conservazione ed evoluzione - Classe delle Lauree in Scienze
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CONSERVAZIONE ED EVOLUZIONE IL PROCESSO DI ESTINZIONE Che cos'è l'estinzione? pratiche e pedagogiche. Primo, esse forniscono una prospettiva sull'estinzione ai non specialisti. Secondo, la nostra classificazione sottolinea gli impatti umani sui tassi di estinzione. Terzo, la nostra classificazione sottolinea il ruolo dell'isolamento nell'estinzione, un punto che spesso è ignorato. La classificazione è la seguente: L'estinzione è il fallimento di una specie o una popolazione nel mantenere se stessa attraverso la riproduzione. L'estinzione avviene quando l'ultimo individuo è morto o, meno drasticamente, quando i rimanenti individui sono incapaci di riprodurre prole fertile o vitale. Queste definizioni di estinzione sono semplici e non ambigue, ma sono anche ininteressanti. Questo perchè esse si focalizzano sull' evento dell' estinzione piuttosto che sulla sua storia. E' più euristico pensare all'estinzione come un processo piuttosto che ad un evento. Una analogia aiuterà a spiegare ciò. La morte è un evento, ma l'invecchiamento è un processo e, proprio come il processo di invecchiamento o di scenescenza può essere considerato iniziare al momento del concepimento (almeno per gli animali superiori), così il processo di estinzione può iniziare quando una specie nascente diventa riproduttivamente isolata dalle specie sorelle. Se la vita di un individuo è, in parte, il processo di diventare sempre più vicino alla morte, allora, per analogia, le specie possono soffrire lentamente una erosione di fitness (idoneità) che conduce infine alla rarità e all'estinzione. Vedendo l'estinzione come un processo biologico, si è prontamente condotti verso un fondamentale e onnipresente punto concettuale dicotomico: la separazione tra casualità e determinismo. Nella maggior parte dei fenomeni biologici, entrambi i tipi di processi interagiscono. In questo capitolo tratteremo a parte gli elementi stocastici e la rassegna di forze deterministiche che contribuiscono all'estinzione. Fattori che estinzione contribuiscono 1. Fattori Biotici (a) competizione (b) predazione (c) parassitismo e malattie 2. Isolamento 3. Alterazioni dell'Habitat (a) lenti cambi geologici (b) clima (c) catastrofi (d) uomo Occorre ricordare che questo schema ha poco o nessun significato in se stesso, piuttosto esso è un modo conveniente di ordinare la nostra discussione di questo interessante fenomeno. 1. Fattori biotici (a) Competizione. Il primo fattore biotico è la competizione. La competizione tra due popolazioni avviene quando gli individui utilizzano una risorsa comune e, all' aumento del numero di una popolazione diminuisce la fitness (tasso di crescita, taglia della popolazione) dell'altra. Attualmente è d'uso comune dividere la competizione in due tipi: (1) competizione di utilizzazione dove entrambe le popolazioni stanno usando la stessa risorsa (cibo, riparo), ma che altrimenti non interagirebbero, e (2) competizione di interferenza dove una popolazione ostacola un'altra popolazione avvelenando, assalendo, o uccidendo e mangiando il competitore. La territorialità è un'espressione comune di interferenza; così è l'allelopatia. Raramente, se mai, la competizione da sola è causa di estinzione, almeno sui continenti, e la letteratura sull'invasione contiene sorprendentemente pochi esempi. La formica alla Le classificazioni sono spesso costruzioni arbitrarie divergenti più o meno dalla realtà (come la classificazione dei fattori ecologici a seconda che essi siano biotici o abiotici). Tuttavia indulgiamo per le seguenti ragioni 1 del fuoco argentina (Iridomyrmex humilis ) scacciò praticamente tutte le specie di formiche nord americane dalle sue traiettorie durante la sua invasione del Nord America, ma per quanto si sa, nessuna specie nativa si è estinta. Lo storno europeo ha scacciato i nativi uccelli canori americani dai dintorni delle città, ma nessuna specie di uccelli canori si è di conseguenza estinta. Alcuni autori hanno notato che nonostante lo scoiattolo grigio americano (Sciurus carolinensis ) abbia rimpiazzato il nativo scoiattolo rosso (Sciurus vulgaris ) in molte parti a sud dell'Inghilterra, quest'ultimo persiste in molte regioni. Questi esempi illustrano il punto ampiamente conosciuto : " a meno che una specie sia uniformemente superiore ad un'altra in ogni habitat, essa non sterminerà l'altra completamente. L'effetto usuale della introduzione di un competitore è quello di restringere ma non di eliminare le specie precedenti" (MacArthur, 1972). Ci si dovrebbe aspettare che le isole offrano molti esempi di estinzione dovuta alla competizione. In verità diversi autori hanno descritto modelli di distribuzione a mosaico di specie ecologicamente simili sulle piccole isole. Tali modelli suggeriscono certamente l'impossibilità di coesistenza a lungo termine di specie ecologicamente analoghe dove le dimensioni dell'isola siano al di sotto di una determinata soglia. Per esempio, Wilson (1961) menziona la distribuzione a mosaico di specie di formiche sulle piccole isole della Melanesia e Polinesia. Altri autori hanno osservato che le lucertole del genere Uta, Urosaurus, e Sator non coesistono sulle piccole isole; altri ancora hanno descritto la distribuzione a 'scacchiera' di specie strettamente legate di uccelli negli arcipelaghi. Due forme di competizione possono essere stimate per questi modelli di distribuzione a mosaico: (1) la specie 'esclusa' coesisteva nel passato con la specie sopravvissuta, ma venne alla fine estirpata a causa (almeno in parte) del vantaggio competitivo della specie sopravvissuta; (2) la specie 'esclusa' non fu mai capace di stabilire un punto d'appoggio per la colonizzazione perchè l'isola era già occupata dal competitore putativo. Queste due possibilità segnano ovviamente il termine di una 'esclusione competitiva continua'. Più specie possono essere radunate insieme sulle grandi isole. Ciò viene ben descritto dalla ben conosciuta relazione speciearea.Wilson (1961), per esempio, sottolinea che la coesistenza di specie di formiche competitrici è la regola nelle isole leggermente più grandi di quelle in cui si stabiliscono modelli a mosaico. La coesistenza di più specie su grandi masse di territorio è, in parte, spiegato dall'aumento della diversità di habitat che si ha all'aumentare delle dimensioni dell'isola. Tuttavia, la diversità di habitat è appena un fattore. Con ogni probabilità, l'area di per sè facilita la coesistenza dei competitori. Tant'è che sulle piccole isole l'eliminazione di un appezzamento è equivalente all'estinzione della specie, mentre sulle grandi isole dove la specie è distribuita a chiazze, l'estinzione richiede la simultanea eliminazione di tutti gli appezzamenti. Assumendo la validità del principio che il tempo corre per quelle estinzioni che sono spinte dall'aumento della competizione con la taglia dell'isola, non sorprende che non vi siano esempi continentali documentati di estinzione competitiva nella storia recente. Forse il Dingo, un cane introdotto dagli aborigeni australiani, ha causato l'estinzione della volpe di Tasmania (T h y l a c i n u s cyanocephalus ) nell'Australia centrale sebbene possa essere stata sottoposta ad un'ampia contrazione dovuta già ai cambi climatici. E' chiaro che i mammiferi del Nord America hanno causato l'estinzione di molti loro equivalenti del Sud America durante il grande interscambio faunistico che iniziò durante il Pliocene circa quattro milioni di anni fa (Fig. 2.1). Ma ancora, stiamo imbattendoci nella di fatto assenza di evidenza diretta di un decisivo ruolo della competizione nell'estinzione. La persistenza del ratto Hawaiano (Rattus hawaiiensis ) di fianco ai notoriamente aggressivi ratti Norvegico e nero, testimonia la tenacità delle specie di fronte alla competizione. Le informazioni disponibili sembrano supportare la premessa che l'estirpazione, attraverso la competizione, di una specie affermata in un continente è un processo molto lento. Dopo aver fatto ricerche nella letteratura scientifica disponibile, abbiamo concluso che attraverso la storia registrata dell'introduzione umana di piante e animali, non c'è, con la possibile eccezione dell'Australia, nessun singolo chiaro caso di estinzione di una specie indigena dovuto alla 2 2.0 3 20 3 14 5 Tempo 12 4 10 di interscambio 1 AUTOCTONI 1.0 Sud America 11 IMMIGRATI 0.5 Presenti milioni di anni prima Ungulati del Ungulati del Nord America 13 9 Fig. 2.1. Rapido turnover di generi di ungulati nel Sud America durante l'interscambio faunistico avvenuto tra 4 e 1 milione di anni fa. I numeri nei rettandoli rappresentano il numero di generi (da Webb, 1976). competizione con una specie introdotta su un continente o in un dominio geografico. Forse questo è perchè la competizione agisce sui continenti in un mondo riccamente diverso e fluttuante. Di fronte ad una intensa competizione, una specie inferiore si ritira in appezzamenti di habitat dove ha un margine competitivo e può aggrapparsi all'esistenza. Più grande è l'area e più probabilità vi saranno che tale rifugio esista nel mosaico di habitat. In conclusione, la competizione può ridurre la densità e il range geografico di una specie, ma tranne che per casi estremi (come sulle isole o quando eventi geologici o l'uomo affrettano uno scontro tra biota altamente convergenti ma ineguali) la competizione è appena uno tra i diversi fili della corda estinzione. dentro una semplice provetta, D. nasutum mangiava P. caudatum sino all'ultimo individuo. D'altro canto, quando una provetta conteneva sedimento in cui i Parameci potevano rifugiarsi, tutti i Didinium morivano di fame prima che le loro prede fossero sterminate. (Questi risultati imitano quello che accade sulle isole o in appezzamenti isolati di habitat). In un ulteriore elaborazione di questi esperimenti, Luckinbill (1973) ottenne una coesistenza più lunga tra Paramecium e Didinium aggiungendo al sistema un groviglio di fibre microscopiche, stabilendo quindi, un tipo di gioco ecologico del gatto e del topo. La cosa importante per l'esistenza è che ci sia eterogeneità spaziale che comporti sia nascondigli per la preda e sufficiente spazio per permettere il semi-isolamento tra appezzamenti di habitat favorevole. Un'altra ragione per cui i predatori generalmente non annientano le loro prede, è il fenomeno chiamato 'alternanza di prede'. Un predatore che caccia esclusivamente una specie rara può facilmente morire di fame. Ciò che potremmo aspettarci di osservare e che è infatti tipicamente osservato, è che i predatori predano su specie relativamente comuni e che si spostano su altre specie quando la preda originaria diventa rara oppure una preda alternativa diventa molto abbondante. Nei vertebrati, il meccanismo fondamentale di alternanza di prede è la formazione di un 'cerca immagine' (Tinbergen, 1960). Sebbene possiamo essere non consapevolmente consci di un oggetto, è molto più facile trovarlo se abbiamo (b) P r e d a z i o n e : Escludendo l'isola continente Australia, non ci sono casi, nella recente storia, di estinzione di vertebrati sui continenti attribuibili alla predazione di animali oltre l'uomo. La predazione, infatti, sembra essere sempre meno efficace della competizione nel causare l'estinzione. Le ragioni di ciò sono ben conosciute. Forse la ragione più importante è l'eterogeneità ambientale e i fattori legati alle dimensioni dell'ambiente. Gause (1934) fu uno dei primi a dimostrare questi principi. Egli sviluppò un semplice sistema predapredatore in laboratorio con Paramecium caudatum come preda e un altro protozoo ciliato, Didinium nasutum, come predatore. Quando entrambe le specie erano introdotte 3 un'immagine nella nostra mente di come è fatto. Vale a dire, è più facile trovare una rana nell'erba quando siamo chiamati a cercare una rana, che trovare una rana quando siamo chiamati a cercare solo un animale. Per i predatori il 'cerca immagini' si sviluppa quando un'importante informazione diventa abbastanza comune da meritare l'attenzione. Inoltre, le immagini si affievoliscono quando l'informazione diventa così scarsa che il costo della sua ricerca supera i benefici. Così è improbabile che la predazione da sola provochi l'estinzione se il predatore ha specie alternative da predare e la preda ha la capacità di disperdersi nell'ambiente. Oltre all'alternanza di prede e alla complessità dell'habitat, c'è un altro meccanismo che è stato suggerito per spiegare la coesistenza dei predatori e delle prede. Questo è l'idea di predatore 'prudente' (Slobodkin, 1968). Una saggia e altamente organizzata popolazione di predatori dovrebbe scegliere di massimizzare la produzione di prede scartando quegli individui con il più basso tasso di crescita e il minimo potenziale di riproduzione. Una tale strategia del 'raccolto ottimale' dovrebbe funzionere solo se nessuno dei predatori 'imbroglia' predando sulle relativamente meno esperte, e più succulenti, giovani prede, e se non ci sono altre specie di predatori meno prudenti che utilizzano la stessa preda. Vista in questa ottica, quella di essere 'prudente' è una forma illuminata di autointeresse tendente all'altruismo. Vale a dire, invece di impegnarsi in una disorganizzata zuffa per la preda, i predatori prudenti esigono un considerevole freno, un 'freno' che sarebbe nato solo dalla selezione naturale, tendente ad incrementare la fitness evolutiva a lungo termine del predatore, piuttosto che dall' immediato appagamento degli appetiti. Un tale complesso comportamento potrebbe evolvere attraverso la selezione di gruppo o di stirpe, tuttavia altre spiegazioni della sopravvivenza della preda sono disponibili. La preda può evolvere mezzi per impedire di essere mangiata, e l'evoluzione di mezzi per sfuggire al predatore è una delle spiegazioni più semplici di coesistenza di preda-predatore che è anche l'evoluzione della prudenza del predatore. La lista di tali adattamenti autoprotettivi legati alla predazione è lunga e molti libri sono stati scritti su singoli particolari. Questa comprende la colorazione protettiva e i comportamenti mimetici, mimetismo, sgradevolezza, veleni e polimorfismo apostatico. Come è stato sottolineato da Fisher (1958), la natura è una gara tra gatto e topo; vale a dire, più un particolare predatore fa pressione su una popolazione preda, più è probabile che la preda evolva alcuni mezzi per sfuggire al predatore. Perciò, almeno in teoria, riteniamo improbabile che i predatori estirpino le loro prede, eccetto localmente in habitat a zone. La statistica sulle recenti estinzioni conferma queste conclusioni; solo sulle isole la predazione è una causa diretta e immediata di estinzione. Ziswiler (1967) lista le cause di estinzione di specie e razze di uccelli e mammiferi scomparse negli ultimi 300 anni. Delle approssimativamente 67 specie estinte, la predazione è il fattore principale in 25 casi. Tutte queste forme erano insulari eccetto 4 specie di marsupiali australiani: un topo gigante, 2 canguri ratto e un wallaby (piccolo canguro); i predatori responsabili erano specie introdotte di volpi e gatti domestici inselvatichiti (sebbene la distruzione degli habitat da parte dell'uomo e delle pecore sia stato un importante fattore contributivo). Questi esempi australiani possono essere l'eccezione che conferma la regola, che è quella che raramente il predatore è la causa diretta dell'estinzione delle prede sui continenti. Perchè la predazione sia efficace, la preda deve essere inusualmente vulnerabile a causa di habitat limitato e omogeneo (isole) o a causa di lungo isolamento da forme comportamentalmente differenti, come nel caso dei mammiferi australiani. Se la predazione è stata in qualche caso la causa più vicina di estinzione su grandi aree continentali, è probabile in questo caso che uno o una combinazione di altri fattori abbiano ridotto talmente la dispersione della specie a livello essenzialmente insulare, e che la predazione abbia poi eliminato meramente l'ultima zona. D'altro canto, la lotta per l'esistenza di una specie preda è esacerbata dalla pressione del predatore, e la predazione può essere considerata tra i principali fattori che contribuiscono al processo di estinzione. In virtù della sua intelligenza, vigore e organizzazione sociale, l'uomo è il supercacciatore. Nessun altro predatore è stato mai in grado di contrastare la sua formidabile e terrificante capacità di catturare e uccidere. Le due regole della predazione date nella precedente sezione sono violate dall'uomo. Primo, l'eterogeneità ambientale non confonde il cacciatore tribale determinato; 4 l'uomo ignora i confini dell'habitat e le barriere geografiche come nessun altro predatore. Secondo, la scarsità di una particolare preda non elimina la sua motivazione perchè l'uomo caccia per prestigio così come per il cibo. Abbattere un animale raro o inusuale è spesso uno status symbol. Inoltre, il valore economico e sociale che la cultura umana ripone sulle cose utili è spesso inversamente proporzionale alla loro abbondanza. Tristemente, vi sono molti esempi di caccia umana che hanno portato le specie all'estinzione o sull'orlo dell'estinzione. "Lo sterminio di grandi animali gregari come il quagga (Equus quagga ) e la zebra di Burchell ha seguito probabilmente un tale andamento. Una volta stabilitisi in Sud Africa i contadini boeri sparavano ad ogni animale che veniva a tiro della loro carabina, e non è difficile immaginare che queste specie furono annientate fino all'ultimo individuo" (Ziswiler, 1967). A questi, può essere aggiunta una lunga lista di animali incluso il cavallo selvatico della Mongolia (Equus przewalskii ), il piccione viaggiatore (Ectopistes migratorius ), molti mammiferi marini, la grande alca (Alca impennis ), il parrocchetto della Carolina (Conuropsis carolinensis ), il dodo (Raphus cuculatus ) e il bisonte del Caucaso (Bison bonasus caucasicus ) per menzionarne solo alcuni. Per la maggior parte delle specie sopra citate, la competizione umana per l'habitat può essere stata l'ultima causa della loro morte. Le armi da fuoco sono state il mezzo scelto per questi recentissimi stermini. C'è un considerevole dibattito, comunque, sul fatto se i primitivi uomini con armi primitive potessero avere la capacità di causare le cataclismiche estinzioni di grandi mammiferi che sono avvenute in gran parte del mondo nell'intervallo tra 15 e 5 mila anni fa. La rapidità con cui 30 generi scomparsero in Nord America fa certamente pensare ad un 'violento attacco preistorico' condotto sulla megafauna autoctona dai primi uomini arrivati dall'Asia. Alcuni autori preferiscono attribuire la massiccia estinzione ad un rapido deterioramento del clima alla fine dell'ultima glaciazione, sebbene nessuna di tali drammatiche estinzione avvenne alla fine delle prime glaciazioni del Pleistocene. principale specie ospite, si stabiliscono le condizioni che possono causare la sua stessa estinzione. A priori, perciò, è improbabile che le malattie possano essere il fattore principale dell'estinzione, almeno in condizioni normali. Le malattie e la predazione sono, a questo riguardo analoghe, richiedono entrambe la vitalità della loro specie coabitante. Un corollario di questo principio è, nella terminologia di Van der Plank (1975), il 'bilancio endemico'. La malattia è presente continuamente ma la sua virulenza è relativamente bassa. Questa