Parodia e metafora nella Catomiomachia di Teodoro Prodromo

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Parodia e metafora nella Catomiomachia di Teodoro Prodromo
«EIKASMOS» XII (2001)
Parodia e metafora nella Catomiomachia di Teodoro Prodromo
Parodia letteraria e satira politica, abilmente e fittamente intrecciate, determinano la scelta dei generi di riferimento e indirizzano molti degli esiti espressivi cui
approda Teodoro Prodromo nella Catomiomachia1. In linea di continuità con la
Batracomiomachia, ma esemplata sulla struttura della tragedia, da cui è desunto
anche il metro, l’operetta di Prodromo vede protagonisti i topi impegnati in una
strenua lotta contro una sola gatta: la cifra insieme contenutistica e stilistica è
fornita dalla continua sottolineatura dell’inadeguatezza dei ratti rispetto al modello
comportamentale e al codice linguistico che pervicacemente adottano. Dallo scarto
così individuato, tra condizioni esistenziali ed h[qh dei topi da un lato, e paradigma
epico-tragico cui si sforzano di aderire dall’altro, traggono spunto e spessore le
continue invenzioni di Teodoro Prodromo, che trascorrono da schietti effetti parodici
sino all’umorismo più sottile.
La fitta rete di riprese di interi passi, di iuncturae, di singoli termini da Omero,
dalla Batracomiomachia e dalla tragedia è stata individuata esaustivamente da H.
Hunger2, che ha anche condotto un esame assai penetrante della complessa dialettica che si instaura nel testo tra richiami alla ‘contemporaneità’3 e costanti riferimenti alla strutturazione compositiva e stilistico-linguistica dei codici letterari parodiati
(epica e tragedia)4.
Alcuni esiti comici sono la diretta conseguenza del dato parodico ‘di partenza’,
ossia della scelta di erigere a protagonisti di una battaglia topi tremebondi che si
atteggiano a eroi omerici, ricalcando di questi ultimi usi, atteggiamenti, convenzioni. In questa direzione la parodia agisce nel campo della ‘situazione’, della trama
di base, seppure secondo strategie che si differenziano da quelle adottate nella
Batracomiomachia. In quest’ultima si fa ricorso alla veste metrica, linguistica e
1
Sulla fortuna bizantina della Batracomiomachia cf. C. Carpinato, La fortuna della
Batracomiomachia dal IX al XVI secolo da testo scolastico a testo «politico», in [Omero], La
battaglia delle rane e dei topi, a c. di M. Fusillo, Milano 1988, 138-148.
2
Cf. H. Hunger, Der byzantinische Katz-Mäuse-Krieg, Graz-Wien-Köln 1968, soprattutto
nell’apparato di note alla traduzione tedesca.
3
Cf. o.c. 47-50.
4
Cf. o.c. 40-47. Alcune tragedie costituiscono un punto di riferimento privilegiato: cf. A.
Popovic’, Prodromova Katomiomachija i Eschilov Persijanski, «ZRVI» XXIX-XXX (1991) 117124. Per l’epica come primo genere di riferimento della parodia, cf. E. Degani, Poesia parodica
greca, Bologna 1982, 22-28.
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stilistica dell’epica per narrare uno scontro tra piccoli animali, che adattano alle
loro dimensioni5 l’apparato bellico omerico: conseguentemente l’armatura dei contendenti ricalcherà per complessità e per minuta elencazione delle singole parti
quella degli eroi dell’Iliade, ma secondo i parametri esistenziali di topi e rane. Gli
scudi delle rane saranno ricavati da foglie di cavoli (163), gli elmi dei topi da gusci
di noci (131): la comicità nasce dalla riduzione di scala (e di tono) tra ambientazione
originaria e adattamento parodico.
