Le attività commerciali marginali

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Le attività commerciali marginali
LE ATTIVITÀ COMMERCIALI MARGINALI
LE ATTIVITÀ COMMERCIALI
Le ATTIVITÀ COMMERCIALI MARGINALI sono attività che, per loro natura sono commerciali (l’attività commerciale è
MARGINALI
un’attività caratterizzata dall’interdipendenza, cd. Sinallagma, dello scambio di beni o servizi con il pagamento di un prezzo = ogni volta
che condiziono lo scambio al pagamento di un prezzo o, pagando un prezzo, acquisisco il diritto a godere della prestazione siamo di
fronte ad un’attività commerciale).
In deroga al principio per il quale un’associazione deve pagare le tasse sui proventi da attività commerciale,
l’attività commerciale marginale è “DECOMMERCIALIZZATA” ossia non considerata più commerciale (anche se lo
è per sua natura). Questo perché lo Stato pone alcuni limiti operativi che impediscono alle attività commerciali
marginali di far concorrenza alle attività commerciali svolte da un esercizio commerciale o da un’impresa.
LA DISCIPLINA E I SOGGETTI
CHE POSSONO USUFRUIRNE
LE CARATTERISTICHE
Le attività commerciali marginali sono disciplinate dal Decreto Ministeriale 25 maggio 1995 il quale, a sua
volta, specifica quanto previsto dall’art. 8, 4° comma, L n 266/1991.
Le attività commerciali marginali rappresentano un’agevolazione fiscale. Di conseguenza possono svolgerle
solo le Organizzazioni di Volontariato iscritte nell’apposito registro del Volontariato di cui all’art. 6 L n.
266/1991 (in pratica il registro regionale e le sue sezioni provinciali).
Le attività commerciali marginali devono:
̶ ESSERE DIRETTE A SOVVENZIONARE ATTIVITÀ ISTITUZIONALI DELL’ORGANIZZAZIONE DI VOLONTARIATO (il denaro
̶
̶
raccolto deve essere diretto a finanziare le attività istituzionali, ossia le attività dirette a conseguire lo scopo dell’Associazione così
come descritto dallo statuto, dell’Associazione)
ESSERE SVOLTE SENZA L’IMPIEGO DI MEZZI ORGANIZZATI PROFESSIONALMENTE PER FINI DI CONCORRENZIALITÀ
SUL MERCATO (cd. requisito dell’assenza di un’organizzazione di impresa; l’Associazione, cioè, non deve attivare, all’interno
della propria organizzazione, gruppi di volontari che si impegnano solo nell’organizzazione, appunto, delle attività commerciali
marginali), QUALI L’USO DI PUBBLICITÀ DEI PRODOTTI, DI INSEGNE ELETTRICHE, DI LOCALI ATTREZZATI SECONDO
GLI USI DEI CORRISPONDENTI ESERCIZI COMMERCIALI, DI MARCHI DI DISTINZIONE DELL’IMPRESA (l’elenco fatto dal
decreto è di natura esemplificativo e non tassativo; questo è l’orientamento della prassi)
IL LORO IMPIEGO PER I FINI ISTITUZIONALI DELL’ORGANIZZAZIONE DI VOLONTARIATO DEVE ESSERE
DOCUMENTATO (art. 8, 4° comma, L n. 266/1991)
IL CATALOGO DELLE ATTIVITÀ
Il catalogo delle attività commerciali è contenuto nell’art 1 del Decreto Ministeriale:
a) attività di vendita occasionali o iniziative occasionali di solidarietà svolte nel corso di celebrazioni o
ricorrenze o in concomitanza a campagne di sensibilizzazione pubblica verso i fini istituzionali
dell’organizzazione di volontariato;
b) attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la
vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario;
c) cessione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari sempre che la vendita dei prodotti sia curata
direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario;
d) attività di somministrazione di alimenti e bevande in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni e
simili a carattere occasionale;
e) attività di prestazione di servizi rese in conformità alle finalità istituzionali, non riconducibili nell’ambito
applicativo dell’art. 148, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22
dicembre 1986, n. 917, verso pagamento di corrispettivi specifici che non eccedano del 50% i costi di diretta
imputazione.
COME GESTIRLE
Il Consiglio Direttivo (cioè l’organo di governo) dovrebbe (non vi sono obblighi di legge ma solo accortezze consigliabili)
deliberare ogni attività commerciale marginale che si decide di svolgere (in modo da dimostrare che non vi è
un’organizzazione che, automaticamente, è finalizzata a svolgere tali attività).
È necessario (art. 8, 4° c, L n. 266/1991) che il bilancio dell’associazione
rechi l’indicazione di quanto si è speso
per svolgere queste attività e quanto si è, conseguentemente, guadagnato. MA ATTENZIONE! Non basta il
bilancio. È necessario che la relazione che accompagna il bilancio rendiconti che le somme arrivate dalle
attività commerciali marginali sono state usate per i fini istituzionali dell’ente. Il tutto deve constare da
verbale.
CSVM Centro di Servizio per il Volontariato Mantovano
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