situazione emerge chiaramente in modo graduale attraverso un processo coevolutivo durante il quale l'ospite diventa resistente alla malattia e l'agente patogeno diventa meno virulento. Uno dei più noti esempi conosciuti è l'introduzione del virus mixosoma in Australia allo scopo di controllare la popolazione di conigli. A seguito delle drammatiche morti che avvennero durante i primi stadi della campagna, i conigli sopravvissuti furono quelli con una relativamente alta resistenza genetica al virus e i ceppi di virus che tesero a persistere in natura furono quelli che nei conigli in laboratorio producevano i sintomi meno acuti. Mentre la malattia è ancora una cosa seria per i conigli, il sistema si è mosso chiaramente verso un mutuo accomodamento o bilancio genetico. Da questi principi possiamo dedurre che le epidemie sarebbero estremamente rare a meno che non venga perturbata la stabilità del bilancio ecologico. Revisionando l'impatto delle malattie sulla genetica e l'evoluzione delle piante, Harlan (1976) ha rimarcato che 'l'uomo è la causa diretta o indiretta di molti (se non tutti) gli squilibri epidemici di cui siamo a conoscenza'. Nel suo review Harlan evidenzia che le epidemie nelle piante avvengono generalmente quando (a) un ospite suscettibile è introdotto da una regione libera dalla malattia in una regione dove la malattia è indigena (la ruggine del pero e del melo americani, il Dothistroma che provoca la ruggine degli aghi nei pini), o (b) quando la malattia è introdotta in una regione anteriormente libera dalla malattia (p. es., le bolle di ruggine del pino bianco, la malattia degli olmi, la ruggine del castagno). Le stesse generalizzazioni si applicano esattamente agli animali, incluso l'uomo. Le Tripanosomiasi escludono ancora il bestiame da molte parti dell'Africa, gli europei sono stati ripetutamente decimati dalle epidemie tropicali fino alla scoperta del chinino e (c) Parassitismo e malattie: In termini di estrema fitness, un ceppo virulento è scarsamente adattato. Uccidendo o debilitando una grande frazione della sua 5 all'invenzione di vaccini contro le malattie come la febbre gialla. Vi sono anche numerosi esempi della categoria (b); le malattie endemiche europee portate ai tropici da mercanti, coloni e avventurieri, sono state altamente virulente per gli aborigeni. Intere tribù di Indiani d'America sono state sterminate dal vaiolo e dal morbillo introdotti dai missionari (Aschmann, 1959; McNeill, 1976). Alcuni autori (Saville, 1959; Recher, 1972) sono andati oltre ed hanno suggerito che le epidemie sono la causa dell'onda di estinzione che spesso accompagna l'improvviso contatto di biota evoluti separatamente. Se ciò fosse generalmente vero, i reperti fossili dovrebbero mostrare estinzioni simultanee, ma i dati (Webb, 1969) mostrano generalmente una eliminazione di specie più graduale. Altre forme di disturbo possono causare squilibri epidemici. Le piantagioni estensive e contigue di singole essenze, come avviene nell'agricoltura intensiva, forniscono un mezzo su cui nuovi mutanti patogeni possono devastare una 'popolazione'. Anche gli habitat naturali possono essere mutati, dall'attività umana, da bilancio endemico a stato di sbilanciamento epidemico. Uno dei fatti più interessanti è che i frequenti contatti tra gruppi forniscono le condizioni necessarie per la persistenza di una classe di malattie altamente virulente che altrimenti non potrebbero sopravvivere. Per esempio, Hare (1967) e Black (1975) suggeriscono che l'uomo primitivo, vivente in gruppi piccoli ed isolati, era libero da malattie che sono trasmissibili solo nei loro stadi acuti, e in cui gli individui o muoiono o guariscono completamente. Queste malattie, fra cui il vaiolo, il morbillo, l'influenza, e la poliomielite, sono state alcune delle più prominenti malattie infettive dell'uomo moderno urbano. Sembra quindi che una specie possa evitare le epidemie se vive in gruppi relativamente piccoli e isolati. Alcuni organismi hanno distribuzione a cluster o, se sociali, esistono in gruppi di poche centinaia di individui. Si potrebbe invocare la selezione di gruppo per asserire che tale comportamento è una strategia evolutiva per evitare le epidemie, ma anche se la distribuzione a cluster ha altre spiegazioni, è ancora evidente che l'estinzione di tali specie ad opera di un patogeno è altamente improbabile. Per quello che si è potuto determinare, non vi sono esempi di estinzione da epidemie, sebbene il castagno americano sia stato ampiamente sfoltito da un fungo di origine orientale. Un evidente paradosso nel precedente survey dei fattori biologici che contribuiscono all'estinzione, è la scarsa importanza di predazione, malattie e soprattutto della competizione nei biota stabili continentali. Tranne che sulle isole, non si conoscono estinzioni attribuibili solamente ai loro effetti, almeno negli ultimi 300 anni. Sarebbe grossolanamente scorretto, comunque, concludere che competizione, malattie e predazione sono poco importanti. Ciascuno di questi fattori impone un carico energetico e genetico. In combinazione essi deprimono certamente le aspettative di vita degli individui e queste interazioni spesso riducono fortemente la taglia e il campo di attività delle specie, rendendole quindi molto più suscettibili all'estinzione in presenza di rischi, catastrofi e alterazioni dell'habitat. Il problema, nel valutare e classificare il ruolo delle interazioni biotiche nel processo di estinzione, è quello di prospettiva e complessità. L'ampiezza di vita di una specie può essere di milioni di anni, tuttavia le nostre finestre osservazionistiche e analitiche sui processi biologici sono state aperte da 150 anni al massimo. Inoltre, l'importanza relativa dei fattori e delle loro interazioni possono probabilmente cambiare, cosicché la predazione può essere il principale fattore limitante della taglia della popolazione durante un periodo, mentre le malattie, il clima o la competizione possono dominare durante un successivo periodo. Un processo che dura milioni di anni non è facilmente capibile nello spazio di una carriera di uno scienziato. 2. Effetti corrosivi dell'isolamento Delle 77 o più specie di uccelli e mammiferi che si sono estinte durante la recente storia, 53 erano forme insulari. Se vengono inclusi i marsupiali austrialiani, il numero sale a 58 (o circa il 75%). Vi sono due ragioni riguardo la suscettibilità all'estinzione delle specie insulari; esse sono (1) la dimensione del territorio, e (2) l'erosione delle difese contro le altre specie. Primo, un'isola è costituita da uno o da pochi habitat molto simili fra loro. Al contrario, la terraferma può avere migliaia di habitat e questi possono essere molto poco uniformi. Su un'isola, perciò, è molto probabile che un predatore introdotto trovi e distrugga le sue 6 prede in tutti gli habitat. Lo stesso argomento vale per la competizione. Secondo, gli animali delle isole perdono gradualmente il loro 'tono' competitivo e le loro difese contro i predatori; più a lungo essi sono isolati, più le loro difese degenerano. Il deterioramento delle difese contro i predatori è il più facilmente dimostrabile. Delle 58 specie insulari recentemente estinte, circa 25 soccombettero all'introduzione di predatori compreso cani, gatti, ratti, volpi, manguste e mustelidi. Al contrario, nessuna delle estinzioni continentali (eccetto l'Australia) può essere attribuita all'introduzione di predatori. Illustrativo di questa classe di estinzione è la storia dello scricciolo (Xenicus lyalli ) della Stephen Island (Nuova Zelanda), una specie che ha perso la capacità di volare. "La storia di questa specie, per quanto riguarda il suo contatto con l'uomo, inizia e termina con l'impresa di un gatto domestico. Nel 1894 il gatto del guardiano del faro si procurò undici esemplari che giunsero nelle mani di H.H. Travers... Poche altre catture furono fatte e puntualmente riportate dal gatto, dopodiché nessun uccello venne più catturato o osservato. E' evidente, quindi, che il gatto che scoperse la specie, la sterminò pure immediatamente" (W.R.B. Oliver, in : Carlquist, 1965). Delle 58 specie insulari estinte, la caccia dell'uomo è responsabile per 11. Alcuni di questi animali erano facili preda dell'uomo e di alcuni altri grandi predatori. Tra i meglio conosciuti è il dodo dell'isola Mauritius (Raphus cucullatus ). Il dodo, sinonimo di estinzione, era un gustoso piccione; le sue ali erano ridotte a monconi e, come molte forme insulari, non aveva timore dell'uomo. Esso cadde facile vittima dei mercanti di spezie affamati di carne fresca. Nel diciassettesimo secolo i condannati della colonia penale olandese introdussero nell'isola i maiali che, vivendo in modo selvaggio, crearono dei problemi ai dodo distruggendo le loro uova. L'ultimo dodo si estinse intorno al 1681. Quando i predatori sono assenti sulle isole, le prede animali inevitabilmente perdono le strutture e i comportamenti di difesa in quanto essi non sono più necessari per la sopravvivenza. Mentre sul continente ogni individuo con genotipo che decresce il timore dei predatori o le capacità di fuga sarebbe eliminato, sulle isole, gli organi di fuga come le ali possono non solo essere neutri nei confronti della sopravvivenza, ma effettivamente deleteri dato che è necessaria energia per svilupparli e mantenerli. Questo ragionamento si applica ugualmente al comportamento. Sulle isole, gli individui nervosi e in stato di allerta sarebbero spesso distratti dall'attività essenziale che è quella di cercare e di mangiare il cibo. Lo stesso argomento è spesso invocato per spiegare la perdita della vista e la pigmentazione negli animali cavernicoli e nei parassiti interni. Gli evoluzionisti e i biogeografi sostengono che le specie insulari raramente reinvadono i continenti per instaurare maggiori linee evolutive. Se accettiamo come vero che le forme insulari non giocano un ruolo importante nell'ambito del processo evolutivo generale, allora perchè tanto clamore e pubblicità per le specie minacciate visto che la maggior parte delle specie continentali sopravviveranno? Possiamo dare per certo questo? Innanzitutto, la maggior parte delle specie animali elencate come minacciate nel libro rosso pubblicato dall'IUCN sono attualmente forme continentali. Gli animali insulari considerati minacciati sono approssimativamente il doppio di quelli continentali (Goodwin e Holloway, 1972). Le forme insulari sono semplicemente le meno tolleranti nei confronti dell'uomo e dei cambiamenti di habitat e biota che esso provoca. Ora, il problema che ha investito per primi gli animali insulari sta iniziando ad interessare anche le specie continentali. 3. Alterazione e distruzione dell' habitat Ogni specie ha bisogno di habitat. Quindi, ogni specie è salva solo se è salvo il suo habitat. Le specie cosmopolite non sono una eccezione: i falchi pescatori necessitano di litorali e di siti in cui proteggere i nidi; il mollusco edibile Mytilus edulis, si trova in tutti i mari, ma raramente al disotto della linea di marea dove esso è generalmente mangiato da pesci e altri predatori. Molti grandi predatori marini come la volpe di mare (Alopias vulpes ) e il capodoglio, sono così diffusi che è difficile immaginare come essi potrebbero estinguersi mediante concepibili cambiamenti geologici o del clima globale. Tuttavia, essi richiedono acqua salata e in grandi quantità. Non tutti gli organismi, comunque, sono così generali nelle preferenze dell'habitat, e molti naturalisti possono produrre una lunga lista di organismi che richiedono condizioni molto specifiche. Da qui il passo è corto per la creazione di uno scenario di estinzione per queste specie mediante l'alterazione di alcune 7 variabili critiche dell'habitat. Gli agenti responsabili dell'alterazione o distruzione dell'habitat possono essere raggruppati in quattro categorie: Le isole sono gli analoghi terrestri di queste trappole oceaniche. Gli aggiustamenti del range spaziale per i biota insulari sono molto limitati e ogni maggior cambiamento nel clima delle zone temperate e tropicali si accompagna certamente ad estinzioni in massa della fauna insulare. Gli aggiustamenti di range, almeno sui continenti, possono essere non così comuni come possiamo immaginare. L'estinzione della maggior parte dei grandi mammiferi durante e dopo il ritiro dell'ultima glaciazione può essere o no un esempio dell'esperienza di caccia dell'uomo, ma è ingenuo, supporre tuttavia che le piante e gli animali si ritirino e se ne vadano non appena le zone climatiche iniziano a lasciarli indietro. E' più complicato, per esempio, andare verso nord che cambiare semplicemente luogo. Alle alte latitudini vi sono poche ore di luce in inverno e ciò richiede un riaggiustamento dei ritmi biologici. Inoltre, i grandi animali erbivori richiedono molte ore di pascolo ogni giorno, e più il clima è freddo e maggior cibo è necessario. Uno si stupisce se una delle cause dell'estinzione nel tardo Pliocene degli erbivori della tundra, come i mammuth, è stata la difficoltà di procurarsi abbastanza cibo durante le poche ore di luce in dicembre alle alte latitudini. Lasciare questo soggetto senza una parola circa i dinosauri sarebbe inconcepibile. I dinosauri dimoravano numerosi in tutta l'ultima parte del Cretaceo, ma erano, invece, piuttosto in declino già al confine tra il Cretaceo e il Paleocene. Alcuni studiosi (Van Valen & Sloan, 1977) analizzarono la scomparsa dei dinosauri a questo confine in una sequenza di fauna del Montana. L'estinzione durò circa 100.000 anni e fu accompagnata da una sostituzione, climaticamente indotta, di una flora subtropicale da parte di una flora temperata. Rivedendo i loro dati e quelli di altri studi, Van Valen e Sloan sostennero l'ipotesi che l'estinzione era causata dalla diffusa competizione con i primitivi mammiferi meglio adattati ai climi freddi. Essi applicarono anche il loro argomento climacompetizione ai generi marini di organismi filtratori planctonici e bentonici, di cui più della metà si estinse durante lo stesso periodo. L'implicazione è che i dinosauri sarebbero sopravvissuti all' improvviso raffreddamento climatico se i mammiferi non fossero stati sottoposti alla loro drammatica radiazione adattativa. (a) lenti cambiamenti geologici (b) cambiamenti climatici (c) eventi catastrofici (d) disturbo umano (a) Lenti cambiamenti geologici. I lenti c a m b i a m e n t i g e o l o g i c i dell'habitat comprendono quegli spostamenti della crosta terrestre che creano e distruggono i mari, i cambiamenti negli andamenti delle principali correnti e l'aumento o il decremento di area di certi habitat. Come esempio dell'effetto del cambiamento nell'area concomitante con la deriva dei continenti, Schopf (1974) e Simberloff (1974) attribuiscono la massiccia estinzione di animali marini che vivevano sulle balze marine tra l'inizio e la fine del Permiano durante il quale alla creazione del supercontinente 'Pangaea' si ebbe una concomitante perdita di una larga parte di spazio-habitat, precedentemente disponibile. (b) Cambiamenti climatici. I cambiamenti climatici possono spostare in latitudine e in longitudine il range spaziale delle specie. In alcuni casi tali spostamenti sono impossibili, in altri casi essi sono possibili ma altri fattori possono precludere tali aggiustamenti di range. Come esempio di aggiustamenti impossibili di range spaziale possiamo immaginare quello che può accadere alle comunità della barriera corallina nel Pacifico Est tropicale (la più sviluppata nel Golfo di Chiriqui, ad Ovest di Panama). Dana (1975) sottolinea che le condizioni per lo sviluppo della barriera corallina sono, nei migliori dei casi, marginali in questa parte dei tropici. Il flusso di acque fredde, lo scorrimento di acque dolci e l'alta torbidità si combinano per restringere pesantemente la distribuzione areale e verticale dei coralli. L'autore conclude affermando anche che queste barriere coralline sono giovani, probabilmente interglaciali, e che un altro periodo glaciale le distruggerebbe. Se questo è vero, è probabile che anche alcuni dei pesci e degli invertebrati associati (incluso alcune forme endemiche) potrebbero sparire. Esistono diversi di tali "culs-de-sac" geografici nel mondo; il Golfo di California ha delle specie che potrebbero soccombere sia per un riscaldamento che per un raffreddamento del clima. 8 Di certo, questo stretto esame rivela che la causa è complessa. E' possibile che l'interazione dei cambi climatici e della competizione produca un impatto più grande o veloce di quanto possa essere ogni singolo fattore da solo. Non lo sapremo mai con sicurezza. esauriente trattato sulla estinzione degli uccelli. La Fig. 2.6 mostra la relazione inversa tra quantità di foresta vergine per persona e il numero di estinzioni sulle isole delle Piccole Antille. Tranne che per le Isole Sopravento, c'è una chiara associazione tra densità della popolazione umana e distruzione della fauna. Le Isole Sopravento hanno una relativamente densa popolazione umana, ma praticamente non hanno sofferto estinzioni perchè le persone di queste isole (S. Lucia, S. Vincent e Grenada) sono molto meno assidui nel cacciare gli uccelli rispetto gli abitanti delle isole di lingua francese. Inoltre, gli abitanti delle Isole Sopravento non coltivano molto terreno a causa di scarsità di terreni piani. Tutte queste isole hanno introdotto popolazioni di ratti e manguste, noti predatori di uccelli che nidificano a terra. Nonostante la presenza di questi mammiferi, gli scriccioli che nidificano a terra continuano a sopravvivere sulle Isole Sopravento. Questo sottolinea un punto menzionato prima: l'introduzione di pochi competitori o predatori non è necessariamente un presagio di onde di estinzione, tuttavia se viene ad aggiungersi un elemento di alterazione significativa di habitat, la conseguenza può essere grave. Non vi è semplicemente nessun modo per cui l'evoluzione dei grandi animali e piante possano tener testa al tasso con cui l'uomo modifica la superficie del nostro pianeta. Il danneggiamento di un fiume può richiedere una decina d'anni, ma l'evoluzione di pesci adattati ai laghi piuttosto che ai fiumi può richiedere migliaia di generazioni. Lo stesso principio ovviamente vale per altri habitat semplificati come le piantagioni di canna da zucchero, caffè, thè o cacao, per non menzionare quelle che in molte parti dei tropici stanno rimpiazzando le foreste pluviali. (c) Eventi catastrofici. Non c'è bisogno di dire molto circa le alterazioni catastrofiche dell'habitat. Una catastrofe è generalmente un evento localizzato, che distrugge la maggior parte delle forme locali, ma è improbabile che provochi l'estinzione di specie. (Una catastrofe ad ampio raggio come una epidemia a livello di piaga, d'altro canto, può essere benefica alla maggior parte delle specie riducendo la taglia della popolazione umana). Eventi localizzati come un ciclone o una eruzione vulcanica possono causare l'estinzione di una specie localizzata, ma ogni specie già così localizzata è già sulla via dell'estinzione ogni volta che vi sono delle variazioni spinte nei fattori biotici o climatici. (d) L'uomo. Nessun altro agente di cambiamento ambientale è così devastante come l'uomo. Per esempio, il tasso di distruzione delle foreste tropicali oggi è approssimativamente di 47 ettari al minuto; a questa velocità di distruzione le foreste tropicali saranno annientate in 25-50 anni. Questo