Laicità News luglio 2013

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Laicità News luglio 2013
laicità della
scuola news
Luglio 2013
[email protected]
Notiziario on line del Coordinamento per la
laicità della scuola aderente alla Consulta
Torinese per la Laicità delle Istituzioni, via
Avigliana 42, Torino. Redazione: Marco
Chiauzza, Grazia Dalla Valle, Daniel Noffke,
Jean-Jacques Peyronel, Cesare Pianciola,
Stefano Vitale.
Fanno parte del Coordinamento:
Associazione 31 Ottobre per una scuola laica e pluralista,
CEMEA Piemonte, CGD Piemonte, CIDI Torino,
COOGEN Torino, FNISM, Sezione di Torino "Frida Malan",
MCE Torino.
Portavoce del Coordinamento:
prof. Fulvio Gambotto (339 5435162)
__________________________________________________
(www.scuole.provincia.terni.it)
Editoriale
Dopo Bologna: lo Stato dov’è?
L’esperienza referendaria bolognese ha ulteriormente
chiarito i termini della questione: l’ingresso della scuola
privata nel sistema nazionale di istruzione risponde alle
dinamiche ben descritte da Gaetano Salvemini già all’inizio
del secolo scorso: “La politica scolastica del partito clericale
non può essere in Italia che una sola: deprimere la scuola
pubblica, non far nulla per migliorarla e più largamente
dotarla; favorire le scuole private confessionali con sussidi
pubblici, e con sedi d'esami, con pareggiamenti; rafforzata a
poco a poco la scuola privata confessionale e disorganizzata
la scuola pubblica, sopprimere al momento opportuno
questa e presentare come unica salvatrice della gioventù
quella. Programma terribilmente pericoloso perché non
richiede nessuno sforzo di lotta attenta ed attiva ma solo di
una tranquilla e costante inerzia, troppo comoda per i nostri
burocrati e per i nostri politicanti, troppo facile per
l'oligarchia opportunista che ci sgoverna.” (Che cosa è la
laicità (1907), in Scritti sulla scuola).
Appellandosi come un mantra al modello di sussidiarietà
orizzontale, alla libertà di scelta delle famiglie, al diritto dei
bambini di poter frequentare la scuola dell’infanzia
(ovviamente pubblica o privata), amministratori pubblici e
ministri dell’istruzione, alternatisi questi al Ministero
dell’Istruzione non più “Pubblica”, sostengono da tempo
l’essenzialità delle scuole private paritarie depositarie di un
servizio pubblico che consentirebbe anche ingenti risparmi
alle casse dello Stato. Quindi invece di intraprendere
battaglie di civiltà per promuovere diritti costituzionalmente
garantiti, preferiscono la “tranquilla e costante inerzia”
citata da Salvemini, approfittando da un lato della
confusione, di ruoli e di lessico, che discende dalla legge 62
del 2000, vero e proprio “raggiro” del dettato costituzionale,
e dall’altro della sedicente “necessità di contenimento della
spesa” vista la crisi, come se il problema del finanziamento
pubblico, diretto ed indiretto, alla scuola privata si
presentasse solo oggi e fosse risolvibile unicamente coi tagli
sul settore statale, fatto smentito dalla sentenza della Corte
dei Conti sulla delibera del Comune di Napoli in relazione
all’assunzione di 300 maestre per il mantenimento delle
scuole comunali.
Si rende quindi necessario fare chiarezza sia in merito al
rispetto dei requisiti di parità da parte delle scuole private
che sul percorso e sull’entità dei finanziamenti pubblici,
diretti e indiretti, chiedendo al Ministero e agli enti
competenti una trasparenza su dati che dovrebbero essere di
pubblico dominio, a partire dai bilanci delle singole scuole e
passando per la verifica dell’attivazione delle attività
alternative all’insegnamento della religione cattolica, che
dovrebbero essere garantite anche nelle scuole confessionali.
L’estensione dell’obbligo scolastico alla scuola
dell’infanzia rappresenta quindi una necessità non più
prorogabile, non essendo un “servizio prescolare” ma una
scuola a tutti gli effetti, cui i nostri bambini devono avere
libero accesso senza ostacoli dovuti al censo, al genere o
all’appartenenza religiosa, ma soprattutto “senza oneri per
lo stato”.
