LICEO B. RUSSELL – A.S. 2013/2014 IL NUMERO AUREO

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LICEO B. RUSSELL – A.S. 2013/2014 IL NUMERO AUREO
LICEO B. RUSSELL – A.S. 2013/2014
IL NUMERO AUREO
———————————————————————————————————————————————Note prese da:
• Carl B. Boyer: Storia della matematica - Mondadori;
• Mario Livio: La sezione aurea - Bur.
Breve introduzione storica
La storia della matematica greca si accentra alla scuola Ionica (Talete) e pitagorica (Pitagora) sviluppatasi dal sesto secolo a.C. Tuttavia la ricostruzione del pensiero di tali scuole si basa su testimonianze
frammentarie e su tradizioni che ebbero origine nel corso di secoli posteriori. Nella seconda metà del quinto
secolo a.C. sono frequenti le testimonianze riguardanti un piccolo gruppo di matematici interessati a problemi
che stanno alla base di gran parte degli sviluppi successivi della geometria. Il V sec. a.C. fu un periodo
cruciale nella storia della civiltà occidentale: iniziò con la disfatta dei Persiani e si concluse con la resa di
Atene a Sparta. La prosperità economica e l’atmosfera intellettuale di Atene durante quel secolo attrassero
scienziati e studiosi da tutte le parti del mondo greco, portando alla realizzazione di una sintesi di mentalità
diverse: mentalità pratica, inclinazioni metafisiche, concezioni materialistiche e concezioni idealistiche che
avvicinarono la scienza alla filosofia.
Uno dei dogmi fondamentali del pitagorismo era stata la concezione secondo cui l’essenza di tutte le cose,
sia in geometria sia nelle questioni pratiche e teoriche della vita umana, era spiegabile in termini di arithmos,
ossia di proprietà intrinseche dei numeri interi o dei loro rapporti. I dialoghi di Platone (nato nel 427 a.C.)
mostrano però che la comunità matematica greca era rimasta stordita da una rivelazione che demoliva la
base della fede pitagorica nei numeri interi. Si trattava della scoperta che all’interno della geometria stessa i
numeri interi e i loro rapporti non sono in grado di spiegare neppure semplici proprietà fondamentali. Essi
non sono sufficienti, per esempio, a stabilire il rapporto tra la diagonale di un quadrato e il suo lato. La
diagonale e il lato di un quadrato sono perciò dette incommensurabili: non esiste nessun segmento, piccolo
a piacere, di cui siano entrambe multiplo. Non si conosce esattamente quando e come sia stata fatta tale
scoperta e numerose sono le ipotesi a riguardo. Benché dal punto di vista moderno l’incommensurabilità
tra
√
lato e diagonale sia una diretta conseguenza del teorema di Pitagora, e dell’irrazionalità di 2, pare poco
probabile che Pitagora ne fosse consapevole. Secondo alcuni studiosi la scoperta di incommensurabilità è
invece legata alla incommensurabilità tra lato e diagonale del pentagono: se si tracciano le cinque diagonali di
un pentagono, si viene a formare un nuovo pentagono più piccolo; le diagonali del nuovo pentagono formano
un terzo pentagono più piccolo dei precedenti. Il processo può essere proseguito all’infinito, dando luogo a
tanti pentagoni piccoli quanto si vuole: ciò porta a concludere che il rapporto tra diagonale e il lato di un
pentagono non può essere razionale. Tale costruzione è detta pentagramma o pentagono stellato.
D
B’
E
A’
C’
C
E’
D’
A
B
√
1+ 5
Come vedremo il rapporto tra diagonale e lato del pentagono è il numero irrazionale
. Il rapporto
2
aureo è strettamente legato al pentagramma stellato.
√
√
Da questo punto di vista, potrebbe essere stata 5 e non 2 a suggerire l’esistenza di grandezze incommensurabili.
Il fascino del rapporto aureo risiede nel fatto che tale numero compare in ambiti differenti, dalla natura
all’arte alla matematica; anche nell’ambito strettamente matematico compare in situazioni apparentemente
molto differenti.