è il motivo per cui effettivamente tutti i primati sono considerati essere minacciati. Fosberg (1973), descrivendo il tasso di distruzione di habitat ai tropici e la sensibilità degli habitat tropicali, sottolinea che una gran parte delle specie tropicali probabilmente sparirà prima che la loro esistenza possa essere documentata dai sistematici. Prova dello schiacciante effetto di distruzione di habitat e di interferenza umana è presentato da Greenway (1967) nel suo 9 FRAMMENTAZIONE DELL'HABITAT NELLA ZONA TEMPERATA Alcuni autori sostengono la necessità di separare le estinzioni tra quelle causate puramente dalla distruzione dell'habitat e quelle di cui l'insularizzazione è un'importante componente aggiuntiva. Le comunità delle zone temperate sono ampiamente ritenute essere più resistenti agli effetti della frammentazione dell'habitat delle comunità tropicali. Le specie temperate tendono a trovarsi in più alte densità, ad essere più ampiamente distribuite, e ad avere una migliore potenzialità dispersiva rispetto alle specie tropicali. Questi attributi dovrebbero permettere alle popolazioni di persistere in piccoli appezzamenti di habitat adatto. Sebbene i tassi di estinzione locale possano essere alti ( a causa degli più alti livelli di fluttuazione delle popolazioni e della più corta durata della vita media individuale), l'alta motilità può facilitare la rapida ricolonizzazione da altri frammenti a seguito di estinzione. D'altro canto, una delle ragioni principali per cui la frammentazione dell'habitat sembra essere meno severa nella zona temperata è che la maggior parte del danno è stato fatto molto tempo prima che le popolazioni umane fossero consapevoli di esso. Per esempio, in Gran Bretagna la riduzione e la frammentazione della originaria copertura forestale avvennero circa 5.000 anni fa con disboscamenti permanenti ad opera dei contadini del Neolitico, e proseguirono al tempo della conquista da parte dei Normanni nel 1066 (Fig. 1). Le specie la cui estinzione in Gran Bretagna fu certamente legata alla distruzione della foresta originaria (così come da altre cause, specialmente la caccia) comprendono: l'orso bruno (estinto al tempo della conquista dei Normanni), il verro selvatico (XVIII Secolo), il lupo (XVIII Secolo), l'astore (XIX Secolo; ora ripristinato nelle nuove piantagioni di conifere) e il gallo cedrone (XVIII Secolo; ora reintrodotto nelle nuove piantagioni di conifere). Molta storia simile può essere narrata per la fauna della foresta decidua degli Stati Uniti dell'Est, dove l'estesa distruzione della foresta iniziò con l'arrivo dei coloni Europei (circa 300 anni fa) e raggiunse l'apice ai tempi della guerra civile. Qui, pure, un certo numero di specie sparì dall'est a seguito della Introduzione Esamineremo qui tre problemi relativi alla frammentazione dell'habitat nella zona temperata: (1) Qual'è l'effetto della frammentazione sulle specie originariamente presenti nell'habitat intatto? (2) In che modo la frammentazione conduce alla perdita di specie? (3) Per un paesaggio già frammentato, vi sono indicazioni circa la selezione e la gestione di riserve naturali? Porremo qui come nostro scopo la preservazione a lungo termine di quelle specie la cui esistenza è minacciata dalla distruzione dell'habitat. La frammentazione avviene quando una grande estensione di habitat viene trasformata in un numero di appezzamenti più piccoli di area totale inferiore, isolati uno dall'altro da una matrice di habitat diversa dall'originale. Quando i l paesaggio circostante i frammenti è inospitale per le specie dell'habitat originario, e quando la dispersione è lenta, allora gli appezzamenti residui possono essere considerati veri "habitat isole", e le comunità locali saranno "isolate". Qualora la matrice possa sostenere le popolazioni di alcune delle specie dell'habitat originario, o qualora la dispersione tra appezzamenti sia alta, allora le comunità nei frammenti saranno effettivamente dei "campioni" del regionale "universo" della flora e della fauna. Il processo di formazione isolata mediante la frammentazione è stato denominato "insularizzazione". La sfida dei conservazionisti è quella di preservare il più possibile del pool di specie all'interno di questi frammenti, sfidando la continua distruzione dell'habitat. La distruzione dell'habitat ha due componti, entrambe le quali provocano estinzioni: (1) riduzione nell'area totale di habitat (che colpisce principalmente la dimensione delle popolazioni e quindi i tassi di estinzione); (2) la ri-distribuzione dell'area rimanente in frammenti disgiunti (che colpisce principalmente la dispersione e quindi i tassi di immigrazione). 2 distruzione dell'habitat in combinazione con la caccia. Tra queste specie vi sono il lupo (XIX Secolo), il puma (XX Secolo; sebbene alcuni esemplari persistano in Florida), l'alce (XIX Secolo), la colomba migratrice (XX Secolo), e il picchio dal becco color avorio (XX Secolo). Sia per le specie della Gran Bretagna che quelle Americane, è probabilmente corretto dire che anche se esse potessero essere reintrodotte nei loro primitivi areali, il risultato sarebbe negativo in quanto non esiste più l'habitat adatto. Le specie sopravvissute a questo turno iniziale di frammentazione di habitat erano quelle meglio in grado di sostenere l'impatto umano sul paesaggio, ma in nessun modo il problema è superato. Oggi i, Gran Bretagna, la pressione sul territorio è così grande che molti degli habitat "semi-naturali" che hanno rimpiazzato la foresta originaria sono essi stessi severamente ridotti e frammentati. Esempi di ciò sono le brughiere di pianura, le brughiere montane e le praterie calcaree. Ora c'è una lista crescente di specie caratteristiche di, o ristrette a, questi habitat il cui declino o l'estinzione possono essere attribuiti almeno in parte alla frammentazione. Negli Stati Uniti, la continua frammentazione di habitat come la foresta antica ad abete Douglas nel nord-ovest Pacifico, le foreste decidue nell'est, e le praterie nel midwest ha spinto all'interesse per la sopravvivenza delle specie che abitano questi ambienti (incluso la pianta Isotria medeoloides, gli uccelli Tetraone delle praterie, Allocco maculato, e tra i mammiferi, lo scoiattolo nero). La frammentazione rimane la principale minaccia alla maggior parte delle specie della zona temperata. particolare la loro capacità dispersiva e la loro densità di popolazione). E' stato recentemente sviluppato un modello computerizzato che simula gli effetti della frammentazione dell'habitat su due pool di specie con differente esigenza di area minima e differente capacità di sispersione. Questo modello ha condotto ad alcune intuizioni riguardo l'entità della frammentazione che le differenti specie possono tollerare. Il tipo di frammentazione dell'ipotetico habitat simulato è stato basato largamente su quello di brughiera del Dorset, Inghilterra. In questo modello, l'habitat originario è ridotto da cinque zone estremamente grandi ad un arcipelago di oltre 450 frammenti la cui area totale è il 5% di quella originaria. Per semplicità, l'area totale dell'habitat è stata mostrata come decrescente in modo linrare nel tempo; in realtà, il tasso di distruzione aumenta generalmente col tempo. Il numero totale di frammenti aumenta esponenzialmente nel tempo, riflettendo una distribuzione sempre più deviata verso un grande numero di frammente piccolissimi (Fig. 2). Ad ogni stadio di frammentazione, l'area d'habitat residuo è ripartita tra il crescente numero di frammenti in modo logaritmico. Non essendovi informazioni sulle distanze tra frammenti per le brughiere, queste sono state derivate da un altro sistema, cioè dal bosco di Cadiz, Wisconsin. Alcuni autori (Sharpe et al., 1981) hanno mostrato che le distanze medie tra i confini più vicini sono aumentate sino a circa del 10% dell'area originaria lasciata, per poi rimanere costanti nonostanti ulteriori perdite. Un Modello di Frammentazione I due pool di specie prescelti per rappresentare gli estremi di suscettibilità alla frammentazione erano: un pool (resistente), formato da specie con buona capacità di dispersione e bassa tendenza media all'estinzione locale; l'altro pool (suscettibile), formato da specie con cattiva capacità dispersiva e alta tendenza media all'estinzione locale. I risultati definiscono, perciò, quantitativamente il range dei tipi di perdita di specie che devono essere attesi negli habitat sottoposti a frammentazione. Le sorti delle P specie in ciascun pool erano modellate usando la formulazione del modello di equilibrio una specie alla volta. Dettagli del modello Le analisi dell'effetto della frammentazione (e le indicazioni per la progettazione delle riserve naturali) sono state prevalentemente basate sulla struttura concettuale della biogeografia delle isole. Questa teoria suggerisce che il numero di specie su un'isola oceanica rapprenta un bilancio, o equilibrio dinamico, tra i processi di immigrazione e di estinzione. Il numero di specie in equilibrio su un'isola dipenderà dalle caratteristiche dell'isola (in particolare la sua dimensione e il suo isolamento da potenziali fonti di colonizzatori) e dalle caratteristiche delle specie stesse (in 3 200 t=0 Numero di frammenti t=3 100 Figura 2. Frequenza di distribuzione delle dimensioni dei frammenti ai vari stadi della sequenza di frammentazione. La parte alta del diagramma corrisponde all'originario, altamente continuo, habitat (t=0). La frammentazione provoca numerosi appezzamenti più piccoli (parte bassa dei diagrammi)) con area totale minore di quella dell'originario habitat. t = 4.75 0 -3 Log10 0 frammento d'area 3 La variabile di base è la probabilità Ji che una data specie i ( i = 1,2...P) si trovi come popolazione riproduttiva in un frammento. Questa probabilità, chiamata "incidenza" di una specie, aumenta con il frammento d'area (A), dovuta alla crescente dimensione della popolazione e quindi alla decrescente probabilità di estinzione stocastica, e diminuisce con la distanza (D) dalla fonte di colonizzatori dovuta alla decrescente frequenza di immigrazione. I valori osservati di Ji nei confronti dell'area per una data distanza, o vice versa, sono detti "funzioni di incidenza" (Fig. 3). Elaborazioni come la dipendenza dei tassi di estinzione dalla distanza, e la dipendenza dei tassi di immigrazione dall'area, non sono incorporati in questo modello. Questo modello ha la forma generale: dJi / dt = Ii - Ei che una costante. Questo è più appropriato per i sistemi frammentati, dove i colonizzatori devono venire da altri frammenti (occupati) piuttosto che da alcune grandi, inviolate, aree "continentali". All'equilibrio, Ii e E i sono uguali, e Ji è costante all'equilibrio del livello di incidenza J i *. Per l'equazione (2) questo è: Ji* = 1- bi / ai Quindi l'incidenza è positiva solo quando il tasso di colonizzazione (ai ) supera il tasso di estinzione (bi ). Le funzioni di incidenza sono state generate specificando la dipendenza di a i dalla distanza e di bi dall'area. E' stata usata una funzione esponenziale per ai = f (D): ai = ci . exp -D/Di (1) (4) dove ci è il coefficiente di colonizzazione e 1 / D i è il tasso di mortalità per unità di distanza dei migranti. E' stata usata una funzione iperbolica inversa per bi = f (A): dove Ii è il tasso netto con cui i frammenti inoccupati sono colonizzati dalla specie i e E i è il tasso netto con cui la specie diviene localmente estinta. E' stata scelta una versione di questo modello generale presentata per la prima volta da Levins & Culver (1971): dJi / dt = aiJi (1 - Ji) - biJi (3) bi = ei / A (5) dove e i è il coefficiente d'estinzione. Sostituendo le equazioni (4) e (5) nell'equazione (3) si ottiene l'espressione di Ji* in funzione dell'area e della distanza: (2) dove ai è il tasso di colonizzazione istantaneo per frammento occupato e bi è il tasso istantaneo di estinzione locale. Questo modello differisce dalla versione descritta da Gilpin & Diamond (1981) nel quale il tasso istantaneo di colonizzazione di frammenti inoccupati (aiJi ) è in funzione di J i piuttosto Ji* = 1 - [ ei / ci . exp D/Di /A] (6) Quando D/Di si avvicina a 0 (per esempio, in frammenti non isolati), l'equazione (6) descrive una funzione iperbolica al crescere dell'area, con il parametro ei / ci corrispon4 1.0 procedere della frammentazione, si raggiunge alla fine un livello critico di riduzione e frammentazione in cui le specie cominciano a sparire. Il pool suscettibile inizia per primo a perdere le specie e perde più specie in totale rispetto al pool resistente. Quando il pool resistente inizia a perdere le specie, esso le perde poi molto rapidamente, perché a quel punto i frammenti sono piccoli e l'habitat rimasto è poco. L'insularizzazione causa estinzioni in più e in meno di quelle attese attraverso la riduzione nell'area totale dell'habitat. Più specie persistono all'equilibrio se l'habitat rimasto è concentrato in un singolo grande appezzamento piuttosto che distribuito su molti piccoli frammenti (Fig. 4). Facciamo rilevare che i risultati di Fig. 4 sono modelli di equilibrio; a seconda della scala relativa del tempo di distruzione dell'habitat e della dinamica di popolazione, le estinzioni possono seguire strettamente i tipi di cambiamento del paesaggio o rallentaredi fronte ad essi. Una importante omissione dal modello è l'esplicita inclusione della dimensione della popolazione come variabile. La capacità portante di ciascuna specie è assunta essere direttamente proporzionale alla dimensione del frammento, e la sua estinzione semplicemente il risultato della stocasticità demografica. Sembra più probabile che l'eterogeneità dell'habitat significhi che la capacità portante non è una semplice funzione dell'area, e che fattori come la stocasticità ambientale e la struttura della popolazione siano importanti nel determinare i tassi di estinzione. Anche la colonizzazione sarà condizionata dalla eterogeneità dell'habitat e dalla dinamica di popolazione. Se un frammento non contiene abbastanza habitat adatto per una data specie, l'allestimento di una popolazione riproduttiva non avverrà, a prescindere dal tasso di immigrazione. Similmente, le specie abbondanti produrranno più colonizzatori di quelle scarse. Tali fattori dovranno essere inclusi in modelli più realistici (sebbene più complessi). Nonostante queste limitazioni, creadiamo che il modello fornisca un chiaro messaggio: anche dove la maggior parte dell'habitat è già stata distrutta, l'ulteriore frammentazione dovrebbe essere minimizzata, per evitare che avvenga una rapida perdita di specie. Inoltre, l'insularizzazione può causare estin- (A) Picchio maggiore Incidenza (Ji) ( Picoides major) 0.5 0.001 0.01 0.1 1 10 100 Area (ha) Incidenza (Ji) 1.0 0.5 0 0.1 (B) Mercurialis perennis 0.2 0.4 0.8 1.6 3.2 Distanza (km) Fig. 3. Funzioni di incidenza per due specie nei frammenti di foresta in Gran Bretagna. (A) Incidenza (Ji è la proporzione di bosco in ciascuna classe occupata da una popolazione) del picchio maggiore nei confronti dell'area boschiva. (B) Incidenza della Mercurialis perennis, un'erba di bosco, nella foresta secondaria di Lincolnshire, rispetto alla distanza della più vicina foresta antica contenente la specie. dente all'area la cui incidenza è zero. Per una data area, l'equazione (6) descrive una funzione esponenziale del parametro D i (la "media distanza d i dispersione"), corrispondente alla distanza richiesta per ridurre Ji a 1/e (36.8%) del suo valore a D = 0. Di è stata qui trattata irrealisticamente come costante tra specie di un dato pool, assegnando al pool suscettibile la metà del valore dato al pool resistente. Risultati del modello I risultati di questo esercizio sono illustrati in Fig. 4. Inizialmente, quando rimane ancora una grande quantità di habitat, vengono perse poche o nessuna specie (principalmente nei grandi frammenti) da entrambi i pool. Al 5 100 0 100 Originario pool di specie (% ) all'equilibrio 50 . Fig. 4. Numero di specie rimaste in ciascun pool di specie al procedere della frammenta zione. I cerchi neri mostrano il pool di specie con esigenza di grandi aree e bassa motilità. I cerchi bianchi mostrano le specie con richieste d'area meno stringenti. I punti neri uniti da linee illustrano la proporzione del primo pool che sarebbe presente quando l'habitat è minimamente frammentato. . 50 0 Percentuale di habitat originario zioni indipendenti dalla riduzione dell'habitat. dell'habitat. Anche una estensione apparentemente uniforme di habitat come la foresta o la prateria è, ad alcuni livelli di discriminazione, realmente un mosaico di differenti habitat. I singoli frammenti possono mancare dell'intero range di habitat che si trovava nel blocco originario. Le specie distribuite a macchie o le specie che utilizzano un range di microhabitat sono in particolar modo vulnerabili all'estirpazione in tali circostanze. Un esempio di una specie con tale distribuzione è il tordo d'acqua della Luisiana. Esso nidifica e foraggia vicino alle acque aperte, specialmente i corsi d'acqua a rapido movimento. Gli appezzamenti boschivi senza acque aperte non forniscono habitat adatto per il tordo acquatico, e non sorprende che questo uccello sia uno dei numerosi uccelli canori di foresta che si incontrano raramente nei piccoli appezzamenti boschivi. Anche se le esigenze d'habitat per molti uccelli canori sono molto meno ovvie, esse possono tuttaviagiocare un ruolo importante nella risposta di questi uccelli alla frammentazione. Alcuni autori hanno studiato le comunità avicole e la vegetazione di 270 appezzamenti boschivi nel Maryland e hanno scoperto che le caratteristiche strutturali o floristiche della vegetazione influenzano fortemente l'abbondanza locale di ogni specie d'uccello. Queste caratteristiche vegetazionali, a loro volta, variano con la dimensione della foresta. Sebbene la generalizzazione di ciò sia Meccanismi di Estinzione La sopra citata discussione teorica ha assunto l'approccio alla frammentazione come di una scatola nera. Ora analizzeremo i meccanismi diretti dell'estinzione. Questi comprendono la dimensione dell'areale, la perdita di eterogeneità dell'habitat, gli effetti dei frammenti che circondano l'habitat, gli effetti confine e le estinzioni secondarie. L'areale (territorio d'azione) Alcuni frammenti saranno più piccoli dei minimi areali o territori d'azione di certe specie. Ciò avviene spesso per i grandi animali. Per esempio, una singola coppia di picchi dal becco color avorio può richiedere 6.5-7.6 km2 di foresta indisturbata. L'astore europeo ha un areale di circa 30-50 km2 . I maschi di puma nell'ovest degli Stati Uniti possono avere territori d'azione che eccedono i 400 km2 . Tuttavia, spesso le specie spariscono dai frammenti di habitat che superano di gran lunga le dimensioni minime richieste; in tali casi devono agire altri meccanismi oltre le limitazioni al territorio d'azione. Perdita di eterogeneità dell'habitat Una conseguenza c o m u n e della frammentazione è la perdita di eterogeneità 6 rischiosa, possiamo attenderci che questo problema della rappezzatura possa essere molto acuto per le piante e per gli insetti che dipendono da specifiche piante ospiti. Quando una specie richiede due o più tipi di habitat, la frammentazione può rendere impossibile lo spostamento della specie tra igli habitat. Karr (1982) ha attribuito molte delle estinzioni di uccelli canori avvenute sull'isola Barro