Silvana Ronco
(8/7/13)
***
In evidenza:
→ DA BOLOGNA:
ABBIAMO VINTO MA LE VITTORIE
COSTANO!
Organizzare e vincere il referendum di Bologna
ha richiesto un grande sforzo organizzativo ed
economico.
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Referendum Nuovo Comitato art. 33
Il Nuovo Comitato Articolo 33
Bologna, 3 luglio 2013
→ Il 29 giugno è morta a Trieste, a 91 anni,
Margherita Hack. Astronoma di fama
internazionale e grande divulgatrice, presidente
onoraria dell'UAAR, da sempre impegnata per
l'autodeterminazione degli individui e per la
laicità delle istituzioni, ha affidato il racconto
della propria vita all'autobiografia per parole e
immagini Il perché non lo so (Sperling e Kupfer,
2013).
Un articolo di Andrea Capocci su «il manifesto»
dell'1/7/2013:
http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN
/9639/
Margherita Hack ha contribuito con molti
articoli a «Libero Pensiero», rivista
dell'Associazione Nazionale del Libero Pensiero
“Giordano Bruno”, tra cui una bella riflessione
su scienza e libertà:
http://www.periodicoliberopensiero.it/pdf/period
ico-marzo-2012/hack.pdf
→ Giovedi 13 giugno 2013 il Parlamento
europeo ha adottato una Raccomandazione sulla
bozza delle linee guida dell’Unione europea
sulla promozione e la protezione della libertà di
religione o di convinzione predisposte dal
Servizio europeo per l’azione esterna. I
commenti della FHE.
http://www.italialaica.it/documenti/45795
→ Si è svolto ad Atene (il 7 e l’8 giugno scorsi)
l’Alter Summit, il convegno-manifestazione
organizzato da soggetti già partecipanti ai diversi
social forum europei con l’intenzione di
raccogliere e mantenere a confronto sindacati
dei lavoratori e movimenti sociali, anche nel
campo della scuola e dell'educazione. Da
leggere la rassegna di Pino Patroncini su La
scuola europea e la crisi:
http://ecolelerbadelvicino.wordpress.com/2013/0
6/21/la-scuola-europea-e-la-crisi/#more-37
→ I Precari per la laicità - Cobas hanno iniziato
alla fine di giugno un lavoro di monitoraggio
sulle attività alternative all’IRC a Roma e in
provincia.
Antonia Sani ha scritto al gruppo di lavoro
sull'argomento che ritiene positiva l’indagine
conoscitiva circa il rispetto del diritto degli
studenti che chiedono un’attività alternativa
all’IRC , ma che «non si può considerare
l’attività didattico-formativa la sola alternativa
all’irc , in definitiva una cattedra per il
personale precario. Questo finirebbe per rendere
accettabile l’IRC, che invece non si deve mai
smettere di contestare in quanto privilegio
inaccettabile di un insegnamento confessionale
all’interno dell’orario scolastico.
L’attività alternativa deve essere varata solo se
richiesta come riempitivo qualificato durante lo
svolgimento dell’IRC ( le alternative di pari
dignità sono anche lo studio individuale, nessuna
attività, l’uscita dall’edificio scolastico).
Solo entro questi limiti va prevista un’attività
alternativa all’IRC, che deve essere considerata
in tutto parallela all’IRC (giudizio e non voto,
non votazione allo scrutinio finale se
determinante, credito scolastico solo nella banda
di oscillazione...).
Non deve assolutamente prendere le sembianze
di una materia “come le altre” anche se
comporta nella graduatoria, in caso sia svolta
da personale precario, il pieno punteggio
annuale ed è regolarmente retribuita dal MEF
dopo la sentenza del Consiglio di Stato.
Il citato art.9 del Nuovo Concordato stabilisce
che la scelta dell’IRC non deve dar luogo ad
alcuna discriminazione.
Pertanto l’attività alternativa - per chi la sceglie
- non deve dar luogo ad alcuna discriminazione
rispetto a chi ha compiuto altre scelte circa il
modo di trascorrere quell’ora, né deve esercitare
forme di costrizione su chi desidera – appunto compiere altre scelte.