Date: May 19, 2014.
1
2
IL NUMERO AUREO
Definizione
La prima chiara definizione del rapporto che sarebbe successivamente stato chiamato rapporto aureo fu
formulata, circa tre secoli prima di Cristo, da Euclide il quale scrisse:
Si può dire che una linea retta sia stata divisa secondo la proporzione estrema e media, quando l’intera
linea sta alla parte maggiore cosı̀ come la maggiore sta alla minore:
In simboli, C divide il segmento AB secondo la proporzione estrema e media se
AB : AC = AC : CB
Il segmento AC è anche detto medio proporzionale tra AB e CB. Il rapporto aureo, o numero aureo, è
dato dal numero che indica il rapporto costante tra tali segmenti ed è generalmente indicato con la lettera Φ.
Come vedremo Φ è un numero irrazionale:
√
AB
AC
5+1
= 1, 6180339887 . . .
Φ=
=
=
2
AC
CB
In realtà il simbolo tradizionalmente usato per il rapporto aureo era τ , mentre il simbolo Φ è stato introdotto
dal matematico americano Mark Barr in onore dello scultore Fidia (V sec. a. C.) il quale pare abbia fatto
uso di tale numero nelle sue opere.
Torniamo ora a un segmento diviso secondo il rapporto aureo. Scegliamo l’unità di misura pari all’intero
segmento AB e indichiamo con x la misura del segmento AC. Dalla proprozione aurea, otteniamo:
AB : AC = AC : CB
Dovendo ricavare il valore di
x2 + x − 1
=0
x2
⇒
⇒
x
1
=
x
1−x
⇒
x2 + x − 1 = 0
1
, dividiamo tutto per x2 :
x
1+
1
1
− 2 =0
x x
⇒
2
1
1
− −1=0
x
x
⇒
t2 − t − 1 = 0
con t =
1
x
Le soluzioni dell’equazione sono:
√
1
1± 5
= t1,2 =
x
2
Osserviamo che, essendo t1,2 soluzioni dell’equazione t2 − t − 1 = 0, si ha che t21,2 = t1,2 + 1.
Infine il numero aureo Φ è uguale alla soluzione positiva della precedente equazione
equazione aurea,
t2 − t − 1 = 0 detta
√
1+ 5
Φ=
2
In realtà il simbolo tradizionalmente usato per il rapporto aureo era τ , mentre il simbolo Φ è stato introdotto
dal matematico americano Mark Barr in onore dello scultore Fidia (V sec. a. C.) il quale pare abbia fatto
uso di tale numero nelle sue opere.
Ancora Euclide utilzza poi il rapporto aureo per la costruzione del pentagono regolare. Tracciamo due
diagonali adiacenti di un pentagono:
IL NUMERO AUREO
3
Notiamo che i due triangoli EAD e BCD sono isosceli e tra loro congruenti, quindi i quattro angoli alla
◦
= 108◦ , quindi gli angoli alla base
base sono congruenti. Inoltre ogni angolo di un pentagoro misura 3·180
5
◦
dei triangoli isosceli EAD e BCD misurano 36 .
b = 108◦ , gli angoli alla base sono E AD
b = ADE
b = 36◦ .
Nel triangolo isoscele ADE, di angolo al vertice E
◦
◦
◦
b
b ha
Tornando al pentagono l’angolo DAC misura 108 − 36 = 72 . Di conseguenza il triangolo isoscele ABD
◦
◦
◦
angoli di misura 72 , 72 , 36 .
In sostanza con le diagonali di un pentagono si vengono a formare due tipi di triangolo isoscele: uno con
angoli 36◦ , 36◦ , 108◦ , e l’altro con angoli 72◦ , 72◦ , 36◦ .
