I gruppi di società nell`ordinamento statunitense

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I gruppi di società nell`ordinamento statunitense
Link Campus University of Malta
Academic Year 2009-2010
Cattedra di Diritto Societario Comparato
Prof. Ferruccio M. Sbarbaro
Dispensa n. 1
I GRUPPI DI SOCIETÀ NELL’ORDINAMENTO STATUNITENSE
I GRUPPI DI SOCIETÀ NELL’ORDINAMENTO STATUNITENSE.
1. Origini e sviluppo della “law of corporate groups”.
La reazione della legge all’emergere di società multinazionali di grandi
dimensioni ed in genere gruppi di società come istituzioni dominanti
dell’economia mondiale rappresenta uno degli sviluppi più interessanti nella
giurisprudenza e nella dottrina dei paesi industrializzati.
Sin dagli inizi della rivoluzione industriale, il commercio e l’industria
hanno vissuto una trasformazione sostanziale – che peraltro non può dirsi
compiuta – di tutti gli elementi che ne componevano la struttura, sì ché il
diritto dei paesi occidentali si è trovato ad “inseguire” lo sviluppo delle
relazioni commerciali ed industriali, risultando spesso anacronistico nelle
applicazioni pratiche.
Il principio basilare della corporation law statunitense, di considerare
la individual corporation come unico soggetto di diritto, prendendo in
considerazione esclusivamente la sua singola entità giuridica, non è parso
ultimamente in grado di soddisfare le esigenze dinamiche della moderna
giurisprudenza americana. La particolare, nuova conformazione delle
istituzioni commerciali ed industriali ha spinto la dottrina statunitense, in
molte aree del diritto, a sovrapporre alle teorie tradizionali una “dottrina del
diritto d’impresa”, mirata a cogliere i profili della intera business enterprise, a
prescindere dalle sue componenti formali 1.
Se la tradizionale entity view ancora regna in molte aree del diritto, la
nuova doctrine of enterprise law, inserita nel contesto dell’impresa globale,
può ambire ad inquadrare compiutamente e conseguentemente regolamentare
le strutture di gruppo, oggi dominanti, che sfuggono al controllo della prima.
Si tratta per lo più di imprese organizzate sotto forma di una società madre con
1
Per approfondimenti critici si vedano, fra tutti, J. E. ANTUNES, Liability of corporate groups, 1994; P. I.
BLUMBERG, K. A. STRASSER, N. L. GEORGAKOPOULOS, E. J. GOUVIN, Blumberg on corporate groups, 2°
ed., 2005; P. I. BLUMBERG, The law of corporate groups: procedural problems in the law of parent and
subsidiary corporations, 1983; ID., The multinational challenge to corporation law, 1993; P.
MUCHLINSKI, International enterprises and the law, 1999.
una serie – a volte centinaia – di sub-holding, subsidiaries, o affiliated
companies che svolgono un’unica, integrata attività di impresa sotto un
controllo comune.
Un
approfondimento
della
law
of
corporate
groups
deve
necessariamente svolgersi su tre percorsi: la storia del diritto – come è nata la
corporation law e fino a che punto la sua storia può aiutare a comprenderne lo
sviluppo attuale; l’analisi giuridica – in cosa consiste e qual è il suo ruolo nel
diritto contemporaneo; la giurisprudenza.
La questione può essere efficacemente riassunta in un unico statement:
nell’economia moderna, attività di impresa di dimensioni grandi o medie non
vengono tipicamente svolte da una singola società, ma da gruppi di società
affiliate, sotto il controllo di una parent corporation che opera, come ha
osservato la Corte Suprema USA “with a unity of purpose” e “with a common
design” 2.
Nell’ipotesi in cui sorgano questioni di diritto con riferimento ad una
impresa “affiliata” – si legga “controllata” – le Corti sono spesso chiamate a
determinare se sia possibile attribuire diritti o imporre doveri ad un’altra
“affiliata” o al “gruppo”, nell’ottica di raggiungere gli obiettivi che la legge ha
posto con riferimento alla fattispecie regolamentata. Nell’ultimo secolo, le
Corti ed i legislatori statunitensi hanno dovuto affrontare un numero crescente
di questioni in cui la concreta applicazione della legge era subordinata ad una
preventiva scelta tra individual corporate entities ed enterprise. Una scelta,
quest’ultima, che non aveva particolare rilevanza quando l’unico rapporto
“sensibile” della law of corporations era quello tra società ed azionisti.