Colorado, Panama, proprio a questo meccanismo. All'interno della zona temperata, questo problema è probabilmente capitato a molti tipi di organismi. Il tritone è il tipico rappresentante di numerosi anfibi che hanno uno stadio di vita sia terrestre che acquatico. Il tritone allo stadio terrestre può rimanere a terra per più di tre anni, ma alla fine deve ritornare all'acqua per riprodursi. Tra gli uccelli, gli individui della specie Polioptila caerulea, in California, si spostano dai boschi decidui a querceto alla macchia e vivono tra le querce durante la stagione di riproduzione. Anche altri uccelli della zona temperata cambiano stagionalmente il loro comportamento territoriale. Sfortunatamente, si conosce troppo poco sul comportamento di molti animali della zona temperata per dire con certezza quali sono le loro esigenze d'habitat, o quali di queste esigenze possano cambiare stagionalmente. Questa mancanza di conoscenza è spesso un ostacolo nel predire gli effetti della frammentazione sulle singole specie. Informazioni dettagliate sull'uso dell'habitat saranno cruciali alla riuscita dei programmi di conservazione di molte specie. Le popolazioni riproduttive di uccelli canori si sono ridotte in piccoli appezzamenti di bosco in tutta la parte est degli Stati Uniti dalla fine degli anni '40. Numerosi fattori hanno contribuito a questo declino, tra i quali i due più importanti sono gli alti tassi di predazione dei nidi e il parassitismo delle covate da parte del molotro nero (Molothrus ater ). Negli ultimi decenni, il numero di predatori dei nidi e di molotri è aumentato fortemente come risultato dei cambiamenti del paesaggio ad opera dell'uomo. Tra i predatori di nidi, ghiandaie azzurre americane, procioni e scoiattoli grigi si trovano tutti più in alte densità nelle comunità suburbane piuttosto che negli habitat naturali come le foreste. Prima dell'arrivo dei colonizzatori europei, il molotro era largamente confinato alle praterie al centro del continente americano, dove esso seguiva i mammiferi erbivori e mangiava gli insetti che questi si tiravano dietro. Con la distruzione della foresta decidua orientale e l'introduzione del bestiame, il molotro si è espanso a tutta la parte orientale degli Stati Uniti e del Canada. Più recentemente, la popolazione di molotri degli Stati Uniti orientali è aumentata tremendamente dovuta all'aumento delle loro fonti invernali di cibo: i residui di chicchi di riso nelle risaie del sud. L'avvento delle mietitrici meccaniche ha simultaneamente incrementato sia la quantità di terreno a coltivazione del riso che la quantità di residui non raccolti di riso. Questa espansione di areale e di incremento della popolazione ha messo il molotro a contatto con le popolazioni di uccelli canori di foresta, molte delle quali mancano di difese comportamentali c o n t r o il parassitismo del molotro. Nessuna riserva di habitat è immune dagli effetti dell'attività umana che si svolge al di fuori dai suoi confini, e i gestori della natura devono affrontare gli effetti ecologici dello sviluppo territoriale al di fuori dei confini delle aree protette. Per dirla come Janzen (1983), "Nessun parco è un'isola." Effetti di habitat tra frammenti Nel caso di una vera isola, l'oceano rappresenta un impassibile barriera, e i potenziali colonizzatori o l'attraverseranno con successo o periranno nel tentativo. Nel caso di un frammento d'habitat, l'oceano è stato rimpiazzato da un paesaggio di residenze umane o di terre agricole. Questo paesaggio può essere anche una formidabile barriera contro i colonizzatori provenienti dai frammenti. Diversamente dall'oceano, comunque, un paesaggio creato dall'uomo può contribuire direttamente all'estinzione di specie all'interno dei frammenti. Non così è invece nell'accrescere le popolazioni di animali che sono nocive alle specie entro i frammenti. Un buon esempio di questo proviene proviene dagli studi degli uccelli canori di bosco che abitano i frammenti di foresta negli Stati Uniti orientali. Effetti confine I gestori della natura hanno lodato a lungo le vitrù dei margini della foresta (vedi per esempio, Dasmann 1964, 1971; Burger 1973), in una tradizione che risale agli scritti di Aldo Leopold (1933). Certamente, una varietà di animali da selvaggina, incluso il cervo e la beccaccia, stanno bene negli habitat di confine. Tuttavia, emerge sempre più che il 7 margine della foresta ha un forte impatto negativo su altri membri della flora e della fauna boschiva. Alcuni autori credono che la semenza che piove all'interno dei cuori dei piccoli appezzamenti boschivi sia dominata dai semi delle specie di confine. Questo può alla fine cambiare la composizione in specie degli appezzamenti boschivi, dal momento che le piante interne, tolleranti l'ombra vengono rimpiazzate dalle forme intolleranti l'ombra provenienti dai margini. Un tale effetto richiederebbe che il numero di piante germinanti vari con il numero di set di semi nell'interno. E' stato notato che le riserve molto piccole o di forma irregolare possono essere incapaci di sostenere popolazioni di piante interne di foresta. Studi di campo hanno mostrato che il successo riproduttivo degli uccelli canori è più basso vicino ai margini della foresta che nell'interno (Fig. 5). Questo perché molti predatori di nidi (ghiandaia azzurra americana, corvo, gracchio bronzato, ermellino, procione) e parassiti di nidiate (molotro nero) si trovano in alte densità attorno ai margini della foresta. Per propositi gestionali, è importante sapere fin dove si fa sentire all'interno della foresta l'influenza dei margini; Gli studi di vari autori mostrano che i maggiori cambiamenti vegetazionali causati dai margini si estendono solo per 10-30 m all'interno della foresta, a seconda se il margine ha una esposizione a nord o a sud. Tuttavia, ponendo nidi artificiali a varie distanze dal margine, si è potuto mostrare l'aumento di predazione legata al margine può estendersi da 300 a 600 m all'interno della foresta (Fig. 6). Non dovrebbe sorprendere che gli effetti faunistici di un confine forestale eccedano quelli floristici. Uccelli come corvi, gracchi e molotri sono non intolleranti alla foresta interna. Similmente, mammiferi come procione, donnola e tamia, anche se concentrano le loro attività vicino ai margini della foresta, avranno frequenti incursioni anche all'interno della foresta. Una conseguenza di queste osservazioni merita una speciale enfasi: se vengono presi 600 m come stima dell'effetto margine della fauna, allora le riserve circolari più piccole di 100 ettari non conterranno nessun vero interno di foresta. Nel caso degli uccelli canori di bosco, questi risultati suggeriscono che le riserve dovrebbero contenere almeno diverse centinaia di ettari di foresta ininterrotta. Infatti, possono essere necessarie aree di gran lunga più grandi per assicurare la sopravvivenza a lungo termine di questi uccelli. Estinzioni secondarie Spesso la frammentazione distrugge molte delle importanti interazioni ecologiche di una comunità, compreso le relazioni predapredatore, ospite-parassita, e piantaimpollinatore, e i mutualismi. La distruzione di queste interazioni possono condurre ad addizionali estinzioni, talvolta riferite come "estinzioni secondarie". Solitamente, queste estinzioni secondarie sono associate al decadimento di comunità tropicali complesse, ma sono certamente non sconosciute nella zona temperata. Per esempio, i piccoli appezzamenti boschivi negli Stati Uniti orientali sostengono pochi, se non alcuno, grandi predatori come puma, linci, grandi falchi o gufi che possano regolare le popolazioni di piccole specie di mammiferi come procioni, opossum, scoiattoli e ghiandaie. Questi onnivori, a loro volta, predano le uova e le nidiate degli uccelli canori di foresta. Come è stato notato precedentemente, il tasso di predazione dei nidi nei piccoli blocchi di foresta è molto alto e questa può essere una ragione per cui le popolazioni di uccelli canori sono declinate. Una simile spiegazione è stata invocata per spiegare alcune estinzioni di uccelli sull'Isola Barro Colorado a Panama. Un esempio più complicato implica l'estinzione della grande farfalla Licena ario in Inghilterra. Questa farfalla ha un ragguardevole ciclo vitale in quanto le larve devono svilupparsi all'interno dei nidi della formica rossa Myrmica sabuleti. Questa farfalla è andata sull'orlo dell'estinzione quando lo sviluppo del territorio e il ridotto pascolo del bestiame hanno eliminato le aree aperte ad essa necessarie. Le popolazioni rimaste svanirono sotto una complessa catena di eventi. Una epidemia di myxomatosi a metà degli anni '50 depresse le popolazioni di conigli, e come risultato molti siti diventarono eccessivamente coperti da arbusti. La formica Myrmica sabuleti era incapace di sopravvivere nelle aree eccessivamente coperte da vegetazione arbustiva, e il suo declino significò la fine della farfalla. 8 80 (61) Percentuale di successi riproduttivi 60 (60) (55) (66) (56) (57) 40 (51) (45) (54) (57) 20 20 1 per parassitismo 0 2 3 4 5 6 7 8 9 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 1 0 Percentuale di perdita Percentuale di 40 1 perdita per predazione 0 20 0 1 2 3 4 5 6 7 Categorie di distanza 9 8 9 10 Fig. 5. Successi nella nidificazione di uccelli canori in funzione della distanza dal margine della foresta. Le 10 categorie di distanza sono: 1= 0-0.82 m; 2= 0.83-2.19 m; 3= 2.20-4.34 m; 4= 4.35-6.86 m; 5= 6.87-10.06 m; 6= 10.07-14.18 m; 7= 14.19-26.74 m; 7= 26.75-46.24 m; 9= 46.25-65.59 m; 10= 66-123 m. Le dimensioni dei campioni sono tra parentesi. C'è il sospetto che con il procedere della raccolta dei dati sulla frammentazione, le estinzioni secondarie divverranno un fenomeno comune nelle comunità temperate. La prevenzione di queste estinzioni richiederà studi sinecologici sulle specie minacciate, accoppiati da una attiva gestione delle riserve. Indicazioni per le Riserve della Zona Temperata Sebbene le prescrizioni generalizzate per il progetto delle riserve naturali siano state criticate negli ultimi anni, crediamo che la teoria della biogeografia delle isole fornisca un utile struttura entro cui possono essere pianificati studi più dettagliati di particolari casi. In questo paragrafo finale, esamineremo tre problemi: 1. Quanto habitat disponibile deve essere lasciato come riserve, e in quale distribuzione di dimensioni? 2. Le riserve devono essere raggruppate insieme in stretta prossimità una all'altra, o sparse su an'ampia area? 3. Qual'è la forma ottimale delle riserve? 80 60 40 (24) 20 Percentuale di predazione (20) 100 (20) 25 Giorni 14 Giorni (20) (20) (20) 7 Giorni 0 0 200 400 600 800 1000 Distanza dal margine della foresta (m) Fig. 6. Percentuale di nidi sperimentali predati in funzione della distanza dal margine della foresta. I nidi erano ceste di vimini contenenti uova di quaglia. I cerchietti neri rappresentano i tassi di predazione dopo 7 giorni, i quadrati bianchi, gli stessi dopo 14 giorni, e i triangoli neri i tassi di predazione dopo 25 giorni. I numeri tra parantesi sono la quantità di nidi sperimentali. I dati suggeriscono che l'aumento di predazione legata al margine può estendersi da 300 a 600 metri all'interno della foresta (Da Wilcove, 1985). E' importante realizzare che le risposte "corrette" a questi problemi possono dipendere moltissimo dalla scala dello sforzo conservativo, perché le operazioni locali, regionali, e nazionali di conservazione generalmente operano in condizioni di finanziamento e di scala spaziale molto differenti. Notiamo, una volta ancora, che la nostra prospettiva su questi problemi è piuttosto ornitocentrica. Quanto grandi e come? Un andamento caratteristico negli habitat sottoposti a frammentazione è la crescente distribuzione alterata delle dimensioni dei frammenti al diminuire dell'area totale dell'habitat. In generale, una grande parte dell'area residua di habitat altamente frammentati dovrebbe essere indirizzata alla protezione per evitare ( o almeno minimizzare) il collasso biotico che i modelli prevedono avvenga in tali sistemi. A parità di altre cose, la priorità dovrebbe andare, per 10 possibile affermare con un certo grado di certezza che la migliore strategia a questa scala è quella di una singola "grande" riserva piuttosto che diverse riserve molto piccole. Questo per due ragioni principali: (1) la pendenza (z) della relazione specie-area è normalmente ripida (>0.35) nelle piccole aree dove i frammenti contengono una piccola porzione (<0.25) del pool di specie; (2) la similarità nella composizione in specie tra le piccole riserve locali sarà generalmente molto alta (>0.5) a causa della loro prossimità fisica e della loro probabile similarità d'habitat, e perché l'effettivo pool di specie che può colonizzarle può essere considerevolmente minore del pool regionale a causa degli effetti minimi dell'area. Higgs & Usher (1980) hanno mostrato che in queste circostanze saranno contenute più specie in singole grandi riserve (Fig. 7). Per ciascun tipo di habitat principale all'interno di una data regione, il risultato dell'applicazione di queste strategie gerarchiche dovrebbe essere un piccolo numero di grandi riserve nazionali, una rete di riserve regionali di media dimensione, e un grande numero di piccole riserve locali. Con sufficiente integrazione tra i livelli organizzativi, prima di tutto riguardo alla dislocazione delle riserve, una strategia composita come questa può essere adeguata nell'assicurare la persistenza a lungo termine di quelle specie bersaglio non ancora estirpate dalla frammentazione. Quanto vicine? Talvolta non sarà pratico parlare di raggruppare le grandi riserve nazionali come parchi nazionali e foreste, dato che esse possono essere poste in regioni del paese 1.0 SGR 0.5 Similarità diverse ragioni, ai frammenti residui più grandi. Primo, come enfatizzato nel modello illustrato precedentemente, differenti specie hanno differenti esigenze di area, e i grandi frammenti spesso saranno il solo rifugio per le specie che esistono a basse densità (come i predatori ai vertici della catena trofica e i grandi erbivori) o che sono specialisti per l'habitat le cui esigenze sono soddisfatte solo nelle grandi aree. Secondo, i grandi frammenti possono ben servire come fonti di immigranti per popolazioni marginali nei confinanti piccoli frammenti. Se alcune specie vengono mantenute in questi piccoli frammenti da tale "effetto salvataggio", allora i piccoli frammenti non rappresentano di per se una riserva vitale strategica (sebbene possano essere utili in una strategia regionale integrata). Terzo, l'andamento per i grandi frammenti sarà sempre quello di essere erosi, a meno che si riesca a proteggerli. A causa dei costi implicati, la responsabilità per l'acquisizione e la gestione di queste grandi riserve deve rimanere all'interno delle organizzazioni nazionali di conservazione. Quanto detto sopra, non significa denigrare il valore delle piccole riserve. Invece, la loro selezione emerge come una strategia logica quando si considerano i differenti livelli di organizzazione e di scala a cui è determinata la politica di conservazione. E' stato arguito sopra che i frammenti più grandi di habitat minacciato debbano generalmente essere ottenuti, come riserve, attraverso le organizzazioni nazionali di conservazione. Tuttavia, in un ambiente eterogeneo queste riserve possono non racchiudere tutte le variazioni d'habitat (e quindi tutti i caratteristici biota) presenti negli ecosistemi interessati. Quindi, suggeriamo che lo scopo principale delle organizzazioni di conservazione che operano su scala regionale debba essere quello di distribuire i loro fondi per l'acquisizione di terreno tra una serie di riserve di media dimensione designate per comprendere queste variazioni. Il controbilanciamento ottimale tra catturare più eterogeneità d'habitat (acquisendo diverse piccole riserve) e mantenere popolazioni vitali di specie area-sensibili (acquisendo poche grandi riserve) dovrà essere determinato da studi dettagliati di ciscun sistema particolare. La conservazione su scala locale, come quella su scala comunale, opera in condizioni di bilancio ristrette e quindi di dimensioni più ristrette per eventuali riserve (le quali saranno tutte piccole in termini assoluti). Tuttavia, è DPR 0.5 11 1.0 Fig. 7. Questo diagramma mostra come la similarità nella composizione in specie (coefficiente di Jaccard) tra due piccole riserve di uguale dimensione e la pendenza della relazione specie-area determinino se saranno preservate più o meno specie in una grande area o due aree più piccole della stessa area totale. Sopra la linea continua, una singola grande riserva (SGR) sostiene più specie; sotto di essa due piccole riserve (DPR) sostengono più specie. Le linee tratteggiate e l'area oscurata definiscono l'atteso parametro spazio quando la SGR è piccola in termini assoluti, e tutte le riserve sono geograficamente vicine (come quando la conservazione opera su scala locale. (Dopo Higgs & Usher, 1980). ampiamente separate. Su scala locale, possono esservi grandi benefici nel porre le riserve vicine una all'altra. Le grandi riserve nazionali possono servire come fonte di colonizzatori per le piccole riserve locali, le quali possono servire reciprocamente come passatoi. Questi benefici avvantaggeranno solo gli organismi più mobili come uccelli, pipistrelli, e quelle specie capaci di attraversare la varietà di habitat del paesaggio circostante (molti mammiferi della zona temperata). In termini di collegamento tra riserve, il valore dei corridoi per se è discutibile. E' improbabile che essi riducano l'isolamento di due riserve distanti, e la dispersione può avvenire in qualsiasi modo se le riserve sono vicine. Più utili sono le pratiche d'uso del territorio che permettono alle popolazioni di molte specie bersaglio di esistere almeno marginalmente nell'habitat circostante. Queste popolazioni possono allora diffondersi all'interno delle riserve. Forma delle riserve Diversi autori hanno raccomandato che le riserve siano di forma la più vicina possibile a quella circolare. Essi affermano che la ragione è quella di minimizzare le distanze di dispersione entro una riserva. Nel caso delle riserve forestali della zona temperata, possiamo aggiungere una seconda ragione: minimizzare la proporzione di margine di foresta rispetto all'interno della foresta. (Attraverso un simile ragionamento, il diboscamento non dovrebbe essere permesso all'interno della foresta. Se un diboscamento deve essere creato, esso dovrebbe essere posto più vicino possibile al margine unito insieme ad esso). Blouin & Connor (1985) hanno prodotto una dettagliata analisi statistica di dati sulle isole oceaniche, che suggerisce che la forma dell'isola non è importante nel determinare la composizione in specie delle isole studiate. Tuttavia, l'analisi tralascia il punto dell'applicazione della teoria delle isole alla gestione delle specie nelle riserve narurali. Essenzialmente, la circolarità nella forma dei frammenti di foresta può essere invocata puramente per diminuire l'impatto degli effetti margine. Questo non sembra essere importante negli habitat delle isole oceaniche, dove le interazioni tra specie lungo i bordi dell'isola sono molto infrequenti. Invece, a rischio di generalizzare eccessivamente, suggeriamo che la forma ottimale per ogni riserva di habitat sia circolare, al fine di minimizzare il contatto tra l'interno protetto e il circostante habitat. Gestione Infine, crediamo che a lungo andare di fatto tutte le riserve della zona temperata richiederanno una attiva gestione per evitare o superare gli squilibri ecologici creati dalla frammentazione o dalla attività umana. Una riserva ben progettata diminuirà ma raramente eliminerà la necessità di gestione. Una tale gestione può prendere diverse forme, compresa il trattamento controllato della vegetazione per preservare particolari stadi successionali (zone aperte per la farfalla Licena ario); l'eliminazione di specie esotiche (il maiale selvatico nel Parco Nazionale Great Smoky Mountains); o la selezione di popolazioni di animali "molesti". 