In particolare i triangoli isosceli ABD e ABE ′ sono simili, quindi
BD : AE ′ = AB : BE ′
Sfruttando il fatto che AB = AE ′ , BE ′ = E ′ C e BD = AC, otteniamo
AC : AE ′ = AE ′ : E ′ C
cioè il punto di intersezione di due diagonali divide ogni diagonale in due parti in modo che la più grande
sia media proporzionale tra la diagonale stessa e la più piccola delle due parti. Inoltre tale parte media
proporzionale è uguale al lato del pentagono, quindi il rapporto tra la diagonale e il lato del pentagono è il
d
rapporto aureo. Indicata con d la diagonale e con l il lato del pentagono, otteniamo = Φ.
l
Consideriamo ora il triangolo isoscele di angoli 72◦ , 72◦ , 36◦ che si forma al centro del pentagono:
4
IL NUMERO AUREO
In tale triangolo il rapporto tra il lato l e la base b è uguale al rapporto tra diagonale e lato del pentagono,
l
quindi ancora il rapporto aureo: = Φ. Naturalmente lo stesso rapporto vale per ogni triangolo 72◦ , 72◦ , 36◦
b
che viene per questo detto triangolo aureo.
Viceversa se consideriamo i triangoli laterali di angoli 36◦ , 36◦ , 72◦ che si formano nel pentagono:
il rapporto tra il lato e la base è uguale al rapporto tra lato e diagonale del pentagono, quindi è il reciproco
l
del rapporto aureo: = Φ1 .
b
Vediamo come si pu‘o dividere un segmento AB in due parti secondo il rapporto aureo. Si tratta cioè di
individuare su AB un punto C tale che AB : AC = AC : CB.
D
O
E
A
C
B
Tracciamo dall’estremo B la perpendicolare ad AB e su tale perpendicolare individuiamo il punto O tale
che AB = 2BO. Tracciamo quindi la circonferenza di centro O e raggio OB e la retta AO che individua sulla
circonferenza i punti E e D. Riportiamo infine, utilizzando un arco di circonferenza di centro A e raggio AE,
su AB un segmento AC pari ad AE. Vogliamo dimostrare che C è il punto cercato.
Notiamo che le rette AD e AB sono rispettivamente secante e tangente alla circonferenza, quindi per il
relativo teorema AD : AB = AB : AE. D’altra parte AD = AE + ED = AE + AB poicé la circonferenza
ha diametro pari ad AB. Inoltre per costruzione AE = AC, quindi, applicando alcune proprietà delle
proporzioni, otteniamo:
(AC + AB) : AB = AB : AC
(AC + AB − AB) : AB = (AB − AC) : AC
AC : AB = CB : AC
AB : AC = AC : CB
Quindi C è proprio il punto cercato.
Alcune osservazioni algebriche
IL NUMERO AUREO
5
Abbiamo visto che dal punto di vista algebrico Φ è la soluzione positiva dell’equazione x2 − x − 1 = 0,
quindi:
Φ2 − Φ − 1 = 0
Φ2 = Φ + 1
⇒
Cioè se
Φ = 1, 6180339887 . . .
⇒
Φ2 = 2, 6180339887 . . .
Inoltre dividendo per Φ l’uguaglianza Φ2 − Φ − 1 = 0 otteniamo
Φ−1−
1
=0
Φ
1
=Φ−1
Φ
⇒
cioè
1
= 0, 6180339887 . . .
Φ
Notiamo che il valore esatto di
1
Φ
è
√
√
2( 5 − 1)
2
5−1
1
√ =
=
=
Φ
5−1
2
1+ 5
Inoltre le due soluzioni dell’equazione aurea sono
√
1± 5
2
x −x−1=0 ⇒ x=
2
1
quindi l’equazione aurea ha come soluzioni Φ e − Φ .
Facciamo ora qualche sforzo di immaginazione per lavorare con il concetto di infinito. Consideriamo il
numero
r
q
√
x = 1 + 1 + 1 + ...
dove le radici vanno avanti all’infinito. Eleviamo a quadrato i due membri:
r
!2
q
q
√
√
2
x =
1 + 1 + 1 + ...
⇒ x2 = 1 + 1 + 1 + . . .