Prodromo, invece, persegue una costante Vermenschlichung dei topi, cui si prestano caratteri e usi umani6. Conseguentemente, in prossimità della battaglia, quando
è usuale (cf. e.g. Hom. Il. II 402ss.) che gli eroi omerici ricerchino la benevolenza
o l’aiuto divini con sacrifici, anche i topi sacrificano, ma animali assolutamente
sproporzionati alle loro possibilità: infatti Tiroclepte progetta e raccomanda con
nonchalance il sacrificio di pecore e tori7. È proprio dal mancato adeguamento tra il
modello omerico e l’universo esistenziale dei topi che è originato l’esito comico.
Un procedimento parodico per certi versi analogo al precedente, ma capace di
coinvolgere anche il parametro linguistico, si fonda sul calco della formula omerica
kai; kuvrma genevsqai8. Gli eroi temono che alla morte in battaglia non faccia seguito
una onorevole sepoltura: l’augurio peggiore che si può formulare per un nemico e la
sorte più misera che si teme di ricevere sono che il corpo finisca col diventare pasto
per gli animali (cani e uccelli in particolare). I topi, immessisi velleitariamente nella
visuale epica e nel relativo codice espressivo, danno voce alla paura di essere sbaragliati dalla gatta, ricorrendo alla traduzione in metro giambico della formula omerica9.
L’operazione condotta da Prodromo s’impernia sul contrasto insolito/consueto, che
si instaura quando il nesso epico è trasposto dal mondo degli eroi a quello dei topi:
che un uomo sia mangiato da animali sui quali solitamente esercita la sua superiorità
(e che sono più piccoli di lui) rappresenta un evento inusitato (oltre che deprecabile),
laddove rientra nella più assoluta normalità che il topo sia il cibo del gatto. Il contesto bellico e la cifra espressiva del modello trovano totale corrispondenza nel testo
5
Secondo la definizione di H. Grellmann, Parodie, in Reallexicon der deutschen
Literaturgeschichte II (1926/1928) 630. Nella Batracomiomachia si rinviene comunque anche
l’effetto comico derivante dall’umanizzazione dei topi. Ad es. il topo Rubabriciole vanta l’eccellenza dimostrata nel pancrazio, nella lotta e nella corsa: cf. Batrach. 96 (e commento di Fusillo,
o.c. 104).
6
Cf. Hunger, o.c. 53.
7
Cf. Catom. 200-202 (si cita dall’edizione di Hunger) kai; toigarou'n livpwmen u{pnon kai;
klivnhn, / o[i" de; kai; bou'" toi'" qeoi'" tequkovte" / pro;" to;n machsmo;n ejxivwmen ajtrovmw".
8
Cf. Hom. Il. V 488 e{lwr kai; kuvrma gevnhsqe, XVII 151 e{lwr kai; kuvrma genevsqai, XVII
272 kusi; kuvrma genevsqai, Od. III 271 kavllipen oijwnoi'sin e{lwr kai; kuvrma genevsqai, V 473
deivdw mh; qhvressin e{lwr kai; kuvrma gevnwmai, XV 480 kai; th;n me;n fwvkh/si kai; ijcquvsi kuvrma
genevsqai.
9
Cf. Catom. 47-49 devdoika, nai; devdoika, mh; pefasmevnoi / chjmei'" fanw'men kai; kakw'"
bebrwmevnoi, / kai; kuvrma kavth" feu' genwvmeqa xevnon.
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parodico, ma la sostituzione dei topi agli uomini modifica il significato della iunctura,
operando uno scarto in cui trova spazio l’esito comico, del resto debitamente connotato, chiosato e potenziato dall’aggiunta di xevnon, che ne costituisce la pointe.
L’immedesimazione dei topi con gli uomini, anzi con i prototipi epici10, è tale
da indurli a un manifesto straniamento rispetto alla condizione di totale impotenza
davanti alla ferocia della gatta, condizione che pure viene enunciata claris verbis
proprio all’inizio dell’opera (vv. 1-13) e costantemente ribadita11.
Un altro ‘effetto’ di questa operazione si rinviene nella precisa descrizione dell’etologia della gatta, nonché nell’individuazione di costei come nemica, che i topi
conducono in un fitto dialogo che vede affrontarsi Creillo e Tiroclepte (vv. 21-32).
