell’Educazione e della scienza pubblicò rapporti – nel 1976 il Des white paper; nel 1978 il Des brown paper – sulla necessità di pianificare razionalmente il numero degli studenti anche sulla base del plausibile impatto del previsto trend demografico negativo dei 18-19enni sulla domanda di istruzione di livello superiore. IV. 1981-1997 Periodo di drastico mutamento durante il quale il sistema di finanziamento, il ruolo del governo centrale e i contenuti sostantivi dell’educazione di livello superiore sono stati oggetto di interventi rilevanti. Il primo aspetto da considerare è la questione finanziaria. Nel 1981 le università, come gli altri enti a finanziamento pubblico, diventano obiettivo di tagli nei trasferimenti da parte del governo centrale. Una serie di circolari dell’UGC iniziarono a richiamare l’attenzione delle università sulla necessità di rivedere i propri bilanci in vista (e dati) i tagli stabiliti dal governo. Nel 1988 l’Education Reform Act intervenne sul sistema di finanziamento sia delle università sia dei Politecnici. Per questi ultimi il sistema di finanziamento da locale divenne nazionale (oltre al fatto che diventarono enti autonomi come le università, quindi non più soggetti al controllo della Local education authority); mentre per le università l’UGC venne sostituito con l’UFC e questa sostituzione fu un primo spostamento verso un maggiore controllo dell’ente da parte dello Stato (cominciò a venire meno la sua base accademica). Il passo successivo fu il Further and Higher education act del 1992 che creò 4 Funding councils (Higher education founding council – HEFC - uno per ogni ‘regione’ della Gran Bretagna, in Irlanda del Nord è il Dipartimento dell’educazione). Organi indipendenti che gestiscono i fondi pubblici erogati dal governo centrale (viene a cadere la base accademica). A tali organismi fu poi assegnato il compito di creare comitati per la valutazione della qualità nell’istruzione di livello superiore. Nel 1997 venne creata la Quality assurance Agency (ente indipendente finanziato dalle università – ai lavori partecipano accademici – ma anche da contratti con i Funding Councils) con il compito di valutare la didattica. Negli anni ‘90 partì anche un sistema quadriennale di valutazione della ricerca (RAE – Research Assesment Exercice) da parte dei Funding Councils. Essendo collegati ai Funding Councils, questi momenti di valutazione hanno un impatto sui finanziamenti delle università in quanto dai risultati di dipendono poi i fondi elargiti. Nel 1992 terminò il sistema binario dell’educazione superiore. Il sistema divenne quindi unico e venne assegnato status di università ai Politecnici (in Irlanda del Nord ciò era già avvenuto nel 1984 ). Nel 1994, data la crescita nella domanda di istruzione superiore, il governo impose un tetto nella crescita del numero degli studenti full time undergraduate e ciò ebbe come conseguenza che l’accesso ai corsi divenne più restrittivo. Per quanto riguarda invece i contenuti l’obiettivo principale fu quello di avvicinare il sistema di istruzione superiore alle esigenze del sistema economico. Da una parte il Dipartimento dell’educazione e della scienza creò una serie di incentivi per l’attivazione di corsi business oriented. Degno di nota è a 5 metà degli anni ’80 il programma ‘Enterprise in Higher education iniziative’ per il quale le università avrebbero ricevuto finanziamenti per implementare corsi specifici sulla gestione d’impresa. D’altra parte, con l’Education Reform Act del 1988 (e in Irlanda del Nord nel 1989) si iniziò a sottolineare la necessità di considerare anche il sistema di istruzione superiore come un mercato in cui i clienti sono le famiglie e gli studenti e per cui sono necessari determinati standard di offerta per la loro soddisfazione. L’istruzione universitaria in quel periodo diventa di massa (Henkel e Little, 1999). Tutto il sistema scolastico pubblico (scuola primaria e secondaria) viene pensato sulla base di un National Framework of Qualifications. L’Education Reform Act arriva quindi a definire l’educazione di livello superiore rispetto a quella della scuola secondaria. Nel testo si trovano i seguenti livelli (che sono quelli tuttora esistenti) 2: Certificate of higher education: 1 anno Higher national diplomas, Diplomas of higher education: 2 anni I livello di laurea: 3 anni (in Scozia 4) II livello post-laurea: master 1-2 anni, dottorato 3 (o 1 in più rispetto al master) Dal punto di vista della governance delle università, nel 1985 viene pubblicato il Jarrat Report (dal Commitee dei Vice-Chancelors- CVCP) che poneva come obiettivo principale una riorganizzazione delle Università tale da renderla un organismo con forti contenuti manageriali. La proposta era quella di centralizzare il potere rafforzando il ruolo degli organi esecutivi (i Councils) oltre alla creazione di appropriati centri a cui delegare le questioni di budget. Successivamente, nel 1997, il Dearing report ha proposto una serie di raccomandazioni circa il sistema di finanziamento delle università tra cui l’introduzione delle tasse per gli studenti full-time3. D’altro lato il rapporto ha ripreseo il tema della gestione manageriale delle università, mettendo però anche in evidenza la rilevanza degli stakeholders, in particolare gli studenti e le loro famiglie. Nel Dearing si sottolinea che la valutazione della qualità della didattica e la trasparenza nella diffusione dei risultati sono importanti per permettere agli studenti di compiere la scelta più appropriata. In questo senso la logica è quella iniziata con l’Education Reform Act del 1988 che enfatizzava la necessità di pensare al sistema dell’istruzione con logiche di mercato. V. Gli interventi più recenti Si registra un sostanziale aumento del ruolo dello Stato, in due direzioni: la riorganizzazione dei finanziamenti e la riorganizzazione della didattica. Per quanto riguarda il primo aspetto, gli interventi sono sempre più diretti a introdurre logiche di mercato nel sistema universitario sia nella ricerca, sia nella didattica. Circa la ricerca, uno degli aspetti in cui si è maggiormente puntato è il trasferimento tecnologico. Fino agli anni ’90 le attività di trasferimento tecnologico erano interamente finanziate dalle singole università. Con l’avvento dei governi laburisti (e grazie soprattutto all’intervento del Ministro della Scienza, Lord David Sainsbury) si introdussero misure governative orientate a sostenere la diffusione dei prodotti di ricerca nel mondo economico. Nel 1998 stanziò dei fondi per un programma dal nome “University Challenge Seed Funds” principalmente a sostegno degli spin-off. Nel 1999 (Science 2 Il sistema di qualifiche dell’istruzione superiore è suddiviso in questi livelli per tradizione. 3 Gli studenti full time sono coloro i quali frequentano almeno 18 settimane all’anno. Gli studenti part-time sono coloro i quali frequentano corsi serali o meno di 18 settimane all’anno. Se si sceglie di studiare part-time per alcuni corsi (principalmente post-graduate) il numero degli anni previsti raddoppia. 6 Enterprise Centres) e nel 2000 (Research Out Funds- HEROBC) il governo intervenne finanziando programmi di formazione manageriale per i dipendenti degli uffici per il trasferimento tecnologico. Tale finanziamento è stato stanziato ogni due anni a partire dal 2000 e attualmente prende il nome di “Higher Education Innovation Fund” (HEIF). Questi fondi inizialmente venivano erogati tramite bandi appositi, mentre attualmente sono erogati a tutte le istituzioni in base al reddito proveniente dalle attività di commercializzazione dei prodotti di ricerca. Oltre al tema specifico del trasferimento tecnologico, i governi laburisti hanno introdotto alcune misure per favorire il rapporto tra il sistema formativo di livello superiore e gli attori economici. Si passa da interventi atti a sostenere l’incontro tra le università e il contesto economico locale tramite la nascita in Inghilterra delle Regional Developement Agencies (una per ogni zona: West-Midlands, North-East, South-East, ecc. La Scottish developement agengy è nata nel 1991, la Welsh developement agency nel 1976 e l’Invest Nothern Ireland nel 2002), ad interventi di supporto finanziario alle università per accrescere il rapporto con il mondo economico in termini di trasferimento di conoscenza (il “Third Stream” attivato nel 1999 e rinnovato negli anni e il Teaching Companies Scheme). Il focus è principalmente sull’innovazione e la ricerca (come del resto le intenzioni sottostanti la nascita delle RDAs e del “Third Stream”), ma si lascia anche spazio ad una riflessione sulla necessità di una maggiore interazione tra imprese e istituzioni di formazione nei contenuti e modalità della didattica. Anche a questo proposito aumenta il ruolo del governo centrale. Nel 2001 viene introdotto il National qualification framework che stabilisce standard nei livelli dell’offerta formativa e benchmarks nelle discipline. Sempre nel settembre 2001 il governo introduce una nuova tipologia di corso (riscontrabile principalmente in Inghilterra): il Foundation degree che dura due anni e si pone tra il livello dei diplomi di higher education e gli ordinary degrees. Nel 1998, in risposta alle raccomandazioni presentate nel Dearing report, il Teaching and higher education act ha introdotto tasse di iscrizione anche per gli studenti full-time UK (prima erano solo gli studenti stranieri e i part-timer a pagare tasse di iscrizione). La logica di fondo è che le Università offrono un “servizio” nella formazione degli studenti e quindi i beneficiari di questo servizio devono corrispondere un “compenso”. Di questo, una quota è stabilita a livello nazionale (1.150 sterline) e le Università possono decidere autonomamente altri aumenti (decisi in genere in base al reddito). Il sistema di tassazione è stato ripreso dal recente Higher education act del 2004 e in Irlanda del Nord dall’Higher education order del 2005 (che implementa alcune raccomandazioni del white paper del Dipartimento dell’Educazione e della scienza del 2003). Tali interventi hanno di fatto aumentato le tasse dando la possibilità alle università di richiedere contributi agli studenti tra 0 e 3.000 sterline all’anno (con sistemi di finanziamenti per gli studenti provenienti da famiglie a basso reddito). Il contributo può essere dilazionato nel tempo anche dopo l’ottenimento del titolo. Tra gli obiettivi attualmente perseguiti dal governo vi è anche l’aumento della partecipazione degli studenti che sino ad ora sono stati meno presenti (per esempio gli studenti provenienti dalle classi più basse). L’Higher education act del 2004 introduce una serie di iniziative per favorire l’accesso all’istruzione superiore. Si riscontra tra esse attività di monitoraggio richieste alle università e tra le più strutturate la creazione dell’ Office of Fair Access (OFFA) in Inghilterra, un ufficio indipendente separato, ma supportato dal Funding council. Tutte le istituzioni che intendono stabilire il massimo di 3.000 sterline necessitano stabilire un accordo (di durata quinquennale) con l’OFFA che richiede determinate misure da adottare per aiutare l’accesso agli studenti con particolari difficoltà economiche4. In sostanza, oltre a richiedere criteri di ammissione trasparenti, si chiede alle università di trasformare in borse di studio o supporti finanziari (almeno 300 sterline all’anno per gli studenti che ricevono le 2700 sterline di finanziamento) una parte delle entrate dovute alle tasse. 4 I quali hanno diritto a ricevere fino a 2.700 sterline di finanziamento: Maintenance Grant. 7 2.1. I diversi tipi di università Le istituzioni che sono autorizzate a fornire titoli universitari in UK sono circa 193 (il portale ufficiale Hero riporta sia le università sia i college che fanno parte di determinate università, sia i college che hanno autorizzazione a fornire titoli universitari). Le università sono 117. La maggior parte delle università del Regno Unito rientrano nelle seguenti categorie (Warner e Palfreyman, 2001): a) Ancient universities: fondate prima del XIX secolo. Le ancient universities sono: le Università di Oxford e di Cambridge (le più vecchie in Inghilterra il cui accesso fino al 1872 era ristretto ai membri della Chiesa d’Inghilterra); la St Andrews University; l’Università di Glasgow; l’Università di Aberdeen; l’Università di Edimburgo; l’Università di Dublino. b) Civic o Red Brick universities: fondate nel XIX secolo e all’inizio del XX. In questa categoria rientrano le università civiche dell’era Vittoriana e che hanno ottenuto status di università prima della seconda guerra mondiale. All’origine si distinguevano dalle ancient per il fatto di essere istituzioni non collegiali, che ammettevano studenti indipendentemente dalla loro collocazione religiosa o dalla loro origine sociale. Inoltre, si caratterizzavano per l’insegnamento di skills legati alla realtà industriale, ingegneria principalmente. L’aggettivo ‘red brick’ deriva dal fatto che il Victoria Building dell’Università di Liverpool è conosciuto per i suoi mattoni in terracotta. Le originarie università civiche sono 8: Università di Birmingham, Università di Bristol, Università di Leeds, Università di Liverpool, Università di Manchester, Università di Sheffield, Università di Reading, Queen’s University di Belfast. Attualmente si considerano ‘red brick’ anche istituzioni legate alle ancient (per esempio l’unviersità di Exeter che prima di ottenere status di università era un college di Cambridge) oppure i college dell’Unversità di Londra che hanno ottenuto status di università tra il XIX secolo e l’inizio del XX. Il motivo di tale inclusione nelle università civiche è la necessità di distinguerle dalle università sorte negli anni ’60 (che vedremo fra breve). Prima di quegli anni infatti lo status di università è stato concesso generalmente solo ai college legati a istituzioni con lunga tradizione nel sistema universitario. c) New Universities. Sono principalmente di due tipi: ‘Plate Glass Universities’ (per via della loro architettura moderna) nate negli anni ’60. Si tratta delle università nate dopo (ed alcune prima) il Robbins Report del 1963 che poneva come obiettivo per l’istruzione di livello superiore l’espansione del sistema. All’inizio degli anni ’60 furono quindi create 6 nuove università: East Anglia, Essex, Kent, Lancaster, Sussex, Warwick e York (altre fondate durante gli anni ’60 furono: Aston, Brunel, Bath, Bradford, Heriot-Watt, Loughboruogh, Salford, Stirling, Strathclyde, Surrey, Ulster). La loro caratteristica principale fu quella di essere edificate ai margini delle cittadine dove si potevano trovare ampi terreni a basso costo e anche la possibilità di costruire campus per gli alloggi degli studenti. La disponibilità di spazi non eccessivamente costosi per l’edificazione di nuovi atenei fu un prerequisito fondamentale per l’espansione del sistema. Il luogo specifico non era importante, non vi erano quindi, come per le civic universities, obiettivi particolari di edificare le università in base a determinate esigenze economico-sociali locali. Infatti, i modelli di sviluppo delle discipline furono molto diversi tra loro e si basarono, inizialmente, più su una logica di offerta che di domanda5. 5 Sussex e Warwick svilupparono un’ampia gamma di discipline, mentre Essex e York si concentrarono su una gamma più ristretta (su questo aspetto si tornerà più avanti). Nonostante questa logica orientata all’offerta questo tipo di università ha sviluppato nel tempo rapporti privilegiati con il sistema economico. 8 ‘Post-1992 universities’ che hanno acquisito status di università con la fine del sistema binario nell’Higher education act del 1992. Sono in sostanza gli ex-politecnici e alcuni college. Tab. 1 – Le università nel Regno unito fino al 2008 Nome Data di fondazione Ancient Universities University of Oxford University of Cambridge University of St Andrews University of Glasgow University of Aberdeen University of Edinburgh Saint David's College, ora University of Wales, Lampeter Durham University University of London Queen's University Belfast Bangor University prima del 1167 1209 tra il 1410 e il 1413 1451 1495 1582 1822 1832 1836 1849 1884 Red brick (civic) universities University of Birmingham University of Liverpool University of Leeds University of Sheffield University of Bristol University of Reading University of Nottingham University of Southampton University of Hull University of Exeter University of Leicester 1900 1903 1904 1905 1909 1926 1948 1952 1954 1955 1957 Plate glass universities University of Sussex Keele University University of East Anglia University of York Newcastle University Lancaster University University of Strathclyde University of Kent University of Essex University of Warwick Loughborough University Aston University Brunel University University of Surrey University of Bath University of Bradford City University, London Heriot-Watt University University of Salford University of Dundee University of Stirling Royal College of Art Cranfield University Open University University of Buckingham University of Ulster 1961 1962 1963 1963 1963 1964 1964 1965 1965 1965 1966 1966 1966 1966 1966 1966 1966 1966 1967 1967 1967 1967 1969 1969 1976 1984 New universities Napier University Anglia Ruskin University Birmingham City University Bournemouth University University of Brighton University of Central Lancashire De Montfort University Coventry University University of Derby University status 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 9 University of East London University of Glamorgan University of Greenwich University of Hertfordshire University of Huddersfield Kingston University Leeds Metropolitan University University of Lincoln Liverpool John Moores University London South Bank University Manchester Metropolitan University Middlesex University Northumbria University Nottingham Trent University Oxford Brookes University University of the West of Scotland University of Plymouth University of Portsmouth Robert Gordon University Sheffield Hallam University Staffordshire University University of Sunderland University of Teesside Thames Valley University University of Westminster University of the West of England University of Wolverhampton Glasgow Caledonian University University of Abertay Dundee University of Gloucestershire University of Wales, Newport London Metropolitan University University of Bolton University of the Arts London Cardiff University Roehampton University University of Manchester Bath Spa University Canterbury Christ Church University University of Chester University of Chichester University of Winchester Liverpool Hope University Southampton Solent University University of Worcester University of Northampton University of Bedfordshire Edge Hill University York St John University Queen Margaret University Buckinghamshire New University Imperial College London University of Cumbria Aberystwyth University Bangor University University of Wales, Lampeter Swansea University Trinity College, Carmarthen University of Wales Institute, Cardiff Swansea Metropolitan University 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1992 1993 1994 2001 2002 2002 2004 2004 2004 2004 2004 2005 2005 2005 2005 2005 2005 2005 2005 2005 2006 2006 2006 2007 2007 2007 2007 2007 2007 2007 2007 2007 2007 2008 Unioni e dissolvimenti di precedenti istituzioni Victoria University University of Wales University status 1880 "Chiusura" 1904 Leeds e Liverpool hanno lasciato la Victoria e sono diventate università autonome; è sopravvisuto il college Victoria University of Manchester che poi si è unito all'UMIST nel 2004 per diventare l'attuale Università di Manchester 1893 "Chiusura" 2007 10 Victoria University of Manchester New University of Ulster St Martin's College I colleges sono diventati istituzioni indipendenti affiliate 1904 "Chiusura" 2004 si è unito con l' UMIST per formare l' Università di Manchester 1968 "Chiusura" 1984 si è unita con l' Ulster Polytechnic per formare l' University of Ulster 2006 "Chiusura" 2007 si è unita con il Cumbria Institute of the Arts e com parte dell' University of Central Lancashire per formare l' University of Cumbria Fonte: www.smso.net 2.2. Tipo di offerta formativa L’offerta formativa è suddivisa in livelli e tale suddivisione è sostanzialmente una tradizione in Gran Bretagna. Tuttavia abbiamo traccia della loro effettiva esistenza sono nel 1988 nell’Education Act. Sembra che la prassi delle singole università a partire da quella data sia stata resa trasparente e riconoscibile da parte di utenti sempre più numerosi (è il periodo in cui l’istruzione universitaria diventa di massa) e per questo con maggiori esigenze di conoscenza dell’offerta formativa. Nelle interviste ai testimoni privilegiati emerge proprio questo aspetto: L’Higher education act del 1988 non ha esattamente formalizzato i livelli di qualifica. Ha proposto invece un National qualification framework come tentativo di dare maggiore trasparenza agli utenti (famiglie e studenti). [Peter Scott, Vice-Chancellor Kingston University of London]; Il Framework ha una forte influenza nella progettazione della didattica. Anche se le università sono autonome, c’è una forte pressione a standardizzare, un senso di mutua responsabilità nei confronti di famiglie e studenti. Dal 1988 nasce anche la necessità di misurare la qualità della didattica e l’act legifera proprio i primi tentativi di valutazione che poi sono ora sfociati nella QAA. [David Watson, London Institute of education]. Ogni università ha programmato i suoi livelli di offerta, in alcuni casi specializzandosi in uno dei due (alcune, come l’Università di Londra, sono note per i loro corsi post-graduate). Tuttavia osservando velocemente l’offerta formativa delle università in UK si può notare un certo equilibrio nell’offerta di corsi undergraduate e post-graduate. Nelle interviste è emerso che nessuna università offre solo corsi undergraduate, mentre è possibile trovare università specializzate in corsi post-graduate (come riportato nella prima citazione). La differenza principale sta nelle università che offrono “Taught courses” o “Research courses” (come emerge nella seconda citazione): Molte università hanno più corsi undergraduate che post-graduate, ma posso affermare che nessuna ha solo corsi undergraduate. Ce ne sono alcune che semmai offrono solo corsi post-graduate (come i Collages of Arts), ma sono un’eccezione. [Peter Scott, Vice-Chancellor Kingston University of London]; Le università si differenziano semmai nel post-graduate se offrono taught o research courses. Le università che hanno meno finanziamenti per la ricerca sono meno incentivate ad offrire research courses. [David Watson, London Institute of education]. In sostanza, maggiore è l’offerta formativa, maggiore è la possibilità di attrarre studenti (che dal 1998 pagano le tasse), maggiore è la possibilità di ottenere fondi (una parte dei fondi viene assegnata sulla base del numero degli studenti: ogni università fa un accordo annuale sulla base degli studenti che 11 prevede di avere e per essi riceve fondi, tramite l’Higher education statistics agency viene verificato, se non li raggiunge deve ridare un proporzione di fondi) (Kogan e altri, 2000). Attualmente l’offerta di corsi di laurea delle università è la seguente: I livello di laurea Inghilterra, Galles, Irlanda del Nord 3 anni. Ci sono due tipi di titolo di studio. L’Honours Bachelor Degree e l’Ordinary Bachelor degree. Il primo si riferisce a corsi pensati per trasmettere conoscenza approfondita della materia. Ci sono tre classi di Honour in base ai voti ottenuti. Dai più alti ai più bassi si ottiene: Honours Bachelor degree First class, Second class, Third class e Pass (viene assegnato a studenti che hanno seguito corsi honour, ma non hanno ottenuto voti sufficienti per rientrare nelle 3 classi). Il Bachelor senza Honours prende il nome di Ordinary degree è senza classificazione ed in genere richiede standard di ingresso inferiori rispetto all’honour. Scozia: l’Honours Bachelor degree dura 4 anni, 2 anni di sub-honours in cui si studiano una varietà di materie; 2 anni di honours in cui ci si specializza in una disciplina specifica con tesi finale. II livello post-laurea Si suddividono in Post-graduate taught courses e Post-graduate research courses. I primi sono simili al first degree come modalità di insegnamento (moduli, ecc.), sono master o corsi professionalizzanti di 1 anno (full-time o 2 anni part-time se l’università ne dà l’opportunità). Fanno parte di questi corsi sia i master come MBA, Master of arts, ecc., sia corsi che rilasciano un diploma o un certificato professionale (come per esempio il Postgraduate certificate of education). Possono essere un primo step verso il dottorato. I secondi invece sono orientati alla ricerca e conducono all’ottenimento del Ph.d con uno o due anni aggiuntivi. Per accedervi è necessario avere almeno la seconda classe del Bachelor with Honours. Sono sostanzialmente tre: il Master of Phliolophy (MPhil) è una versione più corta del Phd e alcune università tendono a farvi entrare i potenziali studenti Phd permettendo loro di ottenere il dottorato con 1 anno o 2 in più; il Master of research (MRes) è più strutturato e organizzato del MPhil ed in genere è pensato per preparare gli studenti ad una carriera di ricerca (anche per esso è previsto un anno o due finali per ottenere il Phd); il Master of letter (MLitt) dura due anni e in alcune università (come Cambridge e le ‘ancient’ università della Scozia) è in genere assegnato quando uno studente non può completare o non completa l’anno o gli anni finali per ottenere il Phd. L’ammissione ai corsi viene gestita da un’agenzia centrale che coordina le procedure di ammissione (University and College admission services -UCAS), sono le università che poi scelgono, ma i criteri variano da dipartimento a dipartimento. Tali criteri si basano ormai principalmente i voti ottenuti nell’Advanced level (un certificato non obbligatorio, ma ormai criterio base per entrare in università, che consiste in esami svolti negli ultimi due anni di scuola secondaria). Esistono cumulativamente anche altri requisiti come le esperienze di studio professionalizzanti (anche all’estero), le esperienze dei cosiddetti mature students (che non hanno però titoli), ecc. Se i candidati validi superano il numero dei posti, vi sono ulteriori criteri come per esempio le referenze dei professori, colloqui individuali e presentazione di motivazioni personali. Per gli studenti stranieri l’autorità competente è il National Academic Recognition Centre che valuta se i titoli stranieri sono compatibili con i criteri UK e ovviamente la conoscenza dell’inglese(Cheps, 2003;Eurodice). 