Sin dai tempi della sua creazione, nel medioevo, la corporation law ha
considerato ogni società, costituita con atto “reale” o statale, come un’entità
giuridica indipendente, con propri diritti e doveri, separati e distinti da quelli
dei suoi soci 3. Per secoli, la separazione tra soci e società si è manifestata
2
3
Copperweld Corp. v. Indep. Tube Corp., 467 U.S. 752, 771-772 (1984).
Per una panoramica della letteratura classica v. W. BLACKSTONE, Commentaries on the law of England,
p. 467, ristampato in Classic of english legal history in the modern era a cura di D. S. BERKOWITZ, S. E.
THORNE ed., 9° ed., 1978; C. A. COOKE, Corporation Trust and Company, 1951, p. 7; W. S. HOLDSWORTH,
History of English Law, 3° ed., 1927, pp. 469-490; S. KYD, A treatise on the law of corporations,
ristampato in Classic of english legal history in the modern era a cura di D. S. BERKOWITZ, S. E. THORNE
ed., 9° ed., 1978, p. 103; F. W. MAITLAND, Maitland selected essays, Hazeltine et al ed., 1936; C. T. Carr,
Early forms of corporateness in Three selected essays in anglo-american legal history, 1909, pp. 161-
esclusivamente attraverso il riconoscimento a quest’ultima della personalità
giuridica.
Con l’avvento della rivoluzione industriale ed il crescente bisogno di
capitali sufficienti a supportare gli sviluppi della tecnologia, il dogma – di
origine giurisprudenziale – della separate corporate personality
è stato
integrato dalla decisione – di matrice politica – di prevedere la responsabilità
limitata degli azionisti 4. Da un lato, la crescita dimensionale delle imprese ed
il fisiologico aumento del numero degli azionisti hanno reso questi ultimi dei
meri investitori, estranei alla gestione, dall’altro alcune decisioni di politica
economica e le rilevanti pressioni politiche hanno spinto le dottrine giuridiche
ad isolare gli azionisti-investitori dalle obbligazioni finanziarie delle
corporation.
Circa mezzo secolo a seguire, la natura instrinseca delle business
corporation ha subito negli Stati Uniti una rivoluzione strutturale.
Se fino ad allora le società non erano autorizzate a detenere azioni di
altre società, le holding companies e le subsidiaries erano ancora sconosciute5,
nel 1890 il governo del New Jersey ha approvato una legislazione tanto
innovativa quanto inaspettata – sì da guadagnarsi l’appellativo di “Stato
Traditore”
6
– che per la prima volta ha autorizzato le corporation ad
acquistare azioni di altre società, aprendo decisamente una nuova fase della
corporate history 7.
182; W. S. HOLDSWORTH, english corporation law in the 16th and 17th centuries, in Yale L. J., 31, 1922,
p. 382; S. WILLISTON, History of the law of business corporations bifore 1800, in Harvard L. R., 2, 1888,
p. 105.
4
Cfr. E. MERRICK DODD, American business corporations until 1860, 1954, p. 9.
5
Louis K. Liggett Co. v. Lee, 288 U.S. 517, 556 n. 32 (1933). Sul punto si veda P. I. BLUMBERG, K. A.
STRASSER, N. L. GEORGAKOPOULOS, E. J. GOUVIN, Blumberg on corporate groups, cit., cap. 3.04, laddove
si analizza ampiamente l’evoluzione delle business enterprises americane nel diciannovesimo secolo.
6
Act of Apr. 4, 1888, ch. 269, par. 1, 1888 N.J. Laws 385-386; Act of Apr. 17, 1888, ch. 295, par. 1,
19888 N.J. Laws 445-46; Act of May 9, 1889, ch. 265, par. 4, 1889 N.J. Laws 412-14; Act of Mar. 14,
1893, ch. 171, par. 2, 1893 N.J. Laws 301. Si veda inoltre L. STEFFENS, New Jersey: a traitor State, Part
II – How she sold out the United States, in McClure’s Mag., 41, 1905, p. 25. In generale si veda sul punto
P. I. BLUMBERG, K. A. STRASSER, N. L. GEORGAKOPOULOS, E. J. GOUVIN, Blumberg on corporate groups,
cit., par. 6.02 nonché P. I. BLUMBERG, The law of corporate groups: tort, contract and other common law
problems in the substantive law of parent and subsidiary corporations, 1987, par. 3.02.1.