Anche in questa sequenza la parodia epica è rintracciabile nella denominazione che
il genere umano assegna alla gatta, secondo l’uso omerico di fornire due coordinate
onomastiche, quella divina e quella umana, per uno stesso soggetto12. La nemica
viene dunque identificata col nome di gatta che le assegnano gli uomini e, nella
definizione dei suoi comportamenti, i topi nominano se stessi come oggetto della
caccia di costei, con la fredda precisione con cui ‘altri’ descriverebbero le consuetudini alimentari e di caccia della specie in esame. In questo passo lo scarto dal modello epico si misura nell’omissione del nome che dovrebbe accostarsi a quello umano
(ossia quello in voga tra i topi13, per coerenza con il procedimento omerico) e nella
conseguente umanizzazione dei topi, che arrivano a parlare di se stessi come mu'"14.
10
Talora il gioco comico si realizza nel contrasto tra un personaggio vittima di questa immedesimazione e un altro che la demolisce (cf. F.J. Lelièvre, The Basis of Ancient Parody, «G&R»
n.s. I [1954] 73); alla sposa di Creillo, che immagina, in caso di sconfitta, un futuro infelice di
schiava per sé e per tutti i topi, il coro ricorda realisticamente l’esito più probabile, finire tutti in
pasto alla gatta (cf. Catom. 232-237 ~Om. Creil.: kai; pa'" gevnhtai dou'lo" aijcmalwsiva/. / Corov":
ou[k, ajlla; deino;n brw'ma th'" ejnantiva". / ~Om. Creil.: kajgw; de; douvlh paisi; su;n toi'" filtavtoi" /
hJ pri;n kuriva prosfanhvsomai tavca. / Corov": h{kista douvlh su; genhvsh/ su;n tevknoi", / ajll` wJ"
ajlhqw'" brw'ma th'" ajdhfavgou). Un effetto simile si coglie nell’improvviso trapasso tra la dimensione ‘umana’ di Creillo che minaccia Zeus e il tenore tipicamente ‘topesco’ di tale minaccia,
mangiare tutte le offerte immagazzinate nel tempio, cf. Catom. 104-107.
11
Cf. Catom. 14-20, 23-24, 33-39, 47-49, 64-68, 74-77, 92-99, 128-134, 220, 335. In un’altra operetta satirica (Scevdh tou' muov": cf. J.-Th. Papademetriou, Ta; Scevdh tou' muov": New Sources
and Text, in AA.VV., «Classical Studies presented to Ben Edwin Perry by his Colleagues at the
Univ. of Illinois», Urbana-Chicago-London 1969, 222) Prodromo, alla fine della contesa a base
di citazioni bibliche tra la gatta e il topo che si finge un abate, fa pronunciare alla gatta questa
battuta: ejpei; d` a[ter tw'n monacikw'n ajmfivwn sou ejxh'lqe" ajpo; th'" kevllh" sou, to; stovma mou
genhvsetai tavfo" sou.
12
Cf. e.g. Hom. Il. I 402-404 w\c` eJkatovgceiron kalevsas` ej" makro;n “Olumpon, / o}n
Briavrewn kalevousi qeoiv, a[ndre" dev te pavnte" / Aijgaivwn(a).
13
Data la frequenza delle occorrenze, sembrerebbe che i topi alludessero alla loro nemica
con il vocabolo (certo non eufemistico) pamfavgo": cf. Catom. 42, 215, 286, 295, 367.
14
Cf. Catom. 27-30 h]n kavtan wjnovmasen ajnqrwvpwn gevno". / au{th ga;r ajei; chramou;"
periblevpei, / kai; mu'" ejreuna'/ kai; kaqwvsper oiJ kuvne" / ijcnhlatou'si tou;" lagwou;" poikivlw",
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Anche il tono sdegnato con cui Creillo denuncia l’infelice e oscura vita che i
topi conducono in muwxivai 15, nonché il rassegnato realismo con cui Tiroclepte, pur
a malincuore16, ne prende atto, rimandano a un’ottica umana che non può che
inquadrare in termini spregiativi le dimore dei topi. Solo perché i topi si atteggiano
a uomini e ne assumono pose e categorie di giudizio, l’accenno alle muwxivai sortisce un effetto umoristico.