12 2.3. La ricerca Nel Regno Unito la ricerca scientifica è svolta principalmente dalle università nei vari dipartimenti. Nelle università la didattica e la ricerca convivono anche se non sempre in maniera efficiente. Prima della fine del sistema binario era chiara la differenza tra le istituzioni dell’istruzione terziaria che fornivano principalmente formazione professionale (i Politecnici) e le università che invece erano i centri di eccellenza per la ricerca scientifica. A partire dalla metà degli anni ’80 però anche i Politecnici hanno sviluppato una cospicua attività di ricerca ed ora concorrono con le ‘old universities’ nel RAE. In letteratura e nelle interviste ai testimoni privilegiati si sottolinea che la differenza tra old e post-1992 universities sotto il profilo della ricerca (ma anche nell’offerta formativa come si vedrà più avanti) è sempre meno marcata. Ci sono post-1992 universities che ottengono buone posizioni nel RAE. Inoltre sono aumentati i research courses nelle post-1992 universities, insieme al numero dei dottorati di ricerca (Taylor, 2003). Nelle interviste è emerso che la differenza forse risiede ancora – ma sempre meno – tra il tipo di ricerca che si svolge. Gli ex politecnici sono forse più orientati alla ricerca applicata, mentre le pre-1992 universities si concentrano maggiormente sulla ricerca “pura” (accademica). 3. Le fonti di provenienza dei finanziamenti: verso una maggiore apertura all’esterno? Con la riforma del sistema di finanziamento delle università, sempre più sotto il controllo del governo centrale, a partire dagli anni ’90 nascono i primi sistemi di valutazione della didattica che legano i suoi contenuti a determinati standard. Più ci si avvicina agli standard più è probabile ottenere non solo più fondi, ma anche una determinata immagine sociale (le classifiche vengono pubblicate sui principali quotidiani del paese). Nel 1997 nasce la QAA (quality assurance agency, con un sistema di auditing esterno) che porterà alla creazione nel 2001 del National qualifications framwork. Alla base di questi programmi c’è il tentativo di razionalizzare l’offerta formativa sulla base delle esigenze economiche della società. Non si tratta di classi disciplinari o curricula stabiliti a livello nazionale in quanto ancora si ribadisce l’autonomia delle università, ma di fatto queste devono tenerne conto in quanto potrebbero avere valutazioni negative ‘non confidence’ (il che influisce anche sulla possibilità di attirare studenti, sul loro ruolo si tornerà più avanti) e hanno un anno per recuperare, poi i funding councils si attivano per diminuire i fondi e chiedere risarcimento. Insieme a questo tipo di controllo sui fondi, va ricordato che gli studenti a partire dal 1998 pagano le tasse nelle modalità descritte più sopra. Per quanto riguarda la ricerca, l’introduzione del RAE (il più recente è del 2008) ha influito non solo per il fatto che le università sono ora maggiormente in competizione tra loro, ma anche dal punto di vista dell’organizzazione delle attività di ricerca (maggiore efficienza e orientamento al risultato). Inoltre, le università sono stimolate a cercare fonti di finanziamento alternative rispetto ai fondi pubblici - gli ex-politecnici e il loro legame con la realtà locale, ma anche le università sorte negli anni ’60 nelle quali una grossa fetta delle ricerche è finanziata da contratti con le aziende – da una parte per la generale diminuzione dei finanziamenti, dall’altra per non essere esclusivamente dipendenti da un sistema così selettivo quale è il RAE (Henkel e Little, 1999). Nelle interviste agli esperti di Higher Education è emerso proprio questo aspetto: L’obiettivo reale di alcune università è quello di diminuire la dipendenza dal governo diversificando i finanziamenti. Università come Oxford e Cambridge o Warwick attraggono soldi dall’esterno. [Micheal Schattock, London Institute of Education]. 13 Le università sono state spinte a cercare fonti di finanziamento diverse anche se con buone posizioni nella graduatoria RAE. In letteratura i casi più citati sono le ‘plate glass universities’: nel RAE del 1996 cinque di loro (Warwick, Lancaster, York, Essex, Sussex) figuravano tra le prime 12 università per qualità della ricerca. Queste università si sono costruite un network con il sistema economico locale dal quale traggono una grossa fetta del loro reddito (Warwick in testa anche grazie alla sua posizione particolarmente strategica: al cuore di un network stradale e ferroviario e vicina ad un aeroporto internazionale) (Warner e Palfreyman, 2001). Nel RAE del 2008 tra le 4 università considerate la meglio posizionata è l’Università di Manchester che figura tra le prime 15 con punteggio 4 (ossia con qualità di ricerca riconosciuta internazionalmente), l’Università di Liverpool ha buone performance ma è piuttosto lontana dai valori di Manchester, seguono la Liverpool John Moores University e la Manchester Metropolitan University. La tabella 2 mostra le fonti principali di reddito delle istituzioni di educazione terziaria. Dalla tabella si vede chiaramente un forte aumento dei fondi provenienti dall’esterno anche se sui bilanci pesano (valori fra parentesi) ancora prevalentemente i fondi pubblici provenienti dai Funding Councils. L’ultima sezione della tabella rileva che il tasso di crescita delle entrate è superiore negli ambiti in cui le istituzioni sono maggiormente in rapporto con l’esterno (contratti di ricerca, servizi offerti, commesse e brevetti)6. Il loro peso percentuale sul reddito (valori fra parentesi) è aumentato in maniera non difforme alle altre voci (tutte si aggirano intorno ad un paio di punti percentuali). Nelle università considerate il tasso di crescita più alto tra le voci relative ai contratti di ricerca e ai servizi esterni si rileva per la Liverpool John Moores University. Anche nella Manchester Metropolitan University il tasso di crescita in queste voci è abbastanza elevato. Ciò va a conferma di una strategia orientata a sopperire le inferiori performance nel RAE degli ex-politecnici rispetto alle old universities. Emblematica a questo proposito è la dichiarazione del direttore della Business School della Liverpool John Moores University: Il RAE ha influenzato tutti gli ex-politecnici. Ci siamo chiesti con alcuni colleghi qualche giorno fa quali priorità dobbiamo avere per la ricerca. Dobbiamo seguire il RAE? Non per forza, ma è importante per la credibilità accademica. Non siamo completamente focalizzati al RAE, lo facciamo e cerchiamo di ottenere buoni risultati, ma cerchiamo anche di aprire verso l’esterno le nostre entrate. [Paul Joyce, Direttore Business School, Liverpool John Moores University] La tabella 2 mette tuttavia in evidenza che i fondi provenienti dai Funding Councils per la Manchester Metropolitan Univesity in entrambi gli anni considerati sono addirittura superiori a quelli dell’Università di Liverpool. Si tratta però di fondi prevalentemente erogati per la didattica, come mostra la tabella 3. Per gli ex-politecnici la percentuale di fondi per la didattica provenienti dai Funding Councils è intorno al 90% (valori fra parentesi). La Manchester Metropolitan University sembra quindi avere performance migliori nella competizione sui fondi per la didattica, si vede infatti nella tabella 3 che il suo peso sui fondi erogati a livello nazionale è il più alto insieme all’Università di Manchester. Quest’ultima poi spicca per il cospicuo ammontare dei fondi per la ricerca (il 4,4% sui fondi erogati a livello nazionale) che ottiene grazie all’ottima posizione nel RAE. Da questi dati si vede come le attività svolte dalle Università considerate ricalchino la classica distinzione tra teaching e reasearch universities (ex-politecnici vs old universities), e tra università maggiorment orientate alla ricerca applicata e allo sviluppo locale (gli ex-politecnici) e università maggiormente orientate alla ricerca pura (le old universities). Questo aspetto è emerso anche nelle interviste alla Manchester Metropolitan 6 I dati a nostra disposizione per la voce di bilancio relativa a commesse e dirtti di proprietà intellettuale (Hesa, vari anni) evidenziano sia a livello nazionale sia nelle università considerate un generale aumento delle entrate per l’uso degli edifici e per gli affitti dei campus. Sono molto basse invece le entrate relative ai diritti di proprietà intellettuale in quanto i dati si riferiscono alle istituzioni, mentre il reddito relativo a tali diritti è prevalentemente percepito dai singoli proprietari. 14 University. Sia il Deputy Vice-Chancellor sia il Pro-vice Chancellor hanno sottolineato di essere una teaching university e di voler accrescere tale identificazione diventando la leading professional university: Noi siamo una teaching university. Siamo diversi dall’University of Manchester che invece è research intensive. E’ vero che anche noi facciamo le submission per il RAE e tra i nostri obiettivi c’è quello di migliorare la nostra posizione, ma la nostra natura è prevalentemente teaching [Burry Plumb, Deputy Vice-Chancellor, Manchester Metropolitan University]. Stiamo cercando di essere più competitivi e ci vogliamo differenziare, vorremmo diventare la leading professional universities [Huw Morris, Pro-Vice Chancellor e Preside della Business School, Manchester Metropolitan University] Tabella 2 – Ammontare (in migliaia di sterline) e fonti di provenienza dei fondi delle istituzioni HE ('94-'95/'05-'06). In parentesi la percentuale sul reddito totale Academic fees e support Funding councils grants Commesse Research e diritti di grants e Servizi proprietà contratti offerti intellettuale Rendite Totale 1994/1995 461.071 1.261.473 240.193 10.038.527 4.374.054 2.248.615 1.453.122 Totale UK (43,5) (22,3) (14,4) (4,5) (12,5) (2,3) (100) 43.317 24.440 2.109 2.139 7.286 821 80.112 Liverpool John Moores University (54,1) (30,5) (2,6) (2,7) (9,1) (1,0) (100) 63.368 25.802 28.985 6.601 17.817 4.674 147.247 University of Liverpool (43,0) (17,5) (19,7) (4,5) (12,1) (3,2) (100) 63.468 29.619 2.896 3.617 9.354 1.210 110.164 Manchester Metropolitan University (57,6) (26,9) (2,6) (3,3) (8,5) (1,1) (100) 86.133 45.527 43.600 7.902 46.153 5.558 234.873 Victoria University of Manchester (36,7) (19,4) (18,6) (3,4) (19,7) (2,4) (100) 27.925 18.615 14.989 5.396 10.199 2.870 79.994 Umist (34,9) (23,3) (18,7) (6,7) (12,7) (3,6) (100) 2006/07 8.030.651 5.413.985 3.376.991 1.313.930 2.763.455 390.841 21.289.853 Totale UK (37,7) (25,4) (15,9) (6,2) (13,0) (1,8) (100) 70.433 45.686 9.376 10.231 6.390 1.583 143.699 Liverpool John Moores University (49,0) (31,8) (6,5) (7,1) (4,4) (1,1) (100) 100.203 53.265 78.965 15.181 43.480 12.541 303.635 University of Liverpool (33,0) (17,5) (26,0) (5,0) (14,3) (4,1) (100) 100.398 66.970 7.876 6.634 21.877 4.388 208.143 Manchester Metropolitan University (48,2) (32,2) (3,8) (3,2) (10,5) (2,1) (100) 182.237 137.682 173.606 9.683 118.526 15.586 637.320 University of Manchester (28,6) (21,6) (27,2) (1,5) (18,6) (2,4) (100) Var % (06-07/94-95) Totale UK 83,6 140,8 132,4 185,0 119,1 62,7 112,1 Liverpool John Moores University 62,6 86,9 344,6 378,3 -12,3 92,8 79,4 University of Liverpool 58,1 106,4 172,4 130,0 144,0 168,3 106,2 Manchester Metropolitan University 58,2 126,1 172,0 83,4 133,9 262,6 88,9 University of Manchester 59,8 114,7 196,3 -27,2 110,3 84,9 102,4 Note: 1. Per il calcolo della variazione percentuale i valori relativi a Umist e Victoria University sono stati sommati. Fonte:Hesa (vari anni) Definizioni: 1) Funding council grants: fondi provenienti dai funding councils; 2) Academic fees (Tuition dal 1998) and grants: tasse studenti (dove previste prima del 1998, allargate poi a tutti gli studenti dal 1998), grants e contratti di supporto alla formazione per la ricerca provenienti da varie fonti prevalentemente pubbliche (i research councils per esempio); 3) Research grants e contratti : fondi provenienti da ricerche sponsorizzate esternamente, ossia non dai funding councils 15 (research councils, charities, autorità locali, imprese, fondi europei, ecc); 4) Servizi offerti: servizi offerti all’esterno (non solo ricerca); 5)Commesse, brevetti e licenze: i brevetti e le licenze, commesse (comprese per esempio l’organizzazione di conferenze) derivanti da autorità locali; Rendite: le rendite degli immobili, degli interessi maturati, ecc. Tabella 3 – Ripatizione dei fondi provenienti dai Founding Councils (2006/2007). In parentesi la percentuale sul totale. Totale UK Liverpool John Moores University University of Liverpool Manchester Metropolitan University7 University of Manchester Liverpool John Moores University University of Liverpool Manchester Metropolitan University University of Manchester Fondi per la didattica 5.358.952 (66,7) 62.370 (88,6) 63.458 (63,3) 91.247 (90,9) 90.677 (49,8) 1,2 1,2 1,7 1,7 Finaziamento Finanziamento per uscite in per Further conto Education Fondi per Altri capitale la ricerca fondi (immobili) Totale 1.671.653 602.058 285.621 112.367 8.030.651 (20,8) (7,5) (3,6) (1,4) 3.007 4.241 815 0 70.433 (4,3) (6,0) (1,2) 29.075 4.928 2.742 0 100.203 (29,0) (4,9) (2,7) 3.489 4.025 988 649 100.398 (3,5) (4,0) (1,0) (0,6) 74.319 13.569 3.672 0 182.237 (40,8) (7,4) (2,0) % Sui fondi erogati a livello nazionale 0,2 0,7 0,3 0,0 0,9 1,7 0,8 1,0 0,0 1,2 0,2 0,7 0,3 0,6 1,3 4,4 2,3 1,3 0,0 2,3 Fonte: Hesa (2008). 4. La ricerca come commercializzazione collaborazione, innovazione, applicazione e La distinzione tra ricerca pura e ricerca applicata è maggiormente visibile nei dati specifici alle fonti di finanziamento per la ricerca. A livello nazionale il grafico 1 mostra chiaramente che la maggior parte delle entrate relative alla ricerca proviene da fonti pubbliche o affini (Research Councils, Charities, Governo Centrale e locale), mentre le aziende pubbliche o private coprono il 6%. Quindi la ricerca dipende ancora per un’ampia quota dal finanziamento pubblico, si giustifica quindi l’enfasi più volte ricordata nell’ottenere buone posizioni nel RAE. Nelle interviste agli esperti di Higher Education è emersa la rilevanza dei Research Councils e delle Charities, i quanto i primi offrono finanziamenti a progetti di ricerca, mentre le Charities offrono strutture di supporto e finanziamenti per acquisirle: I Research Councils e le Charities sono gli enti più importanti per finanziare progetti di ricerca. Offrono un supporto a progetti specifici. Le Charities offrono finanziamenti per le strutture e il materiale necessario. [Peter Scott, Vice-Chancellor Kingston University of London]; I Research Councils sono molto importanti, sono forse l’unico modo per ottenere finanziamenti individuali per il proprio progetto. Le autorità locali sono meno rilevanti da questo punto di viste. [Nick Hammond, Direttore Higher education Academy]. 7 La Manchester Metropolitan University ha fondi per le attività di futher education che in genere vengono erogati agli appositi college. In effetti tale università ha una sede nel Cheshire che ha riunito alcuni college e offre corsi di life long learning. 16 Grafico 1. Tutte le fonti di finanziamento per la ricerca nel Regno Unito (percentuale sul totale), 2006/2007 DIUS Research Councils 23% Founding Councils 33% Altre fonti 1% Altre fonti straniere 4% Unione Europea 6% Charities 15% Autorità governtative centrali e locali, istituzioni sanitarie 12% Industria, commercio e aziende pubbliche 6% Fonte: Hesa (2008) Tuttavia la tabella 4 che considera le fonti di finanziamento per la ricerca nelle università considerate, da una parte ricalca per tutte la ripartizione che osserviamo nel grafico 1, dall’altra però mostra un maggiore peso per i due ex-plolitecnici delle entrate provenienti dalle istituzioni locali (la voce autorità governative e locali, istituzioni sanitarie) e per la Manchester Metropolitan University la percentuale maggiore di fondi provenienti da industria, commercio e aziende pubbliche (l’8,9%, al di sopra della media nazionale). Vi è quindi un maggiore orientamento da parte degli ex-politecnici alla ricerca applicata e al rapporto con le istituzioni locali, mentre sembra più elevato per le old universities l’orientamento alla ricerca pura. Si noti infatti che l’Università di Manchester ha la più alta percentuale non solo di fondi provenienti dai Funding Councils, ma anche di quelli provenienti dai Research Councils i quali, come si è visto, finanziano progetti di ricerca per stimolare l’innovazione (quindi molto vicini al concetto di ricerca pura). Anche nelle interviste è più volte emerso il forte orientamento alla ricerca pura da parte delle old universities e Manchester in particolare. Manchester è divisa in due anime: una locale e una mondiale. Quella mondiale è basata sulla sua strategia di eccellenza della ricerca. E’ Un’università molto internazionalizzata. Domina le università del north west. [George Baxter, North West Developmente Agency]. 17 Tab 4 - Tutte le fonti di finanziamento per la ricerca nelle Università considerate (percentuale sul totale), 2006/2007. Research Councils Charities Autorità governtative centrali e locali, istituzioni sanitarie Industria, commercio e aziende pubbliche Unione Europea Altre fonti straniere Altre fonti Founding Councils Totale (migliaia di sterline) Fonte: Hesa (2008) Liverpool John Moores University 15,1 4,3 University of Liverpool 19,4 15,1 Manchester Metropolitan University 13,1 2,5 University of Manchester 25,1 17,1 42,4 14,2 39,3 13,0 3,8 5,5 0,9 0,8 27,2 11.050 3,2 7,4 10,0 0,6 30,2 96.217 8,9 6,6 0,2 0,7 28,7 12.173 4,2 3,9 1,4 0,9 34,5 215.368 Come abbiamo visto nelle università del Regno Unito didattica e ricerca convivono. Tuttavia è in corso da almeno una decina d’anni un processo di progressiva “separazione interna”. Il RAE influisce fino al 20% dei fondi delle istituzioni da parte del governo centrale ed è per questo motivo che le università hanno dato più importanza all’ottenere buone posizioni nel RAE invece che nel sistema di valutazione della didattica (seppur importante per l’immagine sociale dell’istituzione). Si è creata una separazione tra ricerca e didattica che ha avuto risvolti sia nella struttura universitaria (nascita di centri di ricerca e graduate schools per separare la ricerca dall’attività didattica), sia nella ‘divisione del lavoro’ accademico (i ricercatori più rinomati svolgono principalmente attività di ricerca delegando l’attività didattica a docenti a contratto o a dottorandi) (Warner e Palfreyman, 2001; Bargh e altri, 2000). Nelle interviste agli esperti di Higher Education è emerso che nelle università più research intensive si sono creati centri di ricerca relativamente autonomi nella gestione e nel reperimento dei finanziamenti: Nelle università più prestigiose dal punto di vista della ricerca, si incoraggia la creazione di centri di ricerca all’interno dei dipartimenti. Questi sono praticamente indipendenti nella gestione dei fondi e nel reperimento degli stessi. Insieme ai Science Park, questi centri sono molto legati alla realtà locale [Micheal Schattock, London Institute of Education] Nelle università considerate esistono molti centri di ricerca, non tutti però con una loro indipendenza finanziaria rispetto a Dipartimenti e Facoltà. Questo soprattutto negli ex-politecnici come la Manchester Metropolitan University e la Liverpool John Moores University. Presso L’ Università di Manchester sono presenti 15 centri di ricerca. In realtà dalle interviste è emerso che la creazione di tali centri non ha portato ad una vera e propria separazione dalla didattica (questo nemmeno nei centri di ricerca dell’Università di Manchester anche se uno degli intervistati era solo ricercatore ha però ricordato che rappresentava un’eccezione nell’Ateneo). I centri di ricerca sono un modo per concentrare formalmente un certo numero di persone e di conseguenza servono ad aumentare le chances di un buon posizionamento nel RAE (che considera anche la percentuale di staff dedicato alla ricerca): Abbiamo creato 10 centri di ricerca connettendo più discipline. Questo è importante per il RAE in quanto nei centri di ricerca figurano persone da tutte le facoltà che altrimenti sarebbero state poco visibili in termini formalizzazione dell’attività di ricerca che svolgono. [Burry Plumb, Deputy Vice-Chancellor, Manchester Metropolitan University]. 18 Nelle interviste si intuisce un certo ottimismo nel descrivere il rapporto tra università ed economica locale, in sostanza tutti gli intervistati hanno sottolineato che esiste una forte relazione tra le università e il contesto locale. Alcune università hanno decentrato sedi e istituito centri di ricerca proprio per rendere più efficace ed efficiente tale rapporto. Tuttavia il rapporto tra ricerca universitaria ed economia locale è meno lineare di quanto si pensi e soprattutto di quanto le autorità locali – le varie Developement Agencies - vorrebbero. In generale le RDA vorrebbero più legami tra le università e la realtà locale, magari dedicando programmi di ricerca solo a determinate aziende. La sezione che dirigo io (Science and Innovation) punta però ad aumentare la capacità competitiva delle università nel mondo. Alcuni miei colleghi sostengono che Manchester dovrebbe aprire un centro dedicato a Injeket, ma penso che rovinerebbe la sua reputazione. Questo genere di relazione va bene con i politecnici, ma anche loro giustamente stanno cercando di puntare sulla ricerca pura e non legarsi quindi solo alla realtà locale [George Baxter, North West Development Agency] Le analisi mostrano che dal punto di vista della ricerca i rapporti tra università e economia locale sono abbastanza diffusi, ma vi sono alcune differenze significative. I contratti di ricerca locali sono meno numerosi rispetto a quelli stipulati a livello interregionale e nazionale (Adams e Smith, 2004). La prossimità risulta particolarmente rilevante per le piccole e medie imprese, che non hanno tempo e conoscenze (ma forse anche risorse finanziarie) per identificare realtà di ricerca lontane dalla regione in cui hanno sede, oltre al fatto che il loro mercato di riferimento potrebbe essere la regione stessa. Invece, le imprese più grandi che operano su mercati nazionali e internazionali si rivolgono più spesso ai dipartimenti delle università sparse su tutto il territorio (spesso puntando su quelli più prestigiosi), seppur non escludendo totalmente le università più prossime alle loro sedi. (Lambert Report, 2003). La tabella 5 mette in evidenza il numero elevato di contratti tra le grandi imprese e la regione di Londra. In linea di massima si può affermare che laddove le grandi imprese hanno stipulato più contratti di ricerca con le università (le regioni con le università più prestigiose laddove si rileva anche il più elevato numero di contratti con organizzazioni non imprese commerciali), il cui numero è in neretto nella tabella, sono quelle in cui invece le piccole imprese ne hanno stipulati di meno, a conferma di quanto appena affermato circa le strategie delle imprese nei rapporti con le università. Ad eccezione del South-East dove si trova Cambridge, in quanto si tratta di un’area ricca di piccole imprese High-Tech. In termini di peso dei contratti tra imprese e altre organizzazioni non commerciali in Inghilterra il North West risulta essere tra le regioni con la maggiore percentuale di contratti con le imprese commerciali (ciò per via del suo sistema produttivo ancora fortemente industrializzato). La tabella 6 mostra quanto accade nelle università che abbiamo analizzato. In generale si osserva che nelle università research intensive come Manchester e Liverpool vi è un’alta percentuale di contratti con le imprese e di queste prevalentemente grandi. Va tuttavia notato che il valore dei contratti con le imprese è in genere più basso rispetto al valore dei contratti provenienti da altre organizzazioni (istituzioni locali, associazioni di categoria, autorità governative, ecc.). Questo anche per gli expolitecnici considerati che per altro registrano un peso maggiore dei contratti con altre organizzazioni a conferma di quanto visto più sopra circa il loro rapporto con le istituzioni e le realtà locali. In generale quindi le imprese investono meno nei contratti di ricerca di quanto non facciano altre organizzazioni. I dati della tabella 7, che invece considera i contratti di consulenza, mostrano per la Liverpool John Moores University un numero piuttosto elevato di contratti con le piccole imprese. Interessante è notare che anche l’Università di Liverpool presenta un numero elevato di consulenze con le piccole imprese. Questi valori suggeriscono due interpretazioni. Da una parte che il rapporto con le piccole imprese e le università è più di tipo consulenziale che di vera e propria ricerca. Questo aspetto è stato sottolineato anche da un dirigente della NW development agency: “Per le piccole imprese è difficile investire in ricerca con grandi università. Si rivolgono a queste prevalentemente per la consulenza. Noi abbiamo dato un voucher alle piccole imprese per avere consulenza strategica e tecnologica” (George Baxter). 