12 FRAMMENTAZIONE DELLE FORESTE E CONSERVAZIONE DELLA DIVERSITA' BIOLOGICA quanto le molte combinazioni di complessi morfologici sono state modellate dal contesto ambientale entro cui si trova il genoma. La selezione naturale opera sui fenotipi, e le popolazioni consistono di fenotipi. Per esempio, in Florida e in tutti i tropici, rettili e anfibi dominano le comunità animali. Eppure, l'identità sessuale di specie stereotipiche come alligatori (Alligator mississippiensis ), serpenti a sonagli (Crotalus spp.), tartarughe del deserto (Gopher polyphemus ), tartarughe marine (Cheloniidae) e rane toro (Rana catesbeiana ) non è genetica ma è dettata dalla temperatura di incubazione delle uova. Quindi, le specie e anche gli individui, rappresentano molta più diversità di quanta possa essere misurata nei loro geni. E' a causa dell'importanza del contesto ambientale che la conservazione biologica è così tanto colpita dall'impatto umano sull'ambiente. Il fenomeno precedentemente descritto, riferito al sesso temperaturadipendente (Bull 1980), significa che non solo il rapporto tra sessi delle nascite di un'annata è governato dall'ambiente, ma anche i rapporto tra sessi delle attuali popolazioni di tartarughe marine e coccodrilli (a lunga vita) è stato determinato dalle temperature ambientali che prevalsero decine di anni fa. Finché la diversità dei siti di nidificazione, delle annate, e delle fonti di reclutamento delle popolazioni è grande, non v'è praticamente nessuna prospettiva per cui lo sbilanciamento del rapporto tra sessi diventi un problema. Tuttavia se a livello regionale eliminiamo la diversità delle fonti di reclutamento, delle condizioni di nidificazione e delle annate, entro la popolazione, andremo incontro ad un disastro. Il problema delle antiche foreste (a lunga crescita) è di intenso interesse attuale tra i biologi conservazionisti. Le esistenti foreste antiche sono il risultato di centinaia di forze ambientali e di comunità che hanno operato sui geni dei semi che sono germinati da 500 a 1.000 anni fa. Sebbene sia ovvio che la forma e l'aspetto degli alberi (es. bonsai) sono controllati dall'ambiente, è meno Introduzione Oltre 100 anni fa l'ecologo francese de Candolle osservò che "la frammentazione di una grande massa di terra in più piccole unità porterebbe necessariamente all'estinzione o allo sterminio locale di una o più specie e alla preservazione differenziale di altre" (de Candolle 1855). Questa osservazione, forse la prima a notare gli effetti della frammentazione dell'habitat, ha avuto profonde implicazioni verso gli ecologi e i gestori delle risorse dei giorni nostri. Insieme alla rimozione completa e permanente di grandi espansioni di foresta, la frammentazione dell'habitat sta avvenendo ad una velocità allarmante ed è la causa principale degli attuali problemi della conservazione biologica, molti dei quali stanno emergendo solo ora. Esiste la crescente preoccupazione tra i biologi conservazionisti che la frammentazione dell'habitat sia da annoverare tra le cause più serie dell'erosione della diversità biologica. Nelle parole di Wilcox & Murphy (1985), essa è "la più seria minaccia alla diversità biologica, e la causa principale dell'attuale crisi di estinzioni." Questo capitolo è dedicato principalmente al fenomeno della frammentazione dell'habitat, la sua natura e le sue conseguenze. Verrà focalizzata l'attenzione sulla frammentazione degli habitat forestali e, allo scopo di fornire esempi basati su dati, si utilizzeranno i dati provenienti dall'Ocala National Forest nel centro-nord della Florida. Definizioni e Chiarimenti La biodiversità, abbreviazione di diversità biologica, è "la varietà e variabilità tra gli organismi viventi e i complessi ecologici in cui essi si trovano". La componente ereditaria di questa diversità è propagata a livello molecolare ed è riferita come diversità genetica. Tuttavia tutti gli individui e i livelli più alti della diversità biologica come la comunità, sono modellati e scolpiti in un contesto ambientale. Quindi, la diversità fenotipica forma la diversità genotipica tanto 2 evidente che anche l'abbondanza di cavità e di strutture d'habitat utilizzati da tutte le specie boschive derivano da forze come attacchi fungini e putrefazione e dalle popolazioni di picchi scavatori. La presenza di uccelli obbligati alla nidificazione in cavità come l'uccello azzurro (Sialia sialis ), l'anatra sposa (Aix sponsa ), il falco (Falco sparvarius ) e il gufo comune (Otus asio ) è controllata dalle interazioni di comunità. La diversità genera diversità. La suggestione che una foresta antica possa essere duplicata attraverso la piantagione di stock di vivaio geneticamente migliorati rappresenta il culmine dell'ingenuità. Anche se un rimpiazzo forestale fosse ottenuto per mezzo di coltivazione fino ad età molto alta, questa azione presumerebbe che: Le foreste frammentate non sono la stessa cosa di foreste rappezzate Tutte le foreste rigenerate naturalmente sono rappezzate nel senso che gli alberi e gli organismi associati non si trovano secondo modelli uniformi. Le aree di foresta dominate da una specie, solitamente sfumano all'interno di aree dominate da un'altra; gli alberi cadono, creando squarci di luce, ad opera di insetti, infestazioni di funghi e/o di abbattimenti; Le piante rampicanti colonizzatrici possono così dominare gli alberi quanto offuscare del tutto la loro esistenza. Tuttavia, mentre gli ecologi potrebbero discutere la differenza tra i tipi di foresta a Q u e r c u s - C a r y a (quercia-noce americano) e a Fagus-Acer (faggio-acero), pochi sarebbero in grado di essere d'accordo sulla locazione di uno specifico confine tra esse. Nei sistemi naturali, un appezzamento generalmente sfuma in un altro; i tipi di foresta sono integrati. Un grande volume di letteratura scientifica si è interessata al rappezzamento ecologico, cioè, le "discontinuità nei caratteri ambientali che hanno significato ecologico per gli organismi e che sono rivelate in uno spettro quasi infinito di scale spaziali" (Wiens 1976). Quindi, una foresta rappezzata è una foresta dove l'eterogeneità e/o le discontinuità associate alla degradazione naturale dell'ambiente si accoppiano ai processi naturali rigenerativi e di colonizzazione degli organismi forestali. I ricercatori possono riconoscere molto bene i vari appezzamenti all'interno della foresta, tuttavia i loro confini sono totalmente artificiali (Fig.1A . Al contrario, una foresta frammentata può essere riferita come un paesaggio che è stato prima deforestato ma che ora consiste di zone forestali separate e talvolta isolate in una matrice di habitat non forestale. Con il progredire del grado di frammentazione, una foresta rappezzata naturalmente è trasformata in una foresta frammentata, quindi in numerosi frammenti di foresta, e infine in una singola zona insulare (Fig. 1). Come verrà poi discusso, le conseguenze di questi differenti stadi sono distinte. La dominanza dei tipi di alberi è un utile criterio per designare e mappare le foreste. Tuttavia, sebbene gli alberi siano necessari alla definizione di una foresta, certamente essi non sono sufficienti. Per esempio, i forestali considerano che una zona disboscata di foresta che sarà ripiantata con alberi debba essere classificata come area 1. l'alta età sia una rappresentazione adeguata di antico (che invece non è); 2. il rimpiazzo di alberi coltivati si sviluppi all'interno della foresta (il che può essere o può non essere); 3. gli alberi che sono piantati nel paesaggio fortemente alterato di oggi possano in qualche modo andare ad assomigliare ad una foresta che è stata generata da processi naturali in un ambiente molto differente come quello di 500 anni fa. Anche quando un appezzamento di alberi fosse uguale ad una foresta, se il genoma piantato ora fosse lo stesso di quello rimosso, e se tutti gli organismi presenti fossero reintrodotti mediante pianticelle, rimarrebbe una piccolissima eventualità che le forze che modellano queste pianticelle in un paesaggio di bosco tagliato siano simili a quelle che foggiarono lo sviluppo della precedente foresta antica. Il pieno completamento della diversità biologica rappresentata da un ecosistema di foresta antica è conosciuta solo vagamente e non può essere semplicemente rappresentata dal nostro attuale vocabolario o da un indice matematico e non può essere rigenerata dall'attuale tecnologia. Il vocabolario definisce frammento come una relativamente piccola porzione staccata da un qualcosa; frammentazione è la rottura o la separazione in frammenti. Perciò, nel contesto della conservazione biologica si definisce frammentazione forestale come un innaturale distacco o separazione di ampi tratti in frammenti spazialmente separati. 3 forestale (USDA 1978).Quindi, anche se un paesaggio precedentemente forestale che è privo al 90% di alberi possa sembrare una foresta frammentata ad un biologo conservazionista, è tecnicamente qualificabile come foresta non frammentata da un punto di vista di statistica forestale. Per essere efficace, la definizione di foresta deve fare riferimento anche alle caratteristiche strutturali che si trovano all'interno del designato ecosistema. Proprio mentre i frutteti formati da alberi da frutto o achenio non sono considerati foreste, non lo sono nemmeno le vaste tenute di paesaggi coperti da agrumeti, che generalmente vengono inclusi nelle statistiche forestali. Le conseguenze della frammentazione delle piantagioni sono vengono descritte qui. Similmente, il punto in cui un paesaggio coperto da alberi di Natale, equamente spaziati e curati, sfuma in una piantagione di tipiche conifere, o il punto in cui la seconda merita la considerazione di foresta, deve essere ancora risolto. Quindi, per accertare le conseguenze della frammentazione forestale, un biologo conservazionista deve valutare parametri quali: area di foresta. In ciascuno dei due casi verrà lasciata la stessa quantità di foresta: 5.000 ettari. D'altro canto, se il taglio è stato sparso attraverso l'intera zona, gli effetti della frammentazione potrebbero alterare seriamente la qualità dell'intero habitat, anche se l'area totale rimane la stessa. Similmente, diverse agenzie statali e federali degli Stati Uniti hanno programmi di acquisizione di habitat che consentono l'acquisto annuale di habitat selvaggio, oppure forniscono incentivi per la riforestazione di terreni agricoli. In questo caso, il livello di frammentazione forestale può essere accresciuto simultaneamente all'aumento dell'area invece che con la diminuzione dell'area forestale. La futura ricerca dovrà essere diretta verso la distinzione tra gli effetti della perdita d'habitat, quelli della frammentazione dell'habitat, e gli effetti delle interazioni tra i due fenomeni. Dal punto di vista di una tradizionale agenzia di risorse naturali si può concludere che una perdita del 90% di habitat forestale statale dovrebbe risolversi nella perdita del 90% di piante e animali selvatici. Questo può essere espresso in termini di dimensione di popolazione (per es. il 90% degli individui), specie, o semplicemente in termini di " animali e piante selvatiche". In ogni caso, la questione si riduce rapidamente a quanti individui o quante specie saranno persi. Tuttavia, solo quando le zone rimanenti si trovano in una serie di frammenti (come in Fig. 1 B), e solo nel grado in cui le risposte misurate siano differenti dalla predizione del 90%, possono essere distinti gli effetti della frammentazione dagli effetti della perdita di foresta (Fig. 1 D). D'altro canto, i principi della biogeografia (MacArthur & Wilson 1967) possono condurre a ipotesi completamente differenti. Gli habitat isola di dimensioni dieci volte più grandi sono attesi sostenere il doppio delle specie di un appezzamento di riferimento, mentre quelli di un decimo della dimensione sono attesi sostenere la metà delle specie (Harris 1984). Quindi, se il 90% dell'habitat viene perso, ma il rimanente 10% si trova in un singolo appezzamento, allora ci si può attendere solo un 50% di riduzione nelle specie. E' chiaramente di un certo significato se gli effetti della frammentazione sono saggiati confrontando gli habitat forestali come rappresentato dalla Figura 1A contro 1B, 1A contro 1D, oppure 1B contro 1D. 1. quantità, composizione e distribuzione della residua foresta; 2. rapidità di degradazione tra i rimanenti appezzamenti; 3. continuità o interruzioni nella distribuzione e movimento degli organismi nativi; 4. composizione e struttura della vegetazione che costituisce ora la matrice del paesaggio; 5. la configurazione compositiva dell'intero paesaggio. La frammentazione della foresta può essere indipendente dalla perdita di foresta Si assume comunemente che la frammentazione della foresta sia semplicemente un aspetto della perdita totale di foresta o che la perdita di habitat segua necessariamente la frammentazione di foresta. Entrambi i casi non sono veri. Sebbene i due fenomeni avvengano comunemente in modo simultaneo, essi possono essere indipendenti, ed è importante per i ricercatori distinguere tra i due fenomeni. Per esempio, un'azienda forestale può rimuovere dieci tagli da 50 ha in una densa foresta di 5.000 ha e acquistare simultaneamente una zona adiacente di 500 ha di foresta o forse ripiantare una uguale 4 L'habitat frammentato non è la stessa cosa dell'habitat insulare frammentata, una serie di frammenti forestali, o una zona insulare di habitat, devono essere giudicate sulla base degli specifici dati sulle specie. Per esempio, il coguaro (Felis concolor ) è un generico per l'habitat, e un singolo maschio dominante può spaziare per oltre 100.000 ha. Un paesaggio forestale, ora prevalentemente disboscato ma in precedenza ben coperto, che contenga una zona residua di 10 ha di foresta per ogni 10.000 ha (0.1%) di precedente foresta, dovrebbe contenere 10 zone all'interno del territorio d'azione di un singolo coguaro. Perciò dal punto di vista dei coguari e di altre specie generiche ad ampio areale come l'orso nero (Ursus americanus ) o il wapiti (alce canadese, Cervus canadensis ), il paesaggio appare contenere frammenti di foresta ampiamente dispersi. I tacchini selvatici (Meleagris gallopavo ) fanno più affidamento sull'habitat forestale e hanno territori d'azione solitamente meno di poche migliaia di ettari; Se essi si trovassero nello stesso paesaggio, i loro centri di attività sarebbero legati ad una singola isola forestale, e raramente verrebbero in contatto con due o più frammenti nel corso dei loro spostamenti giornalieri. Quindi, dal punto di vista dei tacchini, il paesaggio sarebbe costituito da foresta rappezzata. L'uccello canoro parula (Parula americana ) allestisce territori riproduttivi di 1-2 ettari, e perciò tre o più coppie potrebbero riprodursi in una zona di 10 ha. Di conseguenza, la loro distribuzione in un simile paesaggio sarebbe ammucchiata. Le interazioni ecologiche tra uccelli all'interno di una zona sarebbero probabilmente intense, ma le interazioni tra uccelli di appezzamenti separati sarebbero quanto meno deboli. Le popolazioni di insetti fasmidi (Orthoptera: Phasmatidae) potrebbero trovarsi in ogni habitat insulare, e ciascuna di esse potrebbe esistere per numerose generazioni interamente all'interno di una singola zona. Dato che la distanza tra le zone sarebbe relativamente molto grande rispetto ai loro normali movimenti, le interazioni tra subpopolazioni avverrebbero molto raramente. Quindi, ogni data zona potrebbe essere descritta come habitat insulare relativamente agli insetti fasmidi. La distinzione tra quello che appare come un universo forestale, una foresta frammentata e un frammento di foresta dipende chiaramente dalla prospettiva. La susseguente valutazione delle conseguenze sarà marcatamente differente. Quando l'utilizzo del territorio invade una zona di foresta e la separa completamente dalla foresta originaria o la circonda completamente isolandola, allora la zona diventa un'isola di habitat forestale, ed è considerata come un habitat insulare (Fig. 1 C). In altre parole, finché gli organismi e i processi ecologici caratteristici delle foreste continuano a dominare, la si considera come una foresta frammentata (Fig. 1 D). Come la matrice che circonda il paesaggio cambia da una che è dominata dai flussi d'energia e di materia caratteristici delle foreste ad una che non lo è, allora essa cessa di essere una foresta frammentata e diventa al massimo una serie di frammenti di foresta. Quando una zona di foresta diventa funzionalmente isolata da altre grandi zone di foresta, essa viene designata come isola forestale. In altre parole, definiamo habitat insulare quello che si trova quando i flussi di materia e di energia al di là dei confini dell'habitat isola diventano totalmente dominati dai flussi verso o da una matrice di paesaggio non forestale. Un frammento di foresta diventa un habitat insulare quando è sufficientemente isolato dallo spazio biogeografico e dalla differenziazione della matrice di paesaggio da permettere alle interazioni con la matrice di dominare in modo schiacciante sulle interazioni con le precedentemente collegate zone di foresta. Gli effetti della frammentazione dipendono dalla scala e dal normale tipo di movimento degli organismi in questione La frammentazione dell'habitat deve essere visto come un problema multidimensionale. Quello che per una specie specializzata costituisce un frammento isolato, può non essere isolato e nemmeno un frammento per specie generiche ad ampio areale. Al contrario, una strada che sostiene una pesante corrente di traffico può costituire una forza frammentatrice molto più forte per una specie generica ad ampio areale che per spostarsi deve attraversarla (e venire uccisa su di essa) che per una specie specializzata sedentaria (Harris & Gallagher 1989). Dato che la maggior parte delle specie possiede un bisogno unico di spostarsi e dato che esse esprimono tolleranze differenti al disturbo dell'habitat, le distanze interposte che determinano se il paesaggio è una foresta 5 Caratteristiche Strutturali Dispersione degli Alberi più basse verso quelle più alte. Si ha anche frammentazione regressiva quando lo sviluppo della popolazione urbana si spinge verso una grande zona di foresta e causa una regressione dell'area naturale e della selvaggina a favore dello sviluppo (Fig. 3 A). Significativamente, c'è sempre un retroterra, e non importa quanto possano essere severi gli effetti confine sul fronte, l'immigrazione e l'emigrazione potranno essere ancora possibili nella direzione opposta alla forza frammentatrice. •La frammentazione avvolgente avviene quando le pressioni del disboscamento e dello sviluppo, o entrambe, circondano il perimetro di una zona