Si tratta di una sottile distinzione, ma ad essa è
legata la difesa della già tanto violata laicità
della scuola. Ad es. il docente precario che si
propone con un programma dovrebbe sempre
premettere “ nel caso in cui ci siano alunn* che
scelgono un’attività alternativa didatticoformativa e nessun docente della scuola si
proponga per svolgerla nell’anno in corso…” in
modo da far ben capire che non si intende venga
instaurata un’unica attività alternativa per tutti
coloro che non seguono l’IRC, ma
semplicemente rispondere a una libera legittima
richiesta di una parte di essi».
→ È in edicola il nuovo almanacco di
MicroMega dedicato all’ateismo.
Contiene, tra l’altro: Daniel C. Dennett –
Ateismo ed evoluzione (perché non abbiamo più
bisogno di Dio); Giorgio Vallortigara e Vittorio
Girotto – Perché crediamo? Le basi biologiche
del sovrannaturale; Carlo Augusto Viano –
L’ateismo nella storia della filosofia; Olga
Lizzini e Samuela Pagani – L’ateismo nel mondo
islamico. Presentazione e sommario:
http://temi.repubblica.it/micromegaonline/micromega-52013-%E2%80%9Cateo-ebello-almanacco-di-libero-pensiero
%E2%80%9D-da-giovedi-27-giugno-in-edicolae-su-ipad/
→ Michele Martelli, Il laico impertinente.
Laicità e democrazia nella crisi italiana,
Manifestolibri, Roma 2013, pp. 171, € 18,00
In una serie di interventi, alcuni dei quali apparsi
sulla rivista «MicroMega», l'autore - che ha
scritto saggi sul pensiero di Nietzsche, di
Gramsci, e sulla filosofia del Novecento affronta con polemica "impertinenza" tutti i nodi
irrisolti della mancata laicità dello Stato italiano,
dalla bioetica alle leggi sulla fecondazione
assistita, dalla negazione dei diritti degli
omosessuali alle discriminazioni religiose, dalla
laicità della scuola alla questione dei simboli
religiosi.
http://www.michelemartelli.blogspot.it/
→ Ricordiamo ancora che è uscito presso la
Claudiana il n. 9 dei «Quaderni Laici» su Le
materie invisibili. Per una didattica laica.
Perché la rivista possa continuare a uscire
ABBONATEVI A «QUADERNI LAICI»!
http://www.centrostudicalamandrei.it/
***
Il libro
Vita Cosentino, Tam tam,
Edizioni nottetempo
(www.edizioninottetempo.it), Roma 2013,
prefazione di Luisa Muraro, pp. 108, € 7,00
«Una “lei” protagonista, una donna in carne
e ossa, viene colta di sorpresa e atterrata da
un avversario invisibile; costui, potente e
impersonale, assestato il primo colpo, non
colpisce piú ma resta sul posto,
sensibilmente presente negli effetti del
colpo assestato e nell’impossibilità della
scienza medica di escludere che possa
rifarlo», scrive Luisa Muraro nella Nota di
prefazione al mémoire della sua e nostra
amica Vita Cosentino. E ancora «Il valore
inestimabile di Tam tam è che ci fa
conoscere la condizione umana in una
versione modificata nel suo stesso impianto,
compreso dunque l’attaccamento alla vita
come anche l’esposizione alla morte».
Ora è “lei” che scrive: «Lei no, non ha fretta
di uscire. Non deve correre, anzi a stento
riesce a camminare. Lei ogni mattina ha una
quantità di tempo davanti, troppo da
quando non è piú in salute. È un tempo
scandito dai rituali della malattia, tempo di
azioni ripetute sempre uguali, tempo
schiacciato sul presente, tempo vuoto».
Scrive in terza persona l’autrice, «come
insegnano nelle scuole di scrittura per
aiutare a distaccarsi da sé» (Luisa Muraro),
ma in ogni pagina c’è con tutta se stessa,
con la sua energia, con il suo tenace e sano
desiderio di condurre «una vita che non sia
mera sopravvivenza».