19 Del resto è abbastanza ovvio che le piccole imprese siano meno propense ad investire in ricreca (high tech a parte) viste le loro inferiori risorse finanziarie. In effetti anche a livello nazionale, come si vede dalla tabella 8, il numero di contratti di consulenza con le piccole imprese è più elevato rispetto non solo a quello con le grandi, ma anche, se confrontiamo con la tabella 5, a quello relativo ai contratti di ricerca. Dall’altra valori simili per le due principali università di Liverpool suggeriscono un legame consolidato tra queste è le imprese locali, a differenza di Manchester (soprattutto l’Università di Manchester) che è maggiormente orientata a livello nazionale e internazionale. L’università di Liverpool è molto coinvolta nel processo di “rigenerazione” economica della zona (chiamata Merseyside). L’università di liverpool ci sono alcuni dipartimenti come le hard sciences che hanno una intensa ricerca. In realtà Liverpool non è quella più international research based all’interno del Russel Group (le università research intensive). L’università di Liverpool è molto impegnata nella rigeneretion della città e del north of england, compreso il progetto di Liverpool 2008 capital of culture. Ha forti relazioni con le imprese sono locali anche se ha anche forti relazioni internazionali. C’è la necessità a Liverpool di rigenerazione economica [Stuart Wilks-Heeg, Dipartimento di sociologia, University of Liverpool] 20 Tab. 5 Contratti di ricerca stipulati (e loro valore) fra le istituzioni di educazione terziaria e le organizzazioni esterne per regione (2008). North East North West Yorkshire and the Humber East Midlands West Midlands East of England London South East South West Inghilterra Scozia Galles Irlanda del Nord UK Numero di contratti con piccole medie imprese 66 184 172 215 390 133 274 341 91 1.866 256 112 140 2.374 Valore dei contratti con PMI (£000s) 945 2.729 2.922 2.758 2.750 2.927 6.935 4.509 1.328 27.803 7.284 1.383 364 36.833 Numero di contratti con altre (non-PMI) imprese 302 894 1.002 797 750 619 2.101 1.026 591 8.082 1.140 339 210 9.771 Valore dei contratti con altre (non-PMI) imprese (£000s) Numero di contratti con altre organizzazioni (non imprese commerciali) Valore dei contratti con altre organizzazioni (non imprese commerciali) 10.134 16.128 20.942 14.183 11.792 32.709 73.615 47.489 10.746 237.738 50.227 8.687 3.390 300.042 936 1100 1760 599 1447 332 2991 1893 1452 12510 1292 661 264 14727 20.051 33.396 52.333 9.476 44.483 8.201 138.161 65.571 26.711 398.383 25.570 14.878 6.992 445.823 Numero % contratti totale dei con contratti imprese 1.304 2.178 2.934 1.611 2.587 1.084 5.366 3.260 2.134 22.458 2.688 1.112 614 26.872 28,2 49,5 40 62,8 44,1 69,4 44,3 41,9 32 44,3 51,9 40,6 57 45,2 Nota: sono esclusi I contratti con governo, Unione Europea e Research Councils Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community 21 Tab. 6 Contratti di ricerca stipulati (e loro valore) fra le università considerate e le organizzazioni esterne (2008). Numero contratti con piccole medie imprese Valore contratti con PMI (£000s) Numero Valore contratti con contratti con altre (non- altre (non PMI) PMI) imprese imprese (£000s) Numero di contratti con altre organizzazioni (non imprese commerciali) Valore dei contratti con altre organizzazioni (non imprese commerciali) Numero totale dei contratti % contratti con imprese 157 27,4 550 70,7 162 26,5 842 26.872 58 45,2 Liverpool John Moores University 7 20 36 316 114 2.411 University of liverpool 35 350 354 5.358 161 6.098 Manchester Metropolitan University 7 100 36 552 119 2.359 University of 777 437 9.005 354 14.571 Manchester 51 UK 2.374 36.833 9.771 300.042 14.727 445.823 Nota: sono esclusi I contratti con governo, Unione Europea e Research Councils Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community Tab. 7 Contratti di consulenza stipulati (e loro valore) fra le università considerate e le organizzazioni esterne (2008). Valore Numero Numero contratti con contratti con contratti con altre (non Numero di contratti Valore dei contratti PMI) piccole Valore altre (noncon altre con altre imprese medie contratti con PMI) organizzazioni (non organizzazioni (non (£000s) imprese commerciali) imprese commerciali) imprese PMI (£000s) imprese Numero totale dei contratti Liverpool John Moores University 652 185 110 389 85 1.805 847 University of liverpool 308 4.634 24 1.654 24 1.251 356 Manchester Metropolitan University 2 246 12 571 22 308 36 University of Manchester 38 137 100 1.517 179 1.151 317 UK 20.777 46.999 9.150 78.768 28.018 162.024 57.945 Fonte:Elaborazione su dati HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community % contratti con imprese 90 93,3 38,9 43,5 51,6 22 Tab. 8-Contratti di consulenza stipulati (e loro valore) fra le istituzioni di educazione terziaria e le organizzazioni esterne per regione (2008). Valore Numero Numero contratti Numero di Valore dei contratti Valore contratti con altre contratti con altre contratti con altre con piccole contratti con altre (non PMI) organizzazioni organizzazioni medie con PMI (non-PMI) imprese (non imprese (non imprese imprese (£000s) imprese (£000s) commerciali) commerciali) North East 510 2.719 509 2.770 11.524 16.661 North West 683 7.637 1.290 9.881 11.941 3.492 Yorkshire and the Humber 700 3.112 928 5.779 1.030 11.022 East Midlands 206 1.112 396 2.860 399 4.264 West Midlands 3.760 805 6.303 1.054 8.136 17.386 East of England 1.309 2.384 478 5.499 609 13.732 London 1.379 3.713 1.997 1.276 9.940 34.936 South East 1.498 4.422 1.376 2.014 14.985 22.909 South West 506 2.694 450 6.020 641 15.497 Inghilterra 17.736 35.857 7.539 61.793 25.057 141.151 Scozia 985 984 823 10.710 7.517 14.296 Galles 1.520 2.729 380 2.081 1.758 9.048 Irlanda del Nord 536 896 247 598 380 1.115 UK 20.777 46.999 9.150 78.768 28.018 162.024 Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community Numero % contratti totale dei con contratti imprese 17.680 5,8 5.465 76,4 2.658 61,2 1.001 60,1 9.995 89,5 2.396 74,6 4.652 57,1 4.888 71,8 1.597 59,9 50.332 50,2 2.792 70,5 3.658 51,9 1.163 67,3 57.945 51,6 23 Per concludere il discorso sulla collaborazione alla ricerca è utile osservare il grafico 2, che in realtà mostra un risultato abbastanza scontato, ossia che la collaborazione di ricerca tra università e imprese si rivolge principalmente alle cosiddette “scienze pure”8. Grafico 2. Reddito (in milioni di sterline) proveniente da ricerche finanziate dalle aziende (per centri di costo selezionati), 2002-2003 Studi sociali Ingegneria dei materiali Economia Scienze ambientali Ingegneria generale Ingegneria elettrica, elettronica e informatica Chimica Bioscienze Ingegneria meccanica e aerospaziale Medicina clinica 0 10 20 30 40 50 60 70 Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2003), Higher education business and community. Outcomes della ricerca Il rapporto con l’ambiente socio-economico esterno passa anche attraverso la circolazione dei prodotti di ricerca. E’ quindi necessario concentrare l’attenzione sui principali outcomes prodotti dalla ricerca svolta nelle istituzioni di educazione terziaria. Il primo punto sul quale vale la pena soffermarsi è la presenza di invezioni e brevetti di proprietà delle università. L’Oecd (2008) ha stimato che in Europa oltre l’82% dei brevetti è di proprietà delle aziende, mentre solo il 4,8% è di proprietà delle università. Nel Regno Unito, sempre secondo questa fonte, la percentuale di brevetti in possesso delle università è del 7,7%, quindi al di sopra della media Europea. 8 Non siamo disposizione di dati più aggiornati e disaggregati per regioni e istituzioni in quanto i Funding Councils non hanno più raccolto il dato nelle più recenti edizioni della Business and HEI interaction survey. 24 Tab. 9 – Invenzioni e brevetti depositati da o per conto delle istituzioni di educazione terziaria (2008). Numero di nuovi Numero di brevetti brevetti presentati concessi Portfolio brevetti Numero di nell’anno nell’anno cumulativo invenzioni North East 174 58 7 238 North West 75 41 327 524 Yorkshire and the Humber 293 139 38 597 East Midlands 163 107 12 380 West Midlands 255 84 28 450 East of England 191 158 43 539 London 856 381 175 4.036 South East 386 162 1.167 380 South West 259 146 28 328 Inghilterra 3.095 1.534 534 8.062 Scozia 173 61 1.547 373 Galles 158 113 27 684 Irlanda del Nord 120 93 25 331 UK 3.746 1.913 647 10.624 Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community Definizioni: Numero di nuovi brevetti presentati: presentati, ma non ancora assegnati; Portfolio brevetti cumulativo: numero di brevetti ancora attivi. Tab. 10 – Invenzioni e brevetti depositati da o per conto delle università considerate (2008). Numero di Numero di nuovi brevetti brevetti Portfolio Numero di presentati concessi brevetti invenzioni nell’anno nell’anno cumulativo Liverpool John Moores University 151 9 1 23 University of liverpool 32 13 5 22 Manchester Metropolitan University 1 1 0 15 University of Manchester 276 38 34 220 UK 3.746 1.913 647 10.624 Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community Definizioni: Numero di nuovi brevetti presentati: presentati, ma non ancora assegnati; Portfolio brevetti cumulativo: numero di brevetti ancora attivi. La tabella 9 mette in evidenza come vi sia in generale per tutto il Regno Unito un più elevato numero di invenzioni rispetto al numero di brevetti e di questi sono in genere la metà quelli effettivamente concessi rispetto a quelli presentati9. Questo implica una minore circolazione dei prodotti di ricerca e richiama il cosiddetto “Paradosso Europeo”, ossia un elevato numero di invenzioni con però scarsa diffusione sul mercato. Tale problematica nel Regno Unito è legata non solo alle difficoltà relative ad una carenza di logiche manageriali efficaci sia negli accademici sia nello staff amministrativo, difficoltà condivise con altri paesi, ma anche alla rilevanza che il RAE dà alle pubblicazioni (nelle 9 Le invenzioni sono formalizzate presso gli uffici di ricerca delle istituzioni e forniscono diritti di proprietà intellettuale. Non sono tuttavia prodotti immessi sul mercato. Per questo devono diventare o brevetti o licenze e quindi notificati legalmente da parte delle autorità governative. 25 quali per altro possono essere contenute le invenzioni) e non alla diffusione dei prodotti di ricerca (Decter, Bennet, Leseure, 2007)10. Nelle interviste è emerso questo aspetto. Gli accademici sono molto coinvolti nel Rae e non hanno tempo per dedicarsi alla commercializzazione, perché anche se puoi includere che hai fatto brevetti, sono le pubblicazioni che premiano [Heather White, UMIP, University of Manchester] Chi come il direttore della camera di commercio di Liverpool è rappresentatne diretto delle necessità delle aziende sottolinea la necessità di avere più trasferimento tecnologico che sarebbe favorito da una maggiore propensione alla ricerca applicata: Alcune università hanno troppe mire di superiorità. E’ necessario che la ricerca abbia un approccio non solo accademico. Non deve essere a spese della ricerca pura, ma devono aumentare la capacità di commercializzare la loro ricerca, quindi andare maggiormente incontro alle necessità delle aziende [Jack Stopforth, Camera di Commercio di Liverpool]. Il North West è tra le regioni con il più alto numero di invenzioni e la quarta in Inghilterra in termini di numero di brevetti concessi. Interessante notare, nella tabella 10, come la maggior parte delle invenzioni e dei brevetti della regione siano di proprietà delle università casi di studio (nel 2006-07: 460 invezioni su 524; 61 brevetti depositati su 75; 40 brevetti concessi su 41). Le quattro università considerate sono quindi il “cuore” innovativo della regione. Tra le 4 la più prolifica risulta essere l’Università di Manchester, mentre sono meno produttivi in termini di brevetti gli ex-politecnici. Lo stesso discorso vale per il numero di licenze concesse (vedi tabella 11). Il North west risulta tra le regioni con i numeri più alti e l’Università di Manchester ne copre una quota consistente soprattutto per licenze concesse a piccole e medie imprese e ad altre organizzazioni non commerciali. Il Vice Presidente dell’Umip (University of Manchester Intellectual Propriety) dell’Università di Manchester ha sottolineato che non solo Manchester ha un altissimo livello di Invenzioni, ma che il 50% di queste vengono commercializzate tramite brevetti e licenze. Tra gli outcomes di ricerca in cui l’interazione con il mondo economico è maggiormente presente possiamo considerare gli spin-off. La tabella 13 evidenzia le imprese attivate a livello nazionale, quelle che dopo tre anni sopravvivono e una stima degli investimenti esterni. Si nota come in generale il numero delle imprese che sopravvivono dopo 3 anni è quasi il doppio del numero di quelle attivate, il che segnala una certa robustezza delle imprese derivate da attività di ricerca universitaria. Il North West presenta buone performance anche se è al di sotto di altre regioni sia in termini di numero di imprese attivate e ancora attive, sia in termini di investimenti esterni. Tra le università considerate è interessante osservare nalla tabella 14 le buone performance della Liverpool John Moores University con valori superiori all’Università di Manchester per numero di imprese attivate. In generale questo expolitecnico presenta valori non troppo distanti dalle(e a volte superiori delle) due old universities analizzate in tutti gli outcomes della ricerca considerati. Come avremo modo di vedere anche più avanti, la Liverpool John Moores University è in un processo di transizione verso caratteristiche più tipiche delle old universities, ma è anche vero che nelle interviste è emersa la sua costante attenzione alla ricerca applicata. Il Direttore della Camera di Commercio di Liverpool sottolinea che sotto questo aspetto le old universities hanno molto da imparare dagli ex-politecnici. In realtà, se è vero che gli ex-politecnici puntano maggiormente alla ricerca applicata quindi più vicina al mondo economico, è anche vero che gli outcomes di ricerca e la loro circolazione tra gli attori 10 Va comunque ricordato che il RAE è un processo in continua evoluzione. Si prevede infatti entro il 2014 l’introduzione nella valutazione della ricerca di indicatori in grado di misurare le ricadute economiche dell’attività di ricerca. Quindi si prevede di considerare nel ranking anche l’attività di ricerca applicata e di trasferimento tecnologico. 26 economici dipendono dal supporto che ricevono dalle istituzioni. Per licenze, brevetti e invenzioni si tratta della presenza o meno di adeguate strutture di commercializzazione (che vedremo fra breve); mentre pre gli spin-off si tratta della presenza o meno di meccanismi di supporto. Come si vede dalla tabella 15 il meccanismo di supporto agli spin-off più diffuso nel Regno Unito è la consulenza da parte delle istituzioni di educazione terziaria, seguono gli incubatori all’interno delle istituzioni stesse e la localizzazione in parchi scientifici. Questi ultimi però sono sempre gestiti insieme a partner. Nel Regno Unito i parchi tecnologici sono 77, nella maggior parte dei casi le università partecipano come membri associati (UKSPA, 2008). Il governo finanzia i Sciences Park dal 1970. Alcuni sono finanziati interamente dal governo, mentre molti fungono da incubatori di impresa e sono finanziati non solo dal governo, ma anche da venture capital tra università e imprese. Altri sono invece creati da privati o da privati e università senza finanziamenti governativi. Nel North West sono presenti 7 Science Park. L’Università di Manchester è stata fondatrice del Manchester Science Park (è una venture capital con imprese nazionali e internazionali e tra queste alcune imprese americane), mente l’Università di Liverpool, la Liverpool John Moores University e il comune di Liverpool hanno fondato il Liverpool Science Park e le due università sono partner del Liverpool Innovation Park (entrambi hanno finanziamenti governativi gestiti dalla North West Development Agency). Tuttavia dalle interviste è emerso che nonostante siano uno strumento utile per l’incubazione degli spin-off, non sono considerati molto efficaci nel sostenerli nel tempo (troppa enfasi sullo start-up e poche risorse organizzative e finanziarie per il supporto nel tempo). Nel North West non c’è una grossa tradizione e propensione, a differenza di quanto avviene in altre regioni (come nell’area di Cambridge). L’Università di Manchester è stata uno dei fondatori del Science Park di Manchester. Anche Liverpool ne ha sviluppato un sp, ed è parte insieme al comune e alla Liverpool John Moores Università , ma nel North West non stiamo cercando di sviluppare tale brand. Ci sono altre zone dove sono molto più sviluppati, come Cambridge per esempio. Servono per lo sviluppo delle piccole imprese spin-off. Sono vicino alle università perché spesso sono proprietarie [George Baxter, North West Development Agency] Science Parks. Potrebbero essere un buon luogo di incontro, se funzionassero bene. Tutto va bene nello start-up, ma poi c’è dispersione e poche risorse per supportare la sopravvivenza delle imprese. Il principio è buono, ma non sono la risposta giusta al trasferimento tecnologico [Jack Stopforth, Camera di Commercio di Liverpool]. 27 Tab 11 – Numero di licenze concesse dalle istituzioni di educazione terziaria per regione (2008). North East North West Yorkshire and the Humber East Midlands West Midlands East of England London South East South West Inghilterra Scozia Galles Irlanda del Nord UK A Piccole medie imprese 17 46 13 27 35 63 221 219 86 727 55 10 7 Licenze non software concesse A altre A Altre (non organizzazioni (non imprese –PMI) commerciali) imprese 799 3 28 8 11 13 39 155 108 86 451 44 1 71 0 63 0 4 11 50 28 645 138 939 5 1 1 Numero totale 20 137 21 42 59 152 404 972 310 2.117 104 12 79 567 946 2.312 A Piccole medie imprese 1 21 6 0 12 64 68 6 9 187 17 69 1 274 Licenze software concesse A altre A Altre (non organizzazioni (non imprese –PMI) commerciali) imprese 0 6 1 3 3 24 22 2 14 75 21 1 0 0 375 11 16 3 33 27 41 10 516 18 69 0 Numero totale 1 402 18 19 18 121 117 49 33 778 56 139 1 97 603 974 Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community Tab 12 – Numero di licenze concesse nelle università considerate (2008). Liverpool John Moores University University of liverpool Manchester Metropolitan University University of Manchester UK A Piccole medie imprese 10 1 0 35 799 Licenze non software concesse A altre A Altre organizzazioni (non imprese (non –PMI) commerciali) imprese 5 9 0 13 0 11 0 50 Numero totale 15 21 0 98 567 946 2.312 A Piccole medie imprese 3 0 0 15 274 Licenze software concesse A altre A Altre organizzazioni (non imprese (non –PMI) commerciali) imprese 1 0 0 5 0 0 0 22 Numero totale 4 0 0 42 97 603 974 Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community 28 Tab 13 – Imprese Spin-off con proprietà delle istituzioni di educazione terziaria per regione (2008) North East North West Yorkshire and the Humber East Midlands West Midlands East of England London South East South West Inghilterra Scozia Galles Irlanda del Nord UK Numero di imprese attivate 3 25 19 20 5 3 40 22 3 140 23 8 1 172 Numero di imprese ancora attive che sono sopravvissute almeno 3 anni 23 70 88 46 37 46 129 82 32 553 117 30 39 739 Stima degli investimenti esterni ricevuti (£000s) 2.343 17.226 12.765 17.089 14.693 80.816 292.074 24.452 76.647 538.105 19.799 4.437 38.411 600.752 Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community Tab 14 – Imprese Spin-off con proprietà delle università considerate (2008) Numero di imprese ancora Numero di attive che sono sopravvissute imprese attivate almeno 3 anni 11 11 Liverpool John Moores University 3 10 University of liverpool 3 1 Manchester Metropolitan University 7 32 University of Manchester UK 172 739 Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community 29 Tab 15 – Numero di meccanismi a supporto degli Spin-off per grado di conivoglimento delle istituzioni di educazione terziaria (HEI). (2008). Incubatori nelle Localizzazione in Formazione Altri incubatori locali Venture capital Consulenza istituzioni Science park all'imprenditorialità Con Con Con Con Con Con HEI Partner Entrambi HEI Partner Entrambi HEI Partner Entrambi HEI Partner Entrambi HEI Partner Entrambi HEI Partner Entrambi North East 0 39 0 0 9 0 0 33 0 3 0 0 0 4 0 110 1 1 North West 0 96 3 0 28 0 2 95 0 5 0 0 0 7 1 288 2 2 Yorkshire and the Humber 0 84 1 2 33 2 0 61 0 4 0 0 0 5 0 246 3 3 East Midlands 0 79 0 0 23 0 1 58 0 4 0 0 0 7 0 211 2 2 West Midlands 0 108 2 1 29 0 1 116 1 8 0 0 0 7 0 274 1 1 East of England 0 85 0 0 19 0 1 49 0 4 0 0 0 7 0 170 2 2 London 0 326 4 6 111 2 2 304 3 19 0 1 0 21 0 989 3 3 South East 0 130 3 0 38 0 0 153 0 10 0 0 0 9 0 396 4 4 South West 0 116 3 1 42 0 1 84 1 9 0 0 0 7 0 271 2 2 Inghilterra 0 1.063 16 10 332 4 8 953 5 66 0 1 0 74 1 2.955 20 20 Scozia 0 136 2 1 31 3 1 81 0 13 0 0 0 11 0 57 0 0 Galles 0 79 0 0 33 1 1 100 0 6 0 1 0 7 0 395 2 2 Irlanda del Nord 0 14 0 0 1 0 0 13 0 1 0 0 0 2 0 278 0 0 2 UK 0 1.292 18 11 397 8 10 1.147 5 86 0 0 94 1 3.685 22 22 Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community 30 Questi dati mettono in evidenza un aspetto già denunciato dal Lambert Report del 2003 ossia che le pratiche di trasferimento tecnologico sarebbero troppo orientate alla creazione di spin-off e poco alla commercializzazione di brevetti e licenze. In questo senso, come abbiamo visto nel secondo paragrafo, il governo è intervenuto con finanziamenti per aumentare le capacità di commercializzazione delle università. E’ utile quindi osservare in che modo si è proceduto alla riorganizzazione dei servizi verso le imprese e le altre istituzioni esterne alle università. 5. L’Università al “servizio” dei principali stakeholders: servizi alle imprese e servizi agli studenti Abbiamo visto nella tabella 2 un forte aumento delle entrate provenienti dall’esterno. La tabella 1611 mostra le entrate relative ai servizi offerti sul mercato pubblico, privato, ma anche internazionale (approfondimento della colonna 4 della tabella 2). Il peso sul totale del reddito delle varie voci non ha subito grosse variazioni. Non avendo la possibilità di disaggregare i dati del 2006-07 possiamo però approssimativamente affermare che i dati relativi alle prime 4 colonne si riferiscono ai servizi offerti alle imprese, mentre quelli relativi alle altre 3 colonne si riferiscono ai servizi offerti alle istituzioni locali, nazionali e internazionali. A livello nazionale il tasso di crescita (ultima riga della tabella 16) delle entrate provenienti dai servizi esterni alle imprese è più elevato rispetto a quello relativo ai servizi alle istituzioni. Il dato sembrerebbe essere in linea con le aspettative e le linee guida governative (emanate nei vari Report che si sono susseguiti negli anni come presentato nel paragrafo 2) e relative alla necessità di una maggiore attenzione e relazione con il mercato. Tuttavia entrando nello specifico delle Università studiate emergono linee di tendenza che sembrano più legate ai rapporti tra gli attori che a linee strategiche provenienti dall’alto. Nella tabella 17 osserviamo le entrate relative ai servizi offerti all’esterno per le università considerate. Si nota nei tassi di crescita (ultima sezione della tabella) in generale aumento delle entrate sia per i servizi alle imprese sia per quelli alle istituzioni. In reltà per l’Università di Manchester si nota una diminuzione per i primi e un aumento per i secondi, anche la percenutale di entrate sul totale di questa voce di bilancio è maggiore per i secondi. Ciò potrebbe essere il risultato da una parte di una maggiore attenzione all’internazionalizzazione dei propri servizi, dall’altra sembra crescere il rapporto con le autorità governative centrali e locali. Come è emerso nelle interviste l’Università di Manchester ha un ruolo rilevante nella governance delle autorità locali e centrali e da queste viene spesso contattata per fornire consulenza. Io mi occupo anche di mantenere strette relazioni con l’ambiente politico comunale e regionale. Siedo nel board della RDA, anche con il city council. La città vuole partner strategici per progettare lo sviluppo economico della città. Il ruolo ha un grosso assest strategico perché siamo la più grande università in uk siamo significativi in molte aree di ricerca [Rod Coombs, Vice-President UMIP, University of Manchester] Anche per la Liverpool John Moores University il tasso di crescita è più elevato nei servizi alle istituzioni e il peso maggiore lo hanno probabilmente le istituzioni locali e sanitarie (se osserviamo quanto accadeva nel 1994-95). In effetti, come abbiamo visto, anche per la ricerca il rapporto con tali istituzioni è piuttosto consolidato, soprattutto quelle sanitarie. Esiste a questo proposito un’intera facoltà dedicata alle professioni sanitarie. All’opposto l’Univesità di Liverpool ha un forte tasso di crescita nei servizi alle imprese (le cui entrate pesano anche di più in termini di percentuale sul totale delle entrate per questa voce di bilancio). In sostanza sembra emergere da una parte un rafforzamento delle entrate nei servizi che già in passato avevano un certo peso. E’ il caso dell’Università di Liverpool che aveva entrate per servizi alle imprese 11 Non sono disponibili per il 2006/2007 i dati disaggregati come per i due anni precedenti. 