e causano una contrazione dell'area forestale in tutte le direzioni (Fig. 3 B). Dato che vi sono minori, se non nessuna, opportunità per l'immigrazione e/o l'emigrazione in una foresta contigua, le conseguenze sono ritenute essere molto differenti. Dato che anche la natura delle interazioni con il circostante habitat è differente, la contrazione di un'area forestale in una matrice non forestale provoca effetti molto più severi di quelli che si avrebbero se una zona fosse semplicemente tagliata da un'estesa foresta. Una ragione per ciò deriva dagli effetti confine. Mentre la zona tagliata manifesterà alcuni effetti dovuti ai confini alterati e alla matrice parzialmente differente, le zone insulari che sono create dalla frammentazione avvolgente soffriranno gli effetti della ridotta dimensione dell'habitat e dell'aumentato isolamento, ed entrambe queste conseguenze saranno amplificate dagli effetti confine con la matrice circostante. •La frammentazione divisiva (Fig. 3 C) si verifica quando una forza intrusiva come una barriera, una strada accompagnata da recinzione, una linea elettriche, o una ferrovia, taglia in due un'estesa zona in modo tale da ostruire in modo significativo il movimento degli animali. Gli effetti di questo tipo di frammentazione si pensa siano proporzionali all'amplitudine delle forze divisive e alla severità della separazione delle due parti. •La frammentazione intrusiva avviene quando un habitat forestale viene rimosso o fortemente alterato al suo interno, come potrebbe risultare disboscando un appezzamento di bosco all'interno di un'esistente tratto di foresta (Fig. 3 D). Mentre i primi tre tipi di frammentazione incidono direttamente sulla matrice circostante (il contesto) e condizionano e La precedente discussione è stata focalizzata su situazioni in cui la composizione degli appezzamenti di foresta differiscono fortemente dalla matrice circostante. Deve essere anche riconosciuto che la struttura della foresta entro zone differisce in quantità maggiore di quanto non sia il grado di distinzione tra la zona di foresta e la matrice che la circonda (Fig. 2 C). Consideriamo la differenza tra una strutturalmente complessa foresta antica che sostiene solo circa 25 grandi abeti Douglas (Pseudotsuga m e n z i e s i i ) per ettaro ma migliaia di tonnellate di legno morto e di piante di sottobosco, e un terreno boschivo che ha l'esatto numero di alberi vivi maturi ma poco o niente sottobosco. Se entrambi sono stati circondati dalla stessa matrice di area disboscata, sembra improbabile che le conseguenze della frammentazione siano simili. Non solo deve essere considerata la complessità strutturale delle foreste residue; anche la struttura e il grado di distinzione della circostante matrice sono ugualmente rilevanti. Le forze frammentatrici possono essere invadenti, avvolgenti o intrusive Diversi processi conducono alla frammentazione della foresta, a cui seguono tipi di paesaggio sensibilmente differenti. Sfortunatamente, la ricerca sulla frammentazione dell'habitat n o n è sufficientemente progredita perché le distinzioni tra tipi di frammentazione, i risultanti tipi di paesaggio, e le conseguenze per la diversità biologica possano essere differenziate nella letteratura scientifica. Sarà necessaria la chiarificazione delle differenze nei tipi di frammentazione prima che possano essere fatti dei significativi progressi nella conoscenza e predizione degli effetti della frammentazione. •La frammentazione regressiva si verifica quando il taglio della foresta avviene da una singola direzione e il fronte della foresta è semplicemente spinto indietro da successivi attacchi di taglio. Questo avviene comunemente quando le aree costiere vengono coltivate e la popolazione umana espande l'entroterra o quando il disboscamento avanza in altura dalle quote 6 indirettamente la struttura forestale, questa forma incide direttamente dall'interno sull'integrità strutturale della foresta, vale a dire, incide direttamente sul contenuto e indirettamente sul contesto. Sebbene potrebbe sembrare che l'effetto finale sul tipo di foresta possa essere lo stesso sia se l'apertura inizi all'interno e operi verso l'esterno o viceversa, sembra intuitivo che le conseguenze per la diversità biologica residua potrebbero essere molto differenti. •La frammentazione invadente è distinta sia dalle forme regressiva che avvolgente visto che il paesaggio forestale è comunemente rimosso sia sull'uno che sull'altro lato di una lineare esposizione o striscia forestale, ma la striscia rimane connessa ai grandi appezzamenti di foresta su entrambi i lati. Ne consegue che l'energia, la materia e gli organismi possono continuare a spostarsi liberamente lungo il frammento ma sono totalmente isolati tranne che per l'effetto corridoio (Fig. 3 E). Due o più di questi tipi di frammentazione possono incidere su una singola zona forestale, e verrà mostrato in un prossimo paragrafo quanti dei differenti tipi siano operativi simultaneamente. Comunque, una chiara conoscenza degli effetti della frammentazione non è possibile finché che non vengono distinti dai ricercatori i vari tipi e gradi di frammentazione. brecce naturali purché i singoli tagli siano relativamente piccoli rispetto all'estensione totale della foresta, e purché l'area totale di foresta tagliata non ecceda il 50% della superficie totale forestale. In altre parole, purché i piccoli tagli costituiscano una percentuale minoritaria della estensione totale forestale e avvengano in una matrice di foresta matura, le specie native della foresta possono essere in grado di persistere nelle foreste frammentate. La percentuale di paesaggio rimanente nella foresta matura e la sua collegabilità sono, tuttavia, delle importanti considerazioni in quanto le specie della foresta matura hanno intrinsecamente basse capacità di dispersione in confronto alle specie dei primi stadi successionali le quali hanno intrinsecamente capacità di dispersione più elevate. Le zone relitto di foresta matura o antica hanno bisogno di essere grandi abbastanza per mantenere al loro interno le condizioni forestali per le specie che richiedono tali condizioni. Quando una porzione di foresta da taglio viene a dominare il paesaggio e i frammenti di foresta relitto che rimangono vengono ad esistere in una matrice di paesaggio da bosco da taglio, le relazioni faunistiche cambiano drasticamente. Le specie evolute per esistere in una matrice forestale, sebbene rappezzata, si trovano improvvisamente di fronte la prospettiva di esistenza in un paesaggio di bosco da taglio. Inoltre, quando la matrice della seconda crescita aumenta, le specie c o m u n i e opportunistiche colonizzano il nuovo habitat ed esercitano livelli amplificati di competizione, parassitismo e predazione sulle rimanenti specie forestali. L'intera gamma di effetti sulla frammentazione dell'habitat che è stata segnalata in letteratura non può essere conosciuta senza introdurre prima il concetto di fauna. Aspetti Descrittivi degli Effetti della Frammentazione Quando viene tagliata e rimossa una zona di foresta matura, viene introdotto un nuovo habitat e viene creato un secondo nuovo habitat. Questo per due ragioni. Il sito dove esisteva la foresta matura non è più di foresta matura; esso è un nuovo tipo di habitat, e l'intera composizione del paesaggio forestale è stata cambiata. Molte forze naturali come uragani, tornado, incendi, esplosioni di insetti, hanno creato delle brecce nelle foreste naturali. Queste brecce erano uno stadio naturale nel processo di rigenerazione forestale e sono quindi riferite come la fase breccia della rigenerazione delle foreste. Le specie opportunistiche che si sono evolute per abitare o dipendere su queste brecce, sono chiamate specie della fase breccia. Sebbene le raccolte di legname siano ecologicamente molto differenti dai processi naturali che hanno formato le brecce, i tagli di legname possono essere accostati alle Fauna contro Selvaggina Da quando Linnaeus lo usò nel secolo diciottesimo, il termine fauna si riferisce all'assemblaggio di animali che è sufficientemente caratteristico di una particolare area o era e che è distinguibile dalla vita animale di altre aree o ere. Oltre alle specie effettivamente presenti, possono essere usate, per distinguere una fauna da un'altra, caratteristiche come taxa unici o endemici, taxa primitivi contro taxa recenti, forme di vita animali (esempio: scavatori, corridori, arborei), dimensione media del 7 corpo (esempio: grande selvaggina di pianura oppure piccola specie di foresta), il modo di foraggiare (esempio: pascolatori, brucatori, granivori, frugivori, insettivori), e le relazioni trofiche (esempio: piramidi trofiche). Per esempio, le faune di tundra, foresta, pianura e deserto sono così distintamente differenti che non possono essere confuse una con l'altra. Per poter cambiare da una fauna ad un'altra devono avvenire alterazioni significative sia nella presenza o assenza che nella abbondanza relativa delle specie. Per esempio, sterminando semplicemente una specie o due dalla fauna del deserto, questa non cambia in fauna di pianura. Al contrario, l'invasione di una fauna da parte di una o poche specie esotiche non è da sola la causa di ridisegnazione. Tuttavia se la perdita di una significativa specie nativa è sostituita con l'invasione di una significativa specie esotica, e questi eventi portano alla fine ad importanti cambiamenti a tutti o alla maggior parte dei parametri sistematici ed ecologici identificati prima, allora nella fauna nativa è avvenuto un cambiamento. Questo è precisamente quello che avviene quando un paesaggio precedentemente a foresta è trasformato o in una foresta frammentata o in una serie di frammenti di foresta. Contrariamente al termine di fauna, il termine selvaggina è di creazione molto recente e ha avuto il suo primo uso ufficiale con la formazione della The Wildlife Society nel 1937 (Meine 1988; Hunter 1990). Esso si riferisce a tutte le piante e animali che si dispongono liberamente in un'area e non distingue tra specie da caccia o non, tra comune o rara, tra nativa o esotica. Perciò, allo stesso tempo in cui gli effetti della frammentazione della foresta sulla fauna nativa possono essere catastrofici, può essere non possibile convincere i non ecologi che non ci sono stati effetti sulla selvaggina oltre ad un cambiamento nell'abbondanza in specie. Infatti, in molti casi, la frammentazione conduce ad un aumento sia in specie che in abbondanza. Dato che il termine selvaggina è così generale, e dato che tutte le specie sono assunte essere di uguale valore intrinseco, le discussioni degradano presto in asserzioni sui pregiudizi e i favoritismi umani. Il rilassamento faunistico si riferisce a quel processo per mezzo del quale il numero di specie abitanti in un'area si approssima ad un equilibrio dinamico t r a tassi di colonizzazione e di estinzioni locali. Sebbene applicato originariamente alle vere isole, il concetto è stato rapidamente applicato agli habitat isola e tacitamente espanso ad abbracciare la perdita di specie con certe caratteristiche e l'aumento di dominanza di specie con caratteristiche differenti. Harris (1988) allargò il termine ulteriormente per includere i più diversi cambiamenti nella fauna nativa a seguito della frammentazione d'habitat. Quando le grandi espansioni di foresta a densa chioma sono tagliate e frammentate, le originarie comunità vegetali e animali si "rilassano" verso una nuova galassia di specie; come gli appezzamenti di habitat diventano più piccoli, la proporzione di specie tolleranti i confini e opportunistiche continua ad aumentare. Coerentemente con la formulazione originaria, usiamo il termine rilassamento faunistico per indicare il collettivo set di risposte faunistiche all'habitat ridotto in area e/o alla sua frammentazione e/o alla sua i n s u l a r i z z a z i o n e . Q u e s t e risposte comprendono (1) la perdita di certe specie native e l'aumento in abbondanza di altre; (2) la colonizzazione da parte di specie aliene; (3) la depressione da inincrocio dovuta alla piccola dimensione di popolazione di specie isolate; (4) drastico cambiamento nella frequenza di distribuzione delle specie come risultato dell'azione dei punti precedenti. Per esempio, la frammentazione della foresta si manifesta solitamente in una serie di frammenti che sono troppo piccoli e/o troppo separati per fornire un habitat adeguato per la dimora o il successo riproduttivo di alcune specie. Queste sono indicate come specie area-sensibili in quanto esse richiedono grandi territori o aree in cui foraggiare o spostarsi, e subiscono un impatto negativo da parte della riduzione dell'area dell'habitat. Anche quando l'area totale di foresta matura viene tenuta costante, ma intervengono forze frammentatrici, queste specie subiscono frequentemente insostenibili alti livelli di mortalità quando si spostano da un frammento all'altro. Un secondo gruppo di organismi abita solo le porzioni interne di zone relativamente grandi; questi sono definiti come specie interne dato che il loro habitat esiste solo ad una certa distanza dal confine della foresta. Mentre tutte le specie interne appaiono essere area-sensibili ad un grado più o meno elevato, le specie come l'orso bruno e l'allocco striato (Strix varia ) sono specie area-sensibili ma non sono specie interne. 8 A meno che le specie beneficino dalle aperture e dai confini, la frammentazione che si accompagna alla riduzione areale di una foresta deve ridurre le popolazioni anche di quelle specie che sono tolleranti agli effetti della frammentazione. Questo comporta importanti conseguenze dal momento che gran parte del valore utilitario che deriva dalla selvaggina (incluso i servizi ecologici come l'impollinazione) dipende dalle grandi vitali popolazioni. Quindi, la mera riduzione di una specie a rarità può detrarre una grande quantità del suo valore utilitario. Inoltre, queste popolazioni ridotte sono sottoposte ad una nuova serie di incertezze non condivise dalle grandi popolazioni, e quindi esse possono anche diminuire e diventare localmente estinte. Le aleatorietà associate alla piccola dimensione di popolazione sono classificate come (1) demografiche, quali l'incerto rapporto tra sessi, numero di prole, o età di decesso; (2) g e n e t i c h e , come l'incertezza associata all'inincrocio e al drift genetico. Il risultato collettivo è che vengono perse le specie endemiche e/o caratteristiche e senza dubbio anche il caratteristico assemblaggio di specie forestali. Non è infrequente osservare aumenti in ricchezza in specie associati alla frammentazione. Questo perché anche se vengono perse alcune specie native di foresta, molte nuove specie sono attratte dalla foresta secondaria che ora costituisce la matrice del paesaggio. Dato che nella foresta originaria le brecce e la crescita secondaria sono meno abbondanti, meno prevedibili e più varie, le specie della foresta secondaria hanno evoluto capacità di alta dispersione e colonizzazione. Esse colonizzano prontamente e prosperano ovunque si trovi la foresta secondaria. E, diversamente dalle specie specializzate della foresta matura che hanno areali geografici più stretti, le specie generiche della foresta secondaria hanno ampia distribuzione e sono pronte ad ampliarla ulteriormente. Quindi, una delle più grandi preoccupazioni associate al problema della frammentazione dell'habitat è che l'identità e la distinzione delle faune di tutte le regioni del mondo stanno per essere erose e rimpiazzate da un insieme omogeneizzato di selvaggina. Sembra che l'omogeneizzazione delle faune e flore regionali rappresenti tanto una seria minaccia alla risorsa diversità biologica quanto la perdita di molte specie di foresta matura. Relazioni specie-area per zone insulari di foresta La relazione specie-area viene frequentemente descritta da questa equazione: S=cAz (1) Quando i valori dell'esponente (z) sono positivi, questa relazione predice che aree più grandi conterranno più specie di aree comparabili ma più piccole. Inoltre, questa relazione si è dimostrata applicabile generalmente sia ai dati di enumerazione, quando si conta ogni specie presente, sia ai dati da campionatura derivati contando il numero che si trova in aree campioni di varie dimensioni. Grosso modo si mantiene la stessa relazione, tuttavia con differenti valori dei parametri, sia che si debba trattare con aree campioni di differenti dimensioni estratte da un universo più grande, sia da habitat discreti come le isole (Fig. 1A contro Fig. 1B). Proprietà aggiuntive di questa relazioni sono anche le seguenti. Quando il valore dell'esponente z è tra 0 e 1 (di gran lunga il più comune), ogni addizionale unità d'area aggiunta alla dimensione dell'area o dell'isola contribuisce con un numero di nuove specie sempre più piccolo al totale cumulativo. Un importante corollario, ma comunemente trascurato, di ciò è che la densità di specie (il numero di specie per unità di area) declina con l'aumentare dell'area. E' comunemente implicito (e talvolta affermato) che l'equazione (1) produca una curva che "livella", cioè abbia un punto di flessione in alcune sezioni strettamente definite del suo percorso. Questo, tuttavia, non è vero. Una condizione necessaria per cui ogni funzione y = f(x) abbia un punto di flessione ad x = xo è che: d2 y =0 d x2 (2) cioè, ad un punto di flessione di y = f(x) la derivata seconda sia zero. La curva specie-area (1) con 0<c, 0<z<J ha una derivata seconda: d2 S = d A2 con 9 = cz (z - 1) A z-2 (3) cz (z - 1) < 0, -2 < (z - 2)< -J. Vale a dire, d2 S = d A2 < 0, tutti gli 0 < A. In altre parole, d2 S = d A2 (4) non è mai 0 e S = c Az non ha punto di flessione. Il significato di ciò nella realtà è che c'è una continua diminuzione del tasso di incremento cumulativo di specie aggiunte in risposta all'aumento della dimensione dell'area campione e/o di un aumento della dimensione dell'habitat isola. Al contrario, se si continua a ridurre la dimensione dell'area, non c'è nessun punto in cui la perdita di specie diventa notabilmente accentuata. Perciò, se si sta perdendo habitat, come nella riduzione della dimensione delle isole di foresta, o se si sta discutendo su alcune dimensioni minime critiche necessarie per un'area protetta, non c'è nessun "punto di rottura" in cui il numero di specie aggiunte sia notabilmente diminuito o accelerato. Ogni limite di dimensione del frammento di foresta o di dimensione dell'habitat isola che viene scelto come punto di decisione, è definito soggettivamente e non matematicamente. Ogni "livellamento" percepito, che spesso viene dato come giustificazione per tali decisioni, è semplicemente un artefatto di scala. A scopo dimostrativo consideriamo il seguente esempio. Se si dovessero raccogliere dati rappresentativi sulle specie che si trovano in appropriate aree protette di una regione, allora diventa un semplice esercizio derivare l'equazione più adatta (ad es., almeno di secondo grado) per spiegare la ricchezza in specie che si trova nelle differenti aree. Per questo proposito si usa la seguente equazione: S = 16.3 A0.16 (5) Questa equazione può quindi essere usata per predire il numero di specie che probabilmente si trova in ogni comparabile area naturale entro l'universo di campionamento. La Riserva Statale di San Felasco Hammock, è un'area protetta di 2.400 ha nella Contea di Alachua, Florida. Il Rifugio Naturale Nazionale