7
Come osserva A. D. CHANDLER, Strategy and structure: chapters in the history of the industrial
enterprise, 1962, p. 30.
Come immediata reazione le maggiori imprese presenti sul mercato
USA alla fine del diciannovesimo secolo – la Standard Oil e la United States
Steel fra tutte – approfittando del “varco” aperto dalla nuova disciplina, si
sono rapidamente riorganizzate sotto forma di gruppi di società 8.
La nuova ondata di corporate permissiveness ha guidato la società
americana verso una profonda trasformazione della propria struttura
economica, accrescendo sensibilmente la dimensione, la portata e la
complessità delle imprese, da cui il proliferare di fusioni ed acquisizioni e la
conseguente concentrazione industriale. Il risultato di siffatta trasformazione è
riscontrabile nel dominio che le complesse strutture di gruppo esercitano oggi
nel mercato e nell’economia mondiale 9.
Di fronte ad un cambiamento così radicale del contesto economico e
delle realtà commerciali, la corporate law tradizionale, a cui il fenomeno dei
gruppi di società era assolutamente sconosciuto, è divenuta anacronistica e
poco funzionale. In risposta al “silenzio” delle dottrine tradizionali le corti
americane, così come i medesimi legislatori, hanno progressivamente fatto
ricorso sempre più frequente ai principi della doctrine of enterprise,
attribuendo ora diritti, ora responsabilità di una società del gruppo ad un’altra
collegata o affiliata a questa.
Peraltro, nella statutory law, i principi tradizionali della concezione
della singola società come entità separata erano stati un fastidioso ostacolo allo
sviluppo di una efficace regolamentazione federale delle ferrovie, il settore
“pioniere” della regolamentazione industriale americana
10
. Queste inerzie
8
Si veda sul punto E. Q. KEASBEY, New Jersey and the great corporations, in Harvard L. R., 1980, 18991890, p. 1.
9
Per un riscontro empirico: U.N. CONFERENCE ON TRADE AND DEVELOPMENT, World Investment Report
2002, pp. 87-90, U. N. Doc. UNCTAD/WIR/2002, U. N. Sales No. E.02.II.D.4 (2002), disponibile
all’indirizzo http://www.unctad.org/en/docs/wir2002_en.pdf.; U.S. CENSUS BUREAU, Statistical Abstract
of the United States: 2003, Section 15: Business enterprise, 2003, Tavole 742-750, disponibile
all’indirizzo http://www.census.gov/prod/2004pubs/03statab/business.pdf.
10
L’Interstate Commerci Act, 24 Stat. 379 del 1887, come emendato dall’Hepburn Act, 34 Stat. 584 del
1906, è un esempio di fallimento di uno statuto federale nel superare la protezione assicurata all’industria
americana dalla entity law. La “commodities clause” contenuta nell’Hepburn Act, ha reso illegale per una
compagnia ferroviaria trasportare da uno stato all’altro qualsiasi prodotto raccolto, prodotto o assemblato
dalla stessa compagnia, eccetto che per utilizzo proprio. Si veda United States v. Del. & Hudson Co., 213
U.S. 366, 415-18 (1909). La scarsa efficacia della “commodities clause” fu presto dimostrata dal
diffondersi di compagnie ferroviarie use al trasporto di beni prodotti da proprie controllate o sussidiarie.
furono di stimolo per l’amministrazione di Franklin Roosevelt nella prima
ondata di riforme iniziata nel 1933, tanto da portare sin da subito
all’abbandono della entity come legal standard.
Nel solco di uno dei più significativi sviluppi della giurisprudenza
nordamericana, i compilatori del progetto legislativo del “New Deal” hanno
adottato ufficialmente il principio della enterprise riconoscendo predominio
funzionale alla fattispecie del “controllo”.
In tutti i successivi atti legislativi di rilevanza primaria – l’Emergency
Transportation Act
11
, i Securities Acts del 1933 e 1934
Holding Company Act
Company Act del 1940
13
12
, il Public Utility
, il National Labor Relations Act
15
14
, l’Investment
, nonché altri successivi atti statali e federali in
settori quali quello bancario, assicurativo e dei servizi finanziari
16
– il
concetto di “controllo” è divenuto di rilevanza centrale nel modello
regolamentare teso a garantire attraverso interventi legislativi lo sviluppo e la
crescita dell’economia americana.