31 già elevate nel 1994/95 e la Liverpool John Moores University per i servizi alle istituzioni nazionali e sanitarie. D’altra parte però laddove, come per l’Università di Manchester12, le entrate per i servizi alle imprese erano in passato preponderanti a scapito di altre voci (rapporti con le istituzioni locali e internazionali) la strategia sembra essere stata un ampliamento delle fonti di entrata sia a livello nazionale sia a livello internazionale. Anche la Manchester Metropolitan University sembra aver puntato ad un maggiore equilibrio delle fonti di entrata per i servizi offerti. Tab. 16. Entrate finanziarie (in migliaia di sterline) provenienti dai servizi offerti all’esterno. In parentesi la percentuale sul totale 1994-95 2000-01 2006-07 Tasse per studenti che frequentano uno o più Servizi corsi, ma alle iscritti in imprese altre Teaching (esclusa istituzioni companies ricerca) 12.594 17.099 87.250 (3,7) (18,9) (2,7) 16.637 19.338 125.645 (2,6) (3,0) (19,3) 836.332 (63,7) 190,7 Altri servizi non di ricerca 170.708 (37,0) 239.613 (36,7) Servizi Servizi a per paesi non governo Servizi UE centrale, all'UE (ai (non ai autorità governi governi, locali e anche esclusa sanitarie ricerca) ricerca) Totale 121.148 40.266 12.006 (8,7) (2,6) 461.071 (26,3) 169.695 54.389 26.945 (26,0) (8,3) (4,1) 652.262 477.598 (36,3) 1.313.930 175,4 185,0 var% ('95-'07) Fonte: Hesa (vari anni) Definizioni: Teaching companies Schemes: dal 1975 uno schema in parte finanziato dal governo e in parte dalle aziende che collaborano con le università. Le università supportano l’occupazione di uno o più neo-laureati fornendogli formazione ulteriore per progetti che svolgerà all’interno delle aziende (tipico delle scienze “pure”); Servizi per governo centrale, ecc: fondi non relativi a ricerca, ma per servizi di vario genere che non compaiono nelle voci di questa tabella o della tabella 1; Altri servizi non di ricerca: entrate di vario tipo escluse quelle già menzionate nelle altre colonne. 12 Si ricorda che per il 1994-95 quando si parla di Università di Manchester si parla sia dell’UMIST, sia della Victoria University 32 Tab. 17. Entrate finanziarie (in migliaia di sterline) provenienti dai servizi offerti all’esterno per le università considerate. In parentesi la percentuale sul totale Tasse per studenti che frequentano uno o più corsi, ma iscritti in altre Teaching istituzioni companies Servizi alle imprese (esclusa ricerca) Altri servizi non di ricerca Servizi per governo centrale, autorità locali e sanitarie 455 (21,3) 3.066 (46,4) 1.052 (29,1) 4.723 (87,5) 745 (9,4) 831 (38,8) 60 (0,9) 344 (9,5) 0 (0,0) 2.515 (31,8) 841 (39,3) 1.417 (21,5) 1.558 (43,1) 0 (0,0) 2.813 (35,6) Servizi a Servizi paesi non UE all'UE (dai (non ai governi governi, anche esclusa ricerca) ricerca) Totale 1994-95 Liverpool John Moores University University of Liverpool Manchester Metropolitan University University of Manchester Institute of Science & Technology Victoria University of Manchester 1 (0,0) 175 (2,7) 0 (0,0) 0 (0,0) 530 (6,7) 0 (0,0) 264 (4,0) 2 (0,1) 423 (7,8) 433 (5,5) 11 (0,5) 1.619 (24,5) 575 (15,9) 250 (4,6) 830 (10,5) 0 (0,0) 0 (0,0) 86 (2,4) 0 (0,0) 26 (0,3) 2.139 6.601 3.617 5.396 7.902 2006-07 Liverpool John Moores University University of Liverpool Manchester Metropolitan University University of Manchester 5.079 (49,6) 11.100 (73,1) 2.704 (40,8) 4.133 (42,7) 5.152 (50,4) 4.081 (26,9) 3.930 (59,2) 5.550 (57,3) 10.231 15.181 6.634 9.683 Var % Liverpool John Moores University 294,6 511,3 378,3 University of Liverpool 211,4 34,4 130,0 Manchester Metropolitan University 93,4 77,1 83,4 University of Manchestera -55,9 41,6 -27,2 Fonte: Hesa (vari anni) a. per il calcolo si sono sommati i valori relativa al 1994-95 di UMIST e Victoria University of Manchester. Definizioni: Teaching companies Schemes: dal 1975 uno schema in parte finanziato dal governo e in parte dalle aziende che collaborano con le università. Le università supportano l’occupazione di uno o più neo-laureati fornendogli formazione ulteriore per progetti che svolgerà all’interno delle aziende (tipico delle scienze “pure”); Servizi per governo centrale, ecc: fondi non relativi a ricerca, ma per servizi di vario genere che non compaiono nelle voci di questa tabella o della tabella 1; Altri servizi non di ricerca: entrate di vario tipo escluse quelle già menzionate nelle altre colonne. Per comprendere meglio le strategie generali delle istituzioni risulta utile osservare la spesa delle per i vari servizi offerti. La tabella 18 mostra l’andamento della spesa per i vari uffici e servizi offerti (escluse le spese per i dipartimenti). 33 Tab 18 – Spese per servizi accademici, amministrativi e agli studenti per le istituzioni considerate (’94-95/’06-’07). In parentesi la percentuale sul totale. Costi generali Servizi legati alla agli Servizi accademici Amministrazione formazione studenti 1994-95 UK Liverpool John Moores University University of Liverpool Manchester Metropolitan University University of Manchester Institute of Science & Technology Victoria University of Manchester 2006-07 UK Liverpool John Moores University University of Liverpool Manchester Metropolitan University University of Manchester Totale 626.763 (34,8) 6.451 (31,6) 7.668 (37,3) 7.929 (33,8) 3.626 (31,4) 16.012 (45,5) 796.891 (44,2) 7.540 (36,9) 6.701 (32,6) 13.492 (57,5) 5.487 (47,5) 10.338 (29,4) 205.246 172.078 1.800.978 (11,4) (9,6) 4.960 1.485 20.436 (24,3) (7,3) 3.202 2.967 20.538 (15,6) (14,4) 455 1.596 23.472 (1,9) (6,8) 1.012 1.415 11.540 (8,8) (12,3) 5.811 3.051 35.212 (16,5) (8,7) 1.592.589 (35,1) 14.738 (37,3) 19.639 (35,6) 22.446 (46,6) 39.209 (37,7) 1.744.254 (38,5) 11.969 (30,3) 16.435 (29,8) 9.825 (20,4) 40.669 (39,1) 662.352 533.721 4.532.916 (14,6) (11,8) 8.626 4.200 39.533 (21,8) (10,6) 14.397 4.688 55.159 (26,1) (8,5) 9.186 6.694 48.151 (19,1) (13,9) 13.262 10.890 104.030 (12,7) (10,5) Var % UK 154,1 118,9 222,7 210,2 151,7 Liverpool John Moores University 128,5 58,7 73,9 182,8 93,4 University of Liverpool 156,1 145,3 349,6 58,0 168,6 Manchester Metropolitan University 183,1 -27,2 1918,9 319,4 105,1 University of Manchestera 99,7 157,0 94,4 143,8 122,5 Fonte: Hesa (vari anni) a. per il calcolo si sono sommati i valori relativa al 1994-95 di UMIST e Victoria University of Manchester. Definizioni: Servizi accademici: spese staff e amministrazione per servizi accademici centralizzati come la biblioteca, i laboratori, uffici per i rapporti internazionali, uffici per i rapporti con l’esterno; Amministrazione: spese amministrative per lo staff degli uffici centrali, per i direttori delle unità, per i professori (che hanno ruoli istituzionali), i tutors, i presidi e gli uffici delle facoltà; Costi generali legati alla formazione: borse di studio, premi, ecc.; Servizi per gli studenti: costi per staff e amministrazione per servizi come il career service, le associazioni per gli studenti, gli accomodation offices, ecc. Come si vede nei valori tra le parentesi, la quota di spesa più consistente- sia a livello nazionale sia nelle singole università considerate - è in entrambi gli anni quella per i servizi accademici (vari servizi come biblioteche, laboratori, ma anche gli uffici per i rapporti con l’esterno) e per l’amministrazione (costi dello staff dei servizi centrali). Osservando i tassi di crescita vediamo un consistente aumento della spesa per i servizi e facilitazioni per gli studenti (costi generali legati alla formazione, servizi agli studenti). Questo sia a livello nazionale sia nelle singole università considerate. Quindi, se nei rapporti con l’esterno deduciamo dalle diverse entrate diverse strategie legate ai rapporti tra le università e il contesto in cui operano, negli investimenti osserviamo una strategia univoca e orientata verso gli altri rilevanti stakeholders delle istituzioni di educazione terziaria: gli studenti. 34 E’ utile a questo punto approfondire il discorso relativo sia ai servizi alle imprese, sia ai servizi agli studenti per passare poi ad analizzare la riorganizzazione della didattica. Servizi alle imprese Come abbiamo visto, le istituzioni universitarie hanno aumentato nel tempo i servizi offerti alle imprese. Le attività che hanno avuto un’accelerazione sono quelle relative alla commercializzazione dei prodotti di ricerca. Tali attività vengono svolte dalle istituzioni di educazione terziaria dagli anni ’80 del secolo scorso, ma a partire dai primi interventi governativi degli anni ’90 atti a stimolare il trasferimento tecnologico, è aumentato il numero di istituzioni che annoverano tale attività nel proprio organico. La più recente Univesity Commercialisation Survey (Unico, 2005) evidenzia che la maggior parte delle istituzioni di educazione terziaria ha iniziato l’attività di commercializzazione di prodotti di ricerca a partire dalla fine degli anni ’90 (periodo in cui il governo ha iniziato a finanziare progetti relativi a tale attività). Grazie all’Higher Education Innovation Fund, si è registrato un forte aumento del numero di staff dedicato full-time al rapporto con le imprese, oltre creazione in numerose istituzioni di uffici dedicati. Si è passati da una media 1- 5 persone nel 2001 a 1-10 persone nel 2005. Il numero sembra ora essersi stabilizzato su tale media. Il grafico 3 mostra infatti che nel 2007 per i servizi alle imprese e ad altri enti, gran parte delle istituzioni hanno disposto in media da 1 -10 persone dedicate. Grafico 3 – Numero di staff full time dedicato ai rapporti con l’esterno (2007). 120 Numero di istituzioni 100 80 60 40 20 0 0 1-10 11-20 21-30 31-40 41-50 51-60 61-70 71-80 80+ Numero di persone occupate full-time Dedicati ai rapporti con partner commerciali Dedicati ai rapporti con il settore pubblico Dedicati ai rapporti con la comunità e i partner socio-culturali Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community Nelle università considerate il numero di staff dedicato ai rapporti con l’esterno è piuttosto elevato come si vede dalla tabella 19. Il numero è maggiore per i rapporti con partner commerciali, anche se Manchester ha un numero elevato di persone dedicate ai rapporti con la comunità e i partner socio- 35 culturali. Questo in quanto, come abbiamo visto, Manchester gioca un ruolo strategico nella governance delle autorità locali. Nelle istituzioni di educazione terziare esistono delle strutture dedicate sia alla commercializzazione dei prodotti di ricerca, sia alla consulenza organizzativa. Nel Regno Unito le istituzioni non hanno solo uffici interni alle scuole e dipartimenti, si avvalgono spesso anche di strutture operative apposite - a volte vere e proprie società con titolarità delle istituzioni (exploitation companies) - che si occupano della proprietà intellettuale e del trasferimento tecnologico (in alcuni casi fornisconi anche attività di consulenza manageriale). La maggioranza delle istituzioni di educazione terziaria ha sia uffici interni, sia società di supporto (HEFCE, 2008). Tab 19 - Numero di staff full time dedicato ai rapporti con l’esterno nelle università considerate (2007). Dedicati ai rapporti Dedicatei ai rapporti con Dedicati ai rapporti con la con partner il settore pubblico comunità e i parnter commerciali socio-culturali Liverpool John Moores University 44 5 3 University of Liverpool 79 19 15 Manchester Metropolitan University 21 11 7 University of Manchester 38 35 55 Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community Tra le Università considerate tipico esempio di questo mix di strutture è l’Università di Manchester che si avvale di una societ chiamata UMIP (di cui è proprietaria) per gestire e garantire la proprietà intellettuale e il trasferimento tecnologico. Esiste anche una struttura analoga per l’incubazione di impresa che prende il nome di UMIC (University of Manchester Incubator Company). Si avvale inoltre di un Business Development Team (nato nel 2004) che opera in stretto contatto con l’UMIP e offre anche servizi di consulenza. L’UMIP ha uno staff dedicato per ogni facoltà e ogni facoltà ha un Business Development Manager. Tuttavia l’Università di Manchester è maggiormente orientata alla commercializzazione dei prodotti e al sostengo alle imprese spin-off e meno alla consulenza come è emerso anche nelle interviste alle persone che lavorano in queste due strutture. Il Vice-Presidente dell’Umip ha espresso bene tale tendenza: “Noi non siamo una Business Service Entreprise. Noi siamo come un’azienda, vendiamo i nostri prodotti” (Rob Coombs). Anche le altre Università si avvalgono di strutture miste. Presso l’Università di Liverpool è attiva una struttura operativa apposita dal nome Business gateway che offre supporto al trasferimento tecnologico, ma si avvale anche di esperti per l’attività di consulenza manageriale. Gli ex-politecnici enfatizzano le attività di consulenza e di promozione delle attività di ricerca (non trascurando però le attività di trasferimento tecnologico). Questo in quanto essendo gli ex-politecnici molto orientati alla ricerca applicata, l’attività di promozione necessaria è relativa ai contratti di ricerca. Presso la Manchester Metropolitan University esiste un Enterprise Team collegato ad una struttura indipendente (Research Entreprise Office). Mentre per la Liverpool John Moores University esite un Business development centre che si occupa sia di consulenza organizzativa e di promozione delle attività di ricerca, ma svolge anche un ruolo di coordinamento per le attività di commercializzazione dei prodotti di ricerca. Emblematica a questo prposito la dichiarazione del direttore della scuola di ingegneria: Abbiamo legami piutottosto locali con le imprese, le principali sono quelle interessate a utilizzare il Knowledge Tranfer. Per noi è importante è l’attività più importante che abbiamo con le aziende, le aziende sono interessate ad utilizzare i nostri skills e anche consulenza [Ian Jenkinson, Direttore School of Engineering, Liverpool John Moores University]. 36 In sostanza come per molti altri aspetti già affrontati il maggiore orientamento delle old universities alla ricerca pura fa sì che gli uffici dedicati al rapporto con l’esterno puntino molto alla commercializzazione dei prodotti di ricerca (strategia research oriented); mentre per gli ex-politecnici, dove l’orientamento è più verso la ricerca applicata e il rapporto con aziende e istituzioni locali, gli uffici dedicati al rapporto con l’esterno puntano maggiormente ad offrire servizi ad hoc per le imprese (strategia business oriented). Servizi agli studenti Le istituzioni di educazione terziaria hanno nel tempo creato numerose strutture per gli studenti. Si passa da facilities per trovare soluzioni abitative, alla assegnazione di edifici o parte di essi per le associazioni studentesche fino a veri e propri servizi di placement. Per favorire l’ingresso nel mercato del lavoro dei neo-laureati e l’incontro tra domanda e offerta le istituzioni di educazione terziara del Regno Unito hanno introdotto (alcune a partire dagli anni ’60) un servizio denominato “Career service”. Nel 2005, su 193 istituzioni 133 risultavano avere tale servizio13. Le istituzioni che non lo hanno introdotto sono principalmente college specializzati in discipline mediche ed alcuni specializzati nella formazione artistica e musicale. La ragione della mancata implementazione è probabilmente legata alla peculiarità di tali settori del mercato del lavoro. Si tratta infatti di nicchie specifiche per le quali le reti professionali giocano un ruolo predominante nell’incontro tra domanda e offerta. Gli ex-politecnici hanno una tradizione meno forte in questo ambito. Probabilmente la natura vocational della loro formazione rendendo più facile l’accesso al mercato del lavoro ha comportato una minore urgenza nella creazione di servizi appositi. Dalle interviste ai due ex-politecnici considerati è emerso che gli investimenti in tali servizi sono abbastanza recenti e tali istituzioni si stanno attrezzando per creare centri simili a quelli delle old universities. La motivazione principale è data dal fatto che dopol l’acquisizione dello status di università si è registrato un cospicuo aumento dell’offerta di corsi non meramente vocational e più simili a quelli offerti dalle old universities. Si è creata quindi la necessità di sostenere l’ingresso nel mercato del lavoro dei laureati con competenze più generaliste e meno direttamente professionalizzanti. In effetti se per la Manchester Metropolitan University il Deputy Vice-Chancellor ha sottolineato che tra i loro obiettivi strategici vi è anche il potenziamento del career service che attualmente è un piccolo centro con pochi servizi, nella Liverpool John Moores University hanno istituito dal 2007 il Graduate Development Centre. Dall’intervista al suo responsabile oltre ad emergere una forte dinamicità negli strumenti che stanno progettando (WOW- World of Work, sono corsi di orientamento per gli studenti e action plans on-line), emerge anche un elemento tipico dell’introduzione di nuove strutture nelle organizzazioni: la legittimazione da parte dei membri e degli utenti. A differenza delle old universities dove tale servizio è ormai parte integrante della struttura accademica, negli ex-politecnici deve guadagnarsi il suo spazio in quanto servizio progettato dall’alto e non specificatamente richiesto da utenti e accademici. Il centro è nato da poco nel 2007 e abbiamo passato l’anno a creare le linee strategiche e a preparare il network esterno. Per avere successo il centro deve anche essere legittimato dagli accademici e dagli studenti. Gli accademici sono spesso restii, pensano che non hanno bisogno di un centro così. Noi diamo solo dei suggerimenti. Il vicechancellor ha reso obbligatorio il dialogo tra noi e le facoltà. È una strategia dell’università. Fa parte delle strategie di employability. Siamo finanziati dall’università, ma vorremmo essere finanziati da altri. Se il centro riuscirà ad 13 Il dato proviene dal sito www.prospect.ac.uk che viene pubblicato dall’Higher education careers services Unit. Si tratta di un sito che incorpora a livello nazionale tutte le informazioni relative ai servizi di placement offerti dalle singole istituzioni e offre informazioni anche per le aziende. 37 attirare molti studenti a diventare una vera recruitment agency possiamo utilizzarlo per fornire servizi alle aziende. Creando database e facendoci pagare. [Phil Galvin, Direttore del Graduate Development Centre]. Il career service offre servizi che variano da un’istituzione all’altra. E’ però possibile individuare alcuni servizi mediamente presenti in tutte le istituzioni. I servizi offerti vanno dall’orientamento al lavoro (con workshop e materiale audiovisivo) fino a colloqui di consulenza individuale. Nel servizio si prevede anche la possibilità di iscrizione ad un database e la pubblicazione di posti di lavoro disponibili forniti dalle aziende che si rivolgono all’università per avere nominativi (sostanzialmente in tutti i Career Service esiste una sezione dedicata alle imprese che possono avere consulenza e accesso al database). L’aspetto interessante è che molte università danno la possibilità anche a chi ha conseguito il titolo in un’altra istituzione (anche dopo tre anni dal conseguimento) di ricevere informazioni e, in alcuni casi, di usufruire dei colloqui di orientamento (e probabilmente anche di rientrare nel loro database). Per questi soggetti a volte il servizio è a pagamento. In base a quanto emerso nelle interviste questi servizi sono ormai una tradizione per l’Università di Manchester e quella di Liverpool che hanno strutture molto ampie anche in termini di staff dedicato (in media circa 30 persone suddivisi in team operativi). L’evento che entrambi i responsabili hanno citato come rilevante è il Career Day in cui studenti dell’ultimo anno dei corsi di laurea incontrano le aziende. Queste ultime pagano un contributo di partecipazione. L’universià di Manchester ha una buona reputazione in termini di qualità dei laureati, ma il responsabile del career service ha sottolineato che spesso sono ex-laureati che prendono contatto con lui: Molto spesso sono le aziende che si rivolgono a noi. Spesso perché alcuni dipendenti vengono dall’unviersità di Manchester. A volte guardano l’offerta formativa a volte la reputazione accademica. La maggior parte dei nostri laureati lavora per grandi aziende o piccole società di consulenza [Andrei Withmore, Assistant Director Career Service, University of Manchester]. Il career day è il momento in cui le attività del career service sono più visibili e partecipate. In genere dalle interiviste è emerso che gli studenti frequentano abbastanza il servizio per colloqui e consulenze individuali. Sono però meno propensi a seguire i corsi di orientamento che periodicamente vengono organizzati. I career service delle due old unviersities studiati non prevedono in genere tra le loro attività il monitoraggio degli esiti occupazionali. Entrambi i responsabili intervistati hanno dichiarato che il monitoraggio avviene tramite la partecipazione alla survey a livello nazionale dall’Higher Education Statistical Agency. I dati della tabella 20 provengono proprio da tale survey e mostrano la percentuale di studenti che hanno trovato lavoro tramite il career service dell’istituzione presso cui si è studiato. La percentuale non è molto elevata. Anche sommando i valori della prima e della seconda riga (che riporta il dato relativo all’utilizzo di career service di altre istituzioni) le percentuali sono inferiori rispetto a canali come i network personali o gli annunci sui giornali. In realtà non si tratta di efficienza o meno dei career service, ma di una tendenza generalizzata e ampiamente studiata in letteratura che vede i network personali come il canale più efficace per trovare lavoro. Ciò che però caratterizza il Regno Unito rispetto ad altri paesi è il ricorso ad agenzie di collocamento (Reyneri, 2005). In effetti la tabella 20 mette in evidenza, almeno per il primo livello di laurea, una percentuale non trascurabile per tale voce (in Italia per esempio nell’indagine sui laureati 2001 dell’Istat il valore si attestava introno al 2% sia per le agenzie pubbliche sia per quelle private). Gli esiti occupazionali dei laureati dipendono da molti fattori. Uno tra questi è certamente il tipo di offerta formativa delle istituzioni di educazione terziaria. Nel prossimo paragrafo ci concentreremo proprio sulle modalità di organizzazione e riorganizzazione della didattica concentrando l’attenzione sul rapporto con l’esterno. Osserveremo poi gli esiti occupazionali che ne sono derivati. 38 Tab 20 – Percentuale di laureati (a tre anni dalla laurea) che hanno trovato lavoro tramite i seguenti canali. Primo livello Career service dell'istituzione in cui si è studiato 6 Altri Career Service 7 Sito web delle aziende 18 Annunci su giornali e riviste o web 24 Agenzie per il lavoro 17 Aziende in cui già si è lavorato 17 Contatti personali sia familiari , amicali e professionali 24 Contatatto direttamente dai datori di lavoro 10 Tramite Jobcentre 0 lavoratore autonomo 1 Siti internet 1 Altro 4 Totale rispondenti 14.435 Nota: Il totale supera il 100 in quanto si potevano esprimere più opzioni. Fonte: Hesa (2007). Secondo Livello 4 5 14 33 8 23 24 9 0 1 0 3 5.425 6. L’offerta formativa come risposta alla domanda degli stakeholders? Gli obiettivi e i contenuti della didattica hanno sia una componente macro sia una micro. A livello macro è molto importante considerare quanto ed in che modo il governo centrale è entrato nel processo di riorganizzazione della didattica. Il Robbins Report degli anni ’60 poneva l’enfasi sull’aumento del livello di istruzione nella popolazione in un’ottica di accrescimento dei diritti di cittadinanza. A partire dagli anni ’80 però gli obiettivi di policy circa i bisogni formativi della società sono cambiati al mutare delle variabili socioeconomiche. Nei primi anni ’80 si assiste ad un trend di crescita economico negativo. La disoccupazione era ai livelli più alti rispetto ai vent’anni precedenti. D’altra parte però cominciava un periodo di rapida innovazione tecnologica e di progressivo aumento del settore terziario a scapito del secondario e del primario. E’ quindi a partire da questi anni che il contenuto della didattica inizia per il governo ad essere un elemento fondamentale da una parte per reagire alla crisi, dall’altra per fornire al mondo economico le risorse umane di cui poteva avere bisogno. Nonostante l’autonomia delle università nel prendere iniziativa nella didattica, inizia in questi anni un periodo di progressiva influenza del governo centrale sui contenuti dell’offerta formativa. Rilevanti da questo punto di vista furono anche la nascita del dipartimento dell’educazione (che cominciò a produrre proposte – white papers – sulle necessità professionali della società) e il Jarrat Report (1985) tramite il quale si ribadiva la necessità di un orientamento professionalizzante del sistema formativo (Kogan, Hanney, 2000; Kogan e altri, 2000). Il primo intervento di un certo peso fu nella prima metà degli anni ’80 l’ ‘Enterprise in Higher Education Iniziative’ (EHE) tramite il quale venivano finanziate con fondi aggiuntivi le università che inserivano nei propri programmi materie in grado di trasmettere skills non solo tecnici, ma anche in grado di preparare al lavoro senza averne avuto un’esperienza diretta (conoscenze del funzionamento dell’impresa e delle sue esigenze, capacità di comunicare e di agire in gruppo, ecc.). Gli aspetti da insegnare avrebbero dovuto essere decisi insieme agli imprenditori che avrebbero partecipato al finanziamento delle iniziative e offerto degli stage agli studenti. 