di S. Marks, costituisce una seconda importante area protetta nella Florida del nord che è approssimativamente dieci volte più grande (26.000 ha) della prima, e la Foresta Nazionale Ocala costituisce una terza importante area protetta che è quasi dieci volte ancor più grande (182.000 ha). Può essere prontamente notato dalla Fig. 4, che la Riserva San Felasco Hammock si colloca ben all'esterno sopra la parte appiattita della progettata curva specie-area. Similmente, sarà notato dalla Fig. 4, che il Rifugio Naturale S. Marks si colloca anch'esso ben sopra la porzione appiattita della sua curva specie-area. E anche la Foresta nazionale Ocala cade ben sopra l'area appiattita della curva specie-area. Ciascuna di queste curve è prodotta esattamente con la stessa equazione, e i grafici sono differenti solo nella scala usata lungo gli assi. Ora, al contrario, riporteremo una impressione completamente differente se guardiamo la relativa posizione delle tre aree quando queste vengono poste sullo stesso grafico in Fig. 5. Occorre ricordare che i tre grafici di Fig. 4 e il singolo grafico di Fig. 5 descrivono tutti la stessa relazione numerica, vale a dire quella dell'equazione (5). Possiamo dedurre da questo esercizio un efficace principio di conservazione: se la decisione comporta l'aggiunta o la sottrazione del valore incrementale di area dall'area di conservazione, il giudizio del valore è soggettivo e biologico, non matematico. Inoltre, le percezioni ottenute da un grafico della curva specie-area potranno essere tanto ingannevoli quanto convincenti. E più significativamente, uguali incrementi (o decrementi) di area appariranno sempre più critici per le piccole aree, vale a dire, quelle che si trovano alla sinistra del grafico rispetto alle grandi aree che si trovano sulla destra. Inoltre, gli incrementi o i decrementi areali appariranno sempre meno consequenziali alle aree che si trovano verso il lato destro del grafico. O, detto in altro modo, apparirà meno minaccioso diminuire lievemente l'areale di una zona se essa è posizionata vicino al margine destro del grafico, e apparirà più redditizio aggiungere area alla zona che è posizionata vicino al margine sinistro del grafico. Se si desidera fare uno specifico caso riguardo ad una specifica area, è necessario scegliere semplicemente le comparazioni in modo prudente. Processi ecologici e frammentazione forestale 10 I precedenti paragrafi hanno descritto una serie di problemi interpretativi e di cambiamenti strutturali associati alla frammentazione dell'habitat. Ora descriveremo i cambiamenti nelle relazioni ecologiche di popolazioni animali che abitano il paesaggio di foresta frammentata. La competizione per le limitate risorse della foresta come alberi morti e cavità per la nidificazione, può essere critica al mantenimento della biodiversità forestale. I processi di frammentazione forestale conducono non solo a ridotti livelli di alberi morti posizionati, ma anche ad un incremento nell'abbondanza di aggressivi competitori per le cavità. Una caratteristica delle foreste antiche è la comune presenza di alberi morti. Le invasioni fungine conducono alla frequente presenza di rami marci, e quando a ciò viene accoppiato alle grandi popolazioni di picchi che vi scavano cavità nido, sembra non esservi nessuna carenza di nidi per i nidificatori obbligati delle cavità secondarie (per esempio, quelli che non possono scavare cavità), che vanno dall'uccello azzurro all'anatra sposa e allo scoiattolo grigio (Scirus carolinensis ). Tuttavia, contrariamente alle foreste antiche, i paesaggi disboscati, le aree a selvicoltura, le foreste secondarie, e specialmente le piantagioni a conifere non ospitano grandi quantità di alberi morti. Dal momento che i picchi scavano cavità solo nel legno morto, la competizione per le cavità nei paesaggi dominati da questi usi del territorio può essere severa. La predazione eguaglia o supera la forza della competizione nel guidare i processi della selezione naturale verso il mantenimento della diversità biologica. I livelli amplificati della predazione dei nidi sono una forza importante nelle foreste frammentate. Molti ricercatori hanno documentato casi di alti livelli di predazione nelle radure forestali così come hanno evidenziato quanto la vicinanza al confine della foresta amplifichi gli effetti della predazione sulle specie forestali. Molti organismi riproduttivi affrontano un duplice rischio perché sono attratti a nidificare o a riprodursi vicino al bordo della foresta, precisamente dove i tassi di predazione sono i più elevati. Gates & Gysel (1978) coniarono il termine di trappola ecologica per riferirsi a questo fenomeno, mentre altri studiosi hanno dimostrato quanto possa essere negativa la produzione netta degli uccelli nidificatori nelle foreste altamente frammentate. Per esempio, Robinson (1991) trovò poche prove di successo riproduttivo negli uccelli di foresta che svernano ai tropici ma che si riproducono nell'Illinois (migranti neotropicali). La maggior parte dei nidi trovati nell'area fallirono a causa degli alti tassi di predazione (l'80% di tutti i nidi) e al parassitismo sulle covate trasmesso dagli uccelli che covano (76% delle covate degli uccelli migratori). Presi insieme, questi dati suggeriscono fortemente che le popolazioni della maggior parte dei migratori neotropicali non producono abbastanza prole da rimpiazzare se stessi in quell'area. Due distinti gruppi di predatori sono implicati. I mammiferi come le volpi (Vulpes fulva, Urocyon sp.), moffette (Mephitis spp. e Spilogale spp.), procioni (Procyon lotor ), cani domestici (Canis familiaris ) e gatti (Felis domesticus ) sono principalmente predatori di nidi a terra. Dato che essi sono atti alla corsa, sono preminentemente notturni e cacciano usando il fiuto, hanno un effetto limitato sulla nidificazione aerea. Gli uccelli della famiglia Corvidae (corvi imperiali, cornacchie e ghiandaie) sono diurni, cacciano usando la vista, e predano su ogni nido aperto, sia al suolo che sopra di esso. Entrambi i gruppi (mammiferi di media taglia e uccelli corvidi) abbondano nei paesaggi dominati dall'uomo ed esercitano una pressione predatrice straordinariamente alta sugli organismi nidificatori negli ambienti di foresta frammentata. Il danno causato dalla predazione spesso è amplificato quando il predatore è una specie aliena. Savidge (1987), per esempio, trovò che la introdotta serpe arborea bruna (Boiga irregularis ) era responsabile dell'estinzione o del declino di 10 specie di uccelli nativi della foresta sull'isola di Guam. In particolare, la tortora delle Filippine (Streptopelia bitorquata ), che nidifica sui residui vegetazionali, è stata trovata essere fortemente affetta dalla predazione dei serpenti (Conry 1988). Il parassitismo è previsto in aumento nei sistemi stressati, siano essi organismi che comunità. Una forma di parassitismo che è stata riportata opprimere seriamente la comunità animale delle foreste frammentate del Nord America, è il parassitismo dei nidi da parte delle femmine di molotro nero (Molothrus ater ). Naturalmente rara nel Nord America orientale, questa specie di uccelli ha proliferato in tutto l'est seguendo 11 gli insediamenti umani e la frammentazione sono state ridotte nei frammenti di foresta, e della foresta. Secondo alcuni autori forse è stata la riduzione di questi organismi (Mayfield 1977), l'effetto di queste femmine che ha provocato il sospetto declino dei tassi di uccelli è particolarmente insidioso in di decomposizione. Tuttavia, deve essere quanto esse usano molte specie differenti di effettuata molta ricerca ancora, prima di poter ospiti e perciò il loro parassitismo su ogni sviluppare un modello di andamento. singola specie non si riduce neanche quando In totale, si può ora dimostrare che la la popolazione ospite è vicina all'estinzione. frammentazione della foresta non solo Una seconda specie, il molotro bonariense condiziona direttamente la presenza e (M. bonariensis - che parassita anch'esso i l'assenza delle specie, ma altera anche i nidi di altri uccelli deponendo le sue uova in processi ecologici fondamentali che altri nidi come il nostro Cuculo), ha una modellano e governano la natura delle distribuzione più tropicale ma ha espanso comunità ecologiche (Tab. 1). Quando si rapidamente il suo areale verso nord osserva una sufficiente alterazione dei attraverso le Antille (Wiley 1988) e ha ora processi ecologici, il passivo processo di colonizzato la punta a sud della Florida. Essa rilassamento faunistico può accelerare sino a pone una seria minaccia all'avifauna della diventare un attivo collasso faunistico. In Florida. altre parole, intere faune native possono La quota di nidi di uccelli forestali parassitati crollare a causa di meccanismi ecologici è fortemente correlata alla vicinanza dei bordi alterati che creano effetti "domino" che tra la foresta e le radure come quelle propagano all'intera comunità ecologica. introdotte con il taglio del legname, posa di linee elettriche, o appezzamenti di terreno Autostrade e frammentazione dividente destinati all'alimentazione nella gestione della selvaggina da caccia. Numerose specie della Molto è stato detto sulla distinzione tra le foresta orientale sono ora minacciate vere isole che sono isolate mediante l'acqua e d'estinzione dovuta alla predazione e al gli habitat terrestri isole che sono isolati in parassitismo del nido a causa delle pratiche una matrice di paesaggio dominata di gestione della selvaggina che hanno dall'uomo. E' comunemente sottinteso che inavvertitamente massimizzato la l'acqua costituisca una barriera alla frammentazione dell'habitat sotto la parvenza immigrazione e alla emigrazione più seria della massima dispersione. La dendroica di rispetto agli artefatti umani come le città e le Kirtland (Dendroica kirtlandii ) è sospesa grandi autostrade. E' vero proprio il sul filo dell'estinzione, e la sua stretta parente contrario. Ad esempio, in Florida per dendroica di Bachman (D. bachmanii ) ospitare il fenomenale tasso di crescita della potrebbe essere stata già sterminata da queste popolazione umana e l'industria del turismo forze (Harris 1988). riguardante 40 milioni di turisti all'anno, lo Si teme che tassi di decomposizione siano stato ha costruito strade asfaltate ad una colpiti dalla frammentazione della foresta, velocità di 6 km/giorno negli ultimi 50 anni. essendo i tassi superiori di decomposizione Mentre le specie native della Florida si sono associati alla foresta intatta e quelli inferiori evolute in un ambiente circondato dal mare, associati alle più piccole foreste isola (Klein nessuna di esse si è evoluta in presenza 1989). In molti ecosistemi forestali, traffico ad alta densità e velocità. Le specialmente quelli tropicali, i nutrienti conseguenze sono devastanti. disponibili sono altamente limitanti, e quindi La mortalità da collisione tra veicoli a motore la ridotta decomposizione colpisce e animali rappresenta la principale fonte direttamente il tasso di ricircolo dei nutrienti conosciuta di mortalità di molte specie con possibili implicazioni sulla produttività. selvatiche in pericolo della Florida, incluso Nello studio di Klein, la composizione in pantere, orsi bruni, lamantini, coccodrilli specie e l'abbondanza dei coleotteri stercorari Tabella 1 Funzioni ecologiche modificate che risultano dalla frammentazione di habitat della Florida _________________________________________________________________________ I. Livelli amplificati di competizione per le cavità nido A. A seguito di specie deboli (es., picchio, storno europeo) B. Impatto di 22 specie di nidificatori obbligati di cavità (es., uccello azzurro) II. Livelli amplificati di parassitismo dei nidi aperti 12 A. A seguito di specie moleste (es., molotro nero) B. Impatto di specie che nidificano all'aperto (es., uccelli canori) III. Livelli amplificati di predazione di nidi a terra A. A seguito di incontrollati mammiferi di media taglia (es., procioni) B. Impatto su 150 specie nidificatrici a terra (es., tacchini; tartarughe gopher) IV. Livelli amplificati di predazione di nidi aerei A. A seguito di aumentate popolazioni di specie antropofile (es., corvi, ghiandaie) B. Impatto di specie nidificatrici sia al suolo che in alto (es., uccelli da caccia, trampolieri) V. Livelli amplificati di parassiti e di malattie infettive A. A seguito di incontrollate popolazioni di mammiferi (es., procioni, volpi, coyotes e cani domestici) B. Trasmissione di malattie e parassiti (es., teniasi, rabbia). _________________________________________________________________________ (Crocodylus acutus ) e aquile di mare a testa bianca (Haliaëtus leucocephalus ). Come minimo, l'alto flusso di traffico come quello della Florida State Road 40 (SR40) che taglia il Parco nazionale Ocala (Fig. 1C), ha un forte effetto isolatore sulle popolazioni esistenti su entrambi i lati della strada. Infatti, le conseguenze sono molto peggiori quando le strade tagliano i tradizionali corridoi di spostamento degli animali e non viene fatta nessuna connessione per ristabilire il movimento. Per esempio, sono disponibili dei dati riguardanti la Strada Statale 46 della Florida che corre parallela alla SR40 ma è localizzata 50 km più a sud. Dato che non è stato effettuato nessun provvedimento per lo spostamento della selvaggina al disotto della strada, è notorio che un orso bruno muore intrappolato nello stato della Florida. Un biologo del Dipartimento di Risorse Naturali ha osservato che per gli orsi che si spostano in direzione sud dal Parco nazionale Ocala, "la strada SR46 funziona fondamentalmente come macchina per uccidere la selvaggina". Sono disponibili anche dati riguardanti l'autostrada 441 che attraversa la Riserva Statale Paynes Praire, 50 km a nord della SR40. Una indagine della mortalità animale effettuata su un tratto di 3.25 km di questa strada ha permesso di stimare che in un periodo di 4.5 anni, sono stati uccisi 13.000 serpenti appartenenti a 12 specie, per una biomassa stimata di 1.3 tonnellate. Queste situazioni non sono uniche né per l'Ocala National Forest, né per lo stato della Florida. Quando le aree protette diventano sempre più circondate dalle strade e dall'insediamento umano, gli accentuati tassi di mortalità dovuti alla collisione coi veicoli, elimineranno molte specie. Quando le foreste frammentate diventano frammenti di foresta La conversione delle foreste a terre coltivate è comune nella Florida centro-nord, e il tasso annuale di perdita di estensione delle foreste della Florida è l'1% all'anno, un tasso molto più grande rispetto a paesi come il Brasile (Harris & Frederick 1990). Uno studio effettuato allo scopo di stabilire gli effetti della insularizzazione dell'habitat sulla avifauna (come in Fig. 2B) e condotto su 12 frammenti di foresta oscillanti da 0.4 a 30 ha di superficie, ha rivelato una tipica relazione specie-area di specie di uccelli che si riproducevano in modo crescente con il crescere dell'area di foresta. Il numero di specie associate alle isole aumentava oltre il range delle isole campionate, e generalmente le isole più grandi includevano specie che si trovavano sulle isole più piccole insieme a specie nuove. Sembra che certe "regole di assemblaggio" (nel senso di Diamond 1975) siano operative e che le isole siano colonizzate da specie che si riproducono nella foresta quando le loro dimensioni superano le dimensioni territoriali note. Questo fenomeno non vale, tuttavia, per le specie rapaci e di confine in quanto queste usano la foresta isola solo per la riproduzione mentre usano grandi espansioni delle circostanti terre agricole per il foraggiamento. Delle 45 specie di uccelli che comunemente si riproducono nelle zone espanse della foresta del nord Florida, solo 24 specie 13 (53%) ha usato i 12 frammenti di foreste isola. La schiacciante maggioranza di queste 24 specie sono comuni in tutte le aree residenziali e agricole del nord della Florida. Le 21 specie che non si sono riprodotte in nessuno dei frammenti di foresta sono specie area-sensibili e specie interne. La matrice che circonda i frammenti di foresta non è semplicemente nera o bianca. necessari habitat isola a cipresso calvo di 40 ha o più per estinguere l'effetto dei tipi di habitat circostanti (Harris 1988). Questo risultato è in accordo con i più recenti risultati pubblicati da altri autori (Robbins et al. 1989). Dato che lo studio ha evidenziato la dinamica delle specie avicole ai confini dell'isola a cipresso, i dati sugli effetti confine sono particolarmente forti. Senza dubbio i confini netti hanno sostenuto consistentemente ricchezza in specie, densità in specie, diversità in specie e densità di individui più grandi rispetto l'interfaccia tra i cipressi e i circostanti pini. Inoltre, le aree di cipressi isolate dal disboscamento hanno sostenuto valori di ricchezza in specie, densità in specie, diversità in specie e, soprattutto, individui riproduttivi, più grandi rispetto ai cipressi circondati dalla piantagione di pini (Tab. 2). E' bene ricordare che gli appezzamenti di cipressi da soli non sono stati direttamente implicati dal trattamento e che non vi sono state sensibili differenze tra quelli che sono stati circondati dal trattamento e quelli che non lo sono stati. Quindi, una pronta interpretazione è che gli appezzamenti di cipresso che sono stati circondati dal paesaggio disboscato sono serviti quali rifugio per gli uccelli riproduttori provenienti dalle pinete. Tuttavia, contro ciò vi sono diverse linee di evidenza. Primo, sei delle quattordici specie di uccelli riproduttori che si trovavano tra l'accresciuta avifauna non erano mai state osservate nelle pinete o nel paesaggio disboscato. Tre specie erano nuove al sistema e non si trovano nelle isole a cipresso circondate dai pini. Secondo, Bierregaard (1989) ha raccolto dati a lungo termine da una ricerca simile e ha riportato che "dopo circa 200 giorni l'attività si stabilizza intorno ai valori attesi per le riserve non isolate." I responsi riportati qui erano, nella seconda stagione di riproduzione dopo il disboscamento, grandi tanto quanto nella prima e quindi non mostravano nessun segno di miglioramento nel tempo. E' nostra interpretazione che l'aumentato effetto confine risultante dalla Isolati cipressi calvi (Taxodium distichum ) (detti anche cipressi di palude) sono comuni il tutta la pianura costiera del Sud-est del Nord America. I circostanti boschi piatti sono stati storicamente dominati da pini di diverse specie (Pinus spp.). Questi boschi di pianura sfumano nei boschi a pini più alti che erano una volta dominati dal Pinus palustris e che ora sono dominati dal rigenerato naturalmente o piantato pino da taglio (Pinus elliottii ). Quando la circostante matrice del paesaggio consiste di pino maturo, allora la gradazione tra il cipresso calvo e il pino è graduale. Ma quando il pino viene tagliato mediante lo sfoltimento, il cipresso improvvisamente diventa il solo habitat di foresta isola nel paesaggio disboscato, e quella che prima era una una interfaccia graduale diventa un fronte verticale totalmente esposto (Fig. 6). I surveys di uccelli che si riproducono su isolati cipressi calvi che si trovano nel paesaggio diradato sono stati comparati ai surveys di isole di cipressi calvi che si trovano in una matrice di paesaggio di Pinus elliottii di media età. Dai dati è stata ricavata una curva specie-area dalla quale si