Dal momento che le radici proseguono all’infinito, il secondo addendo a secondo membro è ancora uguale all’x
originale, quindi x2 = 1 + x, ovvero x2 − x − 1 = 0. Cioè il numero x inizialmente scritto è radice positiva
dell’equazione aurea, ed è quindi uguale al numero aureo:
q
p
√
Φ = 1 + 1 + 1 + ...
Analogamente consideriamo la frazione continua
1
x=1+
1
1+
1
1 + ...
Anche in questo caso dobbiamo supporre che il procedimento proceda all’infinito. Consideriamo quindi il
primo denominatore
1
1+
1
1+
1 + ...
Come prima, dal momento che il procedimento prosegue all’infinito, tale termine è ancora uguale a x, quindi
sostituendo nell’uguaglianza di partenza
1
⇒ x2 − x − 1 = 0
x=1+
x
Anche in questo caso il numero x inizialmente scritto, che è positivo, è uguale al numero aureo:
1+
1
Φ=1+
1
1+
1+
1
1 + ...
6
IL NUMERO AUREO
Calcolando Φ con uno dei due procedimenti e un numero di passi sufficienti, si può ottenere l’approssimazione
voluta.
Tali conoscenze algebriche non erano assolutamente note ai greci. L’ultimo dei grandi studiosi di geometria
greci che contribuirono anche allo studio del rapprorto aureo fu Pappo di Alessandria (IV sec d.C.), il quale
fornı̀ un nuovo metodo per la costruzione del dodecaedro e dell’icosaedro sempre servendosi del rapporto
aureo. Poco dopo la sua morte la grandiosa biblioteca di Alessandria andò distrutta in seguito a campagne
militari prima romane, poi cristiane e infine islamiche. L’Accademia fondata da Platone cessò ogni attività nel
529 d.C. quando l’imperatore Giustiniano ordinò la chiusura di tutte le scuole greche. Nel deprimente periodo
che seguı̀, l’intera impresa della conoscenza prese nuova dimora in India e nel mondo arabo. Un evento di
vitale importanza fu il diffondersi dei numeri arabi e in particolare del sistema posizionale. Almeno due sono
i nomi che è necessario citare: il matematico indiano Brhamagupta (attivo verso il 628) nella cui opera si
ha il primo esempio di aritmetica sistematica comprendente i numeri negativi e lo zero. Successivamente il
matematico Mohammed Ibn-Musa Al-Khuwaritzmi che lavorò a Bagdad agli inizi dell’800. Al-Khuwartzmi
scrisse molte opere di astronomia e in particolare due opere di aritmetica e algebra che ebbero un ruolo molto
importante nella storia della matematica, una delle quali basata presumibilmente su una traduzione araba di
Brhamagupta. Da Al-Khuwaritzmi deriva il termine algoritmo e anche algebra deriva dal titolo di una sua
opera. Nella sua opera il numero aureo compare in alcune equazioni, anche se mai esplicitamente menzionato.
Leonardo da Pisa, detto Fibonacci (1180-1250 circa) inizia il suo famoso Liber Abaci , pubblicato nel
1202, descrivendo le nove figure indiane che assieme al segno 0 che in arabo viene chiamato zefiro. All’epoca
solo pochi intellettuali avevano potuto consultare le traduzioni dei trattati di al-Khwarizmi, quindi l’opera
di Fibonacci contribuı̀ notevolmente alla diffusione delle cifre arabe e diede a Fibonacci una certa notorietà.
Fibonacci ebbe anche un importante ruolo nella storia del rapporto aureo. Nel dodicesimo capitolo del Liber
Abaci Fibonacci presenta il seguente problema:
Un uomo mise una coppia di conigli in un luogo circondato da tutti i lati da un muro. Quante coppie
di conigli possono essere prodotte in un anno, supponendo che ogni mese ogni coppia di conigli produca una
nuova coppia in grado di riprodursi a sua volta dal secondo mese?
Possiamo cosı́ rappresentare la situazione, indicando con C una coppia di conigli di almeno un mese di età,
cioè in grado di riprodursi, e con c una coppia di conigli appena nati, quindi non ancora in grado di riprodursi.