Questo gioco di specchi tra mondo umano e animale investe anche il piano
linguistico, che sin dalle origini17 si è rivelato l’àmbito privilegiato per la ricerca
di effetti parodici. Teodoro Prodromo opera su vari strati dell’amalgama linguistico
epico/tragico e secondo procedimenti differenziati. La comicità di una parola può
espandersi in più direzioni, corrispondenti a diversi livelli di lettura del testo18.
Il superlativo ajndrikwvtatoi, che occorre nel verso iniziale, riveste una prima,
immediata, valenza comica a causa del contesto in cui è inserito, perché è l’appellativo con cui Creillo si rivolge a topi che sono dominati ajennavw" da una complessa
gradazione di paure e terrori19. La dissonanza tra l’appellativo e la definizione dello
stato d’animo perenne di coloro che da tale appellativo sono individuati delimita un
primo àmbito in cui si realizza l’operazione parodica; un altro, al primo connesso
e sotteso, è rapportabile alla scelta del vocabolo ajndrikov", che non richiama semplicemente il campo semantico del coraggio, del valore, ma si collega anche a
quello ben più complesso dell’ajndreiva20, del pieno possesso delle qualità proprie
ed esclusive dell’ajnhvr. Così, anche indipendentemente dal contesto21, l’epiteto
ajndrikwvtatoi rivolto ai topi costituisce una sorta di paravdoxon enfatizzato dalla
collocazione incipitaria.
ktl. Benché in Omero si riscontrino anche passi in cui appare solo la denominazione divina (e.g.
Od. X 305 mw'lu dev min kalevousi qeoiv), la concomitanza del nome ‘umano’ della gatta e della
fredda obiettività con cui i topi forniscono il loro proprio nome rafforza l’ipotesi che Prodromo
calchi in questo contesto i toni della Vermenschlichung dei ratti.
15
Cf. Catom. 6-8 ajll` oijktrovtatoi kai; fovbou peplhsmevnoi / bivon skoteino;n ajqlivw"
muwxivai" / zw'men (passo in cui è evidente la ripresa di Gregorio di Nazianzo, Ep. IV 1,3 Gallay
come già rilevato, tra gli altri, anche da Hunger, o.c. 81).
16
Cf. Catom. 14 ka]n mh; qevlwmen, ejsme;n ejn muwxivai".
17
Cf. Lelièvre, o.c. 66-68; L. Salvioni, Qualche definizione di procedimenti parodici desunta
dal Banchetto attico di Matrone, «BIFG» V (1979/1980) 21-29.
18
In relazione anche a un pubblico differenziato: cf. Degani, o.c. 31s.
19
Cf. Catom. 1-6 tiv to;n tosou'ton, ajndrikwvtatoi, crovnon / mevnonte" ei[sw tw'n ojpw'n
ajennavw" / deivmw/ suvnesmen kai; frivkh/ kai; deiliva/ / kai; dusmovrw" divimen oijkei'on bivon, / mhde;
prokuvyai th'" ojph'" h/Jrhmevnoi, / ajll` oijktrovtatoi kai; fovbou peplhsmevnoi, ktl.
20
Si veda anche la definizione della preoccupante forza militare a disposizione della gatta,
qualora riesca ad avvalersi di potenti alleati (da ricercare sempre nel regno animale): Catom. 220
deino;n gavr ejsti dusmenw'n eujandriva.
21
Si osservi che l’identificazione dei topi come protagonisti dell’operetta è fornita, prima
ancora dell’inizio, dalla uJpovqesi" premessa da Prodromo: tou' muw'n kurieuvonto" ejn ojph'/ tini
zofwvdei kai; kateskiasmevnh/ prosmevnonto".