evidenzia che le isole più grandi di cipresso sostengono più specie di uccelli riproduttivi rispetto le isole più piccole. Tuttavia, vi è anche una differenza significativa nella ricchezza in specie di uccelli riproduttivi, con le isole di cipressi isolati (che si trovano nudi nel paesaggio disboscato) che sostengono più specie delle isole di cipressi (che sono circondate da piantagioni di pini di media età, Fig. 7). Le estrapolazioni dalle relazioni specie-area osservate suggeriscono che sono Tabella 2 Densità media di uccelli in un paesaggio a cipresso-pino nel nord della Florida dove isole di cipressi erano circondate da piantagioni di pini da taglio di età media e in cui esisteva un ecotone tra i due. Altre comprabili isole a cipressi erano in un paesaggio disboscato e tra i due esisteva un netto confine. ___________________________________________________________________________ Specie Piantagione a Pino Ecotone Cipresso calvo Confine Disboscamento ___________________________________________________________________________ 14 Rufus-sided towhee Scricciolo Carolina Cardinale Parula gola gialla Vireo dagli occhi bianchi Pigliamosche crestato Yellothrow comune Cincia bicolore Picchio testa rossa Pigliamosche azzurro Frosone americano Cardinale rosa Picchio Cuculo dal becco giallo Vireo dal collo giallo Passero di Bachman 1 0.1 0.6 0.1 0.03 0.2 Numero di specie Densità uccelli/ha 8 2.2 9 7.0 0.2 0.1 0.1 1.7 0.6 1.5 0.7 0.1 0.9 0.3 0.2 0.1 0.1 0.7 0.7 1.9 1.2 0.9 0.4 0.1 0.4 0.8 0.1 3 1 0.8 0.4 0.8 1.6 2.2 0.1 0.2 0.8 0.1 0.01 12 11.1 2 0.2 0.5 0.6 0.1 0.03 0.03 15 7.7 ___________________________________________________________________________ netta ed accentuata differenza tra sistemi contrastanti si sia diffuso profondamente fino alle rimanenti isole a cipresso. Perciò, la predominanza di accresciute specie o individui era il risultato di uccelli tipici di paesaggi secondari o frammentati. Effetti confine ed effetti area Rapporti ed analisi sugli aspetti negativi degli effetti confine sono abbastanza comuni negli ultimi anni (Alverson et al. 1988; Harris 1988; Yahner 1988). Tuttavia un ulteriore testimonianza può essere raccolta dallo studio della Florida menzionato sopra. Segue dalla semplice geometria che l'area di un habitat è sempre una funzione quadrata di ogni misura lineare di dimensione. Ad esempio, L è la misura lineare della dimensione del lato di ogni quadrato, e l'area è L al quadrato; r è una misura lineare della dimensione dei cerchi, e πr2 rappresenta l'area. Dall'altro canto, il perimetro e sempre una semplice funzione lineare di ogni misura lineare di dimensione (es., 4L oppure 2πr). Questo significa che la quantità di confine che circonda un'isola a cipressi è sempre una funzione lineare della radice quadrata dell'area ( a ). Perciò, se il numero di specie di uccelli trovato ad abitare le isole di habitat a cipresso fosse più fortemente una funzione del confine che dell'area, ciò dovrebbe essere riflesso dall'analisi della radice quadrata dei dati. I coefficienti di determinazione (R) associati all'analisi dei minimi quadrati dei dati possono essere usati come indice di bontà o di adattamento. Per le isole a cipressi circondate dai pini piantati, l'analisi dei minimi quadrati di S = f(a) ha prodotto un coefficiente uguale (es., 0.97) a quello raggiunto dall'analisi dei dati trasformati in logaritmi. Ciò significa che il numero di specie di uccelli riproduttivi che abita queste isole a cipressi non era più una funzione del confine piuttosto che dell'area. Esso era leggermente differente per le isole a cipressi circondate dal disboscamento, dove l'analisi del confine risultò adattarsi leggermente (ma non significativamente) meglio dell'analisi dell'area (R= 0.7 contro 0.68). Sebbene debole, questa è una prova aggiuntiva del significato dell'effetto confine associato ai margini bruschi. Come è stato postulato da Thomas (1979), i dati mostrano una chiara relazione tra l'ampiezza dell'effetto confine e la dimensione delle isole a cipressi (Fig. 8). Presenza o assenza di specie L'approccio biogeografico alle strategie di conservazione è stato criticato a causa della pesante enfasi posta su semplici riscontri del numero di specie presenti o delle estinzioni locali supposte su semplici basi di dati di presenza-assenza. Deve essere posto, invece, più esame critico al problema di ciò che costituisce una "specie residente." Per esempio, consideriamo che una pantera della Florida possa fisicamente occupare pochi metri quadrati in un dato tempo. Inoltre, il 15 suo territorio racchiuda 108 m2 . Quanto frequentemente il felino deve visitare, o o quanto tempo esso deve passare in un dato metro quadrato per poter cadere entro la definizione di "presente"? Questo è un problema significativo nel mondo reale della conservazione biologica. Nel caso dell'ormai estinto passero di mare scuro (Ammospiza maritima nigrescens ) gli scienziati hanno registrato lo status della popolazione usando la convenzionale tecnica del censimento del "maschio territoriale" rendendosi conto solo dopo che non c'erano più femmine. Quanto fedele ad un sito deve essere un organismo per poter essere etichettato come presente o residente? Sulla base dei dati degli studi sugli uccelli riproduttori riferiti precedentemente, è possibile fare luce su questo problema. Per esempio, Harris & McElveen (1981) mapparono i maschi territoriali in ciascuno dei sei habitat isola a cipressi in sei separati conteggi in ciascuna di due successive stagioni riproduttive. Consideriamo i risultati dei conteggi dei maschi territoriali in ogni isola come il terzo dei trattamenti confine brusco (es., E3). A causa della variazione ambientale anno per anno, il numero di specie di uccelli riproduttivi differì nei vari anni (Fig. 9a). Ora, se il criterio per cui una specie è stata considerata presente consiste nella difesa del territorio su almeno uno dei sei conteggi (il criterio generalmente citato nella letteratura scientifica pubblicata), allora il numero di specie presenti nell'isola era o 16 o 18 a seconda dell'anno. Se il criterio per la presenza fosse cambiato per richiedere che una specie sia presente quando lo è almeno in due dei sei conteggi (33%), allora il numero di specie contate cadrebbe a 13 o 16, a seconda dell'anno. Se il criterio fosse molto rigido e fosse richiesto che almeno un maschio territoriale sia presente in tutti i sei conteggi prima che una specie possa essere contata, allora il numero di specie sarebbe solo da 5 a 8 a seconda dell'anno. Chiaramente, con l'aumentare del rigore con cui definiamo la presenza, diminuisce il numero di specie che noi concludiamo essere presenti. Lo sviluppo di una curva specie-area dipende dai dati provenienti dai punti di campionamento o dagli habitat isola di differente dimensione, e perciò lo stesso esercizio dovrebbe essere ripetuto per ciascun anno o per tutti gli habitat isola a cipressi. Quando questo è stato fatto è chiaro che la forma della curva specie-area cambia in risposta al rigore del criterio per definire la presenza delle specie (Fig. 9b). Questo esercizio dovrebbe confermare ancora una volta che l'interpretazione dei dati di presenza o assenza di specie e delle relazioni speciearea non dovrebbero essere fatti casualmente. Frammentazione intrusiva colonizzazione di specie erbacee e Le piante erbacee sono comunemente considerate come specie che crescono dove non sono desiderate. E, sebbene gli animali non siano considerati come le piante erbacee, se lo scopo è la conservazione biologica, allora anche le specie animali che proliferano negli ambienti dominati dall'uomo possono essere considerate come le erbacce. La frammentazione intrusiva è quella che crea significative aperture nel mezzo della foresta con i cui effetti si irradiano verso l'esterno invece di progredire dall'esterno verso l'interno. I diradamenti come le strade aperte per il taglio del legname, le cave, le fattorie, le aree di taglio e anche i punti di alimentazione per la gestione della selvaggina hanno il netto effetto di frammentare zone di foresta a folta chioma e di facilitare la colonizzazione di specie erbacee infestanti. Con approssimativamente 7.000 edifici, la Foresta Nazionale Ocala è forse la foresta più urbanizzata nel Sistema Nazionale Forestale degli USA. Circa il 10% dell'area entro i confini della foresta è di proprietà privata, con le costruzioni che vanno dalle piccole case coloniche con giardini, coltivazioni, e allevamenti, agli impianti ricreativi e agli edifici residenziali ad alta densità. Lo sparpagliamento dei residenti umani e delle loro strutture fisiche in tutta la foresta, mettono a dura prova sia l'abilità che la pazienza dei gestori della foresta. Circa il 33% delle specie vegetali che si trovano nella Florida centrale sono esotiche e forse 200 di queste specie si trovano all'interno della Foresta Nazionale Ocala. Questa non è una piccola aggiunta alla diversità in specie vegetali della foresta. Tuttavia, come espresso precedentemente, la diversità in se stessa non è necessariamente un buono o lodevole obiettivo di gestione. Questo è particolarmente vero se il biota consiste di specie aliene o esotiche, o anche di specie native che si trovano comunemente in aree o siti in cui non erano presenti prima dell'insediamento umano. Per esempio, una popolazione libera di macachi Asiatici (Macaca mulatta ), rimane nella foresta 16 come un sopravvissuto al film di Tarzan all'inizio di questo secolo. Con fattorie, uomini, e costruzioni sparse in tutta la foresta, l'uso di pratiche gestionali particolarmente importanti quali l'incendio prescritto, diventano difficili se non impossibili. Il pino a foglia lunga è la specie dominante di una comunità che richiede il fuoco per la rigenerazione e il mantenimento. Diverse specie di querce sono pronte ad invadere quando l'incendio viene escluso, e l'abbondanza di scoiattoli grigi e di scoiattoli volanti (Glaucomys volans ) aumenta in risposta all'aumento di disponibilità di alberi. Quindi, la diversità biologica può apparentemente aumentare sui siti dominati precedentemente dal pino. Tuttavia questo apparente aumento non è degno di designazione come obiettivo di raggiungimento in quanto queste specie sono già comuni altrove, e le loro interazioni negative con le rare specie dei siti a pino sono, tutto sommato, dannose in quanto vengono perse le molte specie che si trovano solo nella comunità di pino a lunghi aghi mantenuta con il fuoco (Noss 1989). Per esempio, il picchio dalla coccarda rossa è una specie listata tra quelle in pericolo che si è evoluta con il verificarsi di incendi e dipende da una comunità di piante la cui struttura è largamente libera dall'invasione essenze dal legno duro. Questo picchio è ostacolato sia direttamente che indirettamente dall'invasione di querce e di specie connesse. La presenza di querce non solo riduce l'habitat adatto per il picchio, ma la loro presenza permette anche agli incendi di svilupparsi più in altezza nel mezzo della copertura arborea, distruggendo le cavità nidificatrici degli uccelli. Entrambe le specie di scoiattoli, ma soprattutto lo scoiattolo volante, usano le cavità del picchio e pongono serie minacce attraverso la competizione e la predazione del picchio in pericolo di estinzione (Dennis 1971). Sebbene i dati siano scarsi, la lista delle interazioni negative provocate dal crescente numero di specie aliene e/o antropiche è grande. Il molotro nero ha ora colonizzato la Foresta Nazionale Ocala ed è in evidente incremento di abbondanza. Il picchio dalla testa rossa è ora il picchio più comune nella regione, e insieme allo storno europeo (Sturnus vulgaris ) esercita senza dubbio una severa competizione per le cavità sulle più caratteristiche e rare specie di pineta. Con l'eliminazione dei carnivori superiori e la grande riduzione della caccia e della cattura degli animali da pelliccia di taglia media, i mammiferi generici come l'opossum, il procione e l'urocione (U r o c y o n cinereoargenteus ) sono abbondanti. Tutte queste specie predano sui nidi a terra o sulle piccole specie che vivono al suolo, delle quali molte sono minacciate o in pericolo. Le specie aliene come l'armadillo (Dasypus novimcinctus ), la volpe rossa (Vulpes fulva ) e il coyote (Canis latrans ) hanno invaso la regione, e popolazioni inselvatichite di cani e gatti domestici si aggiungono ai naturali livelli di competizione, predazione e malattie (es., dissenteria e rabbia). Capovolgimento del rapporto predapredatore Essendo habitat generici ed onnivori, i procioni non sembrano essere influenzati negativamente dalla frammentazione dell' habitat. Non solo essi traggono profitto da molte pratiche di gestione delle foreste da taglio e della selvaggina che propagano la frammentazione, ma le loro popolazioni sono attivamente incoraggiate da molte persone che vivono all'interno della foresta frammentata e urbanizzata. Senza la pantera e il lupo rosso quali nativi predatori di grandi mammiferi, e con ridotti numeri di grandi alligatori (una volta ampiamente distribuiti) a fungere da predatori, il numero di procioni è esploso. Per esempio, Sanderson (1988) afferma che "L'esplosione di un'ampia popolazione iniziò con la stagione riproduttiva del 1943... oggi si stima che ci siano da 15 a 20 volte più procioni nel Nord America di quanti ne fossero presenti negli anni '30." L'attività predatoria dei procioni sui nidi delle specie da caccia come la quaglia della Virginia (Colinus virginianus ), il tacchino, e l'anatra sposa; specie minacciate e in pericolo come la rana Gopher (Rana areolata aesopus ), e l'anfiumide Amphiuma pholeter ; e oltre 100 aggiuntive specie che nidificano sopra o vicino alla superficie del suolo devono essere sicuramente poste come una principale minaccia alla nativa diversità biologica del centro-nord della Florida. Invece, dal momento che l'alligatore stesso deve nidificare a terra sui cumuli secchi, i suoi nidi sono seriamente depredati dai procioni. Quindi il procione, che una volta era anche una preda tenuta a basse densità dalla configurazione dell'habitat e dai grandi predatori, è sfuggita ai suoi precedenti controllori ed ora esiste in grandi densità ed 17 esercita una pesante pressione predatoria (mediante la predazione di uova) sulle specie native compreso il suo antico predatore, l'alligatore. Implicazioni della Frammentazione sulla Gestione del Paesaggio La Foresta Nazionale Ocala è stata scelta come esempio perché la sua geografia illustra i differenti livella della natura associati ai problemi della frammentazione dell'habitat. Al più alto livello di analisi, quello della regione, la sopravvivenza delle specie generiche più grandi e a grande areale come la pantera e l'orso bruno, dipende totalmente dall'esistenza di grandi territori destinati a riserve come l'Ocala NF. Dato che queste specie sono generiche, le loro popolazioni probabilmente non sono colpite avversamente dalla frammentazione della foresta a livello di chilometri quadrati individuali. Tuttavia, dato che esse sono fisicamente grandi e le loro densità sono basse, è difficile se non impossibile mantenere una popolazione vitale all'interno dei confini dell'area protetta. Le connessioni del paesaggio che vanno in direzione sud verso il bacino del Wekiva River, in direzione nord verso il bacino dell'Oklawaha River, connesso da canali che attraverso la Florida, sono essenziali all'esistenza regionale di queste specie in futuro. Se invece i confini dell'Ocala NF vengono espansi verso est al St. Johns River e se l'Oklawaha River viene ripristinato per essere adatto alla libera migrazione degli organismi acquatici, allora sarà fatto un importante avanzamento nella conservazione. Il lamantino è una delle specie più grandi del Nord America che compia grandi distanze nelle sue attività migratrici. Silver Springs, sul lato sud-ovest dell'Ocala NF, è una delle più grandi sorgenti artesiane della Florida (23 litri/sec). I lamantini utilizzavano storicamente i fiumi Oklawaha e Silver Springs, e se il fiume Oklawaha venisse risanato essi potrebbero riutilizzarlo in futuro. Quindi, solo con piccoli interventi risanatori, l'Ocala NF diventerebbe l'unica foresta nazionale a servire come habitat per un mammifero marino in pericolo. La distribuzione degli orsi bruni negli Stati Uniti orientali è quasi totalmente limitata da zone di grandi aree protette di proprietà pubblica come parchi nazionali e foreste nazionali. La maggior parte di queste sono ancora troppo piccole per mantenere popolazioni vitali. Senza corridoi nel paesaggio che interconnettano queste grandi zone con le vicine aree protette e forniscano uno spettro completo di tipi di habitat dai fondali di fiumi agli aridi altipiani, vi è poca speranza di mantenere l'orso bruno per un lungo periodo di tempo. A motivo del progetto di sviluppare i bacini dei fiumi come corridoi che uniscano l'Ocala NF con le circostanti aree protette, questa area è una chiave strategica per mantenere, nel Nord America Orientale, il più a sud possibile gli orsi bruni. Al livello sotto di quello regionale, diverse importanti strade si prestano a frammentare l'Ocala NF in cinque distinti settori a meno che non vengano prese delle retromisure per ottenere dei sottopassi alle strade. Le strade SR40, SR314 e SR316 dividono l'area in quattro parcelle da nord a sud, e la strada SR19 divide l'area in due settori ovest ed est. Con l'aumentare del flusso di traffico, ci sarà un'incrementata pressione per avere strade più grandi e veloci, e la mortalità indotta dalle strade sulle specie terrestri continuerà a crescere. Le strade sono forse la principale forza frammentatrice negli Stati Uniti. Un livello ancor più basso della scala riguarda la frammentazione indotta dalle principali zone urbane che si trovano all'interno della foresta. E' sbagliato pensare all'Ocala NF come ad una singola grande area protetta quando vi si trova un così grande insediamento umano nel suo interno. Senza programmi aggressivi di acquisizione delle terre non sviluppate e di guida alle scelte di sviluppo, la foresta urbanizzata cesserà di servire come principale area di protezione della nativa diversità. Ad un livello di scala ancor più basso, vengono gli effetti delle pratiche della selvicoltura come il taglio del legname e la disattenta politica di massima frammentazione che deriva dalla pratica del massimo sparpagliamento nella gestione della selvaggina. Specie come il picchio dalla coccarda rossa non hanno futuro nell'Ocala NF, salvo che non vengano rapidamente realizzati importanti cambiamenti nei tipi di paesaggio. Perpetuare il concetto che il massimo sparpagliamento massimizza la diversità in specie, è miope e di dubbia validità in uno stato in cui ogni è necessario ogni ettaro di habitat nativo per proteggere la fauna nativa. La Florida e il Sudest degli Usa non necessitano di più di quello che è già 18 comune, e non necessitano di meno di ciò che è già raro. La gestione degli effetti della frammentazione ai più bassi livelli della scala (zone individuali di taglio della foresta o operazioni di sfoltimento) può richiedere i più intensi livelli di analisi e di monitoraggio. Con oltre 200.000 ha da controllare, il compito di valutare la prudenza di ogni pratica intrusiva può apparire come un'impresa impossibile. Saranno necessari veloci computer per i sistemi di analisi avanzate in informazione geografica. 19 20 21 22 23 24 25