Per esempio al terzo mese avremo una coppia C e una coppia c, al quarto mese avremo due coppie C (quella
iniziale e quella che intanto è cresciuta, e una nuova coppia c, nata dalla coppia C):
mese coppie C coppie c totale coppie
1
0
1
1
2
1
0
1
3
1
1
2
4
2
1
3
5
3
2
5
6
5
3
8
7
8
5
13
8
13
8
21
9
21
13
34
10
34
21
55
...
E‘ abbastanza chiaro che se a un mese n ho Cn coppie grandi e cn coppie piccole per un totale Tn = Cn +cn
coppie di conigli, al mese successivo n + 1 avrò Cn+1 = Tn coppie grandi e cn+1 = Cn coppie neonate, per un
totale di Tn+1 = Cn+1 + cn+1 coppie di conigli. Al mese ancora successivo n + 2 avrò
Cn+2 = Tn+1
coppie grandi
cn+2 = Cn+1 = Tn
coppie piccole
Tn+2 = Cn+2 + cn+2 = Tn+1 + Tn
coppie totali
Come si può verificare dalla tabella, ogni mese le coppie totali sono date dalla somma delle coppie totali
dei due mesi precedenti.
Una successione di numeri di questo tipo, in cui un termine può essere definito tramite un’espressione
algebrica che lo lega ai termini precedenti è detta successione ricorsiva. La successione di Fibonacci è quindi
una successione di numeri cosı̀ definita:
(
a1 = a2 = 1
successione di Fibonacci:
an+2 = an + an+1
per n ≥ 1
IL NUMERO AUREO
7
cioè la successione di numeri
1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, 233, 377, 610, 987, . . .
Calcoliamo ora il rapporto tra due termini successivi della serie (approssimati alla sesta cifra):
1
a3
2
a3
3
a4
5
a5
8
a2
= = 1,
= = 2,
= = 1, 5,
= = 1, 6̄,
= = 1, 6
a1
1
a2
1
a2
2
a3
3
a4
5
a6
13
a7
21
a15
987
=
= 1, 625,
=
= 1, 615385, . . .
=
= 1, 618033
a5
8
a6
13
a14
610
Procedendo con la succesione di Fibonacci il rapporto tra due termini successivi si avvicina sempre più al
rapporto aureo Φ. Questa proprietà è stata scoperta nel 1611 dall’astronomo tedesco Keplero, che tra l’altro
pare si fosse inbattuto in tale sequenza di numeri non attraverso la lettura del Liber abaci . Passarono però
altri cento anni prima che la relazione tra i numeri di Fibonacci e il rapporto aureo fosse dimostrata.
In generale sia bn una qualsiasi successione del tipo di quella di Fibonacci, cioè tale che:
bn+2 = bn+1 + bn
∀n ∈ N
Aggiungiamo inoltre la richiesta di rapporto costante tra termini successivi:
bn+1
= λ, ∀n ∈ N, con λ numero reale positivo costante
bn
Dalla relazione bn+1 = λbn , otteniamo
b1 = λb0 , b2 = λb1 = λ2 b0 , . . .
, bn = λ n b 0
Sostituendo nella relazione ricorsiva otteniamo
bn+2 = bn+1 + bn
2
λ −λ−1=0
⇒
λn+2 b0 = λn+1 b0 + λn b0
⇒
∀n ∈ N
b0 λ n λ 2 − λ − 1 = 0
⇒
Quindi λ è soluzione dell’equazione aurea, ovvero λ = Φ. Ciò implica che se una successione è del tipo di
quella di Fibonacci, indipendentemente dai valori di partenza, e il rapporto tra termini successivi è costante,
allora tale rapporto è necessariamente il rapporto aureo.
Per dimostrare che effettivamente il rapporto aan+1
tra due termini successivi della successione di Fibonacci
n
tende a Φ dobbiamo fare ricorso alle frazioni continue precedentemente introdotte. Consideriamo la successione bn data dalle approssimazioni della frazione continua che abbiamo visto definire Φ:
1
Φ=1+
1
1+
1
1+
1 + ...