Negli statutes e nei sottesi regolamenti17 il legislatore americano ha
infatti basato sul concetto funzionale di “controllo” il fondamento delle
Si vedano United States v. Elgin, J. & E. Ry. Co., 298 U.S. 492, 497-98, 501 (1936); United States v. S.
Buffalo Ry. Co., 333 U.S. 771, 772, 782-83, 785 (1948); si veda inoltre P. I. BLUMBERG, The law of
corporate groups: problems of parent and subsidiary corporations under statutory law of general
application, par. 19.02, 1989, laddove si discute dei profili di responsabilità degli amministratori di
società sulla base del Transportaction Act del 1920.
11
48 Stat. 217 (1933).
12
48 Stat. 74 (1933) – 15 U.S.C., par. 77° (2000); 48 Stat. 881 81934) – 15 U.S.C., par. 78° (2000).
13
49 Stat. 803 (1935) – 15 U.S.C., par. 79° (2000).
14
49 Stat. 449 (1035) – 29 U.S.C., par. 151 (2000).
15
54 Stat. 789 (1940) – 15 U.S.C., par. 80°-1 (2000).
16
Si vedano, ad esempio, il Bank Holding Company Act del 1956, 70 Stat. 133 – 12 U.S.C., par. 1841
(2000); il Savings & Loan Holding Company Amendments Act, 82 Stat. 5 (1968) – 12 U.S.C., par. 1467°
(2000); il Gramm-Leach-Biley Act del 1999, 113 Stat. 1338; il Nevada Gaming Controllo Act, in Nev.
Rev. Stat. Ann., par. 463; il N.J. Alcoholic Beverage Law, in N.J. Stat. Ann., par. 33; il Modern Ins.
Holding Company Sys. Regulatory Act, apr. 1, 2004.
17
Sebbene il concetto di “controllo” non sia menzionato nel National Labor Relations Act, il Labor Board
ha sviluppato lo standard dell’”impresa integrata” cui abbinare il “controllo”, incontrando l’approvazione
della Suprema Corte. 21 NLRB Ann. Rep. 14 (1956). In giurisprudenza si veda radio & Television Broad.
Technicians local Union v. Broad Serv. Of Mobile, Inc., 380 U.S. 255, 256 (1965). Si veda altresì l’Older
discipline rivolte ai settori chiave dell’economia, stimolando all’emulazione i
governi delle altre western countries
18
, ponendosi dunque all’origine di uno
sviluppo determinante dell’attività amministrativa degli stati moderni.
2. Gruppi di società ed enterprise law.
Come si ha avuto modo di premettere, la enterprise law è nata e si
giustifica con il diffondersi di imprese complesse e di grandi dimensioni, in
cui le attività sono svolte collettivamente da entità giuridiche collegate, sotto il
controllo di una società “madre”.
Fra tutte le caratteristiche strutturali che compongono il fenomeno di
gruppo e
la enterprise law, il “controllo” è senz’altro quella che desta
l’attenzione privilegiata sia dei legislatori che dei giudici. Peraltro, nell’ambito
di fattispecie varie ed eterogenee del diritto processuale – tra cui la cosa
giudicata, le preclusioni, le fasi di discovery ed il cross-voting – le Corti hanno
quasi universalmente adottato la enterprise law basandosi esclusivamente sul
“controllo” 19.
Similmente, l’“abuso di controllo” idoneo a privare una società
controllata – o in generale qualsiasi subservient party – di un potere
decisionale è stato ritenuto sufficiente per l’applicazione della enterprise law
nelle giurisdizioni statali che accolgono il principio giurisprudenziale del
“piercing the veil”, di seguito approfondito20.
American Act Amendments del 1984, 98 Stat. 1767, 1792 (1984) – 29 U.S.C., par. 623h (2000) nonché il
Civil rights Act del 1991, 105 Stat. 1071, 1077 – 42 U.S.C., par. 2000e-1 (2000) – 42 U.S.C., par. 12112
(2000).
18
Per esempi internazionali dell’uso del concetto di “controllo” o dell’alternativa “influenza dominante”
si vedano: Aktiengesetz, 6 settembre 1965, BGB1.I par. 291 (Germania); Companies Act, 1989, c. 40,
par. 21(1) (Inghilterra); Corporations Act, 2001, parr. 46, 588V (Australia); Business Corporations Act,
R.S.C., ch. C-44, par. 2 (1985) (Canada); Bankruptcy and Insolvency Act, S.C, ch 27, S.C., ch 27 (1992)
(Canada). Si veda, infine, P. I. BLUMBERG, K. A. STRASSER, N. L. GEORGAKOPOULOS, E. J. GOUVIN,
Blumberg on corporate groups, cit., p. 182.03.