Parodia e metafora nella Catomiomachia di Teodoro Prodromo
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Il travestimento umano dei topi non causa solo distorsioni e incoerenze comiche negli atteggiamenti e nelle situazioni, ma comporta inevitabili riflessi in
campo espressivo, con particolare incidenza nell’uso e nel significato della metafora. Gli esiti della ‘manipolazione’22 comica della metafora possono presentarsi in
una vasta gamma tipologica; in ambito parodico assume particolare rilievo la desemantizzazione.
Già a partire dall’epica, con notevole continuità in àmbito drammatico, si afferma una solida, reiterata, articolata rappresentazione della morte come oscurità e
parallelamente della vita come luce. Il buio avvolge gli occhi dell’eroe morente23;
la condizione del defunto viene avvertita come permanenza nell’oscurità e contatto
costante con la polvere24; per antitesi la vita è identificata con la possibilità di
vedere la luce del sole. I topi, vista l’assimilazione agli uomini che segna il loro
linguaggio oltre che il loro comportamento, ricalcano anche questo vezzo espressivo. Ma tra la loro condizione di vita e il ricorso alla trasposizione metaforica si
insinua una non lieve dissonanza.
Fin dal prologo Creillo fissa i termini della divaita dei topi, costretti ajennavw"
all’oscurità; viene istituita e più volte ribadita un’assimilazione tra il correre del
tempo e una notte perenne (Catom. 8-10 zw'men, w{sper oiJ pefulakismevnoi, / kai;
nuvkta to;n suvmpanta tou' crovnou drovmon / makra;n dokou'men kai; skia;n tou'
qanavtou), la vita viene definita come tenebrosa (Catom. 7s. bivon skoteino;n ... /
zw'men) o come nascosta nel buio (Catom. 113 ajpallagh'nai tou' skotokruvptou
bivou), lo stesso capo dei topi lamenta di essere totalmente dominato dalla tenebra
(Catom. 95 o{lo" skoteinov" eijmi kai; zovfou gevmwn).
Date queste premesse, quando Tiroclepte dichiara di temere un esito fatale per
il progettato riscatto dalla permanenza coatta nelle muwxivai, l’altisonante indicazione to;n skoteino;n `Aidwnevw" tovpon25 non comporta solo l’effetto umoristico,
consueto nelle parodie, prodotto dalla inadeguatezza del parlante rispetto al registro
espressivo adottato26, ma risulta contraddittoria rispetto alla consuetudine con il
buio, che caratterizza l’esistenza dei topi: la trasposizione metaforica, clamorosamente smentita, aggiunge una seconda prospettiva parodica.
Analogamente, la ripresa e la contaminazione di più autori antichi27, avvertibili
22
Cf. H. Bergson, Il riso. Saggio sul significato del comico, trad. it. Bari-Roma 1993, 7281 con riferimento anche alla parodia; V.J. Propp, Comicità e riso. Letteratura e vita quotidiana,
trad. it. Torino 1988, 110-114.
23
Cf. la formula epica to;n de; skovto" o[sse kavluyen: Hom. Il. IV 461, 503, 526; VI 11;
XIII 575; XIV 519; XV 578; XVI 316, 325; XX 393, 471; XXI 181, naturalmente occorrente
anche nella Batracomiomachia (vv. 215, 231).
24
Cf. e.g. Soph. Ant. 26; Eur. El. 1276.
25
Cf. Catom. 19s. kai; to;n skoteino;n `Aidwnevw" tovpon / lavboimen ajntivpoinon ajkratwsuvnh".
26
L’espressione riecheggia luoghi epici e tragici: Hom. Il. V 190; Aesch. Pers. 649; Soph.
OC 1560 (cf. le note di Hunger, o.c. 83).
27
Segnalate da Hunger, o.c. 47.
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nelle sconsolate considerazioni svolte dal Coro a commento e compianto della
morte di Psicharpax (Catom. 330s. a{panq` a{panta tou' bivou tevfra kovni", / aJpaxavpanta
tou' bivou skia; movnon), ricalcano icastiche metafore28, che, nel contesto della Catomiomachia, perdono il loro carattere di metafore.