Quello di Vita Cosentino è il racconto della
quotidianità iniziato a un anno dalla
diagnosi di paraplegia, della sua vita
improvvisamente
cambiata,
ma
nuovamente piena di vita. È il diario della
sua resistente determinazione: «Stretta tra
due concezioni: la vita rimandata al futuro,
la vita rassegnata alla disgrazia, mi sono
trovata a pensare che non potevo aderire né
a l’una, né all’altra. Dentro di me urgeva fin
dall’inizio un’altra concezione: quella era
tutta la vita che avevo in quel momento e
volevo viverla con tutto il godimento che mi
era possibile in quella situazione». Tam
Tam è un libro vitale, anche se il pensiero
della morte c’è: «Quell’ala nera che l’ha
sfiorata, marchiandola, le è sempre accanto
e lei non può sfuggirle».
Tam Tam è anche la narrazione del valore
delle relazioni: «[…] questa violenta
interruzione le ha fatto toccare con mano
quanto tengono a lei. Proprio a lei che è
stata sempre cosí insicura sugli affetti, che
si è sentita sempre cosí sola. È talmente
felice di sentirsi amata […]». Degli affetti
familiari: «Un grazie speciale, però, va a
mio marito che mi è sempre accanto,
sobbarcandosi il maggior peso di questa
difficile fase della nostra vita.»; «Quando
scorre le foto, tornano e ritornano quelle di
suo figlio e della sua compagna. Vede poco
anche loro, perché lui lavora a Parigi e lei a
Pavia. Il figlio le telefona quasi tutte le sere
per sentire come va»; «Da quando si è
ammalata ogni sera la sorella la chiama per
farle un po’ di coraggio. Anche se parlano
solo del tempo come due perfette donne
inglesi, lo scopo della telefonata va a buon
fine: sa che la pensa.»; «Zia, ascoltami, se
non trovate proprio niente, veniamo tutti a
Sesto San Giovanni a fare le vacanze. Ma
insieme, staremo insieme!». Dell’intensità e
dell’importanza delle amicizie, antiche e
nuove, di chi viene da vicino e di chi viene
da lontano, da Bologna, da Barcellona, da
Verona…,nell’accompagnamento quotidiano
per reimparare azioni abituali − come
vestirsi, lavarsi, cucinare, andare al cinema,
a una mostra, andare in vacanza,
partecipare alla redazione di una rivista
[n.d.r. Via Dogana], a una discussione in
Libreria (da oltre trent’anni Vita Cosentino
fa parte del collettivo della Libreria delle
Donne di Milano) − e nell’apprezzare i
piccoli grandi piaceri che condivisi sono
ancora più gradevoli: «Al lunedì viene la sua
amica maestra […]. Al martedì viene l’amica
bionda […]. Al mercoledì viene l’amica
speciale […]. Al giovedì viene l’amica
ritrovata dopo tanti anni[…]. Al venerdì
viene l’amica che più buona di lei non ce n’è
[…].».
Grazie Vita per il tuo Gracias a la vida.
Celeste Grossi
http://ecolelibri.wordpress.com/2013/03/20/tamtam/#more-131
***
Il film: To be or not to be (Vogliamo vivere)
REGIA: Ernst Lubitsch
SCENEGGIATURA: Edwin Justus Mayer
ATTORI: Carole Lombard, Jack Benny, Robert
Stack, Felix Bressart, Lionel Arwill, Stanley
Ridges, Tom Dugan
FOTOGRAFIA: Rudolph Maté
MONTAGGIO: Dorothy Spencer
MUSICHE: Werner R. Heymann
PRODUZIONE: Alexander Korda
DISTRIBUZIONE: Teodora Film
USA 1942 - 99 min. - B/N
In occasione del ritorno sugli schermi del “classico”
restaurato di Ernst Lubitsch, proponiamo la recensione
di Gianfranco Cercone, redattore della rivista
«Cinemasessanta» e collaboratore di Radio Radicale.
Jean-Luc Godard ha osservato una volta che,
parlando di film “classici”, si usa l’espressione
un vecchio film, mentre parlando di un quadro di
Tiziano o di un romanzo di Dostojevskij, a
nessuno verrebbe forse mai in mente di dire un
vecchio quadro o un vecchio romanzo. Ciò
perché il film – più di qualunque altro tipo di
opera d’arte, forse – ha il destino dei prodotti
industriali, destinati a essere rimpiazzati da
nuovi prodotti (anche se sembra che però ormai
anche il libro si sia incamminato su questa
china).