19
Id., parr. 182.03 (in generale), 37.01 (discovery), 39.01 (cosa giudicata), 44.01 (azioni derivative
multiple), 47.01 (cross voting).
20
Id., par. 12.02.
Nella maggior parte delle giurisdizioni, ad ogni modo, per
l’applicazione dei principi della enterprise non è sufficiente la prova di un
eccessivo utilizzo del “controllo” – l’abuso – ma serve altresì che venga
evidenziato lo stretto collegamento economico fra le attività delle società
coinvolte – la c.d. “collective conduction of an economically integrated
business”21.
Peraltro di là dal “controllo” e dall’integrazione economica tra le
società, vi sono quattro ulteriori elementi di riscontro22 per l’applicazione degli
enterprise principles: 1) unicità di nome commerciale, logo e piano di
marketing – la c.d. “common public persona”; 2) interdipendenza finanziaria
tale che la società “madre” partecipi nel finanziamento delle sussidiarie, che
non conseguono ricavi in maniera indipendente; 3) interdipendenza
amministrativa, per cui le sussidiarie sono prive di propri dipartimenti legali,
di auditing, fiscali, di pubbliche relazioni, sicurezza, pianificazione, ricerca e
sviluppo e si affidano al personale della capogruppo per tali adempimenti; 4)
trattamento unificato dei dipendenti – piani di stock option, pensionamento,
assistenza medica, benefici e privilegi vari, promozioni e spostamenti.
Sebbene la letteratura del “piercing the veil” – con particolare
riferimento a coloro che si soffermano sul profilo economico del principio
della responsabilità limitata – tenda a concentrarsi sulla scelta tra entity ed
enterprise principalmente nei contesti di responsabilità contrattuale o
aquiliana23, il nucleo centrale della disciplina dei gruppi di società è situato
altrove, principalmente nelle aree in cui la responsabilità finanziaria non è
coinvolta.
21
Il concetto di integrazione economica compare assieme al “controllo” nelle decisioni giudiziali che
hanno applicato i principi della enterprise doctrine così come altri concetti analogamente impiegati:
“strema of commerce”, “market exploitation”, “integrated enterprise”, “single business enterprise”,
“functional delegation” e “quasi agency”. Si veda Id., parr. 12.04, 16.02, 17.02, 28.04, 29.03, 30.01.
22
23
Si veda Id. par. 182.04.
Fra tutti R. POSNER, Economic analysis of law, 3° ed., 1986, par. 14.4; F. H. EASTERBROOK, D. R.
FISCHEL, Limited liability and the corporation, in Univ. Chicago Law Rev., 52, 1985, p. 89, laddove si
discute della possibilità dei creditori di superare il limite della responsabilità limitata per vedere
soddisfatte le proprie pretese; P. HALPERN, An economic analysis of limited liability in corporation law, in
Univ. Toronto Law Jour., 30, 1980, p. 117, laddove si analista la stessa ipotesi in contesti fallimentari; P.
I. BLUMBERG, Limited liability and corporate groups, in J. Corp. Law, 11, 1986, p. 573 con specifico
riferimento al fenomeno dei gruppi. Da ultimo si veda K. A. STRASSER, Piercing the veil in corporate
groups, in Connect. Law Rev., 37, 2005, p. 637.
In tali aree, fra cui la procedura e la giurisdizione in personam, la entity
law fa unicamente affidamento sul tradizionale concetto di origine
giurisprudenziale della separata ed individuale personalità giuridica della
corporation, senza che abbia ingresso il dogma della responsabilità limitata.
Laddove, invece, sia configurabile una responsabilità finanziaria, la
entity law prende in considerazione entrambi i richiamati “pilastri”: da un lato
la personalità giuridica, dall’altro la responsabilità limitata delle corporation,
tipicamente riconosciuta come elemento fondante della moderna economia.
Nelle questioni in cui è possibile riscontrare una concreta
responsabilità – a prescindere se essa derivi da legge, contratto o fatto illecito
– la entity law appare dunque sufficientemente “avvolgente” da scongiurare
l’applicazione dei principi della enterprise.