61 istituzioni del sistema di educazione terziario parteciparono all’iniziativa negli anni e si sperimentarono modelli di didattica innovativi. 39 L’EHE fu un’esperienza di relativo successo e fu precursore dei modelli di valutazione della didattica che iniziarono a porre degli standard nei contenuti dell’offerta formativa (Henkel e Little, 1999). All’inizio del nuovi millennio è stato infatti introdotto il National qualifications Framework (NQF) che ha iniziato a porre l’enfasi sulla definizione degli obiettivi formativi. Il NQF stabilisce per 46 aree disciplinari le caratteristiche e gli standard degli ‘honours degrees’ tra cui l’obiettivo dei programmi e le competenze generali che gli studenti dovrebbero ottenere. Nella programmazione dei corsi è necessario specificare in che modo si intende far apprendere tali competenze e raggiungere tali obiettivi (i cosiddetti learning outcomes). Inoltre per alcune aree professionali viene indicato di programmare i corsi e di valutarne i risultati insieme alle associazioni di categoria accademiche e non (per esempio ciò accade per i programmi di ingegneria). Come più volte ricordato il governo è intervenuto sull’offerta formativa introducendo il Foundation degree (come già specificato si colloca prima del primo livello di laurea ed è stato introdotto sono in Inghilterra dove ha sostituito il National Qualification Diploma). Dura due anni ed ha una natura ‘vocational’ infatti i vari corsi sono stati pensati per essere progettati in partnership con gli imprenditori. Ciò si pone in linea con l’obiettivo del partito laburista di creare un sistema di life long learning. Il Foundation degree è considerato infatti da una parte un modo per creare una base di conoscenza in una disciplina (da qui il termine ‘foundation’) da ampliare poi eventualmente nel primo livello di laurea; dall’altra vuole essere un modo per chi già lavora di sistematizzare le proprie conoscenze già acquisite dall’esperienza e ed eventualmente approfondirle o ampliarle. Alcuni Foundation degree sono forniti dai College of Further education e da molte new universities, mentre la maggior parte delle old universities non lo ha introdotto: Il Foundation degree è stato voluto dal Segretario di Stato. E’ stata una creazione dello Stato e le Università sono state invitate ad applicarlo. La maggior parte delle new universities lo ha fatto, mentre le old per la maggior parte no. Il governo fa pressione per maggiori corsi vocational, ma è una cosa che fa da vent’anni. [Micheal Shattock, London Institute of Education]; Il Foundation degree è stato un modo per cercare di introdurre short cycle. L’obiettivo era di sviluppare corsi insieme agli imprenditori oltre a voler diversificare l’istruzione superiore. Infatti molti corsi sono offerti dai College of Further education. E’ stato applicato solo in Inghilterra ed ha sostituito il National Qualification Diploma. In Scozia non c’è il Foundation degree [David Watson, London Institute of Education]; Il Foundation degree è stato un tentative di aumentare l’accesso all’istruzione superiore. In un’ottica di life long learning. Si è voluto incoraggiare le istituzioni ad inserire corsi più vocational e meno impegnativi. [Nick Hammond, Higher Education Academy York]. L’introduzione del National qualifications framework e del Foundation degree evidenziano una tendenza precisa negli obiettivi di governo circa l’offerta formativa. Mentre in precedenza – nel Robbins Report e nel Dearing Report – si raccomandava alle università di programmare i propri corsi con rappresentanze della società esterna senza però minare la propria expertise accademica, ora il rapporto con la società e il mondo economico diventano la vera fonte di expertise e gli accademici hanno una pressione formale a consultare tale fonte (Barnett e Coate, 2005). Dalle interviste riportate più sopra, non sembra però che a livello micro tale pratica sia particolarmente diffusa. Non solo ma le immatricolazioni ai Foundation Degrees sono piuttosto scarse. In effetti la tabella 21 mostra un tasso di crescita alto nel primo anno dopo la sua attivazione, ma tale tasso decresce con il passare degli anni. Nel 2006/07 gli immatricolati ai Foundation Degree sono solo il 5,2% degli immatricolati in Inghilterra ai corsi undergraduate (Hesa, 2008) Tab 21 – Immatricolati ai Foundantion Degrees in Inghilterra dall’anno della loro attivazione 40 2001-02 2002-03 2003-04 2004-05 2005-06 2006-07 Fonte: Hefce (2007) tot immatric FD 3.995 8.900 14.945 22.110 26.665 33.930 Var% 122,8 67,9 47,9 20,6 27,2 Tab 22 – Numero di istituzioni che offrono Foundation Degrees dall’anno della loro attivazione Istituzioni terziarie Pre -‘92 Istituzioni terziarie Post - Further Education College ‘92 N. % tot N. % tot N. % tot Istituzioni istituzioni Istituzioni istituzioni Istituzioni istituzioni 13 26% 37 46% 47 12% 2001-02 13 25% 46 57% 88 22% 2002-03 11 22% 57 71% 160 41% 2003-04 19 38% 64 80% 255 65% 2004-05 Fonte: Hefce (2007) Altro elemento rilevante riguarda il numero di istituzioni in cui è stato attivato. La tabella 22 conferma quanto detto più sopra e indicato dai testimoni privilegiati., ossia che solo poche old universities hanno attivato foundation degrees e che sono prevalentemente i College of Further Education (quindi non istituzioni di educazione terziaria) ad annoverarli nella loro offerta formativa (e questo in maniera crescente nel tempo). Tuttavia la tabella evidenzia anche una quota non trascurabile di new universities che offrono tale tipo di corsi. Nelle università considerate la Manchester Metropolitan Universities è l’unica istituzione che ha attivato foundation degrees (ne risultano attivi 13), mentre la Liverpool John Moores University offre la validazione di 35 foundation degrees che però vengono erogati da College of Further Education. L’Università di Manchester e quella di Liverpool non ne hanno attivati né ne offrono la validazione. Questi dati confermano quanto visto più volte ossia la natura di teaching universities degli expolitecnici (nei nostri casi studio più la Manchester Metropolitan che la Liverpool John Moores). In generale una buona quota di istituzioni di educazione terziaria (in media un centinaio)offre altri corsi più specificatamente orientati al life long learning: corsi a distanza; corsi specifici offerti nei luoghi di lavoro; brevi corsi di aggiornamento svolti nelle università; corsi svolti esternamente aperti al pubblico. Le università da noi considerate offrono tutti questi tipi di corsi. L’Università di Manchester non offre però corsi nei luoghi di lavoro, mentre la Manchester Metropolitan University non offre corsi aperti al pubblico (Hefce, 2007). Anche in questo caso la diversa natura della due università evidenzia per la prima un’attenzione anche alle istituzioni e più in generale alla comunità, mentre per la seconda una maggiore focalizzazione nei rapporti con le aziende. Per favorire l’incontro tra esigenze delle aziende e programmazione formativa delle università nel 2001 tra le associazioni di categoria sono stati istituiti i Sector Skills Councils (SSC), enti indipendenti formati da imprenditori operanti nei principali settori economici. Il loro ruolo è di cercare di individuare i gap tra la formazione universitaria e le necessità delle aziende (Lambert report, 2003). Alcune analisi mostrano una discreta collaborazione con i SSC da parte delle università (HEFCE, 2006). Dalle interviste effettuate presso le università considerate, non emerge una grande rilevanza di questi gruppi nella progettazione della didattica. Il Direttore della Management School dell’Università di Liverpool ha sottolineato che i SSC hanno più influenza e legame con i Further Education College 41 che con le università. In effetti nelle interviste molti Presidi e Direttori di dipartimento hanno mostrato una scarsa conoscenza di tali gruppi. A livello di obiettivi delle singole istituzioni, un primo aspetto da considerare è il fatto che alcune università sono nate per colmare lacune disciplinari del sistema (si pensi agli obiettivi formativi delle civic universities), mentre altre si sono inserite inizialmente con una logica di offerta autoreferenziale che però con il tempo si è trasformata in una stretta relazione con la realtà locale (il caso di Warwick è emblematico per le università nate negli anni ’60). Legame con la realtà locale che era tipico degli expolitecnici. Va tuttavia sottolineato che alcune analisi e le interviste hanno messo in evidenza il fatto che dal punto di vista dell’offerta formativa non esistono più grosse differenze tra new e old universities. Anche gli ex-politecnici stanno espandendo i loro corsi post-graduate, mentre le old lo stanno facendo con i corsi undergraduate. Le une si muovono nel terreno tipico delle altre e ciò produce una sorta di compensazione del sistema. Inoltre alcuni ex-politecnici hanno iniziato ad offrire corsi relativi a discipline umanistiche (Taylor, 2003). Prima di entrare nel merito della diversa progettazione della didattica a livello delle singole istituzioni è rilevante osservare le differenze tra old e new universities che esistevano in passato, e che in una certa misura ancora esistono, in termini di numero di studenti. La tabella 23 mostra l’andamento degli iscritti dagli anni ’80 sino al 2006. Un elemento da considerare è la suddivisione degli studenti tra part-time e full-time prima del 1992. Nei politecnici sono cresciuti in contemporanea tanto da rappresentare quote piuttosto simili sul totale degli studenti. Nelle università invece gli studenti part-time sono cresciuti nel tempo, ma preponderanti sono rimasti gli studenti fulltime. Questo non è un dato inaspettato data la diversa natura delle due istituzioni almeno sino alla loro parificazione. La natura più ‘vocational’ dei politecnici attirava anche studenti che necessitavano di gestire in modo flessibile il proprio corso di studi (magari anche lavorando), mentre le università attiravano il tipo di studente ‘tradizionale’ (che nel Regno Unito significa spesso lo studente che, oltre a frequentare un maggior numero di ore di lezione, vive direttamente nelle università). 42 Tab 23 - Andamento delle immatricolazioni (1979-2006) Università Fulltime 113.100 113.505 111.695 108.440 108.425 111.470 115.255 118.345 119.315 125.615 136.940 145.115 160.550 177.285 188.065 Parttime 9.755 10.280 12.205 11.905 12.960 13.525 14.620 15.785 16.515 18.265 20.235 22.830 25.910 29.250 31.915 Tot istituzionia Politecnici e college % PT 7,9 8,3 9,9 9,9 10,7 10,8 11,3 11,8 12,2 12,7 12,9 13,6 13,9 14,2 14,5 Fulltime 99.450 102.125 114.805 119.860 121.665 123.235 126.450 129.905 133.250 136.325 153.035 172.400 218.500 258.900 283.995 Parttime 105.085 114.525 116.745 116.695 122.385 122.025 134.905 146.285 146.295 158.115 163.020 171.130 182.355 190.010 194.570 Fulltime 212.555 215.625 226.495 228.300 230.090 234.705 241.705 248.250 252.565 261.940 289.975 317.520 379.050 436.185 472.060 487.610 489.710 514.630 538.435 535.100 532.995 538.925 564.420 592.935 610.690 612.455 635.955 631.000 % PartPolitecnici time Total %PT e college 114.840 327.390 35,1 62,5 124.805 340.435 36,7 63,6 128.950 355.445 36,3 65,1 128.595 356.895 36,0 66,3 135.340 365.435 37,0 66,8 135.550 370.255 36,6 66,2 149.525 391.230 38,2 66,8 162.070 410.315 39,5 67,3 162.810 415.375 39,2 67,3 176.385 438.325 40,2 67,2 183.255 473.230 38,7 66,8 193.960 511.480 37,9 67,2 208.270 587.320 35,5 68,3 219.260 655.445 33,5 68,5 226.485 698.550 32,4 68,5 285.070 772.680 36,9 313.575 803.285 39,0 318.255 832.885 38,2 316.775 855.210 37,0 353.250 888.355 39,8 356.125 889.120 40,1 348.640 887.565 39,3 359.430 923.850 38,9 370.815 963.750 38,5 381.005 991.695 38,4 374.260 986.715 37,9 373.720 1.009.675 37,0 371.115 1.002.110 37,0 Total Total %PT 1979 122.855 204.535 51,4 1980 123.785 216.650 52,9 1981 123.900 231.550 50,4 1982 120.345 236.550 49,3 1983 121.385 244.050 50,1 1984 124.995 245.260 49,8 1985 129.875 261.355 51,6 1986 134.125 276.190 53,0 1987 135.830 279.545 52,3 1988 143.885 294.440 53,7 1989 157.175 316.055 51,6 1990 167.945 343.530 49,8 1991 186.460 400.855 45,5 1992 206.535 448.910 42,3 1993 219.985 478.565 40,7 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Nota:dati al primo dicembre di ciascun anno accademico a. dal 1994 fino al 2006 i dati si riferiscono a tutte le istituzioni Higher education per via della fine del sistema binario. Fonte: Elaborazioni da dati Department for innovation, Universities and skills 43 Tab 24 – Immatricolati Full time al primo livello di laurea e tassi di crescita nelle università considerate. Totale immatricolati full-time di primo livello 1995/1996 UK Liverpool John Moores University University of Liverpool Manchester Metropolitan University University of Manchestera Umista 284.399 3.633 2.808 5.990 4.343 1.232 2005/2006 UK Liverpool John Moores University University of Liverpool Manchester Metropolitan University University of Manchester 333.285 4.335 3.995 7.550 6.015 Var % 17,2 19,3 42,3 26,0 7,9 a. Per il calcolo della variazione percentuale i valori delle due istituzioni sono stati sommati in quanto l’università di Manchester prima del 2004 era separata dall’Umist (anche se erano strettamente correlate) Fonte: Hesa (2008); Hefce (1999) UK Liverpool John Moores University University of Liverpool Manchester Metropolitan University University of Manchester Dopo la fine del sistema binario, almeno nelle università da noi considerate, il numero degli studenti full-time è aumentato con valori non dissimili tra old e new universities. La tabella 24 evidenzia per entrambi gli anni considerati un numero di immatricolati full time per gli ex-politecnici addirittura superiore a quello delle old universities (la Liverpool John Moores ha più studenti dell’Università di Liverpool e la Manchester Metropolitan University ha più studenti in assoluto). I tassi di crescita mostrano per i due ex-politecnici valori abbastanza elevati (quanto meno superiori alla media UK) e tra i due il più alto è quello della Manchester Metropolitan University. Questo dato conferma quanto già più volte sottolineato, ossia che quest’ultima sembra continuare la sua tradizione di teaching university, mentre la Liverpool John Moores University, anche alla luce di quanto abbiamo voto modo di osservare nei paragrafi precedenti, pur non distanziandosi diametralmente dalla tradizione di expolitecnico, sembra però identificarsi in meniera meno nitida. Anche in base a quanto emerso nelle interviste, sembra plausibile pensare che nella convivenza in contesti cittadini di old e new universities, laddove l’università pre-1992 ha una relativa forza in termini di ricerca come l’Università di Manchester (non a caso nella tabella è l’istituzione con il minor tasso di crescita degli immatricolati al primo livello, studenti quindi non incardinati in percorsi di ricerca), si attua una sorta di compensazione per gli ex-politecnici verso un maggiore peso in termini di numero di studenti. Questo però per il primo livello di laurea in quanto per i corsi di secondo livello le old universities sono più forti. Uno dei punti di forza dei corsi di secondo livello è la capacità di attrarre studenti stranieri. La tabella 25 mette infatti in evidenza una forte crescia nel tempo degli stranieri immatricolati a corsi di secondo livello, la loro percentuale sul totale degli studenti non solo è aumentata nel tempo, ma gli studenti stranieri presentano un tasso di crescita molto superiore rispetto a quello degli studenti cittadini del Regno Unito. L’Università di Manchester attrae ogni anno molti stranieri nei corsi post-graduate, nelle interviste è emerso che all’estero la notorietà di Manchester è legata alla sua università. Emblematici sono questi due brani di intervista: 44 Se nomini ad uno studente straniero Manchester, la prima cosa che ti dice è la squadra di calcio, ma poi ti parlerà subito dell’Università [Rod Coombs, Vice-President UMIP, University of Manchester] Il 22% dei nostri studenti è straniero e viene da Cina, Malesia, Singapore, India. Come career service gestiamo anche le loro richieste. Non tutti volgiono fermarsi in UK, li aiutiamo per quanto possibile a cercare un lavoro nei loro paesi [Andrew Withemore, Assistant Director, Career Service, University of Manchester]. Tab 25- Numero di studenti immatricolati al primo anno dei corsi di secondo livello (1979-2006). Var % studenti Var% stranieri Tot UK Tot stranieri Tot postgraduate % stranieri Var% postgraduate UK 1979 54.540 11.230 65.770 17,1 1989 18.205 102.130 17,8 55,3 53,9 62,1 83.925 1999 185.830 48.435 234.265 20,7 129,4 121,4 166,1 2006 252.905 90.085 342.990 26,3 46,4 36,1 86,0 Nota:dati al primo dicembre di ciascun anno accademico Fonte: Elaborazioni da dati Department for innovation, Universities and skills Grafico 4 – Andamento delle immatricolazioni per livello di studio (1979-2006) 800.000 700.000 600.000 500.000 400.000 300.000 19 7 19 9 80 19 8 19 1 8 19 2 19 83 8 19 4 8 19 5 8 19 6 8 19 7 8 19 8 89 19 9 19 0 91 19 19 92 9 19 3 94 19 9 19 5 9 19 6 9 19 7 98 19 9 20 9 00 20 20 01 0 20 2 03 20 0 20 4 05 20 06 200.000 100.000 0 Primo livello Secondo livello Nota:dati al primo dicembre di ciascun anno accademico Fonte: Elaborazioni da dati Department for innovation, Universities and skills Il grafico 4 mostra una crescita tendenzialmente più lineare degli immatricolati post-graduate rispetto agli under-graduate (spiegabile dal tendenziale investimento in titoli di studio di livelo superiore per via dell’inflazione delle credenziali educative). Un dato che non va trascurato nell’analisi delle immatricolazioni è l’introduzione delle tasse anche per gli studenti undergraduate UK (come visto nel secondo paragrafo). Dal grafico emerge una chiara flessione nella crescita degli immatricolati undergraduate nell’anno di introduzione delle tasse (99-00), ma l’effetto è stato effimero (quasi uno ‘shock’ momentaneo) in quanto dall’anno successivo la curva riprende a crescere. Tornando al rapporto tra università e attori economici, un primo dato da rilevare è la presenza di percorsi formativi “duali”, ossia formazione accademica e esperienza pratica. C’è una lunga tradizione di corsi undtergraduate chiamati “sandwich courses”, così etichettati in quanto sono corsi di laurea normali che prevedono un anno in azienda. In realtà dai dati della tabella 26 e dalle interviste si rileva una diminuzione dell’attrattività di tali corsi. 45 Ci sono sempre stati corsi disegnati con le imprese. C’è una lunga tradizione di sandwich courses (che prevede un anno in azienda o in una professione). L’accesso a questi corsi è un po’ diminuito perché gli studenti vogliono corsi più corti e senza l’anno extra. Non c’è nemmeno un grosso interesse a svilupparli. Non esiste una grande tradizione di co-progettazione della didattica [David Watson, London Institute of Education]; Ci sono corsi supportati dagli attori economici, non ci mettono i soldi e nemmeno si mettono con gli accademici a progettarli. Ciò che fanno è offrire una serie di facilities agli studenti e di opportunità di fare stage e esperienze lavorative [Nick Hammond, Higher Education Academy York]. Tab 26 – Numero di studenti iscritti14 a Sandwich Courses (primo livello). Totale Medicina clinica Farmacia, anatomia, tecnologia medica, scienze infermieristiche, ecc Scienze biologiche Veterinaria Agraria Scienze fisiche Scienze matematiche Informatica Ingegneria Architettura Studi sociali Legge Economia Comunicazione Lingue Storia e filosofia Arte e design Educazione Combined Fonte: Hesa (1995, 2008) 1994/95 118.229 0 2006/07 112.500 0 Var % -4,8 0,0 % iscritti SC su totale iscritti (9495) 11,9 0,0 4.348 4.987 0 2.443 5.854 2.600 16.777 22.138 9.350 2.761 718 35.303 458 2.249 12 2.856 656 4.719 5.415 6.840 0 2.095 3.875 1.395 16.670 15.420 9.220 3.010 1.890 36.580 1.305 2.835 105 5.650 55 135 24,5 37,2 0,0 -14,2 -33,8 -46,3 -0,6 -30,3 -1,4 9,0 163,2 3,6 184,9 26,1 775,0 97,8 -91,6 -97,1 8,7 10,0 0,0 34,6 11,3 17,2 43,0 24,1 29,7 3,6 1,9 35,2 4,4 3,6 0,0 5,0 1,1 2,5 % iscritti SC su totale iscritti (0607) 8,7 0,0 4,7 5,6 0,0 27,9 6,9 5,6 26,2 18,7 26,7 2,4 3,0 22,9 3,8 3,4 0,2 4,7 0,1 0,4 Come si vede dalla tabella il tasso di crescita degli iscrittti ai “sandwich courses” è negativo e lo è proprio in discipline come ingegneria, informatica, fisica, discipline il cui aspetto pratico è molto rilevante. Anche il peso degli iscritti “sandwich” sul totale ha subito un calo in tali discipline (pur rimenendo tra i più alti) rispetto a 10 anni prima. Quindi, se da una parte le università hanno pensato a strumenti per collegare la formazione accademica con quella on-the-job, i comportamenti degli studenti hanno preso direzioni opposte non solo in termini di modalità di studio (che approfondiremo più sotto), ma anche in termini di discipline scelte. La tabella 27 mostra chiaramente questo andamento. Si rileva un tasso di crescita negativo in materie come scienze fisiche e ingegneria (più industrial oriented), mentre una forte crescita di iscritti a comunicazione. Rilevante è anche la crescita di Scienze Biologiche spiegabile grazie al fatto che i Funding Councils stanziano da qualche anno fondi per aumentare l’attrattività degli studenti per le scienze naturali. Le università hanno avuto molte difficoltà nell’adattarsi a i comportamenti di scelta 14 I dati disponibili si riferiscono agli iscritti e non agli immatricolati al primo anno (non è disponibile tale livello di dettaglio). Inoltre non sono disponibili dati disaggregati per istituzione. 46 degli studenti. Alcune di esse hanno aggiunto discipline che in precedenza non offrivano seguendo quindi le tendenze della domanda (Watson, 2006). Tab 27 – Immatricolati al primo livello di laurea per disciplina (percentuale sul totale degli immatricolati nel 1994-95, nel 2006-07 e tasso di crescita) Medicina clinica Farmacia, tecnologia medica, scienze infermieristiche, ecc Scienze biologiche Veterinaria Agraria Scienze fisiche Scienze matematiche Informatica Ingegneria Architettura Studi sociali Giurisprudenza Economia Comunicazione Lingue Storia e filosofia Arte e design Educazione Combined Totale 06/07 94/95 %su totale %su totale immatricolati immatricolati 1,8 2,2 5,7 9,0 5,4 9,8 0,1 0,2 0,7 0,6 5,4 4,2 1,5 1,9 4,2 4,8 9,9 6,2 3,0 2,7 7,9 9,8 3,9 4,8 10,6 13,5 1,2 2,9 5,7 6,1 3,2 4,8 6,3 9,8 5,2 4,1 18,4 2,5 100,0 100,0 Var. % 48,9 96,0 127,0 81,5 3,0 -2,6 56,3 43,9 -21,2 12,3 56,5 54,7 60,0 207,4 34,0 85,6 95,8 0,7 -82,6 25,1 Fonte: Hesa (vari anni) Il tentativo di avvicinarsi sempre più alle esigenze dello ‘studente-cliente’ si riflette anche nelle modalità di erogazione della didattica. Il Grafico 5 mostra le percentuali di studenti full-time e parttime per livello di studio. I dati suggeriscono che gli undergraduate tendono ad iscriversi con percentuali maggiori a corsi full-time, mentre per i post-graduate non si osservano differenze percentuali così nette. Si può comunque affermare che lo studente “tradizionale” tende a prevalere, anche se, negli ultimi anni, si nota una tendenza all’aumento delle immatricolazioni part-time per gli undergraduate e full time per i post-graduate. Da una parte quindi una domanda crescente di corsi più gestibili in termini di tempo per gli undergraduate, dall’altra un maggior investimento di tempo per i corsi più professionalizzanti, quali i post-graduate. 47 Grafico 5. Percentuale studenti immatricolati a corsi di laurea di primo livello per modalità di studio sul totale degli studenti (post-parificazione). 80 70 60 50 40 30 20 10 0 7 1 4 5 8 2 5 0 6 9 3 6 -9 -0 -0 -9 -9 -0 -0 -0 -9 -9 -0 -0 6 0 3 4 7 9 1 4 5 8 2 5 9 0 0 9 9 9 9 9 0 0 0 0 19 19 19 19 19 19 20 20 20 20 20 20 Full time % Part time % Fonte:Hesa (vari anni) Grafico 6. Percentuale studenti immatricolati a corsi di secondo livello per modalità di studio sul totale degli studenti (post-parificazione). 19 94 -9 5 19 95 -9 6 19 96 -9 7 19 97 -9 8 19 98 -9 9 19 99 -0 0 20 00 -0 1 20 01 -0 2 20 02 -0 3 20 03 -0 4 20 04 -0 5 20 05 -0 6 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Full time% Part time % Fonte:Hesa (vari anni) A partire dagli anni ’90 - a parte le ancient universities (Oxford e Cambridge) che continuano a mantenere una forma tradizionale di didattica – si assiste ad un progressivo diffondersi di forme flessibili, ovvero corsi modulari (su due semestri in genere) inter-dipartimentali, ma probabilmente anche inter-ateneo. Come si vede nella tabella 27 le istituzioni offrono corsi denominati “Combined”, ossia corsi multidisciplinari. La loro attrattività è diminuita negli ultimi 10 anni (la tabella 27 mostra un tasso di crescita fortemente negativo) e la loro quota – la più alta nel ’94/’95 - sul totale degli studenti è tra le più basse. Gli studenti sembrano quindi orientarsi verso discipline specifiche (umanistiche in particolare). 