Quindi Φ è approssimato dalla successione
1
1
1
b1 = 1, b2 = 1 + 1, b3 = 1 +
, b5 = 1 +
, b4 = 1 +
,...
1
1
1+1
1+
1+
1
1+1
1+
1+1
Vogliamo dimostrare che se indichiamo con an i termini della successione di Fibonacci, allora le due successioni
sono legate dalla relazione
an
∀n ≥ 1
bn =
an−1
Infatti:
b1 = 1
b2 = 1 + 1 = 2 =
a2
a1
1
1
3
a3
1
=1+
=1+ = =
1+1
b2
2
2
a2
1
2
5
a4
1
b4 = 1 +
=1+ = =
=1+
1
b3
3
3
a3
1+
1+1
1
3
8
a5
1
b5 = 1 +
=1+ = =
=1+
1
b4
5
5
a4
1+
1
1+
1+1
b3 = 1 +
8
IL NUMERO AUREO
an
sia vera fino ad un certo numero n e dimostriamo
an−1
che ne segue che sarà vera anche per n + 1. Questo dimostra che la relazione è vera per ogni n.
Supponiamo per ipotesi induttiva che la relazione bn =
bn+1 = 1 +
1
an−1
1
an + an−1
an+1
= 1 + an = 1 +
=
=
bn
an
an
an
an−1
Quindi i termini successivi della frazione continua sono uguali al rapporto tra due termini successivi della
successione di Fibonacci. Di conseguenza il rapporto tra tali termini approssima sempre meglio al crescere di
n il valore di Φ a cui la frazione continua tende.
Oltre al legame precedentemente oseervato tra la successione di Fibonacci e il Numero Aureo, si√può
1+ 5
il
dimostrare che, indicato con an l’n-esimo termine della successione di Fibonacci, con Φ1 = Φ =
2
√
1− 5
numero aureo e con Φ2 la soluzione negativa dell’equazione aurea: Φ2 =
, esiste la seguente relazione:
2
√
5 n
an =
(Φ1 − Φn2 )
5
La relazione è abbastanza sorprendente perché, mentre Φ1,2 sono numeri irrazionali, i termini di Fibonacci
sono addirittura naturali.
Procediamo alla dimostrazione per induzione.
Verifichiamo la validità dell’ipotesi induttiva:
√
√
5 0
5
0
a0 = 0 =
·0=0
SI’
Φ1 − Φ2 =
5
5
!
√
√
√
√
5 1
5 1+ 5 1− 5
=1
SI’
Φ1 − Φ12 =
−
a1 = 1 =
5
5
2
2
√
5 m
Supponiamo ora che che la relazione am =
(Φ1 − Φm
2 ) sia vera per ogni m < n e calcoliamo an utilizzando
5
la definizione ricorsiva, tenendo conto che n − 1 e n − 2 sono numeri m < n:
√
√
√
5 n−1
5 n−2
5 n−2
n−1
n−2
an = an−1 + an−2 =
Φ1 − Φ2
Φ1 − Φ2
Φ1 (Φ1 + 1) − Φ2n−2 (Φ2 + 1)
+
=
5
5
5
Ricordiamo ora la relazione valida per i numeri Φ1,2 , soluzioni dell’equazione aurea per cui Φ1,2 + 1 = Φ21,2 ,
per ottenere
√
√
5 n−2 2
5 n
n−2
2
an =
Φ1 · Φ1 − Φ2 · Φ2 =
(Φ1 − Φn2 )
5
5
Quindi la formula è vera anche per an ed è perció vera per ogni n ∈ N.
Moltissime sono le proprietà aritmetiche dei numeri di Fibonacci. Tra queste ne ricordiamo una ad esempio.
Prendiamo quattro termini qualsiasi purché successivi della successione di Fibonacci. Ad esempio 1, 2, 3, 5.