D’altronde, diversamente dalle “vecchie versioni” della entity law, la
nuova enterprise doctrine non è un dogma ad “applicazione necessaria” o
tantomeno “forzatamente sostitutivo”, applicabile trasversalmente a tutte le
fattispecie del diritto civile e commerciale. Anzi, la sua applicazione ad opera
delle Corti e finanche la sua eventuale previsione legislativa – a livello di
principi – sono sempre limitate alla fattispecie concretamente disciplinata.
D’altronde, le deroghe alla entity law sono previste limitatamente a queste
ipotesi24 ed essa rimane operativa come default doctrine in tutti gli altri casi.
Nelle aree in cui si ammette l’operatività di entrambe le dottrine, la
scelta è per lo più affidata a ragioni funzionali, affidando ai giudici il compito
di rilevare quali principi siano più in sintonia con gli obiettivi di politica
legislativa sottesi alla disciplina positiva di ciascun settore.
In sintesi, le ragioni eterogenee di una società complessa e di un
mercato globale rendono necessaria la possibilità di scegliere tra due diverse
impostazioni dogmatiche.
24
Un esempio di deroga operata dalle corti può essere individuato in Mesler v. Bragg Management Co.,
702 P.2d 601, 607 (1985). Per quanto riguarda l’aspetto legislativo si veda Inkeepers’ Telemanagement &
Equipment Group, Inc, 1994 U.S. Dist. LEXIS 16075. In generale si faccia riferimento a P. I. BLUMBERG,
K. A. STRASSER, N. L. GEORGAKOPOULOS, E. J. GOUVIN, Blumberg on corporate groups, cit., par. 14.01.
3. Il superamento della responsabilità limitata: la dottrina del
“piercing the veil”.
In genere, l’applicazione dei principi della enterprise in deroga alla
disciplina generale della entity law risponde alla necessità di proteggere i terzi
che entrino in contatto con l’impresa, fermo restando che nelle aree “coperte”
dagli statutes il ricorso alla disciplina speciale può genericamente giustificarsi
nell’ottica di perseguire la ratio delle norme coinvolte ed evitarne l’elusione.
Il concetto di “piercing (lifting) the corporate veil”, di primario rilievo
nella giurisprudenza commerciale statunitense, descrive una decisione
giudiziale in cui un socio o un amministratore di una corporation venga
ritenuto responsabile personalmente per debiti o altre obbligazioni – anche
risarcitorie – della società, in deroga al principio della responsabilità limitata.
Siffatta impostazione, formulata con i medesimi intenti antielusivi25
sopra accennati, quasi una safety valve dell’intero sistema corporate, si è
tuttavia rilevata spesso insufficiente ad arginare gli abusi più insidiosi. La
rigidità della sua formulazione e l’incertezza dei risultati hanno infatti spinto
un numero elevatissimo di procedimenti giurisdizionali verso lo stallo.
Peraltro, la piercing jurisprudence presso molte giurisdizioni statali è
col tempo divenuta assai contraddittoria.
Tradizionalmente, la piercing the veil doctrine essa si poggia su tre
distinti presupposti: la mancanza di indipendenza della sussidiaria; l’utilizzo
fraudolento, ingiusto o illegittimo della forma societaria; il nesso di causalità
con il danno subito dal plaintiff. In assenza anche solo di uno di questi
presupposti, la tendenza delle Corti è sempre stata di negare l’applicabilità del
piercing26.
Di là da ciò, questa formulazione “ three-factor” è risultata ricca di
indecisioni e problematiche applicative, sì ché alcune Corti – fra cui la Corte
25
Cfr. Perpetual Real estate Servs, Inc. v. Michaelson Props., Inc., 974 F 2d 545 (4th Circ. 1992); Baker
v. Raymond Int.l, Inc. 656 F 2d 173, 178 85th Circ. 1981).