48 Nelle università di Liverpool e Manchester esistono delle e vere e proprie scuole che si occupano di gestire i corsi combined e la loro istituzione risale agli anni ’60, periodo in cui si è iniziato a cercare di flessbilizzare i percorsi didattici. Ogni corso di laurea ha in genere un insieme prefissato di corsi modulari da seguire, con una parte di essi che possono essere scelti durante il corso di studi. Ogni università decide il numero di ore di studio richiesto per ogni soggetto, le materie ‘scientifiche’ hanno più ore dedicate alla didattica, mentre altre hanno più ore stabilite per lo studio privato. Molte università utilizzano un sistema di crediti (Credit accumulation and transfer schemes, CATs) che aiuta gli studenti a creare un proprio programma di studio e si possono accumulare crediti da esperienze di studio e di lavoro precedenti. Non è però un sistema di crediti nazionale ed uniforme, si formano al massimo consorzi locali tra alcune università per applicare un sistema di crediti comuni. (Kogan, Hanney, 2000; Kogan e altri, 2000; Cheps, 2003, Eurodice). Il sistema modulare e dei crediti nel Regno Unito non è nuovo. La prima diffusione risale agli anni ’60 con l’idea di eliminare la rigidità disciplinare e avviare un sistema maggiormente interdisciplinare. Queste modalità sono state applicate a partire dagli anni ’60 dall’Università di Londra e da molte ‘plate glass universities’, così come erano già in uso nei politecnici. La più ampia diffusione nelle università si è però avuta a partire dagli anni ’80 e ’90 (Trowler,1998). Le ricerche effettuate sulla diffusione delle forme modulari mostrano che nel 1993 almeno il 65% delle università aveva adottato - o pianificato di adottare - una struttura a due semestri, ossia una divisione dell’anno accademico in due parti uguali (invece che tre come in precedenza) della durata di 12 o 14 settimane. Il 70% delle università autorizzava crediti per esperienze formative comprese quelle direttamente sui luoghi lavoro. Circa l’80% delle università aveva introdotto o pianificato di introdurre il sistema di crediti (CAT). Il sistema dei moduli e dei crediti ha portato dunque ad un mutamento nelle discipline studiate nei vali livelli di laurea: iniziano a diffondersi i ‘combined degree’ in cui si combinano due o più discipline (nel 1994 il 40,3% degli studenti frequentava un ‘combined degree’ la maggioranza di loro iscritti alla Open University15) (Fulton, 1991; Robertson, 1994). Nonostante il successo avuto da queste nuove forme di erogazione della didattica, la comunità accademica non ha vissuto positivamente la modularizzazione dei loro corsi. Tale mutamento è stato visto in molti casi più come una razionalizzazione amministrativa che una riprogrammazione basata sull’epistemologia dell’acquisizione di conoscenza. La reazione è stata in alcuni casi di estrema resistenza (come nelle ancient); in altri casi i moduli sono stati introdotti, ma ora si sta ripensando di ritornare al passato; in altri casi ancora si è mantenuto di fatto il corso della durata di un anno, ma suddividendolo in due o tre moduli più corti (Barnett e Coate, 2005). La modularizzazione viene spesso considerata un modo per ridurre il peso didattico di una disciplina e pertanto una riduzione della possibilità di apprendimento e approfondimento di una materia. (Charlton e Andras, 2003). Anche nelle interviste è emersa questa visione pessimistica (del resto tutti gli intervistati sono accademici): C’è un forte pericolo nella modularizzazione. Le materie diventano troppo semplici e le università perdono il controllo della gestione dei corsi. Lasciare troppa libertà agli studenti e la libera scelta dei loro curricula non è un bene in termini formativi. [David Watson, London Institute of Education]; Certamente gli studenti sono più liberi di gestirsi i propri corsi e possono anche svolgere corsi in altre istituzioni. La comunità accademica non vede molto di buon occhio la modularizzazione. E’ un tentativo di fare come negli USA, ma il rischio è di aumentare la burocrazia e diminuire la profondità degli insegnamenti. [Peter Scott, ViceChancellor della Kingston University of London]. 15 L’università con didattica a distanza. 49 Se risulta chiara la tendenza all’adattamento delle istituzioni alla domanda degli studenti, più nebulosa o complessa è quella relativa all’adattamento alle esigenze delle imprese. I dati raccolti dai Funding Councils (2008) nella già più volte citata survey sull’interazione tra università e mondo economico offrono un primo quadro di tale situazione. Alla domanda “Con quale misura gli imprenditori sono attivamente coinvolti nello sviluppo dei contenuti e nella revisione dei curricula”, la maggior parte delle istituzioni intervistate ha risposto che si tratta di una via di mezzo tra “una consultazione degli imprenditori e altri enti circa la natura dei corsi, ma limitata ai corsi più professionalizzanti” e “tutti i dipartimenti consultano regolarmente gli imprenditori e altre associazioni circa il curriculum, quando si ritiene necessario. In particolare per aumentare l’employability”. Quasi nessuna istituzione ha risposto che gli imprenditori non vengono consultati, ma è anche vero che una risposta del genere, al di là delle possibili critiche sul disegno della ricerca di tale survey, evidenzia che si tratta di dinamiche non riconducibili ad una tendenza generale delle istituzioni, bensì diverse da dipartimento a dipartimento e da disciplina a disciplina. Sempre nella stessa survey le università considerate in questo studio hanno risposto quasi tutte come appena riportato, tranne la Manchester Metropolitan University che invece ha privilegiato la prima opzione (altro elemento che ribadisce la ancora presente vicinanza al modello classico degli expolitecnici). I processi tramite i quali gli attori economici vengono consultati non sono necessariamente diversi tra ex-politecnici e old universities. Negli approfondimenti effettuati tramite interviste ai Direttori di dipartimenti, scuole e ai Presidi di facoltà emergono alcune tendenze (non mutualmente esclusive): 1. Per alcune discipline è previsto un accreditamento dei curricula da parte dei cosiddetti Professional Bodies. E’ un processo obbligatorio e consiste nella valutazione dei programmi che se non accreditati non consentono l’accesso alla professione; 2. In alcune facoltà sono stati istituiti degli Advisory Groups che vengono consultati in sede di creazione di nuovi curricula o di revisione, In questo caso si notano alcune differenze tra discipline 3. Anche i network individuali tra accademici e attori economici contribuiscono a rilevare le esigenze delle imprese. Sembrano esserci differenze tra discipline. Questi network però portano più spesso ad interventi nei corsi (singole lezioni ed esercitazioni) che alla creazione di corsi ad hoc. 4. Relazioni interne, ossia i rapporti con i career service che offrono consulenza tramite career advisors. Sono in progettazione negli ex-politecnici considerati, mentre sono parte dello staff nelle old universities. La loro attività però non sembra concentrarsi molto nella progettazione dei corsi, quanto fornire moduli di orientamento per gli studenti. I Professional bodies Si tratta di associazioni professionali o società istituite tramite Royal Charter a supporto di specifiche professioni. Molte associazioni offrono accreditamenti per diventare membri che è in genere un requisito per svolgere certe professioni. Nel Regno Unito sono associazioni professionali 90 hanno ottenuto il Royal Charter. Durante le interviste è emersa la rilevanza di tali associazioni nel determinare i curricula. Questi vengono progettati nelle varie scuole o dipartimenti e vengono sottoposti alle associazioni. Queste forniscono poi l’accreditamento o meno dei programmi. Dalle interviste è emersa la loro rilevanza prevelntemente nelle business schools (sia per i corsi di finanza, sia per quelli di contabilità), nelle facoltà di ingegneria e architettura e nelle facoltà in cui è presente legge (spesso nel Regno Unito è inserita nelle facoltà denominate humanities). I Presidi e Direttori di Dipartimento di tali discipline hanno citato in prima istanza il vincolo con i professional bodies, non solo a riguardo dell’intervento esterno nella preparazione e revisione dei curricula, ma come prassi obbligatoria per i corsi di primo 50 livello. A questo proposito è emblematica la dichiarazione dell’associate dean della facoltà di ingegneria dell’Università di Manchester: I nostri corsi di primo livello sono poco influenzati dall’industria, quanto dai professional bodies. Frequentare un corso accreditato dai professional bodies rappresenta una qualifica in più per le imprese. Il post-laurea ha invece un’interazione molto diversa, c’è una collaborazione one-to one. Qui veramente si muove sulla base della collaborazione con le aziende che parte dalla ricerca [Helen Gleeson, Associate Dean Faculty of Engineering, University of Manchester]. Gli Advisory Groups Dalle interviste è emerso che le facoltà e le scuole hanno creato dei gruppi di imprenditori e attori operanti nel settore pubblico che periodicamente (in media una volta all’anno) si incontrano per discutere sulle esigenze e problematiche reciproche. In sostanza tutti gli intervistati hanno citato tale momento per l’incontro con imprese e istituzioni. Ogni Dipartimento (il luogo reale in cui viene progettata la didattica) ha un teaching team che si occupa di progettare e cambiare i curricula. In fase di preparazione e revisione dei curricula il teaching team consulta i vari advisiory groups se si tratta di corsi di nuova istituzione. Non si tratta quindi di incontri operativi, ma di reciproco scambio di idee. Nelle discipline più vicine all’industria, come ingegneria, si sottolinea la scarsa rilevanza di tali gruppi in termini di interazione con le imprese. La collaborazione di ricerca sembra più importante per comprendere quali elementi trasformare in didattica: Il dipartimento ha un industrial advisory board, c’è un incontro all’anno in cui ci presentiamo le reciproche iniziative. Poi ci sono meeting più individuali nelle discipline. E’ un mutual agreement. Ma ciò che insegnamo nei corsi è influenzato dalla ricerca. Noi andiamo molto bene in ricerca (molto alta nel RAE) e quindi abbiamo una buona collaborazione con le aziende. Abbiamo partners sia nazionali sia internazionali. [Gareth Padfield, Direttore Department of Engineering, University of Liverpool] Incontriamo l’advisory group una volta all’anno. Ma i legami più importanti sono quelli di ricerca. Abbiamo molti legami con le imprese locali, piccole-medie dimensioni prevalentemente [Ian Kenkinson, Direttore School of Engineering, Liverpool John Moores University] I network individuali Nelle interviste si è anche sottolineato il fatto che spesso ad influenzare la progettazione di un corso contano i network individuali tra attori economici e accademici. Questo prevalentemente nei corsi di secondo livello. Il legame diretto tra gli accademici e aziende e istituzioni fa si che alcune tesi di dottorato siano orientate a tematiche specifiche, ma non sembra emergere un investimento in termini economici per borse di studio da parte degli attori esterni (tranne in casi sporadici nelle materie delle scienze dure). Anche gli interventi in aula da parte di esperti sembrano sporadici e non sempre sistematici, tranne per materie che prevedono esercitazioni in laboratorio per le quali nelle interviste è emersa la tendenza alla contrattualizzazione di esercitatori provenienti dalle aziende. La situazione è invece molto diversa nelle business school. Dalle interviste è emerso che gli interventi in aula sono più sistematici, non solo, ma molti ex-dirigenti aziendali fanno parte dell’organico accademico. Anche i direttori provengono spesso dal mondo economico, come per esempio il Direttore della Management School dell’Università di Liverpool. I network individuali non sembrano produrre veri e propri corsi nei due livelli di laurea. Sono più orientati al life long learning. Nelle interviste mi è stato citato un solo corso di primo livello presso la Manchester Metropolitan University creato e finanziato con la partnership di una grande azienda di distribuzione (TESCO). 51 Relazioni interne Infine nelle interviste ai responsabili dei career service è emerso che tale struttura offre consulenza ai dipartimenti e alle scuole nella progettazione e revisione dei curricula. Si tratta di career advisors che però forniscono consulenza più agli studenti (tramite moduli inseriti nei corsi) che ai teaching team. Direttori di scuole e dipartimenti non li hanno citati come parte integrante della progettazione dei curricula. In sostanza la progettazione della didattica sembra ancora fortemente a base accademica: L’influenza esterna segue alcune traiettorie. La prima è obbligatoria per alcune discipline, ma poco flessibile ai mutamenti (l’accreditamento dei professional bodies). La seconda è più una prassi formale che un effettivo intervento operativo (gli incontri con gli advisory groups). Questa traiettoria ha un grosso potenziale, ma il processo è troppo frammentario e diversificato per poter pensare ad un effettivo intervento degli attori economici nei curricula. La terza è ancora più frammentaria, ma può essere più efficace della seconda nel far entrare le reali esigenze delle imprese (i network individuali). La terza è troppo autoreferenziale (relazioni con il career service). In queste traiettorie, simili tra gli ex-politecnici e le old univesities considerate, vi sono però delle varianti di base a seconda del tipo di istituzione. Il Direttore della Camera di Commercio di Liverpool ha sottolineato che gli ex-politecnici sono più permeabili delle old universities, anche se queste ultime si stanno progressivamente aprendo all’esterno: Con la Liverpool John Moores la Camera di Commercio ha forti relazioni, sia didattica, sia relazioni pratiche. E’ più orientata alla sua posizione nell’economia locale. Ma anche la Liverpool sta aumentando il suo rapporto con noi. Soprattutto la business school. La prima ha più esperienza nel rapporto con le aziende, mentre la seconda fa più fatica. Con la LJMU ci sono relazioni formalizzate. Nell’altra solo personal networks [Jack Stopforth, Direttore Camera di Commercio di Liverpool]. Gli outcomes della didattica Come l’attività di ricerca, anche la didattica ha i suoi risvolti socio-economici. Due in particolare. Da una parte le istituzioni di educazione terziaria contribuiscono al livello di scolarizzazione nella società e quindi risulta rilevante osservare il grado di apertura a tutte le classi sociali e i tassi di abbandono. Dall’altra i sistemi universitari formano soggetti che si immettono poi sul mercato del lavoro, le istituzioni hanno quindi un ruolo non trascurabile nell’occupabilità degli studenti anche in base a quanto appena descritto circa la progettazione della didattica. Risulta quindi importante analizzare i principali esiti occupazionali del sistema universitario del Regno Unito. Per quanto riguarda il primo outcome, come abbiamo visto nel secondo paragrafo, nel 2004 il governo laboursta ha introdotto alcune riforme per garantire un più eguale accesso delle varie classi sociali. Attualmente il sistema universitario nel Regno Unito è però ancora caratterizzato da una forte sottorappresentazione delle classi sociali più basse. All’inizio degli anni ’90 la popolazione era formata per il 50% da soggetti appartenenti alle classi inferiori e solo il 25% degli accessi in università era formato da studenti con tale origine sociale. I dati più recenti e relativi al 2006/07 evidenziano un leggero miglioramento degli accessi degli studenti provenienti dalle classi meno abbienti. Il dato nazionale è il 29,8% sul totale degli accessi. Vi sono però forti differenze tra old e new universities. Nelle università da noi considerate, nei due ex politecnici la percentuale di studenti provenienti dalle classi più basse è del 40,4% alla Liverpool John Moores University e del 35,7% alla Manchester Metropolitan Univesity (per via della loro natura o tradizione maggiormente vocational e probabilmente per via del fatto che le tasse sono inferiori rispetto ad università più prestigiose). Mentre i valori riscontrati nelle due old 52 universities sono al di sotto della percentuale nazionale: 24,7% Liverpool e 21,3% Manchester (Hesa, 2008). Alcuni studi hanno dimostrato che è proprio tra gli studenti provenienti dalle classi meno abbienti che si risconta la più alta la propensione all’abbandono (Yorke e Longden, 2004). Circa i tassi di abbandono (chi è uscito dal sistema universitario) la tabella 28 mostra valori piuttosto contenuti e diminuiti di circa 2 punti percentuali in 10 anni, sia livello nazionale sia nelle due old universities considerate, mentre per i due ex-politecnici i valori non sono mutati nel tempo e son più alti di quelli delle Università di Manchester e Liverpool. Questo anche se disaggreghiamo per età. A livelo nazionale gli studenti più adulti hanno un tasso di abbandono doppio rispetto a quelli più giovani (anche se leggermente diminuito in 10 anni). In realtà negli ex-politecnici le differenze non sono così marcate (e non lo erano nemmeno 10 anni prima), i tassi di abbandono tra giovani e adulti sono abbastanza vicini. Questi dati mostrano che se è vero che il sistema universitario del Regno Unito è ancora piuttosto stratificato, è anche vero che presenta una buona capacità di tenure degli studenti, quanto meno gli studenti appena usciti dal sistema di istruzione secondario. Per le università considerate le difficoltà maggiori si rilevano per gli ex-politecnici dove vi è maggiore eterogeneità nella provenienza socioculturale degli studenti (coma abbiamo visto più sopra). Abbandonare gli studi è spesso necessario per chi ha scarse risorse economiche o chi non è supportato da reti sociali e familiari per cui l’istruzione è ritenuta un elemento importante. Tuttavia, tradizionalmente chi si iscriveva ad un Politecnico lo faceva per via della sua natura più vocational e quindi maggiormente legata al mercato del lavoro. In realtà la tabella 29 mostra che a sei mesi dal conseguimento del primo livello di laurea, le percentuali maggiori di chi è in cerca di lavoro sono tra i laureati dei due ex-politecnici considerati. Per il secondo livello invece (vedi tabella 30) la situazione è rovesciata: i due ex-politecnici hanno tassi di laureati in cerca di lavoro inferiori alle due old universities. Il dato è spiegabile dal fatto che chi tra i laureati di primo livello continua a studiare si iscrive prevalentemente a taught degrees (che comprendono i professional doctorates), diplomi e certificati post-graduate, ossia percorsi più professionalizzanti. Anche osservando il tasso di occupazione vediamo che le differenze più marcate tra ex-politecnici e old universities si registrano nel secondo livello di laurea: il tasso di occupazione per i laureati di secondo livello è nettamente più elevato per i due ex-politecnici. Osservando quindi i dati delle università considerate sembra che per gli ex-politenci sia ormai il secondo livello ad essere più interconnesso al mercato del lavoro rispetto al primo livello. E’ a questo livello che i percorsi si differenziano veramente. Si nota infatti per l’Università di Liverpool, ma soprattutto per l’Università di Manchester, la maggiore propensione da parte di chi continua a studiare dopo la laurea ad iscriveri a percorsi di studio basati sulla ricerca. Ciò anche perché, come abbiamo visto, i pecorsi di ricerca nei due ex-politecnici considerati sono ancora poco sviluppati. Per concludere il quadro sugli outcomes della didattica è utile osservare la situazione occupazionale dei laureati disaggregata per disciplina16 (vedi tabella 31). L’aspetto più interessante che emerge da questa tabella è che se osserviamo i dati sul numero dei laureati al primo livello per disciplina (tabella 32)17 notiamo che per discipline come scienze fisiche, ingegneria, informatica il cui il tasso di crescita dei laureati è negativo, la tabella 31 mostra una relativamente alta percentuale di coloro che sono in cerca di lavoro a 6 mesi dal conseguimento del titolo (informatica ha la percentuale più alta tra tutte le discipline). Così come per i laureati in comunicazione per i quali la tabella 32 mostra una forte crescita che però è collegata ad una alta percentuale di persone in cerca di lavoro (il 7,7%). Il sistema 16 La survey Hesa dalla quale abbiamo tratto i dati non fornisce il dato per le singole istitituzioni. E’ importante ricordare che la tabella 32 si basa su dati amministrativi, mentre la tabella 31 si basa su un’indagine campionaria. 17 53 universitario del Regno Unito presenta quindi per il primo livello di laurea qualche elemento di mismatch tra domanda e offerta. Da una parte notiamo la forte crescita dei laureati in comunicazione che però presentano non trascurabili percentuali di persone in cerca di lavoro a sei mesi dalla laurea. Dall’altra, nonostante la diminuzione dei laureati in alcune discipline come ingegneria e informatica, questi rimangono in cerca di lavoro percentualmente in misura maggiore rispetto ad altre discipline. Tale mismatch è però riscontrabile solo se consideriamo il il tasso di disoccuapazione a sei mesi dalla laurea. Se consideriamo al contrario il tasso di occupazione, la tabella 31 evidenzia che nelle discipline appena menzionate il tasso di occupazione è intorno al 70%. Il mercato del lavoro nel Regno Unito è quindi sostanzialmente in grado di assorbire i neo-laureati di primo livello anche se per alcune discipline la ricerca di lavoro risulta un po’ più difficoltosa (dovuta probabilmente ad una più o meno marcata saturazione dei settori relativi). Diversa è invece la situazione per il secondo livello di laurea, notiamo che da una parte la tabella 32 riporta tassi di crescita tutti positivi (tranne per i combined courses) e nella tabella 31 percentuali di laureati in cerca di lavoro molto più basse rispetto al primo livello. Ciò e probabilmente dovuto a due aspetti collegati fra loro. Il primo aspetto è la natura più professionalizzante dei corsi di secondo livello: non solo i taught master, ma molte discipline hanno anche professional doctorates che offrono una formazione di ricerca più orientata alla ricerca applicata e spendibile sul mercato non accademico. D’altra parte, il secondo aspetto riguarda l’inflazione delle credenziali educative - tendenza generalizzata e non certo presente solo nel Regno Unito - per cui chi si immette sul mercato con un titolo di livello superiore tende ad avere più chances di chi si ferma al primo livello. 54 Tab. 28 - Situazione degli immatricolati dopo un anno dall'ingresso Immatricolati 2005/2006 UK Liverpool John Moores University University of Liverpool Manchester Metropolitan University University of Manchester Immatricoltati 1995/1996 UK Liverpool John Moores University University of Liverpool Manchester Metropolitan University University of Manchestera Umista Immatricolati con età inferiore a 21 anni Totale immatricol ati full% di chi si time di è trasferito % di chi è primo % di chi ha in un'altra uscito dal sistema livello continuato istituzione 261.205 90,2 2,7 7,1 Immatricolati con età superiore a 21 anni Totale immatricol ati full% di chi si time di è trasferito % di chi è primo % di chi ha in un'altra uscito dal livello continuato istituzione sistema 72.020 83,3 2,4 14,3 Totale immatricolati Totale immatricol ati full% di chi si % di chi time di è trasferito è uscito primo % di chi ha in un'altra dal livello continuato istituzione sistema 333.285 88,7 2,6 8,6 3.525 3.495 86,4 93,4 2,9 2,4 10,8 4,2 810 505 85,0 89,1 1,5 2,0 13,5 8,9 4.335 3.995 86,1 92,8 2,6 2,3 11,3 4,8 6.020 86,0 3,7 10,3 1.530 81,7 4,0 14,2 7.550 85,1 3,8 11,1 5.515 93,1 2,8 4,1 500 87,2 2,0 10,8 6.015 92,6 2,7 4,7 202.494 89,0 3,0 8,0 81.905 82,0 2,0 15,0 284.399 87,0 3,0 10,0 2.395 2.407 87,0 92,0 4,0 3,0 9,0 5,0 1.238 401 83,0 88,0 2,0 2,0 14,0 10,0 3.633 2.808 86,0 92,0 3,0 3,0 11,0 6,0 4.025 85,0 4,0 11,0 1.965 84,0 2,0 15,0 5.990 84,0 4,0 12,0 3.890 1.090 91,0 88,0 4,0 6,0 5,0 6,0 453 142 85,0 81,0 4,0 6,0 11,0 13,0 4.343 1.232 90,0 87,0 4,0 6,0 7,0 6,0 a. L’università di Manchester prima del 2004 era separata dall’Umist Fonte: Hesa (2008); Hefce (1999) 55 Tab 29 – Situazione occupazionale dei laureati di primo livello18 a sei mesi dalla laurea conseguita nell’anno accademico 2006/2007 Attività svolta a 6 mesi dall'ottenimento del titolo N. di coloro la cui destinazione è nota Lavora full-time retribuito (inclusi i lavoratori autonomi) % Lavora part-time retribuito % Lavora nel volontariato non retribuito % Lavora e studia % Studia ancora senza lavorare % In cerca di lavoro % Non in cerca di lavoro % Altro % Tra chi studia ancora (incluso chi lavora e studia): Totale Un titolo più elevato (tra i research degrees) % Un titolo più elevato (tra i taught degrees) % Diploma o certificato Postgraduate % Laurea di primo livello triennale Altri dipolimi o certificati Qualifica professionale altro Fonte: Hesa (2008) 18 Liverpool John Moores University UK The University of Liverpool The Manchester Metropolitan University The University of Manchester 211.195 2.640 2.700 3.785 3.880 55,4 7,8 59,8 11,2 58,3 5,0 56,5 7,5 57,2 4,0 1,0 9,3 15,2 5,6 4,4 1,2 0,4 8,0 8,9 6,8 3,6 1,1 0,9 6,7 18,5 3,5 6,5 0,4 0,8 10,0 12,8 7,5 4,0 0,9 0,9 8,6 18,3 5,9 4,0 0,9 51.890 445 690 860 1.055 7,3 3,4 9,4 2,9 14,7 32,5 31,5 36,2 26,7 33,2 21,8 5,2 6,0 17,2 10,0 27,0 3,4 3,4 18,0 12,4 15,2 6,5 3,6 21,0 6,5 19,2 11,0 7,6 19,8 14,5 18,0 1,4 4,7 22,3 5,7 Per primo livello si intende la laurea triennale (First degree). 