Comunque, i “vecchi” film sono riproposti
ormai di rado anche in televisione, quasi mai sui
grandi schermi dei cinema, almeno in Italia. È
dunque un evento raro e felice, quello per cui
una casa di distribuzione, la Teodora, ha rimesso
in circolazione nei cinema la copia restaurata di
una celebre commedia americana del 1942: “To
be or not to be” (titolo italiano: “Vogliamo
vivere”), diretta da quel maestro del cinema, e in
particolare della commedia, che fu l’ebreo
tedesco, espatriato in America, Ernst Lubitsch.
Rivedendo il suo film in una delle sale dove
abitualmente si proiettano film nuovi, in una
copia, che, essendo restaurata, è priva dei segni
dell’usura del tempo, perdendosi nell’intrigo,
che per essere divertente non è per questo meno
avvincente, si ha la sensazione di potersi
immedesimare negli spettatori dell’epoca. Il film
fu proiettato in piena Seconda guerra mondiale.
L’esito del conflitto era evidentemente ancora
incerto, e questa angosciosa incertezza è come
riassunta nel titolo: “To be or not to be”.
Nella commedia è profusa la bravura degli
attori, insieme a un dialogo brillante e a un
incastro impeccabile di equivoci e di colpi di
scena: un sontuoso banchetto artistico, che ha lo
scopo di divertire, ma apparecchiato con un
affanno che non si riesce, e forse non si vuole,
camuffare. La storia si svolge nel 1939, al tempo
dell’invasione nazista della Polonia e narra di
una compagnia di attori di Varsavia, chiamati a
mobilitare tutte le risorse del proprio ingegno e
del proprio mestiere, per neutralizzare una spia
nazista che rischia seriamente di debellare la
resistenza polacca. Il corso della Storia, per i
personaggi come per l’autore del film, è ancora
sconosciuto, e dunque niente e nessuno può
garantire loro se, in quella contesa storica,
prevarranno alla fine i tedeschi o i polacchi.
Certo, si ride di Hitler, dell’idiozia criminale dei
suoi generali e della devozione mistica dei
sottoposti: ma per esorcizzare lo spavento che
suscitano.
Tante le scene del film realizzate con maestria.
Ma ce n’è forse una più incisiva di tutte.
Nel più grande teatro di Varsavia, dove Hitler in
persona assiste da un palco alla rappresentazione
di un dramma, gli attori, per poter fuggire,
organizzano un falso attentato contro di lui. Il
falso attentatore, che per la riuscita del piano
deve essere scoperto, è un attore secondario che
ha sempre sognato di interpretare il ruolo di
Shylock, il protagonista ebreo del “Mercante di
Venezia” di Shakespeare. Ebbene, acciuffato dai
soldati nazisti, richiesto delle sue motivazioni,
può coronare il proprio sogno artistico recitando
la più famosa battuta di Shylock. quella per cui,
come a nome di tutti gli ebrei, chiede: “Un ebreo
non sente caldo o freddo nelle stesse estati e
inverni allo stesso modo di un cristiano? Se ci
ferite noi non sanguiniamo? Se ci solleticate,
non ridiamo? Se ci avvelenate non moriamo?”.
Il contesto è in parte burlesco. Ma proprio per
questo la battuta di Shakespeare spicca con più
gravità. È un appello alla fraternità tra gli
uomini, contro ogni oltraggio alla dignità degli
individui (degli ebrei, come di ogni altro
oppresso). Con la forza di un grido, anche senza
averne il tono, giunge dal teatro del passato e si
rivolge, attraverso lo schermo di un cinema, agli
spettatori del 1942, a quelli di oggi e a quelli del
futuro: perché è un messaggio che resterà
eternamente attuale.
Gianfranco Cercone
http://notizie.radicali.it/articolo/2013-0611/editoriale/be-or-not-be-vogliamo-vivere-diernest-lubitsch-un-vecchio-film
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Como n. 1/2001 del 10 gennaio 2001, direttrice
responsabile Celeste Grossi.
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