26
P. I. BLUMBERG, K. A. STRASSER, N. L. GEORGAKOPOULOS, E. J. GOUVIN, Blumberg on corporate
groups, cit., par.11.01 (aspetti generali); parr. 59.02, 60.02 (responsabilità extracontrattuale) e parr. 68.02,
69.01 (responsabilità contrattuale).
di Appello del Secondo Circuito27 - l’hanno abbandonata in favore di una
ricostruzione di c.d. “single-factor piercing”28. Altre Corti hanno preferito,
dal canto loro, rimanere fedeli sul piano formale alla tradizionale formulazione
della piercing the veil doctrine, disattendendo però nella sostanza la
dimostrazione di tutti e tre i richiesti presupposti, anzi ritenendo sufficiente a
realizzare il piercing anche uno solo di essi qualora la sua prova sia piena ed
inequivocabile, arrivando addirittura, talvolta, a negare la qualificazione di
corporation in assenza di qualsivoglia indipendenza decisionale.
In sintesi, in assenza di un proprio concreto business objective in capo
alla sussidiaria29 o in generale ogni qual volta l’esercizio del controllo da parte
della parent corporation si riveli tanto intrusivo da privare in maniera
significativa la controllata di un proprio potere decisionale – come nei casi in
cui è la controllante ad effettuare in sostanza la gestione day-by-day della
controllata – il superamento della responsabilità limitata viene ormai
riconosciuto anche in assenza degli altri due presupposti tipici della dottrina
del piercing the veil30 . Coerentemente, in ipotesi in cui la corporation risulti
costituita o utilizzata con obiettivi fraudolenti, ingiusti o illegittimi, le Corti
intervengono in tutela della parte danneggiata – o dello Stato, si vi sia
violazione di uno statute – a prescindere dalla eventuale esistenza di un potere
decisionale indipendente in capo alla società31.
Nonostante queste “erosioni”, tuttavia, la tradizionale dottrina del c.d.
three-factor piercing rimane operativa nel diritto statunitense.
27
Si vedano, fra i numerosi esempi, Carte Blanche (Singapore) Pte., Ltd. v. Diners Club Int’l, Inc., 2 F.
3d 24 (2d Circ. 1993); William Passalacqua Builders, Inc. v. Resnick developers S., Inc., 933 F 2d 131
(2d Circ. 1991); nonché si faccia riferimento a P. I. BLUMBERG, K. A. STRASSER, N. L. GEORGAKOPOULOS,
E. J. GOUVIN, Blumberg on corporate groups, cit., par. 26.02.
28
Cfr. P. I. BLUMBERG, K. A. STRASSER, N. L. GEORGAKOPOULOS, E. J. GOUVIN, Blumberg on corporate
groups, cit., par. 12.01 (aspetti generali), parr. 26.01, 26.02 (giurisdizione), parr. 59.02, 60.01, 60.02
(responsabilità extracontrattuale), parr. 68.01, 69.01.
29
Si veda ID. par. 12.02 (B).
30
In generale, ID. par. 12.02 laddove si segnala l’unanimità delle Corti nell’applicare il piercing, “when
the exercise of the parent corporation’s controlling shareholder’s control goes to the extreme of making
day-to-day decisione for the subsidiary”.
31
Si veda ID. par. 12.03.
4. Altre possibili applicazioni della “law of corporate groups”.
La law of corporate groups non si limita a considerare i business
groups costituiti da una società madre e da sussidiarie. Volendo tacere della
forma societaria, i fattori determinanti della relazione che caratterizza
l’esercizio collettivo di impresa svolto da società affiliate possono essere
reperiti in altre forme di relazioni economiche che prevedono una istituzione
dominante e delle strutture subordinate, ad essa collegate32.
Anche altre forme di relationship sono, infatti, caratterizzate dalla
stessa connotazione di “controllo” – sebbene originato da un contratto
piuttosto che dal possesso di una quota di capitale – dalla conduzione
collettiva di un’attività d’impresa, dall’utilizzo di una common public persona,
dalla interdipendenza finanziaria ed amministrativa.
Fra le varie, possibili, paragonabili relazioni di “controllo”, il sistema
del franchising pare l’esempio emblematico del possibile parallelismo tra le
diverse fattispecie33: in questo settore il franchisor ed i franchisee svolgono
collettivamente un’attività di impresa integrata, sotto il controllo del primo e
nell’ambito della sua common public persona e del suo piano di marketing34.
Nel panorama nordamericano, peraltro, le Corti hanno azzardato un
siffatto parallelismo con riferimento a varie altre fattispecie: organizzazioni di
32
ID. parr. 160.01, 160.02.
33
Si veda generalmente ID. parr. 161.01, 170. 04.