In ossequio alle coordinate espressive vigenti tra i topi prodromici, morire
equivale a lasciare la luce del sole29: ma il riecheggiamento di tanti nessi tragici30, assolutamente coerente con il modello parodiato, riesce altrettanto incoerente in bocca a chi non conosce che il buio della tana31. Ne consegue un potenziamento in più direzioni dell’effetto comico delle insistenti equiparazioni tra vita
e vista della luce. La grave consapevolezza del rischio che comporta la progettata guerra contro la gatta traspare dalle parole di Tiroclepte, che si dispongono
secondo una struttura ad arsi e tesi (vv. 55-57 i[ s hmi pav n tw": aj l la; deino; n
tugcav n ei / lipei' n to; lampro; n stav d ion th' " ~Hmev r a" / kai; tw' / skoteinw' /
sugkalufqh'nai tavfw/): la trasposizione metaforica ne risulta da un lato enfatizzata ma dall’altro palesemente infirmata. Evidente il contrasto che si instaura
tra descrizioni assai precise della condizione di vita dei topi quali bivon skoteino;n
zw'men (vv. 7s.) o skotokruvptw/ bivw/ (v. 113) e l’adozione di metafore dalla nobile ascendenza.
Non a caso Teodoro Prodromo affianca anche in un altro passo l’associazione
luce-vita a quella polverosa tomba-morte32, per ribadire e potenziare l’effetto comico dello svuotamento semantico di un traslato così comune.
La rielaborazione cui la prospettiva parodica sottopone la metafora comporta
anche effetti di risemantizzazione: quando il Coro è terrorizzato dalla prospettiva
che l’intero esercito dei topi, con Creillo in testa, perisca o quando la sposa di
Creillo piange la morte del figlio, riemerge la nota metafora della morte come
abbandono della luce del giorno con una variante che introduce una ulteriore
trasposizione tra il sole e la lucerna: qanei'n, lipovnta to;n faesfovron luvcnon (v.
190) o levloipa" to;n luvcnon th'" hJmevra" (v. 329).
La rivisitazione della metafora non muove in questo caso verso l’annullamento, bensì in direzione dell’assunzione di un diverso valore semantico: per gli uomini
può essere istituita una similitudine (con riduzione di scala e ambientazione nella
quotidianità) tra la lucerna e il sole; per i topi, che non escono mai dalla tana e che
sono legati alla lucerna da un rapporto ‘privilegiato’, dal momento che ne leccano
28
Cf. Pind. P. 8,136 skia'" o[nar a[nqrwpo", Soph. Ai. 125s. oJrw' ga;r uJma'" oujde;n o[nta"
a[llo plh;n / ei[dwl` o{soiper zw'men h] koufh;n skiavn, Eur. Med. 1224 ta; qnhta; ouj nu'n prw'ton
hJgou'mai skiavn.
29
Cf. Catom. 56, 190, 238, 329.
30
Cf. e.g. Eur. HF 1073, 1348; Ion 1186.
31
Per l’effetto comico dell’uso errato delle metafore, cf. Bergson, o.c. 74-77.
32
Cf. Catom. 238 s. tiv gou'n; prolivpw to; glukuvtaton favo" / kai; sugkalufqw' th'/ kovnei
kai; tw'/ tavfw/;
Parodia e metafora nella Catomiomachia di Teodoro Prodromo
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‘istituzionalmente’ l’olio33 e ne ricavano addirittura spunti onomastici34, essa costituisce l’unica fonte di luce. Per i topi, cioè, dire che si lascia la lucerna, fornitrice
di luce, comporta il riferimento a un dato reale, non metaforico.
L’operazione che Teodoro Prodromo conduce sul linguaggio non si limita all’abbassamento di tono o di contesto rispetto al modello, come riscontrato nei
più attestati procedimenti parodici, ma mira a un più sottile e radicale svuotamento. I topi non parlano solo un linguaggio non consono al loro ruolo e alla
loro natura, ma l’adozione di un registro espressivo inadatto toglie spesso significato alle loro parole, approdando anche a esiti inattesi e imprevisti; al di là delle
loro stesse intenzioni, i topi, proprio perché vogliono evadere dalla loro miserevole
condizione parlando come eroi, ricadono costantemente e comicamente in essa.