Consideriamo
il prodotto dei termini estremi: 1 · 5 = 5
il doppio prodotto dei termini medi: 2 · 2 · 3 = 12
la somma dei quadrati dei termini medi: 22 + 32 = 4 + 9 = 13
I tre termini cosı̀ ottenuti formano una terna pitagorica: 52 + 122 = 132 . Inoltre il terzo termine ottenuto
(cioè la somma dei quadrati di due termini successivi) è ancora un termine della successione di Fibonacci.
Molti sono anche gli esempi in natura di oggetti che crescono o si muovono secondo i numeri di Fibonacci.
Ancora sul rapporto aureo in geometria
Costruiamo un rettangolo in cui il rapporto tra i lati sia
rettangolo aureo.
AB
BC
= Φ. Un rettangolo di questo tipo è detto
IL NUMERO AUREO
9
F
D
A
C
E
B
Riportiamo poi la misura AD su AB individuando un punto E. Tale punto divide AB secondo il rapporto
aureo, quindi
AB
CB
=
=Φ
EB
BC
Il rettangolo EBCF cosı̀ ottenuto è quindi ancora un rettangolo aureo. Il processo si può ripetere sul nuovo
rettangolo ottenuto; procedendo quindi alla stessa maniera si ottengono successivi rettangoli aurei . Si noti
che le diagonali BD e CE sono diagonali di tutti i successivi triangoli aurei costruiti.
Jacques Bernoulli (1654-1705) si interessò al rapporto aureo per via di una celebre curva a cui egli dedicò
un trattato intitolato Spira mirabilis (La spirale meravigliosa). Egli fu cosı̀ colpito da tale curva, nota come
spirale logaritmica, da dare disposizioni affinché tale figura fosse incisa sulla sua lapide insieme al motto Eadem
mutata resurgo (Pur trasformata, rinasco sempre la stessa). Il motto descrive una fondamentale proprietà
della spirale logaritmica che si ritrova solo in questa particolare curva: crescendo non cambia forma. Crescendo
la spirale logaritmica diviene sempre più ampia e la distanza tra un giro e il giro successivo aumenta man
mano che ci si allontana dall’origine, detta polo. In particolare, avanzando secondo angoli della medesima
ampiezza, la distanza dal polo aumenta con proporzione costante. La natura ama le spirali logaritmiche come
si può vedere dalle conchiglie, dagli uragani, dalle spirali galattiche, ecc.. Essa è inoltre presente in molte
opere d’arte. Il legame tra la spirale logaritmica e il rapporto aureo è molto stretto: consideriamo la serie di
rettangoli aurei costruita precedentemente.
AB : AE = AE : EB
D
⇒
P1
C
P5
P2
P6
P4
P3
A
B
Tracciamo l’arco di circonferenza AP 1 di raggio BC = AE, poi l’arco P 1P 2 e cosı̀ via. La curva cosı̀
ottenuta è una spirale logaritmica.
Conclusioni
Per concludere è sicuramente necessario nominare il matematico Luca Pacioli il quale all’inizio del 1900
pubblicò il trattato De divina proporzione che contiene un riassunto dettagliato delle proprietà del rapporto
aureo, definito appunto dall’autore divina proporzione, e una disquisizione sui solidi platonici. Pacioli era
molto interessato all’arte e all’uso del rapporto aureo nell’arte. Il terzo libro del trattato è in sostanza una
10
IL NUMERO AUREO
traduzione in italiano del trattato in latino di Piero della Francesca. Dal momento che Pacioli non ammise
tale fatto nella sua opera egli fu accusato di essere un plagiatore. Comunque stiano le cose l’opera di Pacioli
contribuı̀ a un rinnovato e più diffuso interesse per il numero aureo Φ.
Moltissime altre sono le apparizioni del numero aureo in ambito algebrico e geometrico. Inoltre molte volte
gli artisti hanno utilizzato il numero aureo nelle loro opere, sia in epoca classica che contemporanea. Il libro
di Livio da cui sono sostanzialmente tratte queste note fornisce numerosi esempi dell’apparizione di Φ sia in
natura che nell’arte.