34
Sotto molti punti di vista, il rapporto parent/subsidiary e quello franchisor/franchisee sembrano
sovrapponibili e funzionalmente intercambiabili. In un procedimento volto a valutare se la Corte di New
York avesse giurisdizione personale nei confronti dell’ Holiday Inn Inc. è stato rilevato che tale società
conduceva proprie operazioni nello stato attraverso sussidiarie e ben 37 alberghi gestiti da franchisee. Si
veda Vaughan v. Clumbia Sussex Corp., No. 91 Civ. 1629 (CSH), 1992 U.S. dist. LEXIS 820.
Similmente il World Financial Report delle Nazioni Unite contiene un riassunto delle operazioni delle
catene alberghiere svolte da sussidiarie, licenziatarie o franchisee. Dal Report emerge come il Gruppo
Hilton gestisca 17 alberghi attraverso sussidiarie e 50 attraverso franchisee o licenziatari. (U.N
CONFERENCE ON TRADE AND DEVELOPMENT, World Investment Report 2004, 106, Box tbl. III 2.1, U.N.
doc. UNCTAD/WIR/2004, U.N. Sales No. E.04.II.D.36 (2004). In maniera analoga, il gruppo Hertz
utilizza nelle proprie operazioni sussidiarie e franchisee. Si notino le differenze tra Hertz Int’l Ltd v.
Richardson, 317 So. 2d 824, 825, 826 (Fla Dist. Ct. App. 1975) e Dickson v. Hertz Corp., 559 F. Supp.
1169, 1171, 1176 (D.V.I. 1983).
health care e personale medico35, titolari di diritti e licenziatari36, parti di
contratti c.d. “a catena”37, comodatari che abbiano assunto un ruolo nella
gestione dell’impresa del comodante38, altri soggetto del panorama
“commerciale” – dagli artigiani ai distributori, ai venditori all’ingrosso, ai
retailer39. Altri esempi potrebbero essere individuati in alcune tipici istituti di
common law, fra cui il respondeat superior40, la inherent agency41 e la
successor liability42.
In un’ottica giurisprudenziale, in questi sviluppi della dottrina
nordamericana può ravvisarsi la volontà di ricondurre i diritti e gli obblighi
stabiliti dalla legge in capo alle corporation sulla base dello status e non del
contract43.
Oltre un secolo addietro, Sir Henry Maine aveva osservato che la storia
del diritto inglese avrebbe potuto essere riassunta come “movement from status
to contract”44. Ebbene, oggi ciò non pare più rispondere alla realtà dei fatti. La
crescente accettazione dei principi della enterprise e l’attribuzione intragruppo
di diritti e responsabilità in molti settori commerciali, dimostra che,
quantomeno nell’ambito delle relazioni commerciali, la legge si muove “from
contract back to status”45.
35
Cfr. P. I. BLUMBERG, K. A. STRASSER, N. L. GEORGAKOPOULOS, E. J. GOUVIN, Blumberg on corporate
groups, cit., parr. 171.01, 172.01-03-07-10-13-16.
36
ID. parr. 173.02-04-06-07.
37
ID. par. 173.01.
38
ID. par. 174.01-04-07.
39
ID. par. 30.09-10.
40
ID. par. 177.01-04.
41
ID. par. 178.04-07.
42
ID. par. 179.05-11
43
ID. par. 182.03.
44
Si veda R. POUND, The spirit of the common law, 1921, p. 12; ID. Jurisprudence, 1959, p. 210; I.
MACNEIL, The new social contract: an inquiry into modern contractual relations, 1980, p. 72; ID.,
Relational contract: what we do and do not know, in Wisc. Law. Rev., 1985, p. 483; L. GREEN, Relational
interests, in Ill. Law Rev., 29, 1934, p. 460.
L’adozione degli enterprise principles deve essere, dunque, considerata
la risposta del diritto nordamericano alla inadeguatezza che le tradizionali
dottrine hanno disvelato rispetto alle fattispecie più problematiche della
complessa società economica globale.
Non solo nel campo della corporation law, pertanto, ma anche in molte
altre aree del diritto, questa rivoluzione deve considerarsi determinante per lo
sviluppo e la modernizzazione della giurisprudenza delle società capitalistiche.
45
H. S. MAINE, Ancient Law: its connection with the early history of society, and its relation to modern
ideas, 2° ed. 1874, p. 164. Il richiamo è effettuato da P. I BLUMBERG, The transformation of modern
corporate law: the law of corporate groups, in Connect. Law Rev., 37, 2005, p. 614.