Sottigliezza e abilità finissime di poeta colto, uso a conferire sfumature, screziature
plurime alla trama linguistica e stilistica, certamente; ma non si può trascurare
anche un risvolto legato al fine satirico della Catomiomachia: l’assoluta inadeguatezza dei topi rispetto al modello etico, militare, espressivo cui si ostinano
ad aderire, può polemicamente sottintendere una analoga inadeguatezza tra il prototipo etico, letterario, ideologico omerico e coloro che in età comnena programmaticamente vi si richiamano35. Benché il bersaglio della satira politica debba
essere meno riconoscibile di quello della parodia letteraria (specialmente nel clima dell’autocrazia comnena), si può avanzare, pur con ogni prudenza, l’ipotesi
che Prodromo disegni una sorta di accostamento/analogia tra i ridicoli topi che,
parlando come gli eroi dell’epos e della tragedia, non fanno che accentuare la
miseria della loro condizione e i gloriosi imperatori comneni che si modellano
sui personaggi di Omero (e in quei termini e secondo quei canoni letterari vogliono essere celebrati), finendo per far risaltare maggiormente l’abisso tra i ri-
33
Cf. Batrach. 179s. Cf. Hunger, o.c. 41. In Scevdh tou' muov" (Papademetriou, o.c. 221)
Prodromo pone in bocca al topo sorpreso dalla gatta questa autopresentazione: `Elaiopovth"
kiklhvskomai, con riferimento all’olio delle lucerne; la gatta, a sua volta, ritiene che il topo
dovrebbe pronunciare queste battute: e[laion qevlw kai; ouj qusivan (ripresa di Mt. 12,7, in linea
con il testo di riferimento di questa parodia, le Scritture) ... kai; ejn ejlaivw/ pivoni e[crisa kai;
ejlivpana th;n kefalhvn mou (Papademetriou, o.c. 222). Il rapporto dei topi con l’olio delle lucerne fa di costoro i nemici di Atena (Batrach. 180; ciò ha indotto taluni a presupporre per la
Batracomiomachia un’origine ateniese: cf. L.J. Bliquez, Frogs and Mice and Athens, «TAPhA»
CVII [1977] 16-25).
34
Cf. i nomi parlanti di alcuni topi: Lucnogluvfo" è la figlia di Creillo, già vittima della
gatta (Catom. 35).
35
Lo stesso Teodoro Prodromo compone in metro esametrico, con evidente ispirazione
omerica, molti carmi di esaltazione dei Comneni (cf. W. Hörandner, Theodoros Prodromos.
Historische Gedichte, Wien 1974, passim). Per l’importanza di Omero anche nelle opere storiografiche
di età comnena, cf. R. Maisano, I poemi omerici nell’opera storica di Niceta Coniata, in AA.VV.,
Posthomerica II. Tradizioni omeriche dall’Antichità al Rinascimento, a c. di F. Montanari e S.
Pittaluga, Genova 2000, 41-53 (in part. 46s.).
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sultati delle loro imprese e i kleva tw'n ajndrw'n. Risvolto politico 36 non trascurabile di una parodia letteraria.
Genova
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Teodoro Prodromo viene considerato un sostenitore dell’aristocrazia comnena da A. Kazhdan,
Theodore Prodromus: a Reappraisal, in Id., Studies on Byzantine Literature of the Eleventh &
Twelfth Centuries, Cambridge 1984, 114; Id., Change in Byzantine Culture in the Eleventh &
Twelfth Centuries, Berkeley-Los Angeles-London 1985, 106-108. L’ipotesi di Hunger (o.c. 56)
secondo il quale i topi della Catomiomachia rappresentano gli esclusi che vivono nei bassifondi
di Costantinopoli è stata sostanzialmente accolta da Kazhdan (Change cit. 139); assai verosimile
si presenta la proposta di Romano (La satira bizantina dei secoli XI-XV, a c. di R. R., Torino
1999, 234) di individuare nei topi «i re e i condottieri della terra».