56 Tab 30 – Situazione occupazionale dei laureati di secondo livello a sei mesi dalla laurea conseguita nell’anno accademico 2006/2007 Attività svolta a 6 mesi dall'ottenimento del titolo N. di coloro la cui destinazione è nota Lavora full-time retribuito (inclusi i lavoratori autonomi) % Lavora part-time retribuito % Lavora nel volontariato non retribuito % Lavora e studia % Studia ancora senza lavorare % In cerca di lavoro % Non in cerca di lavoro % altro % Tra chi studia ancora (incluso chi lavora e studia): Totale Un titolo più elevato (tra i research degrees) % Un titolo più elevato (tra i taught degrees) % Diploma o certificato Postgraduate % Laurea di primo livello triennale % Altri dipolimi o certificati % Qualifica professionale % altro % Fonte: Hesa, 2008 Liverpool John Moores University UK 805 86.100 The University of Liverpool 620 The Manchester The Metropolitan University of University Manchester 1.230 1.500 69,5 6,7 0,7 10,6 5,9 3,1 2,4 1,1 72,7 7,5 0,0 11,2 3,7 1,9 1,2 0,6 54,8 6,5 1,6 14,5 11,3 4,0 5,6 0,8 73,2 6,5 0,4 12,2 3,7 2,4 1,6 0,4 67,7 5,0 0,7 8,0 11,3 4,7 2,0 1,3 14.220 27,3 23,1 10,6 2,0 7,5 11,6 17,9 125 16,0 40,0 12,0 0,0 4,0 12,0 12,0 160 40,6 9,4 9,4 3,1 6,3 9,4 28,1 195 10,3 41,0 5,1 0,0 7,7 10,3 23,1 285 59,6 10,5 7,0 0,0 5,3 7,0 12,3 57 Tab. 31 - Situazione occupazionale dei laureati per disciplina a sei mesi dalla laurea conseguita nell’anno accademico 2006/2007 Secondo livello Medicina Scienze biologiche Scienze veterinarie Agraria Scienze fisiche Scienze matematiche Informatica Ingegneria Architettura Studi sociali Legge Economia Comunicazione Lingue Storia e filosofia Arte e Design Educazione Combined Primo Livello Medicina Scienze biologiche Scienze veterinarie Agraria Scienze fisiche Scienze matematiche Informatica Ingegneria Architettura Studi sociali Legge Economia Comunicazione Lingue Storia e filosofia Arte e Design Educazione Combined Fonte: Hesa, 2008 N. di coloro la cui destinazione Lavora e è nota Occupati % studia % 78,1 10,5 77.280 75,6 15,9 7.015 70,1 12,4 4.035 61,5 7,7 65 69,9 12,0 415 72,2 8,9 2.515 64,3 11,6 560 74,2 9,0 1.785 78,4 10,6 2.270 81,7 10,2 2.215 73,2 11,6 5.495 71,0 9,3 4.080 77,9 13,8 9.770 83,8 4,8 1.670 59,5 10,9 2.200 55,9 12,4 2.585 71,0 10,2 2.655 86,8 8,1 27.895 81,8 18,2 55 65,1 9,3 203.235 79,8 9,5 25.200 58,8 9,8 20.580 89,6 4,2 480 66,2 8,4 1.540 53,0 7,9 9.150 48,6 15,7 3.715 70,7 6,0 9.855 70,1 8,8 10.650 68,0 15,9 4.590 64,2 9,6 19.660 36,6 11,3 9.850 69,1 11,4 22.685 75,1 5,0 6.010 58,3 8,1 13.820 53,8 8,6 11.190 69,0 6,9 21.350 75,5 8,7 10.250 56,2 18,2 2.660 Studia ancora senza lavorare % 5,2 4,0 10,2 15,4 7,2 10,9 15,2 7,3 4,8 4,1 7,8 12,5 2,5 3,6 17,5 16,1 7,9 1,3 0,0 14,3 5,8 19,7 2,1 13,0 26,6 23,4 8,6 9,8 9,5 14,0 42,6 6,5 6,0 21,1 23,6 9,8 9,5 9,2 In cerca di lavoro % 2,8 1,5 3,7 0,0 4,8 4,8 4,5 6,4 3,7 2,0 3,5 3,4 2,8 3,9 4,1 4,3 4,7 1,7 0,0 5,6 2,5 5,5 2,1 5,5 6,2 5,8 9,9 6,3 2,9 5,6 3,8 6,4 7,7 5,8 6,0 8,2 2,8 4,7 Non in cerca di lavoro % 2,4 2,3 3,1 7,7 2,4 2,4 3,6 2,5 1,5 1,4 2,8 2,9 2,1 3,0 5,9 8,9 4,0 1,5 0,0 4,4 1,8 5,1 2,1 5,8 5,2 5,1 3,1 4,0 2,9 5,4 4,4 5,1 5,0 5,6 6,4 4,4 2,7 9,2 altro % 0,9 0,6 0,9 7,7 2,4 0,8 0,9 0,8 0,7 0,2 1,1 1,1 0,9 0,9 2,0 2,7 2,4 0,6 0,0 1,2 0,7 1,0 0,0 1,0 1,1 1,5 1,8 1,0 0,8 1,3 1,3 1,4 1,2 1,2 1,6 1,8 0,7 2,4 58 Tab 32 – Numero di laureati per livello di studio e per disciplina (in percentuale sul totale) (199405/2006-07). 1994/95 totale Medicina clinica Farmacia, anatomia, tecnologia medica, scienze infermieristiche, ecc Scienze biologiche Veterinaria Agraria Scienze fisiche Scienze matematiche Informatica Ingegneria Architettura Studi sociali Legge Economia Comunicazione Lingue Storia e filosofia Arte e design Educazione Combined Fonte: Hesa (vari anni) Primo livello 237.798 2,4 4,7 5,2 0,2 0,8 5,7 1,7 3,5 9,3 3,4 8,3 4,0 10,9 1,0 6,6 4,2 6,2 5,8 16,1 2006/07 Secondo livello Primo livello 90.269 319.260 2,5 2,6 3,2 2,5 0,2 1,1 3,6 0,9 2,9 7,1 3,4 7,7 5,5 18,6 1,6 2,8 2,2 2,6 26,2 5,3 9,5 9,1 0,2 0,7 3,9 1,8 5,2 6,2 2,4 9,7 4,9 13,7 2,9 6,2 5,0 10,1 4,2 1,7 Secondo Var% Primo livello livello 202.230 34,3 2,7 47,0 5,6 4,6 0,1 0,6 3,2 0,9 4,2 6,6 2,8 8,6 6,0 20,2 2,3 3,3 2,9 3,8 21,5 0,1 174,4 135,1 36,7 19,5 -7,1 38,7 98,8 -9,9 -6,7 57,5 62,8 68,7 268,5 26,7 57,0 120,2 -3,1 -85,6 Var% Secondo livello 124,0 144,4 297,5 311,6 36,4 25,6 97,3 131,3 218,6 106,1 87,5 149,7 144,7 143,0 219,7 159,8 200,7 222,5 83,5 -96,6 59 7. La governance partecipata tra interazioni formali e reali. Diverse modalità di governance Il tipo di governance delle università è variegato tanto quanto la loro origine, non esiste una singola tradizione che abbraccia tutte le università. Generalmente a livello di ateneo si individuano i seguenti modelli: ‘Oxbridge’ (relativo a Oxford e Cambridge), il modello delle ancient universities scozzesi, il modello delle università civiche e il modello delle università post-1992. A livello di facoltà e dipartimenti le differenze sono principalmente tra ‘pre-1992 universities’ e ‘post-1992 universities’ (CUC, 2004; Shattock, 2006)19. Oxford e Cambridge rappresentano la più chiara espressione di self-governance accademica. Organizzate per confederazioni di collages (ognuno con la sua autonomia), traggono la loro origine dal legame con le autorità religiose. Il Chancellor (massima autorità accademica) sino al medioevo era deciso dalle autorità religiose. Le due università si sono poi progressivamente laicizzate e il Chancellor è diventato una figura onoraria e cerimoniale designata all’interno della Corte Reale. La vera autorità accademica diventa il Vice-Chancellor eletto all’interno dell’università. Fino all’inizio degli anni ’60 gli organi di governo delle due università erano formati esclusivamente da accademici. Non era possibile che venissero nominati negli organi di governo i cosiddetti ‘lay members’ (non appartenenti alla comunità accademica e religiosa, quindi anche rappresentanti esterni). Il Robbins report del 1963 ha criticato il sistema di governance ‘oxbridge’ e ha suggerito alle due università di riformare il loro sistema di governance. Oxford in particolare ha risposto ripensando alla sua governance nel 1964 e nel 1997. In quelle occasioni è stata introdotta la possibilità di nominare ‘lay members’ negli organi di governo. Cambridge invece ha sostanzialmente mantenuto la predominanza accademica tramite la ‘Regent House’ (che comprende praticamente l’intero staff accademico) quale massimo organismo di governo. Diversamente ad Oxford ha dato molto più potere al Council (organo esecutivo) avvicinandosi al sistema vigente in molte alte università ‘pre-1992’, come vedremo fra breve. Le ancient universities scozzesi hanno origini simili a Oxford e Cambridge, ma vi sono alcune importanti differenze, prima fra tutte la suddivisione in facoltà con a capo un Preside (Dean). Glasgow e St. Andrews avevano anch’esse forti legami con le autorità religiose, mentre l’università di Edimburgo presentava un sistema di governance particolare. Rispondeva infatti, attraverso il suo senato accademico, al governo locale della città (che aveva portato alla sua creazione). Verso la fine del XIX secolo vi furono contrasti tra l’università e il governo locale circa l’autonomia legale della prima (garantita a tutte le università del regno da Enrico VIII) nelle nomine e nei curricula e la volontà del secondo di intervenire in tali attività. Questo condusse ad una petizione del senato accademico al governo centrale che incaricò una commissione di osservare le condizioni delle università scozzesi. Nel 1858 si stabilì legalmente per le università scozzesi l’introduzione di un organo dal nome Court con maggioranza di ‘lay-members’ (rappresentanti delle autorità locali, di altre università, dei collages e degli ordini professionali) al quale furono trasferiti dal senato tutti i poteri che non erano specificatamente relativi alle facoltà (quindi poteri finanziari e di allocazione delle risorse). Ciò rappresentò una radicale diminuzione del potere della comunità accademica. Il Rettore (Rector in Scozia e Chancellor nel resto del Regno) divenne una posizione eletta anche dagli studenti a capo della Court, mentre ogni università doveva avere un Principal che corrisponde alla figura del Vice19 La descrizione che segue è presa interamente da questi due riferimenti. 60 Chancellor. Questo modello è tuttora vigente, ma va ricordato che generalmente i Rettori hanno scelto di non esercitare il diritto di essere a capo della Court e di conseguenza tale ruolo è stato esercitato dai Principals. Tuttavia a partire dalla fine degli anni ’80 del secolo appena trascorso il capo della Court ha iniziato ad essere eletto tra i ‘lay-members’. Le civic universities nascono in contrapposizione alle ancient anche dal punto di vista della governance di ateneo. Il modello di governance iniziale prevedeva una totale assenza di accademici negli organi di governo. In realtà ciò che si è sviluppato è un sistema misto in cui l’organo di governo centrale è la Court, il Council l’organo esecutivo (simile alla Court nel modello delle ancient scozzesi) e un senato accademico. Quest’ultimo solo composto da accademici, mentre gli altri due con maggioranza di membri non accademici (a partire dai primi anni del ‘900 la pressione degli accademici ha di fatto portato ad avere nella Court e nel Council un quarto dei membri provenienti dalla comunità accademica). Il potere del senato accademico è cresciuto nel tempo: da organo da consultare nelle principali questioni relative all’allocazione delle risorse, alle nomine, allo sviluppo dell’ateneo, il senato dopo il Robbins report ha accresciuto i suoi diritti di iniziativa e di consultazione per le principali questioni di policy. Ci si è mossi verso un’equa distribuzione del potere tra gli organi di governo con la Court sempre più un organo formale con compiti minimi (sostanzialmente la nomina del Chancellor e la valutazione della relazione annuale sul lavoro delle università). Di fatto quindi nel tempo questo tipo di università ha visto prevalere in alternanza il potere del Council e del Senato accademico, mentre la Court a partire dalla fine della seconda guerra mondiale è diventato un organo inadeguato per prendere le decisioni strategiche necessarie all’università (troppi membri e riunioni poco frequenti). Nel periodo del dopoguerra il nuovo sistema di finanziamento delle università e la creazione quindi dell’UGC ha portato di fatto ad un aumento del potere del Senato. Essendo l’UGC formato essenzialmente da accademici il rapporto tra il Council e il Senato accademico divenne fondamentale per le questioni finanziarie dati i network presenti nella comunità accademica. Inoltre, un altro periodo di rilevanza del Senato furono gli anni ’60 e ’70, periodo in cui divenne sempre più importante la razionalizzazione delle priorità accademiche, questione che fu delegata alla comunità accademica all’interno del senato. Mentre a partire dai tagli al sistema finanziario operati a partire dal governo Thatcher, il Council riprese parte del potere perso in precedenza dovendo intervenire nell’attività delle università tenendo conto prioritariamente delle questioni finanziarie (anche se in realtà, l’intervento del Council nelle questione puramente accademiche non fu mai preponderante e le sue decisioni in materia vennero praticamente sempre prese dopo la consultazione del Senato). In ogni caso, gli obiettivi del Jarrart Report e del più recente Dearing report (entrambi voluti dal comitato dei Vice-Chancellors) verso un crescente managerialismo nella governance di Ateneo, legittimano di fatto il potere del Council come organo decisionale dominante. Questo modello di governance è presente anche nelle plate glass universities nate negli anni ’60. Il quarto modello deriva dal modello di governance presente negli ex-politecnici. Il sistema è molto semplice con un solo organo di governo, anche in questo caso il Council, e un Academic Board (organo composto dai soli accademici) molto debole che viene consultato per le questioni relative allo sviluppo delle attività didattiche e di ricerca. L’organo di governo ha scarsa rappresentanza accademica. Su circa 26 membri solo un paio sono accademici. Quando i politecnici erano ancora sotto la responsabilità della LEA, all’interno della maggioranza dei membri del Council (rappresentanti del mondo economico) vi erano anche membri delle autorità locali. Con l’Higher education act del 1988 – che ‘nazionalizza’ tutto il sistema di educazione di livello superiore – scompare l’obbligo di nominare tali rappresentanti locali all’interno del Council. 61 Chi sono i Lay-members e qual è il loro ruolo? Tab. 33- Quote di lay-member negli organi di governo delle università. Percentuale di membri da gruppi sociali, Percentuale Numero totale culturali e di membri Percentuale di dalle membri da di membri della degli organi di imprese organizzazioni comunità governo commerciali non pubbliche Regione locale North East 110 35% 40% 15% North West 307 33% 30% 9% Yorkshire and the Humber 228 33% 26% 12% East Midlands 211 36% 31% 9% West Midlands 272 38% 42% 11% East of England 186 47% 26% 12% London 994 33% 30% 9% South East 434 32% 32% 11% South West 276 41% 26% 16% Inghilterra 3018 35% 31% 11% Irlanda 57 28% 47% 4% Scozia 438 34% 27% 8% Galles 286 30% 29% 22% UK 3799 34% 30% 11% Fonte: HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2007), Higher education community. Altri 11% 28% 29% 25% 10% 16% 29% 25% 18% 24% 21% 32% 19% 24% business and La tabella 33 mostra che la più ampia quota di lay members proviene tendenzialmente dalle organizzazioni private, con differenze poco marcate a livello regionale. Anche nelle interviste viene confermato il dato circa la loro composizione. Si tratta di rappresentanti della comunità locale (imprenditori, sindacati, dirigenti politici, ecc.) e vengono scelti da un “nomination commitee” che presenta nominativi a seconda del tipo di obiettivi formativi delle università. Nelle interviste si sottolinea che i lay members sono presenti negli organismi centrali (non nel Senato) e svolgono un ruolo principalmente di consulenza per materie relative al budget e alla gestione dei finanziamenti. Sono in genere la maggioranza dei membri dell’organismo di governo centrale (nelle old universities sono i 2/3, mentre negli ex- politecnici sono prevalenti, come abbiamo visto). Nelle università considerate, i lay members sono la maggioranza nei due ex-politecnici (alla Manchester Metropolitan University sono il 100%, mentre nella Liverpool John Moores il 75%), e poco più della metà nell old universities (il 54% a Liverpool e il 56% a Manchester). In tutte le quattro università la maggioranza proviene dal mondo delle imprese private, anche se nelle old universities il 20% circa proviene dalla comunità locale e dal settore pubblico. Il potere dei lay members è di indirizzo generale dell’Ateneo in termini di gestione finanziaria, non sembrano invece entrare nel merito di questioni più accademiche, laddove invece interviene il Senato (che ha però nel tempo diminuito il suo potere come si vedrà più sotto). Uno degli esperti di Higher Education intervistati ha sottolineato che nelle università la governance a livello di Ateneo è una “shared governance”: “La governance a livello di Ateneo è una “shared governance” in quanto i lay members controllano il budget, mentre gli accademici controllano didattica e ricerca.” [David Watson, London Institute of Education] 62 Facoltà Le facoltà non sono una struttura sempre presente nelle università. Quando esistono sono aggregazioni di dipartimenti o scuole. Nelle università pre-1992 la facoltà aveva inizialmente solo ruoli limitati alla programmazione della didattica. A partire dagli anni ’90 del secolo scorso le facoltà iniziano ad avere anche ruoli di programmazione finanziaria. Abbiamo visto più sopra che l’Università di Manchester ha creato recentemente un manager dedicato al marketing dei prodotti di ricerca delle facoltà. Inoltre, nelle old universities considerate le facoltà sono molto grandi e per questo motivo si sono create figure come gli Associate Dean per aree tematiche tra le quali prevelenemente la didattica e la ricerca. Il loro ruolo è di programmazione strategica Presso la Manchester Metropolitan University i Presidi delle 4 facoltà, oltre ad essere Pro-vice Chancellor, fanno parte di un organismo centrale chiamato Directorate che ha il compito di stendere lo strategic plan annuale con contenuti relativi sia all’organizzazione sia ai finanziamenti. Dalle interviste agli esperti di Higher Education emerge che a volte alle facoltà vengono delegati ruoli di programmazione della didattica (in particolare nel caso in cui siano state trasformate in scuole): Il ruolo delle facoltà è certamente di programmazione della didattica (da qui partono le richieste per l’attivazione di nuovi corsi), ma a volte vengono a loro delegati compiti di budget. Questo soprattutto se sono diventate scuole. [Peter Scott, Vice-Chancellor Kingston University of London]; Le facoltà sono un livello intermedio tra Senato e Dipartimenti. La loro esistenza dipende dalle strategie di management delle università. Le facoltà sono un luogo dove viene incoraggiata la multidisciplinarità. Ad alcune viene delegato potere di programmazione finanziaria, mentre altre gestiscono solamente issue accademiche. La delega o meno dipende da com’è organizzata la governance di Ateneo. Per esempio a Warwick il Dean fa parte di una sorta di gabinetto ed in questo caso le facoltà hanno compiti di budget. [Micheal Shattock, London Institute of Education]. Il preside (Dean) sta diventando un ruolo permanente e sempre più reclutato tramite i canali di utilizzati dalle aziende private (annunci, reti personali, ecc.). In base a quanto osservato nei casi studio e nelle interviste agli esperti di Higher Education , ci sono differenze tra ex-politecnici in cui la prassi è reclutare il Dean “sul mercato” e old universites che invece hanno un sistema misto: i nomi sono proposti dal Vice-Chancellor (e possono comprendere anche manager esterni) e poi la comunità accademica vota. In alcune università ci sono Dean permanenti reclutati dall’esterno. Le new universities reclutano all’esterno, mentre le old hanno un sistema misto: i nomi sono proposti dal Vice-Chancellor e poi gli accademici lo votano. [Micheal Shattock, London Institue of Education]; Sempre più il Dean è un lavoro a tempo pieno, non tando nelle old universities, quanto nelle old. La tendenza è però verso una professionalizzazione del ruolo di Dean. Anche nel caso delle old universities da una parte non vi era una vera e propria elezione: il Vice-Chancellor ha sempre proposto dei candidati che poi venivano scelti dagli accademici; d’altra parte ora sempre più il Vice-Chancellor propone candidati provenienti dall’esterno per ricoprire il ruolo a tempo pieno. [Peter Scott, Vice-Chancellor Kingston University of London]. Il ruolo del preside quindi ha subito un drastico mutamento anche sulla base delle raccomandazioni del Jarrat Report: viene sempre più eletto per una carica permanente e full time con compiti simili ai manager di linea delle aziende. Il preside da rappresentante cerimoniale e formale della facoltà passa ad essere direttamente responsabile delle scelte strategiche (spesso anche relative allo staff accademico e amministrativo) di questo livello nei confronti del Vice-Chancellor. Questi compiti manageriali sono alla base dei criteri di valutazione nella nomina di un nuovo preside che deve possedere gli skills 63 necessari ad assumersi tali responsabilità. Nelle università post-1992 quanto appena descritto è la norma sin dalla loro nascita. Dalle interviste è emerso che alle riunioni delle Facoltà partecipano i rappresentanti dei dipartimenti, a volte gli amministrativi e gli studenti. Questi ultimi sono presenti più formalmente che per esprimere la loro voice (dalle parole degli intervistati emerge che questo aspetto è del resto una tendenza in tutti i livelli di governance). Non sono invece presenti rappresentanti degli attori economici esterni (né del settore pubblico, né privato). Dipartimenti I dipartimenti sono definiti l’unità accademica di base e rappresentano particolari ambiti di professione accademica e di academic expertise (Becher e Kogan, 1992). Sono i principali budget centre (o centri di costo). Nelle università post-1992 i direttori del dipartimento rispondono al preside di facoltà, mentre nelle università pre-1992 il direttore del dipartimento risponde al Vice-Chancellor. Il Direttore del dipartimento nelle università pre-1992 era nominato dai colleghi (e a partire dagli anni ’60 eletto) per stima e riconoscimenti accademici. Il Jarrat Report raccomandò di cambiare questa pratica e legare la nomina del direttore del dipartimento al parere degli organi di governo di ateneo e, come per le facoltà, di nominare una persona full time e con carica permanente che avesse particolari doti e skills manageriali. Questa pratica è da tempo in uso nelle università post-1992, ed è emerso anche nei nostri studi di caso. Mentre per le old universities in base a quanto osservato negli studi di caso, non sembra essere una pratica molto diffusa in quanto si tratta di accademici che continuano comunque a svolgere la loro attività. Dalle interviste emerge che, circa il ruolo e la nomina del Direttore, gli stessi mutamenti avvenuti a livello di facoltà, si riscontrano anche per il dipartimento. Tuttavia vi sono alcune differenze relative ai compiti assegnati al dipartimento. Alcuni dipartimenti hanno compiti ampi che vanno dal reclutamento del personale alla gestione dei programmi didattici (rimane costante invece per tutti la gestione dei budget di ricerca se non esistono centri di ricerca). Il reclutamento del personale è compito del dipartimento se non esistono facoltà o scuole e principalmente negli ex-politecnici, mentre nelle old universities i dipartimenti possono avere compiti di gestione della didattica (il reclutamento è gestito dalle facoltà o dalle scuole laddove sono presenti, oppure ancora dagli organismi centrali). In base a quanto osservato nei casi di studio, in entrambi i tipi di università il legame tra il direttore e gli altri membri dello staff accademico (e non) del dipartimento è piuttosto debole. Il direttore è coinvolto negli organi di governo centrale dove vengono prese le decisioni: le riunioni collegiali del dipartimento hanno più un ruolo di informazione su quanto già deciso dagli altri organi di governo e comunque non prevedono formalmente la partecipazione di esterni. Tuttavia, come abbiamo visto, nel paragrafo precedente, ogni dipartimento ha un advisory group formato da aziende e istituzioni locali. E’ prevista una riunione una volta all’anno e altri incontri a seconda delle esigenze specifiche della disciplina. Fattori di mutamento e outcomes organizzativi Da quanto emerso si evince che i due periodi di maggiore mutamento nella governance delle università furono gli anni ’60 e gli anni ’80 e ’90. Negli anni ’60 il policy making delle università era visto come bottom-up con i dipartimenti che esprimevano le loro esigenze alla facoltà. Questa raccoglieva ed aggregava le domande da portare al senato accademico, che a sua volta riconciliava le posizioni contrastanti emerse nelle diverse facoltà e le portava nelle varie commissioni tematiche (bilancio, infrastrutture, ecc). Queste commissioni filtravano e sottoponevano le varie istanze all’organo di governo centrale. Difficilmente le decisioni prese dal Council si allontanavano da quanto proposto dal Senato (Ashby, 1963). Negli anni ’60 si 64 assisteva contemporaneamente all’interno dei vari livelli di governance ad un ampliamento della rappresentanza: il senato accademico in molti casi – il più emblematico è il caso di Manchester – aveva numeri molto alti di partecipanti ed era composto non solo dai professori (per diritto), ma anche da rappresentanti eletti. All’inizio degli anni ’80, come descritto più sopra, i tagli alla spesa pubblica e di conseguenza anche alle risorse da destinare alle università inducono le università a cambiare radicalmente rotta sia in termini di governance sia in termini organizzativi. Non solo, ma si apre un periodo in cui gli obiettivi del governo sono quelli di legare sempre più l’istruzione con i bisogni economici della società. Quindi gli obiettivi delle università diventano: aumentare l’efficienza, trovare nuove risorse finanziarie, migliorare le performance in una logica di servizio in cui gli studenti e le loro famiglie sono i clienti (Middlehurst, 2004). Infatti, negli anni ’90 si aggiungono anche altre sfide: i sistemi di valutazione della didattica e della ricerca, l’espansione del numero degli studenti (il sistema diventa di massa verso la fine degli anni ’80), l’introduzione delle tasse per gli studenti. Le reazioni sulla struttura e sulla governance delle università non sono state sempre univoche, tuttavia possiamo trarne alcune tendenze. Certamente va registrata una tendenza alla riorganizzazione delle strutture a partire dal basso ossia le facoltà, i dipartimenti. Questi due livelli divengono, a partire dagli anni ’80, finanziariamente strategici – come abbiamo visto alle facoltà vennero delegate funzioni di budget - e il loro ruolo nella governance cresce a scapito del senato (numericamente troppo grande e poco efficiente per prendere decisioni strategiche in quanto si riunisce con scarsa frequenza). Le università iniziano a riorganizzare la loro struttura principalmente per creare poche unità, ma tendenzialmente di grandi dimensioni. Caso emblematico a livello di Ateneo è stata la fusione dell’UMIST e della Victroria University of Manchester che insieme hanno formato nel 2004 l’Università di Mancester. Questo ha portato l’Università di Manchester ad aumentare il suo potere e prestigio nella regione e nel mondo. L’unione ha creato grosse facoltà con al proprio interno numerose discipline. In alri casi le facoltà sono state eliminate per lasciare spazio alle scuole (anch’esse spesso aggregazioni di dipartimenti), mentre in altri le scuole sono state riconvertite in facoltà. In altri casi ancora alcuni dipartimenti si sono uniti e sono rimasti l’unica unità di base, infine alcune università hanno creato sedi decentrate (in modo tale da poter accogliere più studenti e offrire loro migliori facilities). Un tipo di riorganizzazione manageriale invece che accademica, basata sulla volontà di allocare nel modo migliore le risorse (se tramite le facoltà, le scuole o i dipartimenti come centri di costo) per migliorare le performance di didattica e di ricerca sulle quali si basano la reputazione delle università stesse e i finanziamenti da parte dello Stato (Hogan, 2005). Da questo punto di vista si pone anche la tendenza che abbiamo evidenziato a nominare i presidi e direttori dei dipartimenti con cariche permanenti e fulltime, come i manager di linea. Tutti i direttori di dipartimento e presidi intervistati negli ex-politecnici hanno incarichi full-time e sono stati reclutati prevalentemente sul mercato (questo canale più nei dipartimenti e scuole che nelle facoltà). Il senato accademico non ha subito grosse variazioni nella sua composizione, ha però perso peso nel decision making – rimanendo tuttavia autorevole nelle questioni relative alla didattica come l’approvazione dei curricula - e, come abbiamo visto, la pressione al managerialismo ha portato ad un maggiore potere degli organi di governo come il Council, se non alla creazione, come nel caso di Warwick, di una sorta di ‘gabinetto’ che riferisce al Council (a Warwick l’University Managment Gruop) composto dai managers amministrativi, da presidi eletti e dai principali dirigenti accademici e che si riunisce per pensare alle principali decisioni strategiche dell’università (Shattock, 2006). Alla Manchester Metropolitan University c’è un organismo simile, il Directorate che attualmente si sta occupando di stabilire le linee strategiche per interventi sostanziali nelle attività dell’università (si tratta prevalentemente di aumentare la competitività nella ricerca e nell’offerta formativa in tale ambito). 65 Aumentano sempre più le direttive strategiche provenienti da organismi centrali o semi-centrali. I Presidi e i Direttori di dipartimento nelle interviste hanno spesso citato target strategici che l’ateneo richiede di raggiungere. Nelle interviste agli esperti di Higher Education si conferma questa tendenza alla riorganizzazione delle strutture e degli organi di governo: Il senato è stato molto potente fino agli anni ’80. Poi la tendenza all’accountabilty ha ridotto molto il suo potere e aumentato quello di organismi più periferici come dipartimenti e facoltà, oltre che gli amministrativi. La riorganizzazione dei livelli di governance è avvenuta proprio per esigenze di razionalità organizzativa, per aumentare l’efficienza delle strutture [Peter Scott, Vice-Chancellor Kingston University of London]; Negli anni ’60 il Senato era molto potente e il Chancellor riceveva raccomandazioni da questo organismo. E’ diventato meno potente perché un organo troppo grande in alcune università: troppi membri, troppe divisioni interne. In alcune università è invece ancora molto forte, come per esempio Warwick. [Micheal Shattock, London Institute of Education]. 8. Conclusioni: il grado di apertura delle università e gli attori nel mutamento Come abbiamo visto nel paragrafo 2, il mutamento del sistema è stato prevalentemente spinto dal governo, ma fino agli anni ’80 del secolo scorso, la comunità accademica è stata in grado di influenzare la direzione del policy making. In passato il CVCP è stato abbastanza influente. Fino agli anni ’80 insieme all’UGC era in grado di interfacciare con il governo e quindi influenzare il policy making. Questi due organismi erano visti dal governo con deferenza in quanto erano formati da accademici considerati gli unici esperti del settore. L’UGC è stato così potente che è riuscito ad ottenere la fondazione delle università degli anni ’60 principalmente con finanziamenti pubblici (Shattock, 2006). Il governo centrale nel tempo ha aumentato il suo peso nel determinare sia le dinamiche organizzative, sia le scelte strategiche delle università. L’autonomia delle università rimane come principio, ma di fatto è sempre più ridotta. L’aumento del potere del governo centrale è avvenuto gradualmente partendo dai primi tentativi di controllare il vecchio organismo di erogazione dei fondi (UGC), sino ad arrivare a formalizzare standard di offerta formativa (e per certi versi anche di ricerca). Il CVCP, dopo aver subito alcune scissioni, ha preso il nome di Univesity UK. Proprio le divisioni interne hanno di fatto ridotto il suo potere nei confronti del governo centrale, per cui se in passato ha contribuito a creare una visione razionalista e aziendalista della gestione dell’università, attualmente è difficile pensare ad un suo ruolo nel policy making (Kogan, Hanney, 2000; Kogan e altri, 2000, Cheps, 2003). Con i governi conservatori il policy making si è progressivamente orientato verso una logica di mercato che attribuisce ampia importanza agli stakeholders in quanto clienti reali o potenziali delle varie istituzioni. Il sistema universitario non è pubblico nel senso che intendiamo noi, ma lo è dal punto di vista dei finanziamenti e, a partire dagli anni ’80, i tagli alla spesa pubblica hanno portato a policy orientate a trasformare le università in istituzioni simili alle aziende private, con attori interni sempre più concepiti come managers. Da questo punto di vista questo studio ha messo in evidenza che in termini di finanziamenti per la ricerca pur rimanendo forte il peso delle risorse pubbliche, gli atenei meno performanti nel RAE puntano a cercare maggiori finanziamenti esterni. Nel paragrafo 4 abbiamo visto come i due expolitecnici analizzati abbiano più alte quote di risorse provenienti dall’esterno rispetto alle old universities. Tuttavia non si tratta tanto di finanziamento alla ricerca proveniente dalle imprese, quanto da istituzioni locali. Nell’ambito delle attività di ricerca esiste ancora una differenza non trascurabile tra i due tipi di università anche se la Liverpool John Moores University rappresenta un esempio di expolitecnico in transizione verso modelli di università più tradizionali. Non solo ha discrete performance 66 nel RAE (è tra i primi ex- politecnici), ma ha anche buone performance negli outocomes della ricerca (che però il RAE attualmente non premia). Nel rapporto con l’esterno il contesto in cui operano le istituzioni è rilevante. Se la collaborazione tramite contratti di ricerca avviene per le old universities prevalentemente con le grandi aziende nazionali e multinazionali, le piccole imprese stipulano maggiormente contratti di consulenza e si rivolgono alle università locali. Le due università di Liverpool sono fortemente connesse con la realtà locale da questo punto di vista, in quanto si tratta di un’area che sta riqualificando il proprio tessuto economico. Mentre per Manchester il contesto conta più dal punto di vista strategico (la presenza del Science Park) e politico (la collaborazione e la partecipazione alla governance delle istituzioni locali, come il City Council e la Regional Development Agency). Come abbiamo visto l’Università di Manchester ha aumentato le sue entrate provenienti da servizi forniti alle istituzioni locali. La forza e il prestigio dell’Università di Manchester rendono molto difficile per la Manchester Metropolitan University l‘”emancipazione” da teaching univeristy (anzi sembra che la strategia sia proprio continuare differenziarsi in questo modo senza trascurare però il tentativo di migliorare in termini di ricerca). Il finanziamento alla ricerca proveniente da fonti esterne è però maggiormente caratterizzato da investimenti da parte di organizzazioni diverse dalle imprese, come le istituzioni locali, le associazioni di categoria, le autorità governative (abbiamo visto che il valore dei contratti di ricerca è superiore nella collaborazione con tali organizzazioni rispetto a quanto si registra per le imprese). Sempre in un’ottica manageriale il governo ha cercato di sostentere tramite fondi appositi le attività di trasferimento tecnologico. Da quanto emerso nella nostra ricerca sembra però permanere da parte nelle istituzioni una scarsa efficacia e propensione a tale attività. Poche invenzioni rese commercializzabili tramite licenze o brevetti. Il RAE premia prevalentemente le pubblicazioni e quindi ci sono pochi incentivi alla commercializzazione. In questo senso il governo centrale dà e toglie contemporaneamente. In ogni caso la maggiore enfasi sulla commercializzazione dei prodotti di ricerca ha contribuito alla creazione di nuove strutture interne e figure amministrative con forti ruoli manageriali. Nelle interviste si è enfatizzato il ruolo degli amministrativi e il loro potere viene paragonato a quello degli accademici - “Gli amministrativi hanno quasi lo stesso potere del Senato. Sono quelli che maggiormente sono in grado di implementare le scelte delle singole istituzioni” [Peter Scott, Vice Chancellor Kingston University of London] – persino le “etichette” per identificarli sono cambiate (vengono sempre più chiamati managers). Gli accademici tendono a non essere bravi managers e quindi il ruolo degli amministrativi è cresciuto al crescere della managerializzazione delle università. Come sottolinea Peter Scott, il loro ruolo è sempre più esecutivo e strategico invece che rappresentare semplicemente staff di supporto (o ‘docile clerks’ per usare le sue parole). (Whitchurch, 2004). Tuttavia abbiamo visto che nei servizi alle imprese le logiche manageriali sono di due tipi: research oriented, strategia tipica delle old universities che mantengono la loro identità accademica e si pongono alle imprese con i loro prodotti di ricerca e in misura minima con altri servizi; business oriented tipico degli ex-politecnici che invece cercano di ampliare la gamma di servizi potenzialmente necessari alle aziende (si va da consulenza pura a progettazione di business plan, ecc.). Non solo le università collaborano e sono fornitori di servizi e prodotti per le imprese (con maggiore o minore efficacia), ma creano anche impresa. I dati sugli spin-off che abbiamo visto nel paragrafo 4 evidenziano una buona capacità di sopravvivenza delle imprese create, anche se non sembra che i Science Park siano abbastanza efficaci nel garantirla. Riassumendo, il sistema negli ultimi 20-25 anni è mutato seguendo una logica top-down. Ciò ha portato ad una crescente spinta verso istituzioni sempre più simili alle aziende private. In una logica di mercato emerge l’importanza dei principali stakeholders nell’influenzare le strategie delle università. 67 I più diretti stakeholders sono gli studenti e le loro famiglie che si rivolgono alle università per la loro offerta formativa. Da questo punto di vista abbiamo visto che le università stanno cercando di adattarsi alle domande degli studenti e di aumentare la loro occupabilità. Le università non sembrano avere più grandi differenze nell’offerta di corsi di primo livello, mentre le differenze permangono nei corsi di secondo livello. Abbiamo visto che nel primo livello di laurea sono da tempo presenti corsi che prevedono un anno in azienda (sandwich courses) e la possibilità di combinare più materie (i corsi combined). In realtà c’è un mismatch tra domanda e offerta formativa in quanto gli immatricolati a questi corsi sono diminuiti, non solo ma i laureati ai corsi combined hanno medio-alti tassi di disoccupazione a 6 mesi dalla laurea. Tuttavia, anche se abbiamo visto che in generale il sistema universitario è ancora piuttosto caratterizzato da una sottorappresentazione delle classi più basse, nelle old universitie i tassi di abbandono sono irrisori, mentre sono più alti negli expolitecnici (dove per altro si registra la più alta quota di studenti provenienti dalle classi più basse). Nei corsi di laurea di secondo livello l’offerta formativa è più polarizzata tra old universities e expolitecnici, in quanto nelle prime il percorso è più orientato alla ricerca, mentre nelle seconde il percorso è più professionalizzante. In effetti abbiamo visto migliori performance occupazionali per i laureati di secondo livello dei due ex-politecnici considerati. Sempre a riguardo dell’obiettivo di occupabilità degli studenti ed in generale dell’attenzione alle loro esigenze, abbiamo visto nel paragrafo 5 che tutte le università considerate hanno aumentato nel tempo la spesa per i servizi agli studenti. I Career Services sono una realtà consolidata nel Regno Unito, ma alcune università, come i due ex-politecnici considerati, stanno aumentando solo in questi anni il loro ruolo e potenziando le loro strutture. Gli studenti sembrano quindi stakeholders piuttosto rilevanti per due motivi: i fondi alla didattica sono in parte legati a performance come numero di studenti e qualità della didattica; dal 1999 pagano le tasse. Anche dal punto di vista della governance il loro ruolo è cresciuto nel tempo. Le ancient universities scozzesi per tradizione hanno sempre coinvolto le rappresentanze degli studenti negli organi di governo, mentre nel resto del Regno Unito il loro coinvolgimento è stato formalizzato solo a partire dagli anni ’70. Nel 1974 infatti, a seguito della mobilitazione degli anni ’60 e ’70, il CVCP e il National Union of Students firmarono un concordato sulla presenza degli studenti nella governance degli atenei di tutto il Regno Unito. Gli studenti cominciarono a partecipare alle riunioni dei Council, del Senato dei consigli di amministrazione e in molte università anche nei consigli di facoltà. Nei dipartimenti le università hanno dato la possibilità di creare dei comitati studenti/personale accademico che hanno rappresentato luoghi e momenti di interazione tra le due parti. Tale interazione è anche oggetto della valutazione della didattica: si chiede ai dipartimenti di fornire i verbali degli ultimi tre anni delle riunioni con gli studenti. Infine da alcuni anni si svolge una National Student Survey nella quale si chiede agli studenti di esprimere i loro pareri sul sistema formativo (Shattock, 2006). Per quanto riguarda invece le imprese come altro stakeholder abbiamo visto che in termini di collaborazione di ricerca e di servizi le università hanno in un certo senso aumentato la collaborazione con le imprese. Le pressioni governative non arrivano però solo dal lato della razionalizzazione degli investimenti in ricerca. I governi hanno nel tempo spinto per una offerta formativa più business oriented. Il tentativo del governo di far fronte alla crisi economica degli anni ’80 cercando di aumentare l’occupabilità ha portato ad un maggiore ‘ascolto’ delle esigenze delle imprese. Non solo il programma EHE (Enterprise in Higher education), ma nel tempo il tentativo del governo centrale è stato quello di creare e far attuare policies per aumentare il potere delle imprese nella progettazione della didattica: il QAA prevede tale progettazione per alcune aree disciplinari. 68 Nel paragrafo 6 abbiamo visto quanto la progettazione dell’offerta formativa segua alcune traiettorie comuni tra le varie istituzioni verso un diverso tipi di coinvolgimento degli attori economici nella progettazione dei corsi. Vi sono modalità più o meno formalizzate che coinvolgono diversi attori: si va dalle associazioni professionali (professional bodies) che accreditano corsi, a gruppi di attori esterni provenienti da aziende o istituzioni (gli advisory group) che incontrano gli accademici qualche volta all’anno, fino ai network individuali che garantiscono in alcuni casi la presenza di esperti esterni nello svolgimento della didattica. Le differenze principali si riscontrano tra le discipline invece che tra i tipi di università. Nelle discipline scientifiche, oltre ad avere in alcuni casi vincoli con i professional bodies, la loro attività di ricerca è più rilvevante degli advisory groups nelle interazioni con il mondo economico. Inoltre tali network a volte favoriscono percorsi di dottorato più o meno finanziati e la presenza di esercitatori esterni nei laboratori. Nelle discipline più umanistiche le relazioni più consolidate si rilevano nelle business school, anche perché molti degli accademici che ne fanno parte provengono dal sistema economico. Nonostante queste evidenze empiriche possiamo concludere che la progettazione della didattica è ancora a rilevante base accademica. Sul cosa vogliano effettivamente le imprese dal sistema formativo la letteratura sottolinea la presenza di ampia eterogeneità. Le associazioni di categoria non hanno visioni convergenti né tra loro né nel tempo. In alcuni casi e durante gli anni ’80 del secolo scorso le imprese sono state più interessate al titolo in sé (i più bravi si laureano) più che ai contenuti dell’offerta formativa. In altri e soprattutto negli anni ‘90 è stata forte la richiesta di capacità tecniche indipendentemente dal livello di istruzione (Kogan e Hanney, 2000). Da quanto emerso anche nelle interviste non sembra dunque che le imprese siano molto influenti nella gestione dell’offerta formativa, differente e più attivo è invece il loro ruolo nella ricerca. La rilevanza attribuita alle imprese ha portato molte università ad includere negli organi di governo rappresentanze del mondo economico. Come abbiamo visto, i rappresentanti del mondo economico hanno rilevanza dal punto di vista della gestione finanziaria in quanto fanno parte “legalmente” degli organi di governo centrale. Non fanno parte però del Senato per cui, almeno formalmente, non entrano nel merito di questioni prettamente accademiche. In alcuni casi si tratta semplicemente di ruoli onorifici. Non sono presenti formalmente agli incontri nelle facoltà e nei dipartimenti. Il grado di apertura delle università all’esterno è quindi cresciuto nell’ambito della ricerca e nell’attenzione alle esigenze degli studenti, medio (e solo formale) in ambito di governance e abbastanza ridotto nella progettazione della didattica. Riferimenti bibliografici Adams J., Smith D., (2004), Research and regions: an overview of the distribution of research in Uk regions, regional research capacity and links between strategic research partners, paper dell’Higher Education Policy Institute. Ashby E. (1963), Technology and academics, Mcmillan, London. Bargh C., Bocock J., Scott P., Smith D. (2000), University leadership, Open University Press, Buckingham. Barnett R. e Coate K. (2005), Engaging the curriculum in higher education, Open University Press, Buckingham. Becher T., Kogan M. (1992), Process and structure in Higher Education, Routledge, London. Charlton B.G., Andras P. (2003), “The educational function and implications for teaching of multidisciplinary modular undergraduate degrees”, OxCheps Occasional Paper N. 12, http://oxcheps.new.ox.ac.uk. 69 Cheps (2003), Higher education in UK, www.cheps.com Cheps (2007), Higher education in UK, www.cheps.com CIS (2001), Community Innovation Survey, DTI/ONS. Cuc (2004), Guide of members of higher education governing bodies in the UK, www.shef.ac.uk/cuc; Decter M., Bennet D., Leseure M. (2007), “University to business technology transfer- Uk and Usa comparison”, Technovtion, 27: 145-155. Eurydice Database of Education, 2006; www.eurodice.com Fulton O. (1991), “Slouching towards a mass system”, Higher education, 21: 589-605. Fulton O. (2006), Intervento alla conferenza “Le Università in Europa”, Milano, 31 gennaio 2006. HEFCE (2007), Foundation Degrees. Key statistics 2001-2002 to 2006-2007, http://www.hefce.ac.uk/ HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2003), Higher education business and community, http://www.hefce.ac.uk/ HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2007), Higher education business and community, http://www.hefce.ac.uk/ HEFCE, HEFCW, Scottish HEFC, Department of employment (2008), Higher education business and community, http://www.hefce.ac.uk/ Henkel M. e Little B. (1999), Changing relationships between higher education and the state, Jessica Kingsley Pubblisher, London. Higher Education Statist Agency (2007), Destination of Leavers from Higher Education Istitutions. Longitudinal survey, www.hesa.ac.uk Higher education statistical agency (2008), Destination of leavers from Higher Education Institutions, Hesa, Cheltenham. Higher education statistical agency (2008), Resources of Higher Education Institutions, Hesa, Cheltenham. Higher education statistical agency (2008), Students Higher Education Institutions, Hesa, Cheltenham. Higher education statistical agency (vari anni), www.hesa.ac.uk Hogan J. (2005), “Should form follow function? Changing academic structure in UK universities”, Perspectives, vol. 9, 2, 49-57. Kogan M., Bauer M., Bleiklie I., Henkel M. (2000), Tranforming Hihgher education, Jessica Kingsley Pubblisher, London. Kogan M., Hanney S. (2000), Reforming Higher education, Jessica Kingsley Pubblisher, London. Lambert Report (2003), Lambert review of Business-University collaboration, http://www.hmtreasury.gov.uk/consultations_and_legislation/lambert/consult_lambert_index.cfm Middlehurst R. (2004), “Changing internal governance: a discussion of leadership rules and managemente structures in UK universities”, Higher education quarterly, vol. 58, 4, 258-280. Oecd (2008), Tertiary education for the knowledge society, Oecd, Paris. Reyneri E. (2005), Sociologia del mercato del lavoro. Vol. I. Il mercato del lavoro tra famiglia e welfare, Il Mulino, Bologna Robertson D. (1994), Choosing to change, HEQC, London. Shattock M. (2006), “Policy divers in UK higher education in historical perspective: ‘inside out’, ‘outside in’ and the contribution of research”, Higher education quaterly, 60, 130-140 Shattock M. (2006), Good governance in higher education, Open University Press, Buckingham. Taylor J. (2003), “Institutional diversity in UK Higher education: Policy and outcomes since the end of the binary divide”, Higher Education Quaterly, 57, 266-293. Trowler P.R.(1998), Academic responding to change, Open University Press, Buckingham. Unico (2005), Uk University Commercialisation Survey: Financial Year 2005, Experìan, Cambridge Warner D., Palfreyman D. (2001), The state of higher education. Managing change and diversity, Open University Press, Buckingham. 70 Watson D. (2006), “Uk Higher education: the truth about the student market”, Higher education review, 38, 3-16. Whitchurch C. (2004), “Administrative managers- a critical link”, Higher education quaterly, 58, 280298. www.smso.net www.ukspa.org.uk Yorke M.e Longden B. (2004), Retention and student success in higher education, Open University Press, Buckingham. Appendice: elenco interviste effettuate Interviste a esperti in Higher Education 1) 2) 3) 4) 5) Peter Scott (Vice-Chancellor Kingston University); Micheal Shattock (Visiting Professor at the Institute of Education, University of London) David Waston (Institute of Education, University of London) Sandra McNally (London school of economics) Nick Hammond (Higher Education Academy) Interviste Università di Manchester 1) Rod Coombs (Vice-President) 2) Ellen Gleeson (associate dean faculty of engineering) 3) Maria Neveda (associate dean faculty of humanities) 4) Andrew Whitemore (assistant director career services) 5) Sandra Schmidt (business development manager-faculty of humanities); 6) Simon Merrywest (business development manager-faculty of science) 7) Heather White (UMIP- technology transfer office) 8) Richard Whitley (business school) 9) Mike Savage (school of social sciences) 10) Paul Cunningham (Manchester Institute of innovation research) 11) Alan Harding (Institute for political and economic governance- esperto di he policy- intervista focalizzata sull’università di manchester) Interviste Università di Liverpool 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) Stephen Holloway (dean of the faculty of science) Gareth Padfield (head of department of engineering) Rob Kronenburg (director of school of architecture) James Simpson (director of school of combined honours) Luise Ackers (school of law) Sandra Walklate (director of the school of sociology and social policy) Dalziel Murray (director of management school) Paul Redmond (director of career services) 71 9) Stuart Wilks-Heeg (department of sociology- esperto di he policy. Intervista focalizzata sull’università di liverpool) Interviste Manchester Metropolitan University 1) Burry Plumb (deputy vice-chancellor) 2) Huw Morris (dean business school; pro-vice chancellor; membro del ‘directorate’) 3) Maureen Neal (dean of faculty of science and engineering; pro-vice-chancellol; membro del ‘directorate’); 4) Anne Holmes (dean of faculty of humanities, law and social sciences; pro-vice chancellor; membro del ‘directorate’) 5) Interviste Liverpool John Moores University 1) Roger Webster (dean of faculty of media, arts and social sciences) 2) Ian Jenkinson (director of school of engineering) 3) Paul Joyce (director of business school) 4) Godfrey Mazhindu (dean of faculty of health and applied social sciences) 6) Phil Galvin (director of Graduate development centre) Interviste a dirigenti di Istituzioni locali 1) Geroge Baxter (direttore Science and Innovation: North West Regional Development Agency) 2) Jack Stopforth (direttore della Camera di Commercio di Liverpool) 72